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Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello

Il romanzo Il fu Mattia Pascal è una delle opere di Pirandello più amate e conosciute dal pubblico ed una
delle più rilevanti dell’intera produzione dello scrittore siciliano.
Scritto nel 1903 venne pubblicato sulla rivista “Nuova Antologia” a puntate nel 1904 e il tema del romanzo
ruota attorno all’identità individuale, fondamentale in Pirandello: l’identità di Mattia Pascal e quella del suo
alter ego Adriano Meis. L’opera, scritta in prima persona, è il racconto del protagonista della sua vita e
delle vicende che lo hanno portato ad essere il “fu” di se stesso.

Trama  Dopo la morte del padre, la madre di Mattia sceglie di dare in gestione l’eredità del marito a
Batta Malagna, amministratore poco onesto che deruba la famiglia Pascal in quanto Mattia e suo fratello
non si curano del patrimonio poiché troppo impegnati a divertirsi. Per vendicarsi Mattia seduce la figlia del
Malagna, Romilda, che rimane incinta e per questo viene obbligato a sposarla per rimediare all’offesa. Il
protagonista deve impiegarsi come bibliotecario e vive con la moglie in casa della suocera che non lo stima
per niente. La vita matrimoniale diviene insopportabile e, ad aggravare la situazione, subentra la perdita di
entrambe le figlie. Mattia decide così di partire per Montecarlo nella speranza di arricchirsi al gioco e riesce
a vincere una somma considerevole. Tornando al paese natale legge su un giornale la cronaca di un suicidio
scoprendo di esser stato identificato nel cadavere. Decide quindi di cogliere l’occasione per fuggire da
quella vita odiosa che lo aspettava al suo ritorno nel paese di Miragno (luogo inventato, idealizzato in
Liguria).
Abbandonata l’identità di Mattia Pascal egli adotta il nuovo nome di Adriano Meis e si stabilizza a Roma
dove prende in affitto una stanza dal signor Paleari. Qui il protagonista si scontra con i limiti di un’esistenza
vissuta al di fuori delle convenzioni sociali: non possedendo documenti e identità, non può denunciare un
furto subito e non può sposare la figlia del padrone di casa, Adriana, di cui si è innamorato. Frustrato da
questa situazione decide di abbandonare anche questa identità e simula il suo suicidio per riappropriarsi
della vecchia identità. Tornato a Miragno, Mattia trova una situazione molto diversa da quella che aveva
lasciato: sua moglie ha sposato Pomino, suo amico di vecchia data, e i due hanno avuto una figlia. L’ordine
sociale (famiglia-matrimonio-nome) isola definitivamente Mattia che riprende il suo impiego da
bibliotecario, ritirandosi in una vita condannata al senso di estraneità dal mondo, la cui unica distrazione è
la visita sporadica alla sua tomba. Al protagonista non resta che la constatazione di essere nient’altro che
“il fu Mattia Pascal”.
Mattia, inoltre, è protagonista e narratore, racconta i fatti vissuti in prima persona e spesso il suo punto di
vista sugli eventi è soggettivo e parziale, tanto da far dubitare della sua attendibilità.
Così presentata, l’opera mostra le tre vite del protagonista: la prima, Mattia Pascal, è vissuta a Miragno; la
seconda, Adriano Meis, è vissuta a Roma; la terza (in linea con il romanzo circolare) è vissuta nuovamente a
Miragno, ma questa volta sotto le sembianze del “fu” Mattia Pascal.

Enrico IV – Luigi Pirandello


Dramma teatrale messo in scena nel 1922. Insieme a Sei personaggi in cerca d’autore è considerato uno
dei capolavori teatrali dell’autore.
Un nobile di inizio Novecento prende parte ad una festa con la fidanzata Matilde travestito da Enrico IV.
Belcredi, anch’esso innamorato della donna, fa cadere da cavallo l’uomo che sbatte la testa. Al suo risveglio
egli crede davvero di essere Enrico IV: la follia del protagonista viene assecondata negli anni da chi lo
circonda. Nel frattempo, Belcredi ha sposato Matilde e, dopo 12 anni dall’accaduto Enrico IV rinsavisce e
ricorda che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per sottrargli la donna amata, ma decide di
continuare a immedesimarsi ancora nella maschera indossata per non accettare la realtà che lo circonda.
Dopo 20 anni dalla caduta Belcredi, Matilde, la figlia dei due e uno psichiatra molto interessato al caso,
decidono di ricostruire la scena dell’incidente per provocare uno shock emotivo in Enrico e farlo rinsavire.
La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la
ragazza, che è esattamente uguale alla madre Matilde da giovane, la donna che Enrico aveva amato e che
ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole
che la ragazza venga abbracciata e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e ferisce a morte Belcredi. Per
sfuggire definitivamente alla realtà e alle conseguenze del suo gesto, decide di fingersi pazzo per sempre.
Sei personaggi in cerca d’autore – Luigi Pirandello
Opera teatrale di Pirandello rappresentata nel 1921. Si tratta di un lavoro molto particolare, una commedia
famosissima e allo stesso tempo disarmante. L’ambientazione è un teatro: sul palcoscenico è presente una
compagnia di attori che sta facendo le prove per allestire una nuova commedia di Pirandello, Il giuoco delle
parti. Nel mentre irrompono sul palco sei personaggi (Padre, Madre, Figliastra, Figlio, Giovinetto e
Bambina) che iniziano a raccontare la loro storia e cercano un autore che possa rappresentarli. In questo
modo lo spettatore non riesce più a distinguere chi sia l’attore e chi il personaggio e il pubblico stesso viene
chiamato in causa per aiutare i protagonisti a sciogliere la tragedia famigliare di cui si sta parlando.
La vicenda che i personaggi chiedono di rappresentare è semplice: Padre e Madre hanno avuto un figlio.
Un giorno il padre s'accorge che la moglie, di carattere affine a quello del suo segretario, potrebbe formare
una nuova famiglia con lui e la spinge a farlo. La donna avrà ancora tre figli (figliastra, giovinetto e
bambina). Passano gli anni e muore il segretario. Un giorno nella sartoria di madama Pace (una casa di
appuntamento) il Padre incontra la figliastra. Prima che possano avere un rapporto sopraggiunge la Madre.
Il Padre, sopraffatto dalla vergogna e dalla pietà per quelle donne, decide di riprendere con sé la nuova
famiglia. La situazione non è accettata da nessuno, e la madre sembra essere un capro espiatorio del
dolore e della sofferenza di tutti i familiari. Il dramma scoppia all’improvviso: la bambina muore annegata
nella vasca del giardino; il giovinetto si uccide con un colpo di pistola; la madre 'annega' nel dolore; alla
figliastra sono rimaste solo risate d'isterismo misto a dolore; il figlio rimane con la sua insofferenza del
prossimo; ed il padre, al capocomico che spiega alla compagnia che è solo finzione, grida con voce rotta dal
dolore: " Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! Realtà!".

Così è (se vi pare) – Luigi Pirandello


Così è se vi pare è un'opera teatrale di Luigi Pirandello, rappresentata per la prima volta nel 1917. È tratta
dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero.
Nel salotto dell’appartamento del consigliere Agazzi ha luogo una discussione che vede protagonisti la
moglie Amalia Agazzi, sua figlia Dina e il fratello Lamberto Laudisi. Si discute sul fatto che il consigliere
Agazzi si è recato dal prefetto per denunciare il comportamento sospetto del signor Ponza, un suo nuovo
impiegato.
Quest’ultimo ha alloggiato sua suocera, la signora Frola, in un appartamentino vicino a quello dell’Agazzi,
mentre lui e sua moglie vivono in una casa alla periferia della cittadina. Il signor Ponza viene a trovare sua
suocera ogni giorno, ma le impedisce di incontrare sua figlia, che rimane chiusa in casa e non può vedersi
con nessuno. Quest’atteggiamento ha messo in subbuglio tutto il paese, al punto che il consigliere Agazzi
ha sentito il bisogno di recarsi dal Prefetto per cercare di chiarire il mistero.
La discussione finisce per coinvolgere altre persone, che si ritrovano in casa Agazzi, ed insieme escogitano
piani per ottenere informazioni sui nuovi arrivati.
La signora Frola spiega che suo genero è un uomo molto gentile e premuroso, ma è molto possessivo nei
confronti della moglie. Per questo la signora Frola e sua figlia, per non ferire i sentimenti del signor Ponza,
si vedono solo di sfuggita da lontano.
Una volta congedata la signora Frola, si presenta in casa Agazzi il signor Ponza, che fornisce la sua versione
dei fatti. Dice che la figlia della signora Frola, di nome Lina, era la sua prima moglie. Quando questa è
morta, sua madre è impazzita, e pensa che sua figlia sia ancora viva. In realtà la donna in casa di Ponza è
Giulia, la sua seconda moglie, che si presta alla finzione solo per compassione nei confronti della signora
Frola. I presenti, per quanto sconcertati dalla rivelazione, rimangono convinti dalla spiegazione del signor
Ponza. Ma poco dopo si ripresenta la signora Frola che, per non essere trattata come una povera pazza,
decide di rivelare una verità prima tenuta nascosta. Sua figlia Lina si era ammalata ed era stata ricoverata
per un lungo periodo. Durante la sua assenza il marito è impazzito, al punto che quando Lina è ritornata a
casa, lui non l’ha più riconosciuta e l’ha trattata come se fosse un’altra donna. Hanno dovuto inscenare un
finto matrimonio e da quel momento Ponza si è convinto di avere una seconda moglie di nome Giulia.
Ponza, esasperato dalla situazione, rimprovera con tono esagitato sua suocera, accusandola di calunniarlo
e urlando che sua figlia è morta. Apparentemente l’accaduto sembra favorire l’ipotesi che il pazzo sia il
Ponza, ma appena la signora Frola si allontana, l’uomo si ricompone immediatamente e si scusa per il
brutto spettacolo, ma dice di aver recitato la parte del pazzo per mantenere l’illusione di sua suocera.
In seguito al fallimento di ogni tentativo di conoscere la verità, si decide di portare la donna che arriva con
la testa coperta da un fitto velo nero e dice di essere la figlia della signora Frola ma anche la seconda
moglie di Ponza. All’obiezione del Prefetto che sostiene che può essere solo l’una o l’altra, la donna
risponde: «Io sono colei che mi si crede» e non svela il segreto della sua identità.

Uno, nessuno, centomila – Luigi Pirandello


Il romanzo Uno, nessuno e centomila viene pubblicato tra il 1925 e il 1926 e fu l’ultimo romanzo
dell’autore.
Trama  Vitangelo Moscarda, detto Gengè, è un uomo benestante che vive nel paese di Richieri. Una
mattina sua moglie Dida gli fa un’osservazione in sé innocua, ma che lo fa sprofondare in una  profonda crisi
esistenziale. La donna, infatti, gli fa scoprire una lieve pendenza del naso, un piccolo difetto di cui egli non
aveva coscienza. Si accorge così che lui pensava di conoscersi e di sapere chi fosse, ma non è così: gli altri
vedono in lui una moltitudine di difetti e di caratteristiche di cui lui non è a conoscenza. Lui non è “uno”,
come credeva di essere, ma è “centomila”: ogni persona con cui entra in contatto lo vede in molto diverso.
Il suo io è fratturato in un’infinità di maschere in cui lui non si riconosce. In un primo tempo cerca di disfarsi
delle immagini fittizie che gli altri hanno di lui. Considerato da tutti un usuraio, decide di infrangere
platealmente questa maschera. Finge di sfrattare un poveraccio, Marco di Dio, quindi a sorpresa gli regala
un’abitazione molto più bella. Ma il tentativo non ha l’effetto sperato: la folla, lungi dal ricredersi di avere
una visione distorta della sua persona, lo considera matto.
La “follia” di Vitangelo (ovvero il suo sforzo di distruggere le maschere) continua: fa liquidare la banca
paterna da cui ricavava il suo benessere, maltratta la moglie… Finché gli amministratori, Dida e il suocero
non iniziano a complottare per rinchiuderlo in manicomio. Vitangelo è avvertito della macchinazione
da Anna Rosa, un’amica della moglie. Vitangelo, riconoscente, prova quindi a renderla partecipe della sua
scoperta esistenziale, ma la donna, spaventata, per lo shock gli spara.
Ora tutti sono convinti che Vitangelo abbia avuto una relazione illegittima con Anna Rosa, cosa non vera.
Ma Vitangelo decide di sopportare questa maschera, non vera, come dopotutto non sono vere tutte le
altre. Fa mostra di pentimento, come se fosse davvero colpevole, dona tutti i suoi averi e costruisce
un ospizio per i poveri, dove lui stesso va a vivere. Solo, povero, creduto pazzo da tutti, Vitangelo in
qualche modo ne esce vincitore: ora non è più costretto a essere “qualcuno”, può essere “nessuno””,
rifiutare ogni identità e rinnegare il suo stesso nome, abbandonarsi allo scorrere puro dell’essere e
disgregarsi nella natura, vivendo attimo per attimo senza cristallizzarsi in nessuna maschera. Ora è nuvola,
ora è vento, ora albero…

La Coscienza di Zeno – Italo Svevo


La Coscienza di Zeno è il terzo romanzo di Italo Svevo, scritto di getto nel 1919 e pubblicato nel 1922 dopo
un lungo silenzio letterario dell’autore durato vent’anni.
Il protagonista è Zeno Cosini che rivive i momenti della sua vita attraverso una terapia di psicoanalisi. Il
romanzo ha una struttura particolare: si apre con la Prefazione del Dottor S., il medico che ha preso in cura
il protagonista inducendolo a scrivere la sua biografia e che, fin da subito, dichiara al lettore di aver
pubblicato il lavoro del paziente per vendetta, poiché egli ha deciso di abbandonare le sedute e lo avverte
di trovarsi di fronte ad un “cumulo di verità e bugie”. Segue una seconda introduzione, il Preambolo, in cui
si viene a conoscenza dell’autore di questa biografia, ovvero Zeno Cosini, un ricco commerciante triestino.
Il romanzo prosegue per nuclei che non hanno un legame logico o cronologico, ma tutto è legato ai ricordi
del protagonista che da vita ad un vero e proprio monologo. I sei nuclei tematici sono: il fumo, la morte di
mio padre, la storia del mio matrimonio, la moglie e l’amante, storia di un’associazione commerciale,
psico-analisi. Ogni episodio è narrato in prima persona dal protagonista e, per tale motivo, il racconto
risulta essere spesso inattendibile poiché egli presenta la sua versione dei fatti modificata, resa innocua in
un atto inconscio di autodifesa per apparire migliore al Dottor S.
Fumo: fin da ragazzino il protagonista è dedito a questo vizio da cui cerca inutilmente di liberarsi con
svariati e inutili tentativi, testimoniati dalle pagine dei diari in cui vengono riportate la data e la sigla u.s.
(ovvero “ultima sigaretta”). Per liberarsi definitivamente da questo vizio si fa ricoverare in una clinica in cui
riesce a corrompere un’infermiera con una bottiglia di cognac. L’episodio del fumo porta Zeno a riflettere
sua propria mancanza di forza di volontà.
La morte di mio padre: episodio incentrato sulla figura paterna con la quale il protagonista aveva
instaurato un rapporto difficile: egli non ha mai tentato di instaurare un rapporto di reciproca fiducia col
padre e quando quest’ultimo venne colpito da paralisi, tenta di accudirlo in cerca di approvazione prima
che sia troppo tardi. Durante una notte, le condizioni del genitore si aggravano e diventa incapace di
intendere e volere: questo fatto porta Zeno a sperare in una morte veloce e indolore per il padre.
Nell’estremo momento della morte il genitore, prima di morire, schiaffeggia Zeno e poi muore. Questo
gesto segnerà inevitabilmente e irrimediabilmente il protagonista che continuerà a cercare le motivazioni
di questa azione.
La storia del mio matrimonio: il protagonista racconta la storia del suo matrimonio. Dopo aver conosciuto
Giovanni Malfenti, uomo d’affari, inizia a frequentare la sua casa e la sua famiglia. Zeno si innamora di una
delle sue quattro figlie, la più bella, Ada, innamorata, però, di un altro uomo, Guido. Nonostante ciò, il
protagonista si dichiara, ma come risposta ottiene un rifiuto: inizia a proporre le nozze anche alle altre tre
sorelle, ma l’unica che acconsente è Augusta, la sorella più brutta, che consente all’uomo un matrimonio
borghese e apparentemente felice. Questo episodio vuole sottolineare il fatto che Zeno si trova trascinato
dagli eventi, senza essere in grado di scegliere.
La moglie e l’amante: per conformarsi al tipico costume sociale borghese, Zeno Cosini si trova un’amante,
Carla. Questa relazione è molto ambigua: da un lato lui non vuole far soffrire la moglie, dall’altro lato è
attratto dall’esperienza trasgressiva del tradimento. La relazione extramatrimoniale si conclude quando
Carla, stanca degli atteggiamenti contraddittori del protagonista, lo lascia e sposa il suo insegnante di
canto. Zeno torna dalla moglie, incinta.
Storia di un’associazione commerciale: viene narrato il fallimento dell’azienda messa in piedi da Zeno e dal
cognato Guido, marito di Ada, a causa dello sperpero del patrimonio da parte di quest’ultimo. Guido simula
due volte il suicidio per ottenere maggior denaro in prestito dalla moglie con l’intento di salvare l’impresa,
ma riesce erroneamente a morire in un terzo tentativo. Zeno, dopo aver sbagliato corteo funebre ed
essersi presentato ad un altro matrimonio, riscuote molto successo negli affari, senza riuscire ad ottenere
la simpatia di Ada che ormai lo disprezza.
Psico-analisi: Zeno riprende la terapia dopo sei mesi di interruzione e ricomincia a scrivere memorie per
ribellarsi al medico. Si tratta sostanzialmente di epistole scritte per esprimere il suo disprezzo e il suo rifiuto
nei confronti della psicoanalisi. Scrivendo quest’ultima parte si rende conto che la malattia di cui si sentiva
vittima e da cui non è riuscito a curarsi corrisponde, in realtà, ad una condizione comune a tutta l’umanità
e che coincide col progresso del mondo intero.
Il romanzo si conclude con una drammatica profezia di un’esplosione che causerà la scomparsa dell’uomo
dalla faccia della Terra.

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