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"La sposa normanna" di Carla Maria Russo

Periodo storico abbracciato:


1185 (Costanza d’Altavilla viene promessa in sposa a Enrico VI di Svevia) – 1208
(maggiore età di Federico II). Periodo che comprende circa 23anni

Principali personaggi storici presenti:


COSTANZA D’ALTAVILLA
GUGLIELMO D’ALTAVILLA
FEDERICO II di Svevia (Costantino)
ENRICO VI DI SVEVIA (ENRICO HOHENSTAUFEN)
GUALTIERI DI PALEARIA

Personaggi Secondari:
Ruggero (amico d’infanzia di Costanza)
Anweiler (capitano truppe mercenarie tedesche)
il Padre Guglielmo Francesco
Giovanni il Moro (amico di Federico)
Mustafà (l’arabo che insegna a Federico)

L'ambiente
a. La storia è ambientata principalmente a Palermo e in Germania.

Azioni
a. Nella storia l'esordio coincide con il colloquio tra Costanza e re Guglielmo, quando
quest'ultimo le impone di sposare Enrico VI.
Lo scioglimento (svolta) avviene quando Anweiler muore e Federico non ha più
nemici che mettano in pericolo il suo futuro da re.

Messaggio
a. Questo romanzo storico trasmette il coraggio con cui Costanza affronta le difficoltà e il fatto
che alla fine riesce a ottenere quello che desiderava fanno di lei una donna d'esempio per chi
rinuncia ad ottenere quello che vuole.

Partiamo dunque dalla sintesi del romanzo.


“1185. L’incantevole Palermo, crogiuolo di tante culture, splendente dei suoi palazzi, dei suoi
preziosi mosaici, è pronta ad accogliere la sua nuova regina.
Costretta a rinnegare i voti, Costanza d’Altavilla, l’ultima erede della dinastia normanna che
guida il Regno di Sicilia, viene data in sposa a Enrico di Svevia, figlio dell’imperatore Federico e
più giovane di lei di circa undici anni. Un matrimonio dettato dalla ragion di Stato che dovrà
essere coronato dal concepimento di un erede al trono.
Ma mentre il figlio tanto sospirato tarda ad arrivare, la fragile e bella Costanza deve lottare
contro nemici potentissimi, primo fra tutti Gualtieri di Palearia, ministro dell’imperatore, che
soffia sul fuoco della gelosia di Enrico per distruggere la donna e conservare la sua enorme
influenza.
Quando finalmente il piccolo Federico vedrà la luce, la madre dovrà far di tutto per proteggerlo
dalle innumerevoli insidie che lo minacciano. Fino a quando, divenuto ragazzino, non sarà in
grado egli stesso di sbarazzarsi dei suoi implacabili nemici, rivelando quelle doti che faranno di
lui un grande imperatore.”

L’imperatore Federico
Come molti di voi sanno o avranno intuito, l’imperatore Federico padre dello sposo di Costanza
non è altri che quel Federico Barbarossa che grande parte ebbe nella storia italiana di quei
secoli.
In un mondo medievale dove prevalgono le storie di protagonisti maschili – eroi, condottieri,
sovrani – è spesso stato annebbiato il ruolo delle donne. Alcune delle quali, quasi ignorate da
molti storiografi ufficiali, hanno in realtà avuto un un grande peso in vicende politiche di
grande importanza per i destini della nascente Europa.
E ciò grazie alla loro bellezza, ma soprattutto intelligenza, carattere e coraggio. E la
protagonista de La sposa normanna lo testimonia.
Carla Maria Russo raccontandoci la vicenda umana di Costanza d’Altavilla ci rivela secoli dopo,
la statura di una di queste donne. Considerate spesso a torto solo comparse o protagoniste
minori, in relazione ai più illustri parenti maschili (padri, mariti o figli.)
“Costanza I d’Altavilla (1154-1198) imperatrice (1191-1198) e regina di Sicilia (1194-1198).
Costanza D'Altavilla, ultima erede della dinastia normanna, madre di Federico II e figura
memorabile del Paradiso dantesco, è posta al centro di un romanzo storico-biografico che
descrive in modo avvincente un momento cruciale (le lotte fra Impero e Papato) della storia
medievale.
Figlia postuma di Ruggero II, sposò nel 1186 il futuro imperatore Enrico VI figlio di Federico
Barbarossa.
Alla morte di Guglielmo II (1189) rivendicò i suoi diritti sul trono di Sicilia ma incontrò
l’opposizione del nipote naturale Tancredi. Incoronata imperatrice a Roma nel 1191, divenne
regina di Sicilia solo nel 1194.
Dopo la morte di Enrico VI (1197), governò il regno in nome del figlio, il futuro imperatore
Federico II (nato nel 1194), che Costanza, morendo, lasciò sotto la tutela del papa Innocenzo
III.

La sposa normanna del titolo è Costanza d’Altavilla, l’ultima regina della dinastia normanna che
regnò nel regno di Sicilia.
L’autrice ha fatto riferimento a molte leggende e credenze popolari. Prima su tutte – sia per
ordine cronologico che per importanza – è quella che vedeva la principessa siciliana come una
suora di clausura sottratta al convento per ragioni dinastiche.
Sottratta dal convento su ordine del nipote, re Guglielmo, che la designa come erede del
regno, la donna è così gettata tra intrighi e lotte per il potere, ma ella non si abbasserà mai a
bassezze o infamie, mantenendosi sempre pura di spirito.
Il cancelliere del regno, Guglielmo de Mill, ha organizzato un matrimonio con il figlio del
Barbarossa, nella speranza di salvaguardare l’indipendenza del regno.
Costanza si mette in viaggio per il nord Italia per sposare Enrico di Svevia. Egli è presentato
come un uomo rozzo e violento, con forti complessi d’inferiorità e dalla personalità deviata.
Il personaggio di Enrico ruba la scena alla protagonista. La loro contrapposizione è lampante:
all’inizio riluttante al matrimonio, poiché spaventato e disgustato dall’aspettativa di sposare
una vecchia (Costanza ha ben 32 anni, lui 19), rimane schiacciato immediatamente dal fascino
della moglie; così come si sente inadeguato come erede del padre, non si ritiene all’altezza
della bella e nobile normanna e per questo si rivolgerà a lei sempre con un atteggiamento
altero e crudele. Inoltre nonostante la consorte sia quasi universalmente ritenuta una santa
egli diffida di lei, attribuendole una marea di vizi – che in realtà sono i suoi!
La differenza tra i due va a rappresentare la diversità tra i due regni, che si ritrovano, loro
malgrado, riuniti sotto una stessa corona: da una parte la rozza e fredda Germania imperiale,
dall’altra il ricco e nobile regno di Sicilia.
I primi anni del matrimonio tra Enrico e Costanza non portano figli e ciò, oltre a far aumentare
le angherie di Enrico nei confronti della consorte, fa precipitare la situazione dal punto di vista
politico: i baroni del regno giurano fedeltà al cugino di Costanza, Tancredi.
A tirare le fila tra le due fazioni c’è Gualtieri di Palearia, inviato del papa presso il regno di
Sicilia e che ha in odio Costanza perché colpevole di aver mandato a farsi friggere i suoi piani.
Solo dopo una prima fallimentare spedizione, la prigionia dell’imperatrice e una seconda
discesa in Italia che accade l’inaspettato: Costanza rimane incinta.
L’evento è talmente straordinario che i medici dapprima non capiscono perché il ventre della
sovrana si sia gonfiato a dismisura; sarà l’intervento di una vecchia serva a risolvere l’arcano.
Il marito, sobillato da Gualtieri, ordina alla moglie a presentarsi da lui in modo da poter vedere
e toccarne il grembo in dolce attesa.
Contro il parere di tutti Costanza decide di obbedire, dimostrando un’inaspettata forza d’animo,
tanto grande quanto lo era il suo desiderio di essere madre: una volontà pura e sincera come
lo è lei, e non per fini dinastici o politici.
La parte in cui è narrata la nascita dell’imperatore Federico II, che la madre chiamerà
Costantino – perché è suo – è la più bella dell’intero libro: non essendo riuscita a raggiungere il
marito l’imperatrice si accampa nella piazza di Jesi e si fa assistere da tutte le donne del
villaggio.
All’immensa gioia della nascita del figlio si contrappone immediatamente lo scempio che gli
svevi fanno del regno di Sicilia: con i consigli dell’infido messo papale Enrico riesce a
sbarazzarsi dei baroni ribelli.
La situazione è talmente insostenibile da indurre Costanza ad aderire ad una seconda congiura
capeggiata da Ruggiero d’Aiello, suo amico d’infanzia, da cui è amata. Purtroppo le spie di
Gualtieri scoprono l’accaduto ed egli riesce finalmente a portare le prove della di lei
colpevolezza di fronte al marito, che, dopo aver avuto un tracollo psicologico, scatena tutta la
sua furia.
Ma la sorte sorride alla sfortunata regina, ed Enrico muore di infezione intestinale prima di
potersi accanire contro la moglie.
Per salvaguardare la sorte del figlio, Costanza scende a patti con il nemico giurato, il messo
papale, a cui garantisce la posizione in cambio di un governo stabile: sa di aver ancora poco da
vivere e ha bisogno che qualcuno che vegli sul figlio, agnello fra i lupi. Ella infatti muore
quando Federico ha 4 anni. Gualtieri non mantiene appieno la sua promessa, infatti non si cura
per nulla del giovane re, che cresce selvatico.
La terza e ultima parte del libro è dedicata proprio a Federico II e alla sua giovinezza. Solo
nella reggia, si rifugia tra i vicoli abitati dal popolino: entra così in contatto con una realtà
multietnica e pluri-religiosa di Palermo, che contribuirà a farlo diventare una persona curiosa
ed desiderosa di apprendere sempre di più.
Il popolino si prenderà e a sostenerlo nella sua presa al potere all’età di 15 anni, in cui deporrà
l’inviato papale e si appresterà a diventare lo Stupor Mundi.
Il libro si conclude con un capitolo, affascinante, dedicato a come Federico riesca a
sopravvivere “agnello tra i lupi” (il titolo del capitolo) dopo la morte dell’amatissima madre tra
gli intrighi di palazzo e a salire sul trono, grazie al sostegno e all’amore del suo popolo
palermitano, all’età di quattordici anni, potere che mantenne per più di quarant’anni, fino alla
sua morte nel 1250.

Palermo 1185. Costanza d’Altavilla, ultima erede della dinastia normanna che guida il Regno di
Sicilia, è costretta a rinnegare i voti monacali per assurgere al trono degli Altavilla e sposare
Enrico di Svevia, figlio dell’Imperatore Federico Barbarossa, con il compito di dare un erede al
Regno normanno. Enrico si rivela un uomo gretto, rozzo, autoritario. In lui la bella e fragile
Costanza troverà un nemico dal quale guardarsi. Ma non il solo.
Gualtieri di Paleria, ambizioso e perfido cancelliere del Regno, soffia sul fuoco della torbida
gelosia di Enrico per distruggere la regina e preservare la sua enorme influenza e potere. Il
figlio agognato, vero motivo di quella unione, tarda a venire, gettando Costanza nello
sconforto. Quando finalmente vedrà la luce, la madre dovrà fare appello a tutto il suo coraggio
per difenderlo dalle innumerevoli insidie che ne minacciano la sopravvivenza.
L’amore materno le suggerirà la strada ma la morte prematura la costringerà ad abbandonare
il figlio di appena tre anni alla mercé degli innumerevoli nemici, come un agnello fra i lupi.
Eppure il piccolo Federico riuscirà a sopravvivere, fra mille pericoli ed espedienti,
nascondendosi nei vicoli della città, aiutato da sorprendenti amici e alleati.

Questo romanzo è ambientato in un momento fondamentale della storia medievale. Nel 1185
la grande politica ordisce la fusione tra la corona del Regno di Sicilia – appartenente alla stirpe
degli Altavilla – e quella dell’Impero Cristiano d’Occidente: fusione che verrà siglata dal
matrimonio tra Costanza D’Altavilla, ultima erede della dinastia normanna, e il tedesco Enrico
di Svevia, figlio dell’Imperatore Federico Barbarossa. Enrico si rivela presto un uomo ruvido,
brutale, un nemico dal quale Costanza deve difendersi e il matrimonio è l’inizio di una serie di
ostacoli che la metteranno a dura prova. Costanza conoscerà infatti la nostalgia per la sua
terra lontana, le difficoltà di dare un erede al Regno, le insidie di nemici malvagi, la spietatezza
della lotta per la conquista del potere. Quando finalmente darà alla luce Federico, Costanza
dovrà difenderlo da chiunque ne minacci la sopravvivenza… Solo la morte prematura la
costringerà ad abbandonarlo. Ma il piccolo riuscirà a superare mille pericoli e, divenuto
ragazzino, si libererà dei nemici mostrando tutto il coraggio e le doti che faranno di lui il
grande imperatore Federico II di Svevia.

Recensione: La sposa normanna di Carla Maria Russo


Ispirata dalla lettura della Divina Commedia, la scrittrice ha scelto come protagonista della sua
opera Costanza d’Altavilla – alla quale Dante dedica alcuni versi nel terzo canto del Paradiso –,
offrendo al lettore la possibilità d’immergersi in uno dei periodi più affascinanti e avvincenti
della storia siciliana, mescolando con sapienza creatività e invenzione narrativa a eventi
realmente accaduti.

È il 1185 e siamo a Palermo, splendida e fiorente capitale del Regno di Sicilia, quando l’isola,
terra ricca, sontuosa e prospera, ammirata per le sue rare bellezze e oggetto di contesa,
ricopriva ancora un ruolo egemone nel Mediterraneo. Rimasto senza eredi cui tramandare il
privilegio della corona, Guglielmo II d’Altavilla, obbliga l’ormai trentenne zia Costanza a
rinunciare ai voti monacali e a unirsi in matrimonio con il diciannovenne Enrico Hohenstaufen
di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, sperando così di assicurarsi la discendenza al trono.
Costanza parte così alla volta di Milano, dove l’imperatore ha deciso di celebrare le nozze, in
segno di riconciliazione con i comuni della Lega Lombarda. Circondata da nemici e costretta a
stabilirsi in Germania, terra fredda e ostile, la donna comincia la sua nuova vita al fianco di un
uomo rozzo, violento e collerico che continuamente le rimprovera l’età avanzata e la sua
sterilità. Ma Enrico è in realtà affascinato dalle sorprendenti e mature grazie di Costanza e,
mosso dalla gelosia, immagina che la sovrana abbia non poche disdicevoli relazioni
extraconiugali; per questo motivo la porta con sé in ogni suo viaggio. Nel frattempo, morti
Federico e Guglielmo, i nobili siciliani si pongono a capo di una rivolta che il sovrano non è in
grado di reprimere. Si trova ancora in Sicilia quando lo raggiunge la lieta notizia della
gravidanza della moglie, la quale però, essendo debole e priva di forze, è costretta al riposo
assoluto. Non credendo alla sua maternità e accusandola di tradimento, Enrico, insensibile alle
disposizioni dei medici, ordina che lo raggiunga immediatamente in Sicilia. Il viaggio è lungo ed
estenuante, ma Costanza, nonostante la stanchezza, si dimostra estremamente forte e decisa
a mettere al mondo Federico che, rimasto orfano all’età di tre anni, dimostrerà di possedere la
stoffa del grande regnante.

Federico è senza dubbio un personaggio di grande fascino: dotato di un temperamento vivace


e di grande acume, cresciuto in una Palermo multietnica nella quale convivevano greci, arabi,
ebrei e normanni, farà della cultura e della conoscenza i suoi punti di forza. L’autrice accenna
la sua infanzia trascorsa tra i volumi della biblioteca di palazzo, l’unico luogo in cui –
contravvenendo ai divieti della madre – riusciva a provare un senso di benessere, e alla su
naturale inclinazione per l’apprendimento delle lingue, dal greco all’arabo, dal latino al dialetto
siciliano, di cui utilizza perfino le espressioni più oscene e volgari. Ma il romanzo si limita a
introdurre brevemente la sua figura, lasciando intendere le grandi cose di cui sarà l’artefice.

Viene invece dato maggiore spazio a Costanza, di cui Carla Maria Russo traccia un ritratto
accurato dal punto di vista storico e impreziosito da un’attenta analisi psicologica. Costanza è
di nobile stirpe, è una regina, ma è soprattutto una donna e, come tale, riesce a coniugare in
sé fragilità e forza. Debole nel fisico, si dimostra tenace e combattiva di fronte alle avversità;
subisce la prepotenza del marito ma sa essere agguerrita nei confronti di Gualtieri di Palearia,
ed è madre premurosa e protettiva nei confronti del figlio che ha tanto sognato.
Particolarmente carica di pathos è la descrizione del parto a Jesi, in cui emergono la sensibilità
della donna, il suo desiderio di maternità e l’amore viscerale nei confronti della creatura che
porta in grembo.

“Dolore, sfinimento, paura scomparvero all’improvviso. Si sentiva solo struggere dal desiderio
di guardarlo e di stringerlo a sé. Le prime braccia a scaldarlo, a confortarlo, dovevano essere le
sue. «Datemi mio figlio» ordinò con un filo di voce. «Senza pulirlo, né coprirlo. Ci penserò io.»
Travolta da un’emozione che non aveva mai provato, serrò al cuore Federico, incapace di
parlare, scossa com’era da singhiozzi di gioia. Con le labbra, sfiorò la testa, le guance, la
minuscola bocca. Attraverso la pelle, cercò di comunicargli tutta l’intensità del suo amore.”

Ma il romanzo ha una seconda, grande protagonista, Palermo, che prende vita tra le pagine coi
suoi vicoli pulsati di vita, i suoi colori vivaci e i suoi profumi.

“ […] città antica ed elegante, splendida e aggraziata, essa ti appare con un aspetto allettante,
superba tra le sue piazze e i suoi dintorni, che sono tutti un giardino. Grandiosa nelle strade
maggiori e nelle minori, affascina dovunque per la rara bellezza del suo aspetto. Ricorda
Cordoba per lo stile, con i suoi edifici tutti di pietra intagliata. I palazzi del re circondano il
centro della città come monili intorno al collo e al seno di una bella fanciulla, così che il
sovrano, attraversando palazzi e giardini amenissimi, può sempre passare da un punto all’altro
della capitale.”

La protagonista del libro è Costanza d’Altavilla (Palermo 1154-1198) madre dell’imperatore


Federico II di Svevia, definito universalmente “stupor mundi” (la meraviglia del mondo=un
grande).
Ma chi era costei e cosa le accadde?
È assolutamente necessario sapere che Costanza era l’ultima erede di quella dinastia
normanna (gente del nord Europa) che governava in Sicilia dopo averne allontanato gli Arabi.
Gli Altavilla erano originari della Normandia, ma… come mai si trovavano… lì? Bisogna
ricordare che il re di Normandia, governava su un piccolo territorio, ma aveva avuto moltissimi
figli maschi ai quali non poteva garantire un regno, perciò li “spedì” alla conquista dell’ Italia
meridionale spesso come mercenari o protettori (a pagamento) dei pellegrini.
Alcuni figli morirono, altri invece, come Roberto il Guiscardo (Roberto l’astuto) e Ruggero
conquistarono parti del meridione d’Italia, al tempo abitate ed amministrate dagli Arabi o dai
Bizantini. Costanza era appunto l’ultima erede diretta degli Altavilla, ma da tempo si era
ritirata in convento, forse per libera scelta o forse per sfuggire alle cattiverie di un suo
fratellastro (il quale non aveva diritti ereditari) e di questa sua prima parte della vita sappiamo
ben poco. Intanto, in un’altra parte dell’Europa (Germania), l’imperatore Federico Barbarossa
progettava il suo maggior capolavoro politico-diplomatico: il matrimonio di Enrico VI (uno dei
suoi figli) con Costanza (legittima regina di Sicilia) e invia questa proposta a Guglielmo
d’Altavilla, un nipote di Costanza. La donna, quindi, viene tolta a forza dal convento e costretta
a sposare Enrico.
I due non si erano mai né conosciuti, né visti. Lei aveva 39 anni (forse) e lui quasi 19. Il
matrimonio avviene a Milano (così aveva voluto il Barbarossa per ingraziarsi i comuni che
tempo addietro lo avevano osteggiato). I Milanesi sfidarono il gelo per assistere al passaggio
del corteo nuziale e videro sfilare: cavalli arabi, elefanti, tigri, statuari cavalieri normanni
altissimi e biondi, schiere di guerrieri arabi dalla pelle scura o nera, ma fra tante meraviglie
spiccava proprio lei: la sposa normanna! Enrico, volutamente nascosto tra la folla, la osservava
da lontano e …vede una donna alta, bionda, sottile, che avanzava elegantemente per le
strade… conquistando il popolo e pensa che quella meraviglia era anche “troppo” per lui,
troppo anche per un futuro imperatore svevo. In chiesa, al passaggio della sposa che
indossava un preziosissimo abito ricamato con fili d’oro confezionato nel quartiere arabo di
Palermo, un mormorìo di ammirazione si levava dai presenti. Alcuni per denigrarla tramandano
che lei avesse avuto, all’epoca delle nozze, più di 50 anni (età improbabile perché in seguito
darà alla luce un figlio).
Costanza, dopo il matrimonio, deve trasferirsi in Germania. Lì si ammala sia a causa del clima
che per ragioni di profonda tristezza personale alle quali si aggiunse anche il dolore di non
avere ancora avuto figli, inoltre deve iniziare a difendersi dai nemici. Enrico, dal canto suo, è
innamoratissimo della moglie (”Se qualcosa dovesse accaderle durante la mia assenza”,
minacciò Enrico, ”pagherete con la vita la vostra inettitudine”) e ne subisce una profonda
attrazione sia fisica che mentale al punto di volerla sempre accanto a sé, non sopporta di
averla lontano neppure per qualche giorno. Quando l’imperatore è informato che la moglie gli
darà il desideratissimo erede le ordina di partire dalla Germania per la Sicilia dove lui stava
combattendo contro gli ultimi normanni che non riconoscevano l’autorità imperiale;
l’imperatore si dimostrerà sempre spietatissimo nei confronti di coloro che lo avevano tradito.
Costanza parte, ma con anticipo deve partorire, così il bambino nasce a Jesi nel 1194; nasce
sotto una tenda da campo militare sorvegliato da guardie armate; tutte le donne del paese
ricevono l’ordine di far visita alla moglie dell’imperatore e la consolano per il fatto di aver
dovuto partorire… sotto gli occhi di una moltitudine di militari e di civili. Si dice che il servizio di
sicurezza messo in campo da Enrico sia servito, oltre che alla completa protezione della sua
famiglia, anche alla “certezza” del parto. Costanza, inizialmente, chiama il figlio Costantino
perché lo sente quasi un prolungamento di sé, in seguito invece il futuro imperatore porterà il
nome di Federico (in onore del nonno Barbarossa) Ruggero (in ricordo della stirpe normanna).
Federico II vive i suoi primi due o tre anni di vita a Spoleto in casa di notabili del luogo filo-
imperiali, mentre Costanza raggiunge il marito a Palermo.
Nel 1197 improvvisamente l’imperatore Enrico muore. Costanza diventa reggente, ella subito
affida il figlio ad un tutore (protettore dalle congiure) e nel 1198, a Palermo, muore. Federico
II era stato legatissimo alla madre dalla quale aveva ereditato bellezza ed intelligenza mentre
dagli Svevi aveva ereditato l’ardire, la forza e la determinazione nella vendetta. Rimasto
orfano, frequenta tutti gli ambienti della città di Palermo, sa muoversi ovunque con
disinvoltura e parla con scioltezza molte lingue. A sedici anni (quattordici?) divenuto
maggiorenne, è incoronato Re di Sicilia (ex Regno Normanno). Il libro si chiude con la storia
dell’amicizia fra Federico e Giovanni il moro, un ragazzino che, anch’esso, aveva sopportato e
superato il dolore della prematura scomparsa della madre.
EDUCAZIONE CIVICA:
Questo romanzo offre spunti di riflessione perché Costanza è un personaggio femminile
anticonformista che combatte peri propri diritti e per ciò in cui crede.
Tema, sempre attuale, del ruolo femminile nella società medievale, a quello di una donna che
deve fare i conti con un matrimonio infelice impostogli e un ambiente negativo. Importanti e
rilevanti sono anche il tema della religiosità accentuata e fondamentale per l’epoca e il peso
che questa avrà nella vita della protagonista; emerge con forza l’orgoglio e l’amore di una
madre e la forza di una donna caparbia e fedele al suo ruolo nel mondo, la figura di Costanza
d’Altavilla viene esaltata e resa immortale.
Costanza d’Altavilla è stata non solo una donna ai vertici del potere ma anche una delle figure
femminili più importanti e più interessanti del medioevo. Donna forte, cosciente del proprio
ruolo e dei suoi diritti, dimostrò la sua grande capacità politica e diplomatica in un periodo
storico in cui in Sicilia convivevano diverse culture: latina, bizantina, provenzale ed araba.
Grande Donna, impassibile, appassionata, glaciale sangue nordico temprato al fuoco siculo,
sempre comunque risoluta e coraggiosa, assolutamente consapevole del suo ruolo, delle sue
prerogative, del suo compito storico come anche del suo non facile destino di ultima dei
Normanni sul trono di Sicilia.
Costretta in sposa al figlio del grande Barbarossa Costanza d’Altavilla conosce una vita di
intrighi complotti violenza e lotte di potere; combatterà con tutte le sue forze contro nemici
potentissimi, che vogliono distruggere e uccidere suo figlio finché riuscirà a salvarlo e regalare
al mondo uno dei più grandi sovrani di sempre: Federico II di Svevia. In un avvincente
romanzo l’orgoglio Indomito di una donna che ha segnato la storia.
Ella sopportò una vita dolorosa e sfuggì anche ai complotti che attentarono alla sua vita ma fu
indomita per amore del figlio: un sovrano tollerante, aperto alla cultura e pacifico.
In mezzo a intrighi, brame di potere, tradimenti e ricatti Costanza ha il coraggio e la forza
morale di una donna che è riuscita a fare fronte a numerose difficoltà e a sopportare grandi
dolori, vissuta nell'attesa prima e nell'adorazione poi di quel figlio che avrebbe educato ad
essere un agnello tra i lupi.
Il romanzo narra in modo concreto e vivace come la donna fu costretta a rinunciare al
convento, a sposarsi ormai trentatreenne con il diciannovenne Enrico, con il quale non ci fu
mai un buon rapporto.
Donna forte che affronta un marito distante ed egoista, che sostiene la nobiltà locale contro
l’Impero e difende con le unghie il figlio Federico, pur dovendolo abbandonare bambino a
quattro anni, per la propria morte prematura.

La sposa normanna affronta il tema del rapporto della protagonista, Costanza, con la
maternità. L’amore materno non ha etichette, non ha segni distintivi, non distingue tra potere
e ricchezze e non viene certo sminuito da una condizione economica o sociale.
Il tema del è il rapporto fra la donna e la maternità, quanto diventare madre può trasformare
profondamente la psicologia e i comportamenti di una donna. La determinazione a salvare il
figlio, spinta fino ad assumere comportamenti e fare scelte impensabili.
Quella di narrare la storia dalla parte delle donne è una scelta precisa. L’autrice vuole dare
voce a chi non l’ha mai avuta perché la storia ufficiale è sempre stata narrata dai vincitori e dai
maschi.
A una donna, per compiere una sfida così audace, occorre un coraggio e una determinazione
molto maggiore che a un uomo, anche perché la ribellione alle convenzioni sociali comporta
per loro sempre un prezzo molto alto da pagare.
Il punto debole di Costanza è la sua fragilità e debolezza, sia fisica sia psicologica. La sua
forza, un amore talmente profondo per il figlio da vincere le sue paure e riuscire non solo a
salvargli la vita ma, ancor di più, a fornirgli l’identità e i valori cui aggrapparsi per superare la
sua difficilissima infanzia.
Federico non sarebbe riuscito a sopravvivere, se la madre non gli avesse trasmesso il senso
della sua appartenenza a una grande e nobile famiglia quale gli Altavilla, della quale lui si
sentiva in dovere di mostrarsi all’altezza.
Da notare che Costanza lo chiama sempre Costantino per affermare che era solamente suo.
Emerge con forza l'orgoglio e l'amore di una madre e la forza di una donna caparbia e fedele al
suo ruolo nel mondo.
Il ricordo di Costanza d’Altavilla è il simbolo del candore del mondo femminile, l’inizio di una
nuova considerazione del ruolo della donna, come “agente di pace nei conflitti”, come risorsa
essenziale per lo sviluppo e la promozione della democrazia, “contro l'intolleranza, la
discriminazione e la xenofobia”.
L’autrice lancia un messaggio di condanna agli abusi e alle violenze contro donne e bambine,
combattere e sconfiggere quella che è riconosciuta universalmente come “un’inaccettabile
forma di violazione e privazione dei diritti umani”.

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