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RICCARDO III

Fu composto fra il 1590-1592 e apparve a stampa per la prima volta in un’edizione


in-quarto del 1597 e, col nome dell’autore, l’anno successivo. Il dramma si apre con
la pace instaurata nel paese dal regno di Edoardo IV di York e si chiude con la
celebrazione della dinastia tudoriana dopo la sconfitta in battaglia del fratello
Riccardo, usurpatore e tiranno. Il conte di Richmond e futuro Enrico VII, di
discendenza lancasteriana, pone termine all’ultima guerra civile del Quattrocento e,
conquistata la corona, s’impegna a riunire le due casate rivali di Lancaster e di York
sposando Elisabetta, figlia di Edoardo IV.
Il principale responsabile della “leggenda nera” di Riccardo, fu Thomas More che,
nella sua History, tracciò un quadro degli sconvolgimenti del mondo tempestoso
successo alla morte di Edoardo IV e dominato da Riccardo. Shakespeare fu molto
influenzato dall’opera di More, soprattutto nella caratterizzazione individuale dei
personaggi e nel carattere del tiranno. La figura di Riccardo nel dramma di
Shakespeare si presenta come uno sviluppo coerente di un personaggio “stigmatic”,
cioè segnato dal demonio. È un personaggio “egomaniaco”, dotato di elementi
comici e grotteschi che lo accostano alla figura allegorica del Vizio. Nella
raffigurazione moreana, il diabolico Riccardo, si impossessa della corona dopo aver
eliminato tutti i rivali. Ad essa Shakespeare aggiunge nuovi tratti quali la
consapevolezza della propria perversità morale e volontà malefica nell’usurpatore e
la vocazione di Riccardo che culmina nella “recita” della elezione farsesca al trono.
Shakespeare inventò il nesso fra la deformità fisica di Riccardo e la sua diabolica
malvagità, quasi specchio della prima e rivalsa contro la natura matrigna. Il
protagonista si mostra consapevole di tale nesso. Il monologo iniziale del Riccardo III
e la conclusione del dialogo con lady Anne sottolineano l’obiettivo centrale di quel
nesso: la conquista della sovranità regale contro ogni impedimento di natura, della
legge dinastica e del diritto morale.
La vocazione istrionica di Riccardo è analizzata nella scena quinta dell’atto terzo,
dove egli si produce con Buckingham nella finzione del presunto complotto di
Hastings nella Torre. La sua ipocrisia si esalta nella invocazione dei santi e nel suo
falso puritanismo proprio mentre medita e attua i suoi assassinii. Il protagonista
sfoggia uno humor sinistramente ilare. Ma si avverte, al di là del personaggio, la
visione pessimistica della natura umana che Shakespeare sembrava condividere
con la filosofia cristiana.
Il drammaturgo manipola liberamente la cronologia e i dati della storia nazionale
fornitigli dalle fonti. Tale storia si configura come un tessuto di potenti passioni, uno
scontro di caratteri violenti governati dai loro impulsi. Ogni delitto trova il suo
castigo.
Nella History di More è ripetutamente denunciata la “ambizione e la brama di
vanagloria e di sovranità” come causa di lutti e sventure nel paese. Ma nel Riccardo
III non è l’onore a dominare bensì la terribilità del potere assoluto è il contrasto fra i
“volti” e i “cuori”, fra l’apparenza e le intenzioni segrete dei personaggi. E tuttavia
Riccardo può apparire come una disgrazia ordinata dal cielo o dall’inferno (un
Angelo con le corna del diavolo) per punire i delitti commessi dalle due casate in
lotta per la supremazia nel paese. Richmond si presenta come il “capitano di Dio”
giunto a liberare l’Inghilterra dal giogo del tiranno e a restituirle la pace e l’unità.
Un forte sentimento d’orgoglio sciovinistico (nazionalismo fanatico) si riflette
soprattutto nella orazione di Riccardo alle sue truppe alla viglia della battaglia di
Bosworth, rammemorante le storiche vittorie inglesi sulla Francia. Esso appare
congiunto alla sete di conoscenza del tragico passato della nazione.
Ma il carattere del personaggio è ossessionato dal miraggio e poi dal demone della
corona. Questa non è simbolo di felicità e unità nazionale ma nudo strumento di
assoluto arbitrio personale. La rapidità di decisione e d’azione, di cui Riccardo rivela
i piani agli spettatori nei monologhi e negli asides dei dialoghi con gli altri
personaggi, scaturisce dalla sua brama di sovranità e da una sfavillante intelligenza.
È questa a consentirgli di intuire i punti deboli dei suoi potenziali avversari e di
sfruttarli nella propria strategia.
Le due scene di seduzione, nel primo e nel quarto atto, ( di lady Anne per
guadagnarsene il cuore e la mano, e della regina-madre per indurla a concedergli la
figlia in moglie), illustrano la sua abilità retorica.
Riccardo è un personaggio deciso nella sua malvagità e non subisce alcuna
evoluzione psicologica. La “codarda coscienza” risvegliata dopo il sogno della terza
scena del quinto atto, alla vigilia dello scontro di Bosworth, sembra far riconoscere a
Riccardo la propria natura scellerata, sfiorando la disperazione, l’odio di se stesso e il
terrore. Il pentimento per il suo passato criminale ostentato nel dialogo con la
regina-madre dell’atto quarto, è una finzione strumentale e tale si rivela nel
commento con cui Riccardo liquida l’apparente cedimento della regina alle sue
lusinghe.
Questo mondo non ha nulla dell’atmosfera cavalleresca, eroica ed araldica. È un
mondo governato dagli appetiti, dalla ragion di stato, dalla violenza, la frode, la
paura e la viltà. Lo scuotono emozioni elementari: la lussuria, la paura e la febbre del
dominio. È un mondo in bianco e nero, senza sfumature, chiaroscuri o complessità di
punti di vista. Lo stato è sconvolto da fratricidi ed assassini, paragonato a un corpo
umano ferito. Gli strumenti del futuro tiranno, dai sicari di Clarence agli assassini dei
principi prigionieri nella Torre, si comportano come proiezioni o estensioni della
volontà di Riccardo. Essi prefigurano tutti, inconsciamente, il proprio destino tragico,
cadendo prima o poi vittime della propria cattiveria. Oppure si salvano, alla fine,
soltanto grazie all’obbedienza al volere del tiranno. Resiste a Riccardo Margherita
D’Angiò, la vedova del re santo, che emerge nell’atto quarto come la voce della
fatalità, furia vendicatrice delle maledizioni delle regine contro Riccardo. Le sue
profezie di vendetta si avverano tutte. È questo personaggio a conferire a Riccardo la
dimensione sovrannaturale e impersonale dell’esecutore del castigo di Dio per le
colpe degli uomini, demone del male.
In questo dramma Riccardo appare spogliato di ogni attributo umano, di ogni
affetto naturale verso madre, fratelli, moglie, amici…
Il presente è scandito nel dramma dall’ alternarsi del giorno e della notte. Nella
notte sono perpetrate i reati più brutali: l’assassinio e l’annegamento di Clarence, il
soffocamento dei principi nella Torre; ma anche nella luce del giorno trova sfogo il
furore omicida del tiranno: nella decapitazione di Hastings, dei parenti ed alleati
della regina. Per una sadica ironia, Riccardo fissa il calendario delle sue stragi in
relazione alle pause naturali della giornata e alle ore dei suoi pasti. Vuol vedere la
testa mozzata di Hastings prima d’andare a pranzo, chiede un resoconto dettagliato
dell’assassinio dei nipoti dopo cena. E ad ogni impresa realizzata, egli la commenta
in brevi soliloqui. Il popolo cittadino è assente del tutto nel dramma o quanto meno
soltanto soggetto di presentimenti pessimistici. Il dramma è privo di intreccio
secondario o subplot.
Decisiva l’influenza della “Spanish Tragedy” di Kyd, particolarmente per la
molteplicità della visioni, dei sogni e delle profezie, e in particolare per l’influenza
del personaggio di Hieronimo su quello della regina Margherita, come incarnazione
insieme della memoria del passato e della profezia del futuro.
Alquanto anomalo appare l’atto secondo, ricco di corali presentimenti della
usurpazione ma estremamente breve. Il quinto atto è tutto occupato dalle visioni
che appaiono in sogno a Riccardo, dalle orazioni dei due avversari alle loro truppe e
dallo scontro in cui il sovrano York perde il cavallo, il regno e la vita stessa con le
armi in pugno, esaltando l’unica virtù del suo carattere diabolico. Ogni atto è
segnato dalla morte tragica d’uno o più personaggi. Nel primo atto assistiamo al
trasporto funebre dell’ultimo di Lancaster e poi all’assassinio di Clarence; nel
secondo, alla morte di Edoardo e all’arresto dei parenti della regina Elisabetta, che
saranno giustiziati nel terzo, contemporaneamente a lord Hastings. Nell’atto quarto
dopo l’assassinio dei principi nella Torre si annuncia l’iniziale collasso morale di
Riccardo. Nell’atto quinto assistiamo alla caduta dell’ultima vittima della vendetta di
Riccardo, Buckingham e alla morte del protagonista.
La critica shakesperiana è concorde nel rilevare il carattere retorico dello stile e del
linguaggio del Riccardo III, non ancora perfettamente appropriati alla natura dei
personaggi in tutte le situazioni. C’è uno scarso uso della mitologia greca. Il verso ha
pienezza ritmica del migliore decasillabo marloviano, scandito e sonato; dramma
ricco di inversioni e di parallelismi. Riccardo III ha sempre goduto una grande
fortuna teatrale in Gran Bretagna sino alla brillante interpretazione di Laurence Oliver.
ATTO I
Il dramma ha inizio con Riccardo che elogia il fratello, re Edoardo IV d'Inghilterra, il
maggiore dei figli di Riccardo, Duca di York.
Il monologo rivela l'invidia e l'ambizione di Riccardo, in quanto suo fratello Edoardo
regna sul paese con successo. Riccardo è un orrendo gobbo.
Egli risponde all'angoscia della sua condizione affermando la sua volontà: “ho deciso
di fare il delinquente e di odiare gli oziosi piaceri del giorno d’oggi”.
Riccardo cospira affinché suo fratello Giorgio, che lo precede come erede al trono,
sia condotto nella Torre di Londra come sospettato di assassinio; Riccardo, per
riuscire nel suo intento, corrompe un indovino per confondere il re sospettoso.
Clarence viene condotto alla Torre perché “si chiama Giorgio” e un mago, a cui il re
ha dato ascolto, ha predetto che che G diserederà la sua prole. Poiché il suo nome,
Giorgio, inizia per G, il re pensa che quella persona sia lui. Ha inizio la farsa di
Riccardo che si finge dispiaciuto per la sorte del fratello e lo saluta promettendogli di
fare qualsiasi cosa pur di liberarlo.
Hastings comunica a Riccardo che il re è molto malato; dinanzi al ciambellano si
mostra dispiaciuto ma, non appena Hastings si congeda, il duca di Gloucester si
lascia andare ai suoi pensieri maligni: spera che Edoardo muoia presto ma non
prima di Giorgio, alimenterà il suo odio per Clarence raccontandogli altre menzogne
e sposerà Lady Anne, anche se le ha ucciso il suocero e il marito.
La seconda scena si apre con i funerali di Enrico VI, suocero di Lady Anne, la quale
maledice Riccardo e la sua futura moglie (che sarà proprio lei). Il funerale viene
interrotto dall’entrata in scena di Riccardo che da’ inizio al corteggiamento di Lady
Anne, che con la sua bellezza provocò il duca ad uccidere Enrico. Lady Anne non
desidera altro che vendicare suo marito ma, quando Riccardo le offre la spada per
ucciderlo, ella decide di risparmiargli la vita e si mostra interessata a conoscere
meglio il suo cuore.
Prima di morire, il re Edoardo vorrebbe una riconciliazione tra suo fratello Riccardo
e i familiari della moglie, la regina Elisabetta. Riccardo sostiene che il motivo di tale
ostilità sta nel fatto che li ritiene responsabili dell’arresto del fratello e della perdita
del suo onore. Nonostante la regina si senta offesa per tali accuse, Riccardo rimane
fermo sulle sue false convinzioni.
Più irata tra tutti è la regina Margherita, poiché Riccardo le è debitore di un marito e
di un figlio, e Elisabetta sta usurpando il suo trono di regina, dunque le è debitrice di
un regno. Maledice tutti tranne Buckingham, a cui invece augura molta fortuna e lo
mette in guarda da suo cugino Riccardo.
La quarta scena di apre con il dialogo tra Clarence e il custode della Torre, a cui
confessa l’incubo fatto quella notte (e che si rivelerà essere un sogno premonitore):
sogna di essere fuggito dalla Torre e di essersi imbarcato su una nave insieme a suo
fratello Riccardo; mentre camminano sul ponte, Riccardo inciampa e urta Clarence,
facendolo precipitare nell’oceano dove annega. Clarence si ritrova all’inferno
accerchiato dai diavoli le cui grida lo hanno svegliato, lasciandogli la sensazione di
trovarsi ancora all’inferno.
Entrano i due sicari incaricati da Riccardo ma uno dei due vorrebbe tirarsi indietro.
Nel frattempo Clarence si sveglia ed ha un faccia a faccia con quelli che saranno i
suoi assassini; li prega di risparmiargli la vita e assicura che, se lo lasceranno vivere,
suo fratello Gloucester gli darà un compenso molto alto. A malincuore, scopre che è
proprio Riccardo, suo fratello, colui che gli aveva promesso di liberarlo, il mittente
dell’assassinio.
Il più coraggioso dei due sicari lo pugnala e lo getta nel barile di malvasia, mentre
l’altro si è pentito dell’uccisione del duca e rinuncia anche alla ricompensa.
ATTO II
Il secondo atto si apre con la riconciliazione tra Riccardo e i parenti della regina
Elisabetta. Durante questo momento di allegria, il re Edoardo viene informato da
Riccardo della morte di Clarence e incolpa i parenti della regina. Uno dei figli di
Giorgio confessa a sua nonna, la duchessa, che ha saputo dallo zio Riccardo che il re
Edoardo, convinto dalla regina, ha inventato delle accuse per imprigionare suo
padre. La duchessa, dinanzi alle menzogne del figlio Riccardo, afferma che egli è la
sua vergogna più grande.
Nella terza scena assistiamo ad un dialogo tra vari cittadini che si mostrano
preoccupati per le sorti dell’Inghilterra, poiché il re Edoardo è morto.
ATTO III
Hastings non ha intenzione di dare il suo voto a Riccardo ed escludere i legittimi
discendenti di Edoardo. Per questo motivo, Riccardo ne ordino la decapitazione.
Per giustificare l’azione di Riccardo dinanzi al sindaco e ai cittadini, Buckingham
inventa che Hastings stava tramando di uccidere lui e Riccardo, dunque il duca è
stato costretto ad ordinarne l’esecuzione per la pace dell’Inghilterra e per la loro
personale incolumità.
Buckingham, su ordine di Riccardo, parla con il sindaco per diffamare Edoardo,
inventando che i suoi figli sono illegittimi, che la sua lussuria si estendeva alle serve,
alle figlie, alle mogli e così via e che abbia addirittura avuto un rapporto incestuoso
con la madre dal quale è nato Riccardo stesso.
Nella sesta scena ha inizio la recita di Riccardo che si mostra titubante nell’accettare
la corona. Non si lascia convincere facilmente, dice di aver paura, di non sentirsi
all’altezza a tale compito; si lascia supplicare dal suo complice Buckingham, il quale
afferma che la successione al torno gli spetta come suo diritto innato, trasmesso di
generazione in generazione e che renderà tutti felici con il suo regno. Continua
dicendo che se non accetta sarà il colpevole della rovina dell’Inghilterra, poiché il
figlio di suo fratello non regnerà mai in quanto illegittimo e saranno costretti a
mettere sul trono qualcun altro che sarà la vergogna e la rovina della loro casa.
Proprio quando Buckingham rinuncia alle suppliche, Riccardo accetta di ricevere la
corona ma, essendo stato costretto a prendere questa decisione da lui tanto
ripudiata, sarà assolto da ogni traccia impura di cui potrebbe macchiarsi in futuro.
Buckingham allora lo saluta con il suo titolo regale e fissano l’incoronazione
all’indomani.
ATTO IV
Nel quarto atto assistiamo all’incoronazione di Riccardo. Egli elimina chiunque si
frapponga a esso nella scalata al potere, per questo motivo ordina l’uccisione dei
figli di Edoardo.
Per rafforzare il suo potere vuole sposare la figlia di Edoardo, sua nipote.
Nel frattempo si inasprisce il rapporto tra Buckingham e Riccardo, poiché
quest’ultimo non è disposto a concedere al suo fedele alleato ciò che gli aveva
promesso in cambio del suo aiuto per diventare re.
Cominciano i problemi per il re poiché Il Bretone Richmond mira alla giovane
Elisabetta, figlia di Edoardo, e punta sulla corona, e Buckingham ha messo su un
esercito per sconfiggere Riccardo.
Il re riesce a convincere Elisabetta a intercedere con la figlia per accettare di sposare
Riccardo, in nome della pace dell’Inghilterra.
Richmond è sempre più vicino, mentre Buckinghams, dopo che il suo esercito è stato
disperso da improvvise inondazioni, viene catturato.
ATTO V
Anche Buckingham viene giustiziato.
Questi crimini non passano inosservati, e quando Riccardo perde ogni tipo di
appoggio, egli si trova ad affrontare il conte di Richmond, Enrico VII d’Inghilterra,
nella battaglia di Bosworth Field. Prima della battaglia, Riccardo riceve la visita dei
fantasmi delle persone che ha ucciso (tra cui Enrico VI, Edoardo di Lancaster, Lady
Anne, Clarence, Hastings, i nipoti ecc) i quali gli dicono “dispera e muori”.
Si sveglia implorando Gesù di aiutarlo, e lentamente comprende di essere rimasto
solo nel mondo che egli stesso odia. Sa di finire disperato, non c’è nessuno che lo
ami e se morirà nessuno avrà pietà di lui, nemmeno lui stesso.
D’altra parte, Richmond è sollevato perché, la notte prima della battaglia, gli spettri
delle persone uccise da Riccardo hanno fatto visita anche a lui e gli hanno cantato
vittoria, dunque ha il loro appoggio.
Nonostante il combattimento inizialmente sembri procedere per il verso giusto,
Riccardo si ritrova presto solo in mezzo al campo di battaglia, e urla sconsolato il
verso sovente citato "Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!". Riccardo
viene quindi sconfitto in seguito ad un combattimento corpo a corpo con Richmond,
che lo trafigge con la spada.
Il corpo di Riccardo viene portato via, Richmond conquista la corona e unisce le due
rose, York e Lancaster.

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