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È considerato il fondatore del pensiero politico moderno perché risponde alle teorie del 1400,

sottolinea l'autonomia della politica rispetto alla chiesa, delinea la figura di un principe non per
forza corretto ma in grado di governare. Secondo lui l’arte del governo imponeva leggi autonome
per cui chi era al governo ricorreva a decisioni moralmente censurabili però utili per garantire il
bene dello Stato. Sottolinea quindi la diversità tra leggi dello Stato e la visione religiosa: “il fine
giustifica i mezzi”. La politica ha strategie che lo isolano da un pensiero moralista. A questa
visione perché ha osservato la realtà (verità effettuale ed eventi accaduti) e la storia (aveva
cultura classica) che insegna (nel passato coglie la continuità di eventi realizzati nel presente,
visione umanistica, si basa sulla storia romana). Su queste osservazioni comprende la situazione
storica politica dell’Italia: divisa e debole; dall’osservare la realtà capisce che le responsabilità
erano del Papa, perché era debole come sovrano per unire l’Italia, e nel corso degli avvenimenti
tra 1400 e 1500 ostacola Milano e Venezia che potevano essere fautori del piano di unificazione.
Dalla storia riflette che nella vita umana ha ruolo la fortuna, il caso (come per Borgia, muore il
Papa e il piano fallisce), quindi non è determinante solo l’intelligenza, ma si contrappone la
fortuna alla provvidenza (medioevo). Osservando la storia e la verità, Machiavelli capisce che gli
uomini per natura sono propensi al male (visione pessimistica), uno Stato forte avrebbe potuto
opporsi al male, c’è bisogno di uno Stato che contribuisca alla salvezza.

“Il Principe” è considerato il capolavoro di Machiavelli, ne dà notizia in una lettera a Vettori. È


composto da 26 capitoli: i primi 11 nel 1513, e gli ultimi nel 1514 o 1517-1518, pubblicato
postuma. È dedicato ai Medici, prima aveva pensato a Giuliano (fratello di Giovanni), poi scelse il
nipote Lorenzo duca d’Urbino. Lo dedica ai Medici, perché anche se era filorepubblicano, in Italia
c’era bisogno di un governo forte, ma anche perché sperava che i Medici lo avrebbero fatto
tornare in politica, ma soprattutto sperava che potessero risolvere la debolezza dell’Italia perché
era divisa, terra di conquista e nessuno Stato si era proposto di unirlo. Come titolo sceglie “il
Principe” per il bisogno di un governo con un capo, sperava che Leone X avesse potuto aiutare i
suoi parenti (i Medici) a unificare l’Italia (come doveva fare Alessandro VI con Borgia) ma il fato
si era opposto. I 26 capitoli sono divisi in 4 blocchi tematici:
1°: riflette sullo Stato, come governarlo e conservarlo, parla di Stati ereditari (tramandato),
nuovi (come quello che voleva Borgia), misti (ereditari ampliati), ecclesiastici (retto dal Papa),
civili (laici). Attinge all’osservazione della realtà e storia, anche Bibbia (riferimenti a Mosé,
Teseo, Alessandro magno, Romolo), approfondisce riflessioni sul Valentino (Borgia) e ribadisce
che un buon principe deve fare cose moralmente giuste ma se c’è bisogno anche usare la ferocia.
Ribadisce che Borgia fallisce per la sorte.
2°: è breve. Approfondisce il discorso sulle milizie, uno Stato è forte solo con soldati forti.
3°: delinea il comportamento del principe quando è al potere. Secondo Machiavelli, il principe
rispettava le leggi morali ma per conservare lo Stato c’era bisogno di un potere forte. Doveva
essere come il centauro Chilone (aveva educato Achille), metà cavallo e metà umano, perché il
principe avrebbe dovuto ricorrere sia alla natura umana che animale (come dice nel capitolo 5).
Nel 18º capitolo dice che doveva essere astuto come una volpe e forte come un leone. Precisa
che le leggi dell’arte del governo non coincidevano con quelle della morale.
4°: virtù (rotonda capacità umane, intelligenza, governare) e fortuna (il caso da cui dipendeva
l’esito degli eventi a metà e il principe doveva fronteggiare).
l’epilogo: si appella a Lorenzo sperando che possa fare uno Stato forte, e risollevare l’Italia
debole e divisa. Riprende alcuni versi de “L’Italia” di Petrarca.
Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474 da una famiglia nobile, si trasferì a Ferrara
perché il padre era il capitano della guarnigione degli Estensi. Frequenta la corte di Ercole I
d’Este (mecenate), ciò lo porta ad avere interessi letterari e si dedica allo studio del teatro e delle
opere classiche. Lesse il canzoniere di Petrarca e l’Orlando innamorato di Boiardo. Dopo la
morte del padre, per motivi economici, si fece chierico a servizio di Ippolito I. Ciò gli assicurava
una stabilità monetaria e benefici, però questa vita gli pesava, dato che toglieva tempo ai suoi
studi a causa degli incarichi. Compone due commedie: Cassani e i Suppositi, dove si ispira a
Plauto. Inizia ad avere in mente l’Orlando furioso. Fece un viaggio a Firenze e si innamorò di
Alessandra Benucci che sposò in segreto per ragioni patrimoniali. Le dedica delle rime. Tornò a
Ferrara e nel 1516 pubblica la prima versione dell’Orlando furioso in 40 canti, era dedicato a
Ippolito che non apprezzava molto l’opera. Nel 1517 rifiuta di seguire Ippolito in Ungheria ed
entra al servizio di Alfonso, che non gli dava troppi incarichi complessi. Scrisse una 3°
commedia: il “Negromante”. Nel 1521 pubblica la 2° edizione dell’Orlando furioso. Per 3 anni è
incaricato di governare la Garfagnana, nella zona impervia perché c’erano lotte, fu un
governatore equilibrato e lungimirante. Tornò a Ferrara dove compra una casa piccola, e sul
muro era riportata la frase “piccola ma adatta a me”. La sua ultima commedia fu ”La Lena”.
Pubblicò la 3° edizione dell’Orlando furioso. Muore nel 1533.
Essi la inseguono e giunti ad un bivio si separano. Angelica incontra il pagano Sacripante al quale
chiede protezione. Il cavallo di Sacripante viene abbattuto da un misterioso cavaliere, che è in
realtà l'eroina cristiana Bradamante. Arriva Baiardo, che Angelica riesce ad avvicinare, e su di lui
la fanciulla e Sacripante si allontanano.
Canto II - Sacripante duella con Rinaldo e Angelica ne approfitta per fuggire. Incontra un vecchio
eremita, che con un incantesimo manda Rinaldo a Parigi. Qui Carlo Magno lo invia in Inghilterra
in cerca di aiuti. Intanto Bradamante incontra Pinabello di Maganza e da lui apprende che
l'amato Ruggiero è tenuto prigioniero nell'inaccessibile castello del mago Atlante sui Pirenei, per
sottrarlo al destino di una morte prematura. Durante il viaggio verso il castello Pinabello scopre
che Bradamante appartiene alla casata dei Chiaramonte nemica dei Maganza e getta la fanciulla
in una scoscesa caverna.
Canto III - Dalla caverna Bradamante è tratta in salvo dalla maga Melissa, che la conduce alla
tomba del mago Merlino, dove Bradamante conosce la sua futura di-scendenza, la casa d'Este.
Melissa, prima di un'impresa collettiva (la guerra santa), questa produzione è in gioco la sorte di
un singolo cavaliere. Anche qui sono presenti duelli o battaglie: non le grandi guerre carolingie.
Il cavaliere affronta una serie di prove o avventure, organizzate in una quête ('ricerca', o, come
traduce Ariosto, "închiesta"); in questo modo egli scopre proprio destino e conquista la propria
identità. Il romanzo bretone o arturiano è alle origini un romanzo che traccia la formazione e
dell'aristocrazia feudale.
Canto I - L'azione ha inizio a Parigi alla vigilia della battaglia tra Mori e cristiani. Angelica,
principessa del Calai giunta dall'Oriente al seguito di Orlando, è stata affidata al vecchio duca
Namo di Baveria da Carlo Magno, che, per evitare la contesa tra Orlando e Rinaldo innamorati di
lei, l'ha promessa al più valoroso dei due. Angelica approfitta della rotta dei cristiani e fugge.
Incontra prima Rinaldo, che cerca il proprio cavallo Baiardo e la insegue, poi il saraceno Ferraù.
All'arrivo di Rinaldo i due cavalieri si scontrano per il possesso di Angelica, che fugge di nuovo.
Essi la inseguono e giunti ad un bivio si separano. Angelica incontra il pagano Sacripante al quale
chiede protezione. Il cavallo di Sacripante viene abbattuto da un misterioso cavaliere, che è in
realtà l'eroina cristiana Bradamante. Arriva Baiardo, che Angelica riesce ad avvicinare, e su di lui
la fanciulla e Sacripante si allontanano.
Canto II - Sacripante duella con Rinaldo e Angelica ne approfitta per fuggire. Incontra un vecchio
eremita, che con un incantesimo manda Rinaldo a Parigi. Qui Carlo Magno lo invia in Inghilterra
in cerca di aiuti. Intanto Bradamante incontra Pinabello di Maganza e da lui apprende che
l'amato Ruggiero è tenuto prigioniero nell'inaccessibile castello del mago Atlante sui Pirenei, per
sottrarlo al destino di una morte prematura. Durante il viaggio verso il castello Pinabello scopre
che Bradamante appartiene alla casata dei Chiaramonte nemica dei Maganza e getta la fanciulla
in una scoscesa caverna.
Canto III - Dalla caverna Bradamante è tratta in salvo dalla maga Melissa, che la conduce alla
tomba del mago Merlino, dove Bradamante conosce la sua futura discendenza, la casa d'Este.
Melissa, prima di allontanarsi, le suggerisce di impossessarsi dell'anello magico allontanarsi, le
suggerisce di impossessarsi dell'anello magico di Angelica ora in possesso del saraceno Brunelle.

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