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sottolinea l'autonomia della politica rispetto alla chiesa, delinea la figura di un principe non per
forza corretto ma in grado di governare. Secondo lui l’arte del governo imponeva leggi autonome
per cui chi era al governo ricorreva a decisioni moralmente censurabili però utili per garantire il
bene dello Stato. Sottolinea quindi la diversità tra leggi dello Stato e la visione religiosa: “il fine
giustifica i mezzi”. La politica ha strategie che lo isolano da un pensiero moralista. A questa
visione perché ha osservato la realtà (verità effettuale ed eventi accaduti) e la storia (aveva
cultura classica) che insegna (nel passato coglie la continuità di eventi realizzati nel presente,
visione umanistica, si basa sulla storia romana). Su queste osservazioni comprende la situazione
storica politica dell’Italia: divisa e debole; dall’osservare la realtà capisce che le responsabilità
erano del Papa, perché era debole come sovrano per unire l’Italia, e nel corso degli avvenimenti
tra 1400 e 1500 ostacola Milano e Venezia che potevano essere fautori del piano di unificazione.
Dalla storia riflette che nella vita umana ha ruolo la fortuna, il caso (come per Borgia, muore il
Papa e il piano fallisce), quindi non è determinante solo l’intelligenza, ma si contrappone la
fortuna alla provvidenza (medioevo). Osservando la storia e la verità, Machiavelli capisce che gli
uomini per natura sono propensi al male (visione pessimistica), uno Stato forte avrebbe potuto
opporsi al male, c’è bisogno di uno Stato che contribuisca alla salvezza.