Sei sulla pagina 1di 49

MIGUEL DE CERVANTES

Miguel de Cervantes nasce ad Alcalà de Henares nel 1547 ed è il più piccolo dei 7 figli di Leonor de
Cortina e Rodrigo de Cervantes, chirurgo, vale a dire colui che “realizza bendaggi e cura altre malattie,
che dista dall’essere medico la metà del giusto prezzo” come afferma nel “El juez de los divorcios”.
Miguel e la sua famiglia risiederono a Valladolid per alcuni anni finché nel 1566 si stabiliscono a
Madrid. Nel 1568 Cervantes inizia a studiare a Madrid presso un famoso umanista e studioso di
grammatica latina Juan Lopez de Hoyos, erasmista. Il maestro l’anno successivo pubblica una “Historia
della morte e delle esequie della regina Isabel” in cui compaiono anche tre poesie di Cervantes. Ad
ogni modo di alcuni anni della vita di Cervantes non si conoscono bene i fatti ma nel 1569 c’è un
documento che viene firmato perché “si arresti Miguel de Cervantes” che attesta che un tale Miguel de
Cervantes avrebbe ferito in guerra un certo Antonio de Sigura, non a caso Cervantes non è più a
Madrid ma si trova in Italia pe lavora come cameriere presso il cardinale di Acquaviva ed è durante il
periodo di permanenza in Italia che egli viene a conoscenza di alcuni testi degli autori italiani Ariosto,
Tasso e Teofilo Folengo. Nel 1571 Miguel e suo fratello prendono parte ai tercios sulla galera
Marquesa, gruppo militare che combatte nella battaglia di Lepanto. Qui Cervantes viene ferito al petto
e alla mano sinistra, della quale rimane storpio e viene infatti nominato “el manco de Lepanto”. Nel
1575 insieme a suo fratello si imbarca sulla galera Sol diretta in Spagna che viene attaccata dai corsari
berberi. Cervantes viene fatto prigioniero e schiavo da questi ultimi perché credono che sia ricco.
Resta prigioniero per 5 annifinchè i padri trinitari lo riascattano nel 1580 e tornato a Madrid inizia a
dedicarsi al teatro componendo alcune opere che verranno messe i scena tra il 1584 e il 1585. Di
questo pezzo della sua vita da prigioniero troviamo reminiscenze anche nel Chisciotte e in altre opere
come “Los Bañ os de Argel”, “Los tratos de Argel” e “El amante liberal”. Tuttavia, per poter essere
liberato lo Stato spagnolo deve pagare un riscatto che consiste in una cospicua somma di denaro e
Cervantes deve aspettare ben 5 anni per tornare ad essere libero. Ritorna in Spagna solo nel 1580
dopo che viene riscattato dai Padri Trinitari. Negli anni che seguono scrive varie opere teatrali che
ottengono subito successo. Di tali lavori drammatici conserviamo solo “Los Tratos de Argel” che
narra la vita dei prigionieri che funge da cornice ad un’altra storia, quella degli amori di Aurelio e
Silvia e Yzuf e Zahara. Inoltre, scrive “La Numancia” che nrra la resistenza della città all’assedio di
Scipione sino al suicidio collettivo e, infine, viene pubblicata anche una versione della “Jerusalem”
adattamento di alcuni momenti della “Gerusalemme Liverata” di Tasso. Cinque anni dopo il suo
rientro in patria esce la “Galatea” un poema pastorale di cui Cervantes promette una seconda parte
mai pubblicata.

Si ispira all’ “Arcadia” di Sannazzaro e l’opera infatti presenta un mondo idilliaco fatto
di balli, canti, ragionamenti amorosi, giochi feste rustiche sulle rive del Tago. Il
protagonista è Elicio che si innamora di Galatea, che non lo ama, ma accetta le sue
galanterie in modo onesto, ragion per cui Elicio non sa se effettivamente la ragazza
ricambia il suo sentimento oppure no. Anche il pastore Ergasto si è invaghito di Galatea
ma nessuna delle due proposte d’amore è presa sul serio dalla giovane. Dunque, l’opera
si struttura in un canto struggente dei due pastori che cantano le proprie pene o
conversano con la donna per la quale sospirano. In questa cornice ideale si giunge alla
conclusione di differenti storie d’amore, alcune felici , altre disgraziate. Tuttavia, la
serenità del mondo pastorale si rompe quando si viene a sapere che il padre di Galatea
ha combinato il matrimonio di quest’ultima con un pastore portoghese e tutti i pastori
si riuniscono per impedirlo ma l’azione termina qui e la seconda parte non viene mai
pubblicata.
Dopo la pubblicazione della Galatea viene nuovamente arrestato in quanto vive a Siviglia come
vettovagliatore e viene condannato per presunte irregolarità , viene liberato ma sarà poi nuovamente
incarcerato per alcuni mesi a Siviglia. Trail 1587 e il 1594 egli è commissario reale per le provigioni
della Invencible Armada e si sposta in varie città tra cui Toledo, ma finisce per essere incarcerato e nel
1603 si stabilisce a Valladolid con tutta la famiglia. Nel 1598 in occasione della morte di Ana Franca de
Rojas scrive un sonetto con strambotto che appartiene all’opera “Viaje del Parnaso”, ispirato al
“Viaggio del Parnaso” di Caporale e che l’autore considerava “il principale onore dei suoi scritti”. Già
molti anni prima aveva iniziato a scrivere il Chisciotte si pensi intorno al 1590 e nel 1604 l’opera è
ormai quasi completa e prossima alla pubblicazione ma Cervantes cerca qualcuno che possa comporre
versi d’elqj inserire nei Preliminari. Lope de Vega in una lettera al di Sessa, mormora: «di poeti non
parlo, buon secolo è il nostro! Molti daranno forse il primo vagito l’anno prossimo, ma nessuno è così
scarso come Cervantes né così sciocco da elogiare il Don Chisciotte prima parte del Chisciotte, con il
titolo di “El ingenioso hidalgo don Quijote de la Manda” è datata 1605 sebbene, materialmente, sia
stata negli ultimi giorni dell’anno precedente. Successivamente decide di prendere i voti e di entrare
nel Terzo Ordine di San Francesco e in quello stesso periodo pubblica le Novelas Ejemplares che sono
dodici: tra cui Rinconete y Cortadillo, El licenciado Vidriera, La Fuerza de la Sangre, el Coloquio de los
perros. Sono racconti che spaziano tra vari generi, dal picaresco al fantastico, al realistico, affrontando
diversi temi, ma tutte hanno in comune un “ejemplo”, una sorta di insegnamento finale. Nel 1614 poi
pubblica il Segundo tomo del ingeniso hidalgo Quijote de la Mancha, attribuito ad Alonso Fernandez
de Avellaleda. Il volume fu stampato a Barcellona. Nel frattempo Cervantes pubblica “Viaje del
Parnaso” in cui Mercurio, messaggero di Apollo, chiede aiuto a Cervantes per difendere il Parnaso
dall’attacco dei cattivi poeti. A tal fine, imbarca in una galera i migliori ingegni spagnoli, lasciando a
terra i meno dotati. Giunti al Parnaso, l’autore presenta dinanzi ad Apollo i propri meriti letterari,
assai poco apprezzati dai contemporanei, Giunge finalmente il giorno della battaglia, nella quale si
usano libri come armi da getto e dalla quale i buoni poeti escono vittoriosi. Subito dopo, Cervantes si
risveglia, prima a Napoli, ove descrive le feste del 1612, poi a Madrid. Il poema è corredato da
un’appendice nella quale Cervantes sostiene un animato dialogo satirico con il poeta Pancracio de
Roncesvalles. L’Adjunta termina con la lettera di Cervantes Apollo Delfico o Apollo Lucido, insieme con
Privilegi, ordinanze e avvertenze che Apollo invia ai poeti spagnoli. Nel 1613 pubblica “ Novelas
ejemplares” con le quali si afferma come creatore e portatore del genere novelesco 1 in Spagna.
L’autore offre al lettore con le 12 novelle ore di intrattenimento e ricreazione e ottiene ciò con
procedimenti diversi.

1. Rinconete y Cortadillo: Rinconete e Cortadillo sono testimoni della realtà e dell’attività della
malavita siciliana e apprendisti ruffiani. Siviglia che concentra il commercio con le indie
attraverso la casa di contrattazione, diventerà la più grande città spagnola e centro di
confluenza di avventurieri e migranti.
2. Licenciado Vidriera: mundo del hampa e vita picaresca
3. El coloquio de los perros: anche qui è centrale il tema della vita picaresca e del mundo del
hampa. I protagonisti sono due cani che passano di padrone in padrone, proprio come i picaros
1
NOVELLA: la novella è una forma di prosa breve, generalmente realistica o storica, raramente fantastico. Oltre che per la
brevità, la novella si caratterizza in origine per lo stretto legame con la narrazione orale e per la tendenza a una
rappresentazione vivida e concreta; anche quando ha per tema avvenimenti fantastici o soprannaturali, la novella,
contrariamente alla fiaba, li inserisce in genere in una cornice realistica e credibile. È generalmente in prosa, ma non
mancano esempi di n. in versi, e il suo scopo è principalmente l’intrattenimento, anche se a questo può unirsi un’intenzione
di edificazione e di ammaestramento morale. Il suo interesse si fonda sulla novità del fatto narrato.  Rispetto al romanzo, la
n. si distingue non solo per le dimensioni, ma anche per l’intreccio meno complesso e più lineare, diretto spesso a un
rapido scioglimento finale. Alla novella non era mai stata conferita una grande importanza ma in Spagna già si era diffusa
con l’autore Timoneda con la sua opera “El patrañ uelo”, una prosa semplice, senza artificio che tratta argomenti presi da
fonti diverse, composta da 22 patrañ as che trattano argomenti diversi. Sarà Cervantes a dare successo al genere
che vivono una vita itinerante. Ma non siamo in una favola e gli stessi cani dubitano della loro
facoltà di linguaggio.
4. El amante liberal: Accomuna le peripezie che lasciano nel racconto tracce di romanzo bizantino,
mentre la narrazione del prigioniero ci riporta l'esperienza vissuta dall'autore
5. Las dos doncelas: ci presenta due donne travestite da uomo, elemento narrativo che unirà poi la
novella alla commedia d'intreccio, e ci propone un caso amoroso con due varianti incarnate
dalle due protagoniste: Marco Antonio ha fatto due promesse di matrimonio ma in un caso si è
limitato a sanzionarlo per iscritto né l'altro l'ho consumato. La scenografia è complessa: in
un’ampia valle le due protagoniste assistono a un duello, più tardi si avvicinano e ne
riconoscono i personaggi. La scena culmina in un abbraccio collettivo che viene osservato dalla
moltitudine che si avvicina.
6. El celoso extremeño: ispirato a uno dei suoi entremeses e prende in giroil vecchio geloso ma Lo
fa creando uno spazio fortezza, frutto dell'ossessione del personaggio e narrando passo passo
la sua conquista. farà sì che Eleonora la protagonista mutuo lisca e svenga e non posso dire al
vecchio marito di non essere caduto in adulterio, solo perché costui muoia convinto della sua
condizione di cornuto sua moglie salva l'onore.
7. La señora Cornelia: presenta un intreccio simile a “El celoso extremeñ o”.
8. La ilustre fregona: nella novella il tema centrale è quello della vita picaresca e della malavita
sivigliana da cui don Diego, protagonista, è fortemente attratto fino però all’agnizione, lieto
fine, del suo amico Tomas de Avedañ o che lo porterà a rinunciare al suo ruolo azzardato e a
recuperare la propria posizione sociale da nobile.
9. La fuerza de la sangre
10. El casamento engañoso
11. La gitanilla
12. La española inglesa

L’anno dopo decide però di pubblicare la seconda parte del Quijote e le “Ocho comedias y ocho
entremeses nuevos, nunca representados” che non ebbero però molto successo. Nel 1617 viene
pubblicato postumo infine “Los trabajos de Persiles y Sigismunda, historia septentrional”, che
egli al conde di Lemos tre giorni prima di morire.

L’opera narra la peregrinazione di due protagonisti che passano attraverso numerosi


“trabajos”per arrivare a Roma, centro della cristinaità . Persiles, cavaliere cristiano,
prototipo della Controriforma, e Sigismonda, principi, rispettivamente, d’Islanda e
Frislanda, fingendosi Fratelli e con i nomi di Periandro e Autiste intraprendono un
viaggio dai confini d’Europa a Roma, centro mondo cristiano. Durante il viaggio si
imbattono in numerose peripezie, soffrono avversità , superano prove e vagano erranti
pensando che la vita in questo mondo non sia altro che una peregrinazione che
conduce alla vita eterna. Sono rapiti da pirati che li portano Isola Barbara, donde
scappano grazie ad Antonio, uno spagnolo approdato su quelle coste molti anni prima.
I prigionieri e la famiglia di Antonio proseguono il proprio viaggio lungo la costa
atlantica, diretti Lisbona. Durante il viaggio, incontrano differenti personaggi che
narrano la propria storia, come l’italiano Rutilio o il portoghese Manuel Sosa Coitino,
conoscono costumi barbari e vivono strane avventure, quali, insieme con i protagonisti,
prendono parte fattucchiere, licantropi, mostri marini. La tecnica del raccontare
diverse avventure e evidenziare anche la reazioni da parte di coloro che le ascoltano è
un modo per inserire la critica alla forma e al contenuto di ciò che viene narrato come
avviene anche nel Chisciotte. Sbarcati a Lisbona, con abito da pellegrini, attraversano la
Spagna e, lungo le coste del Mediterraneo, giungono in Francia e in Italia, sino a Roma.
Durante il percorso, incontrano nuovi personaggi che narrano la propria storia, come
Feliciana de la Voz o il polacco Ortei Vanedre. Solo quando arrivano a destinazione
Persile e Sigismonda rivelano i propri segreti: la propria vera identità e l’oggetto
proprio viaggio. L’opera è un romanzo bizantino2 e infatti troviamo numerosi tratti
caratteristici come la purificazione attraverso la sofferenza, le avventure viste come
fonte di apprendimento e di esperienza, l’esaltazione della castità amorosa nella
ricerca della felicità .

Cervantes sa di avere il potere di creare qualsiasi variante alla materia narrativa che ad opera.
può non voler conoscere il motivo del comportamento di un suo personaggio, o può sì
riprodurre le parole che un personaggio dice avvertendo che furono simili. Il gioco narrativo
nella penna di Cervantes è infinito: a volte egli si colloca all'interno del racconto, altre volte
all'esterno, a volte presenta la materia romanzesca come reale, a volte come approssimativa, a
volte dice di non conoscerla completamente, e fa che non vengano smentite le bugie dei suoi
personaggi, A volte l'autore mostra ai suoi lettori delle scene create dai personaggi con altri
che li osservano ammirati, altre volte il lettore sa più degli stessi personaggi ed è divertito
dalla situazione. anche Lope de Vega cercò di imitare lo stile di Cervantes nella scrittura delle
novelle ma dovete riconoscere che non avrebbe mai raggiunto Miguel de Cervantes e che non
avrebbe mai potuto superarlo in tale materia.

Oltre ad essere un grande romanziere Miguel deCervantes si cominetò anche nell’arte


teatrale, con minor successo però , rispetto alle opere in prosa. L'autore e ritira il genere degli
en tre meses dal gran lope de rueda che egli stesso cita nel prologo alle “Ocho comedias y
ochos entremese” E darà al genere maldita e ne approfondirà le caratteristiche. ad esempio ne
raddoppia il numero dei personaggi dando ad alcuni un argomento , ad altri una sfilata, ad
altri la caricatura con un esile argomento. Tra le opere troviamo alcuni importanti
entremeses:

 EL RUFIAN VIUDO: In quest'opera il protagonista Trampagos appare in scena


domandando il suo servo le spade da scherma gli ordinandogli di portare delle sedie da
casa punto può sembrare un Cavaliere ma si chiama Trampagos, nome che deriva da
trappola o burla, e non possiede sedie come gli ricorderà Vademecum. Il nome crea
dunque una situazione che risulta essere falsa e che il nome stesso rende evidente:
l'ironia diventa protagonista il gioco verbale e divertente. All'interno dell'opera
l'autore rende omaggio a Quevedo in una jacara e ne fa il centro di ammirazione dei
ruffiani e delle protagoniste del suo entremés. Il finale costa di musicisti che suonano e
2
ROMANZO BIZANTINO: il Romanzo bizantino è un genere di narrativa letteraria spagnola scritta in prosa e sviluppata
nei secoli XV e XVI. Nella narrativa bizantina tende ad imitare gli antichi autori di autori ellenici dell'antico romanzo greco,
in particolare Eliodoro di Emes e Achille Tazio. Lo schema del romanzo bizantino è quasi sempre lo stesso: due giovani si
promettono l'amore eterno e devono superare seri ostacoli per vedere la loro unione cristallizzata. Il primo romanzo
bizantino spagnolo è stato scritto da Alonso Nuñ ez de Reinoso e prende il nome Clareo e Florisea. Fu pubblicato nell'anno
1552 e in gran parte è una traduzione del romanzo del poeta greco Aquiles Tacio chiamato  Leucipa e Clitofonte. Non è mai
stato considerato alla pari del romanzo bizantino di Cervantes. Altri romanzi bizantini furono La selva de aventuras di
Jeronimo de Contretas che ha per portagonista il pellegrino Luzman, amante disperato di Arbolea che però ha preso i voti
da monaca. Egli si ciminterà in varie avventure subendo con rassegnaione la perdita definitiva dell’amata, consacrata a Dio,
e rinuncia al mondo scegliendo un’esistenza da eremita. Infine abbiamo anche l’opera El peregrino en su patria di Lope de
Vega in cui si susseguono naufragi e prigionie, confusioni, fughe e travestimenti in un oscuro labirinto che lo scrittore crea
con il dominio della tecnica scenica. La trama parla di due personaggi, due amanti che giurano di conservare la castità fino
al matrimonio. Il lieto fine sarà la giusta ricompensa per la sequela di sfortune che segnano il suo peregrinaggio, scuola di
saggezza e di virtù .
cantano il romance della liberazione di Escamarrà n trasformando la narrazione in
canto e lo invita a danzare. il romanzo e il ballo e la musica diventano quindi parte
dello spettacolo teatrale.
 EL VIEJO CELOSO: l'opera consiste nel processo di ridicolizzazione del protagonista del
Celoso extremeñ o, una delle novelle di Cervantes. La trama è infatti in parte la stessa. la
scena in cui Lorenzo ha chiuso nella sua stanza lo dà e si gode il suo amante mentre il
vecchio geloso l'ascolta e un prodigio di comicità . la donna è astuta e butera dell'acqua
negli occhi del marito, mentre innamorato scappa, facendogli credere che è tutto uno
scherzo. il vecchio cornuto resta così burlato ma contento: Lorenza l'ha ingannato con
la verità .
 LA ELECCION DE LOS ALCALDES DE DAGANZO: La realtà protagonista di quest'opera e
la paura di venire accusati di essere “conversos”, ossia ebrei convertiti, realtà che
appare anche nel “Retablo de las maravillas”. Non potrà vedere meraviglie con lui che
proviene da una stirpe di ebrei convertiti o che non sia stato avuto ho procreato dai
suoi genitori un legittimo matrimonio. radice folkloristica di questo tema lo unisce all'
esempio 32 del Conde Lucanor

Le “Ocho comedias y ochos entremeses nuevos y nunca representados” È una raccolta di en


tre meses e commedie che viene pubblicata alla fine del 1615 e nel prologo di quest'opera
l'autore sottolinea con amarezza la condizione di “mai rappresentate”. in questo periodo
l'autore compose più di 30 commedia tra queste alcune riscossero grande successo altre
invece non riuscirono neanche ad essere rappresentate. Di queste commedie si conservano
solo “Los bañ os de Argel”, “Los tratos de Argel”, “La numancia”, mentre le altre sono andate
perse. la raccolta prevedeva quattro tragi commedia di prigionia, due commedia
cavalleresche, una commedia di santi, una parola di cappa e spada e una tragedia epica
d'onore. In una di queste opere (La entretenida) l'autore imita e fa una parodia della
commedia di lope de Vega ma, come dice nel prologo, “entrò poi il mostro della natura, il
grande lope de Vega virgola e si alzò con la monarchia comica. Avvassallò e mise sotto la sua
giurisdizione tutti farsanti; riempì il mondo di commedia ben fatta, felice e ben concepite così
tante da aver scritto più di 10.000 canovacci e tutte che è una della maggiori cose che si
possono dire sono state viste ho sentito dire che sono state rappresentate “. Con l'avvento di
Lope de Vega sulle scene teatrali Cervantes non avrebbe più incontrato autore e regista
disposto a rappresentare le sue. Infatti Lope de Vega Rappresenta una vera e propria svolta
nel teatro del siglo de oro, creando strutture, linguaggi e forme che si consolideranno e si
arricchiranno durante il secolo, e per questo si può parlare infatti di teatro pre-lopista e di
quello dei suoi continuatori.
DON QUIJOTE DE LA MANCHA
Il Don Chisciotte della Mancia fu pubblicato da Miguel de Cervantes Saavedra (Alcala' de Henares,
1547 - Madrid 1616) in due fasi distinte: una prima parte, scritta probabilmente tra il 1598 e il 1604,
vide le stampe nel 1605, mentre una seconda parte uscì nel 1615 dopo che, in seguito al successo e
quindi alle numerose ristampe della prima edizione, un non meglio identificato Alonso Fernandez de
Avellaneda aveva pubblicato l'anno prima il Secondo tomo della vita dell'ingegnoso hidalgo Don
Chisciotte della Mancia: opera di imitazione chiaramente non dovuta alla penna del Cervantes che
proprio per la preoccupazione di vedere il proprio personaggio sfruttato da altri autori accelerò la
scrittura della seconda e ultima parte delle sue avventure.In entrambe le edizioni la vicenda ruota
intorno ai viaggi nell'est della Spagna compiuti dal protagonista, Don Chisciotte appunto, che tre volte
lascia il suo villaggio d'origine in cerca di imprese cavalleresche da compiere per emulare gli eroi di
quella letteratura cortese della quale è da sempre avido lettore e che gli hanno fatto perdere la
nozione della realtà , facendogli immaginare di essere egli stesso un cavaliere errante. Ognuna di
queste tre sortite (salidas) ha proprie peculiarità : le prime due "uscite" sono contenute nella prima
parte, l'ultima nella seconda parte. La prima è solitaria, è però destinata a breve durata, visto che,
dopo qualche disavventura e una buona dose di legnate inflittegli da chi ha sfidato, viene ritrovato
alquanto malconcio da un suo compaesano che lo riconduce a casa. Qui viene assistito dalla nipote, dal
curato e dal barbiere, i quali, ritenendo responsabili della follia del loro amico i libri cavallereschi della
sua biblioteca, ne bruciano la quasi totalità . Nel frattempo Don Chisciotte si rimette e si decide
immediatamente ad una seconda uscita (capp. VII - LII) questa volta accompagnato. Seguono alcune
delle avventure più celebri del romanzo tra le quali la battaglia contro i mulini a vento, scambiati da
Don Chisciotte per dei giganti e quindi sfidati a duello. Dopo una serie di comiche peripezie che li
vedono quasi sempre avere la peggio, i due si dividono perché Don Chisciotte chiede a Sancio di
recapitare una lettera d'amore a Dulcinea. Durante il viaggio egli però incontra il barbiere e il curato e
gli rivela dove si trovi Don Chisciotte e insieme, attraverso uno stratagemma, riescono a riportarlo a
casa. La terza uscita di Don Chisciotte è al centro della seconda parte del romanzo, edita nel 1615. Al
ritorno nel suo villaggio Don Chisciotte apprende che è stato pubblicato un libro che narra le sue
avventure, ma le descrive in modo molto poco glorioso, ragion per cui il nobiluomo si decide ad una
terza sortita proprio per affermare i suoi ideali di giustizia, di cortesia, di difesa degli oppressi tanto
derisi nel libro appena pubblicato. Numerose vicende si susseguono, ma il nostro protagonista ha
sempre la peggio, anche perché, oramai divenuto famoso, è vittima delle beffe di coloro che incontra e
lo riconoscono come il folle che si crede un cavaliere errante. Motivo distintivo, infatti, della seconda
parte del romanzo è il fatto che non è più tanto Don Chisciotte a trasformare la realtà secondo la sua
immaginazione, quanto piuttosto i personaggi intorno a lui, incluso Sancio, a volerlo convincere a
compiere stramberie per poterne poi ridere. Anche questa sortita si conclude comunque con un
ritorno al villaggio, qui Don Chisciotte si ammala preso da una forte febbre che lo tiene a letto. La
malattia lo rinsavisce, ma proprio allora muore. Il Don Chisciotte è un'opera di una complessità
straordinaria, sia a livello tematico che stilistico, e di conseguenza molte sono state le interpretazioni
datene, anche di segno opposto tra loro. L'universalità dei personaggi creati dal Cervantes ha poi
spesso indotto i critici a decontestualizzare storicamente il romanzo e a leggerlo quasi come opera
loro contemporanea. E' possibile però ricondurre le varie analisi critiche fondamentalmente a due tipi
di letture: da un lato quella "giocosa", il cui massimo sostenitore è forse l'Auerbach che nel suo
Mimesis sottolinea come la follia del Chisciotte altro non sia che gioco, parodia, comicità , riconducibile
alla follia erasmiana; dall'altro l'interpretazione "tragica", storicamente affermatasi durante il
Romanticismo, che vede invece nell'hidalgo un campione dell'idealismo costretto a scontrarsi con una
prosaica realtà priva di ogni eroismo. Ad ognuna di queste interpretazioni è possibile muovere delle
obiezioni visto che in realtà entrambi i toni, quello della gaiezza e quello della melanconia, pervadono
la narrazione e troppo riduttivo sarebbe cercare di affermare una visione critica definitiva; come per
l'Amleto di Shakespeare continueranno a susseguirsi le più svariate letture. Ciò che invece è
importante sottolineare e verso cui dovrebbe concentrarsi l'attenzione del lettore, è la modernità
stilistica dell'opera (il che spiega anche come mai il dibattito critico anche nel corso del Novecento si
sia appassionato a questo romanzo), che partendo dalla letteratura cortese-cavalleresca, dalla
letteratura pastorale, dal romanzo picaresco, dalla novellistica, abbia unito tutte queste esperienze
per creare qualcosa di assolutamente originale ed unico, definito da molti come il primo romanzo
moderno. La stratificazione dei piani narrativi, per esempio, con diversi narratori che rimandano l'uno
all'altro: Cervantes dichiara infatti di rifarsi ad un manoscritto arabo di un certo Cide Hamete
Benengeli per la narrazione delle gesta di Don Chisciotte, nella seconda parte del romanzo poi si parla
spesso del libro pubblicato, nella finzione, sulle avventure dell'hidalgo e che lo mette così in cattiva
luce, espediente attraverso il quale Cervantes non lesina critiche al libro veramente pubblicato
apocrifo nel 1614 con protagonista il suo folle cavaliere. In proposito si è parlato di un vero e proprio
gioco di specchi attraverso il quale viene demolita la concezione univoca della realtà , sostituita da
numerose prospettive che ci forniscono un quadro sfuggente, contraddittorio, in eterno equilibrio tra
reale, appunto, e irreale. Letteratura e vita, teatro e vita nel Don Chisciotte si mischiano: i mulini a
vento diventano dei giganti, le locande dei castelli, i montoni degli eserciti nemici, etc. Ogni cosa può
essere soggetta a diversi punti di vista, il che fa perdere chiaramente l'esatta concezione della realtà .
Sarebbe così testimoniata dal Cervantes la crisi di fiducia del suo tempo nelle acquisizioni
rinascimentali quali l'armonioso equilibrio tra la natura e l'uomo, la fiducia nell'agire umano guidato
dalla razionalità . Nel suo romanzo regnano invece la confusione, l'incertezza, il disinganno: una
"scissione tra coscienza e vita" che perdura ancora oggi e che rende il Don Chisciotte così attuale.

Quando si pubblicò il Chisciotte, la letteratura romanza di maggior prestigio era quella che si
presentava come ispirata all’alta cultura classica e formulata in un linguaggio accessibile solo ai più
dotti. Tuttavia, spesso si ricorreva a opere latine pur non conoscendo affatto o poco il latino. Si
adeguava dunque il tema e la forma letteraria secondo i criteri di stile e gerarchia sociale propri
dell’estetica classica.

GENESI DEL CHISCIOTTE E MOTIVO DELLA SUA FAMA: è stata definita una nebulosa in espansione, in
quanto nasce come una novella inizialmente comprendente i capitoli dall’1 al 6. Ma col tempo poi si
espande e diventa un romanzo con un gran numero di capitoli in quanto Cervantes si appassiona ai
suoi personaggi. Si dice anche che nel 1589 i capitoli dal 39 al 41 siano stati già scritti, quindi 15 anni
prima della pubblicazione della prima parte e infatti sono dei racconti che non hanno niente a che
vedere con la storia di Chisciotte ma non si sa quale sia l’idea iniziale da cui parte Cervantes per
scrivere quest’opera e per poi inserire anche questi caoitoli. Ciò che è stato teorizzato è che Cervantes
si sia talmente tanto appassionato al suo personaggio e che sia nato una sorta di legame con lui che
egli abbia deciso di continuare la propria opera come un work in progress fino ad arrivare al romanzo
così come lo conosciamo noi. L'opera sei inquadrata all'interno di specifiche coordinate precise del
proprio tempo assume certe dimensioni , mentre ne assumealtre.se inquadrate in altre coordinate
temporali. È chiaro che la sua struttura con un viaggio, avventure e peripeie e un antierore è simile a
un romanzo picaresco ma non è n romanzo picaresco: ad esempio una differenza sta nel fatto che non
presenta origini del perosnaggio. Esiste anche un gusto picaresco, cioè opere che si ispirano alla
icareca ma non sono talu.

Il proposito essenziale del romanzo quando viene scritto da Cervantes fu quello di “far aborrire gli
uomini le finte strampalate storie dei libri di cavalleria”. tuttavia solo i lettori più antichi assunsero
tale proposito il quale d'altro canto non ha mai impedito e più moderni innamorarsi del Chisciotte
senza mai aver conosciuto nemmeno da lontano il genere letterario del libro di cavalleria. infatti per
apprezzare il Chisciotte non è necessario sapere molto sui libri di cavalleria o comunque non più di
quanto già spiegato da Cervantes all’ interno dell’ opera. infatti l'autore di semina all'interno del
racconto una serie di elementi e e riferimenti ai più grandi libri di cavalleria come “Palmerin de
Imglaterra”, “Amadis de Gaula”, “Don Belianis de Grecia”. Ciò che interessa di questi riferimenti non è
altro che quello che viene già spiegato dallo stesso Cervantes. tuttavia è pur vero che i libri di
cavalleria non possono risultare estranei a un letterato o ad un analfabeta. oggigiorno il genere della
libro di cavalleria si inserisce all'interno del genere fantasy ossia quel racconto dei casi, imprese,
passione straordinaria, di personaggi che riuniscono in sé perfezione di ogni genere e che si muovono
in scenari inaccessibili per la maggioranza accompagnati spesso da elementi prodigioso
sovrannaturali. I libri di cavalleria non sono altro che una versione circostanziale di tale genere e che
oggi abbraccia opere che vanno dall’Odissea a Star Wars, da Ercole a Harry Potter. Il motivo per cui
l'opera sia oggi considerata una delle opere più apprezzate da secoli e il fatto che dal momento stesso
della sua apparizione, nell'anno 1605, questo libro ha goduto in modo crescente di una stima
eccezionale da parte dei lettori più eminenti. nel 2002 una giuria di scrittori di oltre 50 paesi scelse il
romanzo di Cervantes come “the world's best work of fiction” come scritto sul New York Times.
l'opera infatti nel corso del tempo è stata apprezzata dalla maggior parte degli scrittori tanto da
superare anche le opere di prust, Shakespeare, Omero. E il fatto che uomini geniali e diversi come
Locke, Fielding, Goethe, Dickens, Stendhal, Kafka o Borges Implica il fatto che il Chisciotte offre dei
valori che per 400 anni sono stati capaci di soddisfare le indoli e le tendenze più svariate. In effetti
viene definito un “libro semplicissimo” così come commentato all’ interno dell’ opera stessa, nella
seconda parte, quando con la metà finzione si parla delle avventure di Don Chisciotte come un libro
che è stato scritto e pubblicato e che lo stesso Chisciotte commenta. Nella discussione di Chisciotte sul
libro con il baccelliere Sansone carrasco il baccelliere definisce il libro come un libro con una scrittura
talmente chiara che non si trova nemmeno un passo difficile, nulla che non si capisca alla prima
lettura e in realtà , il giudizio del baccelliere sembra appunto convincente. Il dato più sicuro per
spiegare la fortuna eccezionale del Chisciotte e il sortilegio prodotto dalla figura del protagonista nel
quale è possibile riconoscere il profilo dell'autore stesso. il guardare Don Chisciotte, l’ascoltarlo, il
conversare e vivere con lui, il seguire il filo dei pensieri, il prevedere le reazioni e sorprendersi per
esse sono fonti tutte di sommo piacere durante la lettura e che nel corso del tempo non hanno mai
ricevuto critiche. Forse l'unico elemento che è stato più oggetto di critiche e l'inserimento della
novella italiana e il curioso impertinente per il semplice fatto che era fuori posto nel contesto della
storia perché non aveva niente a che vedere con la storia di Don Chisciotte. Il lettore nel corso della
lettura si lascia trasportare dalle molteplici personalità di Don Chisciotte: si lascia trasportare dal Don
Chisciotte folle, smisurato, grottesco e dal Don Chisciotte lucido, sensato, irreprensibile. La
particolarità sta proprio nel fatto che queste due personalità fanno un continuo andirivieni. Un altro
sommo piacere della lettura è quello di ascoltare le conversazioni tra Don Chisciotte e Sancho Panza,
tutte con un' eloquenza facile, amena ed elegante. Inoltre ciò che colpisce il lettore e la precisione e la
finezza con cui Don Chisciotte discorre su qualunque argomento gli si ponga dinanzi, dalla giustizia la
politica, dall' adulazione premi letterari. In queste conversazioni Don Chisciotte sfoggia sempre una
sorprendente erudizione che fanno di lui appunto un ingegnoso hidalgo. Inoltre la cortesia, che era
d'obbligo nella cavalleria per non ferire l' interlocutore, lo caratterizza sempre in qualunque contesto
e in qualunque conversazione. È proprio il profilo di Don Chisciotte che maggiormente ha fatto sì che
l'opera racchiudesse in sé un insieme di valori che si sono mantenuti nel tempo. Secondo la critica
moderna oggi la bilancia tende a piegarsi versi tratti chiaramente positivi cercando appunto di
scartare quelli negativi. Nella letteratura di tutti i tempi infatti nessun altro personaggio è riuscito a
coniugare tanti valori autentici, illusori e suscitare in modo così duraturo la mescolanza di questi
valori, la risata al pari dell' ammirazione. Quando il personaggio di Don Chisciotte fu concepito non
incarnava un “universale” o un disegno già presente nella natura, ma in realtà è proprio con la sua
nascita che si è creato un universale, un prototipo che solo a partire da lui potrà applicarsi alla
letteratura e alla realtà . Questo prototipo sta proprio nella coniugazione di aspetti contrapposti,
contraddittori, incompatibili fino ad ottenere un effetto così irrimediabilmente naturale. Questi aspetti
non sono tipici solo del personaggio di Don Chisciotte. Ciò ha contribuito a creare la “filosofia del
Chisciotte” che non è altro che la sapienza semplice della sensatezza, l'attenzione alle ragioni degli
altri, la bonarietà , la cautela, l' urbanità che difficilmente mancheranno di piacere a qualcuno. Ma
anche dello stesso Sancho Panza che non esce di colpo dalla penna dello scrittore ma si forma però
poco a poco per sovrapposizione dei fattori. Sancho è colui che dubita di tutto ma che a tutto da
credito, colui che quando pensa di toccare il fondo della stupidaggine ecco che si leva con riflessioni
assennate, ed è un personaggio che spazia tra la semplicità e la malizia. Dunque se il padrone si muove
tra il buon senso e la follia il servitore noi e secondo tra l'essere tonto o discreto e ammirato per le sue
azioni e per le sue parole quanto per la sua discrezione stupidità . Questi aspetti tracciano una forte
convergenza tra i due personaggi data dalla purezza essenziale, al di sopra di piccole contraddizioni
accenni di tradimento passeggeri, l'innocenza ultima che li rende così immensamente amabile,
conferisce loro dignità grandezza e a momenti, implicazioni tragiche. Il Don Chisciotte è un libro
comico, senza pretese filosofiche, pieno di doppi sensi a volte anche volgari, farcito di errori e
spropostiti sintattici, riflesso di una società in piena decadenza. Un libro scritto ora con la rabbia ora
con l’allegria ma che ha è diventato un simbolo della letteratura, un “classico” per così dire e si è
prototipizzato. La parola “quijote” oggi ha l’accezione di idealista, sognatore onesto e sfortunato e si
riferisce dunque a chi antepone i propri ideali alla propria convenienza, accezione che oggi è entrata a
far parte del DRAE come seconda accezione del termine già esistente come “pezzo dell’armatura
destinato a coprire la coscia”.

IL MANOSCRITTO E L’EDITIO PRINCEPS: Cerca un manoscritto autografo di servantes non


possediamo alcuna notizia diretta, probabilmente doveva trattarsi di un manoscritto non troppo
brillante in quanto a chiarezza e uniformità . infatti il volume pubblicato con il titolo “El ingenioso
hidalgo Don Quijote de la Mancha”, Contiene pagine scritte in epoche diverse. infatti non è facile
pensare che servante scoppiasse interamente tutte queste pagine per aggiungere al libro in
preparazione: gli sarebbe stato più comodo prenderle così come erano ritoccare un po' aggiungere al
mazzo di fogli in cui stava nascendo l'opera con le correzioni, gli emendamenti e la rettificazione
propri di qualunque bozza. proprio per questo motivo quando la composizione fu conclusa, il
manoscritto autografo doveva avere un aspetto disordinato, disuguale poco leggibile. generalmente le
stamperie non lavoravano con il manoscritto autografo così come veniva presentato ma la prassi
normale consisteva nell usare una bella coppia preparata da uno più amanuensi professionisti che
veniva poi designata con il nome di “originale” che prevedeva una maggiore regolarità ortografica,
grafica e sintattica (la punteggiatura ad esempio veniva inserita dagli stampatori) mentre il
manoscritto autografo era una sorta di brutta copia che era scritto direttamente dall'autore. una volta
creato l'originale l'opera doveva passare per il vaglio del consiglio di Castiglia per l'approvazione,
doveva essere siglata pagina per pagina uno scrivano da camera e rivista dal correttore generale,
dunque non era conveniente intralciare con ostacoli calligrafici un processo così lungo e costoso. altro
processo era poi quello della stampa che qualora non si avesse avuto a disposizione una trascrizione
nitida risultava abbastanza difficile in quanto i libri non si elaboravano all'epoca rispettando la
sequenza lineare della lettura, ma venivano elaborate per forme, vale a dire componendo un blocco
l'insieme delle pagine destinate a stamparsi in una facciata del foglio disposto sul telaio. nella maggior
parte dei casi queste pagine erano discontinue e dunque bisognava avere come riferimento l'originale,
a patto che questo fosse caratterizzata da regolarità tanto nella scrittura quanto nella lunghezza del
numero delle righe ciascuna pagina. Anche l'originale come il manoscritto autografo potevano
contenere errori più o meno gravi che venivano commessi dagli amanuensi quando scrivevano anche
se comunque errori come omissioni o inversioni di sillabe omissioni di parole erano più comuni nell’
autore che nel amanuense in quanto l'autore se quel filo del proprio pensiero, facendo poca attenzione
alla scrittura, esattamente come accaduto con Cervantes che addirittura aveva considerato la sua
opera più detta che scritta e quindi aveva seguito uno stile colloquiale. In molti casi questi errori
risalgono al manoscritto autografo, che venivano dunque ricopiati così nel manoscritto originale. al
contrario quando l' errore risponde una falsa interpretazione della grafia degli usi dell autore, vi sono
molte probabilità che ciò derivi dall' originale dell' amanuense. prima di mandare il manoscritto
originale al consiglio di Castiglia veniva sottoposto a un opera di revisione che diciamo si equipara alla
correzione di bozze attuali. secondo studi filologici sull opera si è potuto evidenziare che l'originale
riferiva dall' autografo, non solo per alcuni errori di svista ma soprattutto per aspetti importanti e ciò
probabilmente accaduto in quanto dopo aver pubblicato l'opera Cervantes sia andato a ritoccare il
manoscritto autografo spostando da una parte all'altra capitoli interi del volume. La fretta nello
stampare la prima edizione del romanzo fece sì che ci fosseuna formidabile scia di errori. più di 40
pagine soprattutto nella seconda metà del volume hanno un numero di righe superiore o inferiore al
normale come risultato degli accomodamenti cui compositori si videro obbligati perché determinante
porzioni dell'originale potessero entrare nei luoghi previsti per la stampa. una serie di errori furono
anche di riscontrati nei preliminari la cui stampa fu marcato negativamente dalla fretta inoltre parte
di questi materiali fu andata persa. lungo il cammino editoriale dell'opera iniziato nel 1605 si sono
sommati errori dello scrittore, dell' amanuense, del tipografo che hanno fatto si che il romanzo avesse
differenti stadi di redazione. sorte diversa è quella che invece è toccata la seconda parte che ha seguito
un itinerario manente intricato della prima anche se non privo di Ciampi in quanto Cervantes modifica
l'originale anche in questo caso con aggiunte spostamenti e si ebbero incidenti tipografia imprevisti
editoriali. Ciò che maggiormente ha fatto sì che il cammino editoriale dell’ opera sia costellato di errori
e il fatto che nel corso delle varie edizioni e nelle varie ristampe sì sì ha copiato ciecamente letizia
princeps spesso considerando che quegli errori erano frutto di scelte volontarie dello scrittore e molte
volte la ristampa non implicava neanche l'esame dei volumi originali ma ci si accontentava di facsimili
pieni di ritocchi arbitrari e deficienza di riproduzione ignorando i testi originali che sarebbero potuti
essere piste imprescindibili per il restauro del testo. Dopo l'edizione del 1605 viene redatta una
seconda edizione che incorporava un paio di ampie aggiunte realizzate dall'autore stesso, correzioni
non solo linguistiche ma anche a livello del contenuto che era in alcune parti costellato di copiose
sviste probabilmente dovuto allo spostamento di materiali all'interno dell'opera. Una di queste sviste
e per esempio la scomparsa del l'asino di sancho: Nel giudizio princeps si presenta sancho senza il suo
asino tra i capitoli 25 e 29 ma non si narra nè come nè quando sparisca l'animale; più tardi nel
capitolo 46 lo scudiero di nuovo in groppa al suo asino ma anche qui non si spiega né come né quando
gliel abbia recuperato. A questa svista fu posto rimedio con delle prevedibili burle. tuttavia nella sua
idea di porre rimedio a queste sviste combinò un guaio ancora più grande in quanto scrivendo con
sicurezza e disinvoltura di chi si muove all'interno della propria opera l'autore non fece caso che
inserì la giunta relativa la perdita dell’ asino prima del punto corrispondente facendo sì che per un
paio di capitoli Sancho continua a cavalcare in groppa all' animale di cui solo più tardi comincio a
sentire la mancanza. Proprio per questa svista ancora più grande nella seconda edizione l'autore
stesso non ne considerava la validità , infatti nella seconda parte l'autore fa riferimento solo alla prima
edizione e non alla seconda in quanto è la prima versione che deve considerarsi oggi come quella che
più risponde alla volontà dello scrittore. Tutte queste sviste sono attribuibili al fatto che l'autore non
sottopose mai la sua opera a una revisione attenta che fosse capace di far concordare le
numerosissime modificazioni, aggiunte e soppressioni introdotte nel corso della redazione del
romanzo: Per esempio quando l'autore probabilmente decise di sopprimere la narrazione del furto
dell' asino non sicuro del fatto che doveva eliminare il resto dei riferimenti a tale episodio. Queste
sviste dell'autore furono oggetto di forti critiche da parte della critica. Nella seconda parte a sua volta
l'autore ri crea e spiega in termini giocosi alcune anomalie della prima parte responsabilizzando di ciò
gli stampatori. Nel corso del tempo a partire dal 1605 il Chisciotte ha avuto un grande eco ma dopo un
periodo di grande successo però il romanzo soffre un eclissi nel 1617 per poi riapparire nelle stampe
del 1636 e ad acquisire un enorme popolarità diffondendosi in decine di versioni anche più
economiche, tascabili, immancabilmente adornate da stampe e incisioni. Infine ci sono poi tre edizioni
di lusso come quella londinese del 1738 con uno studio su Cervantes a cura di don Gregorio Mayans e
con finissime incisioni di VanderBank; poi c'è un'altra edizione di lusso di Joaquin de Ibarra che
stampo' per la Real Accademia Espagnola e quella di John Bowle, pastore della parrocchia di Idmiston
che nel 1781 a Londra e Salisbury pubblicò un’edizione di lusso.

SPAZIO: proprio come nel romanzo picaresco abbiamo uno spazio contemporaneo e verosimile
all’autore tuttavia indefinito. Lo spazio esterno si estende Dalla Mancha, poi dalla sierra morena al
porto di Barcellona. Lo spazio interno al romanzo sono la strada e la locanda intesi come luoghi di
incontro (cronotopo=spazio del romanzo). Le salidas di Chisciotte sono strutturate in 3 uscite e 3
ritorni di cui l’ultima nella seconda parte. La prima salida è molto breve e copre uno spazio geografico
ridotto, la seconda e la terza più lunghe e toccano più luoghi (rappresentazioni grafiche delle salidas in
“biblioteca nazionale”). Spazio concreto e riconoscibile della Spagna del XVI secolo e della sua società .

COME SI RAPPORTA ALLA NARRATIVA DEL SUO TEMPO: il romanzo nasce come parodia, e assorbe e
ribalta una tradizione letteraria. Ingloba all’interno più tradizione di modalità narrative del suo
tempo. C’è un po’ di ogni genere: libri di cavalleria materia della parodia, elementi della picaresca,
novela pastoril. Della novela pastoril alcuni episodi della prima parte rimandano a tale genere; della
novela picaresca: c’è la lingua, la realtà contemporanea, la struttura episodica e la scelta dell’anti-eroe.
In aggiunta ci sono altri generi come la novela sentimentale, el cuento morisco che ha per protagonisti
degli arabi, novella italiana tra i capitoli 33-35 che è quella del “curioso impertinente” che è una delle
novelle intercalate dell’opera che si discostano dalla narrazione principale. Nel corso del tempo il
romanzo assume significati sempre più grandi frutto delle sue tante interpretazioni.

L’ESPEDIENTE DEL MANOSCRITTO E LA PROBLEMATIZZAZIONE DELLA NARRAZIONE: la narrazione


viene problematizzata in quanto Cervantes presenta se stesso nel prologo, poi ricompare nel capitolo
8 in commenti vari nei cari capitoli, e si definisce patrigno dell’opera come se demandasse a un altro
autore, a suoi alter ego. All’inizio parla di altri autori che ha trovato nella biblioteca, negli archivi della
Mancha che parlano delle avventure di questo personaggio. Tutto ciò fino al capitolo 7 in cui lascia in
sospeso un evento perché dice di non aver trovato altre informazioni, poi dal capitolo 8 in poi dice che
ha trovato un manoscritto di Cide Hamete Berengeli, nome che significa “senor (cide) que mas alaba
(Hamete) al Senor hijo del Evangelio (Berenjeli)” ,ma il nome Berengeli crea una assonanza burlesca
con la parola berenjena (melanzana). Questo signore si dice essere l’autore del manoscritto di cui si
raccontano altre avventure di Chisciotte e Cervantes fa tradurre il manoscritto da un traduttore arabo
e riporta poi a partire dal capitolo 9. L’opera è considerata un romanzo moderno in quanto dialoga
con il genere del romanzo su tutti i livelli e diventa un compendio di tutti i generi scritti fino a quel
momento e in più ci si pone il problema dell’autoria del romanzo. Il romanzo diventa una sorta di
riflessione continua sulla finzione narrativa, i cui meccanismi vengono svelati a poco a poco nel corso
della lettura. L’autore non vuole infatti semplicemente raccontare una storia. Meccanismo che poi
ritroviamo nella narrativa del 900 in Pirandello e in Unamuno. Il racconto per quanto sia frutto della
follia del personaggio non ha nulla di inverosimile ma tutto appartiene alla realtà circostante e
contemporanea all’autore, dunque una realtà immediatamente riconoscibile ed è un affresco della
Spagna del 600. In più Cervantes rifiuta l’idea del narratore unico come garante unico della
narrazione: ci sono vari punti di vista e la storia viene raccontata da un narratore che assume vari
punti di vista, dunque il romanzo diventa polifonico.

INTERPRETAZIONI: La prima interpretazione del romanzo è stata data dalla critica romantica che ha
letto il romanzo come rapporto tra idealismo e materialismo leggendo delle direttrici diverse che
andavano oltre la semplice parodia: questa opposizione la si può vedere nel confronto don Chisciotte
vs Sancho. Ma un’interpretazione importante fu il 1905 in cui don Chisciotte diventa simbolo della
Spagna, grazie al nazionalismo di Unamuno che riscrive il don Chisciotte nella “Hiija de don Quijote y
Sancho”. La modernità di Chisciotte sta nel fatto che è un unione di elementi molteplici e
nell’interpretazioni di Claudio Guillem il romanzo è organizzazione e ricreazione minuziosa e
tollerante della ricchezza e della varietà della vita. Il Chisciotte è “romanzo mondo” in cui finisce per
rientrare un po’ tutto.

LA FIGURA STORICO-LETTERARIA DEL CAVALIERE: La figura del Cavaliere inizia ad apparire sullo
sfondo storico a partire dal secolo VIII, tra l'irruzione degli arabi Spagna nel 711 e l'imboscata di
Ronscisvalle del 778 in cui i soldati franchi si trasformarono in cavalieri. l'apparizione dei Mori che
combattevano a cavallo fece sì che tutti coloro che combattevano contro di loro dovevano combattere
a cavallo. possedere un cavallo con tutto l' armamentario adeguato, comportava una spesa che pochi
potevano affrontare ed è proprio per questo motivo che i cavalieri erano solo coloro che erano più
ricchi. inoltre però essere cavalieri apriva anche la porta privilegio donativi dire signori alle terre e
alle rendite. inoltre riposo del Cavaliere si dà principalmente a Corte, uno scenario perfetto per
coltivare gli hobby tipici di un Cavaliere: il gioco dell'amore e il gioco della guerra. A Corte, le relazioni
feudali si riproducono nel servizio amoroso pressato dal Cavaliere e la dama, la dama è una divinità
inaccessibile di un universo bello artificiale come una bolla di sapone governato da uno stretto codice
di comportamento del linguaggio nel quale il filo soldato diviene corteggiatore sensibile, con versatore
raffinato e persino poeta. il gioco della guerra invece consiste soprattutto nella pratica del torneo nello
scontro di parti contrapposte in campo aperto. il torneo e al tempo stesso divertimento esercizi
occasione di brillare gli occhi delle Dame e dei notabili. inizialmente i tornei erano sanguinosi e
persino mortali, tuttavia, ben presto si trasformarono semplicemente nell’ imitazione di un
combattimento fatto di puro e semplice spettacolo con armi spuntate seguendo norme speciali di
sicurezza. si moltiplicavano poi nei tornei anche norme speciali cerimonie regole rituali che andarono
a consolidare sempre più l'idea stessa della cavalleria come ordine religioso o di una comunità
militare sovranazionale. i protagonisti dei tornei che giravano di torneo in torneo e di giostra in
giostra, anziché di battaglia in battaglia, era proprio la figura del Cavaliere errante. Questa figura
costituisce il punto di riferimento, il punto di partenza, per la creazione della figura del Cavaliere
letterario. Infatti, è proprio in questo momento infatti che appaiono in Francia inizialmente in versi e
poi successivamente in prosa storie e romanzi che raccontano le gesta dei cavalieri erranti e che
danno origine ai libri di cavalleria che sono proprio quelli che fanno perdere il senno a Don Chisciotte.
Tra questi abbiamo i cavalieri della tavola rotonda, la figura di Lancillotto e la figura di Tristano. in un
mondo remoto, pieno di esseri meravigliosi virgola di maghi e dimostri virgola di automi e di giganti,
ma al tempo stesso di nitide gerarchie e di insuperabili barriere tra il bene e il male, il Cavaliere parte
per un pellegrinaggio senza meta che è in realtà una ricerca di sé. Nella solitudine delle selve delle
foreste il Cavaliere animato dall’ immagine dell’ amata e sostenuto da un vigore miracoloso e da doti
guerriere, che gli permettono di uscire vittorioso da qualunque scontro, il Cavaliere non dubita mai di
accollarsi la difesa del Regno, la protezione delle Dame, il soccorso di orfani e pupilli, il castigo dei
superbi e il premio degli umili. Questo tipo di Cavaliere non è altro che una sublimazione diafana del
Cavaliere della realtà e che a sua volta questa sublimazione guida la creazione del Cavaliere nella
realtà , il quale si ispira infatti al Cavaliere letterario convincendosi di assomigliargli per migliorarsi e
credendo di esserci riuscito. Il Cavaliere reale si guarda dunque nello specchio del Cavaliere letterario
che diventa per lui, quindi, un punto di riferimento.

Tuttavia la cavalleria non a lunga storia il suo declino va di pari passo con il progresso delle armi da
fuoco, delle nuove tattiche di fanteria e degli eserciti professionali, conseguenze tutto del consolidarsi
del potere Regio e della formazione degli stati nazionali. Tuttavia, mentre vendono venir meno la
propria funzione di braccio armato della società feudale, i cavalieri incrementano anche la coscienza e
la volontà di costituire uno stato singolare cui si sforzano di dar vita virgola.se non in guerra almeno
mediante spazi e cerimonie capace di abbagliare i comuni mortali. quindi minor peso hanno nella
realtà maggior peso hanno nella finzione. Sull’ esempio dei romanzi cavallereschi il Cavaliere
travestito da Cavaliere va in cerca di avventure clamorose e gratuite. È proprio per questo motivo che
nel 400 numerose sono le confraternite cavalleresche i passi d'arme che nascono con il proposito di
proteggere le Dame, le donzelle, le vedove oppresse dagli uomini poderosi che le vogliono privare
delle terre e degli onori. In questo ambito il Cavaliere stesso diventa dunque una figura di finzione
come un personaggio di un libro. agli albori dell'età moderna ciò che rimane della cavalleria non è
altro che il travestimento e lo sfondo letterario. La funzione realtà e finzione nell'ambito cavalleresco
era dunque molto diffuso quel tempo e la falsa identità romanzesca, costruita artificialmente, formava
parte della personalità e della vita reali, benché naturalmente solo in certi momenti ho solo per gioco.
il caso di Don Chisciotte questione di grado più che di sostanza: l'identità falsa piazza l'identità vera e,
in un territorio ambiguo tra l'una e l'altra, si pone la circostanza che per imitare gli eroi dei libri di
cavalleria la prima cosa che viene in mente a Don Chisciotte è quella di fabbricarsi delle armi di
cartone come quelle usate nei tornei simulati o nelle mascherate che al suo tempo mantenevano in
vita l'antica illusione cavalleresca. Al tempo di Chisciotte, gli indumenti del cavaliere che oggi possono
apparire inadeguati, erano propri di un viaggiatore di buona posizione sociale e desideroso di seguire
la moda.

La figura descritta all'interno dell'opera non è un Cavaliere qualunque ma una figura storica e
collettiva che si identifica nella frase “di quelli con la lancia nell'armadio”. l'autore non si riferisce ad
un unico personaggio, ad unico gentiluomo, ma a uno tra tanti. Alonso Quijano in effetti è un tipico
hidalgo di paese nella Spagna degli Asburgo, la gerarchia nobiliare andava dei grandes de Espagna e
dai titulos sino ai ricchi caballeros, e tra l'essere e il non essere nobili, ai semplici hidalgos i cui
privilegi si riducevano l' esenzione delle tasse ed alcuni oneri quali l'obbligo di alloggiare Vito vagliare
le truppe di passaggio. Don Chisciotte e uno di questi è il rango del personaggio e confermato dal
rispetto con cui vicini lo trattavano e dai suoi possedimenti alcuni ereditati e di modeste dimensioni.
lo stesso autore ricorda che il buon Alonso possedeva quattro ceppi di vite due giochi di terra 4 5 asni
tre cavalli. dunque l'autore ci presenta sin dall'inizio la condizione sociale del protagonista non che i
suoi beni che gli permettevano di vivere senza lussi ma comunque senza ristrettezze eccessive. al
tempo di Don Chisciotte il grande momento storico della nobiltà era in realtà passato: la milizia ormai
non era più nelle mani dei nobili ma nelle mani di eserciti professionisti, e i nobile di stirpe più antica
o con fortuna in buono stato si dedicavano occupare i migliori posti dell’ amministrazione statale
locale, ad ascendere socialmente all'ombra della Corte a godersi le rendite virgola in città in campagna
prigionieri dell’ozio e dell' ostentazione. Questi erano i “cavalieri cortigiani” come definiti da
Chisciotte così sospetti ai suoi occhi quelli che lui definiva coloro che conoscevano il mondo
guardando una carta geografica ma senza mai varcare la soglia della Corte. Al contrario gli hidalgos
erano coloro che con poche risorse, principalmente quelli rurali, si mettevano in cammino
arruolandosi nei nuovi eserciti o intraprendendo viaggi come per esempio quelli per le indie. Alonso
affermava di essere un hidalgo con possesso e proprietà , tuttavia ciò non bastava a riconoscere
ufficialmente la sua posizione sociale. Un hidalgo poteva dormire tranquillo quando la sua condizione
sociale era riconosciuta unanimemente e universalmente. ma non erano solo gli hidalgos a soffrire per
la decadenza della cavalleria. tutti nobili sentivano la nostalgia delle glorie guerriere e degli splendori
cavallereschi del medioevo ed era proprio per questo motivo che i libri di cavalleria si trovarono tra le
loro letture preferite, perché alimentavano tale nostalgia. i nobili ormai in decadenza consumavano
buona parte del loro tempo in noce divertimenti che imitavano i modi e costumi della cavalleria
medievale: Essi infatti si dedicavano alla caccia, ai tornei, ai passi darmi, ai giochi di canna ed anello , a
ricevimenti e riunioni notturne. La loro condizione peggiorava di giorno in giorno e l'unica soluzione
possibile trovata dal re fu quella di recuperare questa classe sociale attraverso le confraternite
cavalleresche di venerabile memoria medievale che si occupavano di organizzare abitualmente
giostre, tornei, giochi di canna e altri esercizi militari e celebrale pubblicamente tali feste e
divertimenti in questi stessi borghi. la particolarità è che Don Chisciotte non era nato in uno di questi
borghi. molto probabilmente.se vi fosse nato non avrebbe perso il senno perché avrebbe potuto
dedicarsi, come hidalgo, a celebrare l'appartenenza a questa classe sociale attraverso la confraternita
cavalleresca. egli infatti si proponeva di partecipare alle famose giostre a Saragozza in onore di San
Giorgio una delle più famose società cavalleresche. ma dato che non era nato in uno dei borghi e non
apparteneva a nessuna delle confraternite perde il senno eh si vota con tanta passione alla lettura dei
libri di cavalleria. i racconti cavallereschi gli offrivano la visione chimerica virgola di un mondo in cui
un piccolo nobile poteva portare a termine le imprese più meravigliose e raggiungere le vette più alte
conquistando dunque il titolo di don. non ci si può sorprendere del fatto che il sogno si imponesse
all'evidenza e che in Don Chisciotte la lettura facesse nascere l'idea di scrivere e alla fine di vivere in
un libro di cavalleria. La storia di Don Chisciotte non è poi così lontana dalla realtà infatti molti a quel
tempo seguivano i romanzi di cavalleria come storie veritiere e più di uno era mosso da questa lezione
e non mancava che usciva completamente matto. Molti erano coloro che pensavano di poter far
resuscitare ancora quanto narrato all'interno dei libri di cavalleria. Quando si pubblica il Chisciotte
questa prospettiva utopistica non era una semplice stravaganza da hidalgos mancieghi più o meno
frastornati. al contrario la considerazione dei mali presenti nella società del tempo faceva nascere in
molti il desiderio di tornare indietro e di concepire dunque una riforma una restaurazione dei modelli
del passato. lo stesso Cervantes molto probabilmente era animato da tali ideali ed è proprio per
questo motivo che ne riflette alcuni nel personaggio di Don Chisciotte. egli aveva infatti combattuto a
Lepanto nel 1571 all'età di 24 anni e Cervantes non ci son mai di essere un ex combattente e non
considerarlo un conservatore non era infatti molto difficile.

LINGUA E LETTERATURA: Nonostante l'opera sia stata fortemente apprezzata e lo sia ancora nel
corso dei secoli alcuni critici hanno da rimproverare a Cervantes alcuni errori linguistici. e chiaro che
la lingua del secolo XVII non è la stessa lingua che parliamo oggi o che conosciamo oggi, però c'è anche
da specificare che l' ambiguità linguistica no niente a che vedere con la diacronia di una lingua. una
frase può risultare ambigua nel 2021 così come nel 1605. un esempio di questa ambiguità e per
esempio una delle frasi dei primi capitoli ossia “Pidiò las llaves a la sobrina del aposento”, Che in
italiano vuol dire “chiese le chiavi alla nipote della stanza”. come risulta ambigua questa frase, nel
risultato ambiguo tante altre nel corso della storia. la prosa di Cervantes sarebbe oggi inammissibile.
non solo in un romanzo, ma nemmeno in una relazione scolastica potrebbe accettarsi oggi una
costruzione di questo tipo. una costruzione del genere può essere accettata nella lingua parlata in
quanto l' intonazione le flessioni dell oralità permettono di cogliere le differenti combinazioni dei
sintagmi, ma una frase del genere non si può scrivere in quanto la lingua scritta non è la trasposizione
della lingua parlata. una frase ambigua non può essere disambigua ta in una lingua scritta. all'inizio
del secolo 17 la situazione era abbastanza meno rigida rispetto a quello attuale. i criteri pratici, le
esigenze grammaticali e principi di economia espressiva che oggi, per quanto libertà accettiamo ad
altri fini, ci muovono comunemente esautorare una prosa che si allontani da certi requisiti non erano
all'epoca di servantes così estesi. ma un ambiguità era sempre un ambiguità . per spiegare il perché di
queste scelte linguistiche, che data la numerosa presenza all'interno dell'opera, non possono dirsi
errori Ma in realtà una scelta propria dell'autore in quanto il Chisciotte non è tanto scritto quanto
detto, redatto senza sottostare alle costruzioni della scrittura. l'autore per esempio usava solo i
rarissimi casi segni di interpunzione e non dividere il testo in paragrafi ma lasciava correre la penna
come fosse la voce senza pensare alle norme che a noi impediscono di mettere sulla carta ciò che non
è succetti bile di punteggiatura. il discorso sgorgava libero come una conversazione quotidiana. e
proprio quello della conversazione quotidiana e familiare il taglio che l'autore voleva dare alla sua
opera. per questo motivo le dimenticanze cervantinesono quindi giustificate. troviamo tali
dimenticanze per esempio nel nome della moglie di sancho Panza che una volta si chiama Juan, una
volta Mari Gutierrez, Teresa Pansa, Cascato o Sancha; Gli ospiti della locanda cenano due o tre volte,
Don Chisciotte non ha mai visto e ha visto quattro volte Dulcinea, Ginés de Pasamonte gli ruba e non
ruba la spada e così via. l' inflessione costitutivamente colloquiale rientrava in parte nelle coordinate
dello stile comico ma un altro motivo per cui l'autore sceglie di adottare questo stile è una sorta di
ribellione contro gli standard della letteratura allora in auge. Nella Spagna di Filippo III, Cervantes
sarà un po' ormai vecchio virgola un sopravvissuto del secolo precedente, di altri principi e altri gusti.
Gli artisti del momento lo consideravno distinto e distante ed egli sdegnava la teoria e la pratica della
letteratura che allora godeva di maggior credito. Tuttavia, l'opposizione il modello letterario
trionfante nei primi decenni del 600 non sarebbe stata altro che una bagatella aneddotica, se non
avessi avuto in sé tanti semi di futuro. Di fatto, il linguaggio quotidiano, il tono di chiacchierata tra
amici che troviamo nel Chisciotte segnano un momento fondamentale nella genesi dell’unica
rivoluzione autentica conosciuta dalle lettere occidentali nell’arco di duemila anni: la nascita e la
consacrazione del romano realista. Essendo un romanzo realista le peripezie l'intreccio possono
essere insolite, ma devono rientrare nel linguaggio di tutti i giorni: il romanzo realista infatti non si
ispira necessariamente alla realtà ordinaria, ma nel linguaggio che tale realtà comunica. dunque gli
errori linguistici sono soltanto una concrezione della prospettiva familiare, corrente, dalla quale si
osservano, nel Chisciotte le persone e le cose attraendo le tutte su di un piano di un'esperienza
comune. Servantes credeva nella letteratura della verità , delle esperienze della vita; proprio per
questo motivo una letteratura abbondante in casa stupendi virgola non estranea nemmeno il
prodigio , ma fondamentalmente fedele al criterio della verosimiglianza, come tertium quid tra la
realtà della storia e la fantasia della favola. l'autore si rifà ad una letteratura non sottomessa la
puntualità del vero ma pur così obbligato a giovarsi dell imitazione , una letteratura meno ed
esemplare scritta con chiarezza e con parole precise una letteratura che possa mescolare il
malinconico con il riso affinché l'ingenuo non si annoi e il discreto ne ammiri l'invenzione, il grave non
la disprezzo il prudente non manchi di elogiarla, così come l'autore stesso a firma nel prologo. il
delirio anacronistico di Don Chisciotte era sociale letterario a un tempo consistendo nel prendere a
modello di vita una letteratura inverosimile e il narratore lo corregge mediante un' ottica che prende
la vita come modello della letteratura. tuttavia, il realismo profondo del Chisciotte si trova meno nello
sviluppo di questo tema e nei particolari della trama che lo serve che nel linguaggio usato nella
narrazione. se quanto raccontato abbastanza elementi inverosimili il modo in cui viene raccontato è
più verosimile che mai. si può quindi dire che l'autore abbia rivoluzionato la funzione concependo la
nonna lo stile artificiale della letteratura ma nella presa domestica della vita.

PERSONAGGI E CONFRONTO
DON CHISCIOTTE: Nel primo capitolo il personaggio viene chiamato con l’epiteto “ingenioso” vale a
dire “fantasioso”, “acuto” e si applica al protagonista unicamente nel titolo e nelle epigrafi delle 4 parti
e di tre capitoli (2, 6, 16). La prima caratterizzazione del personaggio è sociale, si caratterizza come un
hidalgo, una ampia classe sociale che comprendeva sia hidalgos ricchi sia hidalgos più poveri, detti
rurali, con pochi mezzi e senza occupazione ma che ostentavano questo titolo perché da esso
derivavano una serie di vantaggi e privilegi. La caratterizzazione individuale e fisica individua dei
tratti somatici che rimandano a quelli del suo temperamento collerico e malinconico, questa
identificazione tra corporatura e carattere era una delle credenze della medicina antica. All’inizio del
capitolo vengono menzionati una serie di “possibili cognomi” dell’eroe, probabilmente che rimandano
alla finzione del manoscritto e che la storia non è di Cervantes ma che numerosi autori abbiamo
parlato di questo personaggio e che dunque ci siano delle discrepanze, che hanno sapore ironico e
comico: “quijada” significa “ganascia”, “quesada” è il nome di una specie di torta a base di formaggio e
“quijana” ricorda il sostantivo “queja” ossia “lamento”. Ma dato che secondo la finzione ci sono varie
fonti l’obiettivo dell’autore è quello di non scostarsi dalla narrazione della verità . Sin dal principio Don
Chisciotte si presenza come persona realmente esistita e il lettore crede che la sua fama sia dunque
anteriore al libro in quanto il narratore si presenta come un narratore onnisciente che narra le
vicende dell’eroe con l’espediente del racconto di eventi testimonianze presi da un antico libro. È
proprio questo che conferisce al personaggio una fama anteriore al libro di Cervantes e che fa credere
al lettore che il personaggio sia realmente esistito.

 Le armi di cartone: Prima di intraprendere il cammino Don Chisciotte più sente la necessità di
procurarsi armi e armatura. La prima cosa che fa è quella di ripulire dalla ruggine e dalla muffa
delle armi appartenute ai suoi bisnonni. tuttavia virgola e si presentavano un grave difetto
perché al posto di una celata da incastro avevano morone semplice. tuttavia ciò supplì il suo
ingegno perché fece di cartapesta una specie di mezzo celata che incastrata nel muro ne dava
l'idea di una celata intera. dopo aver realizzato la sua armatura in cartapesta e decise di
valutare la resistenza di questa armatura e disfece nell arco di un istante con la spada ciò che
aveva realizzato in una settimana. non manco ti sembra istrana la facilità con cui l'aveva fatta a
pezzi per questo motivo decise di rafforzarla con delle barrette di ferro al suo interno. dopo
averla realizzata la considerò resistente e ne fu soddisfatto senza voler fare nuova esperienza
della sua resistenza. quello dell'armatura è un altro elemento che si trova alla frontiera tra la
follia il buon senso di Don Chisciotte.
 L’ingegno: la particolarità di questa armatura e ciò che maggiormente sottolinea l'ingegno del
personaggio. il nocciolo significativo del particolare in questione e che un simile modo di
improvvisare una parte dell'armatura era proprio unicamente delle feste cavalleresche e delle
mascherate e non di certo dei cavalieri autentici. infatti il realizzare la l'armatura con
cartapesta ossia con vecchi giornali della colla modellando il tutto e poi fatto asciugare era
tipico della realizzazione di indumenti effimeri, fregi, ornamenti, maschere esibite industria,
tornei, giochi e spettacoli pubblici. Proprio per questo motivo non è possibile dire che Don
Chisciotte intraprende la propria avventura con un equipaggiamento di cattiva qualità ,
semplicemente è una maschera. In realtà l'elemento di mistificazione denunciato dai cartone
delle armi il proposito illusorio di evitare nella realtà dei modelli in gran parte immaginari,
dunque di porre in pratica una finzione, erano fantasie comune a tutti i cavalieri del tempo.

SANCHO PANZA: Viene realizzata una descrizione fisica e caratteriale seguendo anche il rapporto che
aveva il fisico con il carattere e il temperamento secondo la medicica ippocratica. “Hombre de biem,
compasivo escudero, amigo y gui, discreto, de corto entendimiento, gran hablador, escudero fiel,
hermano panza”. Sancho era di complessione sanguigna, ama mangiare è grasso e basso, ha spesso
sonno, ride moltissimo e non cambia nome e neanche il suo asino ha un nome. Ma Sancho è contento.
È l’esatto contrario di Don Chisciotte, lui idealista, Sancho materialista, ma la sua personalità si evolve
e si forma nel corso delle avventure sui sentieri della Mancha e soprattutto nella seconda parte in cui
Sancho ha un ruolo più da protagonista. Sancho è fedele a se stesso e al proprio abito di contadino,
parla una lingua viva, popolare, piena di proverbi che si infittiscono nel corso del romanzo. Questi
proverbi sottolineano la saggezza popolare di cui Sancho è portatore. Egli rivendica spesso il fatto di
essere cristiano viejo e Chisciotte spesso lo deride perché lo considera ignorante. Il rapporto fra
Sancho e don Chisciotte è in costruzione perenne in quanto i due hanno una personalità molto
complessa: Sancho non è solo un materialista ma un “compasivo escudero” come lo definisce
Chisciotte e “amigo y guia”, è “discreto”, “de corto entendimiento”, “gran hablador”, “escudero fiel”.
Alcune volte lo chiama fratello Panza altre volte invece gli ricorda la differenza sociale che c’è tra i
due: Sancho labrador e Chisciotte hidalgo. Sancho è per Chisciotte il suo scudiero e nel medioevo
questa figura era l’hidalgo giovane, figlio di cavaliere che era in attesa di essere armato. Dunque
effettuava un programma di apprendistato nel quale portava appunto lo scudo. Nella figura di Sancho
sfocia sia una lunga tradizione letteraria e popolare sia quella cavalleresca. La letteratura e la
tradizione popolare che aveva tracciato nella figura del villano semplicità e saggezza infatti Sancho è
un uomo libero, non è assettato di potere ne di ricompense. E quest’isola che viene concessa a Sancho
viene abbandonata poi dallo stesso in nome della sua antica libertà e per non essere nato per fare il
governatore ma per lavorare la terra. È dunque il simbolo del “Labrador concreto”. La tradizione
cavalleresca invece aveva reso la figura dello scudiero come il contrappunto comico del cavaliere. Il
nome Sancio probabilmente è ispirato al detto “Ecco Sancio col suo ronzino” che è un detto popolare
che indica due persone che stanno sempre insieme e dunque forse non è un caso che sia stato
chiamato Sancho. Lo scrittore descrive solo una volta Sancho e nonostante nella descrizione non
comparisse mai che egli aveva le gambe corte è stato poi sempre raffigurato così.

DON CHISCIOTTE E SANCHO PANZA: La figura dei due amici inseparabili è oggi nell’immaginario
collettivo. La loro parabola è inversa: nel corso del romanzo Sancho si Chisciottizza, cioè diventa più
visionario e meno concreto sotto l’influenza di Chisciotte, mentre don Chisciotte si Sancizza e assume
quel buon senso e quella concretezza che era di Sancho. Per esempio mentre all'inizio del loro
peregrinare è Sancho a informarlo sulla realtà che Don Chisciotte trasforma coerentemente al mondo
letterario in cui vive, nella seconda parte sarà Sancho stesso offrire Don Chisciotte quel mondo
modificando la realtà a suo piacimento per assecondare il padrone. I due personaggi sono all’inizio
estremamente diversi, l’uno il corpo, l’altro lo spirito, l’uno idealista, l’altro materialista e lo saranno
per tutta la storia solo che a un certo punto si verifica un inversione, un ribaltamento. Al termine
dell’avventura di Don Chisciotte contro i mulini a vento ad esempio, Chisciotte è malconcio ma non
accenna a lamentarsi del suo dolore, dopo essere finito nell’elica del mulino. Nei romanzi di cavalleria,
il lamento e il dolore dei cavalieri erranti non è contemplato. Al contrario Sancho si lamenta del suo
dolore perché è umano, è concreto, è corpo e come tale avverte e lamenta il dolore. Inoltre vediamo il
lato umano di Sancho nella frase “Iba caminando y comiendo”, mentre don Chisciotte non mangia,
questo simbolizza quanto don Chisciotte sia un personaggio non in carne e sangue a differenza di
Sancho. Sancho dimentica ogni promessa fatta a don Chisciotte pur di mangiare. essendo il romanzo
un affresco della società dell’epoca, diventa anche il simbolo della mescolanza sociale e geografica, tra
classi sociali e tra vari popoli quindi e ognuno parla con la propria lingua e la propria tradizione. Gli
stessi Chisciotte e Sancho appartengono a classi sociali diverse ma si avvicinano molto nonostante
Chisciotte ricordi più spesso la loro differenza.

ALTRI PERSONAGGI: Tra coloro che prendono effettivamente parte all' azione, nessuno si lascia
applicare un'unica etichetta: tutti mostrano varie facce, tutti hanno le proprie ragioni tutti alla fine
risultano simpatici al lettore. molto probabilmente l'unico personaggio che risulta odioso e il
cappellano del palazzo che condanna le stramberie di Don Chisciotte e ammonisce il duca perché lo
colpevolizza di metterti a portata di mano occasione per confermarsi nella propria balordaggine
vacuità e dunque accusa il duca di no di essere non meno mente gatto di Don Chisciotte. Le perle dei
nobili signori risultano più una volta crudele o sconsiderate oltre che capricciose tuttavia, i duchi
mostrano chiarissima la volontà di evitare che Don Chisciotte si senta ferito, fosse anche dal minimo
dettaglio, riuscendo anzi a fargli provare la maggiore allegria mai provato dall' eroe in tutte le
peripezie. dunque, nella maggior parte dei casi i personaggi sono connotati da una forte dualità o
molteplicità il loro modo di essere non è mai unico. la dualità e la molteplicità dei modi di essere dei
personaggi non si dà solo nelle attitudini e nei comportamenti di ciascun personaggio, ma anche nella
maniera in cui Cervantes mette a confronto gli uni con gli altri. Inoltre le diverse sfaccettature dei
personaggi sono messe in evidenza anche dai diversi punti di vista che vengono adottati anche
all'interno dello stesso episodio. per esempio nell'episodio in cui Don Chisciotte ho offeso dalle parole
del capraio colpisce l' interlocutore con una pagnotta in pieno volto, l'autore adotta diversi punti di
vista: quello di Don Chisciotte, quello del capraio e quello dello scudiero. in alcuni casi poi esagera i
colpi rispettando il tono festoso della situazione. quindi i fattori che confluiscono per accogliere nel
racconti diversi sembianti dei personaggi della vita sono numerosi e aprono inesauribili possibilità di
lettura.

LA PRESENZA INVISIBILE DELL’AUTORE: Un altro personaggio presente all interno dell opera e
l'autore stesso, tuttavia appare quasi coperto da un velo. ben presto infatti la storia di Don Chisciotte
si attribuisce in modo da operetta, Cide Hamete Benejeli e Cervantes diviene il secondo autore.
Dunque, se Don Chisciotte imitava i cavalieri dei libri, Cervantes imitava giocosamente propri presunti
autori. Quel che raramente accade nelle opere letterarie e che pochi autori sono così visibili come lo è
Cervantes nel Chisciotte. All'interno dell'opera ci sono vari riferimenti alla vita dell’ autore come per
esempio la battaglia di Lepanto e la prigionia ad Algeri. però questi momenti pur essendo cruciali
determinano in maniera minore la vera essenza del Chisciotte. infatti Cervantes rifugio dei riferimenti
palesi a se stesso e anche.se non risparmia l'uso dell’io nella narrazione più volte si palesa sotto
diversi nomi come “tal de Saavedra” o “Grande amico più versato in disgrazia in versi”, come lo
definisce il curato nel capitolo 6. La personalità dell'autore e quindi fortemente presente nell’opera
anche.se risulta solamente come un'ombra. le radici biografiche di questa presenza non sono in realtà
molto chiare, tuttavia possiamo vedere disseminate parti della personalità di Michele de Cervantes
all'interno del personaggio di Don Chisciotte. ad esempio, il fatto di accettare le cose così come stanno
senza crearsi molti problemi, evitare i conflitti per una questione di cortesia o per una questione di
diffidenza tipico della personalità di Don Chisciotte in realtà è un tratto tipico dell’autore stesso. La
presenza dell'autore si vede inoltre nell abbondanza di reminescenze e citazioni letterali aristoteliche,
in quanto servantes era un grande ammiratore di Aristotele. si era lamentato di aristotelismo nelle
scuole sui libri e nella frequentazione dei migliori ingegni.

STRUTTURA E PROLOGO
Presenta una serie di elementi paratestuali e la dedica al duque de bejar e un prologo che presenta il romanzo
in tutti i suoi giochi mtea narrativi. Cervantes si rivolge al lettore e lo chiama “desocupado lector” in quanto lo
definisce sfaccendato, la lettura era un attività di svago. Cervantes sviluppa il topos della “falsa modestia”,
giustificando il valore non del tutto congruo alla sua aopera. Avrebbe voluto scriverla meglio ma non ci è
riuscito Il primo momento di costruzione metafinzionale dell’opera. Egli finge che l’opera non sia sua e che si
sia ispirato a una serie di opere le cui fonti sono gli archivi dela mancha e poi più avanti finge di aber trovato un
manoscritto che contiene una continuazione delle avventure di don chisciotte scritte però da un arabo. Per
questo si presenta come il patrigno, cioè come colui che ha adottato il personaggio da altri autori. Per
giustificare e riparasi eventualmente dalla critica. Cervantes viene considerato il padre del romanzo moderno,
egli gioca con i diversi livelli della narrazione. Nel prologo scrive anche il perché e come abbia scritto un
prologo: inizialmete vuole dare la storia ai lettori monda e nuda senza ornamenti (tutti gli elementi paratestuali
come il prolooìgo, i donetti, gli epigrammi e gli elogi…) come era prassi fare invece, egli infatti trovo difficoltà
nello scrivere il prologo e più volte cercava autori che gli potessero scrivere il pologo. Il don chisciotte viene
scritto inizlamente come critica ai romanzi di cavalleria, come amadis, pienid intrighi, lances amorosos,
appariioni, elementi incredibili che erano diventti una moda dilagante.

All’epoca di Cervantes i testi preliminari erano una sorta di copyright, il deposito legale e altri requisiti
moderni. Questi testi compongono il paratesto e che precedono il testo vero e proprio. L’opera
integrale era composta da un certo numero di quaderni e a seconda del numero di quaderni si
stabiliva poi il prezzo. Generalmente nel primo quaderno c’erano i testi preliminari. Tra questi
abbiamo:

1) La TASSA: indicava il prezzo al pubblico secondo il numero di quaderni


2) L’ERRATA CORRIGE: certificava che il testo stampato rispettava il manoscritto presentato per
la censura, salvo i casi di errori segnalati apertamente.
3) El REY: che era l’autorizzazione del re, il privilegio a pubblicare l’opera e indicava l’indicazione
della durata dell’autorizzazione a pubblicare. Nell’edizione del 1605 si aggiunge il privilegio
per il Portogallo e dice di averlo per l’Aragona.
4) La APROBACIÓ N: ossia la licenza, che poteva essere ecclesiastica o civile che però nella prima
parte del Chisciotte andò persa, quella presente è stata scoperta nel 2008 da Fernando Bouza
nell’Archivo Historico Nacional.
5) La DEDICA: l’opera è dedicata al duca di Bejar, don alonso Lopez de Zuniga y Sotomayor, duca
dal 1601 e qui vi è un po’ di captatio benevolentiae in cui vengono tessuti gli elogi al duca e alla
sua grandezza. Tuttavia, la dedica non è uscita dalla penna di Cervantes ma è la sostanziale
ripresa di una di Fernando id Herrera e deve essere attribuita all’editore Francisco de Robles.
6) Il PROLOGO: vi sono due prologhi, uno che precede la prima parte e uno che precede la seconda
parte pubblicata nel 1615.

a. PROLOGO 1: Il prologo è diviso in 3 parti: un esordio in cui si parla del carcere in cui è
stata concepita l’opera, una parte in cui si parla della paternità dell’opera e di una sorta
di autoritratto di Cervantes, un dialogo tra l’autore e un amico (dialogo dottrinale
rinascimentale anche se ironico ed è una satira dei procedimenti standard di redazione
di un prologo); nella terza parte vengono delineate quali sono le caratteristiche
essenziali dell’opera: carattere profano, stilo semplice e non ampolloso e critica ai libri
di cavalleria ed è la cifra del romanzo in quanto lo presenta in tutti i suoi giochi
metanarrativi. Gia il prologo fornisce delle chiavi di lettura della scrittura di Cervantes e
dell’opera stessa. Prima di tutto Cervantes si rivolge al lettore e lo chiama “desocupado
lector” in quanto la lettura era un’attività di ozio e svago riservata a chi non aveva nulla
da fare. Come in tutti i prologhi l’autore sta sviluppando il topos della falsa modestia
aggiungendo però alcune informazioni: egli non è potuto venir meno all’ordine della
natura nella quale ogni cosa genera una cosa simile ad essa e dunque non ha potuto dar
vita a un libro migliore a causa di un ingegno e un intelletto discreto. Egli avrebbe voluto
scrivere un libro migliore ma dato che è nato in condizioni estreme il suo ingegno prima
di tutto secco e sterile masi trovava in condizione svantaggiosa perché in carcere.
Cervantes, essendo un esattore, a causa di un trattenimento di tasse fu incarcerato e
l’opera del Chisciotte fu proprio concepita durante la permanenza in carcere per 5 anni
ad Argel. Tuttavia Cervantes scarica la paternità della propria opera e parla del suo libro
come di un figlio deforme. Un padre che ha un figlio deforme non ne vede i difetti e le
manchevolezze perché sono accecati dall’amore nei loro confronti e per lui sono tutti
pregi, allo stesso tempo, l'autore vorrebbe che i lettori vedessero allo stesso modo
questo libro, come se tutti i possibili difetti che possa avere vengano visti come pregi.
Dice che comunque piu che il padre del Don Chisciotte è il patrigno e qui mette in
evidenza per la prima volta la costruzione metafinzionale, estremamente moderna e
all’avanguardia per quel tempo, dell’intera opera. Finge infatti di essersi ispirato per
raccontare le avventure di Chisciotte a una serie di storie e testimonianze ritrovate negli
archivi della Mancia e finge addirittura di aver ritrovato un manoscritto che contiene la
continuazione delle avventure di Chisciotte scritte da un arabo (cap 9). Rispetto alla
storia non si presenta come il vero autore ma come un patrigno, un autore che ha
semplicemente riportato quanto ha ritrovato. Essa è una forma di
deresponsabilizzazione nei confronti di eventuali critiche e censure all’opera. Inoltre,
vuole che il lettore non deve sentirsi sotto pressione se l'opera non è di suo gradimento,
ma nemmeno sarà elogiato da qualcuno se la troverà piacevole.
Cervantes, considerato il padre del romanzo moderno, gioca con i vari livelli di
narrazione e qui egli vuole dare questa storia ai lettori “monda y densuda” e senza
ornamenti ed elogi. Infatti l'autore racconta di non essere riuscito a scrivere un prologo
adatto per il Don Chisciotte, e che proprio quando stava alla scrivania a comporlo, un
suo amico era passato di lì, e gli aveva chiesto quale fosse il problema, e lui gli rispose
che aveva deciso di non mettere il prologo nel testo perché non sapeva come iniziarlo, e
che a questo punto poiché non era dotto e acculturato, forse era meglio che lo avesse
riposto da qualche parte in attesa che qualcuno più acculturato lo pubblicasse al suo
posto, questo suo amico a questo punto lo fa ragionare, dicendogli che anche se lui non
sarà dotto, può sempre utilizzare le voci di chi prima di lui è stato importante nella
storia, usando Aristotele, Catone, Orazio e altri riuscirà comunque a fare bella figura.
Sono dunque inserite una serie di citazioni prese da opere di autori classici. Perciò
l'autore si riconsola, e decide di utilizzare il discorso motivatore del suo amico come
prologo, e augura al lettore il meglio di ogni cosa. Il prologo è il primo elemento di
metaletterarietà e metafinzione perché non è un’introduzione secca al romanzo ma egli
spiega e discute su come scrivere un prologo che non è una semplice presentazione del
racconto. L’autore infatti nel prologo si incentra sulla critica delle pratiche e degli ideali
della letteratura più apprezzata nei primi anni del 17° secolo. Il Chisciotte è chiaramente
un “invettiva contro i libri di cavalleria” ma solo alla fine egli dichiara che la propria
opera è una diatriba contro i libri di cavalleria. Inizialmente il suo proposito sembra
molto chiaro l'autore non vuole distruggere l'autorità il favore di cui godono nel mondo
e tra il popolo e libri di cavalleria, ma nel corso della sua parodia ottiene esattamente
l'effetto contrario, creando un mondo favoloso tipico dei libri di cavalleria che esiste
solo nella mente di Don Chisciotte e che lui vive come reale. quando i pretende di agire
come se si trovasse davvero in quel mondo la realtà gli si impone a suon di burle e botte
che lui giustifica considerando incantesimi. Ciò provoca riso nel lettore. Nel prologo si
mostrano altri due bersagli di grande importanza: la facile esibizione di “umane lettere”
che dà agli autori la patente di uomini colti e eruditi e contro la letteratura del tempo
fatta di sonetti, epigrammi, elogi che si ponevano a inizio di un’opera. Proprio per
questa avversione a tali pratiche, egli condivide la difficoltà nel fare il prologo con il
lettore per svelare i meccanismi della finzione e per svelare il meccanismo e il processo
di costruzione del prologo. Dunque il processo di costruzione del prologo diventa il
prologo stesso. L’amico che passa di li e chiede a Cervantes quale fosse il problema gli
dice che non deve fare altro che prendere i florilegi di massime, citazioni di grandi del
passato che stanno bene ovunque e che gli fanno fare la figura di un uomo colto. Il
prologo come il racconto è ricco di ironia. Segue il consiglio dell’amico di cercare di
muovere con la storia il malinconico e il ridire, di fare in modo quindi che l’ingenuo non
si annoi e che il colto ammiri la capacità di inventiva, che il grave disprezzi e il prudente
la elogi. L’obiettivo è quello di cercare di distruggere la macchina mal fondata dei libri di
cavalleria. Il Chisciotte inizialmente era una critica ai romanzi di cavalleria come Amadis
de Gaula, Palmierin e altri citati anche nel romanzo. Essi erano pieni intrighi, avventure,
lanzos amorosos, apparizioni di figure incredibili e fantastici e che avevano inquinato la
società , molto spesso vi erano tresche, intrighi, cattivierie e Cervantes punta la sua
critica proprio verso i romanzi di cavalleria. Oltre al prologo, ci sono una serie di sonetti
e testi poetici elogiativi e questa era un’altra preoccupazione di Cervantes in quanto
questi testi erano tipici e Chisciotte in quanto eroe avrebbe dovuto avere a lui dedicati
una serie di sonetti enunciativi al personaggio, al cavallo, alla spada ecc. Dato che
nessuno li ha scritti ancora una volta abbiamo l’elemento della metafinzione in cui
questo alter ego gli dice di scriverli lui e di dire che li ha scritti qualcuno altro. Lo stesso
Lope de Vega ricorse più volte a scrivere lui stesso i testi e di presentarli poi come
fossero opera di poeti amici e di nobili signori. Il primo di questi testi in versi è la dedica
a Urganda la desconocida, la protettrice di Amadis definita “desconocida” perché capace
di assumere diverse apparenze. Questa lirica è particolare in quanto è composta da
stanze di dieci versi dette “di capo rotto” ossia una forma metrica che consiste
nell’eliminazione della sillaba che segue la sillaba accentata. Questa stessa metrica si
ripete anche nella lirica relativa dedicata a Roncinante. Poi abbiamo un sonetto scritto
fintamente da Amadis dedicato a Chisciotte, uno di Don Bellanis de Grecia, protagonista
del romanzo omonimo, sempre a Chisciotte, uno sempre a Chisciotte di Orlando, uno
dei dodici Pari di Francia cavalieri che formavano il seguito dell’imperatore Carlo
Magno, uno scritto da La senora Oriana per Dulcinea, un altro dallo scudiero di Amadis
per lo scudiero di Chisciotte, Sancio, uno da Babieca, cavallo del Cid, a Roncinante e altri.
C’è anche un sonetto scritto a Chisciotte da Solisdan, personaggio sconosciuto il cui
nome può essere frutto di errore o confusione di Cervantes ovvero uno pseudonimo o
un anangramma. Questa poesia è scritto in uno stile medievale che Chisciotte utilizza in
certe occasioni sulla falsariga di alcuni libri di cavalleria e che anche il narratore e i
personaggi impiegano occasionalmente per porsi nella prospettiva del protagonista o
per rispondergli in modo adeguato. Il castigliano arcaizzante, che ebbe particolare
fortuna in alcune parodie di opere teatrali, conserva la f iniziale anziché la h. Il tutto è un
gioco di specchi i personaggi di Amadis si rivolgono ai rispettivi del Quijote e dunque ne
viene tracciato un profilo di essi.

Il testo vero e proprio comprende due parti: la prima pubblicata nel 1605, la seconda pubblicata nel
1615. La prima parte ha uno schema schidionata ed è divisa in 4 sottosezioni. Lo schema a schidionata
lo troviamo ne “Le mille e una notte”, il “Decameron”, e consiste in una successione di episodi e
sovrapposizione di avventure. È chiaro che la sua struttura con un viaggio, avventure e peripezie e un
anti-eroe è simile a un romanzo picaresco ma non è un romanzo picaresco: ad esempio una differenza
sta nel fatto che non presenta origini del personaggio. Esiste anche un gusto picaresco, cioè opere che
si ispirano alla picaresca ma non sono tali.

TRAMA E ANALISI DEI CAPITOLI


CAPITOLO 1: Il primo capitolo tratta delle condizioni, dell'indole e delle abitudini del nobiluomo Don
Alonso Quijana, che viveva in luogo impreciso della Mancia, che è localizzabile ma resta ad ogni modo
generico e indefinito. Egli è un hidalgo di quelli che hanno la lancia nell’armadio, scudo, vetusto e
ronzino rinsecchito e un cane da caccia di quelli veloci. La presentazione iniziale del personaggio è
dunque quella relativa al suo luogo stabile in cui vive e quella della classe sociale. Poi il narratore
descrive la sua condizione sociale anche attraverso degli elementi che rimandano a questa: la dieta ad
esempio che segna la sua povertà mucca anziché montone, avanzi del giorno prima, dolori e lamenti il
sabato piccione la domenica. Solo il cibo consumava i tre quarti del suo patrimonio e questo ci fa
capire che dunque non era un hidalgo facoltoso, ma di campagna. Il resto del patrimonio veniva speso
in saio, calze di velluto p soprascarpe per i giorni di festa e un vestito di lana grezza che indossava nei
giorni della settimana e di cui si sentiva orgoglioso, con lui poi vivevamo una governante, una nipote
di 20 anni e un domestico. Poi si passa alla descrizione fisica: don Chisciotte era un uomo sulla
cinquantina (in una società che aveva una bassa speranza di vita a cinquant’anni si era anziani) e
l’inizio è in medias res in quanto non ci viene detto nulla della sua vita precedente, corporatura
vigorosa, , secco col viso asciutto, appassionato della caccia. Secondo la teoria della medicina
Ippocratica l’umore, il carattere e la tendenza a sviluppare particolari malattie che dipendeva dalla
corporatura fisica dunque a una certa corporatura fisica Cervantes fa corrispondere un certo
carattere: Cervantes è alto magro e rinsecchito, Sancio sarà basso e grasso. Chisciotte soprattutto era
un appassionato lettore di romanzi cavallereschi: passava gran parte del suo tempo leggendo romanzi
cavallereschi dimenticandosi della caccia e dell’amministrazione del suo patrimonio e per comprarli
vendette anche i terreni. Ne possedeva tantissimi e tra questi il più importanti era quello di Feliciano
de Silva, l’autore dell’Amadis de Gaula. Tale passione si trasformò in una vera ossessione, e così dal
troppo leggere gli si prosciugò il cervello e perse il giudizio. Si convinse che tutto ciò che leggeva nei
libri, incantesimi, battaglie, contese, sfide, ferite, amori e tempeste era la realtà . Si costruì l’armatura in
carta pesta (la celata) che simboleggia l’idea del mascherarsi, disfraz, come personaggio carnevalesco
più che un vero cavaliere e inizia la sua “erranza” alla ricerca di avventure. All’epoca di Don Chisciotte
la figura del cavaliere era già anacronistica, decaduta a causa dell’arrivo delle armi da fuoco e di
eserciti professionisti e tale figura e sopravvive poi tramandata nei racconti, sopravvive nelle
confraternite nei tornei, nei travestimenti ma non nella vera e propria figura del cavaliere. La moda
del mondo cavalleresco consisteva nella nostalgia di un mondo in decadenza che non esiste più che
serviva a dare un senso al loro esistere e non in una celebrazione di essa in quanto esistente. Dunque
lo stesso Chisciotte, nonostante pensi che sia davvero un cavaliere, è come se imitasse questo mondo
per mantenerlo vivo. Decise così di imitare le gesta dei personaggi che tanto amava, facendosi
cavaliere errante; decise di andare in giro per il mondo con la missione di sconfiggere i prepotenti, di
aiutare i bisognosi, di rinnovare le gesta dei cavalieri erranti, per acquistare onore e fama eterna.
Sistemò così alcune vecchie armi, ribattezzò il suo malconcio ronzino in Ronzinante (cioé "primo fra
tutti i ronzini del mondo") e inizia la sua trasformazione da Alonso Quijano ad un eroe senza spazio e
senza tempo, si battezzò come forma di iniziazione come anche Lancillotto a cui egli probabilmente si
ispira: Don, prefisso da cavaliere, Chisciotte, Quijote il cui nome con il suffisso -ote aveva un tono
grottesco, della Mancia per onorare la sua patria e porre in evidenza il suo lignaggio in quanto tutti i
personaggi dei libri di cavalleria avevano nel loro nome il toponimo, ossia l’indicazione del luogo.
Generalmente il nome del luogo veniva inserito per evocare degli spazi remoti che erano stati per
qualche ragione importanti e dunque evocativi, tuttavia per “la Mancha” non è così e questo
contribuisce ancora di più alla caratterizzazione grottesca del personaggio e mette alla berlina i
romanzi di cavalleria. Inoltre un altro elemento ironico e grottesco è quello della celata in carta pesta
che Chisciotte costruisce perché la sua armatura ne è mancante; a quel tempo nessun cavaliere
portava in testa la carta pesta e dunque secondo Rico il suo era una sorta di disfraz, cioè di maschera
che contribuisce a ironizzare sulla figura del cavaliere. Don Chisciotte si presenta non come un
cavaliere ma come un personaggio carnevalesco. Per ultimo si scelse una dama a cui dedicare le sue
imprese: Aldonza Lorenzo, una contadina del Toboso da lui ribattezzata Dulcinea del Toboso. Tuttavia,
egli non è mai stato investito cavaliere e proprio per questo motivo egli a suo dire può usare solo armi
bianche ossia le armi di un cavaliere inesperto e allo stesso tempo armi pulite, simbolo di purezza.
Inoltre, la grande conoscenza dei libri di cavalleria è data dai numerosi autori che vengono menzionati
nel corso del capitolo tra cui Amadis de Gaula, Orlando, Don Bellanis de Grecia, il Cid.

CAPITOLO 2: Don Chisciotte immagina che il mondo abbia bisogno di lui e già inizia a immaginare
l’inizio della storia che un giorno parlerà di lui. Decide dunque che deve mettersi alla ricerca di
qualcuno che lo armi cavaliere. Fatti tutti i preparativi e preoccupato per i danni che poteva procurare
al mondo tardando a partire, si mise in viaggio verso il mondo esterno in cerca di avventure (primera
salida) senza esser visto da nessuno. L’autore si inserisce nell’opera giocando sull’autoria del testo e
gioca sul fatto che questa storia sia già preesistente e che lui si sia limitato a rielaborare per questo
motivo dice che ci sono varie versioni sulla primera salida di Chisciotte. In un passo precedente dice
che sarà un savio encantador a raccontare le sue gesta. Ad ogni modo Chisciotte esce contento e
allegro ma alla sprovvista, senza meta, senza soldi, cibo e acqua in quanto un eroe non ne ha bisogno e
soprattutto perché nei libri di cavalleria non era mai stato detto che un cavaliere usciva con acqua o
soldi. Ma non appena si vide in aperta campagna lo assalì un terribile pensiero: cioè che non era stato
armato cavaliere e quindi, secondo le leggi della cavalleria, non poteva prendere le armi contro alcun
cavaliere, e inoltre quand'anche fosse stato cavaliere, avrebbe dovuto come novizio portare armi
bianche (cioè senza insegna sullo scudo) finché non la guadagnasse col suo valore. Decise così di farsi
armare cavaliere dal primo che capitava, imitando molti personaggi dei libri che aveva letto, anche se
solo un cavaliere poteva armare un altro cavaliere e le cerimonie si rivestivano di grande solennità ed
erano poi oggetto di speciale attenzione nella letteratura. E così proseguì il suo viaggio, guidato dal
suo cavallo (in ciò consiste, secondo lui, la fatalità delle sue avventure). Viaggiò tutto il dì parlando e
imitando le espressioni che aveva letto nei suoi libri, senza che gli succedesse nulla di degno. Alla sera,
ormai stanco e affamato, vide una locanda (la locanda è un ambiente tipico della letteratura che è
anche tipico della picaresca ed è un luogo simbolico in quanto accomuna tutti coloro che hanno un
passato oscuro e tra questi abbiamo infatti proprio lo stesso locandiere) che scambiò per un castello;
davanti alla locanda c'erano due donne di "vita libera" che lui scambiò per due dame squisite. Il
locandiere, che a lui sembrò un castellano, lo invitò ad entrare. Continua la sovrapposizione
realtà /fantasia. Lì Don Chisciotte viene fatto accomodare per mangiare e bere ma non riuscì a liberarsi
della celata in quanto è di carta pesta e si rompe e la scena è alquanto divertente in quanto devono
dargli da mangiare perché non vuole togliere la sua “armatura” che aveva annodata al collo in caso ci
fosse qualche altra imminente avventura e per toglierla andava tagliato il legaccio, e poiché si oppose,
fu costretto a mangiare facendosi imboccare dalle due prostitute che lui credeva due grandi dame del
castello, e bevve solo grazie ad una cannuccia che fece il proprietario, che poté inserire nella celata.
Don Chisciotte crede proprio di essere servito e riverito in un grande castello e la magniloquenza delle
sue parole si scontrano con la sua figura grottesca, e perciò vede positivamente l'inizio del suo viaggio,
e pensa con trepidazione al momento in cui verrà fatto cavaliere perché così inizieranno a tutti gli
effetti le grande avventure a cui è destinato.

CAPITOLO 3: Don Chisciotte decide di non perdere altro tempo con quella cena, e perciò si mette in
disparte con l'oste, che lui crede il castellano del castello, e gli dice che passerà la notte a fare la veglia
nella chiesetta del castello e che lui il giorno dopo lo armerà cavaliere utilizzando non un libro sacro
ma un libro su cui l’oste annotava dati sulla locanda, così potrà iniziare le sue gesta. Secondo il codice
cavalleresco il cavaliere prima di ricevere l’investitura bisognava vegliare le armi durante la notte.
L'oste che aveva già intuito che Don Chisciotte fosse pazzo, se ne convince del tutto e decide di
assecondare la pazzia dell'uomo per evitare che combinasse altri danni. Qui il codice del romanzo
cavalleresco e quello della picaresca si uniscono e il locandiere, nella finzione, nel prendersi gioco di
Chisciotte, gli dice che anche lui è stato cavaliere citando una serie di luoghi nei quali aveva “esercitato
il suo ruolo di cavaliere” (Tuttavia, essendo un locandiere con un passato oscuro, questi luoghi
appartengono al mondo della piccola criminalità (hampa=mundillo que anima la novela picaresca)
dove ne aveva combinate di tutti i colori, tuttavia don Chsciotte non distingue la realtà dalla fantasia).
Poi dice che anche lui in gioventù aveva agito girando per il mondo, e che ora che si era fermato nel
suo errare dava asilo a tutti i cavalieri erranti come lui, a patto che dividessero ciò che avevano per
ripagarlo in un qual modo, e che non c'era chiesetta nel castello perchè l'aveva da poco fatta demolire
per costruirne una nuova ma che poteva in alternativa fare la veglia in un andito del castello. Gli chiese
poi se portava con se denaro, ma Don Chisciotte disse di no, perchè nei libri non aveva mai letto che i
cavalieri portassero con se delle ricchezze. Allora l'oste gli chiarisce che gli autori lo davano come
sottinteso che i cavalieri portassero con loro, unguenti per le ferite nelle battaglie, soldi, biancheria e
altro, che davano al loro scudiero. Don Chisciotte promise di procurarsi quanto doveva, intanto nella
notte inizia la veglia vicino al pozzo del cortile dell'osteria, e mette in prossimità del pozzo la sua
armatura e altro, intanto l'oste dice agli ospiti della pazzia di Don Chisciotte e lo spiano indisturbati
dalle finestre. Nel frattempo, uno degli ospiti della locanda che deve abbeverare i suoi muli, si avvicina
al pozzo, e deve spostare la roba di Don Chisciotte, che lo prende per il primo nemico che si mette sul
suo cammino. Allora lo avverte prima verbalmente, ma l'uomo lo ignora, al che Don Chisciotte
appellandosi alla sua amata Dulcinea lo colpisce in testa con la lancia e lo fa stramazzare al suolo quasi
morto stecchito, e riprende la veglia come se nulla fosse. Intanto poco dopo arriva un altro uomo
sempre per far bere i muli, e Don Chisciotte colpisce anche lui quasi a morte. A questo punto gli ospiti
che lo spiavano escono arrabbiati, e iniziano a colpirlo a sassate, Don Chisciotte si ripara meglio che
può con lo scudo, e l'Oste tenta di farli smettere poiché li aveva avvisati che era pazzo e come tale era
inutile prendersela con lui. Don Chisciotte intanto urla che non si trattano così i cavalieri erranti e
altre baggianate, alla fine gli ospiti si convincono a smettere, e l'oste decide di armare cavaliere Don
Chisciotte per evitare che si creino altri problemi. Prese perciò un testo dove registrava fieno e orzo
che dava agli ospiti e non il libro Sacro della Cavalleria (parodia per l’appunto dell’investitura del
cavaliere), prese poi una candela, più le 2 prostitute di prima e fece inginocchiare Don Chisciotte.
Finita la cerimonia, Don Chisciotte si fece presentare le 2 prostitute, e le nominò Donna Molinara e
Donna Tolosa. Ora che era cavaliere Don Chisciotte decide di non aspettare un attimo di più e di
partire per le sue avventure, e sellato Ronzinante si avvia. Tuttavia, secondo le Siete Partidas di
Alfonso X, che stabilivano il codice cavalleresco tra cui anche il vegliare le armi la notte prima
dell’investitura, chi veniva armato cavaliere senza che ne sussistessero le condizioni adeguate,
rimaneva inabilitato per ricevere il legittimo ordine della cavalleria. Don Chisciotte per tanto non
avrebbe mai potuto essere cavaliere. La sua è una falsa investitura perché il locandiere che lo aveva
investito non era affatto un cavaliere. Per questo tutto il romanzo si basa sulla follia del protagonista.
Nella parodia della cerimonia vediamo i due mondi faccia a faccia: quello immaginario di Don
Chisciotte che corrisponde al mondo ho letto nei libri di cavalleria, e quello reale che però lui non
vede.

CAPITOLO 4: Don Chisciotte non vedeva l'ora di iniziare con le sue avventure, ma ricordando le
promesse fatte all'oste decise di tornare a casa momentaneamente per prendere soldi, biancheria,
unguenti e per assumere un qualche scudiero. Nella via del ritorno sentirà delle grida d'aiuto, e non gli
sembrerà vero di poter approfittare della sua recente nomina di cavaliere per salvare qualcuno in
difficoltà . Va nella direzione delle urla, e vede un ragazzino di 15 anni che veniva frustato da un
contadino per aver perso di giorno in giorno le pecore del gregge che doveva controllare, e che il
ragazzino lo accusava inoltre di essere indietro dei pagamenti. Don Chisciotte, il cui obiettivo era
quello di “disfare i soprusi” e “raddrizzare torti” lo sfida a duello, e lo obbliga a liberare il ragazzo e a
dargli i soldi che gli deve. Il contadino dice di non avere soldi con sé, ma che comunque pagherà il
ragazzo appena arriveranno a casa. Il ragazzo tenta di dire a Don Chisciotte che il contadino non lo
pagherà , ma anzi continuerà a picchiarlo, ma Don Chisciotte lo fa giurare sul buon codice d'onore dei
cavalieri e se ne va. Il contadino allora lega di nuovo il ragazzo e lo frusta lasciandolo quasi morto, poi
tra le risate lo libera e gli dice di andare a ricercare il suo protettore Don Chisciotte così potrà
vendicarlo. Mentre tornava a casa si trovò di frotte a 4 strade e decise di mettersi a riflettere su quale
prendere proprio come facevano nei libri di cavalleria, e alla fine fa decidere a Ronzinante che prende
la strada che porta alla sua stalla. Mentre percorrono la strada Don Chisciotte scorge in lontananza un
gruppo di mercanti, che stanno andando a Murcia, la regione all’epoca era la principale produttrice di
seta della penisola iberica, a comprare la seta, decide di fermarsi e aspettarli, e appena lo hanno
raggiunto chiede loro di giurare che non esiste donna più bella di Dulcinea. I mercanti capiscono che
Don Chisciotte è pazzo, gli dicono di non conoscere questa persona, e di o indicargliela o di fargliela
vedere in un ritratto cosicché possano dire veramente che è la più bella mai esistita, e che anche se
fosse stata brutta o gobba per fare contento Don Chisciotte avrebbero comunque detto che era
bellissima. A questo punto Don Chisciotte li avverte che Dulcinea non è affatto né brutta, nè gobba, e
che per l'oltraggio gliela pagheranno cara, perciò fece per partire al galoppo con Ronzinante per
colpirli con la lancia, ma Ronzinante inciampa facendo rotolare giù anche Don Chisciotte. Siccome tra
le armi e l'armatura non era molto agevole rialzarsi, resta lì a dimenarsi mentre i mercanti scappano,
uno di loro però vedendolo così coglie l'occasione per distruggergli la lancia e picchiarlo per bene. Alla
fine il mercante esausto, se ne va, e Don Chisciotte resta per terra mezzo morto.

CAPITOLO 5: Don Chisciotte si mette a recitare un testo di Baldovino, che gli sembrava adatto alle
percosse che aveva ricevuto, si trovò a passare di lì un contadino Piero Alonso, vicino di casa, che lo
riconosce anche tra i lividi e accertatosi che non avesse tagli o altre ferite più gravi, se lo carica
sull'asino per riportarlo a casa. Don Chisciotte lo scambia per un marchese. Arrivano al paese nella
notte, e Piero Alonso decide di aspettare che sia abbastanza scuro così che in paese non vedano che
cavaliere sfigato è Don Chisciotte, raggiunta la casa di Don Chisciotte trovano a parlare sulla porta la
serva, la nipote di Don Chisciotte, il curato e il barbiere(amici di Don Chisciotte), che stanno appunto
parlando del fatto che Don Chisciotte non si vede a casa da 6 giorni, e che essendo sparita armatura,
lancia, e ronzino deve essere sicuramente andato a fare il cavaliere errante come aveva letto in quei
libri di cavalleria che leggeva notte e giorno. Perciò , dando la colpa ai libri, decidono di bruciarli. Don
Chisciotte e Piero Alonso sentirono tutto, ma Don Chisciotte stava vaneggiando di essere Rodrigo e
che era stato ferito dopo aver combattuto contro 10 giganti, perciò gli altri si convincono che bruciare
tutti i libri è la scelta giusta. Perciò mettono a letto Don Chisciotte. In questo capitolo don Chisciotte
più che il personaggio di un libro di cavalleria crede di essere l’eroe di un romancero e la stessa
allucinazione la ha anche il protagonista dell’ “Entremes de los romances”, un’opera dalla datazione
incerta che non si sa se sia stata scritta prima o dopo la pubblicazione del Chisciotte.

CAPITOLO 6: Don Chisciotte torna con Roncinante a casa malconcio perché preso a bastonate da un
mulattiere e gli amici, il curato e il barbiere, insieme alla nipote e alla governante si rendono conto che
questi romanzi di cavalleria hanno fatto impazzire don Chisciotte. Mentre Don Chisciotte dorme e si
cura dalle sue prima disavventure, il curato e il barbiere ispezionano la biblioteca di Don Chisciotte
per far sì che si possa disfare dei libri che hanno causato la “locura” di Alonso Quijano trasformandolo
in don Chisciotte. La nipote e la serva sono entrambe della stessa idea, cioè di gettare i libri uno per
uno dalla finestra e poi una volta gettati tutti, incendiare il cumulo. Invece il barbiere e il curato
decidono di leggerne almeno i titoli per capire se qualcuno di questi testi poteva essere salvato. I libri
che sono salvati sono Omero e le opere di Amadis De Gaula, Los sergos de Esplandian, Amadis de
Grecia, Espejo de Caballerias e altri e tutti gli altri senza essere esaminati vengono bruciati in blocco.
La serva perciò segue gli ordini, poi vorrebbero salvare anche i testi di poesia perché li considerano
innocui. Ma quando ci riflettono pensano che comunque una volta eliminato il problema dei libri di
cavalleria non vorrebbero che Don Chisciotte leggesse i libri di poesia e impazzisse di nuovo. Quindi
eliminano ad esempio alcune pagine da Jorge de Montemayor con il suo ”Siete libros de las Diana” il
più antico romanzo pastorale scritto in castigliano, modello di tutti i romanzi di genere. (dove Felicia
usa l'acqua magica come filtro tra gli innamorati che Cervantes critica). Il curato recupera un testo
anche per sé, cioè Dieci libri della fortuna d'amore, e viene conservato anche il canzoniere di Lepez
Maldonado. Il barbiere tiene per sé la Galatea di Cervantes e il curato dice di conoscere l’autore di
persona. La Galatea è presente nella biblioteca di Chisciotte, altro cenno alla metaletterarieretà ,
confusione del piano letterario con quello della finzione. Cervantes si auto-inserisce quindi all’interno
del testo attraverso don Chisciotte anche se non sappiamo fino a che punto sia vera data la locura di
Cervantes. Chiaramente il romanzo mette in evidenza la piena conoscenza di Cervantes della
letteratura cavalleresca e dunque la condanna è fondata e poi d’altra parte ci trascina ancora una volta
nella metaletterarietà . Ultimo viene salvato le Lacrime di Angelica, e il barbiere e il curato stanchi
decidono di dare fuoco agli altri libri in blocco.

CAPITOLO 7: Vengono interrotti dal lavoro di divisione dei libri da Don Chisciotte che si è svegliato, e
vaneggia ancora sul fatto che lui sia Rodrigo e che si vendicherà di Don Orlando che lo ha colpito sulla
testa con un tronco. Lo fanno mangiare e torna a riposarsi. Intanto la serva procede in fretta e furia a
bruciare i libri della casa. Il curato e il barbiere decidono poi di trasferire Don Chisciotte e di murare la
stanza dei libri, così Don Chisciotte l'avrebbe smessa con questa storia, ma dato che non crede a
nessuna spiegazione razionale gli avrebbero detto che un mago incantatore l'aveva trasportata via con
tutti i libri dentro. La biblioteca di Chisciotte era di dimensioni assai considerevoli, nel capitolo 24 si fa
poi allusione al numero di libri contenuti in essa “più di cento” sebbene si arrivasse a 300 circa. Essa
comprende tre categorie di volumi: libri di cavalleria, romanzi pastorali e poesia eroica e viene fatta
allusione a un opera El Pastor de Iberia che si dice sia l’opera di datazione più tarda della sua
biblioteca il che probabilmente rimanda al fatto che il Chisciotte sia stato iniziato ad essere composto
proprio in questo periodo. Due giorni dopo quando Don Chisciotte si sveglia, la prima cosa che fa è
cercare la stanza dei libri, e non trovandola chiede a sua nipote e alla serva, che essendo state avvisate
dal curato e il barbiere gli dicono che nella notte, un incantatore, in groppa a un serpente ha portato
via la stanza, per inimicizia nei confronti del proprietario dei libri, e che il suo nome era Savio
Mugnatone(o Frestone o Fritone autore del libro Don Bellanis de Grecia). Don Chisciotte si convince
che il mago, abbia voluto fargli questo dispetto perché nel futuro Don Chisciotte combatterà con un
cavaliere, protetto dal mago. Passarono 15 giorni comunque e sembrò che Don Chisciotte avesse
smesso di fare il pazzo, anche se ogni tanto parlava ancora di cavalieri erranti, finchè non decise
nuovamente di partire, e il curato e il barbiere gli affiancarono un villano, che abbandonò moglie e figli
per partire con lui, di nome Sancio Panza, con l'ipotetica promessa che sarebbe potuto diventare un
giorno governatore di un'isola tutta per sè. Vendendo qui e là qualche oggetto, riuscì a mettere
insieme un bel gruzzolo, e una volta cercato di riparare al meglio che potè la celata, diede orario di
partenza e luogo a Sancio, comandandogli di portarsi con sé per il viaggio tutto quello che voleva e che
pensava potesse essergli utile. Sancio che non aveva voglia di seguirlo a piedi, decide di seguirlo a
dorso d'asino, e anche se Don Chisciotte non ricordava di aver mai letto nei suoi libri di cavalleria che
qualche cavaliere errante si fosse mai fatto seguire dal suo scudiero a dorso d'asino, decide comunque
di accontentarlo. Iniziano il cammino, sulla stessa strada che già all'inizio del viaggio Don Chisciotte
aveva percorso da solo, e Sancio Panza decide di mettere in chiaro che comunque si aspetta quell'isola
di cui diventare governatore (alla fine glielo faranno credere davvero). A questo punto Don Chisciotte
lo avvisa, che potrebbe anche essere che conquisteranno un regno, e quindi anziché governatore
potrebbe diventare Re di uno dei regni che andranno a conquistare e che sua moglie diventerebbe
regina, e i suoi figli principi. Il capitolo è importante in quanto qui abbiamo la presentazione di quest
nuovo personaggio che diventerà il co-protagonista e con cui Chisciotte inizia la “seguda salida”.

CAPITOLO 8: Sancio e Don Chisciotte vedono in lontananza una serie di mulini a vento in un
campo. E Don Chisciotte li scambia per dei giganti, e le pale dei mulini, ai suoi occhi sembrano le
loro gigantesche braccia. Sancio cerca di metterlo in guardia, che sono dei mulini e non dei giganti
come crede lui, ma Don Chisciotte che ormai è partito, gli dice se ha paura di farsi da parte, e al
galoppo arriva vicino a uno dei mulini e cerca di infilzarlo con la lancia, ma le pale del mulino mosse
dal vento, distruggono in mille pezzi, facendo ruzzolare all'indietro anche Ronzinante e Don Chisciotte,
accorre subito Sancio per soccorrerlo. A questo punto Don Chisciotte “rinsavisce” e si accorge che
sono proprio dei mulini, e si giustifica sostenendo che il mago incantatore ha trasformato i giganti in
mulini affinché Don Chisciotte non potesse averla vinta. Qui abbiamo uno straordinario ribaltamento
della realtà : non è rinsavito ma ancora una volta è vittima della follia che gli fa credere che i mulini
non erano mulini ma giganti e che ora sono mulini perché il mago incantatore li ha trasformati in
mulini da giganti e l’elemento della trasformazione è tipico dei romanzi di cavalleria. I giganti sono
figure mitologiche di ascendenza classica e sono figure presenti anche nei romanzi di cavalleria che
rappresentano la forza bruta, quindi questa battaglia di don Chisciotte rappresenta lo scontro impari
tra l’eroe e la personificazione assoluta del male. Qui si scontrano la visione del mondo e l’esperienza
del mondo diversa tra Sancho e Chisciotte. Per Sancho, dotato di buonsenso, la realtà è la Mancha con i
suoi mulini a vento, una realtà vera e concreta, una geografia che conosce immediatamente
individuabile, mentre per don Chisciotte la realtà sono i romanzi cavallereschi e anziché vedere dei
mulini vede dei giganti perché il suo orizzonte di attesa è quello della finzione narrativa. Il mulino a
vento è simbolo di una lotta impossibile, e sproporzionatamente grande. La lotta tra l’uomo e
l’ineluttabile in un certo senso.

Riprendono il cammino anche se Don Chisciotte è ferito non può lamentarsi perché così dice l'ordine
dei cavalieri e Sancio vorrebbe che invece si lamentasse come fa lui del resto, Sancho è umano e in
quanto tale avverte il dolore e se ne lamenta ma Chisciotte no. Sancho si lamenta anche della fame e
mangia di nascosto al padrone a cavallo dell’asino, mentre Chisciotte non mangia niente. Inoltre,
Chisciotte avverte Sancio che se troveranno un albero di quercia, ne vorrà tagliare un pezzo fortissimo
così da farne una lancia di legno. Trascorsero la notte nel bosco, e qui staccò un pezzo di legno da un
albero al quale attaccò la ferraglia che gli rimaneva della vecchia lancia per farne una specie di arma.
Riprendono il cammino il giorno dopo e arrivano a Porto Lapice, dove Don Chisciotte avverte Sancio
che lui potrà intervenire nelle ipotetiche lotte solo se ad attaccarli è gente vile, ma quando si tratta di
cavalieri, Don Chisciotte deve agire da solo in quanto cavaliere. Mentre procedono incontrano 2 frati
a dorso di mule, e subito dietro di loro c'era una donna biscaglina (proveniente dal golfo di
Biscaglia) dentro una carrozza. In questo incontro si vede la Spagna del XVI e XVII secolo. I due
gruppi andavano ognuno per conto loro, anche se camminando vicini nella stessa direzione sembrò a
Don Chisciotte che facessero parte della stessa comitiva. Tanto che li scambiò per 2 incantatori che
avevano rapito una fanciulla e anche se Sancio lo mise in guardia, Don Chisciotte lo ignora perché
dice che lui non era pratico di avventure e al galoppo di Ronzinante si avvicina per colpire uno dei
frati/incantatori con la lancia e inizia un duello.

Il frate per evitare il colpo si getta a terra dalla mula, e l'altro frate vedendo la scena scappa al galoppo.
A questo punto Sancio si avvicina al frate a terra e inizia spogliarlo, poichè lo considera bottino che si è
guadagnato Don Chisciotte avendo vinto quella battaglia. Sopraggiungono i 2 servi dei frati, e
malmenano Sancio, poi fanno risalire il frate sulla mula e se ne vanno. Nel frattempo Don Chisciotte
stava parlando con la donna della carrozza che nel frattempo prega che la battaglia termini, dicendole
che l'aveva salvata in onore della sua amata Dulcinea, e che sarebbe onorato se si recasse da lei per
dirgli come Don Chisciotte ha operato bene per liberarla. Uno dei guerrieri che seguiva il cocchio,
sentendo che Don Chisciotte non vuole farli proseguire, ma vuole farli andare da Dulcinea, lo minaccia
di morte e di farli passare senza rompere oltre. A questo punto Don Chisciotte lo sfida a duello, e parte
alla carica sguainando la spada. Il guerriero che se lo vede arrivare così di corsa davanti, prese dalla
carrozza un cuscinetto che usò come scudo, ferì Don Chisciotte alla spalla in modo lieve solo perchè si
coprì con lo scudo, poi si trovano entrambi con le spade sguainate a mezz'aria pronte a colpire mentre
la donna della carrozza e gli altri si allontanano guardando la scena e pregando. Ma nel momento clu
dell’azione, questa si interrompe. Dunque qui al termine del capitolo 8 termina la prima sezione di
capitoli della prima parte (il Chisciotte del 1605 apparve diviso in 4 parti e la prima terminava al
capitolo 8). Ma come termina il capitolo e la prima parte? In modo brusco, in quanto non viene
conclusa la battaglia lasciando una suspense tipica dei romanzi di cavalleria. La storia non viene
conclusa per il semplice fatto che, e qui ritorna la metaliteratura, il manoscritto ipotetico da cui
Cervantes ha preso la storia non reca la fine della battaglia e dato che Cervantes dice di non aver
inventato nulla non può riportarne la conclusione: l’autore non avendo trovato altro negli annali della
Mancha lascia la storia senza conclusione. Questo stratagemma aveva antecedenti letterari e
folcloristici, né mancava nei libri di cavalleria. Si crea quindi un momento di suspense, che anch’ essa
era un elemento già presente dei romanzi di cavalleria. Questa suspense è parodia delle suspense dei
veri romanzi ed è perciò parallela a quella narrazione metaletteraria: l’autore vuole evidenziare i
meccanismi della creazione del romanzo e della narrazione complessa. L’autore poi trova il finale della
storia che verrà narrata nella seconda parte.

CAPITOLO 9: La storia è così sospesa come in un fermo immagine con le spade levate al cielo e sembra
non continuare in nessun modo. Però a questo punto l'autore inserisce il racconto spiegando come ha
trovato i fogli (dell’ipotetico manoscritto) al mercato di Toledo presso l’Alcanà , una strada mercantile
che in arabo significa appunto bazar, mercato, dove è scritto il continuo del racconto. Non è un caso
che venga inserita la città di Toledo in quanto essa era un crocevia di popoli e quindi di culture ed era
facile che dunque un manoscritto arabo fosse capitato proprio li. Ovvero che si trovò a comprare da un
mercante dei fogliacci scritti in arabo, ma poiché non li capiva, se li fece tradurre da un uomo, e
quando lo aprì e lo lesse vide che era il Don Chisciotte tradotto da Cide Hamete Benengeli storico
arabo che dovrebbe essere il vero autore del don Chisciotte e la presenza dell’autore arabo diventa
una sorta di “broma” in quanto si diceva che gli arabi erano bugiardi e dunque il fatto che sia arabo
però mina la credibilità di questo testo. Così l'autore compra i fogli dal venditore di seta, e grazie
all'aiuto del traduttore, dopo un mese e mezzo ottiene la traduzione (Nei romanzi di cavalleria spesso
gli autori fingono di tradurre da un altra lingua e dunque questo è un altro elemento di parodia).
L’autore stesso esprime infatti dubbi sulla veridicità della storia e lo dice stesso esplicitamente nel
capitolo. “Si a esta verdad[…]mentirosos” e siamo di fronte all’ennesima broma cervatina che
chiaramente però non confonde o inganna il lettore (la metafinzione che mostra il meccanismo di
narrazione e che va oltre la storia e mostra come si crea questa storia non inganna più il lettore).

Il manoscritto racconta la storia di Dulcinea del Toboso e diventa quindi continuazione delle
avventure di Don Chisciotte. L’autore è quindi nella metafinzione un “segundo autor y personaje que
pasea por Toledo”. Viene presentata anche un’altra descrizione di Sancho e Roncinante che però
risponde comunque a quella iniziale: Sancho basso, grosso e grasso e da qui il nome “Panza” o
“Zancas” e Roncinate magro e asciutto (pag 140-142). A partire da questo punto il racconto si
presenta come una traduzione dell’ipotetico manoscritto, opera di un moresco bilingue Cide Hamete
Benengeli (Benengeli deriva da Berenjena che in spagnolo vuol dire melanzana), d’accordo con lo
stratagemma di presentare una narrazione più o meno fittizia, copia di un originale sino ad allora
sconosciuto.

Nella prima parte dei fogli è raccontata la battaglia con il guerriero, che era rimasta in sospeso. Quindi
le spade erano a mezz'aria e il primo a scagliare il colpo è il guerriero, che colpirà Don Chisciotte, ma
la spada si piega e gli scopre l'omero e un orecchio, a questo punto Don Chisciotte vedendo che era
stato ferito, non ci vede più dalla rabbia e inizia a colpire il guerriero a caso con ferocia, tanto che
inizia a sgorgargli il sangue dal naso, dalla bocca, e la mula spaventata scappa, e alla fine cade facendo
cadere anche il guerriero. Don Chisciotte allora si avvicina e sta per dare il colpo di grazia al guerriero
a meno che non si arrenda, a questo punto tutto gli altri che avevano assistito senza fiatare
intervengono, e dicono a Don Chisciotte di risparmiarlo, e lui decide di assecondarli facendosi
promettere che andranno da Dulcinea e la onoreranno raccontandogli le gesta del suo amato Don
Chisciotte, e loro senza chiedere neanche chi sia questa persona promettono e Don Chisciotte li lascia
andare.

CAPITOLO 15: Cercando Marcella, Don Chisciotte e Sancho Panza si fermano sulle sponde di un
ruscello nelle prateria lungo il Guadalquivir ove si allevano cavalli di gran pregio, ove Ronzinante
tenta di sollazzarsi con alcune puledre e i carrettieri originari di Yanguas, nome di due località una
della provincia di Soria e l’altra in provincia di Segovia. iniziano a lanciare pietre a Roncinante. Per
riscattare Roncinante don Chisciotte e Sancho partono alla volta dei carrettieri per attaccarli ma
vengono bastonati che però una volta che si sono accorti che li hanno bastonati fuggono a gambe
levate. I tre sventurati rimangono a terra sfiancati e Sancho dichiara che non metterà più mano alle
armi perché egli è un uomo buono, pacifico, e deve tutelarsi in quanto padre di famiglia. Chisciotte
attribuisce invece il danno alla sua poca cavalleria nell’usare la spada che rimanda anche a Tizona, la
spada del Cid, contro uomini disarmati e diche le ferite di un cavaliere gli rendono onore e che quanto
più un cavaliere ha subito ingiustizie e sofferenze tanto più poi è stato ripagato con regni e onori
simili. Dopodichè si rimettono in viaggio e raggiungono una locando che di nuovo Chisciotte vede
come un castello.

CAPITOLO 16: A partire dal capitolo 16 è di nuovo presente il cronotopo (luogo a cui si associano per
antonomasia e simbolismo una serie di elementi narrativi) della locanda, luogo a cui narrativamente si
associano certi tipi di storie, la prima è quella della falsa investitura, questa è la locanda di
Palomenque. Qui confluiscono una serie di avventure e personaggi, anche questa locanda viene
confusa da Chisciotte con un castello ed è presente in modo intermittente in tutta la prima parte. La
locanda ha anche una geolocalizzazione, si trova nei pressi della Sierra Morena e si trova a due giorni
di cammino dalla casa di Don Chisciotte. La permanenza di don Chisciotte in questa locanda avviene in
une parti. Alla locanda ci vengono presentati il locandiere, il mulattiere, la figlia del locandiere, che si
chiama Maritornes definita una brutta asturiana, luogo comune diffuso al tempo di Cervantes e che
Chisciotte scambia per la dama del castello che gli fa delle avances. Essi si recano presso la locanda per
ricevere le cure ma quando si fa notte si imbattono in una serie di malintesi ed equivoci che scatenano
una situazione comica: gli ospiti della locanda (Chisciotte, Sancho e il mulattiere) dormono in una
vecchia stalla malconcia. Chisciotte ha fantasticato sul fatto che l’asturiana “poco aggraziata” fosse
innamorata di lui e la scambia per una dama del castello e per errore crede che questa donna si voglia
buttare tra le sue braccia, ma quando si reca nella stalla per soddisfare i bisogni del mulattiere,
Chisciotte la ferma e le confessa che non potrà godere della splendida compagnia perché egli è fedele a
Dulcinea, credendo che la donna sia lì per lui. La ragazza cerca di divincolarsi dalla sua presa per
paura del mulattiere geloso, con il quale ha una tresca. Il mulattiere infatti inizia a picchiare Chisciotte
salendogli sul torace e procurando la rottura del letto su cui dormiva. Il locandiere sente il baccano e
chiama Maritornes che, per paura del padrone, corre a nascondersi nel letto di Sanchi, il quale
sentendo quel trambusto crede di star sognando e inizia a tirare calci e pugni alla cieca colpendo la
ragazza. Maritornes sentendosi colpire ricambia i colpi e a lei si unisce il mulattiere per difenderla. A
quel punto interviene un bargello della Santa Confraternita, i cui simboli erano il bastone e un
contenitore di latta che conteneva i documenti utili al suo riconoscimento, che alloggiava presso la
locanda e si intromette nella scena ma dato che era buio perché la lucerna si era consumata tocca
Chisciotte e non sentendolo muovere pensa che sia morto e intima tutti di fermarsi ma sentendo tale
frase tutti fuggono via senza pagare perché Chisciotte crede ancora di essere in un castello e Sancho
nel frattempo si rifiuta di essere lui quello che caccia i soldi.

CAPITOLO 17: da questo equivoco Chisciotte ne esce malconcio e attribuisce tutto quel trambusto ad
un incantesimo. Quando si riprende inizia a raccontare Assange la più mirabolante delle avventure
che appena successo in quel castello: dice che la signora del castello si era innamorata di lui, ma lui
non potrebbe tradire la sua amata affronta dolcissimi amorosi simi ragionamenti fino a quando un
gigante inizia a picchiarlo. e dice che è un Moro incantato che era di guardia alla giovane. anche saggio
dice di essere stato attaccato da 400 Mori. venuto a sapere di ciò Don Chisciotte decide di creare il
Balsamo miracoloso. nel frattempo ritorna la guardia per vedere il morto. Quando la guardia torna
nella stalla resta sorpreso nel trovarlo vivo. La guardia si avvicina Chisciotte per accertarsi delle sue
condizioni di salute ma Chisciotte scambia il bargello per il Moro stregato responsabile di tutto e si
sente oltraggiato per questo lo ingiuria beccandosi a sua volta un lume sulla testa. a questo punto
sancho viene mandato a cercare gli ingredienti per il Balsamo e una volta trovati torna dal suo
padrone che inizia la preparazione corredata da varie preghiere a cui assiste sia sancho che l'oste che
il commissario. Ma il Balsamo non è altro che una purga che far salvare il Cavaliere per poi rinvigorire
lo poco dopo. (Balsamo di Fiera bras che lui crede sia una pozione miracolosa). Una volta guarito Don
Chisciotte vuole ripartire subito per le sue avventure e una volta che sta per congedarsi chiede al
Castellano, per sdebitarsi della sua accoglienza, se c'è qualcuno di cui si vuole vendicare : Lost dice che
non c'è nessuno di cui si vuole vendicare ma vuole solo che gli ospiti paghino il soggiorno alla locanda.
ma il pagare non è tipico dei cavalieri e per questo motivo Don Chisciotte se ne va senza pagare (Hacer
un simpa=sin pagar) perché egli crede ancora di trovarsi in un castello e lascia il castello lasciandosi
alle spalle. Sancho è vittima di soprusi di alcuni uomini che lo avvolgono in un coperta e lo lanciano in
aria. Chisciotte torna a salvarlo mentre Maritornes si prende cura di lui in quanto l’intruglio non gli ha
fatto bene. Sancho e Don Chisciotte abbandonano la locanda e pensano di essere riusciti a non pagare
ma non si accorgono che il locandiere prende le sue bisacce come ricompensa.

CAPITOLO 18: Lasciano la locanda che Chisciotte pensa sia incantata anche se Sancio cerca di fargli
capire che non è così perché ha sentito voci umane e nomi. Ma Don Chisciotte continua a insistere che
la locanda era incantata e che non era riuscito a scendere da cavallo per aiutarlo perché era stato
vittima di un incantesimo. Santo invece cerca di convincere Don Chisciotte che non è così e che le loro
sono più disavventure che avventure per questo motivo i dice che sarebbe meglio tornare indietro
vado in Chisciotte gli risponde che lui non sa molto di cavalleria e che quindi deve portare pazienza
perché non c'è cosa più bella al mondo che vincere una battaglia. Lasciata la locanda però vanno
incontro ad altre avventure e da lontano avvistano delle nubi di polvere e Don Chisciotte pensa che
siano state provocate da un esercito che aveva appena combattuto contro di un altro. Salgono su un
altura per vederlo meglio e lì don Chisciotte inizia a dire nomi di personaggi famosi e luoghi di lontane
e antiche battaglie. Quando si avvicinano Sancho si rende conto che non sono nubi ma un gregge di
pecore ma ovviamente Chisciotte dice che è solo la paura che non gli fa vedere la realtà . Dunque
prende la carica e con la lancia inizia a falciare le pecore. A questa vista i padroni gli intimano di
fermarsi e iniziano a tirargli contro delle pietre ferendolo e facendolo cadere da cavallo. I pastori
scappano però perché credono di averlo ucciso. Dopo questa ennesima disavventura si fermano
perché presi dalla fame e dalla sete ma non hanno ne bisacce ne cibo per soddisfarle in quanto erano
state prese dal locandiere. E dunque proseguono la loro avventura. Sancho e sconsolato vado a
Chisciotte gli dice che adesso il buon Dio avrà in serbo per loro buone avventure. La scena nella quale
Chisciotte confonde il gregge di pecore con delle nubi prodotte da un esercito fa allusione a Lettera a
Lucilio di Seneca. Nell’antichità inoltre si diceva che una dea ostile avesse sostituito con un gregge
l’esercito che Aiace voleva attaccare.

CAPITOLO 19: capitolo in cui Chisciotte scambia la bacinella che un barbiere porta sulla testa per
l’elmo di Mambrino. Sancho sostiene che tutte quelle disavventure stavano accadendo poiché
Chisciotte era venuto meno al suo giuramento di non mangiare pane su tavola finchè non avesse
ucciso il moro Mambrino. Chisciotte gli da ragione ma dice che anche Sancho non glielo aveva
ricordato. Successivamente si fa notte e i due scorgono dei lumi che da lontano si avvicinano sempre
più . Vi si parano davanti poiché Chisciotte crede che la lettiga del morto che trasportano sia una
barella dove c’era un cavaliere morto che sono egli poteva vendicare. Gli uomini del corto funebre
vengono quindi aggrediti e alcuni di loro se la danno a gambe, meno il mal capitato che finì sotto la
mula. Quando Chisciotte capisce che l’uomo è morto per una febbre e che non gli compete vendicarlo
chiama Sancho per chiedere aiuto. Sancho nel frattempo stava rubando del cibo dalle mule dei
malcapitati. Sancho presenta Chisciotte come il cavaliere dalla Triste Figura ispirandosi ai nomi dei
cavalieri che si distinguevano per un oggetto o un simbolo che recavano come “della Fenice”, “delle
Donzelle”, e lui era “della Triste Figura” per l’aspetto malconcio e sciupato che aveva. Questa
denominazione appare già nel Don Clarian de Landanis, un altro romanzo di cavalleria. Chisciotte
pensa che sia stato il “savio” ad ispirare Sancho nel dargli quel nome e decide che sarà quello il nome
che utilizzerà d’ora in avanti. Si allontanano e si cibano del bottino rubato. L’episodio della
disavventura narrata qui è ispirata al Palmerin de Inglaterra, libro di cavalleria. In questo capitolo la
presenza del baccelliere, giovane nobile non ancora armato cavaliere, è stata definita dalla critica
come incoerente. Molto probabilmente queste parole sono state inserite velocemente per rispondere
all’osservazione di qualche censore o lettore che avrebbe sottolineato la necessità di identificare la
trasgressione di Chisciotte.

CAPITOLO 22: Racconta Cide Hamete che in questa parte del racconto Sancho e Chisciotte si
imbattono in un gruppo di galeotti e quindi nel mondo della piccola criminalità (hampa). A quel tempo
si parlava di “morte civile” una condanna che implicava la perdita di tutti i diritti, tranne quello di fare
testamento. Chi veniva condannato a 10 anni di galera era come se fosse stato condannato alla pena di
morte. Chisciotte passa in rassegna i vari crimini da loro commessi: chi aveva rubato, chi aveva
commesso atti impuri e così via. Don Chisciotte, dicendosi Cavaliere che difendeva il mondo, decide di
liberarli perché il suo mestiere e abbattere le prepotenze soccorrere i deboli. inizia dunque a parlare
con i galeotti a chiedere loro quali fossero le loro colpe e uno dei 12 e quello che lo colpisce
maggiormente. In egli Chisciotte vede l’immagine di Guinés de Pasamonte: qui vi è l’allusione forse
volutamente voluta dallo scrittore in quanto questa figura era un personaggio storico che aveva preso
parte alla battaglia di Lepanto e che Cervantes dunque conobbe. Il personaggio realmente esistito
prima di uscire dal carcere aveva scritto un libro intitolato “l'appunto vita di ginesio di passamonte”.
dice che sia un libro così pregevole che superava anche il Lazarillo de Tormes e tutti quelli che
appartenevano a questo genere. La figura di Guines inoltre, recentemente è stata proposta dalla critica
come autore della seconda parte apocrifa del Chisciotte che fu pubblicata sotto il nome di Avellaneda
che si pensa sia uno pseudonimo. Ritornando al racconto per Chisciotte non sembrava giusto punirli e
li aiuta a liberarsi scontrandosi con le guardie disarmandole e mettendole in fuga. Infine chiede ai
delinquenti di raggiungere Dulcinea per rendere grazie e tessere le sue lodi ma essi si rifiutano e
iniziano a riempirli di sassate, poi li spogliano e li lasciano quasi nudi. Nel raccontare la vita di questi
galeotti si cita anche il Lazarillo de Tormes simbolo della novela picaresca alludendo anche al Guzman
de Alfarache di Mateo Aleman.

CAPITOLO 25: Si incamminano verso la Sierra Morena ove si svolgeranno i capitoli dal 23 al 46. In
questo capitolo inizia la salita sui Monti senza sentieri per ritrovare cardenio ma sancho è stanco e
vuole tornare a casa in quanto si sentiva privo anche della possibilità di parlare con qualcuno: Don
Chisciotte aveva infatti intimato di non disturbarlo se non per necessità e dunque sancho si confidava
con il suo asinello. ma sentendo ciò Don Chisciotte dice che per questa avventura potrà parlare con lui
e sancho esprime dunque tutti i suoi dubbi: pensa che sarebbe meglio lasciar perdere cardenio senza
farci a botte, lasciar perdere i commenti sulla regina visto che le sue erano parole di un pazzo. ma
anche shot dice di no perché la regina in questione era una delle Dame più importanti e lui avrebbe
dovuto difendere il suo onore. Poi Don Chisciotte chiedi a Sancho se ha ancora l'elmo di Mambrino,
sancho dice di si e dice che lo utilizzerà per farsi la barba in quanto in realta e una bacinella vado in
Chisciotte continua a dire che è solo frutto dell incantamento il motivo per cui non vede lei mamma
una bacinella. arrivati in una pianura Don Chisciotte decide che farà lì la penitenza per la sua
sofferenza amorosa e scrive una lettera Dulcinea chiedendo a sancho di consegnarla.

Questo capitolo è di collegamento con Amadìs: Don Quijote decide di imitare le pazzie fatte per amore
da parte di Amadis de Gaula che respinto da Oriana decide di ritirarsi sull’Isola del Picco Povero a
pregare e mortificarsi come penitenza– manda Sancho a riferire tutto a Dulcinea come prova del suo
amore – fa deliberatamente il pazzo e fa una dichiarazione che indica la sua lucidità , il sapere che si sta
servendo dell’immaginazione come gli pare.

Viene citato Orlando che impazzì quando trovò su una fonte una scritta in arabo nella quale Medoro si
riferiva al proprio amore con la bella Angelica

Amadìs → pianto senza pazzie, pena pobre. Il riferimento all’Amadigi lo troviamo nella lettera di Don
Chisciotte a Dulcinea che si apre con un ricordo dell’amadigi e con un topos amoroso che deriva
dall’inizio apocrifo dell’Eroide XI di Ovidio. Chisciotte chiede a Sancho di inviare la lettera a Dulcinea il
quale dimenticherà di portarla con sé. Lo scudiero poi parte per portare a termine il comito
richiestogli ma strada facendo incontra nei pressi della locanda, il curato e il barbiere che lo
interrogano ed escogitano uno stratagemma per riportare don Chisciotte a casa. Poco dopo i tre
conoscono la bella Dorotea che accetta di recitare il ruolo della principessa Miccomiccona e di
diventare così la protagonista dello stratagemma in questione. Il gruppo ritrova Chisciotte a cui
Dorotea chiede aiuto e si presenta come la figlia di Tinacrio il Sapiente,

Qui troviamo uno dei proverbi di Sancho che indicano il suo linguaggio popolare: “Alcuni fanno il
fantino e dicono d’aver avuto le merci a miglior prezzo che di vero non sono costate e così pagano l
agabella delle bugie e nuocono alla borsa” (il proverbio detto da Sancho è: A me piace farmi i fatti miei,
poiché chi va al mercato e mente, la borsa se ne sente!). Un’altra è “Molti pensano di trovare il lardo e
non c’è stecca” che indica che l’apparenza inganna e “Ma chi può mettere porte a un campo?” (pag 403)
ossia “chi può porre limiti alla libertà ?”. L’accumulazione di frasi fatte tipiche del linguaggio di Sancho
appare qui per la prima volta ma questo primo fiotto di frase rimane isolato e Cervantes non torna a
farne uso sino alla Seconda Parte dell’opera.

CAPITOLO 30: di ritorno dalla locanda gli va incontro Andrés dal quale vengono a sapere che
l’avventura del capitolo 4 è finita a frustate. Nel frattempo il padre di Dulcinea non vuole che la figlia
sposi un “ignorante” come lo definisce, e per questo vuole che Quijote sposi una principessa e una
volta re potrà sposare la figlia. Don Chisciotte viene additato come il responsabile della liberazione dei
galeotti ma la principessa Dorotea/Miccomiccona lo blocca dicendogli che ha promesso di essere
fedele a lei e di non immischiarsi in altre lotte. Nella locanda discutono con il locandiere dei libri di
cavalleria e il curato si accinge a leggere una novella. In cammino Dorotea racconta la storia della
principessa: Racconta dunque la sua storia di come un gigante di un'isola vicina al suo paese voglio
sur farle il trono e di come suo padre prima di morire l'aveva consigliata in caso di pericolo di cercare
il gran donchisciotte che lo avrebbe senza dubbio aiutata. il suo scudiero ingenuo com'è non si rende
conto che in realtà è una burla ed è contento che il suo padrone sposerà una principessa Don
Chisciotte e fedele alla sua Dorotea ma il suo scudiero e sicuro che nemmeno Dulcinea sia bella quanto
lei ma si salva in calcio d'angolo dicendo che non ho avuto modo di osservarla bene. in realtà sancho si
stava tradendo da solo rischiando di farsi scoprire che in realtà non aveva consegnato la lettera
dulcinea e lo tranquillizza dicendo che l’aveva dettata per filo e per segno a un sacerdote. Sancho e
Quijote litigano su Dulcinea e sulla volontà del Quijote di non sposare la principessa; incontrano Gines
che scappa lasciando a Sancho il suo vecchio asino. (entreverado loco)

CAPITOLO 31-32: Sancho Don Chisciotte continuano a parlare di Dulcinea e di cosa stesse facendo
quando sancho le ha portato la lettera: lo scudiero risponde che stava lavorando nei campi e che
dunque non aveva letto subito la lettera ma che l'aveva messa in un sacco Ma non sapendo né leggere
né scrivere aveva chiesto a sancho di dirgli la memoria. il suo primo desiderio era stato quello che il
suo Cavaliere venisse lì al Toboso ma Don Chisciotte non può recarsi lì in quanto deve prima portare a
termine le sue avventure. nel frattempo Don Chisciotte si stupisce del fatto che sancho aveva percorso
la strada fino al Toboso in soli tre giorni e dice che anche questo viaggio così breve era stato frutto di
un incantatore. i due poi escono per rifocillarsi ad una fonte e incontrano un ragazzo che Don
Chisciotte riconosce: si tratta di Andreas, il ragazzo che nella sua prima uscita aveva incontrato e che
aveva liberato e fatto pagare dal suo padrone che lo stava ponendo ma il ragazzo di confida che in
realtà non era andata così e che il padrone aveva ricominciato a picchiarlo. mentre Don Chisciotte sta
per andar via viene fermato da Dorotea che gli ricorda la sua promessa ovvero di portare a termine la
sua impresa. proseguono il cammino giungono all'osteria dove il curato narra una novella, quella del
“curioso impertinente”, una novella all’italiana. Dal capitolo 31 al capitolo 46 ritorna protagonista il
cronotopo della locanda e diventa fulcro di avvenimenti e personaggi nell’arco di 2 giorni tanto da
creare un “teatro abbreviato” o “mercato della società contemporanea al Chisciotte” in quanto si può
osservare la società contemporanea al Chisciotte. In questi capitoli però vi è anche un sistema di
narrazione particolare in quanto alle vicende di Sancho e Chisciotte si aggiungono delle vicende di
alcuni personaggi come “novelas intercaladas”. Questa novella, totalmente indipendente dal resto
della storia, narra la storia di due amici, Anselmo, incline alle avventure amorose e Lotario che vivono
nella Firenze del XV secolo. Anselmo vuole mettere prova l’amore della moglie, Camilla, e chiede
perciò aiuto all’amico chiedendogli di corteggiare lamoglie per dimostrare la sua fedeltà . Anselmo dice
di assentarsi per lavoro e lascia lotario e Camilla da solo in casa; ma non convinto delle risposte di
lotario Anselmo decide di spiarli e vede che i due non si parlano. sentendosi mentito da parte
dell'amico gli dà del bugiardo e lotario giura che da quel giorno in poi avrebbe fatto di tutto per
accontentare la sua curiosità . lotario si accorge che non poteva fare a meno di guardare Camilla e che
dunque si sentiva attratto da lei cominciando così a corteggiarla. inizialmente Camilla dovete fare un
grande sforzo perché voleva rimanere fedele al proprio marito ma le lacrime, le preghiere i regali
dell'uomo fecero in modo che la donna sia rendesse propri sentimenti. Alla fine, Lotario fuggirà con
Camilla e Anselmo morirà disperato. La lettura si interrompe soltanto quando don Chisciotte confonde
otri di vino conservati nella locanda con dei giganti, nel capitolo 35. Sancho racconta molte bugie a
proposito del suo incontro con Dulcinea e rivedono Andrés che rivela l’epilogo del suo episodio e
maledice i cavalieri erranti umiliando Don Quijote.
CAPITOLO 36: Si avvicinano alla locanda, è il luogo in cui meglio si apprezzano gli elementi realisti
dell’opera. Il cronotopo era già apparso nei capitoli 3 e 17. Vi sono qui degli uomini a cavallo che
portano con loro una donna, tutti quanti col volto coperto e silenziosi. Dorotea offre aiuto alla donna,
visibilmente in pena e l’uomo mascherato si intromette. Con un bisticcio verbale e fisico (cadono le
maschere) si scopre che i due sono Luscinda e Don Fernando. Dorotea si getta ai piedi del suo sposo,
don Fernando, e con sagge parole e un lacrimoso discorso lo convince a prendersi le sue
responsabilità e ad accettare l’amore di una donna che lo ama già anziché forzare un’altra che in verità
lo odia. Commossa dalle sue parole don Fernando la braccia lasciando andare Luscinda che può
ricongiungersi con il suo Cardenio. a questo punto vengono raccontate le parti della vicenda amorosa
ancora oscuri al lettore viene raccontata la novela di “Cardenio e Lucinda”. viene raccontato ciò che
era successo a Fernando e Lucinda dopo il mancato matrimonio: lui era molto adirato con la giovane
tanto da volerla uccidere. il giorno dopo lucinda scompare e Fernando viene a sapere che si trova in
un monastero in aperta campagna Fernando viene a saperlo e la rapisce insieme ai tuoi servitori. ed è
questa la scena con cui si apre il capitolo. Quando anche Cardenio raggiunge Lucinda, Fernando,
mosso dalla rabbia, tenta di vendicarsi ma desiste nuovamente grazie alle parole di Dorotea → amore
e pentimento di Don Fernando.

CAPITOLO 37-42: Tutti sono felici per il risolvimento delle varie questioni ad eccezione di sancho che
informa il suo padrone riguardo gli ultimi avvenimenti e gli dice che la storia raccontata da Dorotea
era un’ invenzione perché in realtà il gigante non era altro che don Fernando. Ma la donna in accordo
con tutti gli altri decide di portare avanti la sceneggiata egli dice che lei e ancora la principessa
Miccomiccona e che niente è cambiato dal giorno precedente. A quel punto arrivano un cristiano in
compagnia di una donna che sembra essere musulmana (la donna si chiama Maria e viene invitata a
dormire con loro da Luscina e Dorotea). Zoraida e il capitano, il quale inizia a raccontare la sua storia
di prigioniero ad Algeri. Cominciano tutti a cenare e durante la cena, don Chisciotte pronuncia il
discorso relativo alle armi e alle lettere. Poi si chiede al capitano di narrare la propria storia. Egli inizia
a raccontare la sua storia di prigioniero ad Algeri e quindi siamo di fronte a un’altra novella
intercalada: Il capitano prigioniero. Ruy Pérez de Viedma parte dalle montagne di Leon, per
intraprendere la carriera militare. Combatte nelle Fiandre e a Lepanto ove è fatto prigioniero. È
condotto ad Algeri, ove conosce Zoraida, ‘figlia del rinnegato Agi Morato, con la quale fugge in terra
cristiana, dopo aver abbandonato lo stesso Agi Morato su di una spiaggia deserta. I fuggitivi saranno
attaccati da pirati francesi, prima di giungere sani e salvi alla costa di Malaga. Nella novella viene
narrato come il padre del prigioniero avesse diviso la sua hacienda in tre parti da dividere tra i suoi
tre figli: ognuno di loro avrebbe dovuto concentrarsi in diversi ambiti, uno alle armi, un altro alle
lettere l'altro al commercio. il prigioniero dice che fu lui quello che si dedico alle armi e che dopo
alcuni viaggi fu catturato e fatto prigioniero dal re di Algeri. dopo essere stato rinchiuso in prigione
per molto tempo, riceve denaro da una finestra della prigione e una lettera in cui una donna dice di
volerlo sposare e fuggire insieme con lui. con i soldi della ragazza il prigioniero paga il riscatto eh va
alla ricerca della ragazza. nel corso dell'avventura trova in un forziere che conteneva degli scudi d'oro
ma nel corso delle avventure perdono gran parte del Tesoro.

L’esperienza della locanda è importante perché è un momento di incontro e coabitazione tra


personaggi diversi anche socialmente e che partecipano come attori o spettatori di storie diverse.
All’interno della locanda abbiamo di tutto: nobili, dame, servitori, un capitano, due barbieri, mozos,
picaros è il luogo in cui meglio si possono apprezzare gli elementi realisti dell’opera. Don Quijote si
sveglia e Sancho gli dice che la principessa è Dorotea e che ha solo ucciso degli otri di vino perché
nella sua testa erano dei giganti. Lo convincono che non è così e a continuare quell’impresa. Alla
locanda arrivano la mora Zoraida e il prigioniero, che cenano con loro. Don Quijote inizia un discorso
sulla cavalleria.

CAPITOLO 43: Sentono cantare soavemente un mulattiere e tutti si svegliano. Il mulattiere, di nome
don Luis, canta un romance in assonanza “u-o”, ma si scopre che è un giovane innamorato di Clara, suo
amico d’infanzia e da sempre innamorato di lei. Infatti la canzone è dedicata a lei– Maritornes e la
figlia dell’oste tendono uno scherzo a Don Quijote: Gli fanno credere che, attraverso un buco nel muro
del fienile, provenisse una voce di una principessa imprigionata che stava dichiarando il suo amore
per lui punto Don Chisciotte si arrampica per stringerle la mano e dopo averla infilata dentro una
fessura nel muro , le due giovani la legano e se ne vanno. Don Chisciotte era in piedi su ronzinante EA
un certo punto scivola dalla sella rimanendo attaccato per un polso per tutta la notte.

CAPITOLO 44: Quando Ronzinante si muove appena, lui rimane appeso ad un centimetro dal suolo,
finché svegliatisi tutti per via delle sue urla, Maritornes non corre a slegarlo facendolo precipitare di
colpo. Degli uomini sono alla ricerca dell’innamorato di Clara (Don Luis) per riportarlo a casa. Dorotea
fa da mediatrice e il padre di Clara riconosce il figlio del suo vicino di casa e accetta di farlo sposare
con la figlia. La questione di Don Luis si risolve parzialmente: il giudice viene a conoscenza della storia
ed è d’accordo col matrimonio ma solo con il consenso del padre del giovane; arriva alla locanda il
proprietario dell’Elmo, il barbiere a cui Chisciotte aveva sottratto la bacinella e reclama subito il
proprio copricapo e si azzuffa con Sancho. Sancho cercando una soluzione di compromesso, per non
irritare oltre il signore, crea la parola bacilelmo quando Fernando chiede ai presenti di esprimere la
propria opinione in merito alla natura dell’oggetto e il curato riesce a convincere i cavalieri della Santa
Confraternita della follia di Chisciotte.

CAPITOLO 49: Questo capitolo inizia con Sancho e Don Chisciotte che discutono se l’incantesimo fatto
sul cavaliere sia vero o no. Per strada incontrano il canonico di Toledo che si avvicina e inizia qui il suo
discorso sui libri di Cavalleria, sul fatto che sono racconti senza senso e altri temi letterari ma le
risposte del curato gli fanno capire che ormai la sua follia è totale ed è impossibile discutere con lui.

CAPITOLO 52: Don Quijote Informa il pastore che se non avesse già una missione in corso, sarebbe
andato a cercare Leandra e l'avrebbe portata da lui. il pastore che agli altri chi sia quell'uomo che sta
parlando in maniera così strana e pensa che sicuramente sia un pazzo in quanto nessuno si
esprimerebbe come fa lui. quando Don Chisciotte viene a sapere cosa il pastore pensasse di lui inizia a
calunniarlo a insultarlo e dicendo che il pazzo era lui. ne scaturisce una piccola lotta in cui alla fine il
Cavaliere decide di terminare il pastore se ne va. Poco dopo avvista una processione e li aggredisce
pensando che la statua che trasportano sia una donna prigioniera. Viene ferito ad una spalla e si lascia
riportare a casa. La prima parte poi si conclude con una serie di liriche burlesche e sonetti dedicati ai
vari attanti dell’opera e alle loro sepolture: Dulcinea, Sancho e allo stesso Chisciotte da
un’immaginaria Accademia di Argamasilla e risulta chiaro che l’autore progettava una terza sortita di
Chisciotte da narrare in un nuovo volume, tuttavia usa di nuovo l’espediente del manoscritto e dice di
non aver continuato la storia perché non ne ha trovato altre informazioni e il tutto si conclude con una
citazione dell’Ariosto “Forse altri canterà con miglior plettro” che invita a una continuazione apocrifa
come quella di Avellaneda. Il finale resta aperto e si preannuncia una terza uscita del personaggio per
andare a Saragozza dove c’erano importanti tornei.

SECONDA PARTE DELL’OPERA

Per Cervantes il Chisciotte era terminato con la pubblicazione della prima parte nel 1605. Poi nel 1614
un uomo di nome Avellaneda, ma è uno pseudonimo e non si sa chi si nasconde dietro quel nome, che
scrive una continuazione apocrifa (seconda parte apocrifa) cioè gli ruba la storia, senza la
consultazione dell’autore e scrive la continuazione in quanto il diritto d’autore non esisteva. Cervantes
indispettito decide di rimettersi all’opera scrivendo velocemente la vera seconda parte del “Don
Chisciotte” pubblicata poi nel 1615. La seconda parte dialoga sia con il testo di Cervantes sia con
quella di Avellaneda sin dal prologo proprio per bugiardarlo.

METAFINZIONE: La metà finzione della seconda parte è molto più forte che nella prima. All'inizio della
seconda parte, il baccelliere Sansone carrasco giunge da salamanca con la notizia che un libro
intitolato “ingegnoso hidalgo Don Chisciotte della mancia” e stato pubblicato e racconta le imprese le
peripezie di Don Chisciotte sancho Panza. ossia, esattamente quanto narrato nella prima parte. la metà
finzione sta proprio nello scrivere un libro nel libro. nel 1615 la Spagna, l'Europa e l'America hanno
letto la prima era parte dell'opera e dunque tutti i personaggi della seconda conoscono già Don
Chisciotte e sancho, sanno come trattarli e possono quindi preparare loro le burle e le situazioni
adeguate. il caso estremo è proprio quello dei duchi che macchina no forse così elaborate e complesse
come quella dell'insula o quella dell' incantamento di dulcinea con lo spettacolo sui carri. fatto sta che
in queste circostanze create con l'inganno, il Cavaliere, Che appare così naturale proprio come lo
dipingono nel libro, diviene sempre più lucido e percepisce con maggior nitidezza la verità delle cose e
lei confonde di meno con le proprie fantasie. al contrario allo scudiero accade esattamente il
contrario: queste situazioni lo confondono e inizio a crederci. la prima parte dell'opera e onnipresente
all'interno della seconda e viene percepito come una dinamica interna dell'opera: il libro nel libro, la
finzione nella finzione in quanto già la prima parte risulta metà finzionale per la presenza
dell'espediente del manoscritto. Essenzialmente la seconda parte si costruisce proprio sulla prima e
tutte le esperienze di Don Chisciotte presenti nella seconda non sarebbero potutiesistere.se non fosse
esistita la prima parte. La scelta di utilizzare questa funzione la funzione fu in realtà data dall' enorme
successo che riscosse già la prima parte nel 1605. infatti virgola in quell'anno già sfilavano figuranti
travestiti bene o male da Don Chisciotte sancho Panza. dunque l’eco che ottiene l'opera spinse l'autore
a Trarre profitto dagli applausi che aveva ricevuto l'opera. E dato che tutta la seconda parte si basa
sulla conoscenza della prima ciascun riferimento a questa è un omaggio una critica che l'autore rende
a se stesso. L'autore ha creato due livelli di funzione straordinari, li ha forgiati nella prima parte e ha
fatto in modo che le loro imprese circolassero stampate tra i contemporanei all'inizio della seconda
parte e che i due personaggi fossero coscienti della loro condizione di protagonisti di un libro famoso.
proprio perché considerati famosi gli altri personaggi della seconda parte partecipano tutti alla falsa
dell'incantesimo di Don Chisciotte inventano avventure apposta per loro. Dunque la letteratura finisce
per dare vita alle sue stesse creature e l'autore si può dire che ha creato un geniale e complicato
meccanismo che i lettori seguono con divertimento e ammirazione.

Anche queste seconda parte contiene elementi paratestuali:

 TASA: testo preliminare che spiega come veniva tassato il libro a seconda del numero di
quaderni. La seconda parte del Chisciotte costava292 maravedi
 ERRATA CORRIGE:
 APROBACION: compaiono le approvazioni del Consiglio di Castiglia e dell’autorità ecclesiastica
per non contenere nessun elemetno contrario alla fede cattolica o ai buoni costumi sociali.
Viene approvata la pubblicazione e considerato un libro ottimo per l’intrattenimento dove
l’umorismo è mescolato con molta filosofia morale. L’autore è infatti stato in grado di
mescolare l’utile al dilettevole secondo il concetto dell’Ars Poetica di Orazio
 PRIVILEGIO: il privilegio è una sorta di diritto d’autore stabilito dalla Prammatica un testo
pubblicato a Valladolid nel 1558 che regolava il processo di stampa e censura dei libri e che
autorizzava le stampe e vietava qualunque stampa non autorizzata o senza licenza dell’autore
per un certo arco di tempo, generalmente 10 anni era l’arco di tempo più frequente.
 DEDICA: la seconda parte è dedicata al duque de Lemos, mentre la prima è dedicata al duque di
Becan. E in questa dedica Cervantes annuncia anche l’imminente pubblicazione di altre sue
opere ossia “Deo Volente” e “I travagli di Persiles e Segismunda” che verrà pubblicata postuma
e nella cui dedica appare di nuovo l’idea di pubblicare la seconda parte della Galatea che però
non verrà mai pubblicata. Cervantes muore infatti nel 1616
 PROLOGO: si riferisce al lettore chiamato “illustre” o “plebeo” e non più “desocupado” che
aspetta con ansia il prologo e questa continuazione dell’opera credendo di trovarvi in esso
vendetta e vituperi nei confronti di questo secondo autore del Chisciotte, ma Cervantes non dà
questa gioia al lettore e non cede alla tentazione di inveire contro Avellaneda mantenendosi
sempre un gradino sopra di lui che invece lo aveva insultato gravemente nel prologo del suo
Chisciotte aprocrifo. L’unica cosa che non gradisce e per la quale inveisce con acutezza e
eleganza è che Avellaneda lo chiami “vecchio” e “monco” in quanto Cervantes perde la sua
mano sinistra nella battaglia di Lepanto in difesa della patria. Poi Cervantes attacca la
l’avversario per il fatto che non si presenta con il proprio nome nascondendo le proprie origini.
Questa seconda parte apocrifa fu pubblicata a Tarragona da un autore che si nascondeva sotto
lo pseudonimo di Alonso Fernandez de Avellaneda nato a Tordesillas. E inoltre rimprovera
anche il fatto che Avellaneda l’abbia chiamato invidioso, ma Cervantes non sente di provare
invidia in senso negativo ma solamente quell’invidia sana che risveglia lo spirito d’emulazione
e il desiderio di superarsi. Avellaneda aveva accusato cervantes di offendere per invidia Lope
de Vega. L’autore dunque presenta questa seconda parte dicendo che continuerà le avventure
di Chisciotte e che però sceglie di far morire alla fine in modo da non consentire a nessun altro
di continuarle. In quanto secondo Cervantes l’abbondanza di storie sminuisce l’importanza
della stessa, mentre la scarsezza l’aumenta.

La seconda parte inizia con la stessa stoffa e lo stesso taglio della prima parte mantenendo la finzione
di Berenjeli. Il riferimento al Silvia mette bene credi il suo racconto serve per allacciare questo
secondo tomo con il finale del primo pubblicato 10 anni prima compiendo così la promessa di cercare
altri documenti per completare la storia. per la prima volta si parla di seconda parte annullando le
quattro in cui si articolava il primo tomo e variando la distribuzione la struttura dell'opera. si indica
qui il tempo trascorso tra la storia già narrata è quella della seconda parte che le si riallaccia sebbene
la tercera salida annunciata, che è la più lunga delle 3, non avrà luogo fino all’ ottavo capitolo. nella
seconda parte non è più Don Chisciotte ad avere le allucinazioni, a percepire la realtà come incantata e
a scambiare mulini per giganti egregi per eserciti ma sono gli altri ad invischiarlo e introdurlo dentro
una falsa realtà . Gli viene dunque imposta questa realtà di fantasia dall’incantesimo di Dulcinea ad
opera di Sancho e le burle ad opera dei duchi. Il rapporto tra realtà , fantasia e sogni di don Chisciotte e
le invenzioni dell’autore dà forma a un gioco narrativo che mostra ancora una volta il dominio
dell0arte di narrare per cui era grande Cervantes. E mentre la prima parte risulta forse più
inverosimile la seconda esplora la realtà quotidiana della Spagna contemporanea Don Chisciotte con
attenzione diletto notoriamente maggiori della prima. attraverso tutta la propria terra dal borgo alla
grande città dalla villa di campagna dell hidalgo al palazzo dei principi dalla grotta di montesinos ai
Monti dirò che chinare l'autore passeggia con sguardo infinitamente perspicace nel quale si danno la
mano la giovialità e la comprensione umana. Inoltre l'autore cosciente del fatto che Avellaneda lo
aveva preceduto scrivendo una seconda parte dell'opera, l'autore dialoga anche con l'opera di
Avellaneda Il quale aveva inviato Don Chisciotte Saragozza ma Cervantes non perderà nemmeno un
minuto per tornare indietro e dire che il suo eroe non va Saragozza perché l'ha fatto già nell’apocrifo,
facendolo quindi dirigere a Barcellona ma presentandola come scelta del personaggio. La scena in cui
Chisciotte tiene fra le mani il falso libro che racconta ciò che in realtà deve ancora avvenire è da
antologia ed è uno degli esempi più spettacolari di metafinzione. Nel corso della scrittura del suo
romanzo il romanziere non modifica molto il corso dell'azione un ritratto dei protagonisti infatti
restano più o meno sempre uguale dall'inizio alla fine forse ciò che cambia è la loro profondità in
quanto si aggiungono sempre più caratteristiche che permettono di comprendere anche l'interiorità
del personaggio. il Chisciotte non è uno di quei libri che si compone in poche settimane e che poi
rivisti solo dopo aver terminato il lavoro. L’ autore man mano che andava avanti nella scrittura poteva
tornare indietro per inserire ritocchi addizioni che entrassero quanto già detto in una nuova direzione
introducendo nel punto per esempio notizie commenti che completassero alterassero quanto scritto
in precedenza. Il Chisciotte della seconda parte dunque inizia a non sapere e viene sempre più invaso
da idee tristi e confuse e immerso in una profonda malinconia, è più disposto a lasciarsi guidare, più
aperto alla verità del mondo che lo circonda, più accorto sotto molti aspetti, più circospetto in ogni
circostanza. tutte queste caratteristiche però non snaturano il personaggio già esistente non lo
rendono irriconoscibile anzi lo scrittore lo ha dotato di una maggiore profondità ed una maggiore
complessità notoriamente superiori a quella che possedeva suo nascere. queste caratteristiche si
uniscono quindi ad un Chisciotte grottesco, vociferante, al Don Chisciotte energumeno che è ancora
presente. Nella seconda parte l'autore lo dipinge solo con pennellate più ricche e ce lo mostra da più
angoli ci rivela ragione nella sua dis ragione e ci porta a capirlo poi dall interno invitano il lettore a
pensare che sia sbagliato se l’ha giudicato troppo superficialmente. I lettori più antichi erano propensi
a vedere nel Chisciotte una satira; i romantici, con Lord Byron, la più triste di tutte le storie. nella
critica moderna il Don Chisciotte può essere considerato entrambe in quanto presenta entrambe le
sfaccettature.

CAPITOLO 1: Don Chisciotte, un mese dopo il ritorno a casa, si trova in convalescenza e Il prete e il
barbiere passarono molto tempo senza andare a visitare Don Quijote anche se sapevano dei suoi
progressi tramite la sua domestica e della nipote, le quali affermavano che stava recuperando il
giudizio. Alcuni giorni dopo il curato e il barbiere andarono a visitare Don Quijote il quale li ricevette
calorosamente. Continuarono a parlare di vari argomenti, pensando che Don Quijote fosse sano di
mente. I due cercano di non parlare con lui di cavalleria o letteratura ma un certo punto decidono di
fare quest’esperimento per vedere se sia rinsavito o se è ancora in preda alla follia. Il curato, come
prova definitiva decise di raccontare a Don Quijote che il re stava subendo un’invasione. Di modo che
Don Quijote rispose dicendo che avrebbe dovuto ricorrere ai cavalieri erranti che lo avrebbero
aiutato. In questo modo compresero che Don Quijote continuava ad essere pazzo. Il barbiere raccontò
la storia di un pazzo che risiedeva a Siviglia. Don Quijote in riposta a questa storia iniziò a parlare
dell’età dei cavalieri, facendo intendere al curato e al barbiere che aveva in mente una nuova uscita. Il
curato inizia a provocare Don Quijote dicendogli che i cavalieri erranti non esistono e Don Quijote in
risposta comincia a dare opinioni molto documentate tra le quali, che i cavalieri sono così reali che si
potrebbe affermare egli ha visto Amadis de Gaula, Reinaldos e Roldan. Don Chisciotte confonde ancora
una volta storia e finzione insistendo sul fatto che Amadigi sia realmente esistito e dicendo che molti
incorrono nel fatto che questi cavalieri siano frutto di una finzione, al contrario egli dice di averlo visto
e dunque sostiene che esista.

CAPITOLO 2: Serva e nipote di Don Quijote accusano Sancho, che voleva andare a visitare il suo
padrone, di aver ingannato Don Quijote, ma al contrario Sancho sostiene che sia stato ingannato da
Chisciotte che gli ha promesso un isola che ancora non ha visto. Al sentire queste parole Don Quijote
comanda di far entrare Sancho per parlargli. Gli domanda qual è l’opinione del popolo a proposito
delle loro gesta. Sancho risponde dicendo che tutto il paese e tutto il mondo dicono che Don Quijote
era pazzo e Sancho un mentecatto, e che si diceva anche che Don Quijote si era messo il titolo di Don,
che spettava unicamente ai cavalieri e si era fatto cavaliere senza alcun diritto di esserlo, cosa che
infastidiva molto i cavalieri che non sopportavano che gli hidalgos, specialmente quelli scudierili come
Chisciotte, si innalzassero a tale rango. Don Quijote dice che queste voci erano solo causate dall’invidia
in quanto lo consideravano “matto, pero grazioso”, oppure “coraggioso, pero disgraziato” oppure
“cortese pero impertinente” e sostiene che la malizia altrui non ha mai risparmiato nessuno. Poi
Sancho gli racconta una notizia che lo sconvolge: il figlio di Bartolomé Carrasco, Sanson, che era
appena diventato bachiller a Salamanca, gli aveva raccontato di aver visto stampata la storia de
“L’ingegnoso idalgo Don Quijote de la Mancha”, un libro che racconta le gesta di Don Chisciotte
affiancato da Sancho e innamorato di Dulcinea. Secondo don Chisciotte il libro non può essere altro
che opera di un saggio incantatore che sa queste storie e che può raccontarle. A un certo punto la
metafinzione di cui si parla esplode perché i due personaggi sanno di essere protagonisti di un
romanzo e Sancho ricorda che l’autore di questo testo secondo quanto detto Carrasco si chiama Cide
Hamete Berenjena (Berenjeli storpiato in Berenjena secondo il gioco di parole). Altro non è che il
riferimento alla prima parte dell’opera, scritta dallo stesso Cervantes ma nella metafinzione scritta da
Benenjeli. Don Quijote a sentire queste parole mandò Sancho alla ricerca del bachiller appena arrivato
in città .

CAPITOLO 3: Quando Sanson Carrasco arriva presso Don Quijote si inginocchiò a lui come se si
trattasse di un grande cavaliere e iniziò ad elogiare le avventure che aveva letto nel libro, del successo
che avevano avuto, dei personaggi presentandone altre descrizioni, delle avventure più amate e delle
impressioni che lui stesso aveva avuto del libro e sul fatto che il personaggio di Sancho, secondo
protagonista, avesse avuto molto più successo di Chisciotte. Dicendo che è attribuito a Cide Hamete
Benenjeli, si attribuisce l’opera a un moro e si diceva a quel tempo che i mori fossero bugiardi per
questo motivo Chisciotte si preoccupa del fatto che nella stesura delle sue avventure ci fossero degli
errori che disdegnavano lui o la sua donna ad esempio e inizia a criticare l’opera. Il tutto è di nuovo un
elemento metaletterario, Cervantes attraverso la figura di Carrasco si fa delle critiche a se stesso e al
suo modo di aver scritto il libro; è l’autore stesso che nella metafinzione della storia adopera delle
critiche a se stesso. Infatti, il capitolo termina raccontando come il bachiller e Don Quijote pongono in
comune dettagli della prima parte, come per esempio quel che fece Sancho con i cento scudi d’oro che
avevano trovato nella Sierra Morena e gli errori dell’autore, come l’inclusione della novella del Curioso
impertinente e lo strano furto dell’asino di Sancho. Finalmente il bachiller manifesta quanto sono
famose le loro avventure giacché le leggono tutto il mondo. Tuttavia sostiene che chi da alle stampe un
libro incorre sempre in un grandissimo rischio perché è impossibile comporre un libro che soddisfi e
accontenti tutti i lettori.

Nel testo si fa riferimento a un edizione del Don Chisciotte pubblicata Barcellona o ad Anversa.
Tuttavia, Sansone si confonde con bruxelles, ove erano già uscite due edizioni che andavano a
sommarsi alle tre di Madrid, alle due di Lisbona e quella di Valencia e Milano.

CAPITOLO 4: continua la discussione sull’opera con i rilievi dei critici sull’opera che hanno fatto
notare incongruenze sull’opera che sono delle sviste di Cervantes come il furto dell’asino di Sancho.
Sancho cominciò a spiegare che successe con i cento scudi e anche il famoso furto dell’asino quando si
era addormentato in un sonno profondo e si fa riferimento a una serie di episodi narrati nella prima
parte, come l’avventura dei galeotti e del defunto che stavano trasportando e si fa riferimento
addirttura alla pubblicazione di una seconda parte delle avventure di don Chisciotte non appena si
incontreranno ulteriori informazioni. In questo momento sentirono ragliare Rocinante (indizio di
buona sorte);. Infine a furia di parlare del libro durante la discussione con Carrasco, Chisciotte decide
di uscire per la tercera salida alla condizione che il bachiller non dicesse nulla al curato, al barbiere, a
sua nipote, né alla serva. e Sancho accetta di accompagnarlo anche se non vuole essere coinvolto nelle
battaglie con il desiderio però di governare l’isola che gli viene promessa da Chisciotte anche se con
molta saggezza e anche con la consapevolezza di non voler cambiare la propria personalità dicendo
“Sancho sono nato e Sancho voglio morire”. Chisciotte chiede al bachiller di comporre dei versi sul
congedo che aveva intenzione di prendersi da Dulcinea e chiede che ciasun verso inizi con una lettera
del nome di Dulcinea così che leggendo in verticale si potesse leggere il nome.

CAPITOLO 5: Sancho invia lettere e regali alla moglie, poi si allontanano dal palazzo dei duchi e si
incamminano verso Zaragoza. L'inizio della terza uscita di Don Chisciotte si fa coincidere con la festa
di San Giorgio patrono dell’ Aragona il 23 Aprile. in questo giorno la confraternita sarà gozzano che
portava il nome del Santo, modello del Cavaliere cristiano, organizzava le giostre tornei più
importanti. Il riferimento all' imminenza della festa rompe ogni possibilità di stabilire una sequenza
verosimile fra le tre uscite di Don Chisciotte. Si nota infatti che la prima si da un venerdì di luglio, la
seconda a termina domenica di settembre, e la terza sta per iniziare in quel momento anche se si dice
che tra la prima e la seconda uscita sia passato solo un mese. Come molti autori dell'epoca anche
Cervantes prestava poca o nessuna attenzione ai dettagli cronologici.

CAPITOLO 9: Don Quijote e Sancho entrano al Toboso a mezzanotte in compagnia di latrati e ululati
che si consideravano di malaugurio, e si misero alla ricerca del castello di Dulcinea che non riescono a
trovare, giacché non esiste. Dopo un po’ di ricerche arrivano alla conclusione che nessuno dei due ha
mai visto Dulcinea: Sancho sa di conoscerla solo per fama mentre Don Quijote ammette per la prima
volta di non averla mai vista e, allo stesso modo, di essersi innamorato di lei per la sua buona fama.
Sancho decide di convincere Don Quijote a rimanere nelle retrovie aspettando che sia lui a cercare
Dulcinea e dirle che il suo amato cavaliere la sta aspettando lì vicino.

CAPITOLO 10: Prima che Sancho si metta alla ricerca di Dulcinea che ovviamente non era una
principessa e dunque Sancho non sapeva dove trovarne una, Don Chisciotte gli ordina di stare attento
alle reazioni fisiche che ella avrebbe mostrato alla notizia che il suo cavaliere la stava aspettando.
Sancho si incammina per poi sedersi poco più lontano, dove il suo padrone non può vederlo, a
riflettere su come uscire da quel guaio sfruttando la pazzia del suo padrone: decide allora di portare
da Don Quijote una donna qualsiasi e usare la scusa degli incantatori qualora Don Quijote non avrebbe
riconosciuto in ella la sua Dulcinea. Poco più tardi passano di lì tre lavoratrici a cavallo e Sancho corre
dal suo padrone ad avvisarlo che la sua Dulcinea si sta avvicinando con due sue serve; se Don Quijote
avesse visto solo tre lavoratrici, lui avrebbe messo in atto il suo piano. E così fu. Le lavoratrici,
sentendo gli elogi di Don Quijote, si misero in fuga da quegli individui. I due cominciarono quindi a
imprecare contro gli incantatori che avevano proibito a Don Quijote la visione della sua amata
Dulcinea. Finalmente Don Quijote e Sancho proseguono il cammino verso Zaragoza dove si
celebravano tutti gli anni feste molto importanti. Don Chisciotte vede la realtà sempre così come sono
gli altri intorno a creargli lunedì fantasia.

CAPITOLO 16: Incontrano per la strada un uomo dal nobile aspetto in sella al suo cavallo bianco con
uno scudiero che Sancho e Chisciotte scambiano per Sanson Carrasco e lo scudiero Tome Cecial, e
pensano che ancora una volta questo sia frutto di un incantamento e decidono di proseguire insieme.
Si chiama Don Diego de la Miranda (Il cavaliere dal Verde Gabbano) e la sua condizione è analoga a
quella di Chisciotte sebbene con maggior fortuna e con un gradino sopra di lui. Don Diego e si accorge
subito, dalle parole di Don Quijote mentre racconta le sue avventure che ha qualche rotella fuori
posto. Quando Don Diego parla di se stesso ed esprime il suo dispiacere riguardo al figlio Don Lorenzo
che ha abbandonato gli studi di legge per dedicarsi alla poesia, Don Quijote intraprende un discorso
assennato sulla nobile arte della poesia (si evidenzia la grande conoscenza letteraria di Cervantes) e
sul non frustrare le scelte dei propri figli, con grande stupore di Don Diego. Di lì a poco un carretto con
bandiere regali (che indicavano che il carico era di proprietà regia) si avvicina, Don Quijote capisce
che è di fronte a una nuova avventura.

CAPITOLO 17: Mentre Don Quijote parla con Diego de Miranda il carretto si avvicina e Sancho viene
richiamato – mentre comprava del formaggio – per porgere al cavaliere la sua celata. Ma Sancho aveva
messo le ricotte dentro la celata per non buttarle via, senza avvertirlo: Don Quijote quindi se la infila e
il siero che cola gli sembra il suo stesso cervello squagliandosi o che stesse grondando sudore –
quando si toglie la celata da la colpa agli incantatori (spinto da Sancho che in alcuni casi gli fa comodo
reggergli il gioco). Don Quijote chiede all’uomo cosa conducesse sul carro e questi gli rispose che
conduceva due leoni che portava al re come regalo del Generale Orà n. Gli chiede anche di farli uscire
dalla gabbia per affrontarli in quanto la lotta contro un leone è una delle prove dell’eroe e nei romanzi
cavallereschi è frequente la lotta contro un leone ed è tipico che il l’eroe si chami “Cavaliere dei Leoni”.
Ma Sancho e il cavaliere don Diego scongiurarono il carrettiere di non farlo per l’incolumità di
Chisciotte e lo stesso Don Diego desistì dall’opporsi avendo armi impari. Quando tutti si fanno da
parte e la gabbia viene aperta Don Chisciotte si raccomanda a Dio e alla propria amata Dulcinea, ma il
leone non viene fuori, si alza, si guarda intorno e poi si gira per tornare dentro e risdraiarsi. Don
Chisciotte ordina il carrettiere di bastonare il leone per irritarlo ma il carrettiere non può farlo
altrimenti il primo che avrebbe fatto a pezzettini sarebbe stato lui. infine il carrettiere lo convince a
lasciar perdere dicendo che la gloria va comunque a chi attende in campo e l’infamia a chi non si
presente. Infatti, per il suo coraggio in quell’occasione convenne che si sarebbe chiamato col nuovo
nome di Cavaliere dei Leoni. L’evento lo riempì di forza e gloria e disse che se gli incantatori lo
ponevano di fronte alla sventura, la forza d’animo nessuno poteva togliergliela. Don Diego de Miranda
si chiedeva come fosse possibile la pazzia e la saggezza di Don Quijote che giustifica nella ragione
stessa che secondo un interpretazione piuttosto umoristica è che la stessa ragione può giustificare
parole discrete e azioni prive di giudizio. Poi se ne tornano verso il villaggio di don Diego.

CAPITOLO 18: Vengono ospitati in casa del Cavaliere dal verde gabbano che don Chisciotte credo
inizialmente sia un castello, ma si rende conto che non è così quando si accorge che la casa è molto
spaziosa al contrario delle case della Corte che in realtà erano sempre poco spaziose – qui viene
sottoposto al giudizio del figlio di Don Diego (Don Lorenzo) parlando di letteratura e poesia e don
Lorenzo lo definisce loco bizarro ed entreverado loco quando si accorge che è perfettamente sano
parlando di poesia ma pazzo riguardo alla cavalleria. Don Lorenzo recita anche dei versi da lui
composti, un sonetto e una glossa. Nella grossa ci sono versi che circolavano già la metà del secolo
sedicesimo, all'interno troviamo la sostantivizzazione dei tempi del verbo essere che era già comparsa
in un'opera di Petrarca. Il sonetto racconta la storia di piramo e tisbe che si amano attraverso
un'apertura nel muro che separa le loro case. Buongiorno, Tisbe giunge per prima sul luogo
dell'incontro, ma deve fuggire da una leonessa, che macchia di sangue un velo che la giovane
abbandona sull erba. Al proprio arrivo Piramo credendo morta l’ amata si uccide. Quando tisbe torna
sui propri passi e si rende conto dell' accaduto si uccide anche lei con la stessa spada dell’amato. La
celeberrima storia è cantata nel libro IV delle “Metamorfosi” di Ovidio e ispirato numerosissimi autori.
Dopo la conversazione sulla poesia Sancho e Chisciotte lasciano la casa del cavaliere.

CAPITOLO 22-23:Abbandonata la casa del Cavaliere dal verde gabbano incontrano un gruppo di
persone diretto alle festose nozze di Camacho il ricco. Qui vedono come Basilio riesce a sposare
quiteria grazie a un abile stratagemma. Rimasero alcuni giorni a casa degli sposi, Don Quijote dispensò
consigli per Basilio; quando lasciarono la loro casa Don Quijote chiese ai due studenti che li avevano
portati al matrimonio che gli affidassero una guida per esplorare la famosa Cueva de Montesinos e
così fecero. La grotta di montesinos è una cavità calcarea prodotta da acque piovane. Anticamente
servì da rifugio per i carrettieri le loro cavalcature. si trova a 6 km da Oscar de Montiel e a 14km da
Ruidera e la nell'attuale provincia di Albacete in Castiglia la mancia. gli affidarono uno studente, il
Cugino, che si disse umanista, ma definito un umanista matto, che leggeva libri di cavalleria e si
occupava di scrivere libri su queste; stava scrivendo tre libri i quali provocarono alcune derisioni da
parte di Sancho. Dopo aver comprato dieci braccia di corda per calarsi giù nella grotta vi si recano,
legano Don Quijote e lo calano giù . Quando la corda finì e Don Quijote era rimasto giù per un bel po’
iniziarono a tirarlo su fin troppo facilmente, quasi senza peso. A un certo punto scorsero Don Quijote
che si era addormentato. Quando si svegliò iniziò a raccontare delle storie che secondo lui erano
successe ma a cui Sancho non credette fino in fondo. Quando ne esce, afferma di essere stato con lo
stesso Montesinos e con Durandarte e di aver visto dulcinea incantata. Montesinos Duran d'arte sono
due personaggi di un romanzo ero castigliano. secondo il Romancero Durandarte in punto di morte
chiese al cugino Montesinos di strapparvi il cuore di portarlo all'amata belerma, come pegno d'amore
e proprio questa la scena a cui Don Chisciotte dice di aver assistito nella grotta. Infatti è riportato
anche la strofa del romance recitata da Durandarte. Tuttavia la strofa è una combinazione e
adattamento di due romances diversi (Oh Belerma! Oh belerma e Por el rastro de la sangre). Inoltre
Don Chisciotte di sé dice di essere stato tre ore nella grotta mentre per Sancho e il cugino è passata
solo un'ora.

CAPITOLO 30: Un altro momento interessante della seconda parte è quello dell’incontro di Chisciotte
e Sancho con il duca e la duchessa. L’incontro avviene quando i due raggiungono ad un verde prato e
notata una bellissima dama Don Quijote manda Sancho a lodarla in suo nome e a chiederle se può
avvicinarsi e baciarle le mani. Così fa Sancho e si scopre che la duchessa ha letto il primo libro e li
conosce bene e allo stesso modo li conosce il marito. Decidono di farli avvicinare e di invitarli al loro
castello, di assecondarli in ogni loro follia prendendosi gioco di loro; decidono di divertirsi alle spalle
dei due mettendo in scena e ricreando, situazioni romanzesche. Per esempio sanno che Sancho
desidera essere governatore di un’ isola e gli fanno credere di essere tale, anche se poi Sancho decide
di non esserlo perché quella non è la sua strada. Questa messa in scena dura fino al capitolo 57.

Continua la messa in scena del duca e della duchessa che fanno credere a Don Chisciotte e Sancho di
essere davvero Cavaliere e scudiero. Sancho attacca briga con una matrona governante per via del suo
asino e viene ripreso da Don Quijote. Sancho chiede a doñ a Rodriguez Grijalba, una donna matura al
servizio della famiglia nobile, di occuparsi del suo asino in quanto governante seguendo la scia della
storia di Lancillotto in cui le governanti e le principesse si occupavano del suo ronzino. E per la prima
volta vediamo citati dei versi di un romance che non escono dalla bocca di don Chisciotte ma da quella
di Sancho. Siccome la governante si rifiuta di occuparsi del suo asino sancì approfitta delle sue parole
per alludere oscenamente l'età matura di questa. infatti pronuncia la parola “hija”che significa “fico”
come frutto e “fica” nel doppio senso di gesso di disprezzo effettuato chiudendo il pugno con il pollice
posso tra l'indice e il medio e di vulva. Successivamente sono invitati a mangiare e don Chisciotte
viene invitato a stare a capotavola, Sancho si dilunga in un discorso irriverente che mette a disagio
don Chisciotte in quanto racconta una storia in cui viene messo in cattiva luce chi viene posto a
capotavola, Ma la duchessa viene in soccorso a Don Chisciotte ponendogli domande su dulcinea. Un
severo ecclesiastico che sta a tavola con loro dice a Don Quijote di smetterla con quelle stupidaggini E
cerca di capire chi avesse ficcato nel cervello di essere un Cavaliere errante e che potesse vincere
giganti o catturare malandrini. la risposta di Don Chisciotte a quanto richiestogli dall' ecclesiastico
avviene nel capitolo 32.
CAPITOLO 32: Don Chisciotte si difende con un lungo discorso sulla cavalleria: le sue imprese sono
tutte bene punto il prete chiede conferma sancho sulla sua identità e la prova di sé iniziando a recitare
proverbi: a questo punto il duca promette lo scudiero un'isola da governare. sancho impazzisce dalla
gioia in quanto l'isola era ciò che aveva promesso il suo padrone. finita la cena arrivano delle
cameriere iniziano a insaponare lavare la barba e la faccia di Chisciotte con sapone napoletano, un
sapone aromatico utilizzato soprattutto per lavare la barba, in segno di riverenza dicendo loro che era
consuetudine del luogo. tuttavia, era solo un modo per prenderli in giro. Infatti, mettere le mani in una
barba era insultante in ciò consiste lo scherzo fatto a Don Chisciotte. Sancho nel frattempo si arrabbia
perché non viene riservato lui lo stesso trattamento del padrone e chiede di essere insaponato anche
egli. A questo punto la duchesse Don Chisciotte si ritirano a parlare del sin e appunto mentre Don
Chisciotte dorme la duchessa si intrattiene poi conso, trovando la sua compagna estremamente
divertente punto gli chiede chiarimenti sul suo padrone e Santo lei dice che è pazzo: per esempio
Dulcinea non è altro che una semplice contadina. La duchessa si fa burla delle scudiero e lo convince
che Dulcinea esiste veramente e lui crede le sue parole. A questo punto, dopo aver congelato Sancho si
confronta con il marito per decidere a quali altri scherzi farei due.

CAPITOLO 34-35: Qualche giorno dopo i due ospiti vengono invitati dai duchi ad una battuta di caccia:
dopo essersi accampati per la notte in poste e capanne,rispettivamente luoghi in cui si aspettano gli
animali, nascondi per i cacciatori e territori coperti con la vista da ciascun nascondiglio, inizia a
sentire rumori strani e vedono arrivare i vari carri su cui sopra si trovano molte figure particolari tra
cui anche il diavolo. il carro più grande è trainato da un grande scheletro che si presenta come lo
spirito del grande Merlino, venuto per spiegare come liberarsene e dall’ incantesimo punto per essere
liberata Sancho deve darsi 3300 frustate. Sancho ovviamente non è d'accordo, ma viene convinto dal
duca che gli dice che.se non si fosse frustato non avrebbe ricevuto la sua isola. a questo punto Sancho
accetta. Le burle che si incontreranno da questo capitolo in poi sono impressionanti spettacoli teatrali
che imitano da vicino le feste pubbliche di palazzo: mascherate, tornei, commedia all aria aperta, finte
battaglie, fuochi d'artificio, cavalcate, processione civili e religiosi. tutti comuni nella società europea
del Rinascimento del barocco e frequentissimi nella Spagna dell'epoca. la stessa scena della caccia con
strane peripezie sono un calco di spettacoli reali come le finte battaglie. considerando il modo in cui
sono descritti gli scontri, gli stratagemmi rituali, questa caccia ricorda punto per punto la prassi
contemporanea ed è un chiaro esempio della cura con cui i duchi creano nel proprio ospite l'
impressione di ricevere tutti gli onori dovuti a un Cavaliere errante famoso. nel capitolo 35
proseguono le peripezie di questa battuta di caccia durante la quale Sanchez Don Chisciotte
imbattendosi in queste strane figure nate da carri, vengono a conoscenza del modo di disincantare
dulcinea del toboso. nel capitolo 35 si presenta Merlino con il suo monologo. Merlino è per eccellenza
il mago delle novelle del ciclo di re artù , E dato che gli si attribuiscono caratteristiche demoniache,
nella narrazione di Cervantes gli si attribuiscono innumerevoli visioni e profezie che secondo don
Chisciotte modificano la realtà intorno a lui. Nella messa in scena la figura che interpreta Merlino si
prende gioco di Don Chisciotte e sancho dicendo di essere stato proprio lui il responsabile dell
incantamento di dulcinea in quanto imprigionò l'anima E che l'unico modo per riaverla e che sancho si
dia 3000 colpi e poi 300 con una frusta sono due le chiappe. Raggiunto il numero di colpi poi la
signora dulcinea sarà disincantata improvvisamente e andrò a cercare il buon sancio per ringraziarlo
per premiarlo della sua buona azione. I duchi soddisfatti della messa in scena se ne tornarono al
castello con il proposito di continuare le burle che nessuna verità per quanto ingegnoso avrebbe
potuto dar loro maggior piacere.

CAPITOLO 36-44: Tornate al castello sangio scrive una lettera alla moglie per informarla delle novità e
del fatto che diventerà governatore di un'isola. chiedi alla duchessa di leggere la lettera per
controllare.se sia effettivamente scritta come una lettera governatoriale. La lettera che Santo scrive a
sua moglie è datata 20 luglio. tuttavia la cronologia del Chisciotte inverosimile in quanto la seconda
parte inizia il 23 Aprile e continua in questo momento al 20 luglio tuttavia Don Chisciotte non arriva a
Barcellona il 24 giugno. In realtà l'autore non ha dato molto peso alla consecutio temporum. A questo
punto arriva un uomo che si presenta al duca come Trifaldino Dalla Bianca Barba, Scudiero della
contessa Trifaldi, detta dama tribolata che per colpa degli incantatori è la governante Addolorata, che
ha urgenza di parlare con Don Chisciotte a causa di tematiche cavalleresche. e in realtà un altro
scherzo da parte dei duchi e la donna viene fatta accomodare nella Reggia. La dama entra
accompagnata dal suo scudiero e preceduta da 12 ragazze: cerca subito Don Chisciotte che si dice al
suo completo servizio e i duchi si rallegrarono di vedere con quanta facilità Don Chisciotte stesse
cadendo nella loro trappola. (38-44)La dama inizia a raccontare la storia della principessa
antonomasia, una donna bellissima e ammirata da tutti, innamorata di un Cavaliere, un certo don
Cavicchio, ma che non si potevano sposare a causa del rango inferiore di lui. Il matrimonio avviene
però comunque e la madre della principessa muore dal dolore e suo cugino, il gigante ma l'umbro
decide di vendicarla , trasformando la principessa in una statua di scimmie il Cavaliere in un
coccodrillo lasciando per iscritto che per essere liberati doveva essere sfidato da Don Chisciotte.
inoltre fa crescere alla contessa e alle sue Dame una lunga barba per punizione e per mostrare che la
loro storia era reale le fanciulle si tolgono il velo davanti al volto per mostrarsi. A questo punto la
contessa che del Cavaliere di andare a combattere il gigante per annullare l'incantesimo: sarà lo stesso
ma l'umbro ad inviare un cavallo di legno volante, detto clavileñ o, per raggiungere il regno lontano.
Sancho inizialmente non è convinto ma poi accetta. Di notte Don Chisciotte e Sancho vengono bendati
e fatti salire sul presunto cavallo volante che in realtà non si muove da terra e viene fatto credere loro
di trovarsi in aria dalle Dame che gli fanno aria per poi caldo per far credere loro di avere attraversato
la sfera dei venti e del fuoco. Ad un certo punto il cavallo viene fatto esplodere i due si ritrovano al
punto di partenza, dove però viene detto loro che l'incanto è stato sciolto. Sancho dice che ad un certo
punto si è tolto la benda e ha visto la terra piccolissima e di aver osservato per quasi un'ora la
costellazione delle capre del cielo e tutti ridacchia questa confessione. Finito questo nuovo scherzo, i
duchi devono trovare nuovi modi per prenderli in giro: il duca in forma sancho che il giorno seguente
lo avrebbe condotto all’isola che avrebbe governato e lo prepara dando i vestiti, sia civili che militari.
Sentendo tutto questo, Don Chisciotte prende da parte il suo scudiero per dare alcuni consigli come ad
esempio di non vergognarsi delle sue umili origini di essere virtuoso, compassionevole di non lasciarsi
trascinare dalle passioni punto gli dice anche che non deve essere sciattone, ma sempre pulito e
ordinato virgola che non deve mangiare senza ritegno troppo in fretta: tutte queste nuove regole gli
vengono scritte dallo stesso Cavaliere perché Santo non riesci a tenere tutto a mente. San Chan parte
per la sua isola e viene accompagnato dal maggiordomo De Luca virgola che aveva interpretato la
contessa truffaldina (essendo che la contessa doveva portare una barba secondo quanto ideato nella
burla viene qui interpretata da un uomo); Don Chisciotte ora è solo e la duchessa offre alcune Dame
per fargli compagnia. lui rifiuta categoricamente perché non vuole tradire la sua dulcinea: sotto la sua
finestra però due da me si mettono ad intonare un canto d'amore per lui.

CAPITOLO 45-46: Il capitolo 45 è uno dei più emblematici dell opera. in questo capitolo sancho Panza
si dirige all’isola immaginaria il cui governo è stato concesso dal duca e virgola subito risolve con
saggezza vari casi difficili dovendo sopportare però al tempo stesso la dieta severa imposta i don
Pietro Tiratifuori. l'isola prende il nome di Barataria, il cui nome gli fu dato o perché il borgo si
chiamava barattare o ho per il comodo baratto che l'aveva portato al governo. Ovviamente in
castigliano barato il compenso che si dà a chi fa la spia nei giochi di carte dove il significato è quello di
inganno; come aggettivo invece vale a dire economico o poco caro. Sull'isola viene accolto con grande
affetto: lo portano in chiesa, gli danno le chiavi della città e lo riconoscono subito come governatore.
Inizia subito ad esercitare il suo ruolo quando viene portato in tribunale per discutere di tre casi che
risolve con molta astuzia e intelligenza: il caso del sarto che risolve con grande astuzia in quanto
scopre che l’oggwtto della lite era proprio dentro al bastone, dell’allevatore e della borsa di cuoio e
quello della donna. Nel frattempo Don Chisciotte rimasto nel palazzo dei duchi dove è corteggiato
burlesca mente da alti si Dora e dov'è la governante di ogni Rodriguez gli chiedi aiuto perché le
restituisca l'onore della figlia. I duchi decidono quindi nel capitolo successivo di continuare con gli
scherzi e questa volta utilizzano dei gatti che servivano solo a spaventare Chisciotte ma che in realtà
finiscono per graffiarlo completamente. Infatti mentre Don Chisciotte era alle prese con una viella con
cui stava suonando la melodia di un romance d’amore con assonanza nei versi pari in a-a, da lui stesso
composto per l'occasione, I duchi fanno cadere dall'alto di un corridoio il quale cadeva piomba sulla
grata di Don Chisciotte, un cordone cui erano stati legati oltre 100 campanacci e subito dopo riversare
un sacco di gatti che avevano campanacci più piccoli. il rumore dei campanacci il miagolio dei gatti fu
tale gli stessi duchi, benché fossero ideatori della burla, né bere un soprassalto, mentre il povero Don
Chisciotte rimasi di ghiaccio. attraverso la grata poi due o tre gatti entrare nella stanza di Don
Chisciotte e finirono per graffiarlo. Nella fantasia di Don Chisciotte quegli animali erano una legione di
diavoli e chiede di non togliergli di dosso il gatto che era saltato perché voleva farsi valere con quello
che lui definiva stregone o incantatore. Al termine di questo scherzo gli stessi duchi attesero che Don
Chisciotte si calmasse e poi.se ne andarono angustiati per il brutto risultato di quella burla perché in
realtà non avevano messo in conto che quell’avventura potesse finire in quel modo e che Don
Chisciotte potessi pagarla così cara. Don Chisciotte fu costretto infatti a stare a letto in camera sua per
5 giorni durante i quali vista però anche una nuova avventura. questa avventura come l'autore
afferma alla fine del capitolo non viene però narrata perché ha fretta di tornare a raccontare le
vicende di Sancho mentre governa la sua isola.

CAPITOLO 47: Nell’Isola di Sancho è arrivato il momento del pranzo ma Sancho non è per niente
soddisfatto in quanto vicino a lui è seduto un medico dell’isola, che dice di occuparsi della salute dei
suoi abitanti, che lo obbliga a mangiare cose salutari e non appena inizia a mangiare qualcosa il
medico gliela toglie. Poi arriva una lettera da parte del duca, che gli viene letta dal segretario
biscaglino (baschi=leali ed efficaci) che lo informa di una cospirazione nei suoi confronti. Questa
cospirazione prevede un attacco notturno di quattro persone a lui vicine che erano intenzionate ad
ucciderlo. Il duca consiglia a Sancho di vegliare per non essere colto alla sprovvista.

CAPITOLO 50: In questo capitolo i duchi decidono di mandare una lettera a Teresa Panza in cui le
raccontano le imprese del marito, mandandole inoltre alcuni regali. Quando Teresa la riceve e le viene
letta dal corriere stesso, è estremamente meravigliata di tutto quanto e diffonde rapidamente la voce
che arriva anche le orecchie di Samsung il curato che sono totalmente scioccati. Teresa manda una
risposta al marito e una lettera la duchessa per ringraziarla.

CAPITOLO 51: Sancho è alle prese con i suoi doveri da giudice: si trovano due città divise da un ponte
su cui bisognava dichiarare dove si stava andando appena la forca se si fosse dichiarato il falso punto
un uomo giura di stare attraversando la città perché stava andando alla forca. Dunque i giudici non
sanno cosa fare in quanto Se lo lasciassero andare liberamente vuol dire che quell'uomo aveva giurato
il falso, se non lo avessero lasciato passare e avrebbero acconsentito alla forca avrebbero commesso
un crimine in quanto l'uomo era sincero e quindi l' avrebbero dovuto lasciar passare. Sancho decide di
seguire i consigli dati da Don Chisciotte per risolvere questo caso e decide quindi di essere
misericordioso di lasciarlo andare. in questo capitolo inoltre vi è uno scambio epistolare tra sancho e
Don Chisciotte. la prima lettera è quella di Don Chisciotte a sancho in cui il suo padrone e da altri
consigli per il governo: Gli dice di vestirsi bene in quanto l'aspetto esteriore per un governatore è
importante, i dice di essere educato, di garantire approvvigionamenti abbondanti, non firmare troppo
drammatiche ma assicurarsi che quelle firmate siano rispettate e applicate, chi dice di essere padre
delle virtù e parlano dei vizi, di non essere sempre severo ho sempre indulgente ma scegliere il giusto
mezzo tra i due, gli dice di visitare le carceri le macellerie e le piazze del mercato in quanto nelle
carceri il governatore consola, nella macelleria il governatore è un incubo così come anche per i
venditori ambulanti. infine gli dice di non mostrarsi mai avaro, donnaiolo o mangione, Nella lettera di
Sancho a Don Chisciotte, Sancho confida al suo padrone di star patendo la fame, Di non aver visto
ancora nessun guadagno e di non aver messo in tasca né diritti né bustarelle, di non riuscire a capire
come stanno davvero le cose e di essere accerchiato da persone che volevano attentare alla sua
posizione. Gli dice di star seguendo i suoi consigli e chi racconta infatti di aver visitato le piazze e di
essersi imbattuto in una venditrice ambulante che vendeva nocciole fresche e che aveva mescolato
con delle nocciole vecchie secche e ammuffite. Sancho le ha dunque proibito di presentarsi in piazza
per 15 giorni e il sacco di nocciole l'aveva dato agli orfani che sicuramente sarebbero stati in grado di
distinguere le nocciole fresche da quelle secche. Chiede poi a Don Chisciotte di pagare il porto e
inviargli qualche lettera della moglie per sapere come stava la sua famiglia e infine invoca Dio affinché
potesse liberare Don Chisciotte da incantatori malintenzionati e lui da quel governo perché pensa che
ci rimetterà la vita. Dopo lo scambio epistolare l'autore continua a raccontare le imprese di sancho
nella sua isola seguendo i consigli di Don Chisciotte: “diede ordine di bandire dalla Repubblica tutti
coloro che speculavano sui beni di prima necessità , autorizza l'importazione di vino da qualunque
regione, modera il prezzo di ogni tipo di calzatura, tasso i salari dei domestici e stabili pene gravissime
per chiunque cantasse canti la sciovia sguaiati sia di notte che di giorno, creò e non ho un ufficiale
giudiziario dei poveri il cui compito non era perseguitare i poveri stessi ma accertarne lo stato di
povertà perché all'ombra dello storpiamento simulato della piega falsa si muovono le braccia ladri la
salute ubriaca. insomma detta ordinanza talmente buone che in quel borgo ancora oggi sono
rispettate conosciute come “le costituzioni del gran governatore sancho Panza”.”

CAPITOLO 52: Nella casa dei duchi Don Chisciotte si dice pronto per trovare il figlio del contadino che
aveva ingannato la figlia di doña Rodriguez, il duca si propone di mandare un messaggio al contadino
per far sì che il duello si svolga al palazzo. Poco dopo arrivano le lettere di risposta di Teresa Panza,
quella alla duchessa e quella a Sancho e dice che non vede l'ora di visitare l'isola del marito. Nella
lettera a Sancho invece racconta della sua famiglia, di come sono stati contenti al ricevere la notizia del
suo essere governatore, gli racconta di quanto successo o cambiato in paese e poi gli dice che Sancina
sua figlia sta per sposarsi e sta lavorando per prepararsi la dote, ma la moglie dice a Sancho che ora
che è governatore gliela darà lui.

CAPITOLO 53: è notte e sancho viene svegliato gli viene detto di armarsi perché stavano invadendo
l'isola: si lascia al mare poi in battaglia, contro il finto nemico ho mandato dai duchi punto una volta in
battaglia viene pestato e malridotto tanto da svenire punto una volta ripreso si dice che lui non era
nato per governare e decide di lasciare l'isola.

CAPITOLO 59: Sancho e Don Chisciotte si fermano a riposarsi in una locanda, ritorna il cronotopo, il
Cavaliere sente nella stanza accanto stanno parlando del secondo libro delle avventure di Don
Chisciotte scritto da un certo Avellaneda. Si tratta del volume intitolato “Segundo tomo del ingenioso
hidalgo don Quijote de la Mancha, que contiene su tercera salida y es la uinta parte de sus aventuras”.
Ritorna qui la metà finzione con la quale l'autore dialoga con il Chisciotte apocrifo di Avellaneda e
mentre nel prologo non aveva messo parola sul fatto che un altro autore avesse continuato la sua
storia e qui che inserisce le critiche deresponsabilizzandosi in quanto inserisci il suo pensiero nelle
parole dello stesso Don Chisciotte e di chi è intorno a lui, in questo caso dei due cavalieri che si
imbattono nel libro. Infatti questo libro si dice sia pieno di sciocchezze, tra cui il disinnamoramento di
Don Chisciotte per la sua amata. Nella continuazione apocrifa di Avellaneda Don Chisciotte e respinto
dalla sua amata e decide quindi di chiamarsi “il Cavaliere disamorato”. Ci sono altri fatti sbagliati come
ad esempio il nome della moglie di Sancho che in questo libro viene chiamata Maria Gutierrez. Nel
Chisciotte autentico la moglie di Sancho riceve differenti nomi, mentre nel Chisciotte apocrifo si
chiama solo Maria Gutierrez. Nel frattempo l'autore nella metà funzione di questo romanzo inserisce
anche la pubblicazione della seconda parte del Chisciotte pubblicata da lui stesso ed è quella di cui lo
stesso Don Chisciotte è a conoscenza. infatti quando il Cavaliere mette nelle mani di Don Chisciotte
questo libro dice che nel poco che ha letto ha già trovato su questo autore tre cose degno di biasimo di
cui una di queste sono le parole del prologo. Miguel de Cervantes allude probabilmente alle offese
personali che lui stesso aveva inserito nel prologo della seconda parte. Chisciotte elenca le cose degne
di biasimo e dunque oltre a questa vi è il fatto che il Chisciotte apocrifo è stato scritto in aragonese e
che si sia allontanato troppo dalla realtà . In realtà l' autore del Chisciotte apocrifo si presenta come
nativo di Tordesillas (Valladolid) ma Miguel Cervantes si insiste nel definirlo aragonese. I due uomini
don Geronimo e don Giovanni riconoscono Don Chisciotte e lo invitano a mangiare con loro chiedendo
notizie vere sulle loro avventure. Scoprono che i falsi Don Chisciotte e Sancio, di cui vi erano anche
descrizioni diverse da parte di Avellaneda, erano già andati a Saragozza e quindi per smentire l’
apocrifo decidono di non andarci più e si dirigono verso Barcellona. Questa scelta viene riposta
dall'autore nei pensieri di Don Chisciotte, tuttavia è possibile definire che fu una scelta dello stesso
autore che voleva bugiardare il Chisciotte apocrifo di Avellaneda. Barcellona era famosa per le giostre
cavalleresche, come quella della festa di San Giorgio, e Don Chisciotte decide di poter mostrare il
proprio valore proprio lì e che dunque non era necessario recarsi a Saragozza.

CAPITOLO 60: Sancho e Don Chisciotte si mettono in cammino fermano in una foresta e Don Chisciotte
intenzionato a far frustare Sancho per fare sparire l' incantesimo su la sua amata ma Sancho non
vuole. Dopo una lunga dormita al mattino vengono circondati da 40 banditi che li derubano. Durante il
regno di Filippo secondo Filippo terzo il problema principale della Catalogna furono i gruppi di
briganti che assaltavano cammini paesi e case rurali, dividendo in fazioni l'intera società del
Principato punto il brigantaggio nasceva da rivalità personali e locali e dell' antagonismo tra città e
campagna. la severità stessa della repressione, della quale Cervantes offre qui una testimonianza
espressiva, contribuiva a mantenerlo in vita. Successivamente però arriva il capo Roque Guinart
(ispirato al personaggio storico Perot Roca Guinart, nato nel 1582 e signore del territorio vicino
Barcellona, Cervantes lo dipinge già ne “La cueva di Salamanca” come un uomo gentile e caritatevole)
che conosce la fama del Cavaliere e quindi far restituire tutti i suoi uomini. Dopo poco arriva una
ragazza che chiede al capo di farla fuggire perché aveva scoperto che il suo promesso sposo era stato
infedele quindi aveva sparato. Vanno tutti dal giovane morente che dice di non averla mai tradita. Per
penitenza personale decide di chiudersi in convento. i ladri che erano con Rocco e iniziano a derubare
i vari passanti, ma vedendo i loro volti tristi decidono di restituire la maggior parte del bottino. Ora
sancho e Don Chisciotte sono liberi di proseguire per Barcellona.

CAPITOLO 62: Sancho e Don Chisciotte passano alcuni giorni a casa di don Antonio, il primo giorno
mostra l'oro in una stanza segreta una statua che risponde alle domande che gli vengono poste.
Promette di fargliela provare l' indomani. nel pomeriggio i tre vanno a fare una passeggiata e tutti
riconoscono i Don Chisciotte il grande Cavaliere anche perché gli avevano messo sulla schiena un
cartello che diceva “questo è Don Chisciotte della mancia”. Il giorno di San Giovanni si organizzava a
Barcellona una famosa cavalcata. Qui tutti lo riconoscono e lo acclamano per le sue imprese. A questo
punto don Antonio prepara lo scherzo della statua che inizia a rispondere alle domande che gli
vengono poste. L'esistenza di teste parlanti contenenti meccanismi analoghi a quelli descritti da
Cervantes e nota attraverso diversi riferimenti che risalgono al medioevo: numerosi iniziano a porre
domande alla statua, nella quale si era nascosto un ragazzo che ne faceva la voce e quando arriva il
turno di Don Chisciotte egli solo chiede di sapere se Dulcinea verrà disincantata e la statua risponde
che a sua tempo sarà disincantata quando a suo tempo Sancho completerà le sue frustrate. Pochi gior
ni dopo Don Chisciotte entra in una tipografia e vede diverse opere in stampa, tra cui alcune opere
toscane come “Le bagattelle” e altre “Pastor fido”, una tragicommedia di Battista Guarini del 1589
tradotta da Cristobal Suarez nel 1602, poi si cita l’Aminta di Tasso del 1573 e la sua traduzione di Juan
de Jauregui del 1607. Poi vede che stavano correggendo il libro di Avellaneda che fu pubblicato a
Barcellona nella bottega di Sebastian de Cormellas che era solito pubblicare le opere letterarie di
maggior successo. Chisciotte lo critica nuovamente perché era totalmente falso.

CAPITOLO 64: Don Chisciotte esce Di casa e durante una passeggiata incontra un Cavaliere che lo sfida
ad ammettere che la Sua donna è la più bella oppure a combattere : se Don Chisciotte viene sconfitto
deve ritirarsi dalle armi per almeno un anno e tornare a casa. Il duello avviene davanti al vicerè vado a
Chisciotte viene sconfitto. il Cavaliere che l'ha sfidato è in realtà il Cavaliere della bianca luna, ossia
Sanson Carrasco, personaggio che già appare all'inizio della seconda parte ed è colui che porta la
notizia Don Chisciotte che un tale ha pubblicato il racconto delle sue avventure. l'autore con questo
nella metà finzione fa riferimento dunque alla prima parte del Chisciotte.

CAPITOLO 65: don Antonio Moreno sapeva che in realtà il Cavaliere era Samsung carrasco e che la sua
idea era quella di far tornare a casa Don Chisciotte per curare la sua follia. Samsung carrasco aveva
infatti ideato questo piano in quanto convinto che avrebbe sconfitto Don Chisciotte aveva posto come
condizione del duello il ritorno a casa di Don Chisciotte se questi fosse stato sconfitto. tuttavia nel
primo duello Don Chisciotte vince e dunque la clausola non è più valida. carrasco decide di sfidare
nuovamente Don Chisciotte a duello; in questo secondo Don Chisciotte nece sconfitto e dunque
costretto a tornare a casa. carrasco sapeva che Don Chisciotte essendo molto fedele ai principi della
cavalleria avrebbe rispettato l'ordine. l'ordine prevedeva che Don Chisciotte dovesse rimanere a casa
per un anno. sancho cerca di convincere Don Chisciotte a lasciar perdere con la cavalleria ma
Chisciotte dice che dovrà restare a casa solo un anno e che dopo un anno ritornerà a compiere le sue
avventure. uscendo vinti Don Chisciotte sancho avanza sono comunque diretti a casa: Don Chisciotte
EA cavallo mentre San cioè a piedi perché il suo asino e carico delle armi. Durante il viaggio di ritorno
a casa incontrano il lachete asilo, attraverso il Prato dell'arcadia e sono calpestati da maiali. una notte
sono fermati da vari uomini a cavallo armati di lance poi condotti al palazzo dei duchi assistono a una
rappresentazione mitologica della morte per amore di alti si Dora, che resusciterà poco dopo per
porre fine alla burla. i duchi spiegano che aspettavano l'arrivo di Don Chisciotte e sancho perché erano
stati avvisati da Samsung carrasco.

CAPITOLO 72-73: sulla strada del borgo, Si imbattono in un osteria che lo stesso Don Chisciotte
riconosce come tale e non più come un castello, questo è il primo segno del fatto che Don Chisciotte
sta recuperando il senno. Qui incontrano Don Alvaro Tarfe, personaggio del Chisciotte di Avellaneda,
Chisciotte lo sfida e lo intima a riconoscere Sancho come i veri protagonisti del Chisciotte e non
riconoscerli come i protagonisti del don Chisciotte apocrifo. Qui vi è dunque l’intertestualità , il dialogo
dell’opera di Cervantes con quella di Avellaneda tendendo dei tranelli e che mostra la geniale battaglia
letteraria di Cervantes contro Avellaneda. Don alvaro infine si convince e firmando un certificazizone
certifica che gli autentici Don Chisciotte e Sancho Panza sono loro e non quelli del Chisciotte apocrifo.
Poi sulla strada incontrano di nuovo carrasco e il curato che sono molto contenti del loro ritorno.
tornate a casa San giova subito dalla moglie portarle i soldi, mentre Don Chisciotte va dalla nipote e
dalla governante e lo informa che dovrà restare a casa per un anno e che il prossimo anno vorrei fare
il pastore. Quando entrano nel borgo però sono accompagnati da segni del malaugurio e infatti Viene
colto da una forte febbre che lo fa svenire. La febbre e il sonno profondo si consideravano inizio del
recupero della salute mentale

CAPITOLO 74: quando il medico arriva a casa del Cavaliere dice che sarebbe meglio se si fosse
confessato perché non gli rimane molto da vivere: Don Chisciotte chiama a raccolta tutti i suoi amici e
dice che era consapevole di tutti i pericoli in cui si cacciava, ma ora era guarito ed era nuovamente
Alonso Quijano. Dunque recupera il senno e con esso la propria identità di Alonso Chisciano il Buono e
muore da cristiano esemplare. Cercano però tutti di incoraggiarlo dicendo che la sua amata sarebbe
stata disincantata e cose del genere ma lui non vuole più essere preso in giro. Al termine del romanzo
Don Chisciotte non muore tale ma muore da Alonso, ossia da quell’hidalgo affezionato alla caccia e alla
lettura che appare nelle prime righe della prima parte; rinsavisce e si rende conto che tutto quello che
aveva vissuto era stata solamente una favola e che niente era stato vero e che i cavalieri erranti non
erano mai esistiti. Mentre nella prima parte don Chisciotte va in cerca di questo mondo cavalleresco nella
seconda parte è il mondo cavalleresco che si presenta a lui. La parabola di Chisciotte e Sancho è inversa:
Chisciotte dalla follia rinsavisce mentre Sancho impazzisce e non accettando la morte di Chisciotte lo incita
a resistere e a mettersi in cerca di nuove avventure. Sancho si è chisciottizzato mentre Chisciotte si è
Sanchizzato. Sul letto di morte circondato da l'affetto della nipote, della governante, di Sancho e dei
suoi amici il curato e il barbiere, si confessa e fa il testamento con cui lascia tutto alla nipote a patto
che si fosse sposata con qualcuno che conoscesse i libri di cavalleria; Elimina tutti i debiti di sancho E
quella del annullare i debiti contratti era una parte importante dei testamenti (generalmente si
eliminavano i debiti contratti con la servitù ); Critica ancora una volta l'autore che ha composto il
Chisciotte apocrifo e dice i suoi amici che semmai lo incontrassero gli avrebbero dovuto chiedere
perdono da parte sua per avergli dato tanto da scrivere. Don Chisciotte muore e l'autore dice di
risparmiare tutti gli epitaffi per la sepoltura tranne quello di Carrasco. poi conclude il racconto Cide
Hamete dicendo che la storia non può più essere ripresa da nessuno e che il suo desiderio con questa
storia era quello di mostrare le falsità e le stramberie delle favole cavalleresche. L'autore in realtà
decide di far morire Don Chisciotte per far sì che nessuno possa continuare le sue avventure.
Avellaneda nel suo testo apocrifo alludeva a una possibile continuazione delle avventure di Chisciotte
a termine del capitolo troviamo un altro elemento di metà finzione: Benenjeli, ossia la voce di
Cervantes che “appendere la penna alla mestoliera” immagine che ci fa capire che l'autore ha concluso
la storia. Infine dice che lui e Don Chisciotte sono uno in quanto Don Chisciotte ha saputo agire e lui ha
saputo scrivere le gesta di questo ardito Cavaliere.

Potrebbero piacerti anche