Si indichino gli eventi storici reali ripresi nel romanzo “La Certosa di Parma” e si rifletta sulla loro rappresentazione da parte dell’autore.
La Certosa di Parma è un romanzo composto da Stendhal fra il 4 novembre e il 26
dicembre 1838, durante una volontaria reclusione di 52 giorni, con il Granducato di Parma che fa da sfondo. Il protagonista principale è Fabrizio, il quale instaura un rapporto speciale con la zia, la contessa Gina Pietranera, sposata con un generale italiano partigiano dei francesi. Durante le guerre napoleoniche il marchese Del Dongo e il figlio Ascanio svolgono attività spionistica per conto dell’Austria e, quando nel 1814 l’Impero d’Austria prende il controllo dell’alta Italia, sono ricompensati con ricchezze e onori. Fabrizio trova invece nell’abate Blanès una sorta di padre putativo che sviluppa in lui una fascinazione per la figura di Napoleone. Nel 1815, con il ritorno di Napoleone in Francia, Fabrizio decide di mettersi al suo servizio e attraversa numerose peripezie per raggiungere l’esercito francese schierato nel Belgio nel quadro della campagna dei Cento giorni. Fabrizio giunge in tempo per la battaglia di Waterloo che vive in modo estremamente confuso, rimanendo disgustato nel vedere che la guerra reale è molto diversa dalle gesta eroiche dei paladini della letteratura medievale e rinascimentale che tanto ama. Proprio a causa del suo bonapartismo dovuto al desiderio della gloria delle armi, Fabrizio fu cacciato dalla casa paterna e, non potendo proseguire la carriera militare, si dedicò alla carriera ecclesiastica, divenendo coadiutore dell’arcivescovo Landriani. L’autore ha modellato gli eventi e le dinamiche narrate all’interno del romanzo sulle proprie esperienze personali: anche Stendhal aveva infatti il culto della gloria militare che caratterizzava Fabrizio Del Dongo, come lui si arruolò in un’unità di cavalleria (ussari per Del Dongo, dragoni per Stendhal) e a 17 anni giunse per la prima volta in Italia, la stessa età in cui Fabrizio Del Dongo fugge dalle sue proprietà per raggiungere l’esercito francese concentrato in Belgio. L’opera si rivelò perfettamente in consonanza con la sensibilità letteraria dell’epoca romantica, con il suo scontro tra reazione e rivoluzione, uno dei temi chiave di tutta la poetica di Stendhal. L’autore trattò infatti questa dinamica sia ne Il rosso e il nero (con riferimento al periodo della Restaurazione), sia in Lucien Leuwen (con riferimento alla monarchia di Luigi Filippo), declinandola ne La Certosa di Parma con specifico riferimento ai Governi restaurati in Italia con il Congresso di Vienna. Voce Stendhal (Enciclopedia Treccani) Stendhal, pseudonimo dello scrittore francese Henri Beyle, ebbe una formazione spirituale di stampo illuministico. Si impiegò presso il Ministero della guerra, ciò che lo trasse al seguito dell'esercito napoleonico in Italia nel 1800 e in Russia nel 1812. Dopo la caduta di Napoleone, dal 1814 al 1821 (sette anni ch'egli definì "la fleur de ma vie") si stabilì a Milano, che considerò sua patria d'adozione, dove iniziò la sua opera di scrittore. Rome, Naples et Florence fu il primo libro pubblicato col nome di Stendhal, nel 1817. Nel 1827 venne pubblicato il suo primo romanzo, Armance, seguito da Vanina Vanini (1829) e da Il rosso e il nero (1830). Sotto la monarchia di Luigi Filippo fu nominato console a Trieste, passando poi al consolato di Civitavecchia, e si dedicò alla scrittura. A questo periodo risalgono i Ricordi d’egotismo (1832), Lucien Leuwen (iniziato nel 1834), Vita di Henri Brulard (interrotta nel 1836), Vittoria Accoramboni e I Cenci (1837), La duchessa di Palliano, Memorie di un turista (1838), La badessa di Castro e La Certosa di Parma (1839). Per ragioni di salute lasciò il consolato di Civitavecchia e rientrò a Parigi dove morì il 22 marzo 1842. Postumi furono pubblicati il Diario (1801-1823), il frammento di romanzo Il rosa e il verde (1837), la Vita di Napoleone (1838) e il romanzo incompiuto Lamiel (1839-1842).
In questa breve lettura – tratta da STENDHAL (M.-H. BEYLE), La Certosa di
Parma, Garzanti, 1986 (pp. 30-4) – Fabrizio Del Dongo raggiunge il campo di battaglia di Waterloo e viene istruito da una vivandiera (un’ausiliaria al seguito delle truppe) sul comportamento che deve tenere per sopravvivere in guerra. Il giorno prima della battaglia di Waterloo, piovendo a dirotto, Fabrizio chiese alloggio in una casa di contadini e passò la notte nella stalla. Il giorno dopo, giorno dell’inizio della battaglia di Waterloo, di mattina presto, si incamminò con un cavallo, che non riusciva nemmeno a superare la carretta di una vivandiera che aveva incontrato e alla quale aveva chiesto dove fosse il suo reggimento, il 4° Ussari. Era felice di sentir parlare la vivandiera, alla quale finì per dirle tutto, tranne il suo vero nome e la storia della prigione. Conversarono fino a quando la vivandiera non gli disse di prendere un altro cavallo e di andare a mangiare qualcosa, consiglio che Fabrizio accettò di buon grado. La donna le faceva le prediche e gli disse, nonostante la volontà e la voglia di Fabrizio di combattere, di andare con lei al 6°, reggimento famoso presso il quale avrebbe potuto combattere lo stesso.