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1 Distribuzioni su Ω (Aperto di Rk )

2 appunti elaborati dal Corso di Analis Funzionale di Renato Fiorenza [2, page 149]

3 Antonio Orlando

4 Contents
5 1 Distribuzioni 1
6 1.1 La distribuzione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

7 2 Derivate nel senso delle distribuzioni 11


8 2.1 Derivata di una distribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
9 2.2 Soluzioni classiche, deboli, e nel senso delle distribuzioni di una equazione differenziale 14
10 2.3 Osservazione sulla distribuzione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

11 A Elementi di Teoria della Misura e di Integrazione secondo Lebesgue 20

12 B Continuitá negli spazi metrici e normati 22

13 1 Distribuzioni
14 I funzionali lineari definiti nello spazio C0∞ (Ω) [2, es. 17, page 58 & es. 11 page 102] ed ivi
15 continui si chiamano distribuzioni su Ω (perció lo spazio C0∞ (Ω) si suole denotare anche con
16 D(Ω)).

17 Remark 1.1. Per la definizione dello spazio C0∞ (Ω), della sua topologia naturale, e proprietá vedi
18 Appendice ??.

19 Definition 1.1. Sia Ω un aperto di Rn e considera lo spazio vettoriale topologico C0∞ (Ω) dotato
20 con la sua topologia naturale. I funzionali lineari e continui in C0∞ (Ω) si chiamano distribuzioni su
21 Ω.

22 Remark 1.2. L’insieme delle distribuzioni su Ω é dunque il duale topologico di C0∞ (Ω), che si
23 indica con (C0∞ (Ω))∗ o anche con D∗ (Ω). Ricordiamo che il duale topologico di C0∞ (Ω) é lo spazio
24 vettoriale dei funzionali lineari e continui definiti in C0∞ (Ω). Con questa precisazione, si intende che
25 stiamo considerando il caso che i funzionali siano reali, cioé stiamo considerando il caso dellos pazio
26 C0∞ (Ω; R) e T : C0∞ (Ω; R) → R lineare e continuo. Altrimenti, il duale topologico di C0∞ (Ω; C) é dato
27 dallo spazio vettoriale dei complessi coniugati dei funzionali lineari e continui definiti in C0∞ (Ω; C).

28 Siccome C0∞ (Ω) non é uno spazio normato, la continuitá di un funzionale lineare u(x) definito per
29 x ∈ C0∞ (Ω) non si puó stabilire mediante un’opportuna maggiorazione di |u(x)| como applicazione
30 del Teorema B.3 (vedi anche [2, page 138]).
31 Poiché C0∞ (Ω) non é neppure uno spazio metrizzabile, non si puó applicare il Teorema B.1 (vedi
32 anche [2, page 110]) per asserire che la continuitá di u equivale alla continuitá "per successioni".

1
33 Nel predetto teorema, peraltro, l’ipotesi "spazio metrico" non é necessaria per la validitá della
34 tesi: basta un’ipotesi piú generale (che qui non é il caso di formulare), ma neppure tale ipotesi
35 é verificata dallo spazio C0∞ (Ω). Tuttavia si dimostra che la continuitá di un funzionale lineare
36 definito in C0∞ (Ω) equivale alla continuitá per successioni, cioé sussiste il seguente Teorema.

37 Theorem 1.1. Sia C0∞ (Ω) lo spazio vettoriale topologico delle funzioni indefinitamente differenzia-
38 bili e supporto compatto in Ω, dotato con la sua topologia naturale e T : C0∞ (Ω) → R un funzionale
39 lineare definito in C0∞ (Ω). Il funzionale T é continuo se e solo se T é continuo per successioni.

40 Remark 1.3. Si tratta dunque di far vedere, una volta detto che la continuitá di questo funzionale
41 lineare puó essere accertata attraverso la continuitá per successioni, che fissato che sia φ0 ∈ C0∞ (Ω)
42 e detta (φn )n∈N una fissata che sia successione di punti di C0∞ (Ω) convergente a φ0 in C0∞ (Ω)
43 (quindi é dato φ0 ∈ C0∞ (Ω) e poi (φn )n∈N indica una qualsiasi successione di punti di C0∞ (Ω) tale


44 che lim φn = φ0 in C0 (Ω)), si abbia che anche la successione numerica T (φn ) n∈N é convergente
45 e ha per limite T (φ0 ). Pertanto, definito il funzionale T = T (φ) con ϕ ∈ C0∞ (Ω) si tratta di far
46 vedere che risulta lineare e che nelle condizioni predette, risulti lim T (φn ) = T (φ0 ) in R. Ossia
47 si tratta di constatare che fissato che sia ε > 0, there exists ν ∈ N tale che per n > ν risulta
48 |T (φn ) − T (φ0 )| < ε. Pertanto si parte dal considerare |T (φn ) − T (φ0 )| con φn → φ0 in C0∞ (Ω), e
49 dobbiamo mostrare che |T (φn ) − T (φ0 )| risulta definitivamente minore di ε. Premettiamo che cosa
50 significhi che la successione (φn )n∈N sia tale che lim φn = φ0 in C0∞ (Ω). Vuol dire che esiste un
51 compatto A ⊂ Ω tale che si abbia sprt φn ⊆ A ∀n ∈ N, e sprt φ0 ⊆ A, ció dunque significa che in
52 Ω \ A, φn and φ0 risultano identicamente nulle, e inoltre che risulta

53 lim φn = φ0 in C ∞ (A)
n

54 o che é lo stesso in C ∞ (Ω), e penso che sia meglio dire in C ∞ (Ω) dato che nessuno mi dice che
55 l’insieme compatto A sia un dominio cioé uno pseudominio chiuso in modo da poter dar significato
56 a C ∞ (A).

57 Ora diamo esempi di funzionali lineari definiti nello spazio C0∞ (Ω), per i quali occorrerá mostrare
58 che risultano continui "per successioni".
59 Dimostriamo il seguente risultato.

60 Theorem 1.2. Fissato un elemento z dello spazio L1loc (Ω; R) [2, es. 17, page 58], il funzionale
61 lineare Z

62 Tz : φ ∈ C0 (Ω) → z(t)φ(t) dt (1.1)

63 é continuo, e quindi é una distribuzione su Ω.

64 Proof. Si tratta di far vedere che, se (φn )n∈N é una qualunque successione convergente di elementi
65 di C0∞ (Ω), detto φ0 il suo limite, cioé supposto che sia

66 lim φn = φ0 in C0∞ (Ω) (1.2)

67 risulta:
68 lim T (φn ) = T (φ0 ) , (1.3)
69 ossia Z
 
70 lim z(t) φn (t) − φ0 (t) dt = 0 . (1.4)

71

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72 Definition 1.2. Si dice che la distribuzione T su Ω (che é un funzionale nella variabile φ ∈ C0∞ (Ω))
73 é positiva quando T (φ) ≥ 0, ∀φ ≥ 0, φ ∈ C0∞ (Ω).

74 Si dimostra che

75 Theorem 1.3. La distribuzione Tz é identicamente nulla se e solo se risulta z(t) = 0 quasi ovunque
76 (q.o.) in Ω, ed é positiva se e solo se risulta z(t) ≥ 0 q.o. in Ω.

Theorema 1.3 afferma dunque che sussitono le seguenti equivalenze, dui cui omettiamo la di-
mostrazione:
Z
z(t)φ(t) dt = 0 ∀φ ∈ C0∞ (Ω) ⇐⇒ z(t) = 0 q.o. in Ω (1.5)

(z ∈ L1loc (Ω))
Z
z(t)φ(t) dt ≥ 0 ∀φ ≥ 0, φ ∈ C0∞ (Ω) ⇐⇒ z(t) ≥ 0 q.o. in Ω (1.6)

77 In virtú delle (1.5) e (1.6), per ogni z ∈ L1loc (Ω) la distribuzione Tz si suole identificare con z.
78 Si dimostra che tra L1loc (Ω) e le distribuzioni su Ω del tipo (1.1) si puó stabilire un isomorfismo
79 algebrico. Con tale identificazione si puó dire, pertanto, che gli elementi di L1loc (Ω) sono particolari
80 distribuzioni, e che le distribuzioni del tipo Tz sono funzioni (generalizate): é in questo senso che il
81 concetto di distribuzione generalizza quello di funzione.

82 Remark 1.4. Se si considera la corrispondenza A : L1loc (Ω) → STz , che ad ogni z ∈ L1loc (Ω) associa
83 la distribuzione Tz definita da (1.1), si tratta di un operatore lineare che é un isomorfismo algebrico
84 di L1loc (Ω) su STz ⊂ D∗ , in quanto il nucleo dell’operatore lineare A é costituito solo da z(t) = 0 per
85 la proprietá (1.5). L’isomorfismo tra i due spazi é illustrato in Figura 1.

Figure 1 Identificazione delle distribuzioni Tz con le funzioni di L1loc (Ω).

86 Il ragionamento esposto a proposito della (1.1) prova che anche il funzionale lineare definito in
87 C00 (Ω) Z
0
88 Fz : φ ∈ C0 (Ω) → z(t)φ(t) dt , (1.7)

89 é continuo1 .
90 Siccome C0∞ (Ω) é un sottospazio di C00 (Ω), e in ciascun punto di C0∞ (Ω) i funzionali Fz , Tz
91 assumono lo stesso valore, il funzionale Fz (che non é una distribuzione) é un prolungamento su
92 C00 (Ω) della distribuzione Tz .
1
Anche per i funzionali lineari definiti in C00 (Ω) la continuitá equivale alla continuitá per successioni.

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93 Remark 1.5. Nel definire il prolungamento di Tz su C00 (Ω), si considera C0∞ (Ω) sottospazio vet-
94 troiale topologico di C00 (Ω). Osserva che con le rispettive topologie naturali, se risulta φn → φ0 in
95 C0∞ (Ω), risulta anche φn → φ0 in C00 (Ω), mentre non é vero il viceversa.

96 Una distribuzione su Ω si puó anche ottenere fissando una misura µ in LΩ 2 che puó anche
97 assumere il valore +∞ ma che assuma valore finito in ogni compatto contenuto in Ω3 .
98 Infatti, fissata una tale µ, il funzionale lineare
Z

99 Tµ : φ ∈ C0 (Ω) → φ dµ (1.8)

100 é continuo4 .

101 Proof. La dimostrazione é del tutto analoga a quella esposta per la (1.1): formalmente si deduce da
102 quest’ultima sostituendo negli integrali che vi figurano z(t) dt con dµ, e intendendo h = 1+µ(A).

103 Remark 1.6. L’integrale (1.8) é ben definito, cioé indica un numero reale ben preciso essendo φ
104 sommabile in Ω rispetto a µ come menzionato nella nota 4 a pié di pagina.

105 Il ragionamento ora accennato prova che anche il funzionale lineare


Z
0
106 Fµ : φ ∈ C0 (Ω) → φ dµ (1.9)

107 é continuo. Pertanto la distribuzione Fµ , come la Tz , é prolungabile per continuitá su C00 (Ω).
108 Le distribuzioni prolungabili per continuitá su C00 (Ω) si chiamano misure su Ω, perché cosí si
109 chiamano i funzionali lineari definiti nello spazio C00 (Ω) ed ivi continui: sul motivo di tale denomi-
110 nazione non ci sembra il caso soffermarci5 .

111 Definition 1.3. Sia C00 (Ω) lo spazio vettoriale topologico delle funzioni continue con supporto com-
112 patto in Ω con la sua topologia naturale. I funzionali lineari definiti nello spazio C00 (Ω) ed ivi
113 continui per successioni, si chiamano misure su Ω.
R
114 Notiamo che la distribuzione (1.1), Tz (φ) = Ω z(t)φ(t) dt, se si sceglie z ≥ 0 q.o. in Ω e
115 localmente sommabile in Ω, cioé z ∈ L1loc (Ω), é del tipo (1.8) con dµ = z(t) dt [2, Sec 7, page
45], con µ(X) = X z(t) dt, X ∈ LΩ che é una misura su Ω se z ∈ L1loc (Ω), z ≥ 0. Viceversa,
R
116

117 data una distribuzione del tipo (1.8) con µ finita in ogni compatto misurabile contenuto in Ω, se
118 la misura µ é assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue6 , allora la distribuzione Tµ
2
Vedi [2, Sec. 6, page 44]. Con LΩ denotiamo l’insieme delle parti di Ω misurabili secondo Lebesgue.
3
Cioé possono esistere insiemi X ∈ LΩ tali che µ(X) = ∞, ma per ogni compatto A ⊂ Ω si abbia µ(X) ̸= ∞.
4
Per il significato dell’integrale, vedi [2, Sec. 7, page 45]. La sommabilitá di una funzione φ rispetto a µ dipende
naturalmente da µ, ma si dimostra che se φ é continua e a supporto compatto in Ω, i.e. φ ∈ C00 (Ω), la φ é sommabile
rispetto ad una qualsiasi misura µ che assuma valore finito sui compatti contenuti in Ω. Difatti, se φ é continua
e a supporto compatto in Ω, allora in sprt φ la funzione φ é continua,R e quindi é misurabile, inoltre é ivi limitata.
Nell’insieme sprt φ, che é di misura µ finita, risulta pertanto definito sprt φ φ dµ, poiché in Ω \ sprt φ la funzione φ
éR identicamente R nulla, allora la funzione φ é sommabile anche in Ω \ sprt φ e quindi é sommabile in Ω e si ha che
sprt φ
φ dµ = Ω φ dµ.
5
Le predette misure si distinuono dalle "misure µ in LΩ " per la locuzione "su Ω". Peraltro le "misure su Ω" si
possono identificare con le "misure µ in LΩ " che godono di certe proprietá.
6
Ossia tale che, detta µL la misura di Lebesgue, per X ∈ LΩ sussiste l’implicazione

µL (X) = 0 ⇒ µ(X) = 0 .

4
119 é solo apparentemente di tipo diverso dalla Tz , perché, siccome per ipotesi abbiamo detto che nel
120 definire Tµ la misura µ deve assumere valore finito sui compatti, allora in virtú del Teorema di
121 Radon–Nikodyn [2, page 45], esiste una funzione θ(t) ≥ 0, sommabile in Ω7 , tale da risultare
Z Z
122 f dµ = f (t)θ(t) dt 8 (1.10)
X X

123 qualunque sia X ∈ LΩ ed f sommabile in X rispetto a µ.

124 Remark 1.7. La (1.10) vale quindi in particolare per f ∈ C0∞ (Ω) avendo osservato nella nota 4 a
125 pié di pagina, che se f ∈ C0∞ (Ω) allora la funzione f é sommabile in X rispetto a µ.

126 Remark 1.8. Siccome θ(t) ≥ 0 é sommabile in Ω, θ(t) risulta anche localmente sommabile e quindi
127 l’integrale alla destra di (1.10) é del tipo (1.1).

128 Per la (1.10), gli integrali rispetto alla misura µ si possono esprimere come integrali di Lebesgue
129 sostituendo formalmente dµ con θ(t) dt. Pertando, se µ é assolutamente continua rispetto alla
130 misura di Lebesgue, la distribuzione Tµ definita in (1.8) non é altro che la Tz definita in (1.1) con
131 z uguale alla densitá della misura µ.

132 Remark 1.9. In [2, pag. 45], il Teorema di Nikodyn é stato enunciato riferendosi ad una misura µ
133 definita in LRn come segue: Se la misura µ in LRn assume valore finito sugli insiemi compatti ed é
134 assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue, allora esiste una funzione θ(t) definita q.o.
135 in Rn , non negativa e localmente sommabile in Rn , con riferimento alla quale si ha che qualunque
136 siano X misurabile ed f misurabile in X, si ha che f é sommabile con rispetto a µ se e solo se il
137 prodotto f θ é sommabile in X rispetto a Lebesgue, e risulta valida la (1.10).
138 Pertanto, se il teorema vale anche se µ, anzicché essere una misura in LRn , é una misura in
139 LΩ , allora questa funzione θ(t), di cui é garantita l’esistenza, é localmente sommabile in Ω e non
140 sommabile in Ω, come invece é affermato nelle note di Fiorenza quando si é invocato questo teorema.

141 In virtú della identificazione precisata dopo la (1.5) e (1.6), si puó dire che se µ é assoluta-
142 mente continua rispetto alla misura di Lebesgue, dato che vale la (1.10), in questo caso allora la
143 distribuzione Tµ é una funzione (in quanto si identifica con la densitá di µ).
144 É allora naturale domandarsi se esistono distribuzioni del tipo Tµ che non siano del tipo Tz :
145 la risposta é affermativa, e un esempio in proposito é fornito dalle "distribuzioni di Dirac", che
146 vedremo nella successiva sezione.
147 É facile poi constatare che esistono distribuzioni su Ω che non sono del tipo Tµ né del tipo Tz .
148 Ad esempio, supposto per semplicitá Ω ⊆ R, il funzionale lineare

149 T : φ ∈ C0∞ (Ω) → φ′ (0) (1.11)

150 é ovviamente continuo, quindi é una distribuzione su Ω, ma non esiste alcuna misura µ tale che
151 T = Tµ . Basta osservare che la Tµ é positiva, ossia verifica per φ ∈ C0∞ (Ω) la implicazione

152 φ ≥ 0 ⇒ Tµ (φ) ≥ 0 , (1.12)

153 mentre la distribuzione (1.11) evidentemente non gode di tale proprietá, dato che il segno di tale
154 funzionale dipende dal valore della derivata di φ nel punto 0. Il fatto che la (1.11) non é del tipo
155 Tz si prova con lo stsesso ragionamento che faremo per la distribuzione di Dirac.
7
e quindi anche localmente sommabile
8
quindi Tµ é del tipo Tθ essendo θ ∈ L1loc (Ω).

5
156 Remark 1.10. Nell’esempio del funzionale (1.11), stiamo considerando il caso che Ω ⊂ R e di
157 funzioni reali di una variabile reale. Questo funzionale é tale che ad ogni φ ∈ C0∞ (Ω) associa
158 il valore della derivata della funzione φ nel punto 0. Nota che se 0 ̸∈ Ω ⊂ R, la funzione φ é
159 comunque ivi definita assumendo ivi valore nullo insieme a tutte le sue derivate, dato che gli elementi
160 di C0∞ (Ω) si prolungano in tutto R. La continuitá di questo funzionale si constata considerando a
161 solito la continuitá per successioni per cui si consideri una qualsiais successione (φn )n∈N di elementi
162 di C0∞ (Ω) tale che φn → φ0 in C0∞ (Ω), il che vuol dire che ∃A ⊂ Ω : sprt φn ⊂ A, ∀n ∈ N0 , per
163 cui
164 lim φn = φ0 in C ∞ (A)
165 e cioé risulta
lim φn = φ0 uniformemente in A ,
166 (1.13)
lim Dm φn = Dm φ0 uniformemente in A , ∀m ∈ N ,
167 pertanto ove si considera la successione numerica (T (φn ))n∈N , essa é data da (φ′n (0))n∈N la quale
168 é convergente perché siccome si verificano le (1.13), allora é anche

169 lim φ′n (0) = φ′0 (0)


n

170 dato che la convergenza uniforme implica quella puntuale, e quindi troviamo che la successione
171 (φ′n (0))n∈N é convergente e ha per limite φ′0 (0) che é T (φ0 ). Da questo discorso, risulta che, per
172 esempio, anche il funzionale
173 T : φ ∈ C0∞ (Ω) → φ(m) (0)
174 che associa ad ogni φ ∈ C0∞ (Ω) il valore della derivata m−ma nel punto 0, m ∈ N0 , é un funzionale
175 lineare e continuo definito in C0∞ (Ω), cioé una distribuzione su Ω. In particolare, lo é anche il
176 funzionale T (φ) = φ(0).

177 A chiarimento delle precedenti osservazioni, si veda la Figura 2, nella quale abbiamo indicato
178 con δ la distribuzione di Dirac dianzi menzionata, e con T la distribuzione definita in (1.11).

Figure 2 Tipo di distribuzioni, Rdove Tµ = Ω φdµ, φ ∈ C0∞ (Ω), con µ misura che assume valore
R

finito nei compatti di LΩ , e Tz = Ω z(t)φ(t) dt.

179 Il fatto che le distribuzioni del tipo Tµ sono positive rappresenta una proprietá caratteristica di
180 tali distribuzioni, in quanto sussite il seguente teorema, che riportiamo senza dimostrazione

6
181 Theorem 1.4. Ogni distribuzione positiva é del tipo Tµ .

182 Precisamente, se T é una distribuzione positiva, esiste una misura µ in LΩ , che assume valore
183 finito nei compatti contenuti in Ω, tale che
Z
184 T (φ) = φ dµ ∀φ ∈ C0∞ (Ω) . (1.14)

Remark 1.11. Innanzitutto osserva che se φ ∈ C0∞ (Ω), l’integrale Ω φ dµ Ré ben definito dato che µ
R
185

186 ha valore finito sui compatti contenuti in Ω. Mostrare che se φ ≥ 0 risulta Ω φ dµ ≥ 0, deriva dalal
187 stessa definizione di integrale. Mostrare il vicerversa, al contrario, cioé che data una distribuzione
188 T = T (φ) positiva, cioé T (φ) ≥ 0, ∀φ ≥ 0, φ ∈ C0∞ (Ω), esiste quindi una misura µ in LΩ tale che
189 T (φ) puó representarse come (1.14), non é immediato.

190 1.1 La distribuzione di Dirac


191 Denotiamo con L l’insieme delle parti di Rn misurabili secondo Lebesgue e sia µ una misura in
192 L che assume valore finito nei compatti contenuti in Rn . Il funzionale lineare
Z
∞ n
193 Tµ : φ ∈ C0 (R ) → φ dµ (1.15)
Rn

194 é continuo, e quindi é una distribuzione su Rn (che suole chiamarsi, una misura su Rn quando se
195 ne considera il suo prolungamento continuo su C00 (Rn ). Fissato un punto t0 ∈ Rn , consideriamo la
196 misura µt0 definita come segue
(
1 se t0 ∈ X
197 µt0 : X ∈ L → µt0 (X) = (1.16)
0 se t0 ̸∈ X .

198 Remark 1.12. La funzione µt0 definita in (1.16) va valutata, ossia ha senso, solo negli elementi
199 di L e non per un qualsiasi sottoinsieme di Rn . Su un qualsiasi sottoinsieme di Rn ci si puó
200 pronunciare sulla sua misura secondo µt0 solo se tale insieme appartiene all’insieme di definizione
201 della misura µt0 e cioé se sia un insieme misurabile secondo Lebesgue.

202 La distribuzione su Rn Z
203 δt0 : φ ∈ C0∞ (Rn ) → φ(t) dµt0 (1.17)
Rn
204 si chiama la distribuzione di Dirac, detta anche la δ di Dirac e, talvolta, sia pure impropria-
205 mente, "la funzione di Dirac". Essendo del tipo (1.15), la distribuzione di Dirac é prolungabile per
206 continuitá su C00 (Rn ) e perció si chiama anche la misura di Dirac quando la si intende definita
207 in C00 (Rn ).

208 Remark 1.13. Vedremo che la distribuzione (1.17) é uguale a T (φ) = φ(t0 ) che é una distribuzione
209 su Rn . Da qui segue che si tratta anche di una distribuzione positiva, dato che ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) tale
210 che φ ≥ 0, risulta T (φ) ≥ 0.

211 Vedremo tra breve che la misura µt0 non é dotata di "densitá", cioé non esiste una funzione θ(t)
212 localmente sommabile in Rn e non negativa tale che si abbia
Z
213 µt0 (X) = θ(t) dt ∀X ∈ L .
X

7
214 Pertanto, non possiamo applicare il teorema di Radon–Nicodym e affermare che risulti
Z Z
215 φ(t) dµt0 = φ(t) θ(t) dt ∀φ ∈ Co∞ (Rn ) . (1.18)
Rn Rn

216 Remark 1.14. La dimostrazione che non puó esistere una funzione θ tale che si verifichi la (1.18)
217 sará eseguita in due parti. Nella prima parte si mostrerá che qualunque sia la funzione f sommabile
218 in Rn con rispetto a µt0 , risulta Z
219 f (t)dµt0 = f (t0 ) ,
Rn
220 mentre nella seconda parte mostreremo che, in particolare, considerando le funzioni φ ∈ C0∞ (Rn )
221 non puó esistere una funzione z ∈ L1loc (Rn ) tale che si abbia
Z
222 φ(t0 ) = φ(t)z(t) dt ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) .
Rn

223 Tuttavia, anche a causa delle considerazioni fisiche che hanno ispirato la δ di Dirac, abitualmente
224 l’integrale a primo membro della (1.18) si denota con il simbolo
Z
225 φ(t) δ(t − t0 ) dt 9 , (1.19)
Rn

226 e per n = 1 col simbolo Z +∞


227 φ(t) δ(t − t0 ) dt , (1.20)
−∞

228 como se esistesse la densitá della misura µt0 e si indicasse tale densitá θ(t) con δ(t − t0 ); di con-
229 seguenza, poiché una distribuzione del tipo Tµ con µ dotata di densitá si identifica con la densitá
230 θ(t), e cioé sarebbe del tipo Tz con z = θ, le quali si identificano con z, il simbolo δ(t − t0 ) denota
231 in definitiva la distribuzione (1.17).
232 Prima di dimostrare che non esiste una θ(t) per cui valga la (1.18), verifichiamo che

233 I. Ogni funzione reale o complessa, definita in Rn e continua in un intorno di t0 , é sommabile


234 rispetto a µt0 in tutto Rn , e risulta
Z Z
235 f (t) dµt0 = f (t) δ(t − t0 ) dt = f (t0 ) , (1.21)
Rn Rn

236 e pertanto, in virtú di questo risultato, abbiamo che in particolare per φ ∈ C0∞ (Rn ) , risulta
Z
237 φ(t) dµt0 = φ(t0 ) ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) . (1.22)
Rn

238 II. Ogni funzione reale o complessa di una variabile reale (cioé nel caso di n = 1), definita in
239 [t0 , +∞[ e continua in un intorno destro di t0 , é sommabile rispetto a µt0 in [t0 , +∞[ e risulta
Z
240 f (t) δ(t − t0 ) dt = f (t0 ) . (1.23)
[t0 , +∞[
9
Ció anche se φ non é un elemento di C0∞ n n
R (R ), ma é una funzione sommabile in R rispetto a µ, en cioé con il
simbolo (1.19) viene genericamente indicata Rn f dµt0 essendo f una qualsiasi funzione sommabile in R rispetto a
µt0 e pertanto in particolare se f é un elemento φ ∈ C0∞ (Rn ).

8
241 Dalla (1.21) si deduce in particolare, ricordando il significato dei simboli (1.19), (1.20), che
Z
242 δt0 (φ) = δ(t − t0 )φ(t) dt = φ(t0 ) ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) , (1.24)
Rn

243 e per n = 1 Z +∞
244 δt0 (φ) = δ(t − t0 )φ(t) dt = φ(t0 ) ∀φ ∈ C0∞ (R) . (1.25)
−∞

245 Consideriamo il caso di n = 1, t0 = 0 e, come funzione f ∈ C0∞ (R) prendiamo f (t) = e−2πjωt (ω ∈
246 R), dove j indica la unitá immaginaria. Applicando quindi la (1.25) otteniamo che
Z +∞
247 e−2πjωt δ(t) dt = 1 ∀ω ∈ R ; (1.26)
−∞

248 mentre dalla (1.23) consegue per t0 = 0 ed f (t) = e−pt (p ∈ C) che


Z +∞
249 e−pt δ(t) dt = 1 ∀p ∈ C . (1.27)
0

250 La (1.25) [La (1.27)] si esprime dicendo che la trasformata di Fourier [di Laplace] della δ di
251 Dirac é la funzione constante uguale a 110 .

252 Proof of (1.21). Per ogni m ∈ N sia Γm il cerchio chiuso di Rn di centro t0 e raggio 1/m. Siccome
253 risulta µt0 (Rn \ Γm ) = 0 ∀m ∈ N, la funzione reale o complessa f é allora sommabile in Rn \ Γm
254 rispetto a µt0 , e l’integrale di f rispetto a µt0 esteso a Rn \ Γm é nullo.
255 Remark 1.15. Osserva che sulla funzione f non é fatta alcuna ipotesi di misurabilitá propio perché
256 se l’insieme in cui é definita la funzione f ha misura µ nulla, si puó parlare di integrale di f rispetto
257 a µ senza richiedere che f sia misurabile. A tale riguardo si vuole osservare che mentre se X ha
258 misura nulla secondo Lebesgue, allora una qualsiasi funzione reale definita in X é misurabile e
259 ció in virtú della proprietá di ereditarietá della misura nulla secondo Lebesgue per la quale se X
260 ha misura nulla secondo Lebesgue, un qualsiasi sottoinsieme di X é misurabile e ha misura nulla,
261 questo discorso non si puó fare se X é misurabile secondo Lebesgue e ha misura nulla secondo µ,
262 proprio perché la misura nulla secondo µ non é ereditaria, cioé non si puó dire che se X é tale che
263 µ(X) = 0, un qualsiasi sottoinsieme di X é misurabiel e ha misura nulla, e quindi non é detto che
264 una funzione f ivi definita sia misurabile.
265 Scelto ν ∈ N tale che in Γν la f sia continua, per ogni m > ν la funzione f é sommabile rispetto
266 a µt0 anche in Γm dato che Γm é un compatto quindi essendo ivi f continua, allora f é limitata per
267 cui ci troviamo di fronte ad una funzione continua e limitata in Γm con Γm di misura finita secondo
268 µt0 . Pertanto, f é sommabile rispetto a µt0 in tutto Rn , e risulta
Z Z
269 f (t) dµt0 = f (t) dµt0 ∀m > ν . (1.28)
Rn Γm

270 D’altra parte, per il teorema della media, per ogni m > ν esiste almeno un punto tm ∈ Γm tale che
10
Si definisce anche la trasformata di Fourier [di Laplace] "di una distribuzione", che é un certo funzionale lineare
e continuo, ma non é una distribuzione in quanto non é definito in tutto C0∞ (Rn ). In particolare la trasformata di
Fourier [di Laplace] di una misura su Rn si identifica con una funzione continua, che nel caso della misura di Dirac,
é costante (uguale ad 1). Sulle nozioni menzionate non possiamo soffermarci.

9
271 il secondo mebro della (1.28) sia uguale a f (tm )µt0 (Γm ), cioé a f (tm ). Si ha dunque
Z
272 f (t) dµt0 = f (tn ) ∀n > ν , (1.29)
Rn

273 e da ció, siccome |tn − t0 | ≤ 1/n, per la continuitá di f in t0 si ottiene la (1.21).


274 Remark 1.16. Fiorenza assume che f sia continua in un intorno del punto t0 per poter dire che
275 esiste un ν ∈ N tale che nel cerchio chiuso Γν la funzione f é sommabile rispetto a µt0 e poi
276 per poter applicare il teorema della media alla funzioen continua nell’insieme compatto Γm con
277 m > ν. Per dimostrare la (1.21) io faccio invece il seguente discorso. Sia f una funzione reale o
278 complessa definita in Rn (dunque io non faccio alcuna ipotesi sulla continuitá o meno della funzioen
279 intorno a t0 ). Si consideri l’insieme Rn \ {t0 } che é un insieme misurabile secondo Lebesgue, quindi
280 ivi é definita la funzione µt0 . Poiché µt0 (Rn \ {t0 }) = 0 allora la funzione f é sommabile in
281 Rn \ {t0 } rispetto a µt0 e l’integrale esteso a Rn \ {t0 } é nullo. Si ha che f é anche sommabile
282 rispetto a µt0 nell’insieme {t0 } come si constata direttamente
R dalla definizione di f avendo che é
283 ivi sP = SP = f (t0 )µt0 ({t0 }) = f (t0 ) e si ha che {t0 } f dµt0 = f (t0 ), pertanto la funzione f é
284 sommabile rispetto a µt0 in tutto Rn e si ha che
Z Z
285 f dµt0 = f dµt0 = f (t0 ) .
Rn {t0 }

286 Pertanto, per le funzioni rappresentate in Figura 3, per esempio, che sono diverse l’una dall’altra per
287 il loro valore nel punto t0 , e che non sono continue in un intorno di t0 avendo ivi una discontinuitá,
288 per me sono tutte funzioni sommabile rispetto a µt0 (mentre usando R l’argomento di Fiorenza non lo
289 posso dire dato che non puó essere applicato) e si ha che risulta Rn f dµt0 = f (t0 ).

R
Figure 3 Funzioni discontinue nel punto t0 per le quali R
f dµt0 = f (t0 ).

290

291 Proof of (1.23). Dopo aver prolungato la f in una funzione f1 definita in tutto R (ad esempio
292 ponendo f1 (t) = 1 ∀t < t0 e f1 (t) = f (t) ∀t ≥ t0 ), si puó ripetere il ragionamento precedente
293 sostituendo f con f1 e il cerchio Γm con l’intervallo [t0 , t0 + 1/m]. Se ne deduce la uguaglianza
Z
294 f1 (t) dµt0 = f1 (t0 ) = f (t0 ) . (1.30)
R

295 Siccome l’intervallo ] − ∞, t0 [ ha misura µt0 nulla e nell’intervallo [t0 , +∞[ si ha f1 (t) = f (t), il
296 primo membro della (1.30) é uguale all’integrale
Z
297 f (t) dµt0 (1.31)
[t0 , +∞[

10
298 da cui si ricava quindi la (1.23).

299 Dimostriamo ora che non esiste una funzione θ(t) sommabile in Rn tale che sussiste la (1.18),
300 ossia tale da risultare Z
301 δt0 (φ) = φ(t)θ(t) dt ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) . (1.32)
Rn

302 Proof. Procedendo per assurdo, ammettiamo che esista una tale θ(t). In virtú della (1.24) si ha
303 allora Z
304 φ(t)θ(t) dt = φ(t0 ) ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) , (1.33)
Rn
305 e in particolare, essendo ∞
C0 (Rn \ {t0 }) ⊂ C0∞ (Rn ) e ψ(t0 ) = 0 ∀ψ ∈ C0∞ (Rn \ {t0 })
Z
306 ψ(t)θ(t) dt = 0 ∀ψ ∈ C0∞ (Rn \ {t0 }) . (1.34)
Rn

307 In virtú della (1.5) ne segue che θ(t) = 0 q.o. in Rn \ {t0 }, e quindi anche θ(t) = 0 q.o. in Rn . Ma
308 ció implica, per la (1.33),
309 φ(t0 ) = 0 ∀φ ∈ C0∞ (Rn ) , (1.35)
310 il che é assurdo11 .

311 2 Derivate nel senso delle distribuzioni


312 Sia Ω un aperto di Rn . Ogni elemento z dello spazio L1loc (Ω) dá luogo alla distribuzione su Ω
Z
313 Tz : φ ∈ C0∞ (Ω) → φ(t)z(t) dt (2.1)

314 e z, come abbiamo giá detto, si suole identificare con tale distribuzione.
315 Ció premesso, denotiamo con u un elemento di L1loc (Ω) che sia dotato della derivata debole Dα u.
316 Tale derivata é un elemento di L1loc (Ω), e quindi si identifica con la distribuzione
Z

317 T : φ ∈ C0 (Ω) → φDα u dt , (2.2)

318 cioé si considera come un funzionale, lineare e continuo, definito in C0∞ (Ω).
319 Per la definizione di derivata debole, la distribuzione (2.2) coincide con la seguente
Z
∞ |α|
320 Tu : φ ∈ C0 (Ω) → (−1) u Dα φ dt , (2.3)

321 sicché Dα u si identifica con la distribuzioen (2.3).


Per avere l’assurdo bisogna mostrare che esistono funzioni φ ∈ C0∞ (Rn ) che non si annullano nel punto t0 . Intanto
11

un esempio di funzione di classe C ∞ in Rn a supporto compatto si ottiene, ponendo per ogni t ∈ Rn



 e |t|21−1 se |t| < 1
ψ(t) = (1.36)
 0 se |t| ≥ 1 .

Ovviamente nel cerchio aperto Γ di Rn con centro nell’origine e raggio 1 risulta ψ ̸= 0, e il supporto di ψ é la chiusura
di Γ.
Orbene per costruire un esempio di funzione φ ∈ C0∞ (Rn ) che non si annulli nel punto t0 basta porre φ(t) = ψ(t−t0 ).

11
322 Remark 2.1. Osserviamo che il funzionale (2.3) si presenta composto mediante l’operatore di
∞ ∞ ∞ α ∞ ∞
323
R 0 (Ω) in C0 (Ω) dato da: φ ∈ C0 (Ω) → D φ ∈ C0 (Ω), e il funzionale Tu : φ ∈ C0 (Ω) →
C
324
Ω uφ dt. Essendo composto da funzioni continue, risulta dunque un funzionale continuo, cosí come
325 si vede direttamente che (2.3) é anche un funzionale lineare.

326 Possiamo dunque dire che, se l’elemento u di L1loc é dotato della derivata debole Dα u, tale
327 derivata debole é la distribuzione (2.3).
328 Orbene, siccome la (2.3) ha senso anche se u non é dotata della derivata debole Dα u ∈ L1loc (Ω),
329 la (2.3) stessa si utilizza come definizione della derivata Dα u qualunque sia u ∈ L1loc (Ω), cioé per
330 ogni u ∈ L1loc (Ω) possiamo considerare la (2.3) e chiamarla la derivata di u ∈ L1loc (Ω) nel senso delle
331 distribuzioni, che coincide con la derivata debole nel caso in cui (2.3) si possa esprimere come una
332 distribuzione tipo Tz .
333 Precisamente, abbiamo la seguente definizione di derivata nel senso delle distribuzioni di un
334 elemento di L1loc (Ω).

335 Definition 2.1. Sia u ∈ L1loc (Ω). Si chiama la derivata di u, di multindice α, nel senso delle
336 distribuzioni su Ω, e si denota con Dα u, la distribuzione (2.3).

337 Si ha dunque12
Z
338 ⟨Dα u, φ⟩ = (−1)|α| u Dα φ dt ∀u ∈ L1loc (Ω), ∀φ ∈ C0∞ (Ω) . (2.4)

339 Remark 2.2. Ricordiamo che la notazione ⟨·, ·⟩ in (2.4) indica la dualitá tra (C0∞ (Ω))∗ e C0∞ (Ω),
340 cioé un elemento di (C0∞ (Ω))∗ , indi una distribuzione.

341 Abbiamo giá detto che non tutte le distribuzioni "sono funzioni", cioé del tipo Tz (2.1). Per
342 esempio, la distribuzione Dα u data dalla (2.4) non é necessariamente una "funzione", cioé una
343 distribuzione del tipo Tz che possa esprimersi come la (2.1). Abbiamo infatti il seguente risultato.

344 Proposition 2.1. Sia u ∈ L1loc (Ω) e considera la derivata di u nel senso delle distribuzioni data
345 da (2.4). La distribuzione (2.4) é del tipo Tz se e solo se u ∈ L1loc (Ω) é dotata di derivata debole
346 Dα u ∈ L1loc (Ω).

347 Nelle circostanze della Proposizione 2.1 la distribuzione Dα u data da (2.4) si identifica con
348 l’elemento Dα u di L1loc (Ω).

349 2.1 Derivata di una distribuzione


350 Diamo ora la definizione di derivata di una distribuzione mentre prima abbiamo dato la definizione
351 di derivata (nel senso delle distribuzioni) di un elemento qualsiasi di L1loc (Ω). Mentre prima
352 l’operatore di derivazione agiva sugli elementi di L1loc (Ω), cioé lo abbiamo definito per tutti gli

elementi di L1loc (Ω) e con valore in D(Ω) , ora definiamo l’operatore di derivazione per tutti gli

353
∗
354 elementi di D(Ω) . Introduciamo cioé la nozione di derivata di una distribuzione.
355 Osserviamo che l’integrale a secondo membro della (2.4) é il valore che la distribuzione Tu , con
356 la quale si identifica u, assume nel punto Dα φ ∈ C0∞ (Ω), sicché tale integrale si puó denotare con
357 ⟨u, Dα φ⟩, donde ⟨·, ·⟩ indica la dualitá tra C0∞ (Ω) e il suo duale topologico (C0∞ (Ω)), e la (2.4) si
358 puó scrivere
359 ⟨Dα u, φ⟩ = (−1)|α| ⟨u, Dα φ⟩ . (2.5)
12
Si ricordi il significato del simbolo ⟨u, x⟩, che qui adoperiamo con Dα u in luogo di u e con φ in luogo di x.

12
360 Pensando u identificato con la distribuzione Tu , la (2.5) si presenta come la definizione della
361 derivata Dα della distribuzione Tu . Ció quindi suggesisce di estendere l’operazione Dα a tutte le
362 distribuzioni (ossia anche a quelle che non sono dle tipo Tu ). Si da dunque la seguente definizione.

363 Definition 2.2. Qualunque sia la distribuzione T , si chiama derivata di T di multindice α, e si


364 denota con Dα T , la distribuzione

365 Dα T : φ ∈ C0∞ (Ω) → (−1)|α| ⟨T, Dα φ⟩ . (2.6)

366 Possiamo dunque scrivere, conformemente alla (2.7), che

367 ⟨Dα T, φ⟩ = (−1)|α| ⟨T, Dα φ⟩ ∀φ ∈ C0∞ (Ω) . (2.7)

368 Remark 2.3. La (2.7) mostra che la derivata della distribuzione T di multindice α risulta uguale,
369 a meno del fattore (−1)|α| , alla funzione composta mediante φ ∈ C0∞ (Ω) → Dα φ ∈ C0∞ (Ω) e la
370 distribuzione T che é un funzionale definito in C0∞ (Ω).

371 Si dimostra [4, Thm 33, page 83] che ogni funzional elineare e continuo F definito in C ∞ (Ω)
372 é la derivata α−ma (nel senso delle distribuzioni) di una distribuzione dle tipo Tz : precisamente,
373 qualunque sia il funzionale lineare e continuo F , definito in C ∞ , esistono un multindice α e un
374 elemento z ∈ L1loc (Ω) tale che F = Dα Tz .

375 Remark 2.4. Cerca di verificare questo teorema dato che, per come ‘-e menzionato da Fiorenza, F
376 risulta definito in C ∞ mentre Dα Tz , essendo una distribuzione, é un funzionale definito in C0∞ ⊂
377 C ∞.

378 Figura 4 mostra le diverse definizioni di derivata e sue generalizzazioni.

13
Figure 4 Distinti tipi di derivate funzionali e loro relazione.

379 2.2 Soluzioni classiche, deboli, e nel senso delle distribuzioni di una equazione
380 differenziale
381 Quando si é introdotta la nozione di derivata debole, si é visto che, nel caso Ω ⊆ R, un’equazione
382 differenziale si puó intendere in senso debole. Naturalmente anche se Ω ⊆ Rn si puó generalizzare il
383 problema espresso da un’equazione differenziale; ad esempi si puó considerare il problema seguente:
384 assegnata una funzione f ∈ L1loc (Ω), trovare, se esiste, una funzione u ∈ L1loc (Ω) dotata della derivata
385 debole Dα u, tale che si abbia

386 Dα u = f . (2.8)
387 Osserva che nella (2.8) ci si chiede di esprimere sulla uguaglianza tra due elementi di L1loc (Ω).
388 Un’eventuale soluzione di tale problema si chiama una soluzione debole, o una soluzione ins
389 enso debole, dell’equazione differenziale (2.8). Pertanto, il problema espresso dalla (2.8) siginifica:
390 trovare z ∈ L1loc (Ω) tale che si abbia

14
Z Z
|α|
391 zφ dt = (−1) f Dα φ dt ∀φ ∈ C0∞ (Ω) .
Ω Ω
392 Orbene la nozione di derivata nel senso delle distribuzioni consente una ulteriore generalizzazione
393 della (2.8), cioé la (2.8) puó intendersi esprimere il seguente problema: Assegnato un funzionale
394 f lineare e continuo in C0∞ (Ω), cioé assegnata una distribuzione f su Ω, ricercare la funzione
395 u ∈ L1loc (Ω) soddisfacente alla (2.8), dove la derivata Dα u é ora intesa, naturalmente, nel senso delle
396 distribuzioni, dato che al secondo membro della (2.8) f indica una distribuzione per cui l’uguaglianza
397 deve essere tra due enti dello stesso tipo, pertanto anche al primo membro vi deve essere una
398 distribuzione.
399 Con questa generalizzazione, la (2.8) significa allora che

400 ⟨Dα u, φ⟩ = ⟨f, φ⟩ ∀φ ∈ C0∞ (Ω) , (2.9)

401 cioé che


Z
|α|
402 (−1) uDα φ dt = ⟨f, φ⟩ ∀φ ∈ C0∞ (Ω) , (2.10)

403 dove si ricorda
∗ che ⟨f, φ⟩ indica un funzionale lineare e continuo in C0∞ (Ω) che é un elemento di
404

C0 (Ω) .

405 Remark 2.5. Dunque il problema espresso dalla (2.8) é il seguente: Assegnato un elemento di

406 C0∞ (Ω) si chiede se esiste almeno un elemento di L1loc (Ω) tale che, applicato ad esso l’operzione
∗
407 di derivazione nel senso delle distribuzioni, questo fornisca l’elemento di C0∞ (Ω) che é stato
408 assegnato.
409 L’operazione di derivazione nel∗ senso delle distribusioni di ordine α é la corrispondenza definita
410
1 ∞ 1
in Lloc (Ω) e a valori in C0 (Ω) tale che ad ogni elemento di Lloc (Ω) associa la distribuzione che
411 rappresenta la derivata
∗ di ordine α nel senso delle distribuzioni dell’elemento di L1loc (Ω). Quindi
412

dato f ∈ C0 (Ω) ci si chiede se esiste un u ∈ L1loc (Ω) tale che

413 Dα u = f

414 dove Dα u indica una distribuzione. Cosí ad esempio, nel caso di n = 1, si vede che il problema:
415 u′ = δ, essendo δ la distribuzione di Dirac, ha soluzione, risultando per u la funzione scalino.
416 Un altro esempio di problema puó essere quello per cui assegnata la distribuzione T (φ) = φ′ (0),
417 verificare se esista una u ∈ L1loc (Ω) tale che si abbia Dα u = T . Questi elementi u di L1loc (Ω),
418 soluzione di Dα u = T , forniscono allo stesso tempo, visto che T e δ non sono distribuzioni del tipo
419 Tz , esempi di funzioni di L1loc (Ω) non dotati di derivata debole.

420 Remark 2.6. Ricorda che la derivata nel senso delle distribuzioni di multindice α di u ∈ L1loc (Ω)
421 data dalla distribuzione Z
422 ⟨Dα u, φ⟩ = (−1)|α| u, Dα φ dt

423 puó essere una distribuzione del tipo Tz (e in tal caso la derivata coincide con la derivata debole
424 z ∈ L1loc (Ω)) o puó essere una distribuzione R qualsiasi non del tipo Tz . Quale delle due circostanzi
α
425
Roccorra, si verifica elaborando l’integrale Ω u, D φ dt trasformandolo, se possibile, nella forma
426 z, φ dt. Se ció é possibile, allora D α u é una distribuzione del tipo T .
Ω z

427 In particolare puó darsi che l’assegnata distribuzione f sia una funzione, cioé un elemento di
428 L1loc (Ω)
considerato come distribuzione, e in tal caso la (2.10) diviene

15
Z Z
|α|
429 (−1) α
uD φ dt = f φ dt ∀φ ∈ C0∞ (Ω) . (2.11)
Ω Ω

430 La (2.11) significa che u é dotata della derivata debole Dα u, e che l’elemento f di L1loc (Ω) é la
431 derivata debole Dα u. Dunque nel caso in esame un’eventuale soluzione u del problema posto é una
432 soluzione debole della (2.8).
R
433 Remark 2.7. Se f é una distribuzione del tipo Tz , e cioé ⟨f, φ⟩ = Ω zφ dt, per cui identificando
434 f con z, allora il problema espresso dalla (2.8), cioé il problema di trovare l’elemento di L1loc (Ω) tale
435 che si verifichi la (2.10), si puó esprimere equivalentemente come il problema di cercare u ∈ L1loc (Ω)
436 tale che la derivata debole di ordine α di u sia uguale ad f .

437 Se poi f non solo é una funzione, ma é un elemento di L1loc (Ω) dotato di un rappresentante
438 continuo, per un’eventuale soluzione u della (2.8) accade che la derivata debole Dα u é dotata di un
439 rappresentante continuo, e la (2.8) é allora verificata da tale rappresentante in ogni punto di Ω. Nel
440 caso considerato, se u ha un rappresentante di classe C |α| , la (2.8) é verificata in senso classico.

441 Remark 2.8. Si vuole di seguito precisare in quale condizioni la (2.8) é dotata di soluzioni in senso
442 classico. In base a quanto espresso precedentemente, intendo il seguente: Se f é un elemento di
443 L1loc (Ω) che ha un rappresentante continuo, allora se (2.8) ha soluzione, e cioé esiste u ∈ L1loc (Ω) tale
444 che la derivata debole Dα u ∈ L1loc (Ω) verifica la (2.8), allora Dα u ha un rappresentante continuo,
445 diciamolo g, tale da verificare la (2.8) (cioé g = f ) in ogni punto di Ω considerando per f il
446 suo rappresentante continuo, cioé Dα u = f dove con il simbolo · si sono indicati i rappresentanti
447 continui. Ora, posso dire che u ha un rappresentante di classe C |α| ? Io penso di si, e sarebbe
448 ottenuto integrando Dα u su Ω. Ma posso dire che Dα u é integrabile?
449 Mi sembra che il fatto che Dα u ∈ L1loc (Ω) abbia un rappresentante continuo, non significhi che
450 poi esista u ∈ L1loc (Ω) che abbia un reppresentante di classe C |α| . Se questo é vero, e risulta che
451 u abbia un rappresentante di classe C |α| , allora la derivata di multindice α di u coincide con il
452 rappresentante continuo di Dα u ∈ L1loc (Ω), cioé risulta

453 Dα u = Dα u = f .

454 Le suddette considerazioni si riferiscono alle condizioni per cui l’equazione Dα u = f , intesa nel
455 senso debole, ammetta soluzioni nel senso classico. Da quanto scritto negli appunti di Fiorenza [2,
456 page 157] per cui mi sembra di aver capito che occorre che f abbia rappresentante continuo, il ché
457 di per sé garantisce che la eventuale soluzione u ∈ L1loc (Ω) é tale che Dα u ∈ L1loc (Ω) ha chiaramente
458 un rappresentante continuo, che abbiamo indicato con Dα u, peró questo non mi garantisce che u
459 sia dotato di un rappresentante di classe C |α| . Questo é quello che mi occorre per poter dire che
460 Dα u = f abbia soluzione nel senso classico. Se peró u é dotato inoltre di un rappresentante u di
461 classe C |α| , allora l’equazione (2.8) sará verificata anche in senso classico.

462 Remark 2.9. Abbiamo visto le condizioni per cui l’equazione Dα u = f intesa nel senso delle
463 distribuzioni ammetta soluzioni nel senso debole, e si é visto che ció accade se la distribuzione f é
∗ ∗
464 una distribuzione del tipo Tz e cioé se f ∈ C0∞ (Ω) é un elemento del sottospazio di C0∞ (Ω)
465 costituita dalle distribuzioni del tipo Tz . Ci si é chiesto poi in quale condizioni si puó garantire
466 che l’equazione (2.8) ammetta soluzioni in senso classico. Figure 5 visualiza i diversi casi per cui
467 l’equazione (2.8) ha soluzione debole e in senso classico.

16
Figure 5 Soluzione nel senso debole dell’equazione Dα u = f .

468 Example 2.1. Con riferimento al caso n = 1, é facile verificare che la distribuzione di Dirac δt0 é
469 la derivata nel senso delle distribuzioni della funzione di Heaviside (funzione scalino)
(
0 se t < t0
470 u(t) = (2.12)
1 se t ≥ t0 .
471 Infatti la derivata u′ nel senso delle distribuzioni é il funzionale definito da
Z
472 ⟨u , φ⟩ = − uφ′ dt ∀φ ∈ C0∞ (R) .

(2.13)
R
473 Tenendo conto della (2.12), per ogni φ ∈ ∞
C0 (R) si ha

Z +∞ Z t0 Z +∞
uφ′ dt = uφ′ dt + uφ′ dt
−∞ −∞ t0
Z +∞ Z +∞
= uφ′ dt = φ′ dt
t0 t0
474 (2.14)
Z t t
φ′ dt = lim

= lim φ(t) t0
t→+∞ t t→+∞
0

= −φ(t0 ) + lim φ(t) .


t→+∞

475 Siccome il limite all’ultimo membro é nullo in quanto φ é a supporto compatto in R, ricordando la
476 (1.24), la (2.14) si scrive
Z +∞ Z +∞
′ ′
477 ⟨u , φ⟩ = − uφ dt = δ(t − t0 )φ(t) dt = δ(t0 ) . (2.15)
−∞ −∞

478 Dalla (2.13) consegue allora che ⟨u′ , φ⟩ = ⟨δt0 , φ⟩ ∀φ ∈ C0∞ (R), ossia

479 u′ = δ(t0 ) . (2.16)

17
480 Si noti che la derivata di u in senso classico é nulla quasi ovunque.

481 2.3 Osservazione sulla distribuzione di Dirac


482 La δ di Dirac é stata impropriamente introdotta come una "funzione" δ = δ(t), precisamente
483 come la funzione nulla per t ̸= 0, uguale a +∞ per t = 0 e tale che
Z +∞
484 δ(t) dt = 1 . (2.17)
−∞
R +∞
485 Remark 2.10. Nel nostro caso questo integrale verrebbe ad essere −∞ dµt0 =0 che peró non in-
486 dicherebbe il valore della distribuzione di Dirac in alcun punto di C0∞ (R) dato che dovrebbe essere
487 il valore per φ = 1 che peró non é un elemento di C0∞ (R).

488 Lo scopo era quello "di costruire" una funzione δ(t) tale da risultare
Z +∞
489 δ(t)φ(t) dt = φ(0) ∀φ ∈ C0∞ (R) , (2.18)
−∞

490 e questa uguaglianza, detta u la funzione (2.12) con t0 = 0, per la (2.14) con t0 = 0 si scrive
Z +∞ Z +∞
491 δ(t)φ(t) dt = − uφ′ dt ∀φ ∈ C0∞ (R) . (2.19)
−∞ −∞

492 Alla δ(t) e alla (2.19) si perviene con il seguente procedimento formale.

493 Remark 2.11. Nel definire il procedimento formale, l’idea é quella di scrivere

494 u = lim un (2.20)


n→∞

495 in modoc he con riferimento a ciascuan di queste un = un (t) si possa poi R ∞ eseguire l’integrazione
496

per parti. Dunque assunto che valga la (2.20), anzicché considerare −∞ uφ dt, si considera
R∞ ′ 1
497
−∞ un φ dt e si esegue l’integrazione per parti. Si ottiene quindi, con un ∈ C (R) ∀n ∈ N,
Z ∞ Z ∞

+∞
u′n φ dt − un φ −∞

498 un φ dt = (2.21)
−∞ −∞
+∞
dove un φ −∞ = 0 dato che φ ∈ C0∞ (R). Dunque formalmente, abbiamo

499

Z ∞ Z ∞
uφ′ dt = ( lim un )φ′ dt (2.22a)
−∞ −∞ n→∞
Z ∞
= lim un φ′ dt (2.22b)
n→∞ −∞
Z ∞
= lim u′n φ dt (2.22c)
n→∞ −∞
Z ∞
= ( lim u′n )φ dt (2.22d)
−∞ n→∞

18
500 da cui affermiamo che la funzione δ rappresenta il limite limn→∞ u′n . Nota che il procedimento é
501 formale perché si realizzano i due passaggi al limite (2.22b) e (2.22d) sotto il segno di integrale.
502 Tali passaggi sarebbero garantiti se risultasse

503 u = lim un
n→∞

504 in C 1 (R).

505 La funzione scalino (2.12) con t0 = 0 é il limite, per t ̸= 0, della successione (un )n∈N definita
506 ponendo
1


 0 se t < −


 n
1 1 1

507 un (t) = (nt + 1) se − ≤ t ≤ ll (2.23)

 2 n n


 1 1
se t >

n
508 per la quale risulta poi
1 1

 0 se t < − o t >

509 u′n (t) = n n ll (2.24)
n 1 1
se − < t <


2 n n
510 Se allora si pone

511 δ(t) = lim u′n (t) ∀t ∈ R13 , (2.25)


n→∞

512 qualunque sia φ ∈ C0∞ (R) si ha

Z ∞ Z ∞ Z ∞ Z ∞ Z ∞
′ ′
− uφ dt = − ( lim un )φ dt = lim u′n φ dt = ( lim u′n )φ dt = δ(t)φ dt
−∞ −∞ n→∞ n→∞ −∞ −∞ n→∞ −∞
513 (2.26)
514 donde la (2.19). Essendo poi
Z +∞
515 u′n (t)dt = 1 ∀n ∈ N, (2.27)
−∞
516 si ha
Z +∞ Z ∞ Z ∞
517 δ(t)dt = ( lim u′n ) dt = lim u′n dt = 1 , (2.28)
−∞ −∞ n→∞ n→∞ −∞

518 e quindi la (2.17)14 .


519 Notiamo che la (2.19)R é l’uguaglianza (2.15) con t0 = 0, nella quale peró l’integrale a secondo
+∞
520 membro va inteso come −∞ φ(t)dµt0 . Notiamo pure che la (2.17), il cui primo membro va inteso
R +∞
521 come −∞ dµt0 =0 , é vera perché tale integrale é uguale a µt0 =0 (R) = 1.
13
Comunque si fissi t ∈ R, definitivamente si ha che un é derivabile in t, ed esiste limn→∞ u′n (t).
14
Il procedimento é formale perché non é lecito il passaggio al limite sotto il segno di integrale.

19
522 A Elementi di Teoria della Misura e di Integrazione secondo Lebesgue
523 Sia Ω un aperto di Rn . L’insieme dei sottoinsiemi di Ω misurabili secondo Lebesgue si indica con
524 il simbolo LΩ .
525 Si chiama una misura µ in LΩ , una funzione reale definita in LΩ ,

526 µ : LΩ → R ,

527 non negativa (che puó assumere anche il valore +∞) che godi della proprietá della numerabile
528 additivitá, cioé qualunque sia (Xn )n∈N una successione di elementi di LΩ e a due a due disgiunti,
529 si abbia che

!
[ X
530 µ Xn = µ(Xn ) ,
n∈N n=1
S S
531 ove n∈N Xn ∈ LΩ dato che l’insieme n∈N Xn é misurabile secondo Lebesgue in quanto siccome µ
532 é definito in LΩ , le parti di Ω misurabili secondo µ sono anche e solo le parti di Ω misurabili secondo
533 Lebesgue. La differenza sta solo nel valore che é associato a tali parti
R di Ω dalle due funzioni.
534 Nella stessa maniera in cui si definisce l’integrale di Lebesgue Rn f (t) dt, data una misura µ in
535 LRn , per ogni funzione f limitata e misurabile in un insieme X di misura µ finita (cioé tale che
536 µ(X) < ∞), si introduce la nozione di funzione sommabile rispetto a µ, intendendo che gli insiemi
n n
sµP = e SPµ =
X X
537 µ(Xi ) inf f µ(Xi ) sup f
Xi Xi
i=1 i=1

538 con P una qualsiasi partizione finita di X di insiemi misurabili, sono contigui, cosí come si introduce
539 la nozione di integrale di f con rispetto a µ
Z
540 f (t) dµ
X

541 como l’elemento di separazione dei suddetti insiemi.


542 Per µt0 vale la proprietá di ereditarietá della misurabilitá nulla, che si ha con la misura di
543 Lebesgue. Tale proprietá afferma che se X é misurabile secopndo Lebesgue e ha misura nulla
544 secondo Lebesgue, allora un qualsiasi sottoinsieme misurabile di X, ha anche misura nulla secondo
545 Lebesgue. Infatti, se X ∈ L ha misura µt0 (X) = 0 significa che t0 ̸∈ X, pertanto se consideriamo
546 un sottoinsieme Y di X che sia misurabile, cioé Y ∈ L : Y ⊂ X, risulterá anche t0 ̸∈ Y , e quindi
547 µt0 (Y ) = 0. Questa proprietá non va confusa con la proprietá di assolutamente continuitá di una
548 misura rispetto alla misura di Lebesgue. Infatti non é difficile verificare che la misura µt0 non
549 é assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue. Se µL indica la misura di Lebesgue
550 definita in L, é facile trovare un insieme X ⊂ Rn misurabile secondo Lebesgue, cioé X ∈ L, tale che
551 la seguente implicazione
552 µL (X) = 0 ⇒ µt0 (X) = 0
553 non é verificata.

554 Definition A.1. Data una misura µ definita in L. Si dice che µ é dotata di densitá se esiste una
555 funzione localmente sommabile in Rn e non negativa, cioé θ ∈ L1loc (Rn ), θ ≥ 0 tale che risulta
Z
556 µ(X) = θ(t) dt ∀X ∈ L . (A.1)
X

20
557 La funzione θ per cui si verifica (A.1) é la stessa per ogni X ∈ L, cioé non cambia a cambiare di
558 X ∈ L.
559 Remark A.1. Posso dire che data una misura µ in LΩ , se µ é dotata di densitá, cioé esiste una
560 funzione θ ∈ L1loc (Ω tale che µ puó esprimersi nel seguente modo
Z
561 µ : X ∈ LΩ → θ(t) dt ,
X

562 allora µ é assolutamente continua con rispetto alla misura di Lebesgue? Anche, controlla che se si
563 verifica la suddetta condizione, debba poi essere necessariamente θ ≥ 0?
564 Abbiamo il seguente risultato [2, page 45] che fornisce una condizione per cui una misura µ in L
565 sia dotata di densitá.
566 Theorem A.1. Sia µ una misura in L. Se la misura µ assume valore finito sui compatti di L
567 (ossia, X ∈ L compatto ⇒ µ(X) < ∞) ed é assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue
568 (ossia, se X é un insieme misurabile di misura nulla secondo Lebesgue, allora anche il valore della
569 misura µ in X é nullo, cioé m(X) = 0 ⇒ µ(X) = 0), allora esiste una funzione θ = θ(t) definita
570 q.o. in Rn , non negativa e localmente sommabile, i.e. θ ∈ L1loc (Rn ), θ ≥ 0, tale che
Z
571 µ(X) = θ(t) dµ ∀X ∈ L ,
X

572 cioé µ risulta dotata di densitá.


573 Ricordiamo che data una misura µ in L e una funzione f limitata e misurabile in un insieme
574 X ∈ L di misura µ finita, se i due insiemi
n n
sµP SPµ
X X
575 = µ(Xi ) inf f e = µ(Xi ) sup f
Xi Xi
i=1 i=1

576 descritti al variare di tutte le possibili partizioni P = (Xi )i=1,...,n finite di X con insieme misurabili
577 Xi ∈ L, risultano contigui, allora la funzione f si dice sommabile rispetto a µ e l’elemento di
578 separazione si chiama l’integrale di f su X con rispetto a µ e si indica con il simbolo
Z
579 f dµ . (A.2)
X

580 Remark A.2. Ci chiediamo ora se sia possibile esprimere l’integrale (A.2) mediante un integrale di
581 Lebesgue, cioé un integrale dove usiamo la misura m di Lebesgue. Questa circonstanza non é sempre
582 possibile, ma dipende dalla misura µ. Una condizione perché ció accada é data, per esempio, dal
583 Teorema di Nikodym che afferma il seguente [2, page 45]
584 Theorem A.2. Sia µ una misura in L, X ∈ L e f sommabile in X rispetto a µ. Se la misura µ
585 assume valore finito sugli insiemi compatti di L ed é assolutamente continua rispetto alla misura di
586 Lebesgue, esiste una funzione θ = θ(t) definita q.o. in Rn , non negativa e localmente sommabile in
587 Rn , i.e. θ ∈ L1loc (Rn ) e θ ≥ 0 q.o. in Rn , tale da risultare
Z Z
588 f (t) dµ = f (t)θ(t) dt . (A.3)
X X

589 Remark A.3. Nelle ipotesi del Teorema di Nikodym, cioé nelle ipotesi che la misura µ sia dotata
590 di densitá, dunque, l’integrale (A.2) si puó esprimere mediante un integrale di Lebesgue.

21
591 Remark A.4. Non so se esista un teorerma del seguente tipo: Sia µ una misura che assume valore
592 finito sui compatti contenuti in Ω, f una funzione sommabile in Ω con rispetto a µ, e θ localmente
593 sommabile in Ω. Se risulta Z Z
594 f dµ = f (t)θ(t) dt ,
X X
595 qualunque sia X ∈ LΩ , allora risulta che θ debba essere non negativa e si ha che
Z
596 µ(X) = θ(t) dt ∀X ∈ L ,
X

597 che esprimiamo dicendo che la misura µ derivi dalla densitá θ.


598 Dico questo perché se abbiamo un siffatto risultato, allora sarebbe poi facile concludere che (1.18)
599 non vale, perché se ció fosse vero, allora concluderemmo che µt0 derivi da una densitá e questo non
600 é vero perché µt0 non é assolutamente continua con rispetto alla misura di Lebesgue.

601 Remark A.5. Verifica se esiste un siffatto teorema: Sia θ ∈ L1loc (Ω), θ ≥ 0. Considera la funzione
Z
602 µ : X ∈ LΩ → θ(t) dt
X
R
603 dove X θ(t) dt indica l’integrale secondo Lebesgue. Si ha che µ é una misura in LΩ che é assoluta-
604 mente continua con rispetto alla misura di Lebesgue. Controlla se é necessario richiedere che θ ≥ 0
605 dato che questo deve poi risultare necessariamente se assumiamo che vale la suddetta espressione
606 per µ.

607 Remark A.6. Mi chiedo se esiste un teorema del seguente tipo: Dato l’integrale
Z
608 f dµ
X
R
609 questo puó essere espresso come X f (t)θ(t) dt se e solo se µ é dotata di densitá.

610 B Continuitá negli spazi metrici e normati


611 Si richiamano alcuni teoremi che danno condizioni sulla continuitá di operatori lineari tra spazi
612 vettoriali topologici, in particolare tra spazi metrici e tra spazi normati.
613 Consideriamo una funzione f definita in un sottoinsieme X di uno spazio topologico S, a valori
614 in uno spazio topologico S1 . Si verifica subito che, se f é continua in un punto x0 ∈ X, per ogni
615 successione (xn )n∈N di punti di X convergente ad x0 , si ha che anche la successione (f (xn ))n∈N é
616 convergente e risulta
617 lim f (xn ) = f (x0 ) . (B.1)
n→∞

618 Remark B.1. Osserva che, in detto risultato, S é uno spazio topologico qualsiasi. Tale risultato
619 deriva dal teorema sul limite delle funzioni composte se x0 ∈ X risulta un punto di accumulazione
620 per X, mentre se x0 non é di accumulazione per X, allora x0 é un punto isolato di X, per cui in
621 quest’ultimo caso la successione (xn )n∈N é definitivamente uguale ad x0 , e quindi tale lo risulta la
622 successione f (xn ) n∈N .

623 Il verificarsi di (B.1) si esprime dicendo che una funzione continua in un punto é anche "continua
624 per successioni" nel punto. Se su S non si fa nessuna ipotesi, il verificarsi della (B.1), cioé il
 verificarsi
625 che per una qualsiasi successione di punti di X convergente a x0 , la successione f (xn ) n∈N risulti

22
626 convergente, non garantisce che il limite sia lo stesso e che, nel caso il limite sia lo stesso, tale
627 limite sia uguale a f (x0 ), cioé che la funzione f sia continua nel punto x0 . Se peró l’insieme di
628 definizione X é un sottoinsiemne di uno spazio metrico, dunque nel caso particolare che S sia uno
629 spazio metrico, il risultato si inverte. Precisamente sussite il teorema.

630 Theorem B.1. Siano X un sottoinsieme di uno spazio metrico S, S1 uno spazio topologico, f una
631 funzione definita in X ed a valori in S1 , f : X ⊆ S → S1 , x0 un punto di X. Le proposizioni che
632 seguono sono equivalenti.

633 (i) f é continua in x0 .

634 (ii) Per ogni successione (xn )n∈N di punti di X convergenti ad x0 , risulta

635 lim f (xn ) = f (x0 ) .


n→∞

636 Remark B.2. Voglio fare una precisazione riguardo la proposizione (ii). Si richiede che per ogni
637 successione (xn )n∈N di punti di X convergente ad x0 , la successione f (xn ) n∈N sia convergente,

638 il limite non dipende dalla particolare successione, cioé le successioni f (xn ) n∈N convergono allo
639 stesso limite,
 e questo limite risulta uguale a f (x0 ). É diverso dal dire che dato che le successioni
640 f (xn ) n∈N sono convergenti, allora devono essere convergenti allo stesso limite. Noi qui nella
641 formulazione della proposizione (ii) giá stiamo assumendo che convergomno allo stesso limite e
642 questo limite risulta uguale a f (x0 ). Questo risulta chiaro vedendo i dettagli della dimostrazione di
643 questo teorema.

644 Remark B.3. Si consiglia di confrontare la formulazione del Teorema B.1 con il teorema piú
645 generale dato in [?, Thm 13.05, pag. 209] che caraterizza la regolaritá di una funzione in un punto
646 mediante la regolaritá di certe successioni di valori della funazione.

647 Theorem B.2. Condizione necessaria e sufficiente affinché una funzione f , definita nell’insieme
648 X ⊆ R, sia regolare in un punto x0 di accumulazione per X, ćhe per ogni  successione (xn )n∈N di
649 punti di X \ {x0 }, tendente ad x0 , esista il limite della successione f (xn ) n∈N . Tale limite é allora
650 indipendente dalla particolare successione (xn )n∈N , e coincide con il limite di f in x0 .

651 Consideriamo ora il caso dell’operatore lineare di uno spazio normato S in un altros pazio normato
652 S1 .

653 Theorem B.3. Siano S and S1 spazi vettoriali normati. Se A : S → S1 é un operatore lineare di
654 S in S1 , le proposizioni che seguono sono equivalenti.

655 (i) A é continuo in S.

656 (ii) Esiste almeno un punto di S in cui A é continuo.

657 (iii) Esiste ℓ > 0 tale che ∥x∥S ≤ 1 ⇒ ∥Ax∥S1 ≤ ℓ.

658 (iv) Esiste ℓ > 0 tale che ∥x∥S = 1 ⇒ ∥Ax∥S1 ≤ ℓ.

659 (v) Esiste ℓ > 0 tale che ∥Ax∥S1 ≤ ℓ∥x∥S ∀x ∈ S ossia A é limitato.

660 (vi) A é una funzione lipschitziana, ossia esiste ℓ > 0 tale che ∥Ax − Ay∥S1 ≤ ℓ∥x − y∥S ∀x, y ∈ S.

661 (vii) A é una funzione uniformemente continua.

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662 References
663 [1] DiBenedetto E., Real analysis, Birkhäuser, Boston, 2002

664 [2] Fiorenza R., Appunti delle Lezioni di Analisi Funzionale, Universitá degli Studi di Napoli
665 Federico II, COINOR, 1988–2011.

666 [3] Fiorenza R., Greco D., Lezioni di analisi matematica, Vol. 1, Liguori, 2nd Ed, Napoli, 1985

667 [4] Kirillov A.A., Gvishiani A.D., Theorems and Problems in Functional Analysis, Springer, New
668 York, 1982

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