Universit di Firenze,Viale Morgagni 67/a, 50134 Firenze, Italia email : mascolo@math.uni.it, web : www.math.uni.it/mascolo
p. V
Albert Einstein
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Indice
1 2
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1 1.2 Cenni Storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Argomenti Trattati .....................................
1 3 7 9 9 13 16 17 20 25 25 27 30 33 36 39 39 41 46 49 56 61 61 64 71 76 80
Teorema di Hahn-Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 Spazi normati e Spazi Duali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Teorema di Hahn-Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Spazi normati riessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Problema della minima norma e teoria della dualit . . . . . . . . . . Forme geometriche del teor. di Hahn-Banach . . . . . . . . . . . . . . . .
Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Teorema della Proiezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Forme Bilineari e Teorema di Stampacchia . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sistemi ortonormali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Basi Hilbertiane ........................................
p. VIII
83 84 87 87 89 92 98
....................................
Teoremi di immersione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1,p W0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 1,p Convergenza debole in W . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 1,p Lo spazio duale di W0 (I) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
Formulazione variazionale di problemi ai limiti . . . . . . . . . . . . . . 106 Procedimento dei Metodi Diretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
7 8
Spazi di Sobolev in
7.1 7.2 Spazi di
BiBLIOGRAFIA
VIII
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1 Introduzione
Lo studio delle funzioni reali stato sviluppato nel Calcolo dierenziale classico da Newton, Leibnitz e sistemato in modo organico da Weierstrass e Cauchy. I problemi principali attorno a cui si sviluppano le ricerche degli analisti verso la ne dell'Ottocento sono la risoluzione delle equazioni dierenziali e i problemi di massimo e di minimo di funzionali del Calcolo delle Variazioni. In entrambi i casi le incognite non sono numeri ma funzioni e diventa quindi indispensabile lo studio delle trasformazioni ed operatori che agiscono su insiemi di funzioni. Vediamo cosa si intende per un problema di Calcolo delle Variazioni. Assegnata f = f (x, s, z) denita in [a, b] R R R, ad u : [a, b] R, corrisponde un numero reale I(u) denito come ogni funzione
I(u) =
a
U,
e nella ricerca
u0 U
I(u0 ) I(u)
(I(u0 ) I(u)) p, q
u U.
Lo studio di un'equazione dierenziale ore un'altro esempio di classe di operatori su classi funzionali. Assegnate intervallo funzioni denite e continue in un
[a, b]
di
R, L : u Lu L=
denito da
p. 2
u0
tale che
L(u0 ) = v .
T (u)(x) =
a
dove
K = K(x, y)
g,
u0
tale che
T (u) = g .
In questa direzione alla ne del 1800 nasce e si sviluppa una nuova teoria, chiamata Analisi Funzionale dal matematico francese Hadamard. La creazione dell'Analisi Funzionale stata motivata dall'idea che i tre problemi, del tipo precedente, possano essere interpretati attraverso una comune formulazione astratta interpretandoli come operatori che agiscono su un'opportuna classe di funzioni. Gli operatori trasformano elementi di uno spazio in elementi dello stesso spazio o dierente ed introducendo un'opportuna struttura topologica e lineare a tali spazi si possono determinare le propriet dell'operatore in esame, che permettono poi di stabilire l'esistenza delle soluzioni dei problemi ad essi associati. Nel calcolo delle variazioni gli operatori hanno valori nell'insieme dei numeri reali e questi operatori vengono chiamati Funzionali, mentre il termine operatore riservato alle trasformazioni tra classi di funzioni. Il primo passo che bisogna compiere per strutturare lo spazio delle funzioni quello di ssare un metodo per misurare la distanza tra una funzione ed un'altra. In termini matematici quando si introduce una distanza parliamo di spazi metrici, ad esempio gli spazi euclidea. Vi sono vari modi di misurare la distanza tra due funzioni e quindi la denizione di distanza non univoca ma dipende dal contesto in cui viene introdotta. A titolo d'esempio, consideriamo la distanza ottenuta attraverso lo scarto massimo tra le due funzioni continue distanza tra
Rn
f, g
su un intervallo
[a, b]
si denisce la
come
(1.0.1)
che, a norma del teorema di Weierstrass, sempre denita e verica le tre propriet delle distanze : simmetrica, triangolare e
d(f, g) = 0
se e solo se
f = g.
L'insieme delle funzioni continue su un intervallo
[a, b]
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p. 3
In particolare si tratta di spazi topologici ed quindi possibile introdurre il concetto di intorno di un punto e di continuit dedgli operatori. Lo spazio delle funzioni continue ha anche una struttura lineare infatti si verica facilmente che uno spazio vettoriale su
R,
si tratta quindi di
spazio
In alcuni spazi di funzioni si pu anche denire una norma che determina a In particolare lo spazio metrico delle funzioni continue determinato dalla distanza (1.0.1) anche uno spazio normato, con la norma denita da :
x [a, b]}
Il grande contributo dei matematici del XX secolo stato quello di studiare la struttura geometrica e topologica degli spazi in cui gli elementi sono funzioni ed in cui si possono trasferire molti concetti delle geometria elementare. Molte delle proprie degli spazi euclidei si estendono a spazi di funzioni ma in generale quest'ultimi non sono a dimensione nita e di conseguenza vengono meno certe propriet vere in dimensione nita, come la completezza degli spazi rispetto alle norme, l'equivalenza delle norme su uno stesso sostegno ed inne alcune questioni di compattezza : gli insiemi chiusi e limitati in norma non sono in generale compatti.
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tria ed analisi poste in luce dal suo particolare approccio alla teoria delle L'algebra tratta un numero nito di incognite che soddisfano un numero nito di relazioni mentre l'analisi si trovava a dover considerare questioni dove le incognite erano innite e soddisfacevano relazioni e vincoli di tipo integrale e dierenziale. Per Hilbert i problemi dell'algebra e dell'analisi dovevano quindi fondersi ed essere compresi nella pi generale questione di studiare problemi con innite incognite soggette ad innite relazioni. Nelle sue ricerche sulle equazioni integrali Hilbert individua le funzioni assegnate attraverso i suoi coecienti di Fourier in uno sviluppo rispetto ad successione ortonormale di funzioni, senza considerare tuttavia questa successione come sistema di coordinate di un punto in uno spazio. Il primo passo di astrazione nella traduzione di concetti e nozioni dalla visione nito dimensionale a quella innita, venne fatto da Frechet e E. Schmidt (18761959), considerando in particolare le successione di uno spazio ad innite dimensioni. Tuttavia , il primo tentativo signicativo di costruire una teoria astratta degli spazi funzionali venne compiuta da Maurice Frechet ( 1978-1973) nella sua tesi di dottorato nel 1906, che ebbe un'importanza enorme non solo nello sviluppo dell'analisi funzionale ma di tutta la moderna topologia. Frechet tent di riunicare in termini astratti le idee contenute in Cantor, Volterra, Arzel, Hadamart, e Hilbert, introducendo negli spazi di funzioni le propriet topologiche di intorno, limite di successione e anche di metrica. Gli esempi presentati in quegli anni furono spazi vettoriali a dimensione innita come lo spazio delle funzioni continue e lo spazio delle successioni di numeri reali. Pi precisamente, viene introdotto lo spazio delle successioni tali che
|xn |2 <
n=1
si dimostra che esso dotato di un prodotto scalare dato da
(x, y) =
n=1
xn yn .
Da allora uno spazio con le stesse propriet viene detto spazio di Hilbert. Intorno a quegli anni sia Schmidt che Frechet osservarono che lo spazio delle funzioni a quadrato sommabile (integrale nel senso di Lebesgue) ha la stessa geometria dello spazio di Hilbert delle successioni. Inoltre Frechet stabiliva un teorema di rappresentazione dei funzionali lineari e continui su funzione
L2
v L2 F (v) =
v(x)u(x).
a
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Frechet studi anche i funzionali su spazi di funzioni ed il loro dierenziale. La denizione di dierenziale venne poi precisata dalle ricerche di Albert Fischer (1894-1922) e Elizabeth Le Stourgeon (1881-1971). La parte centrale delle ricerche in analisi funzionale fu rivolta alla risoluzione delle equazioni dierenziali ed integrali attraverso lo studio di operatori che che operano su spazi a dimensione innita. L'inizio delle ricerche in questo campo dovuto a F. Riez (1880-1956) ma le denizioni generali e lo studio sistematico dovuto a Stefan Banach (18841945), Hans Hahn (1879-1934), Eduard Helly (1884-1943) e Norbert Wiener (1894-1964). dicile risolvere questioni di priorit nelle ricerche di questi scienzati, tuttavia va riconosciuto che stato il lavoro di Banach, ispirato ai lavori dei matematici italiani e francesi, ad avere maggiore inuenza. Il tratto distintivo di Banach fu di determinare uno spazio dotato di una norma, ma non denita attraverso un prodotto scalare. L'introduzione degli spazi normati permise di considerare gli spazi delle successioni
xn
tali che
|xn |p <
n=1
con
p>1
p-sima
Lp .
La
spazio viene chiamato di Banach se la norma stabilisce una metrica completa. Inoltre, Banach introduce la classe del funzionali su uno spazio normato e ne stabilisce le propriet. L'idea venne anche introdotta da Hahn ma ancora una volta il lavoro di Banach pi esauriente. Il teorema di prolungamento sui funzionali lineari, noto come teorema di Hahn- Banach, ha avuto grande importanza nelle applicazioni. Le ricerche di Banach rappresentano la sintesi di una serie e metodi emersi in diversi contesti nei lavori degli analisti nei precedenti venti anni. La teoria dell'analisi funzionale si presentava come una teoria autonoma, di cui la rassegna di problemi aperti che erano stati individuati da Banach, dimostrava i possibili sviluppi. Intorno al 1920 la teoria degli spazi di funzioni e degli operatori, sembr tuttavia dirigersi verso l'astrazione ed in realt anche Banach non diede molto peso alle possibili applicazioni delle sue ricerche. In questa direzione ricordiamo l'osservazione fatta da Hermann Weyl (1885-1955) :
Non fu per merito ma solo per caso che si scopr che la teoria degli spazi di Hilbert ero lo strumento matematico adatto alla meccanica quantistica.
Infatti, quando Hilbert sembrava aver perso interesse alle equazioni dierenziale ed integrali e stava rivolgendo la sua attenzione ai fondamenti della matematica, le ricerche su questi argomenti furono ripresi da un suo assistente John von Neumann (1903-1957), che nel 1927 pubblic alcuni risultati sugli operatori non limitati e che erano preceduti da una presentazione assiomatica degli spazi di Hilbert basata sulla nozione di prodotto scalare. John
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von Neumann caratterizzava gli spazi di Hilbert con cinque assiomi : spazio vettoriale, esistenza di un prodotto interno, separabilit, esistenza di inniti elementi linearmente indipendenti, completezza. Le sue ricerche si rivelarono di estrema importanza nelle applicazioni in meccanica quantistica e inoltre contribuirono in modo essenziale a conferire all'analisi funzionale la sua dimensione moderna ed applicata. L'opera denitiva sulla teoria dei funzionali richiesta per il Calcolo delle Variazioni invece dovuta a Leonida Tonelli (1885-1946) intorno al 1920. La teoria classica era basata sulla condizione necessaria di Euler-Lagrange, la nuova teoria, introdotta da Tonelli nel 1925, e detta dei Metodi Diretti, assicura l'esistenza di minimi attraverso la nozione di semicontinuit inferiore. Importante anche l'opera di Hausdor (1868-1942) che segn la nascita della moderna topologia generale come disciplina autonoma. Le sue ricerche si basarono sulla determinazione degli intorni, aperti e chiusi in insiemi di natura generale. Hausdor introdusse inoltre il conceto di dimensione frazionaria, che all'epoca pass inoservato, ma che ha rivelato tutta la sua importanza nella geometria dei frattali elaborata da B. Mandelbrot nella met del 1970. Bisogna osservare che probabilmente il grado di generalizzazione e di astrazione rappresenta l'aspetto predominante della matematica del XX secolo, tuttavia le nozioni astratte stabilite e studiate in questo periodo hanno poi svolto un ruolo fondamentale nella ricerca applicata. Negli ultimi 50 anni lo sviluppo dell'analisi funzionale, diversicandosi in molteplici direzioni, ha nito per interessare tutti gli aspetti della matematica e della sica teorica. Un nuovo e decisivo impulso all'analisi funzionale venne a partire da 1936 dalle ricerche di un sico matematico russo S. Sobolev (1908-1989) sui fondamenti di una nuova teoria, detta delle distribuzioni, che generalizzava il concetto di funzione e che era connessa con la meccanica quantistica. Le ricerche partivano dalla cosidetta funzione
(x) = 0,
per
x=0
(x)(x)dx = (0).
Sobolev, introdusse una nuovi classe di spazi che portano il suo nome, costituiti da funzioni con potenza
p-sima
particolare di derivata debole, che appartengono alla stessa classe di funzioni. Nel 1945 il matematico francese L. Schwartz, basandosi sulle ricerche di Sobolev e sulla teoria degli spazi topologici lineari localmente convessi, riusc a costruire una teoria, teoria delle distibuzioni, in cui non solo trovava rigorosa sistemazione la funzione
equazioni dierenziali ordinarie ed a derivate parziali. Concludiamo questa breve introduzione storica con una famosa frase di Hilbert, che sembra addattarsi perfettamente con lo sviluppo della teoria dell'analisi funzionale :
Nella storia di ogni teoria matematica si possono distinguere tre fasi : quella creativa, quella formale ed inne quella critica.
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viene denominato
d(x, y) =
xy
. Se
rispetto a questa distanza vale la condizione di Cauchy, lo spazio normato viene chiamato spazio di Banach. Molte delle topologie introdotte negli spazi di funzioni possono essere interamente studiate facendo ricorso alle successioni, infatti se lo spazio normato la compattezza equivalente alla compattezza per successioni. Introdotti gli operatori tra spazi normati si studiano quelli che possiedono la propriet lineare : Un operatore tra spazi normati se
T :XY
si dice lineare
T (x + y) = T (x) + T (y)
Dato uno spazio normato lineari e continui su
X.
Lo spazio duale
di uno spazio
ancora uno
spazio normato ed sempre uno spazio di Banach. Il teorema principale per i funzionali lineari quello di Hahn-Banach da cui si deduce come prima conseguenza, che dato uno spazio normato non banale non banale nemmeno il suo spazio duale. Il teorema di Hahn-Banach e le sue conseguenze sono studiate nel Capitolo 2. Quando gli spazi sono completi allora si hanno i Teoremi di Banach- Steinhaus, che stabilisce che per operatori lineari, la limitatezza puntuale implica quella uniforme e come conseguenze il teorema dell'applicazione aperta e del graco chiuso. Questi due teoremi hanno numerose applicazioni nella risoluzione delle equazioni dierenziali lineari. Alla base di questi risultati vi il Lemma di Baire o delle categorie. Questi principi che sono alla base dell'analisi degli operatori lineari, sonoillustrati nel Capitolo 3. Facendo agire sulle successioni di uno spazio normato gli elementi dello spazio duale si introduce la nozione di convergenza debole, che permette di estendere in dimensione innita alcuni importanti risultati che non sono veri rispetto alla convergenza in norma, detta convergenza forte. Questo tuttavia possibile se lo spazio riessivo, cio pu essere identicato in modo canonico con lo spazio duale del suo duale. In particolare vale che se una successione limitata in norma allora ha un'estratta che converge debole. Vale inoltre, utilizzando un teorema di separazione dei convessi (formulazione geometrica del Teorema di Hahan-Banach) che se un insieme convesso chiuso nella topologia forte chiuso anche rispetto a quella debole. Un insieme convesso chiuso e limitato nella norma debolmente compatto. Lo studi delle topologie deboli con paricolare riferimento al caso degli spazi delle funzioni sommabili
Lp
Quando la norma di uno spazio associata ad un prodotto scalare, lo spazio gode di propriet geometriche analoghe a quelle dello spazio euclideo. In uno spazio normato si misurano le distanze ma non gli angoli, questo invece
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possibile negli spazi dotati di un prodotto scalare. In particolare se lo spazio completo, si dice che uno spazio di Hilbert. In uno spazio di Hilbert si ha che ogni vettore dotato di proiezione su qualunque sottoinsieme chiuso e convesso e quindi in particolare su qualunque sottospazio chiuso. Come conseguenza si ha che ogni spazio di Hilbert pu essere identicato con il suo duale (come avviene per gli spazi a dimensione nita) attraverso l'isomorsmo di Riez. Il teorema della proiezione si estende alle forma bilineari e si ottiene il Teorema di Lax-Milgram, che gioca un ruolo fondamentale nello studio delle equazioni dierenziali. Il Capitolo 5 contiene lo studio delle propriet degli Spazi di Hilbert. Inne si introduce la nozione di derivata debole e gli spazi di funzioni di classe
Lp
Lp .
al 1930, hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dei metodi di risoluzione delle Equazioni Dierenziali in particolare attraverso il cosidetto metodo variazionale o formulazione debole dell'equazione. La teoria degli spazi di Sobolev ed il metodo variazionale viene presentato nel Capitolo 6.
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2 Teorema di Hahn-Banach
x > 0 per ogni x = x . x+y x + y . La coppia (X, . ) chiamato spazio normato. In uno spazio normato denita
la distanza
una norma se
d(x, y) = x y .
quindi in
x0
n
nella norma di
lim xn x0 = 0.
Osserviamo che una metrica indotta da una norma ha alcune propriet di invarianza : Per ogni
x, y, z
in
si ha :
reale
Rn
uno spazio
x =(
1,..n
|xi |2 ) 2 .
p. 10
[a, b]
C0
Lo spazio vettoriale
C 0 ([a, b]) f
con la norma
b L1
=
a
|f (x)|dx,
p 1 ssato, indichiamo con lp lo spazio vettoriale delle successioni reali x = (n ) tali che |n |p < +. lp uno spazio normato con la norma x
l1
=(
|n |p ) p .
Indicheremo con
l lo spazio delle successioni limitate di numeri reali x = |n | Cx con Cx dipendente da x ma non da n : La norma in x = sup |n |
nN
, con
p 1,
Osserviamo che un sottospazio di uno spazio normato completo ancora comDue norme in uno stesso spazio positive
a, b
tali che :
C0 e
L1
C 0 ([a, b]) (b a) f C 0
L1
1 2n
un'applicazione
F :XR
tale che :
F (x + y) = F (x) + F (y).
Osserviamo che per i funzionali lineari si adoperano indierentemente le seguenti notazioni :
se e solo se lim-
0.
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Dimostrazione. Sia
X , ovviamente F (0) = 0. Se 0 in cui F (x) < . Proviamo che se F continuo in 0 continuo in ogni altro punto x0 di X . Infatti se |F (x)| < per ogni x in un intorno di I(0, ) di 0, si ha che per ogni z x0 + I(0, )
continuo si ha che esiste un intorno dello
x0 . Supponiamo che esista I(0, ) intorno dello 0, in F limitato, esiste M tale che |F (x)| M per ogni x I(0, ), allora per ogni y M I segue : |F (y)| = M |F (x)| < .
Dal teorema precedente segue che un funzionale lineare continuo se e solo se i suoi valori nella sfera unitaria sono limitati. Ad esempio in
n 1,..n i xi per R un funzionale lineare e continuo, in quanto limitato. Inoltre i seguenti funzionali :
il funzionale
Rn
F (x) =
F1 (f ) =
a
oppure
f (t)dt,
F2 (f ) =
a 2 2
e sia
a = (n ) l F (x) =
x = (n ) l2
da :
n n ,
n=1
|F (x)|
n=1
|n n | x
a ,
e la serie all'ultimo membro converge assolutamente. L'insieme dei funzionali lineari e continui su
= Sup
x 1
|F (x)|
F
Infatti, per ogni
= Sup
x =0
|F (x)| . x
x =0
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|F (x)| M x F
allora per
x ,
con
x 1 |F (x)| F
2
x F
2.
Lo spazio normato dei funzionali lineari e continui su uno spazio normato si chiama spazio duale di
e lo indicheremo con
X .
f (t0 ),
denita
|t0 (f )| f
quindi
C0 ,
t0 (f ) 1.
Considerando
f = 1,
si ha
t0 (f ) = 1.
Proposizione 2.3. Lo spazio duale di uno spazio normato uno spazio completo. Dimostrazione. Sia
esiste
n0
tale che
(Fn ) una successione di Cauchy in X cio per n, m > n0 si ha Fn Fm < e quindi x < x .
per ogni
F0 (x).
F0
Fn
converge a
F0
x .
Osservazione 2.4. A titolo d'esempio diamo la costruzione dello spazio duale n n n di R . Sia (e1 , ..., en ) la base canonica in R . Ogni vettore di R si scrive nella i forma v = 1,..n v ei . A partire dalla base canonica si deniscono n elementi n di (R ) , (F1 , F2 , ..., Fn ) mediante le relazioni
Fi (v) = v i .
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facile controllare che segue che Sia
F = 1 F1 + .. + n Fn = 0, F (ei ) = i = 0. Proviamo che costituiscono una base per (Rn ) . F Rn e sia ai = F (ei ) per v Rn si ha F (v) =
1,..n
v i F (ei ) =
1,..n
in
v i ai =
1,..n
(Rn ) .
La base duale
ancora a
p:XR
un'applicazione tale
un sottospazio vettoriale di
g:GR
g(x) p(x),
allora esiste un funzionale lineare
denito in
tale che
per per
x G; x X.
P costituito dalle funzioni lineari h D(h) un sottospazio vettoriale di X , con G D(h), h prolungamento di g e h(x) p(x). Si vede che P un insieme ordinato : h1 h2 quando h2 un prolungamento di h1 e D(h1 ) D(h2 ). Proviamo che P un
insieme ordinato induttivo e cio che ogni suo sottoinsieme totalmente ordi-
nato ammette maggiorante. Sia Q P totalmente ordinato e indichiamo con Q = (hi )iI . Deniamo h denita nell'unione di D(hi ) come h(x) = hi (x) per x D(hi ). la funzione h ben denita infatti se x D(hi ) D(hj ) con i = j ,
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hi un prolungamento h(x) = hi (x) = hj (x).
hj
f P. D(f ) = X . Supponiamo che D(f ) = X e sia x0 X D(f ). Deniamo la funzione lineare h nel sottospazio lineare denito in D(h) = D(f ) + span(x0 ) da
segue che esiste un elemento massimale Il teorema provato se dimostriamo che
y D(h)
un'estensione di
f. x, y D(f )
vale
e la sublinearit di
x D(f )
f (x) + p(x + x0 )
Proviamo che ogni
f (x) p(x x0 ).
e cio che
h(x + tx0 ) = f (x) + t p(x + tx0 ). f (x) + p(x + x0 ) segue che per t > 0 f ( x ) + p( x + t t x0 ) = + tx0 ) e quindi f (x) + t p(x + tx0 ). Sia t < 0, allora da f (x) p(x x0 ), si ha f ( x ) p( x x0 ) = 1 p(x + tx0 ) e quindi t t t anche in questo caso f (x) + t p(x + tx0 ). Dal momento che h P un prolungamento di f con D(f ) D(h), vale h f nella relazione d'ordine denita in P, contro il fatto che f un elemento
Dal fatto che
1 t p(x
massimale. Nella seconda parte della dimostrazione abbiamo provato che se tospazio vettoriale di
un sot-
X , x0 X L
denita in
h(y) = h(x + tx0 ) = g(x) + , per un opportuna mantenendo la propriet h p in X . Supponiamo che X sia uno spazio normato, allora vale
c
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lineare e continuo in
tale che
F |g(x)|
= g
G .
per ogni
x G,
G
p(x) = g F di g in
momento che
e quindi
g F0 ,
F0
ed inoltre
= x0 ,
F0 (x0 ) = x0 2 .
Dimostrazione. Sia
che e
G=
spanx0 e deniamo
g(x) = g(tx0 ) = t x0
. Si vede
x0 X .
Esiste un fun-
F0 ,
tale che
F0
ed inoltre
= 1,
F0 (x0 ) = x0
. Dimostrazione. Sia
che ogni
G=
spanx0 e deniamo
g(x) = g(tx0 ) = t x0
. Si vede
|g(x)| =
F0
X
in
x X e quindi F0 amente F0 X = 1.
norma di
X , che estende g e tale che |F0 (x)| x per 1. Tuttavia, poich F0 (x0 ) = x0 , necessari-
xX
x = Max
X 1
|F (x)|.
(2.2.2)
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si che
x sup
F X
e l'uguaglianza segue dalla Proposizione 2.8 dal momento che per ogni
F X
tale che
Vale inoltre
x1 X
tale che
F (x1 ) = 0
esistere
F X .
Allora
x1 = 0. =1
Dimostrazione. Se
un funzionale ed inoltre
x1 = 0, per la proposizione precedente dovrebbe F1 lineare e continuo non identicamente nullo, con F1 F1 (x1 ) = x1 . X
x0 un elemento non nullo di X e G = spanx0 , deniamo g(x) = g(tx0 ) = t. Dal Teorema di Hahn-Banach esiste un funzionale lineare e continuo F0 in X , che estende g a X , non identicamente nullo, infatti 1 F0 X = g G = x 0 X .
Fissato
xX
sia
x X
il funzionale denito da :
x (F ) = F (x).
Si vede che
X .
Infatti
|x (F )| = |F (x)| x F .
Resta quindi denita l'applicazione tra
J : x X x X .
Dimostriamo che
un'isometria tra
X .
= SupF =0
|F (x)| = x F X
16
X .
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In generale Diremo
Ogni spazio riessivo completo in quanto isometrico allo spazio uno spazio completo. Ogni spazio a dimensione nita uno spazio riessivo. Si prova il seguente teorema di Completamento :
X ,
che
ed un sottospazio
Y Y
denso in
B; X. X
il biduale di
isometrico a
Dimostrazione. Sia
con uno
X , che uno spazio completo per le proY = (x ) isometrico a X . Indichiamo B = Y , dove Y denota la chiusura di Y . B un sottospazio chiuso di spazio completo e quindi completo e Y ovviamente denso nella sua X
si dice
chiusura. Ricordiamo inne che uno spazio normato insieme numerabile denso in
Separabile se esiste un
X.
un sottospazio di
x0 X L,
conside-
Problema 2.12.
(P)
Inf { x x0 ,
x L} = ,
Sup F (x0 ),
F L ,
F 1 = .
e
x0
se
F (x0 x) = x x0 ,
Per dimostrare il teorema abbiamo bisogno della seguente proposizione, conseguenza del Teorema di Hahn-Banach :
17
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p. 18
tale che
F (x) = 0
per ogni
x L,
x L.
Infatti
Deniamo in
L0 = L + spanx0 , per ogni v L0 vale v = x0 + x, con L0 il funzionale lineare e continuo g(v) = dist(x0 , L). x ) | x + x0 = v . >0
esiste
v L0
xL
tale
x x0 dist(x0 , L) + .
Segue :
g
dal momento che di Hahn-Banach
g( x0 ) = dist(x0 , L) e quindi g L = 1. Dal Teorema x g si estende in un funzionale lineare e continuo su X tale che F (x) = g(x) = 0 per ogni x L, F (x0 ) = dist(x0 , L) ed inoltre |g L = F X = 1.
Passiamo alla dimostrazione del teorema 2.14 :
Dimostrazione. Per
con
>0
esiste
F 1,
allora, poich
. Sia
F L
F (x0 ) = F (x0 x) F
segue che Sia
+ , dall'arbritariet di > 0, . > 0, dalla proposizione 2.15 esiste un funzionale F L , che F (x) = 0 per ogni x L e F = 1 ed inoltre F (x0 ) = dist(x0 , L) = ,
segue quindi che Se
dal momento
e quindi
= .
=0
= , si ha quindi F = 0 in L, si ha :
che se
F =0e x L una
quindi anche
= 0.
F (x0 ) = F (x0 x) = x x0 .
18
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p. 19
si ha
xL
G L ,
con
G 1,
G(x0 ) = x x0 .
Diamo un risultato di dualit analogo al precedente nel caso pi generale di sottoinsiemi convessi ed in questo abbiamo bisogno di alcune nozioni di analisi convessa ed in particolare del concetto di funzione coniugata di una funzione. Consideriamo le funzioni convesse denite in uno spazio vettoriale valori in
] . + ],
e
X +.
ed a
[0, 1] si ha tx1 + (1 t)x2 C denita in un insieme convesso C , si dice convessa se (tx1 + (1 t)x2 ) t(x1 ) + (1 t)(x2 ).
L'insieme
B(0, r) = {x X : X.
epi
x < r}
un insieme convesso e
g(x) = x
= {(x, ) X R, (x) } .
una funzione convessa, allora epi un insieme convesso e viceversa ; una funzione convessa, allora per , l'insieme {x X : (x) }
convessa. superiore
1 e 2 sono funzioni convesse, allora 1 + 2 una funzione (i )iI una famiglia di funzioni convesse, allora l'inviluppo (x) = Sup i (x) ancora una funzione convessa.
Diamo la denizione di funzione coniugata di una funzione denita in uno spazio normato.
: X ] , +],
detta coniugata di
mediante
una funzione convessa. Infatti poich per ogni ssato x l'appliF F (x) (x) convessa e continua si ha che l'inviluppo superiore variare di x rimane convessa.
denita
(x)
tale che
= +,
la funzione norma
(x) = x
19
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p. 20
|x ( F 1) F 1.
Sia e
si vede che
F (x) x (F ) = 0
se
(F ) = +
quando
C un insieme convesso chiuso e non vuoto. Deniamo IC (x) = 0 se x C IC (x) = + se x C . IC (x) detta funzione indicatrice di C . La funzione / coniugata di IC (x) viene detta funzione d'appoggio di C . Sia x0 X C , si ha che, nel caso di insiemi convessi, il legame tra il
problema di minima distanza ed il suo problema duale, si ottiene considerando la coniugata della funzione norma e della funzione indicatrice. Osserviamo innanzitutto che
1 (x0 ) < +
2 (x0 ) < +
sia continua in
x0 .
Allora
F 1 (1 (F )
(F ). 2
1 (x) = ||x x0 ||
2 (x) = IC (x)
ed osserviamo che
F (x) x x0 = F (x x0 ) + F (x0 ) x x0 F
ed in
x x0 + F (x0 ) x x0 F (x0 )
x0
F 1 (F (x0 )
IC (F )).
(2.4.3)
f (x) = } ,
H
c
f = .
20
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p. 21
Si ha che
f continua X H aperto e non vuoto dal momento che f non identicamente nulla. Sia x0 X H e sia per ssare le idee f (x0 ) < . Proviamo che esiste un intorno I(x0 , r) X H , tale f < in I(x0 , r), da cui segue che segue che f limitata intorno a x0 e
continua. Se evidente che
chiuso quindi
quindi continua.
x1 I(x0 , r) con f (x1 ) > . Il segmento x(t) = f (x0 ) (1 t)x0 + tx1 contenuto in I(x0 , r) e in particolare per t = f (x1 )f (x0 ) si ha f (xt ) = e quindi xt H . 2 Quando X = R , ogni iperpiano chiuso ha equazione :
Supponiamo che esista
H = (, ) R2 :
con
a + b = .
a, b
reali ssati.
A, B X , xA
di equazione
in senso largo se e
f (x)
per ogni
f (x)
per ogni
x B.
in senso stretto
di equazione
f (x)
Deniti
per ogni
xA
per ogni
x B.
H = {x X : H
f (x) }
H = {x X : A
e
f (x) } ,
se
A H
.
B H .
un sottospazio lineare di
x0 X L, F tale che
F (x) = 0
segue quindi che
per ogni
x L,
contenuto nell'iperpiano
in senso largo.
21
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p. 22
Il primo stabilisce alcune propriet della funzione che si pu associare ad un insieme convesso, detta funzione di Jauge dell'insieme o anche funzionale di Minkoski.
X,
0 C.
in
x C .
(ii) Esiste
M >0
xX
0 p(x) M x .
(iii) Inoltre
C = {x X :
(iv) Per ogni
p(x) < 1} .
un aperto esiste
B(0, r) C . Sia x X
allora
rx x
appartiene all'insieme di cui p(x) l'estremo inferiore e x r . Proviamo(iii). Sia x C , dal momento che C aperto (1 + )x C , per 1 abbastanza piccolo, segue che 1+ appartiene all'insieme di cui p(x) l'estremo 1 inferiore e quindi p(x) 1+ < 1. Sia ora x tale che p(x) < 1, allora esiste x x (0, 1) tale che C . Si conclude che x = ( ) + (1 )0 appartiene a C. Proviamo (iv). Siano
x r
x, y X p(
> 0.
Poich
x )= + p(x)
convesso,
y x y segue che +p(x) , +p(y) appartengono a C . Dal momento per 0 < t < 1 x y t + (1 t) C, + p(x) + p(y)
t=
p(x)+ p(x)+p(y)+2
<1
si ha
x+y p(x)+p(y)+2
) C,
che
22
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p. 23
p(x) =
{x X :
p(x) un funzionale omogeneo, non negativo e X , si verica facilmente che il sottoinsieme di X denito p(x) < 1} un convesso aperto.
L'introduzione della funzione la funzione Jauge permette di generalizzare l'osservazione 2.22 agli insiemi convessi.
in
tale che
per ogni
x C.
In particolare l'iperpiano
H = {x X :
separa
F (x) = F (x0 )} ,
{x0 }
in senso largo.
0 C. G = spanx0 e deniamo g(y) = g(tx0 ) = t. Si ha che g(y) p(y). Infatti, sia y = tx0 con t > 0, poich p(x0 ) > 1, dal momento che x0 non appartiene a C , si ha : g(y) = g(tx0 ) = t < tp(x0 ) = p(tx0 ) = p(y).
Se Inoltre
t < 0 allora g(y) = g(tx0 ) = t < 0 < p(y). g un funzionale continuo, infatti se g(y) = t con t > 0 allora g(y) < p(y) M y , se t < 0 si ha |g(y)| = g(tx0 ) = t < p(tx0 ) tx0 = y .
Dal Teorema di Hahn-Banach esiste un prolungamento lineare e continuo
F
in
segue
g in X tale che F (x) < p(x) per ogni x X . F (x) < p(x) < 1. Quindi C {x F (x) < 1} {x X : F (x) = F (x0 ) = 1}.
di
Inoltre per e
x C
{x0 }
contenuto
C = A B = {x y : x A, y B}, si vede che C C aperto, in quanto unione degli aperti disgiunti C = yB (A y). Inoltre 0 non appartiene a C , dal momento che A e B sono disgiunti. In base al lemma precedente, esiste F tale che, per ogni z C sia F (z) < F (0) = 0 e di conseguenza per x A e y B
Dimostrazione. Sia
un convesso ed inoltre
per ogni
x A, y B.
tale che
H = {x X :
F (x) = }
separa
in senso largo.
23
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p. 24
A, B
A
e
sia chiuso e
in senso stretto.
Dimostrazione. Per
Consideriamo
> 0 sia C la sfera di centro 0 e raggio . A = A + C e B = B + C . Dal momento che A = (x + C ) si ha che A e B sono aperti convessi, non vuoti. Proviamo che esiste un > 0 tale che A e B sono disgiunti. In caso contrario sia n una successione decrescente a 0 e zn A B . Allora zn = xn + wn = yn + vn con xn A n , yn B n e wn , vn C n . Segue xn yn = wn vn 2 n ,
quindi dal momento che a
B compatto esiste un estratta ynk di yn che converge xnk converge a y0 che, poich A chiuso, risulta un elemento di A. Sia quindi > 0 con A B = . Per il risultato precedente esiste un iperpiano chiuso che separa A e B in senso largo, quindi esiste F e tali che per ogni z con z 1 F (x + z) y0
e dalla relazione precedente anche per
xA
e per
yB F (y + z)
e
F (x) xA:
F (y) ,
quando
xA
y B.
F (z) F (x)
che implica ha
F (z) F (x) yB
si
F (x) F F (y) F
24
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L'analisi funzionale lineare basata oltre che sul teorema di Hahn-Banach anche sul principio di uniforme limitatezza o teorema di Banach-Steinhaus e dalle sue conseguenze teorema dell'applicazione aperta e del garco chiuso. Tali teoremi hanno notevoli applicazioni e molti sono i risultati collegati. I tre teoremi hanno una radice comune richiedono la completezza degli spazi e sono una conseguenza del Lemma di Baire.
se
X e Y due spazi vettoriali. L'operatore T : D(T ) D(T ) un sottospazio vettoriale e per ogni x, y
T (x + y) = T (x) + T (y).
Diamo le seguenti notazioni e propriet degli operatori lineari. Il rango di
R(T ) = {y Y : y = T x, x X}. Si ha che R(T ) Y. Il nucleo di T denito da N (T ) = {x D(T ) : T (x) = 0, u}. Si ha che N (T ) un sottospazio lineare di X . Se la dimensione di D(T ) uguale a n allora la dimensione di R(T ) minore o uguale a n. Un operatore lineare iniettivo se e solo se N (T ) = {0}. 1 L'operatore inverso di T , T : R(T ) D(T ), esiste se e solo se T
dato da un sottospazio lineare di
T (x) = 0 = x = 0,
ed un operatore lineare. Inoltre in questo caso quando la dimensione di
D(T )
uguale a
n,
R(T )
n.
p. 26
T
biettivo e
T :X Y ST = I dove I
S :Y X
e
TS = I S = T 1 .
Supponiamo che
c>0
T Tx c x
x X.
T
a
Sia
si ha
T (xk )
converge a
T (x),
(xk ) D(T ) e xk N (T ) X
a
si denota con
L(X, Y ).
L(X, Y )
x 1
della norma
= Sup
|T (x)|.
T = Sup
Vale inoltre
x =0
|T (x)| . x
Teorema 3.2. Se Y
Vale inoltre che se
L(X, Y ),
dotato
T : D(T ) Y
un operatore lineare e
T : x X x da uno spazio normato in se stesso ||T || = 1. 2. Sia X lo spazio dei polinomi su I = [0, 1] con la norma del massimo e consideriamo T (x) = x , ad ogni polinomio associa la sua derivata. L'opn eratore T lineare ma non limitato, infatti quando consideriamo x(t) = t n1 sia ha che x = 1 ma T (x) = nt e quindi T (x) = n. 0 3. Sia X = C ([a, b]) con la norma del massimo, assegnata K(x, y) una funzione continua denita in [a, b] [a, b] deniamo l'operatore :
un operatore limitato con
(T u)(x) =
a
K(x, y)u(y)dy, u X,
b
vale
|
a
|u(y)|dy,
26
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p. 27
tore
RM Y
RN ,
denito da
A = (aij ) con N righe e M colonne, l'operaT (x) = Ax, prodotto di una matrice per {e1 , ..., eN } e {f1 , ..., fM }
lineare se e solo se esiste
da
N M
in
tale che
T(
n=1
dove per
n en ) =
m=1
m fm ,
m = 1, .., M
N
m =
n=1
amn n .
si dice denso
M. A
un insieme aperto si ha che
Int(A) = . Infatti dal momento che ssato x X si ha che ogni intorno di x ha intersezione non vuota con A, non esiste un intorno di x interamente contenuto in (A). Viceversa se l'interno del complemetare di A vuoto vuol dire che ogni intorno di ogni elemento di X ha intersezione non vuota con A e quindi A denso.
un sottoinsieme
si dice
M raro se la sua chiusura in X , M , non ha punti interni cio l'interno Int M = . M di prima categoria se l'unione di un insieme numerabile Mn di insiemi rari in X : M = + Mn , Int Mn = . n=1
R.
di seconda categoria in
R.
Vale il seguente teorema detto delle categorie di Baire.
27
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p. 28
n 1.
Allora
(3.2.2)
Teorema 3.6. Sia X uno spazio metrico completo e sia (Cn ) una successione
Int Cn = ,
per ogni
Int(+ Cn ) = . n=1
pleto di seconda categoria. Infatti se esistere
Osservazione 3.7. Il teorema di Baire aerma che ogni spazio metrico com-
Mn
X fosse di prima categoria, dovrebbero Int Mn = tali che X = + Mn , e quindi si ottiene la n=1 + assurda Int(n=1 Cn ) = Int(X) = .
con
(Cn )
+ Cn = X, n=1
allora esiste Sia
n0
tale che
Int Cn0 = . X
densa in
uno spazio metrico completo e l'intersezione di ogni famiglia numerabile per ogni
An = X n = X. = A
denso in
allora
X. Int(An ) = ,
quindi
Int( + An ) = n=1
An = (Cn ) l'insieme aperto complementare di Cn che X dal momento che Cn ha interno vuoto. (3.2.2) equivalente a + provare che A = n=1 An , ancora denso in X e quindi per ogni un aperto non vuoto di X si deve avere A = . Sia x0 X ed intorno B(x0 , r0 ) tale che B(x0 , r0 ) , proviamo che
Dimostrazione. Sia
B(x0 , r0 ) A = .
Da momento che
A1 B(x0 , r)
si ha che
A1 B(x0 , r0 ) = . r0 . 2 X
Sia
x1
B(x1 , r1 ) B(x0 , r0 ) A1 ,
Per ricorrenza si costruisce una successione positivi
0 < r1 < xn
di punti di
e di numeri reali
rn
d(xn+1 , xn )
r0 2n . La successione
di Cauchy, infatti
r0
i=n
Poich
1 . 2i
in
Proviamo che
x.
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p. 29
e facendo tendere
p +
si ha
n 0
e quindi
L'inverso del Teorema di Baire non in generale vero, infatti vi un esempio dovuto a Bourbaki (1955) di uno spazio normato non completo di seconda categoria. Un'interessante conseguenza del teorema precedente data dal seguente :
M un sottoinsieme di uno spazio di Banach X di prima X M di seconda categoria. Inoltre esiste x X tale che
x M. /
Dimostrazione. evidente che l'unione di due insiemi di prima categoria
ancora di prima categoria. Poich propriet. Diamo un'applicazione del Teorema di Baire provando il seguente teorema dovuto a Weierstrass. di seconda categoria necessariamente l'insieme
: [0, 1] R
X = C 0 ([0, 1])
e deniamo
M = f C 0 ([0, 1]) :
Proviamo che Sia
esiste
f+ (x ) xn
esiste
di prima categoria in
Mn
f M
per cui
h [0, 1] e xn + h 1. Ovviamente M + Mn . Proviamo che Mn 1 0 sono insiemi rari. Si prova facilmente che ciascun Mn chiuso in C ([0, 1]). Proviamo che Int Mn = . Sia f Mn , per ogni > 0 esiste una funzione g lineare a tratti con Max |f (x) g(x)| = f g < e g+ (x) > n per ogni x [0, 1). Quindi g Mn e f non un punto interno a Mn . /
29
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p. 30
Tn
deniti in
x X, L(X, Y ).
in
Y.
x X,
(3.3.3)
SupiI Ti < +.
Esiste quindi una costante
(3.3.4)
c>0
Ti (x) c x ,
Dimostrazione. Per ogni
xX
i I.
n 1,
Xn = {x X : Ti (x) n,
L'insieme
i I} .
Xn
si ha
Ti
continuo si ha
x Xn e (xk ) Xn che converge a x. Ti (xk ) n, per ogni k N e dal che Ti (x) n, quindi x Xn .
nN Xn = X. cx tale che per ogni i I Ti (x) cx e n tale che x Xn . Dal lemma di Baire esiste no tale che Int Xn0 = . Siano x0 X e B(x0 , r) Xn0 . r Fissato x X diverso dall'elemento nullo, poniamo z = x0 + x con = 2 x . Allora z x0 < r e quindi z B(x0 , r) e di conseguenza Ti (z) n0 . 1 Inoltre poich x = (z x0 ), si ottiene
Infatti da (3.3.3) si ha che esiste quindi ogni
xX
esiste
Ti (x) =
Quindi
1 1 4 Ti (z x0 ) ( Ti (z) + Ti (x0 ) ) n0 x . r
.
Ti (x) 4 n0 x r
30
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in
e per ogni
Y , (Tn (x))
(3.3.6)
(3.3.7)
tale che per ogni n e x X vale Tn (x) c x e quindi T (x) c x . L'operatore T ovviamente lineare e inne su n nella relazione Tn (x) Tn x segue (3.3.7).
un sottoinsieme di
G.
(3.3.8)
un sottoinsieme limitato di
allora
un insieme limitato di
G.
.
si ha
|F (x)| F
x M F
Tb : F
G R,
deniti da
Tb (F ) = F (b).
Dalla limitatezza del sottoinsieme una costante
esiste
cF
tale che :
|Tb (F )| = |F (b)| cF ,
Dal teorema 3.10 segue
b B.
SupbB
e quindi esiste una costante
|Tb (F )| < +, F G
tale che
c>0
|F (b)| c F ,
per ogni
F G , G
per ogni
b B.
(2.2.2) si ha :
b
si conclude che
= MaxF =0 b B.
31
|F (b)| , F G
b c
per ogni
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p. 32
Osservazione 3.14. Il risultato precedente dice che per vericare se un sottoinsieme di uno spazio di Banach limitato basta stabilire la limitatezza sui funzionali lineari e continui. Il procedimento analogo a quello in dimensione nita, quando si considerano le componenti rispetto ad una base. Inne vale il seguente risultato negli spazi duali :
un sottoinsieme di
xG
si abbia che
(3.3.9)
F B F (x),
un sottoinsieme limitato di
allora
un insieme limitato di
G .
Dimostrazione. La limitatezza di (3.3.9) signica che per ogni x G esiste cx tale che |F (x)| cx per ogni F B . Applichiamo il teorema 3.10 con X = G, Y = R e I = B e consideriamo la famiglia di operatori TF : G R
deniti da
TF (x) = F (x)
La famiglia degli operatori
per ogni
F B,
per ogni
x G,
TF
SupxG
Quindi esiste una costante e quindi
F c
per ogni
F B
xG
Diamo qualche applicazione del teorema 3.10. Proviamo che lo spazio normato dei polinomi con la norma denita da
p = Maxj |aj |,
dove
aj
Si riesce infatti a costruire una successione di operatori lineari e continui che soddisfano (3.3.3) ma non (3.3.4). Ogni polinomio nella forma del
pu essere scritto
dove
aj = 0
per
j > Np
dove
Np
il grado
Tn (0) = 0
pX
la successione
Np
ha
|aj | p e |Tn (p)| n p . Tn (p) soddisfa (3.3.3) dal momento Np + 1 coecienti e quindi
p(t) = 1 + t + ... + tn e p = 1. Si ha che Tn () = n = n p p Tn |Tn ()| = n e quindi la successione Tn non soddisfa (3.3.4) p
32
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p. 33
Usando il teorema di Banach-Steinhaus si prova anche lo spazio delle funzioni continue che sono nulle in un sottointervallo di con
0 C0 ([0, 1])
1 Tn (f ) = nf ( ) n
. Proviamo che
Supn |Tn (f )| < + per ogni f C 0 ([0, 1]) ed invece Supn Tn = +. 0 Sia f C ([0, 1]), osserviamo che esiste nf tale che Tn (f ) = 0 per ogni 1 n > nf , infatti f ( n ) = 0 per n > nf . Quindi per ogni n : 1 Tn (f ) Max1nnf Tn (f ) = Max1nnf |if ( )| nf ||f ||C 0 i
Inoltre Quindi,
n (f Tn = sup |T||f ||)| n. 0 scegliendo f C0 ([0, 1])
con
1 Sup |f | = |f ( n )|,
segue
Tn = n.
T : D(T ) X Y , D(T )
un aperto di
Y. D(T )
in
Notiamo che se l'applicazione non surriettiva bisogna precisare se aperta dal suo dominio
oppure da
D(T )
xx
aperta se e solo se
aperto.
Per evitare confusioni ricordiamo che un'applicazione continua ha la propriet che ogni insieme aperto di aperto di X . Questo non implica che T t R sin t continua ma l'immagine di
(0, 2)
[1, 1].
Y.
Denotato con
e raggio
in
X,
si ha che l'immagine
33
p. 34
r>0
tale
che contiene
0.
che
(3.4.10)
biettivo,
(a)
un insieme aperta
(b)
Bn
B = B(0, 21 ) n
B1 = B(0, 1 ) 2
contiene
T (Bn )
(c) T (B0 ) contiene un intorno dello (d)L'operatore T aperto. 1 Proviamo (a). Denotiamo con B1 = B(0, ) X . 2
x X
esiste
0 ,Vn ,
in
Y. 0Y.
sucientemente grande
k > 2 x
, tale che
x kB1 .
Poich
Quindi
X = kB1 . k=1
lineare e surriettivo
Y = T (X) = T ( kB1 ) = kT (B1 ) = kT (B1 ). k=1 k=1 k=1 Y completo, dal lemma di Baire, segue che esiste k tale che l'interno kT (B1 ) non vuoto e quindi contiene un aperto non vuoto. Di conseguenza, anche T (B1 ) contiene un intorno aperto
Poich di
B = B(y0 , r) T (B1 ).
y T (B1 ) y0 . Allora y + y0 T (B1 ) e segue che esistono due successioni un = T (wn ) e vn = T (zn ) di elementi di T (B1 ) che convergono rispettivamente agli elementi y + yo e y0 di T (B1 ). Poich wn , zn B1 si ha
Sia
wn zn wn + zn 1,
quindi
wn zn B0 .
34
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p. 35
segue che
Da (3.4.11) si ha dunque
BY (0, r) T (B0 ).
Sia
Bn = B(0, 2n ) X .
Poich
lineare
T (Bn ) = 2n T (B0 )
e quindi si
ottiene
Vn = BY (0,
r ) T (Bn ). 2n
r V1 = BY (0, ) T (B0 ). 2
Sia con
y V1
da
yv <
x1 B1
r 4 e poich
v = T (x1 )
si ha anche
y T (x1 ) <
Allora che
(y T (x1 )) V2
r . 4 V2 T (B2 ), r . 8
esiste
x2 B2
tale
xn Bn
tale che
y
k=1
Sia
r . 2n+1 T zn
converge a
zn = x1 + x2 + .... + xn ,
per
y.
Inoltre
zn zm
k=m+1
e quindi
xk <
k=m+1
1 2k
zn
x.
Proviamo che
x B0 ,
infatti
xk x1 +
k=1
Dalla continuit di
k=2
r < 1. 2k
T , T zn T (x) e quindi y = T (x) e y T (B0 ). T aperto e cio per ogni insieme aperto A di X , T (A) un aperto di Y . In particolare vale che per ogni y = T (x) T (A) esiste un intorno di y contenuto in T (A). Siccome A aperto si ha che Ax un aperto che contiene un intorno B(0, r) 1 di centro 0 e quindi segue che (A x) contiene B0 = B(0, 1). r 1 1 Da (c) segue che T ( (A x)) = (T (A) T (x)) contiene un intorno di 0 che r r contenuto anche in T (A) T (x). Segue che T (A) contiene un intorno aperto di y = T (x). 1 Inne quando T : Y X esiste, essendo l'inverso di un'operatore aperto
(d)
continuo.
35
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p. 36
u0 .
che ad
T : u C 1 ([0, 1]) C 0 ([0, 1]) R (u (x) + (x)u(x), u(0)). L'operatore T lineare e limitato
T (u) = u + u
inverso
+ |u(0)| u
+ u
+ |u(0)| C u
C1 .
T un operatore aperto e quindi il suo operatore T 1 : C 0 ([0, 1])R C 1 ([0, 1]), che ad ogni coppia di elementi (f, u0 ) associa la soluzione del problema continuo. Ne segue che se fn converge a f 0 in C ([0, 1]) e uo,n converge a u0 , la successione delle soluzioni dei problemi
Per il teorema precedente
C 1 ([0, 1])
tale che :
x
dente considerando
C x 1,
2) e
allora le due norme sono equivalenti. La propriet segue dal teorema prece-
X = (X,
1 ),
X = (X,
l'operatore identit in
X.
Denizione 3.20. Un
operatore
T : D(T ) X Y ,
con
spazi
XY
X Y
data da
(x, y) = x + y
(xk ) D(T )
con
T (x) = y .
c
36
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Dimostrazione. L'operatore
che
T chiuso se e solo se z = (x, y) G(T ) implica z G. Se zk = (xk , T (xk )) converge a z = (x, y) necessariamente y = T (x). Viceversa se xk converge a x e T (xk ) converge a T (x) si ha che (x, y) G(T ) = G(T ) e quindi G(T ) chiuso.
Vale il seguente teorema
spazi di Banach, un
si ha che
limitato e
G(T ) P
D(T )
completi. Consideriamo
P : G(T ) D(T )
denita da
P (x, T x) = x.
L'appli-
P (x, T (x)) = x x + T (x) = (x, T (x)) . P biettiva, dal teorema dell'applicazione aperta la sua applicazione P 1 (x) = (x, T (x)) continua e limitata e quindi esiste c > 0 tale che (x, T (x)) c x . L'ultima relazione implica che l'operatore T anche limitato, infatti
Inoltre inversa
D(T ) = X , se X x 1 = x X + T (x)
Osservazione 3.23. Se
Consideriamo
Y equivalente a
X.
D(T ) non chiuso il teorema 3.22 non valido. X = C([0, 1]) e D(T ) il sottospazio delle funzioni che hanno derivata prima continua e sia T l'operatore che associa la derivata T (u) = u . Abbiamo visto nell'osservazione 3.3 che T non limitato. Proviamo che T
chiuso. Sia
uk u
T (uk ) v ,
proviamo che
v=u.
uk (s)ds =
0
v(s)ds
u = v.
T : D(T ) D(T ), con D(T ) = x X D(T ) esiste una successione (xk ) D(T ) che converge a x D(T ). / Vale tuttavia che se T un operatore lineare e limitato con dominio D(T ) X
Consideriamo ad esempio l'operatore identit che lineare e continuo ma non chiuso. Infatti se si ha che
37
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p. 38
T chiuso. (xk ) una successione di elementi di D(T ) che converge a x D(T ), si ha T (xk ) converge a T (x) e quindi T chiuso. Se T chiuso e Y completo allora D(T ) chiuso. Sia x D(T ) D(T ) esiste una successione (xk ) di elementi di D(T ) che converge a x e dalla continuit di T segue :
chiuso allora Infatti se
D(T )
y = T (x)
e di conseguenza
38
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A IRn ed a valori reali. Si determinano prima i punti stazionari di g cio i punti x0 che annullano il dierenziale di g , dg(x0 ) = 0. In un secondo g
denita in momento si riconosce la natura del punto critico studiando le derivate seconde di
g.
Una funzione
(xk ) A
convergente a un punto
x0
si ha
Una funzione inferiormente semicontinua denita in un insieme chiuso e limitato ( quindi compatto) ammette un punto di minimo.
Il Teorema di Weierstrass si basa sulla propriet che in
tutte le successioni
limitate hanno un estratta convergente. Questo valido solo negli spazi a dimensione nita, per ottenere un risultato utile negli spazi a dimensione innita necessario introdurre una nuova topologia. A titolo d'esempio introduciamo il procedimento dei Metodi Diretti, utilizzato per determinare i minimi di funzionali. Sia assegnato il funzionale topologico
I : U R, con U sottospazio di uno spazio I sequenzialmente semicontinuo inferiormente per successioni rispetto alla topologia , denita in U, se per ogni successione (uh )h contenuta in U, convergente ad una funzione u0 nella topologia , si ha X,
diremo che
denito in
p. 40
Inf {I(u), m
di
u U} = m, I
in
il procedimento dei Metodi Diretti consiste dei seguenti passi : (a) provare che l'estremo inferiore
nito ;
in
U,
cio una
(uh )h
tale che
m = lim I(uh ),
h
che converge o ammette una sottosuccessione convergente ad una funzione
u0 U
nella topologia
. I.
(c) garantire la semicontinuit inferiore del funzionale Quando queste condizioni sono soddisfatte, si ottiene
u0
un minimo di
in
U.
Si riconosce che la nozione di semicontinuit, pi debole di quella di continuit, quella giusta per la ricerca del minimo. Tuttavia rimane il problema di determinare nella classe
un' opportuna
topologia in cui le successioni minimizzanti convergono, siano dunque compatte (una topologia quindi con pochi aperti) ma rispetto alla quale il funzionale aperti).
X un insieme non vuoto, e siano e due topologie X . Diremo che pi ne di , se per ogni x X la famiglia degli intorni x nella topologia contenuta nella famiglia degli intorni nella topologia X,
la sostituiamo con una pi ne ogni intorno
.
Se raniamo la topologia in della prima anche intorno nella seconda, di conseguenza aumentano gli intorni e quindi gli aperti ma diminuisce la famiglia dei compatti, quella delle successioni convergenti e dei compatti per successione. Ci chiediamo cosa succede per la continuit di una funzione. Si vede facilmente che se raniamo la topologia, la classe delle funzioni continue in
semicontinue inferiormente. Si vede per esempio che nella topologia banale le uniche funzioni continue sono le funzioni costanti mentre nella topologia discreta tutte le funzioni sono continue. Queste considerazioni portano a concludere che per avere molti sottoinsiemi compatti o compatti per successione occorre che la topologia in
sia molto
debole (la meno ne) per ottenere invece funzioni continue o anche sequenzialmente continue occorre che la topologia sia molto ne. Il Metodo Diretto richiede quindi due condizioni in apparente conitto. Tuttavia se
uno
40
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p. 41
X.
Siano
F1 , F2 , ..., Fn
X ,
per
>0
l'insieme
{x X :
aperto e contiene il punto
i = 1, 2, .., n
} 0.
(4.2.1)
L'intersezione di due intorni del tipo (4.2.1) contiene sempre un insieme della
X una topologia per cui questa I (0) costituisce un sistema fondamentale di intorni per 0. Inoltre per ogni x0 X , la famiglia x0 + I (0) costituisce un sistema fondamentale di intorni per x0 , e quindi un intorno di x0 nella topologia debole
stessa forma ed quindi possibile denire in famiglia di insiemi dato da
U = {x X :
con
|Fi (x x0 )| < ,
i = 1, 2, .., n X
e
},
questa forma costituiscono una base di intorni per il punto della forma :
> 0. Gli insiemi di x0 . Di conseguenza gli aperti della topologia debole, che contenono 0, sono insiemi
un numero nito di elementi di
F1 , F2 , ..., Fn
A = {x X :
i = 1, 2, .., n
e
},
F1 , F2 , ..., Fn
> 0. X
e si denota con
(X, X ).
F X
per ogni
xX
tali che
|F (x x0 )| <
un intorno debole di
x0 X e > 0, x0 , segue
Si dimostra che la topologia debole che abbiamo costruito la topologia meno ne che si pu denire in
evidente che ogni insieme aperto nella topologia debole anche aperto rispetto alla topologia forte ma in generale non vero il viceversa, dal momento che gli insiemi che abbiamo denito in (4.2.1) non costituiscono rispetto alla topologia della norma un sistema fondamentale di intorni del punto
0.
A1 , A2 con x1 A1 e x2 A2 disgiunti. Consideriamo i due insiemi {x1 } e {x0 }, dal teorema di Hahn-Banach sono separati in senso stretto, e quindi esiste un funzionale F X e R tali che F (x1 ) < < F (x2 ), allora 1 A1 = F ((, )) e A2 = F 1 ((, +)) sono due intorni disgiunti di x1 e x2 .
c
41
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p. 42
In generale la topologia debole non verica il primo assioma di numerabilit e quindi non descrivibile attraverso la convergenza della successioni (non una topologia metrizzabile), tuttavia la convergenza delle successioni in questa topologia gioca un ruolo estremamente importante. Essa viene detta conver-
genza debole, a dierenza di essa, la convergenza denita nella topologia iniziale dello spazio normato si chiama convegenza forte.
xk x0 , F (xk ) converge
F X
F (x0 ).
Dimostrazione. Si pu assumere
successione di
X ,
si
x0 = 0. Supponiamo che per ogni F X la F (xk ) converge a F (x0 ) = 0. Comunque scelgo F1 , ..., Fn elementi ha per > 0 esiste k0,i tale che per ogni k k0,i |Fi (xk )| < ,
i = 1, .., n. Quindi per ogni intorno U di 0 nella topologia debole si xk U per k > k0 = Max {k0,1 , .., k0,n }. Inversamente, se per ogni intorno U di 0 nella topologia debole esiste k0 tale che per ogni k k0 sia xk U , ovvio che (F (xk )) tende a 0 qualunque sia F X .
per ogni ha che
Se
(xk ) converge a x0
x0
(xk )
xk M , k k0 . (xk ) converge nella topologia debole, per ogni F X , la successione di numeri reali F (xk ) limitata e quindi per il Teorema 3.10 di Banach-Steinhaus la successione (xk ) limitata nella norma di X . M
tale che Infatti basta osservare che se Osserviamo inoltre che ogni insieme limitato nella topologia debole anche limitato rispetto a quella forte.
Se
(xk )
x0
allora
x0 lim inf xk .
k
c
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Si ha infatti per ogni
vale che
x0 =
Se
(xk )
x0
(Fk )
converge a
in
allora
|Fk (xk ) F (x0 )| |Fk (xk ) F (xk )| + |F (xk ) F (x0 )| ||xk ||||Fk F || + |F (xk ) F (x0 )|. X ha dimensione nita allora le topologie forte B(0, r) un intorno di 0 nella topologia forte di X e proviamo che esiste un intorno V nella topologia debole tale che V B . Siano dxi gli elementi della base canonica in X e
Osservazione 4.4. Se lo spazio
e debole coincidono. Sia
r n
xV
vale
x
i=1
e quindi
|xi | r,
x B. Rn
la convergenza debole e forte coincidono. Infatti per la
Proviamo che in
convergenza debole in
Rn , per ogni F , F (xk ) F (x0 ) per ogni F (RN ) . In n particolare per la base canonica in (R ) si ha dxi (xk ) = (xk )i dxi (x0 ) = (x0 )i e quindi (xk ) converge nella topologia forte di Rn . Se (xk )i (x0 )i per ogni i = 1, ..n allora signica che dxi (xk ) = (xk )i (x0 )i , allora poich n ogni altro funzionale lineare e continuo ha, per ogni u R la forma F (u) = n ai dxi (ei ), dove (ei ) denota la base canonica in R , si ha lim F (xk ) =
k
In uno spazio a dimensione innita la topologia debole strettamente meno ne della topologia forte.
C 0 ([a, b]),
Se
gk
g0
allora
43
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p. 44
C0
M C 0 ([a, b]),
deve valere
F,
F (gk ) F (g0 )
in particolare se prendiamo
F = t0
si ha
pu provare che se una successione di funzioni continue equilimitata e puntualmente convergente in la convergenza uniforme.
C 0 ([a, b]).
Gli aperti ed i chiusi della topologia debole sono aperti e chiusi anche della topologia forte.
chiusi per la topologia forte che non sono aperti o chiusi della topologia debole.
Tuttavia nel caso di insiemi convessi vale il seguente teorema, che una importante conseguenza del risultato di stretta separazione di convessi contenuto nel teorema 2.27.
un convesso di
X.
Allora
debolmente chiuso se e
X C
x0
C,
quindi
x0 C , / F
tali che
y C.
Posto
V = {x X : F (x) < } ,
si ha che
x0 V
V (X C),
quindi
X C
aperto in
(X, X ).
44
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p. 45
con
Per gli insiemo compatti la situazione molto diversa. Nel seguito indichiamo
BX = {x X : x 1}
(4.2.2)
Teorema 4.7. se
norma, allora
BX
a dimensione nita.
Se
BX
Il teorema precedente, per la cui dimostrazione rimandiamo a Brezis, rende la costruzione della topologia debole di notevole importanza. se negli spazi riessivi :
uno spazio
K X un convesso, (X, X ). m,
tale che
mBX ,
anche compatto.
Diamo ora un'applicazione dei precedenti risultati all'esistenza del minimo di una funzione convessa e semicontinua inferiormente. Diremo che rispetto ad una topologia
inferiormente
chiuso in
. : X (, +]
una funzione convessa, inferior-
forte e quindi dal teorema 4.6 anche chiuso rispetto alla topologia debole.
45
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p. 46
CX
un convesso,
= +
tale che
x +
lim
(x) = +. C,
esiste
Allora
x0 C
tale che
(x0 ) (x),
per ogni
x C. aC
tale che
Dimostrazione. Sia
o = (a) < +
e consideriamo
C0 = {x C : (x) 0 } ,
l'insieme crescita di che
C0
C0
Quest'ultimo risultato mette in evidenza il ruolo essenziale degli spazi riessivi e delle funzioni convesse nella ricerca dei minimi.
La propriet di separabilit degli spazi strettamente legata alla metrizzabilit delle topologie deboli. Vale infatti :
uno spazio di Banach tale che X sia separabile. AlX , BX , metrizzabile per la toplogia debole (X, X ).
Si ottiene anche il seguente importante e generale risultato di compattezza debole per successioni, per la cui dimostrazione rimandiamo a Brezis.
X uno spazio di Banach riessivo e sia (xk ) una successione limitata in norma. Allora esiste un successione estratta che converge per la topologia debole (X, X ).
U = F X : F = Sup
oppure in modo equivalente
x 1
|F (x)|
46
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p. 47
U
dove
un insieme limitato di
I = {F X : |F (xi )|
x1 , .., xn X} , X
meno
otteniamo un sistema fondamentale di intorni in una topologia in ne di quella della norma che viene chiamata topologia debole con
e denotata
(X , X).
la topologia meno ne che rende continue tutte le
x : F X F (x) R,
al variare di
x X.
separata e con argomenti simili a quelli utilizzati nel
La topologia debole
convergenti :
(Fk (x))
converge a
F0 (x)
per ogni
La convergenza debole
Se
M
Se
(Fk ) converge nella topologia debole , allora limitata in norma : esiste tale che Fk M , k k0 . (Fk )
converge nella topologia debole a
F0
allora
F0
lim inf Fk
k
X .
Se
(Fk )
F0
(xk )
converge a
x0
in
allora
si pu considerare in
X sia come fondamentale ed denire il relativo spazio duale (X ) . Quindi in X si pu introdurre sia (X , X), la topologia debole , denendo gli intorni di 0 mediante gli insiemi niti di elementi di X e sia la topologia debole (X , (X ) ) in cui gli intorni di 0 sono deniti attraverso gli insiemi niti di elementi di (X ) . facile capire che nel caso di uno spazio X riessivo le due topologie deboli su X coincidono.
c
47
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p. 48
(X , X).
metriz-
BX
metrizzabile
ed inne
X uno spazio di Banach separabile e sia (Fk ) una suc cessione limitata in X . Allora esiste una successione estratta che converge nella topologia (X , X).
Dimostrazione. Supponiamo
BX
compatto e metrizzabile in
X = C 0 ([1, 1]),
al funzionale
fk
0 . [1, 1]
tali che
fk (t) = 0 fk (t) 0,
1 k 1 k
|t| >
1 k,
Fk (u) =
1
Per ogni
fk (t)u(t)dt.
1 1 ak [ k , k ]
tale che
u C 0 ([1, 1]),
Fk (u) = u(ak )
1
si pu quindi concludere che
fk (t)dt = u(ak )
48
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p. 49
p.
Rn .
Si indica con
Lp ()
u
e con
|u|p dx
1 p
< ,
(4.4.3)
L ()
|u(x)| C
e
q.o.
x , x } .
= Inf {C : |u(x)| C Lp
q.o.
(4.4.4)
due funzioni sono equivalenti se dieriscono su un insieme di misura nulla. Vale la seguente disuguaglianza di Holder.
v Lq
p
1 con p
1 p
1 q
= 1,
q
allora
1 q
uv L1
|u| dx
|v| dx
Lp ()
1 p < + p = +. p Sia (uj ), u L tale che uj u 0, allora esiste una successione estratta (ujk ) ed una funzione h Lp tali che
uno spazio di Banach munito della norma (4.4.3) se e della norma (4.4.4), quando
ujk u
e
q.o.
x , x ,
|ujk | h(x)
Se
q.o.
|| < +,
allora per
1pr
vale che
Lp ().
(||) p r u r .
49
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p. 50
0 C0 () delle funzioni continue a supporto comp p patto contenuto in denso in L () e quindi per ogni u L () e > 0 0 esiste g C0 () tale che u g < .
1 p < +
lo spazio
Per
1 p < +
u L () ug <
>0
Lp () tratti g
p.
con
1 < p < +.
separabile. riessivo.
Teorema 4.22. Sia 1 < p < + allora lo spazio Lp Teorema 4.23. Sia 1 < p < + allora lo spazio Lp Teorema 4.24. Sia
vL
q 1 dove p
1 q
uvdx,
ed inoltre
= F Lp ,
(Lp ) .
Il teorema precedente molto importante ed esprime il fatto che ogni funzionale lineare e continuo su mediante una funzione di
. L'operatore
Lq .
Da quanto detto segue la seguente condizione per la convergenza debole di una successione di elementi di Una successione
Lp
: topologia debole
(Lp , Lq ),
uj vdx =
uvdx.
(uj ) Lp () limitata nella norma, allora esiste una successione estratta (ujk ) che converge a u nella topologia p q debole (L , L ). 1 < p < +
e
2. Lo spazio
50
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F (L1 ) ,
v L
dove tale
F (u) =
uvdx,
ed inoltre
= F
(L1 ) .
L1 si rappresentano mediante una funzione di L . L'operatore F (L ) L lineare, isometrico e surriettivo e permette l'identicazione 1 dei due spazi (L ) = L . Si ha quindi :
su
Una successione
(uj ) L1 ()
converge a
(L , L ),
v L
si ha
lim
j
uj vdx =
uvdx.
1 Osservazione 4.28. Proviamo con un esempio che lo spazio L non uno n spazio riessivo. Sia 0 R e uj = j B(0, 1 ) dove B(0, 1 ) rapj j
presenta la funzione caratteristica della sfera
e raggio
1 j . Per
sucientemente grande
scegliamo
j > 0
1
uj
riessivo dovrebbe esistere una sottosuccessione, che per semplicit indichiamo ancora con funzione
uj ,
convergente debolmente in
u0 L
e dunque
lim
j
per ogni
uj vdx =
u0 vdx,
v L .
Scegliendo
v=1
segue che
lim
j
Fissato
uj dx = 1 =
u0 dx.
segue
sia
j>n
allora, poich
1 B(0, 1 ) B(0, n ), j
1 uj B(0, n ) dx = 1. 1 B(0, n ) L
si ha anche
lim
j
1 uj B(0, n ) dx = 1 =
1 u0 B(0, n ) dx
51
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p. 52
dominata segue :
u0 B(0, 1 ) dx = 0. j
3. Lo spazio
Vale quindi :
(L , L ),
se
uj vdx =
uvdx.
Dalle propriet delle topologie deboli La sfera unitaria di dal momento che nella norma di nella topologia Lo spazio
si ha che :
L L1
(L1 , L ).
(uj )
L non uno spazio riessivo, il suo duale contiene strettamente L , infatti esistono funzionali lineari e continui su L che non possono 1 essere rappresentati attraverso funzioni di L . Costruiamo un funzionale di questo tipo. Sia = (1, 1) e consideriamo 0 il funzionale lineare e continuo 0 (u) = u(0), per u C0 (1, 1). Dal Teorema di Hahn-Banach esiste un prolungamento F di tale fun 1 zionale in L (1, 1). Supponiamo che esista v L (1.1) tale che per ogni u L (1.1) valga
1 1
F (u) =
1
u(t)v(t)dt. u
0 C0 (1.1) {0}),
per le quali
u(0) = 0,
Teorema 4.29. ,
g
c
Sia
un aperto di
IRn
f L1 ()
C0 ()
52
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p. 53
allora
f (x) = 0 F
q.o. in
.
q.o. in
v=0
(1.1) {0}
e quindi q.o. in
(1.1).
Di
in
C 0.
Lp
Lo spazio Lo spazio
L1
L . L1 .
Lp
= (0, 1)
e deniamo :
un (x) =
Si vede facilmente che
n 0 0
1 x (0, n ) 1 x ( n , 1)
in norma
un
converge a
Lp
per
0<<
1 p , infatti
un
p Lp
1 n
=
0
n dx = np1 .
1 = p si ha un Lp = 1 ed si prova q a 0. Infatti si ha che per ogni v L
un
converge debolmente
un vdx = 0.
0
(4.4.5)
Proviamo che (4.4.5) vale per le funzioni costanti a tratti della forma
Infatti, per
1 n
h = < a1 e
un hdx = 0
0 a0
n p = 0 n p 1 . v Lq per v h Lq < . Si
1
Osserviamo che le funzioni costanti a tratti costituiscono un sottoinsieme di uno spazio denso di ogni
Lp
per ogni
p1
>0
1
ottiene dunque :
un vdx =
0
c
un (v h)dx +
0 0
un hdx v h
53
un
+
0
un hdx,
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p. 54
p
n +,
un
= 1,
segue la convergenza
debole.
Il seguente teorema di Riemann-Lebesgue permette di costruire un gran numero di esempi di funzioni debolmente convergenti ma non convergenti in norma.
a tutto
. Sia
u=
Si ha che
1 ||
per
u(x)dx.
uk
converge debole a
1 p < +
e debole
quando
p = .
Dimostrazione. Diamo la dimostrazione per = (0, 1) e per 1 < p < +. Si 1 pu supporre che u = u(x)dx = 0. Osserviamo che dal momento che u 0
periodica di periodo
uk
e quindi
=
0
|u(kx)|p dx =
1 k
|u(y)|p dy =
0 0
|u(x)p |dx,
(4.4.6)
uk ||p = u
p = +.
Bisogna quindi provare che
1 k+
lim
uk (x)v(x)dx = 0
0
(4.4.7)
h=
N i=1
funzione costante
e cio
ai
uk (x)h(x)dx =
0
da altra parte
i
i=1 ai1
uk (x)dx
ai
uk (x)dx =
ai1
dove
1 k
kai
u(y)dy =
kai1
1 (I1 + I2 + I3 ). k
kai
[kai1 ]+1
I1 + I3 =
kai1
e quindi per la periodicit di
u(y)dy +
[kai ]
u(y)dy,
u
1
1 2 |I1 + I3 | k k
c
u(y)dy,
0
54
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p. 55
[kai ]
|I2 | = |
[kai1 ]+1
quindi poich
u(y)dy| | u
u(y)dy| = 0,
0
1 k+
Sia che
lim
uk (x)h(x)dx = 0.
0
v Lq vh |
> 0, < ,e
1
v(x)uk (x)dx| v h
0
uk
p,
+|
0
h(x)uk (x)dx|,
uk
= u
= (0, 2) e uk (x) = sin(kx), dal teorema di Riemannuk converge debolmente a 0 in Lp e debole in L , ma p norma in nessun spazio L .
vskip.3cm
= (0, 1)
u(x) =
estendiamo ciascuna
1 x (0, 2 ) 1 x ( 2 , 1)
R e deniamo uk (x) = u(kx) e quindi , su insiemi che hanno misura 1 . Dal 2 Teorema di Riemann-Lebesgue si ha che uk converge debolmente in ogni spazio Lp , 1 p < + e debole in L verso la funzione media di u(x) che indicheremo con u(x).
per periodicit in tutto
uk
1 2
u(x) =
0
u(x) dx =
0
+
1 2
+ . 2 2 Lp
per alcun
Verichiamo adesso che la successione non converge in norma consideriamo prima il caso
p;
p > 1,
1 2
||uk (x)||p = p
0
mentre
p +
1 2
p =
p + p , 2
||(x)||p = u p
c
+ 2
,
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55
p. 56
p=1
:
||uk ||
diversa da
|||| u
quando
p = 1.
Sia ora
uk
+ 2
=
1 0 k1
uk (x)
+ dx 2 + dx + 2
2m+2 2k
2m+1 2k 2m 2k
=
m=0 k1
2m+1 2k
+ dx 2
| | | | = , 2k 2 m=0
eventualmente tutto
Rn . f
Consideriamo la famiglia
di tutti i sot-
toinsiemi chiusi di
di
C f
tali che in di
(C) , in caso
la funzione si annulla. Se
l'intersezione dei
F.
tale che in
la
Supp f
la chiusura
Questa denizione non esatta quando si ha che fare con classi di equivalenza di funzioni quasi ovunque uguali come accade nel caso delle funzioni degli spazi deve avere
f1 = f2 quasi ovunque si Supp f1 = Supp f2 . n n Sia f : R R, consideriamo la famiglia (i )iI di aperti di R tale che per ogni i I , f = 0 quasi ovunque in i . Poniamo = i , allora f = 0 quasi ovunque in . Deniamo il supporto Supp f di f il complementare di . Da momento che se f1 = f2 quasi ovunque allora Supp f1 = Supp f2 , posp siamo parlare di supporto di una funzione f L senza specicare di quale
Occorre dare una denizione tale che se rappresentante scegliamo nella classe.
Lp .
un aperto di Rn e 1 p . diremo che f p p Lloc () se f L ( ) per ogni . In questo spazio non si pu denire una norma ma si denisce la convergenza delle successioni : diremo che un p p converge a u in Lloc se un converge a u in L ( ) per ogni .
funzione
C0 (Rn )
(x) 0, Supp B1
Rn
dove
(x) = 1.
56
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p. 57
(x) =
L1 , loc
si chiama
-regolarizzata di
la fun(4.5.8)
f (x) =
dove
f (y) (x y)dy =
f (x z) (z)dz,
(z) =
1
n
( z ).
la funzione denita da :
(4.5.9)
f g(x) =
Di conseguenza si ha che
f (y)g(x y)dy =
f (x z)g(z)dz.
f (x) = f = f.
Dal teorema di derivazione sotto il segno di integrale facile vedere che
>0
D f = f D .
Inoltre se
a supporto compatto
K Rn
allora
Supp f K = {x : dist(x, K) } .
Infatti sia che
x Supp f allora y = x z Supp f e z Supp , |x y| = |z| quindi dist(x, K) |x y| . Osserviamo che se f non ha supporto compatto non detto
supporto compatto.
sia a
Lp .
Lp (Rn )
con
1 p +.
p
Allora vale
f
Dimostrazione. Supponiamo che
p.
|f (x)|
|f (y)| p (x y)
(x y)dy
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57
Poich
p. 58
p1 p
|f (y)| (x y)dy
si ottiene
1 p
(x y)dy
(x y)dy = 1
|f (x)|p
da cui integrando in
|f (y)|p (x y)dy,
segue la tesi.
p=1
p = +. f
per
f f
compatti
0 f
uniformemente sui in
converge a
Lp (Rn ).
Dimostrazione. Sia
continua e consideriamo
f (x) f (x) =
poich
nulla per
|z| >
, l'integrale esteso a
un compatto di
Rn ,
K e quindi per ogni > 0 esiste tale che |f (x z) f (x)| < 0 < |z| < , allora basta considerare < e si ottiene |f (x) f (x)| =
da cui segue la convergenza uniforme. Supponiamo tale che
(z)dz = ,
0 f Lp , dalla propriet di densit, per ogni > 0 esiste g C0 f g < . Da altra parte, tenendo conto del fatto che (f g) =
f g
si ha
f f
f g
+ gg
+ gf
2 f g
+ gg
p.
g ha supporto compatto, g ha supporto contenuto in K = {x : dist(x, K) } e per < 1, K K1 . Dalla prima parte della dimostrazione g converge uniformemente a g in K1 quindi dal fatto che g 1 g p |K1 | p SupxK1 |g(x) g (x)|, segue la tesi.
Teorema 4.40. Sia 1 p < + e Rn allora C0 () denso in Lp (). p Dimostrazione. Supponiamo f L , dalla densit, per ogni > 0 esiste 0 g C0 tale che f g < . Da altra parte per sucientemente piccolo p risulta Supp g e poich g converge a g in L si ha g g p . La successione (g ) C0 e allora
g f
da cui la tesi.
g g
+ gf
2,
58
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p. 59
Siamo ora in grado di dare la dimostrazione del Lemma Fondamentale del Calcolo delle Variazioni 4.29.
Dimostrazione. Sia g L con supporto compatto contenuto in . Sia g C0 e per sucientemente piccolo risulta Supp g . Dall'ipotesi segue
quindi che
g f dx = 0
Poich
converge a
, che
L1 , esiste una sottosuccessione, che indichiamo converge a g quasi ovunque in . Inoltre, per il Lemma g
in
gf dx = 0.
Assegnato un compatto
K,
g(x) =
xK xK g
:
|f |dx = 0,
K
e quindi
f (x) = 0
quasi ovunque in
K.
Dall'arbitrariet di
K,
segue
f (x) = 0
quasi ovunque in
59
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In uno spazio normato possibile misurare la distanza tra due suoi punti, in alcuni spazi vettoriali possibile introdurre un prodotto scalare permette di misurare gli angoli tra due elementi e quindi di stabilire alcune propriet geometriche, come stabilire l'ortogonalit tra due vettori e quindi la proiezione ortogonale di un vettore su un insieme, che gioca un ruolo fondamentale. Sebbene l'introduzione di tali spazi ha origine dalla teoria delle equazioni integrali lineari con D. Hilbert, V. Volterra e E.I. Fredholm alla ne dell'ottocento, la presentazione assiomatica di questi spazi basata appunto sulla nozione di prodotto scalare fu data intorno al 1930, da J. von Neumann in connessione a questioni di meccanica quantistica.
plicazione
p : (u, v) p(u, v) R,
che soddisfa le seguenti condizioni 1. 2. 3.
p(u, u) 0
p(u, u) = 0
se e solo se
u = 0;
, R
spazio Prehilber-
tiano.
L'applicazione tiva. Per semplicit di notazione, nel seguito denoteremo
H,
p. 62
v
se
ortogonale a
(u, v) = 0.
In uno spazio prehilbertiano vale la Disuguaglianza di Schwarz : Per ogni coppia
in
:
1 1
(5.1.1)
v = 0,
allora
alla norma
u = [(u, u)] 2
Infatti valgono le propriet della norma ed in particolare :
(5.1.2)
u+v
+2 u v + v
= ( u + v )2 .
Uno spazio prehilbertiano in cui la norma (5.1.2) determina uno spazio metrico completo viene chiamato spazio di Hilbert. Un sottospazio
uno sottospazio di
con
anche uno spazio di Hilbert con la restrizione del prodotto scalare In uno spazio prehilbertiano valgono le seguenti propriet : Il prodotto scalare continuo, se
Y di Y di H su Y .
uk u
vk v ,
allora
|(uk , vk )(u, u)| |(uk , vk v)(uk u, v)| ||uk ||||quindivk v||+||v||||uk u||.
Una propriet geometrica di grande importanza la cosidetta identit del parallelogramma, in quanto generalizza agli spazi di Hilbert la classica relazione delle geometria elementare : In parallelogramma la somma dei
quadrati delle diagonali uguale al doppio della somma dei quadrati di tutti i suoi lati. Negli spazi di Hilbert vale infatti che per ogni
u, v H
(5.1.3)
u+v
o in modo equivalente
+ uv
= 2( u
+ v 2 ),
u+v 2
c
uv 2
1 ( u 2
+ v 2 ).
(5.1.4)
62
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p. 63
Infatti dal fatto che
uv
= u
2(u, v) + v
(u, v) =
1 ( u+v 4
u v 2)
Si dimostra che se una norma soddisfa la regola del parallelogramma allora da luogo al seguente prodotto scalare :
(u, v) =
Un vettore ogni
u H si dice ortogonale ad un sottoinsieme M se (u, v) = 0 per v M. Se M un sottoinsieme denso in H e u H tale che (u, v) = 0 per ogni v M , allora necessariamente u = 0. Rn
(x, y) =
i=1
xi yi .
In particolare ogni spazio a dimensione nita prehilbertiano anche uno spazio di Hilbert Lo spazio delle successioni
i=1
l2
x = (xk )
tali che
|xi | < +
(x, y) = l2
xn yn .
studiato da D. Hilbert intorno al 1912 in un articolo sulle equazioni integrali. Si verica facilmente che lo spazio prodotto scalare
L2 ()
(u, v) =
Lo spazio
uvdx.
(5.1.5)
L = C 0 ([a, b]),
C 0 ([a, b]) non uno spazio di Hilbert, infatti se lo fosse 2 dovrebbe essere chiuso ma dal momento che denso in L si dovrebbe avere = C 0 ([a, b]) = L2 ([a, b]). che L
quella del massimo. c
63
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p. 64
C 0 ([a, b])
norma del massimo, infatti per la norma del massimo non vale la regola del parallelogramma (5.1.4). Consideriamo
ta f (t) = 1 e g(t) = ba , si vede che le norme sono f = g = 1 e che f + g = 2 e f g = 1 si ha allora 2 che 2(|f + g ) = 4 e f + g + f g 2 = 5. p Anche lo spazio delle successioni l con p = 2 non da luogo ad un prodotto scalare,infatti le successioni x = (1, 1, 0, .., 0, ..) e y = (1, 1, 0, .., 0, ..) non 1 soddisfano la regola del parallelogramma, dal momento che x = y = 2 p , x + y = x y = 2.
data da
determinare
X dato M X la distanza di un elemento x0 da Inf { x x0 , u M } e abbiamo gi notato l' importanza di l'esistenza e l'eventuale unicit di un elemento y0 M per cui Inf { x x0 , u M } = y0 x0 .
Anche quando consideriamo spazi a dimensione nita il problema pu avere pi soluzioni o nessuna. Il seguente importante teorema della Proiezione su un convesso chiuso stabilisce che negli spazi di Hilbert il problema ha sempre un unica soluzione quando
M H.
un convesso chiuso.
spazio di
dist(f, K) = Inf { f v ,
Il vettore
ed caratterizzato dalla
seguente propriet
u K,
Dimostrazione. Sia
quindi e
(f u, v u) 0,
per ogni
vK
(5.2.6)
(uh ) K
dh = f uh
si ha
converge a
dist(f, K)
per
h +.
Proviamo che
dist(f, K) e uh per u = f uh
v = f uk
1 ( f uk 2
Dal momento che e quindi
+ f uh 2 ) = f
uh +uk 2 2
uh + uk 2
si ha
uh uk 2
convesso
f uh +uk dist(f, K) = d 2
uh uk 2
1 2 (d + d2 ) d2 , k 2 h
64
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p. 65
che implica ha che
per h, k > h0 . Poich H uno spazio completo si K , visto che K chiuso. Consideriamo v = (1 t) + tw K , per 0 t 1 e w K , dalla condizione u di minimalit di u si ha :
f u f (1 t) tw = f u t(w u) , u
allora
f u
segue che per ogni
f u
2t(f u, w u) + t2 w u 2 , 2(f u, w u) t w u u1
e
0 t 1
si ha
e quindi
u2
che soddisfano
(f u1 , v u1 ) 0, (f u2 , v u2 ) 0,
ponendo nella prima
v = u2
e nella seconda
v = u1
si ha
(f u1 , u2 u1 ) 0 = (f, u2 u1 ) (1 , u2 u1 ) 0, u (f u2 , u1 u2 ) 0 = (f, u1 u2 ) + (2 , u2 u1 ) 0, u
sommando le due relazioni si ottiene
u2 u1
0 f
su
e quindi
u1 = u2 .
PK f
la proiezione di
K.
che ad ogni elemento
PK
f H
K. PK .
Corollario 5.2. Nelle ipotesi del Teorema precedente, per ogni coppia di elementi di
H , f1 , f2 ,
vale che
PK f1 PK f2 f1 f2 .
Dimostrazione. Sia
u1 = PK f1
u2 = PK f2
si ha
(f1 u1 , v u1 ) 0, (f2 u2 , v u2 ) 0, u = Pk (1 ) u
si ha
v K, v K, v = Pk (2 ) u
e
u1 u2
(f1 f2 , u1 u2 ) f1 f2 K=M
un sottospazio chiuso di
u1 u2 . H
allora la relazione
65
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p. 66
H
e sia
u = PM f
caratterizzato da
uM
vale cio che il vettore ortogonale su
(f u, v) = 0, f u
ortogonale a
per ogni
vM
(5.2.7)
M. f H M
lineare.
un sottospazio, segue che
(f u, tv u) 0,
e quindi
per ogni
v M, vM
t R, t R.
e quindi
(f u, tv) (f u, u)
In particolare dalla (5.2.6) per
v = 2 u
(f u, u) 0, vM t R,
t(f u, v) 0
da cui segue 5.2.7. Siano
per ogni
f1 , f2 due elementi di H e t R allora dal momento (f1 u1 , v) = (f2 u2 , v) = 0 per ogni v M , vale anche (f1 + f2 u1 2 , v) = 0, e quindi u1 2 la proiezione ortogonale dell'elemento u u f1 + f2 .
che Osserviamo inoltre che in particolare
(f u, u) = 0
e quindi
f
quindi
= f u
+ u
u f
1.
Assegnato
togonale di
M un sottospazio M come :
vettoriale di
H,
M = {u H : (u, v) = 0
Notiamo
per ogni
v M} .
si ha
M M = {0},
infatti se
v M M
(v, v) = 0
e quindi
v = 0.
Ricordiamo che uno spazio ogni elemento di
xX
ha un unica rappresentazione
z Z.
Proviamo che se
un sottospazio chiuso di
x=y+z H :
con
e Z se yY e
H = M + M .
c
(5.2.8)
66
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p. 67
su
uM
la sua proiezione
si ha
(f u, v) = 0
e quindi
per ogni
v M,
M . f = (f u) + u segue 5.2.8. Si vede anche che M coincide con il nucleo dell'operatore PM . Infatti se f M si ha (f, v) = 0 per ogni u M e quindi da (5.2.7), PM f il vettore nullo. Se PM f = 0, segue che (f, v) = 0 per ogni v M e quindi f M . f u
appartiene a Dal momento che Osserviamo che se
M V V
generato da
denso in
allora per
x M
(xn ) V che converge a x. Dalla continuit del prodotto scalare si ha che (xn , x) = 0 tende a (x, x) = 0. Viceversa se M consiste solo del vettore nullo si ha che V = H . anche V ha solo il vettore nullo e poich H = V + V
Il Teorema 5.1 permette di stabile un'importante risultato di rappresentazione dei funzionali lineari in uno spazio di Hilbert.
f H
tale che
F (v) = (f, v)
ed inoltre
v H,
F
Dimostrazione. Sia
visto che
= f
H.
M = {u H : F (u) = 0} un sottospazio chiuso di H , F lineare e continua. Se M = H allora F il funzionale nullo e basta scegliere f = 0. Sia M = H , per g0 H M consideriamo g1 = PM g0 la proiezione di g0 su M e denotiamo con g il vettore g=
Dal teorema della proiezione
g0 g1 . g0 g1
(5.2.9)
67
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p. 68
w M.
si ha
1 (g0 g1 , w) = 0 g0 g1
e dal momento che
per ogni
g =1
F (g0 g1 ) = F (g0 ) = 0,
g M. /
Per ogni
vH
w = (v g) M,
infatti, scegliendo
F (v) F (v) F (g) , si ha F (w) = F (v) F (g) F (g) = 0. Dal momento che ogni v H ammette una decomposizione della forma
v=
g + w, R
wM
si ottiene
(g, v) =
f1 f2 , allora (f1 f2 , v) = 0 per ogni v H e quindi in particolare (f1 f2 , f1 f2 ) = 0. Si ha inoltre, dal momento che g un vettore a norma unitaria, f = |F (g)| F H . Da altra parte
e
= Supv=0
F H N (F )
il nucleo
N (F ) = {x H : F (x) = 0}
un iperpiano chiuso
denito in (5.2.9) e
quindi ha dimensione
1.
precedente teorema, per ogni v H esiste w M e tale che v = w + g con g N (F ) . In particolare se u N (F ) segue che u g N (F ) e quindi (u g, u g) = 0 che implica u = g .
F H f H un isomorsmo isometrico, che permette di identicare H con il suo duale. Uno spazio di Hilbert quindi riessivo, dal momento che H = H = H .
L'operatore Diamo qualche applicazione del Teorema della Proiezione.
H = L2 ()
e q.o. in
M = v L2 () : v(x) = costante
68
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p. 69
M
q.o. in
un sottospazio chiuso di
1.
La
Per
PM f M
v (x) = 1 f L2 () relazione (f
PM f, v) = 0
per ogni
vM
0=
ma poich
(f PM f )vdx =
(f PM f )dx = 0.
PM f
PM f =
la proiezione di
1 ||
f dx,
su
L2
f . L'insieme g M se
vM gvdx = 0,
ma visto che
a media nulla.
delle
||f v||2 =
A
per cui segue che si ottiene la minima distanza prendendo l'unica verica
v0 = f
in
A A.
vo M che f su M . 2 funzioni di L
Hp . Il Hd . Sia f L2 (R) e si considerino le funzioni denite q.o. da u(x) = 1 (f (x)+f (x)) e 2 1 v(x) = 2 (f (x)f (x)), con u Hp e v Hd . Si ha che f = u+v e le funzioni u e v coincidono con le proiezioni ortogonali di f su Hp e Hd rispetivamente.
Esempio 5.9. Sia
e il sottospazio chiuso delle funzioni pari suo ortogonale coincide con il sottospazio chiuso delle funzioni dispari In particolare esse sono fra le funzioni pari e dispari rispettivamente quelle pi vicine di ogni altra a
H = L2 (R)
nella norma di
L2 . f0
un suo elemento non nullo.
f H
sul sottospazio
M0
Siccome M0 u = tf0 con t R bisogna determinare t dalla relazione (f PM0 f, v) = 0 per ogni v M0 . Segue quindi che PM0 f = tf0 = ||f0 ||2 (f, f0 )f0 . generato da che chiuso in quanto di dimensione
fo ,
1.
69
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p. 70
f0 H ,
F0
Osservazione 5.12. Osserviamo che il Teorema delle proiezioni si pu generalizzare al caso di spazi di Banach riessivi utilizzando il procedimento del teorema 4.11. Sia per
un sottospazio chiuso,
x0 X
(y) = x0 y
Si vede facilmente che che
aY
tale
o = (a) < +
e consideriamo
C0 = {x Y : (x) 0 }
Si ha che
C0
e quindi
C0
(y)
coerciva :
y | x0 y + x0 (y) + x0 . C0
in quindi limitato e debolmente compatto, esiste dunque il minimo di
C0
(y) Y.
Studiamo le propriet della convergenza di successioni nella topologia debole negli spazi di Hilbert. Grazie al teorema di Riez una successione Hilbert converge debolmente ad
se e solo se
(un ) di elementi in uno spazio di (v, un ) (v, u), per ogni altro
v H.
1. Se
(un ) tale che per ogni v H esiste nito il limite della successione (un , v) allora (un ) converge debolmente ad un vettore u. Deniamo F (v) = limn ((un , v). Applicando alla successione di funzionali Fn (v) = (un , v), il teorema di Banach-Steinhaus si ha che F un funzionale limitato e quindi per il teorema di rappresentazione di Riez esiste
tale che
2. Se
vn
converge in norma a
allora
70
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p. 71
3. Si ha che
se e solo se converge ad
nella
topologia debole e
un u
un u
.
= un
2(un , u) + u
a : (u, v) u, v, w X e
si dice
tale che :
|a(u, v)| C u v .
Una forma bilineare
u, v X
uX
0 a(u, u)
ed inne si dice costante
coerciva (o anche strettamente positiva) se esiste una
>0
tale che :
a(u, u).
rispettivamente allora
a(uh , vh )
vh
71
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p. 72
X X
in
che uno
a = Sup
|a(u, v)| u v
Vale un teorema di rappresentazione per le forme bilineari che permette di costruire un operatore isometrico tra lo spazio delle forme bilineari e continue su uno spazio di Hilbert
in
H.
Teorema 5.15. Sia a una forma bilineare limitata di uno spazio di Hilbert H
in se stesso allora
ha una rappresentazione :
a(u, v) = (Au, v)
dove
in
a = A
A:HH
attraverso la relazione :
u H , l'applicazione v H a(u, v) R un H , quindi per il teorema di rappresentazione vettore Au H tale che a(u, v) = (Au, v).
A:HH
Au
Inoltre vale
a = Supu,v
e quindi
a A
. Inoltre
a = Supu,v
Nel seguito utilizzeremo il seguente teorema delle contrazioni in uno spazio metrico : (la dimostrazione data in Appendice)
un sottoinsieme
X.
Se
S : M X
0< <1
allora
tale che
Sx0 = x0 .
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72
p. 73
Il prossimo teorema generalizza il teorema della proiezione 5.1 dal prodotto scalare alle forme bilineari stabilendo un' importante risultato che alla base delle teoria variazionale.
F H
uH
tale che
(5.3.11)
F (v u) a(, v u) u
per ogni
v K.
il prodotto scalare in
ed
f H
determina un elemento di
H ,
(f u, v u) 0
equivalente a
v K,
(5.3.12)
(f, v u) (, v u) u
Dimostrazione. Per
per ogni
v K.
(5.3.13)
F H esiste f H tale che F (v) = (f, v) per ogni v H . Per ogni u H consideriamo l'operatore A denito nel teorema 5.15 in H tale che a(u, v) = (Au, v), per ogni v H . Quindi, assegnata F H determinare u K per cui vale (5.3.11) equiva lente a determinare u K , tale che (f, v u) (A, v u) u
Osserviamo che la (5.3.14) equivale a per ogni
v K.
(5.3.14)
(f A, v u) 0, u
e quindi a
( f A + u u, v u) 0, u
per Se
(5.3.15)
u = PK ( f A + u), u
(5.3.15) segue direttamente dal teorema della proiezione 5.1.
(5.3.16)
La relazione (5.3.16) pu essere vista come una condizione di punto sso per l'operatore denito in
KH
da
S : v K PK ( f Av + v) K.
Proviamo che con un'opportuna scelta di Ricordiamo che dal corollario 5.2 si ha , l'operatore
una contrazione.
PK u1 PK u2 u1 u2 ,
73
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p. 74
Sv1 Sv2
= v1 v2 (Av1 Av2 2 . A
segue
e quindi dell'operatore
Su1 Su2
v1 v2
2 (Av1 Av2 , v1 v2 ) +
2
Av1 Av2
(1 2 + C
quindi scegliendo che con tale che
) v1 v2 2 , 2 < 1
cio
S u,
= 1+C
0<
<
che soddisfa
( f A, v u) 0 = (f A, v u) 0. u u
Nel caso che la forma bilineare
un unico
a una forma bilineare continua, coerciva e F H e K un convesso, chiuso e non vuoto. Data F H u H tale che : F (v u) a(, v u) u
per ogni
esiste
v K,
(5.3.17)
(5.3.18)
(a(u, u)) 2 , che tuttavia risulta equivalente a quella originale in H che a anche continua e coerciva, infatti si ha u
Segue quindi che per ogni
a(u, u) C u 2 .
esiste un unico
F H
g H
tale che
F (v) =
a(g, v)
per ogni
e anche
a(g u, v u) 0
Indicata con
per ogni
v K. u = PK g .
PK
la proiezione su
a,
74
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p. 75
vK
realizza il minimo di
a(g v, g v)
al variare di
v K.
Da altra parte per in particolare
realizza il minimo in
v K , a(g v, g v) = a(g, g) 2a(g, v) + a(v, v) e quindi K del funzionale 1 1 (a(v, v) a(g, v)) = (a(v, v) F (v)). 2 2 a
sia proprio il prodotto scalare in
J(v) =
si ha che
il
I(v) =
1 ( v 2
F (v)).
Il principio di Dirichlet astratto un principio di ortogonalit e ha giocato un ruolo fondamentale nella Teoria delle Equazioni dierenziali e nel Calcolo delle Variazioni.
F H
esiste un unico
uH
a(u, v) = F (v)
Se
v H.
a simmetrica allora u caratterizzato dalla propriet di minimo (5.3.18). K = H , si ha che esiste un unico u H vH
vH
consideriamo
tv
con
tR
(f A, tv u) 0 = t(f A, v) (f A, u) 0. u u u
dal momento che anche
per ogni
v H , (f A, v) = 0 u
Au = f
con
a(u, v) = (Au, v)
ed inoltre il vettore
H.
dell'equazione
formulazione variazionale
75
Au = f
il seguente
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p. 76
uH
a(u, v) = F (v)
Il vettore
v H.
(5.3.19)
u,
soluzione variazionale
a(u, v)
uH
: per ogni
(A(), v) = (f, v) u
si ha quindi che
v H.
quindi
A() f, v) = 0 u a
per ogni
v H,
A() = f u
e si ottiene
una soluzione variazionale dell'equazione. Quando la forma bilineare (5.3.18). anche simmetrica allora vale anche il Principio
M H , dove in H denito un prodotto scalare un insieme ortonormale se i suoi elementi sono a due a due ortogonali : per ogni coppia
di elementi di
si ha
famiglia di elementi
(u, v) = 1 se u = v altrimenti (u, v) = 0. Data una (ui ) con i I , un insieme di indici non necessariamente
ortonormale se
(ui , uj ) = 1
dove
(ui , uj ) = 0
se
i = j,
se
i = j.
(ui , uj ) = i,j
i,j
la delta di Kronecker.
M linearmente indipendente. Infatti siano e1 , ..., en , n elementi di M . Supponiamo che 1 e1 + ...n en = 0, moltiplicando per un ej si ha k (ek , ej ) = j = 0.
Esempio 5.22. In
ortonormale.
Rn l2
Esempio 5.23. In
la successione
[0, 2],
(f, g) =
0
c
f (t)g(t)dt
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76
p. 77
un (t) = cos nt
e anche
e0 (t) =
1 , 2
cos nt en (t) = ,
sin nt en (t) = ,
Data una un arbitraria successione di elementi linearmente indipendenti
Schmidt, si costruisce una successione ortonormale la propriet che per ogni Il primo elemento
Span(e1 , .., en )
che ha anche
e1 =
. Sia
1 x1 x1
ortogonale a
v2 = x2 (x2 , e1 )e1 , v2 = 0
v2
e1 ,
si denisce allora
e2 =
Si considera poi il vettore non nullo ortogonale sia a
1 v1 . v1
e1
che a
e2
e3 =
vn = x n
k=1
e quindi il vettore
(xn , ek )ek
en =
1 vn . vn
di uno spazio proiezione del
Y un sottospazio di dimensione nita H e (e1 , .., en ) una sua base ortonormale, allora la u H su Y data da PY (u) = (u, ej )ej .
Infatti, si ha che
(u PY (u), ej ) = (u, ej )
Inoltre
PY (u) =
77
p. 78
su
en
u H.
uH
PV (u) =
(x, ej )ej
ed inoltre
0 u PV (u)
= u
PV (u) = u
Disuguaglianza di Bessel :
2
(5.4.20)
|(u, ei )|2 u
Le quantit
(u, ej )
vengono chiamati
(e1 , .., en , ..) si pu considerare la serie della k ek , dove k sono scalari assegnati. k=1 Si ha inoltre il seguente teorema di convergenza :
(e1 , .., en , ..) una successione ortonormale in uno spazio di Hilbert. Allora : (i) La serie k=1 k ek converge nelle norma di H se e solo se la serie di 2 numeri reali k=1 |k | converge. (ii) Se k=1 k ek converge ad un elemento u H allora k sono i coecienti di Fourier di u : k = (u, ek ) e quindi in questo caso si ha :
u=
(u, ek )ek
k=1
(iii)
Per ogni
uH
la serie
Dimostrazione. Proviamo .. + |n |2 R+ .
(i).
sn = 1 e1 + . + n en H n>m
:
n = |1 |2 +
sn sm
Quindi
= |m+1 |2 + .. + |n |2 = n m
se e solo se
sn
di Cauchy in
di Cauchy in
R.
(ii) Supponiamo che la serie converge a u allora per la continuit del prodotto scalare (sn , ej ) = j converge a (u, ej ).
L'aermazione serie
(iii) segue dalla disuguaglianza di Bessel (5.4.20), infatti la k=1 (u, ek )ek converge e quindi (i) implica (iii).
(ei )iI
questo caso denire i coecienti di Fourier di un elemento Si pu denire la somma ( non numerabile) come :
uH
come
(x, ei ).
78
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p. 79
|(u, ei )|2 = Sup
iI
|(u, ej )|2 ,
J I, J
nito
e quindi la disuguaglianza di Bessel questo caso. Osserviamo che per ogni ssato
iI
valida anche in
m il numero dei coecienti di Fourier tali che 1 deve essere nito. Infatti, denotato con km tale numero si ha m
km
u
che implica
>
i=1
|(u, ei )|2
1 km m
km < m u
Si ottiene dunque che i coecienti di Fourier, di ogni al pi un innit numerabile. Quindi per ogni ssato
uH
(u, ei )ei
iI
con
(u, ei ) = 0
in una successione
la somma della serie non dipende dalla scelta dell'ordine con cui gli elementi sono considerati e quindi valgono gli stessi risultati di convergenza del Teorema 5.26. Vale inoltre il seguente teorema :
H uno spazio di Hilbert e (ei )iI una famiglia ortonormale. Allora si ha che le seguenti aermazioni sono equivalenti : (ei )iI denso in H : per ogni u H e > 0 esiste un vettore u, combinazione lineare di un numero nito di elementi ei , tale che ||u u|| < . (ii) Per ogni vettore u H vale l'identit di Parseval : (i)
Lo spazio generato dai vettori per
u
Dimostrazione. Dimostriamo che
esiste
=
iI
|(u, ei )|2
implica
(5.4.21)
(i)
(ii).
2
Per
uH
e per ogni
>0
1 , .., n
tale che
u PY (u)
= u
PY (u)
= u
k=1
79
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p. 80
iI
|(ei , u)|2 +
(ii)
implica
Utilizzando il Teorema 5.4 si ha che lo spazio denso se l'unico elemento ortogonale ad ogni
ei il vettore nullo. Se u ortogonale a tutti gli elementi della (u, ei ) = 0 per ogni i I , dall'uguaglianza (5.4.21) segue che u = 0. Inoltre se v = iI (ei , u)ei , allora (v u, ei ) = 0 per ogni i I e quindi u v = 0.
Osservazione 5.28. Consideriamo lo spazio
fR R
2 -periodiche
tali che
|f |2 <
successione di elementi di
1 cos nt sin nt , , ) 2
Si tratta di una successione ortonormale e si prova facilmente che la serie di Fourier per una funzione
generato da questa famiglia denso. Infatti, il teorema di Stone-Weierstrass aerma infatti che ogni funzione continua e approssima in norma
2 -periodica
si pu approssimare
f 2 -periodica
si
L2
L2
La teoria sviluppata per gli spazi di Hilbert ci permette quindi di aermare che la serie di Fourier di una funzione di
L2
converge in norma.
H.
Si dice che
somma Hilbertiana di
(Hn )
se
Hn
(v, w) = 0
2. Lo spazio generato dagli
v Hn
u Hm
m=n
(Hn ) denso in H : per ogni u H e > 0 esiste combinazione lineare di un numero nito di elementi ciascuno in Hn , u,
tale che
80
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p. 81
H
denotiamo con
la proiezione di
su
Hn .
un ,
n=1
ed inoltre
||u|| =
n=1
||un ||2 .
allora la
2 Reciprocamente , sia un in H con un Hn , con n=1 ||un || < serie u = n=1 un converge ad un elemento u e un = PHn (u).
da
Sk =
n=1
Per ogni i
PH n .
u H si ha (u un , un ) = 0, e quindi (u, un ) = ||un ||2 , quindi poich sottospazi Hn sono a due a due ortonormali, vale
k k
||Sk (u)||2 =
dal momento che
(u.un )
n=1 n=1
si ha
||un ||2 ,
(5.5.22)
(u un , un ) = 0,
si ottiene
(u un , un ) = 0 (u,
n=1
e quindi
un ) = ||Sk (u)||2
n=1
(5.5.23)
F lo spazio vettoriale generato dagli (Hn ) e sia w F quindi n i wi con wi Hi e i R. i=1 Tenendo presente il fatto che i sottospazi Hn sono a due a due ortogonali si w=
ha che cui segue che per ogni
e quindi
(en ) (w i wi , v) = 0, i>n
esiste
da
PHi (w) = 0, k
(5.5.24)
>0
abbastanza grande, si ha
Da (5.5.23) :
||Sk (u) u|| ||Sk (u) Sk (w)|| + ||u w|| < 2||u w|| < 2
e quindi
limk Sk (u) = u.
(en )
c
81
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p. 82
denso in
H. uH
(en )
u=
ed inoltre l'uguaglianza di Parseval :
(u, en )en ,
n=1
(5.5.25)
||u||2 =
n=1
|(u, en )|2 .
(5.5.26)
(en )
Hn lo Hn ed
en , H
(en )
Se
H.
H. H,
applichiamo il procedi-
(un )
mento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt a questo insieme, avendo cura ad ogni passo si eliminare il vettore se linearmente dipendente ai precedenti, si ottiene cos una successione di vettori ortonormali tospazio di
(ek )
un
H.
Osservazione 5.33. In
Rn
H separabile con base Hilbertiana (en ) e nello spazio l2 considerismo la base hilbertiana denita da ij con ij = 0 2 per j = i e jj = 1. Dai risultati del teorema 5.26, si ha che lo spazio l pu essere considerato come lo spazio delle coordinate di H . Assegnata una 2 successione (n ) l , identica un elemento u di H infatti la serie n=1 n en converge verso un elemento u H e vale
Dato un spazio di Hilbert delle successioni
(u, en ) = n
||u|| =
n=1
2 n .
82
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p. 83
H,
a(u, v) = F (v)
per ogni
v H,
1 a(u, u) F (u). 2 n
e consideriamo
di
a dimensione nita
a(un , vn ) = F (vn )
Sia ora
per ogni
vn H, un
e
e1n , ..., eN n
una base di
Hn ,
vn
di
Hn
hanno
la seguente rappresentazione
un =
i=1
scegliendo
in ein
vn =
i=1
in ein ,
incognite
1n , ..., N n . Hn
di sottospazi di
+ Hn = H n=1
coincida con
H,
H;
F H
Hn
un
un u.
v Hn
valgono contemporaneamente :
a(, v) = F (v) u
segue che si ottiene
a(n , v) = F (v), u
e ponendo in particolare
v = un
a( un , u un ) = a( un , u v), u u
c
83
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p. 84
u un
ogni
a( un , u v) C u un . u v u
(5.6.27)
v Hn .
Si ha quindi :
per
n +
l'estremo
dist(, Hn ) u (n ) a u. u stabilisce anche la velocit di convergenza di un a u. inferiore in H del problema di minimo, J(u) per u H , 21 C u un J(n ) . u
proviamo che :
vH
a(, v) F (v) = 0 u
si ha
J( + v) = 21 a(v, v) + J(), u u
e quindi per ogni
vH J( + v) J() 21 a(v, v) 21 v u u
2
Per
v = un u
si ottiene :
21 un u
J(n ) . u
5.7 Appendice
Diamo la dimostrazione del Teorema delle contrazioni. 1. L'operatore
ha un punto sso
x. Partendo da x0
costruiamo la seguente
successione di elementi di
xn+1 = Sxn
Proviamo che
(xn )
84
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p. 85
d(xn+m , xn )
i d(x1 , x0 ) =
i=n
n d(x1 , x0 ) 1
(5.7.28)
X uno spazio di M chiuso, (xn ) converge ad un elemento x M . Inoltre d(Sxn , S x) d(xn , x) quindi Sxn converge a S x e dalla costruzione della successione xn segue S x = x.
quindi la successione di Cauchy. Dal momento che Banach e 2. Proviamo che
che
S x = y,
si ha
d(, y ) = x
3. La (5.7.28) per
d(xn , x) n (1 )1 d(x0 , x1 ).
85
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Lp ,
tipo particolare di derivata, che ancora una funzione di classe dentemente introdotto spazi di funzioni dello stesso tipo.
Lp .
Ricordiamo tuttavia che negli stessi anni Colkin e Morrey avevano indipenDiamo un idea introduttiva dell'utilizzazione degli spazi di Sobolev nella teoria delle equazion dierenziali. Consideriamo il seguente problema ai limiti :
u + u = f, in [a, b] u(a) = u(b) = 0. f C 0 ([a, b]). Una soluzione classica C ([a, b]), che soddisfa l'equazione (6.1.1) u(a) = u(b) = 0.
con
(6.1.1)
x [a, b]
e tale che
p. 88
Il problema in esame pu essere risolto mediante opportuni calcoli in modo esplicito, tuttavia procederemo in modo diverso per descrivere su questo esempio elementare il Metodo Variazionale. Moltiplichiamo ambo i membri dell'equazione (6.1.1) per una funzione
C 1 ([a, b])
con
(a) = (b) = 0
b
u dx +
a a
udx =
a
f dx.
(6.1.2)
Notiamo che (6.1.2) ha senso anche se abbia le derivate seconde. Vedremo che suciente che chiameremo debole. Le funzioni di classe
u C 1 ([a, b]),
u L2
1,2
Spazio di Sobolev.
In particolare per le condizioni agli estremi dell'intervallo si considera lo spazio che limiti rispetto ad un opportuna norma di funzioni di classe
C 1. 1,2 Una funzione u W0 ([a, b]) che soddisfa (6.1.2) si dice soluzione debole dell'equazione (6.1.1). 1,2 Lo spazio W0 ([a, b]) ha anche la propriet di essere uno spazio di Hilbert
con il prodotto scalare :
(u, v)1,2 =
a
u v dx +
a
uvdx.
Inoltre, se
f L2 ([a, b]),
F () =
a
Il funzionale
f dx
1,2 1 C0 , che si prolunga su tutto W0 ([a, b])
lineare e continuo in
per il teorema di Hahn-Banach. Dal teorema di rappresentazione di Riez dei funzionali negli spazi di Hilbert, esiste un unica
(, )W 1,2 = F () u u
0
1 C0 ([a, b]).
quindi
J(v) =
1 1 (v, v) F (v) = 2 2
v 2 dx +
a
88
u2 dx
a a
f vdx.
(6.1.3)
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p. 89
Il programma che segue quello che descrive a grandi linee il metodo variazionale nella teoria dell'equazioni dierenziali. Primo passo : Utilizzo del concetto di derivata debole e degli spazi di Sobolev per determinare la formulazione variazionale ( o debole) del problema differenziale (6.1.1) ; Secondo passo : Stabilire l'esistenza, ed eventualmente l'unicit di una soluzione debole attraverso i risultati astratti dell'analisi funzionale ; Terzo passo : Provare un risultato di regolarit : nel caso in esame la soluzione debole di classe quando in particolare
C2 ;
una soluzione debole integrando per parti :
u C2
b
(u + u + f )dx = 0.
a
per ogni 4.29
1 C0 ([a, b]). Dal lemma fondamentale del calcolo delle variazioni segue u + u + f = 0 quasi ovunque e per continuit in tutti i punti di
[a, b].
La teoria moderna della risoluzione delle equazioni dierenziali governata dalla tecnica variazionale e dalla nozione di soluzione debole, la cui esistenza ottenuta utilizzando metodi e risultati dell'analisi funzionale.
un intervallo aperto di
di estremi
a, b
e sia
0 p < +
C (I)
lo
spazio delle funzioni indenitamente derivabili con continuit e con supporto contenuto in
I.
Denizione 6.1. Data u L1 (I) diremo che v L1 (I) la derivata debole loc loc
di
se
u dx =
a a
vdx,
per ogni
C (I).
(6.2.4)
la funzione
I = (a, b)
e deniamo
u(t) =
La funzione data da
t, 1,
v(t) =
1, 0,
89
p. 90
cio
u,
u dt =
0
per ogni
vdt,
0
C (I).
Infatti
u dt =
0 1 0
t dt +
0 1
dt =
2
[t]1 0
0
dt + []2 = 1
0
dt =
0
vdt.
u(t) =
La funzione
t, 2,
0<t1 1<t<2
ancora data da
v(t) =
In questo caso si vede che generica
1, 0,
0<t1 1<t<2 u,
infatti per una
C (I),
1
si ha
u dt =
0 0
Supponiamo che per ogni
t dt + 2
1
dt =
0
dt (1) =
0
vdt
(6.2.5)
u abbia derivata debole e quindi esiste v che soddisfa (6.2.4) C (I). Sia (k ) C (I) una successione tale che 0 k (t) 1, k (1) = 1 e k (t) 0 per ogni t = 1, allora
2 2 1
vk dt =
0
uk dt =
0
k dt k (1)
vk dt
0
k dt) = 0.
Possiamo concludere che se una funzione quasi ovunque derivabile e la derivata di classe
L1 loc
I = (1, 1)
H(t) =
1 0<t 0 t<0
90
(6.2.6)
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p. 91
Supponiamo che
C ((1, 1))
1
dt =
1
Sia
H(t) dt =
1 0
dt = (0).
con
C ((0, 1))
e prolunghiamola in
(1, 0)
= 0,
si ha
dt = 0
1
da cui segue che che
=0
quasi ovunque in
[0, 1)
=0
quasi ovunque in
(1, 0]. 0=
C ((1, 1))
si ha
dt = (0)
1
Si conclude che
Tuttavia la nozione di derivata si pu ulteriormente indebolire introducendo il concetto di funzione generalizzata o distribuzione. Si denisce distribuzione un funzionale lineare e continuo
U denito in C0 () dove un aperto 1 di R . Ogni funzione Lloc () denita in e localmente sommabile una distribuzione considerata come funzionale della forma n U : C0 ()
La derivata di una distribuzione
u(x)(x)dx
D U () = (1)|| U (D )
Nel caso unidimensionale Consideriamo la funzione
in
(1, 1),
per ogni
C0 (1, 1)
si ha che
U () =
1
si ha allora che
H(t)(t)dt =
0
(t)dt
U () =
0
(t)dt = (0) = 0 () H
e il funzionale
0 () = (0).
91
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p. 92
Denizione 6.3. Per 1 p +, Denotiamo con W 1,p (I) lo spazio vettoriale delle funzioni
u Lp (I)
Lp (I).
Lo spazio
W 1,p (I) u
I.
per parti
u C L
e la derivata usuale
W 1,p (I)
1,p
(6.3.7)
Lp (I)
segue facilmente
1 p < +, W (I) uno spazio di Banach. Sia un una successione di 1,p Cauchy in W (I) allora un e un sono di Cauchy in L2 e quindi convergono rispettivamente a u e a v . Si vede facilmente che u = v infatti : vdx = lim
I k I
1,p
uk dx = lim
k I
uk dx =
I
u dx.
(6.3.8)
Per
p = 2, W 1,2 (I)
u v dx +
a
uvdx.
Consideriamo l'operatore
T : u W 1,p (I) (u, u ) Lp Lp . L'operatore 1,p T un isometria tra W (I) e W = T (W 1,p (I)). dal momento che W un p p sottospazio completo di L L `e anche chiuso e quindi separabile. 1,p 1 < p < +, W (I) uno spazio riessivo ;
Consideriamo
g funzione R [a, b] e il
[a, b]
92
www.math.unifi.it/mascolo
p. 93
Una situazione analoga si incontra per i problemi di minimo di funzionali ad esempio del tipo (6.1.3) e l'introduzione degli spazi di Sobolev corrisponde all'introduzione dei numeri reali come completamento dell'insieme dei numeri razionali attraverso i numeri irrazionali. Per stabilire l'esistenza di minimo per problemi del tipo (6.1.3) si deve completare lo spazio delle funzioni regolari. In questa direzione, denito
1,p
< +,
si denota con
C 1,p (I) lo spazio delle funzioni C 1 (I) tali che H 1,p (I) il completamento di C 1,p (I) nella norma H 1,p (I) = W 1,p (I).
(6.3.7). Il Teorema di Meyers- Serrin (1960) aerma che Proviamo che le funzioni di funzioni di
W 1,p (I)
tale che
x I,
(6.3.9)
u(x) u(y) =
y
u W 1,p (I)
sentante continuo cio esiste una funzione continua che appartiene alla stesssa
u.
tinuo di u, che sar denotato ancora con ovunque continua. Osserviamo inoltre che se allora
u,
quasi
u W 1,p (I)
C 0 (I)
u.
deniamo per
xI
v(x) =
y0
g(t)dt,
allora
v C0
e per ogni
C0
vale
v(t) (t)dt =
I I
g(t)(t)dt,
quindi
la derivata debole di
v.
93
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p. 94
continua in
I,
inoltre
v(x) (x)dx =
a y0 y0 a
(x)
y0 b
g(t)dtdx =
x
(x)[
a x
Tenendo conto del fatto che
g(t)dt]dx +
y0
(x)[
y0
g(t)dt]dx.
{(x, t) :
ed inoltre
a x y0 ,
x t y0 } = {(x, t) :
a t y0 ,
a x t}
{(x, t) :
y0 x b,
y0 t x} = {(x, t) :
y0 t b,
t x b}
y0
v(x) (x)dx =
a
dal momento che
g(t)
a a
(x)dxdt +
y0
segue :
g(t)
t
(x)dxdt,
(a) = (b) = 0,
b
v(x) (x)dx =
a a
g(t)(t)dt.
L1 (I) loc
f (x) (x)dx = 0
allora
f (x) = c,
con
cR
x I.
e
Dimostrazione. Data
funzione a supporto
0 C0 (I), compatto in I
(x)dx = 1
b
0 w C0 (I)
deniamo la
w(x)dx,
b a
h(x)dx =
0.
Allora
0=
a b
f (t) (t)dt =
a b b
f [w(t) (t)
a b
w(x)dx]dt =
b
=
a
f (t)w(t)dt
a
w(t)dt
a
f (x)(x)dx =
a
w(t)[f (t)
a
f (x)(x)dx].
w C 0,
I , f (x) =
b a
f (x)(x)dx.
94
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p. 95
quasi ovunque costante.
Il lemma precedente aerma che una funzione con derivata debole nulla Dimostrazione del teorema 6.5.
Dimostrazione. Per
y0 I
poniamo
u(x) =
y0
Dal lemma 6.7 si ha
u (t)dt.
u(t) (t)dt =
a
quindi, per il lemma 6.8, segue che
u (t)(t)dt =
a a
u(t) (t)dt, I
uu
u = u+
costante.
u W 1,p
x
|u(x) u(y)|
y
Se
|u (t)|dt u
p |x
y|1 p .
p=1
teoria dell'integrazione.
Vale inoltre il seguente risultato che caratterizza i rapporti incrementali delle funzioni che appartengono a spazi di Sobolev.
1 < p +
u Lp (I).
C0
c = c(I, p) |
u dx| c
I
1 1 + = 1. p q
e
I0 , I0 I
1
(
I0
In (ii) e (iii) si ha
C= u
p.
u L
b
, si ha
|
a
c
u(x) (x)dx| |
a
u (x)(x)dx| u
q.
95
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p. 96
C0
F :
a
poich
u(x) (x)dx,
denso in in tutto
p>1
si ha che
Lq
.
e dal teorema di
v Lp
F () =
a
per ogni
u(x) (x)dx =
a
v(x)(x)dx,
si conclude che
Lq
e quindi in particolare
derivata debole di
uW
1,p
C0 ,
(v)
la
x I0 ,
si ha
x+h
u(x + h) u(x) =
x
e dunque
u (t)dt = h
0
u (x + sh)ds,
|u (x + sh)|ds,
p = +.
1
1 < p < +,
|u (x + sh)|p ds.
I0
ds
0 I0
|u (x + sh)|p dx. x I0 , x + h I
( vale che
si ha che se
|u (x + sh)|p dx =
I0 I0 +sh
|u (y)|p dy
I
|u (y)|p dy,
mettendo insieme le ultime due disuguaglianze segue (iii). Proviamo che (iii) implica (ii). Sia Supponiamo
C0 , I0 I0 I e |h| < dist(I0 , RI). 1 < p < +, osserviamo che da (iii) se Supp I0 , si ha
p = +,
96
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p. 97
I
u(x + h)(x)dx =
I
si ottiene
u(x)(x h)dx,
I
|h|
e facendo tendere
si ha
p = +
W 1,
con la
nel caso
W 1,
p=1
Enunciamo alcuni teoremi per la cui dimostrazione rimandiamo a Brezis. Il primo stabilisce una propriet di prolungamento per le funzioni che appartengono agli spazi di Sobolev
P : W 1,p (I) W 1,p (R) lineare e continuo P (u)(x) = u(x), per x I e u W 1,p (I) ; Esiste una costante C dipendente dalla misura W 1,p (I) : P u Lp C u Lp , Pu
W 1,p
tale che di
C u
W 1,p .
Teorema 6.12. Sia u W 1,p (I) con 1 p < +, allora esiste una successione
uk
in
converge a
la restrizione di
uk
I,
uk /I ,
97
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p. 98
W 1,p (I).
Teorema 6.13. Per ogni u W 1,p (I), esiste una costante C dipendente dalla
misura di
I , |I| +, u
tale che
L
C u
W 1,p ,
1 p +.
(6.4.10)
in altre parole
1p
+.
Dimostrazione. suciente dimostrare (6.4.10) nel caso
segue dal teorema di prolungamento, infatti esiste
u
Sia
Pu
C Pu
W 1,p
C1 u
1 v C0 (R) e per 1 p < +, deniamo G(s) = |s|p1 s e G(v(x)) = 1 w(x) = |v(x)|p1 v(x), w C0 (R) e vale w = p|v(x)|p1 v (x) quindi x
w(x) =
p|v(x)|p1 v (x)dx,
|w(x)| = |v(x)|p p v
da cui segue
p1 p
p1 p
v
1 p
p,
|v(x)| p p v
e dalla relazione
1 ab p ap + 1 bq , q
1
si ha
|v(x)| p p (
e quindi
p1 v p
1 v p
p)
pp v
1,p
v(x)
Sia
pp v
u W 1,p ,
k, h
si ha
uh uk
che implica che segue (6.4.10).
C uh uk
W 1,p .
(uh )
u.
da cui
98
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p. 99
Un operatore quando 1. 2.
X, Y
si dice Compatto
T T
in relativamente compatti di
Y. X, Y
sono una successione
Quando
xk
allora
T (xk )
Y.
In seguito utile il seguente criterio di compattezza di Ascoli-Arzel di compattezza per la convergenza uniforme :
un sottoinsieme lim-
C 0 (K).
Se gli elementi di
sono :
M > 0 tale che per ogni f H |f (x)| M, x K ; Equicontinui : per ogni > 0 esiste tale che se |x x | < vale |f (x) f (x )| < per ogni f H ; compatto in C 0 (K). allora H
Equilimitati : esiste
I limitato, 1 < p +.
W 1,p (I)
B = u W 1,p (I) : u
x
1,p
1 y|
e
p1 p
u B.
Vale
p1 p
|u(x) u(y)| = |
y
ed inoltre limitato di
u (t)dt| u
p |x
|x y| B
v C dal C 0 costituito
un sottoinsieme
teorema di Ascoli-Arzel compatto rispetto alla convergenza uniforme. Vale inoltre che l'immersione sioni limitate nella norma convergono nella norma
W 1,p (I) Lp (I) compatta, infatti le succesW 1,p (I) sono uniformemente convergenti e quindi p di L . W 1,1 (I) Lq (I)
compatta per
1 q +.
anche se
limitato.
W 1,p (I)
nel caso
non lim-
uW
(I), 1 p < +,
allora
t+
Infatti sia (6.4.10) si
lim u(t) = 0.
1 (uk ) C0 (R) e le cui restrizioni convergono ad u W 1,p . Dalla ha che uk u < per k > k0 . Sia |x| > M tale che uk (x) = 0
99
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p. 100
, da cui
non limitato e
u Lq
per ogni
q p,
|u|q dx u
ma in generale
u p,
u Lq /
per
1 < q < p.
con
1p
uv W 1,p
(uv) = u v + uv .
Inoltre
y x x
uv dt.
p Dimostrazione. Dai risultati precedente segue che u L e quindi uv L . 1 Siano 1 p < e un , vn in C0 (R) le cui restrizioni convergono a u e v 1,p rispettivamente in W . Dal momento che un u , vn v anche in L p segue che un vn uv in L e anche in L . Osserviamo che :
(un vn ) = un vn + un vn u v + uv un vn uv e (un vn ) u v + uv in Lp e quindi procedendo come in (6.3.8) segue (uv) = u v + uv . 1, Siano u, v W allora uv L e u v + uv L , dobbiamo provare che 1 per ogni C0 :
Si ha che
uv dt =
I
Poich per ogni limitato
(u v + uv )dx.
I
J I
si ha che
u, v W 1,p (J)
uv dt =
J
che conclude la prova.
(u v + uv )dx.
J
G C 1 (R)
con
uW
1,p
appartiene ancora a
G(0) = 0 W 1,p e
vale
G segue che |G(s)| C|s| per s [M, M ] u L si ha |G(u(x))| |u(x)| e quindi G(u(x)) Lp . Inoltre 1 G (u(x))u (x) Lp . Dobbiamo provare che per ogni C0 :
100
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p. 101
Sia
1 un C0 (R) con le restrizioni che convergono ad u in W . dal momento che un u in L si ha anche che G(un ) G(u) e G (un )un G (u)u in L e Lp e quindi dalla relazione
1p<
e sia
1,p
G(un ) dx =
per i teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale si ha la tesi. Per il caso
p=
Lo spazio
1,p W0 (I)
1 p < +
e riessivo
uno spazio di
In particolare per Se
p=2
I = R,
Si ha inoltre
C0 (I)
denso in
1,p W0 (I).
Se
1,p 0 u W 1,p (I) C0 (I) allora u W0 (I). infatti utilizzando le propriet delle u le funzioni regolarizzate di u (Appendice del Capitolo 2), segue che 1,p 0 per ogni u W (I) C0 (I) le regolarizzate u convergono a u nella norma 1,p p di W . Infatti in questo caso u convergono a u in L ed inoltre si ha che u = (u ) , infatti :
u dx = =
gv W
1,p
(I)
g L1 (g v) = g v .
v W 1,p (I)
il prodotto di
101
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p. 102
se e solo se
allora
1,p u W0 (I)
u=0
agli
1,p Dimostrazione. Supponiamo I limitato e sia u W0 (I), allora per denizione 1 esiste uk C0 (I) che converge a u nella norma di Sobolev. Dal momento che 1,p 0
(I)
C (I),
uniformemente in Data
e quindi
u=0
sulla frontiera di
u W 1,p (I) con u = 0 sulla frontiera di I G(t) = 0 per |t| 1 e G(t) = t per |t| 2 ; |G(t)| |t| per ogni t R ; uk (x) =
I. G C 1 (R)
tale che
deniamo
1 G(ku(x)). k 1 k
Si ha che
uk W 1,p (I)
ed inoltre
Supp uk
dal momento che
x I : |uk (x)|
I,
0 u = 0 su I . Dall'immersione segue che u W 1,p (I) C0 (I) 1,p e quindi uk W0 (I). Si vede facilmente che uk u quasi ovunque in I , inoltre dalle propriet di G segue
|uk (x)| =
1 G(ku(x)) |u(x)|, k uK
con-
nello spazio
W 1,p (I)
e quindi
1,p u W0 (I).
un intervallo limitato allora esiste una costante 1,p I , tale che per ogni u W0 (I) vale
u
Dimostrazione. Sia
W 1,p
C u
Lp .
Sia
(6.5.11)
I = (a, b)
e quindi
u(a) = u(b) = 0.
x
p=1
|u (t)|dt,
L1
(b a) u
x
L1 .
p > 1,
allora
|u(x)|
a
da cui segue
|u (t)|dt (b a)
p
p1 p
Lp ,
u(x)
e quindi la tesi.
(b a)p u
p Lp .
102
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p. 103
biamo usato solo che
u(b) = 0.
boli.
u
quindi segue che in alla norma
W 1,p
=[ u
p Lp
+ u
1 p p Lp ]
C u
Lp ,
la norma della sola derivata u Lp equivalente 1,2 W 1,p . Inoltre in W0 (I) si ha che (u , v ) un prodotto scalare che genera una norma equivalente a quella di Sobolev.
1,p W0 (I)
Osservazione 6.24. Osserviamo che attraverso una naturale estensione della 2,p
denizione di spazio di Sobolev, si denisce lo spazio di classe
Lp
2,p
=( u
p p
+ u
p p
+ u
1 p p p)
e se
1p<
Denizione 6.25. Data una successione (uk ) W 1,p (I) diremo che converge
debole, se debole o debolein
convergono
La denizione data ben posta, sia infatti converge debole a la derivata debole di
converge
vdx = lim
I I
uk dx = lim
k I
uk dx =
I
udx.
W 1,p (I)
per
p = +. p > 1 uno
successione limitata in norma si pu estrarre una sottosuccessione che converge nella topologia debole. Vale il seguente teorema di compattezza :
W 1,p (I), 1 < p < . Se le norme un p sono limitate ed inoltre |u(a)| M allora esiste u W 1,p (I) ed un estratta di un che converge uniformente ad u e le un convergono ad u nella p topologia debole di L .
una successione in
103
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p. 104
I = (a, b),
un
u.
Da altra parte
un
Lp
e non possono
u. un
p e
un
|u |dx
a
|un (x)| + (b a)
a
|u |dx
un
una successione in
p < ,
u,
uniformemente a
u. un
p e
un
unh
che converge uniformemente alla funzione limite debole cessione converge uniformemente a
u.
p = 1. Esistono infatti successioni L che convergono a funzioni discontinue, come ad successione = (0, 1) denita come : 1 1 x (1, n ) 1 1 un (x) = nx x ( n , n ) 1 1 x ( n , 1)
1,p 1,p (I). W0 (I) con 1 p + si indica con W0 1,2 vicino W0 (I) che essendo uno spazio di Hilbert dovrebbe
identicarsi con il suo duale. Tuttavia non sempre possibile fare questa identicazione. Consideriamo
un suo sottospazio
104
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p. 105
denso. Supponiamo che e denoteremo con e quindi
||
H.
Sup-
in
v V. H con il suo duale H e quindi si pu immergere H in V , infatti ssata f H , l'applicazione v V (f, v) un funzionale lineare e continuo su H e quindi anche su V , deniamo con T l'operatore :
per ogni Supponiamo di identicare
|v| C v
T : f H T (f ) V ,
denito da
T :H V
ha le seguenti propriet :
C>0
tale che :
T (f )
dal momento che 2. 3.
C|f |,
iniettiva, denso in
T (H)
Quindi si pu immergere
e segue
V H = H V
e tutte le immersioni sono continue e dense. Nel caso in cui
((, ))
si potrebbe identicare
diventa assurda. Segue quindi che non possibile fare entrambe le identicazioni, di solito si
H = H e non V con V . 1,2 2 1,2 Ad esempio si identica L (I) con il suo duale ma non W0 (I) con W (I),
sceglie di identicare e quindi valgono le seguenti immersioni continue :
W 1,p (I)
allora esistono
f0 , f1 Lp
f0 vdx +
I
fi v dx, , f1 }.
ed inoltre
F = Max { f0
c
Lp
Lp
105
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p. 106
h = h0
+ h1
Lp .
1,p p p L'applicazione T : u W0 (I) (u, u ) L (I) L (I) un isometria. 1,p 1 Poniamo G = T (W0 (I)) munito della norma indotta da E e sia S = T : 1,p G W0 (I). L'applicazione h G F (S(h)) un funzionale lineare e continuo su G. Per
il teorema di Hahn-Banach la si prolunga in un funzionale lineare e continuo su
E,
ed inoltre
F =
f0 , f1 Lp
tali che
(h) =
I
facile vericare che
f0 h0 dx +
I
fi h1 dx.
= Max { f0 Lp , f1 Lp }. 1,p W0 (I) con la norma della sola derivata p allora si pu applicare il ragionamento precedente con E = L e T : u 1,p p W0 (I) u L (I).
Quando
limitato e si munisce
f0 , f1 Lp
W 1,p (I).
(6.8.12)
funzione di classe
C 0. u C 2 (I)
che verica (6.8.12) per ogni
La condizione agli estremi viene chiamata di Dirichlet omogenea. Una soluzione classica una funzione
1,2 u W0 (I) b
u v dx +
0 a
uvdx =
a
f vdx
per ogni
1,2 v W0 (I)
(6.8.13)
Dal procedimento di integrazione per parti segue che una soluzione classica anche una soluzione debole. Vale il seguente teorema di esistenza ed unicit delle soluzioni deboli.
106
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p. 107
Teorema 6.31. Per ogni f L2 esiste un unica soluzione debole di (6.8.12) ed inoltre vale il Principio di Dirichlet : u un minimo del funzionale in
1,2 v W0 (I)
J(v) =
1 2
(v )2 + v 2 dx
0 0
f vdx
(6.8.14)
Dimostrazione. Dal teorema di rappresentazione dei funzionali lineari nello 1,2 spazio di Hilbert W0 (I) con il prodotto scalare
1 1
u v dx +
0
uvdx
tale che
(, v) = F (v) = u
a
segue che
f vdx
u W 1,2
1
u v dx =
0
in particolare per
(f u)vdx
0
1 v C0
( ) = (f u) u
quindi la derivata seconda debole di segue che
la funzione
(f u) L2 ,
da cui
uW
2,2
f C0
allora
u C 2. u C0
e quindi
u W
1,2
uC
( ) = (f u) C 0 u
u C2
I = (0, 1)
(6.8.15)
assegnati e
f L2
esiste un unica
u W 1,2 (I)
tale
1,2 W0
107
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p. 108
f wdx
0
(6.8.16)
u w dx +
0
ed inoltre
uwdx =
0
vK
dall'in-
u (v u) dx +
0
dal momento che teorema 5.17 si
u(v u)dx =
0 0
f (v u)dx
v(0) u(0) = v(1) u(1) = 0. W 1,2 ed il funzionale F , da ha che esiste un unico u K tale che per ogni altra v K
1 1
u (v u) dx +
0
Per
u(v u)dx
0 0
f (v u)dx
si ha
1,2 w W0 ,
consideriamo
v = u + w, v K ,
1
u w dx +
0
Per
uwdx
0 0
f wdx
v =uw
si ha
u w dx +
0 0
segue l'uguaglianza (6.8.16) per ogni quindi anche una soluzione classica.
uwdx
0 1,2 w W0
f wdx
e quindi
una soluzione
u C2
ed
Problema di Sturm-Lioville.
Consideriamo
(6.8.17)
pu v dx +
0 0
quvdx =
a
f vdx
per ogni
(6.8.18)
108
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p. 109
a(u, v) =
0
Se
pu v dx +
0
quvdx
q 0,
a(v, v)
0
quindi
(v )2 dx c v
2 W 1,2
1,2 a corciva in W0 (I). Dal teorema di Lax-Milgram, segue che esiste 1,2 1,2 W0 (I) tale che per ogni altro v W0 (I) 1
a(, v) = F (v) = u
0
inoltre
f vdx
J(v) =
Da altra parte, poich
1 2
(p(v )2 dx + qv 2 )dx
0 0
f vdx
p v dx = u
0
per ogni
(f q)vdx u
0
1 v C0 , dalla denizione di derivata debole (p ) = (f q), u u 1 1,2 (p ) W 1,2 e cio u W 2,2 . Quando f C 0 u quindi p W u , allora p 2 segue che u C ed anche una soluzione classica.
(6.8.19)
f L2
esiste un unica
inoltre u minimo del funzionale u C 2 ed anche una soluzione classica. Se u una soluzione classica, moltiplicando
v
1
0 1
u vdx +
0
uvdx =
0 1
f vdx
1
=
0
Poich
u v dx + [u v]1 + 0
0
segue che per ogni
uvdx =
0
f vdx
( e non in
u (0) = u (1) = 0
v W 1,2
1,2 W0
come
109
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p. 110
f vdx
0
u v dx +
0
Consideriamo la forma bilineare
uvdx =
0
ed il funzionale
in
W 1,2
come nel
caso del problema di Dirichlet, allora dal teorema di rappresentazione o Lax-Milgram segue che esiste un unica
u W 1,2
1
vW
1,2 1 1
u v dx +
0
Procedendo come prima si ha che Dall'integrazione per parti segue :
uvdx =
0 0
f vdx u C 0,
le
u W 2,2
v W 1,2
e scegliendo in particolare
J(v) = v 2 (0) +
0
con
(v 2 + 4f v)dx W 1,2 .
Proviamo che un unico punto
f L2 ,
Il funzionale
denito in
W 1,2 ,
denito da
K = v W 1,2 : v(1) = A
Consideriamo la forma lineare in
W 1,2
a(u, v) = 2u(0)v(0) + 2
0
ed il funzionale
u v dx
F (v) = 4
a continua v, u K ,
1
in
W 1,2
ed inoltre
(u v )2 dx C u v
W 1,2
Si vede facilmente che l'ultima condizione, pi debole della coercivit tuttavia suciente per provare il teorema di Stampacchia 5.17, e quindi segue che esiste un unica
uK
tale che
110
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p. 111
a(, v u) 4 u
0
e dal momento che
f (v u)dx J.
simmetrica
a(u, v) = u(0)v(0) +
0
e sia
u v dx +
0
uvdx,
in questo caso un esiste un
A = 0. K
W 1,2 (I).
a continua e coerciva in W 1,2 e quindi per ogni f L2 u K tale che per ogni v K a(, v) = F (v) e cio u
1 1 1
u(0)v(0) +
0
In particolare, se prendiamo
u v dx +
0 1 v K C0 1
uvdx =
0
si ha
f vdx
(6.8.20)
u v dx +
0 0
da cui segue che la derivata debole di
uvdx =
0
f vdx
+ u f = 0 u
Da (6.8.20) e (6.8.21), per
vK
1
u (1)v(1) u (0)v(0) +
0
Tenendo conto del fatto che
( + u f )dx + u(0)v(0) = 0 u
segue
(6.8.22)
v(1) = 0
x I = (0, 1)
(6.8.23)
Il problema (6.8.23) relativo all'equilibrio di un lo elastico, la condizione esprime il fatto che il lo ha un estremo ssato mentre si prova che
u(0) = u (0)
f C0
u C2
111
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p. 112
I(v) =
a
con
(6.9.24)
h L2 . Utilizzando la teoria delle topologie deboli e degli spazi di Sobolev 1,2 proveremo che esiste il minimo di I nella classe di Sobolev W0 ((a, b)), cio 1,2 esiste ed unico u W0 ((a, b)) tale che m = I(v) :
Sia
|
a
h(x)v(x)dx| (
a
v 2 (x)dx) 2 (
a
h2 (x)dx) 2
b 2 a
v 2 (x)dx+
1
2 a
h2 (x)dx
e quindi
I(v)
a
v 2 (x)dx
2 a
v 2 (x)dx
1
2 a
h2 (x)dx. 1c 1
2 a 2
tale che
> 0,
dove
I(v) (1 c 2 )
a
Segue quindi che Sia
v 2 (x)dx +
1
2 a
h2 (x)dx
h2 (x)dx.
I inferiormente limitato e m > . 1,2 (uk ) W0 ((a, b)) una successione minimizzante : lim I(uk ) = m,
k
I(uk ) (1 c 2 )
a
da cui segue
uk2 (x)dx +
1
2 a
h2 (x)dx,
1
2 a
h2 (x)dx,
1,2 (uk ) in W0 ((a, b)) sono equilimitate e quindi esiste una successione estratta,
112
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p. 113
1,2 W0 ((a, b))
ad una funzione
u. u
in
(uk ) lim
k
converge debolmente a
L2 ,
si ha
uk (x)h(x)dx =
a a
u(x)h(x)dx. g() = 2 , R
(6.9.25)
per ogni
2 2 2( )
da cui segue
u L2 ((a, b)) e uk u
b
0 in L2 ((a, b)),
lim
k a
e segue
lim inf
k a
uk2 (x)dx
a
u 2 (x)dx
(6.9.26)
(6.9.27)
I(u) = m
e quindi
sequenzialmente inferiormente
1,2 W0 ((a, b)). 1,2 Proviamo che u l'unico minimo. Supponiamo che esista u W0 ((a, b)) tale
semicontinuo rispetto alla convergenza debole in che :
I(u) = I() = m, u
1,2 1 1 Notiamo che w = u + u una funzione in W0 ((a, b)) e poich la funzione 2 2 2 integranda del funzionale I , f (x, s, ) = h(x)s strettamente convessa
nella variabile
segue che
m I(w)
e dunque
1 2 1 1 1 u + u = w 2 = ( u + u )2 . 2 2 2 2
L'ultima uguaglianza per la stretta convessit della funzione che si ha che
sono funzioni di
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p. 114
(a, b)
di
(6.10.28)
a(x, s, ), b(x, s, )
Esiste
funzioni di classe
C ((a, b) R2 )
si ha :
soddisfacenti le
(i)
>0
(x, s, )
(ii)
Uniformemente rispetto a
(x, s)
(iii)
Esiste
>0
(6.10.29)
allora
di classe
C ((a, b)).
u W 1,p ((a, b)) una soluzione debole di (6.10.28), dalla condizione di crescita (i) segue che a(x, u(x), u (x)) e b(x, u(x), u (x)) sono 1 funzioni di classe L in (a, b). Deniamo v(x) = a(x, u(x), u (x)) e w(x) = b(x, u(x), u (x)), da (6.10.29) segue che w la derivata debole di v , v = w . 1 1,1 Dal momento che w L ((a, b)) si ha che v W e quindi v continua e limitata in (a, b), in particolare esiste una costante c > 0 tale che |v(x)| = |a(x, u(x), u (x))| C per quasi ogni x (a, b). 1, . Dalla condizione (ii) segue che u deve essere limitata e quindi u W 1, Proviamo ora che u W ed in particolare che u soddisfa l'ultima con dizione del Teorema 6.9 e cio che per ogni I0 I0 (a, b) e h R con h < dist(I0 , R I) esiste una costante c > 0 tale che per quasi ogni x I0 :
Dimostrazione. Sia
c
114
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p. 115
Dalla
(iii)
segue che
u (x+h)
(u (x + h) u (x))
u (x)
e quindi
|u (x + h) u (x)| |a(x, u(x), u (x + h)) a(x + h, u(x + h), u (x + h))|+ |a(x + h, u(x + h), u (x + h)) a(x, u(x), u (x))|.
Dal momento che
u W 1, segue che b(x, u(x), u (x)) L e quindi a(x, u(x), u (x)) W 1, , e applicando alla funzione a(x, u(x), u (x)) la caratterizzazione del Teorema 6.9, segue che
a(x, s, ) C
u W 1,
la stessa
u W 1,
e quindi
u W 2, .
d (a(x, u(x), u (x)) = ax (x, u(x), u (x))+u as (x, u(x), u (x))+u a (x, u(x), u (x)) dx
e dividendo per
u =
Poich
b(x, u(x), u (x)) ax (x, u(x), u (x)) u as (x, u(x), u (x)) . a (x, u(x), u (x) u W 2,
si ha che
(6.10.30)
u C 2.
Ritornando alla (6.10.30) segue che si prova che
u C1
u C 3 , e cos di seguito
uC
115
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7 Spazi di Sobolev in
Rn
n-dimensionale.
che
un aperto di classe
e raggio
1,
H C m (B)
(2)
H(B+ ) = U
dove
Se
B+ = {x B :
xn > 0} x0
e
B0 = {x B :
C1
u C 1 () C 0 () uxi udx = ui d
allora
In particolare se F(x) = (F1 , ..., Fn ) un campo vettoriale denito in 1 0 classe C () C () allora vale
n n
di
div Fdx =
i=1
Fxi (x)dx =
i=1
Fi i d uv ,
con
u, v C 1 () C 0 ()
Se
p. 118
uvxi dx
uvi d
u C 1 (),
C0 ()
u xi dx =
uxi dx.
i = 1, . . . , n
Si vede utilizzando il Lemma Fondamentale del Calcolo delle Variazioni che se la derivata debole esiste unica. Si denisce quindi :
p funzioni u L () tale che le derivate parziali prime deboli uxi appartengono p 1,p a L (). W () uno spazio di Banach con la seguente norma : n
1 p
1,p
|u| +
i=1
|uxi |
dx
(7.1.1)
1 p < +, W 1,p () uno spazio di Banach separabile ; 1 < p < +, W 1,p () uno spazio riessivo ; 1,2 Per p = 2, W uno spazio di Hilbert con il prodotto scalare
n
(u, v) =
uvdx +
1
uxi vxi dx
un intervallo di
ogni fun-
|x|
, with
= B(0, 1) la sfera di centro 0 e raggio 1 > 0. Osserviamo che u regolare per x = 0 uxi (x) = xi , |x|+2 || . |x|+1
Rn
e sia
u(x) =
e quindi per
x=0
si ha
|Du(x)| =
Sia
C0 (B)
e ssiamo
> 0,
allora
118
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p. 119
B(0,1)B(0, )
dove
uxi dx +
B(0, )
ui d,
B(0, ).
Da altra parte :
|
B(0, )
quindi per
ui d| ||||
B(0, )
che va a
d C
n1
segue :
uxi dx =
B(0,1)
per ogni
uxi dx,
B(0,1)
C 0(B), quindi per < n 1 uxi la derivata debole di u. p Inoltre Du(x) sommabile L se e solo se ( + 1)p < n. 1,p Si pu quindi concludere che u W (B) se e solo se < np (infatti p np < n 1). p In particolare se > 0 allora u W / 1,p (B) per ogni p n.
1 Denizione 7.6. La chiusura di C0 () rispetto alla norma (7.1.1) di W 1,p ()
1,p W0 ()
dal momento che le funzioni che appartengono agli spazi di Sobolev sono quasi ovunque denite. Tuttavia si hanno i seguenti risultati che stabiliscono una caratterizzazione delle funzioni di
1,p W0 ()
u W 1,p ()
1,p W0 .
Al-
abbia frontiera
C 1,
u = 0 in 1,p u W0 ()
1,p W0 () valgono teoremi di immersione dello stesso tipo di quelli stabiliti nel caso n = 1 ma prima di enunciarli diamo una motivazione
Negli spazi di Sobolev dei risultati. Proviamo infatti che quando si vuole stabilire una maggiorazione della forma :
||u||q C||Du||p ,
l'esponente e
(7.1.2)
n.
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p. 120
u C0 (), u = 0,
per
>0
deniamo :
u (x) = u(x),
e applichiamo la maggiorazione a
u ,
1
si ottiene :
(
Rn
Osserviamo che
|u (x)|q dx) q C(
Rn
|u (x)|q dx
Rn
e
|u(x)|q dx =
Rn
1 n
|u(y)|q dy,
Rn
|Du (x)|p dx = p
Rn
quindi si deve avere
|Du(x)|p dx =
Rn
p n
|Du(y)|p dy,
Rn
1 n ||u||q C n ||Du||p , q p
o in modo equivalente
||u||q C1 p + q ||Du||p ,
ne segue che se fosse
1
Per
di Sobolev
denito da
p =
.
np np
allora e
p
p < n,
si ha che
limitato ed p
u
Se
c(n, p) Du
con
p>n
si ha che
u C 0, ()
=1
n p e
o,
= u
+ Supx=y
u
Nello spazio
c2 (n, p)(diam ) Du
1,p W0
limitato e
1,p u W0 (),
1
allora
p
u
c
c3 (n, p)|| n Du
120
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p. 121
equivalente alla norma in spazi
W 1,p
W 1,p ()
R2
denito da :
|y| exp(
1 ) , x2
appartiene a
1,1
Dal
1 u(x, y) = x3 exp( x2 ),
e
uy = 0
si ha :
|Du|dxdy =
Per ogni
dx
0
1 exp( x2 ) 1 exp( x2 )
exp(
1 )|3x2 2|dy = 2 x2
p > 1,
otteniamo :
|u(x, y)|dxdy =
1 0
1 exp( x2 ) 1 exp( x2 )
x3p exp(
p )dx = x2
=2
0
e quindi
x3p exp(
x3p exp(
0
p1 )dx = +, x2
u Lp /
per nessun
c u
1,p n p e 1,p
p>n
si ha che
u C 0. () u
0,
con
=1
c2 (n, p) u
1p<n
1 q < p ,
l'immersione
In particolare
W 1,p
Lp ()
1,p
Wirtinger-Poincar :
121
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p. 122
C = C(, p, n),
|u(x) u |p dx C(, p, n)
|Du(x)|p dx
1 ||
(7.1.3)
dove
In
in
, u =
u(x)dx.
W 1,p ()
vergenza delle successioni di funzioni, anche se va osservato che non una topologia metrizzabile.
Denizione 7.15. Una successione (uh ) in W 1,p (), 1 < p < +, converge
debolmente a
1 p
1 q
=1
u,
se per ogni
v Lq ()
con
lim
h
u v dx
uh
in
Lp (); Lp ()
se
lim
h
(uh )xi v dx =
uxi
in
1,1 Una successione (uh ) in W (), converge debolmente a per ogni v L () e per ogni i = 1, ..., n si ha
u W 1,1 (),
lim
h
uh v dx =
u v dx
uh
in
L1 (); L1 ()
lim
h
Quando
(uh )xi v dx =
uxi
in
p > 1,
W 1,p
che in
riessivo.
(uh )
W 1,p , p > 1,
tale
M,
W 1,p ()
a una funzione
u.
Rn aperto limitato e f
una funzione
u:R
tale che
u + u = u = 0,
c
n 2u i=1 x2 i
+ u = f, x su
(7.2.4)
122
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p. 123
condizioni per ogni Diremo che
x .
1,2 u W0 ()
DDvdx + u
uvdx =
f vdx
(7.2.5)
1,2 v W0 ()
u W 1,2 () si deve precisare cosa si intende per valore sulla frontiera di . Se regolare si pu dare un signicato alla restrizione di u sulla frontiera di facendo ricorso alla teoria delle tracce negli spazi di
Osserviamo che se Sobolev. Proviamo che ogni soluzione classica per parti :
1 C0 (), integrando
uxi xi =
i=1
e quindi poich
uxi xi dx +
i=1 i=1
ui d
=0
sulla frontiera di
si ottiene :
udx =
DuDdx v
e quindi vale (7.2.5) e per densit la stessa uguaglianza vale per ogni
1,2 W0 ().
Proviamo che per ogni minimo del funzionale :
f L2 ()
esiste un unica
1,2 u W0 ()
soluzione
debole di (7.2.4) che, per il Principio di Dirichlet astratto risulta essere anche
J(v) =
1 2
f vdx
(u, v) =
DuDvdx +
uvdx
dal teorema di rappresentazione dei funzionali negli spazi di Hilbert, considerato il funzionale tale che caso
F (v) = (, v) = F (v). u
ma quando
f vdx,
1,2 u W0 ()
Lo studio della regolarit della soluzione debole molto pi delicato che nel
n = 1
u C2
123
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p. 124
(7.2.6)
g.
g W 1,2 () C 0 ()
tale che
g=g W 1,2 ()
sulla frontiera di
1,2 K = v W 1,2 () : v g W0 ()
La denizione di Infatti se
K indipendente dalla funzione g = g che si considera. h W 1,2 () C 0 () ed inoltre h = g sulla frontiera di si ha che 1,2 v h = v g + g h e quindi v h W0 (). 2 Proviamo che per ogni f L () esiste un unica soluzione debole di (7.2.6) u K che risulta minimo del funzionale J . Osserviamo che u K una soluzione debole se e solo se D(Dv D)dx + u u
Infatti se anche
u(v u)dx
f (v u)dx
(7.2.7)
1,2 u una soluzione debole poich v e u appartengono a W0 () g g 1,2 v u W0 (), quindi vale l'uguaglianza :
D(Dv uD)dx + u
Viceversa se
u(v u)dx =
f (v u)dx.
e
v = u+w
v = uw
con
1,2 W0 ()
convesso
segue che
1,2 W0 () e al
uK
un unica soluzione debole di (7.2.6). Diamo ora un'idea sulle possibili generalizzazioni a problemi ellittici. Diremo che esiste
aij C 1 (), 1 i, j n
tale che
vericano la condizione di
elliticit se
>0
Rn
u ij xj (aij (x) xi )
u = o,
+ a0 (x)u = f, x su
1,2 u W0 ()
(7.2.8)
Una soluzione classica una funzione che soddisfa (7.2.8) in ogni punto di Diremo che
tale che
aij (x)
ij
u dx + xi xj
a0 (x)udx =
f dx
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p. 125
per ogni
a0 0
1,2 W0 ()
a(u, v) =
ij
aij (x)
u v dx + xi xj
a0 (x)uvdx
co-
a(v, v)
ij
aij (x)
u u dx xi xj
|Dv|2 dx v
W 1,2
f L2 ()
esiste un unica
aij
J(v) =
1 2
aij (x)
ij
v v dx + a0 vdx xi xj
f vdx.
125
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