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http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/
Udine, marzo 2009
Fabio Maria Antoniali spect@iol.it.
Indice
Notazioni
1 Funzioni
7
1.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 Funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2 Successioni
24
2.1 Successioni aritmetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.2 Successioni geometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3 Numeri reali
26
3.1 Assiomatica dei numeri reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.2 Massimo ed estremo superiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.3 Topologia canonica di R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4 Continuit`
a
4.1 Alcuni teoremi sulle funzioni continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Operazioni sulle funzioni continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Continuit`a delle funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
36
37
39
42
5 Limiti
5.1 Definizione di limite . . . . .
5.2 Limiti a destra e a sinistra . .
5.3 Operazioni e teoremi sui limiti
5.4 Estensioni della retta reale . .
5.5 Limiti notevoli . . . . . . . .
44
45
48
51
54
57
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6 Infinitesimi ed infiniti
62
7 Asintoti allinfinito
68
72
74
10 Calcolo differenziale
10.1 Definizione di derivata . . . . . . . .
10.2 Significato geometrico della derivata .
10.3 Operazioni e teoremi sulle derivate .
10.4 Derivate elementari . . . . . . . . . .
11 Funzioni derivabili su un intervallo
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76
76
77
79
82
86
INDICE
94
13 Formule di Taylor
96
126
. 126
. 127
. 130
132
. 132
. 135
. 137
145
149
D Formulario
D.1 Propriet`a di esponenziali e logaritmi
D.2 Formule trigonometriche . . . . . . .
D.3 Relazioni nei triangoli . . . . . . . .
D.4 Limiti fondamentali . . . . . . . . . .
155
. 155
. 155
. 156
. 158
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Notazioni
N = {0, 1, 2, . . . }: insieme dei numeri naturali
N0 = N {0}
Z = {0, 1, 2, . . . } : insieme dei numeri interi
: m Z, n N0 } : insieme dei numeri razionali
Q = {m
n
Q+ = {x Q : x 0}
Q = {x Q : x 0}
Q0 = Q {0}
Q+
0 = {x Q : x > 0}
Q
0 = {x Q : x < 0}
R: insieme dei numeri reali
R+ = {x R : x 0}
R = {x R : x 0}
R0 = R {0}
R+
0 = {x R : x > 0}
R0 = {x R : x < 0}
Gli intervalli generalizzati sono i seguenti sottoinsiemi di R, al variare di a, b R
con a b
[a, b] = {x R : a x b}
]a, b] = {x R : a < x b}
[a, b[= {x R : a x < b}
]a, b[= {x R : a < x < b}
] , b] = {x R : x b}
] , b[= {x R : x < b}
[a, +[= {x R : a x}
]a, +[= {x R : a < x}
1 FUNZIONI
Funzioni
In questa sezione introduttiva vengono richiamati gli elementi essenziali delle funzioni e
fornita una rapida panoramica delle funzioni reali elementari.
1.1
Definizione
1 FUNZIONI
f : y=f(x)
Definizione 3 Data una funzione f : X Y , e un elemento y Y , si dice controimmagine di y linsieme denotato con f (y) e formato dagli elementi x di X che hanno
come immagine y, ovvero
f (y) = { x X | y = f (x) }.
f : y=f(x)
x1
x2
x3
f(y)={x , x , x }
1 2 3
1 FUNZIONI
1 FUNZIONI
10
e f 1 f = idX ,
o, equivalentemente, da
y Y : f (f 1 (y)) = y
e x X : f 1 (f (x)) = x.
1 FUNZIONI
11
=
=
=
=
{3k | k N},
{3k + 1 | k N},
{3k + 2 | k N},
, per ogni m 3.
1 FUNZIONI
risulta
12
f |1
A : B A
n 7 n + 3.
g(x )
2
f(x2)
g(x1)
f(x1)
x1
x2
x1
x2
1 FUNZIONI
13
y=x
f(x)=f(x)
y=x2
f(x)=f(x)
x
x
f(x)
x
1 FUNZIONI
14
y=f(x)
x+T
x+2T
x
f(x)=f(x+kT)
1 FUNZIONI
1.2
15
Funzioni elementari
y=xn (n pari )
y=xn (n pari )
y=xm (m dispari)
y=xm (m dispari)
1
xn
1 FUNZIONI
16
Funzioni irrazionali
Si considerino le funzioni irrazionali elementari del tipo sqrtn , ovvero le funzioni inverse
delle funzioni potenza potn ad esponente intero positivo. Queste si possono suddividere
in due gruppi in base alla parit`a dellindice dellindice del radicale.
se n 2 pari sono del tipo
sqrtn : R+ R+
x 7 n x
la funzione irrazionale stabilisce una biezione di R+ in se stesso ed `e inoltre crescente;
se n 3 dispari sono del tipo
sqrtn : R R
x 7 n x
la funzione irrazionale stabilisce una biezione di R in se stesso ed `e inoltre crescente
e dispari.
y
1 FUNZIONI
17
y=x (>1)
y=x
y=x (1>>0)
1 FUNZIONI
18
x
x 7 a .
Essa risulta biettiva crescente se a > 1, decrescente altrimenti; il suo grafico `e asintotico
allasse x.
La funzione inversa di expa si chiama logaritmo di base a:
loga : R+
R
x 7 loga x.
Essa risulta biettiva crescente se a > 1, decrescente altrimenti; il suo grafico `e asintotico
allasse y. Nella figura 11 i grafici di alcune funzioni esponenziali e logaritmiche.
y=loga x (a>1)
y=expa x (a>1)
y=expb x (0<b<1)
x
x
y=logb x (0<b<1)
1 FUNZIONI
19
cos x = xP ,
def
senx = yp .
Le funzioni senx e cos x vengono quindi estese su tutto R di modo che siano periodiche
con periodo T = 2. Si osservi, in particolare, che per costruzione vale la seguente
fondamentale identit`a:
cos2 x + sen 2 x = 1.
Si sono quindi costruite le due seguenti funzioni:
funzione coseno
cos : R R
x 7 cos x.
`e pari, non iniettiva, periodica di periodo T = 2, e con immagine cos(R) = [1, 1].
Viene resa invertibile restringendone il dominio allintervallo [0, ], su cui risulta
decrescente, e il codominio a [1, 1];
funzione seno
sen : R R
x 7 sen x.
`e dispari, non iniettiva, periodica di periodo T = 2, e con immagine sen(R) =
[1, 1]. Viene resa invertibile restringendone il dominio allintervallo [/2, /2],
su cui risulta crescente, e il codominio a [1, 1].
1 FUNZIONI
20
y=sen(x)
y=cos(x)
y=arccos(x)
/2
y=arcsen(x)
/2
1 FUNZIONI
21
tg x = yT ,
def
ctg x = xC .
Le funzioni tg x e ctg x vengono quindi estese su tutto R di modo che siano periodiche
con periodo T = . Si osservi in particolare che per costruzione valgono le seguenti
identit`a
cos x
senx
, tg x =
.
tg x =
cos x
senx
Si `e quindi costruito la coppia di funzioni:
funzione tangente
tg : A R
x 7 tg x,
con A = {x R | k Z : x 6= /2 + k},
funzione cotangente
ctg : B R
x 7 ctg x,
ove B = {x R | k Z : x 6= k}.
Tali funzioni risultano suriettive, dispari, periodiche di periodo e con grafici aventi
infiniti asintoti verticali corrispondenti ai punti di frontiera dei rispettivi dominii.
La funzione tangente pu`o essere resa biettiva restringendone il dominio a ]/2, /2[,
mentre la funzione cotangente restringendolo a ]0, [.
1 FUNZIONI
22
y=ctg(x)
y=tg(x)
/2
3/2
/2
3/2
y=arcctg(x)
/2
y=arctg(x)
/2
1 FUNZIONI
23
y=|x|
|x|=|x|
2 SUCCESSIONI
24
Successioni
{an }n .
Le nozioni di crescenza e decrescenza si estendono in modo del tutto naturale alle successioni, ed `e immediato costatare che
Proposizione 4 Un successione {an }n risulta
crescente
decrescente
n N : an+1 > an ;
n N : an+1 < an .
2.1
Successioni aritmetiche
2.2
Successioni geometriche
an+1
= q.
an
2 SUCCESSIONI
25
1 q N +1
.
1q
aN +1 a0
.
q1
3 NUMERI REALI
26
Numeri reali
In questa sezione vengono innanzitutto presentati gli assiomi dei numeri numeri reali,
mostrando che essi costituiscono un campo ordinato e completo. Successivamente si introducono i concetti di massimo e minimo e di estremo superiore ed inferiore di un dato
sottoinsieme dei numeri reali. Infine vengono presentate le linee essenziali della topologia
canonica dei numeri reali, a partire dalla nozione dintorno di un punto.
3.1
Gli assiomi che ora verranno presentati specificano tutte le propriet`a dei numeri reali, e
possono essere riassunti affermando che linsieme dei numeri reali `e un campo ordinato e
completo.
Assiomi algebrici:
In R `e definita unoperazione interna, detta addizione e indicata con il segno +, tale che
1. a, b : a + b = b + a (propr. commutativa),
2. a, b, c : (a + b) + c = a + (b + c) (propr. associativa),
3. esiste un elemento neutro per laddizione, detto zero e indicato con 0, cio`e tale che:
a : a + 0 = 0 + a = a,
4. per ogni a R esiste un elemento detto opposto di a e indicato con a, tale che
a + (a) = 0.
In R `e definita unaltra operazione interna, detta prodotto e indicata con , tale che
1. a, b : a b = b a (propr. commutativa),
2. a, b, c : (a b) c = a (b c) (propr. associativa),
3. esiste un elemento neutro per il prodotto, detto unit`a e indicato con 1, cio`e tale che:
a : a 1 = 1 a = a,
4. per ogni a R0 esiste un elemento detto reciproco di a e indicato con a1 , tale che
a a1 = 1.
Inoltre le operazioni di somma e prodotto si combinano tra loro in accordo alla seguente
legge distributiva
a, b, c : a (b + c) = a b + a c.
Si dimostra facilmente che lelemento neutro delladdizione e quello della moltiplicazione
sono unici. Sono inoltre unici lopposto e il reciproco di un numero reale. Vale inoltre:
Proposizione 6 Loperazione di prodotto soddisfa le seguenti propriet`a:
3 NUMERI REALI
27
1. a : a 0 = 0,
2. a, b : a b = 0 a = 0 b = 0 (legge di annullamento del prodotto).
Assiomi dordinamento:
In R `e definita una relazione di ordine totale compatibile con le operazioni di addizione
e prodotto, cio`e tale che:
1. a, b, c : a b a + c b + c,
2. a, b 0 c : a b a c b c.
Assioma di completezza ordinale:
Se A e B sono due sottoinsiemi non vuoti di R tali che a A b B : a b (si dir`a in tal
caso che A e B sono una coppia di classi separate e scriveremo A B) esiste allora almeno
un elemento R che separa le due classi, cio`e tale che a A b B : a b. Nel
caso in cui le classi separate soddisfano la propriet`a
> 0 a A, b B : b a < ,
lelemento separatore delle classi `e unico, e si parla di classi contigue.
Si enuncia qui unimportante teorema che stabilisce una sorta di unicit`a dellinsieme dei
numeri reali.
Teorema 7 Ogni campo ordinato e completo `e isomorfo a R, ovvero pu`o essere stabilita
tra questo ed R una corrispondenza biunivoca che rispetta lordine e le operazioni di somma
e prodotto.
Si ricorda infine che mediante gli assiomi dei numeri reali sopra citati, in particolare
quello di completezza ordinale, `e possibile definire le radici nesime di un numero reale
positivo, costruire le funzioni circolari e le loro inverse, nonche le funzioni esponenziali e
logaritmiche. Qui di seguito, per esemplificare limportanza
della completezza dei numeri
B = q Q+ | q 2 2 ,
sono una coppia di classi contigue che ammette in R un unico elemento separatore , non razionale, soddisfacente 2 = 2.
Innanzitutto i due insiemi formano una coppia di classi separate, pi`
u precisamente si ha A B. Infatti se a2 < 2 e
b2 > 2, si pu`
o scrivere a2 < 2 e b2 < 2, pertanto, sommando membro a membro le due disequazioni, segue a2 b2 < 0,
ovvero (a b)(a + b) < 0. Dato che a, b > 0, dovr`
a essere per forza a b < 0, cio`
e a < b.
Per lassioma di continuit`
a dovr`
a esistere un elemento R che separa le due classi, ovvero tale che A B. Si
prova ora che deve essere xi2 = 2. Si osservi che tale argomento implica anche lunicit`
a dellelemento separatore, infatti, se
esistesse un altro elemento separatore 0 soddisfacente 02 = 2, ne dedurremmo che xi2 02 = 0, da cui ( 0 )( + 0 ) = 0,
quindi, dato che , 0 sono positivi, 0 = 0, cio`
e = 0 .
3 NUMERI REALI
28
1
.
n
Poich
e<2e
1
n
1
1
2
+ 2 = 2 +
n
n
n
2 +
1
n
.
1 segue
q2 < 2 +
5
,
n
3.2
In questa sezione si introdurr`a il concetto di punto estremante, definendo estremo superiore ed inferiore, massimo e minimo di un sottoinsieme della retta reale.
Definizione 15 Dato un insieme non vuoto A R, un numero R si dice maggiorante
o limitazione superiore di A se
1. a A : a (in simboli si pu`o scrivere anche A )
Definizione 16 Un insieme non vuoto A R si dice superiormente limitato quando
ammette una limitazione superiore; viceversa linsieme si dir`a superiormente illimitato.
Tra i possibili maggioranti di un insieme superiormente limitato ve ne sono due molto
particolari: il massimo, che non sempre esiste, e lestremo superiore che invece esiste
sempre.
Definizione 17 Dato un insieme non vuoto A R, un numero m R si dice massimo
di A se
1. m `e limitazione superiore di A, ovvero A m
2. m A
3 NUMERI REALI
29
3 NUMERI REALI
30
3 NUMERI REALI
3.3
31
Topologia canonica di R
3 NUMERI REALI
32
3 NUMERI REALI
33
1A
> 0 a A : a 1 +
La prima asserzione deriva dal fatto che gli esponenziali en e e2n sono strettamente positivi, inoltre, per il medesimo
argomento, si pu`
o dire che 1 non appartiene ad A, dunque il minimo di tale insieme non potr`
a esistere. Per quanto concerne
la seconda asserzione si prenda arbitrario reale positivo e si consideri la disequazione
(D)
1 + en + e2n 1 + ,
3 NUMERI REALI
34
che pu`
o scriversi anche
(en )2 + en 0.
Il discriminante dellequazione associata alla disequazione `
e = 1 + 4, che risulta strettamente positivo. Con semplici
manipolazioni algebriche si prova che una condizione sufficiente `
e affinch
e (D) sia soddisfatta `
e
n ln
1 +
.
2
Pertanto (D) `
e vera senzaltro per qualche n N, come volevasi dimostrare.
1
Esempio 4 Si studino i punti estremali dellinsieme A = sen(n 2 )(1 n
)|n N .
1
Si noti che per x R la funzione y = 1 x risulta positiva, crescente e tendente a 1 al crescere di x, inoltre il termine
sen(n 2 ) assume periodicamente i valori 0, 1, 0, 1 al crescere di n. Pertanto ci si aspetta che A abbia estremo superiore 1,
estremo inferiore 1. Si osservi ora che
1
1
sen n
1 1 < 1,
sen
n
1
2
n
2
n
n
quindi ogni elemento di A `
e limitato inferiormente da 1 e superiormente da 1, valori che, tenuto conto della disuguaglianza
stretta, non possono appartenere allinsieme A.
Il punto 1 risulta estremo superiore di A se
(
1A
> 0 n A : a 1
La prima asserzione `
e gi`
a stata provata col ragionamento precedente. Per quanto concerne la seconda asserzione, si consideri
un arbitrario reale positivo e si prenda in esame la disequazione
(D)
sen(n/2)(1 1/n) 1 ,
1
n
1 , da cui si ottiene
1
.
Poich
e la precedente pu`
o essere soddisfatta da infiniti interi n del tipo 4k + 1, anche la disequazione (D) risulta vera per
qualche n N, come volevasi dimostrare. Analogamente si prova che 1 `
e estremo inferiore di A. Naturalmente, per quanto
detto allinizio della dimostrazione i punto 1 e 1 non possono essere minimo e massimo di A, perch
e non appartengono a
tale insieme.
Le seguenti propriet`a topologiche dei sottoinsiemi della retta reale vengono lasciate come
esercizio:
Esercizio 1 Se A `
e un aperto allora A{ `
e chiuso; viceversa se C `
e chiuso allora A `
e aperto.
Esercizio 2 Detti IA, DA, F A, A, rispettivamente, gli insiemi dei punti isolati, di accumulazione, di frontiera ed interni
dellinsieme A, allora valgono le seguenti relazioni
IA
F A,
A
A
DA,
= IA DA,
= F A A.
3 NUMERI REALI
35
Esercizio 4 Dato un insieme A e una sua limitazione superiore > A non appartenente allinsieme, vale la seguente
equivalenza:
`
e di accumulazione per A
= sup A.
o
n 2
| n N0 , se ne individuino i punti estremanti. VerifiEsercizio 5 Dati gli insiemi A = 2 + en | n N0 e B = nn1
2
cato che A B, si determini linsieme degli elementi separatori delle due classi.
Esercizio 6 Dato linsieme A = x2 2x 1 | 3 x 0 si dimostri che max A = 2 e min A = 2.
nq
1+
1
x2
| x 6= 0
`
4 CONTINUITA
36
Continuit`
a
In questa sezione viene introdotta una propriet`a cruciale delle funzioni reali che prende
il nome di continuit`a. Si cercher`a innanzitutto di dare una nozione intuitiva di cosa
sintenda con per continuit`a. Sia f : D R una funzione e x0 un punto del suo dominio
D. In termini grossolani, si dice che la funzione f `e continua nel punto x0 quando, in
corrispondenza a punti x opportunamente vicini a x0 , i valori y = f (x) possono essere
resi arbitrariamente vicini al valore y0 = f (x0 ). La nozione di vicinanza tra due punti
viene precisata in termini topologici mediante luso del concetto dintorno, giungendo alla
seguente formulazione:
Definizione 24 Sia f : D R una funzione reale e x0 D, con y0 = f (x0 ), si dir`a che
la funzione f `e continua nel punto x0 se
V F(y0 ) U F(x0 ) : x U D f (x) V.
y=f(x)
y0
y0
U
x0
Figura 17:
U
x
x0
` facile provare che la continuit`a pu`o essere espressa anche utilizzando i soli intorni
E
circolari. A questo proposito si presenta, omettendone la facile dimostrazione, la seguente
caratterizzione della continuit`a:
`
4 CONTINUITA
37
Un punto x0 del dominio D pu`o essere isolato o di accumulazione per D. Nei punti isolati
del dominio, le funzioni risultano sempre continue, vale infatti:
Proposizione 14 Una funzione f : D R `e continua in tutti i punti isolati del suo
dominio D.
Dim. Sia x0 D punto isolato, esister`a dunque un intorno U F(x0 ) tale per cui
U D = {x0 }. Quindi, in corrispondenza ad un arbitrario > 0, si ha che se x U D,
cio`e se x = x0 , allora |f (x) f (x0 )| = |f (x0 ) f (x0 )| = 0 < , come volevasi dimostrare.
Si osservi che come conseguenza della precedente proposizione segue che una funzione pu`o
essere discontinua solo in un punto di accumulazione del proprio dominio. Landamento
del grafico della funzione in prossimit`a dei punti di discontinuit`a verr`a studiato in seguito
per studiare uan possibile classificazione delle discontinuit`a.
4.1
`
4 CONTINUITA
38
D E R
x0 7 y0 7 z0
se g `e continua in x0 e f `e continua in y0 allora f g : D R `e continua in x0 . Pertanto
se f e g sono continue allora f g `e continua.
Dim. Per definizione f g(x0 ) = f (g(x0 )) = f (y0 ) = z0 , dunque se V `e un arbitrario
intorno di z0 , per continuit`a di f in y0 , esister`a un intorno W di y0 tale per cui
y W E f (y) V.
Daltronde, essendo y0 = g(x0 ), per continuit`a della g in x0 esister`a un intorno U di x0
tale per cui
x U D g(x) W.
Si pu`o quindi concludere che
x U D f (g(x)) V,
per cui la funzione composta f g `e continua in x0 .
Valgono inoltre i seguenti fondamentali risultati sulle funzioni continue:
Teorema 16 [Teorema di limitatezza locale] Se f `e continua in x0 D allora esiste un
intorno di x0 in cui f `e limitata.
Dim. Siano f (x0 ) = y0 e V =]y0 1, y0 + 1[. Lintervallo V `e un intorno di y0 , dunque,
tenuto conto della continuit`a di f in x0 esiste un intorno U di x0 tale che
x U D : f (x) V.
Lintorno V `e limitato, pertanto su U D la funzione `e necessariamente limitata.
Teorema 17 [Teorema di permanenza del segno] Se f `e continua in xo D e f (x0 ) =
y0 > 0, allora esiste un intorno U di x0 tale che x U D : f (x) > 0.
Dim. Si consideri lintorno V di y0 definito ponendo V =]y0 y0 /2, y0 + y0 /2[. Poiche f
`e continua in x0 esister`a un intorno U di x0 tale che x U D : f (x) V ; si veda a
questo proposito la figura 18. Dato che inf V = y0 /2 > 0, in U D la funzione f risulta
strettamente positiva.
`
4 CONTINUITA
39
y=f(x)
y +y /2
0 0
y0
y0y0/2
U
x0
4.2
(f g)(x) = f (x)g(x);
opposto f ponendo
def
(f )(x) = f (x);
reciproco
1
f
ponendo
1
1
def
(x) =
;
f
f (x)
rapporto
f
g
ponendo
f
def f (x)
(x) =
;
g
g(x)
modulo |f | ponendo
def
|f |(x) = |f (x)|.
Se le funzioni f e g sono continue, allora sono continue anche tutte le funzioni da loro
ottenute con le operazioni nella definizione di sopra. Pi`
u precisamente valgono i seguenti
teoremi:
`
4 CONTINUITA
40
(1)
In virt`
u della continuit`a di f e g si pu`o determinare due intorni W1 e W2 di x0 tali che
se x W1 D allora |f (x) y0 | < 2 e se x W2 D allora |g(x) z0 | < 2 . Pertanto,
tenuto conto della eq. 1, per ogni x che appartiene a D e allintorno U = W1 W2 di x0
si ha
f (x) + g(x) (y0 + z0 ) < + = ,
2 2
come volevasi dimostrare.
Teorema 19 Siano f una funzione di variabile reale continua sul dominio D. La funzione opposto f `e continua su D.
Dim. Sia x0 punto arbitrario in D e si ponga y0 = f (x0 ). Fissato un arbitrario > 0,
in virt`
u della continuit`a di f in x0 esiste un intorno U tale che se x D U si ha
|f (x) y0 | < che equivale a |(f (x)) (y0 )| < . Pertanto la funzione opposto f
risulta necessariamente continua in x0 .
Teorema 20 Siano f e g due funzioni di variabile reale continue su un medesimo dominio
D. La funzione prodotto f g `e continua su D.
Dim. Sia x0 punto arbitrario in D, poniamo y0 = f (x0 ) e z0 = g(x0 ). Fissato un
arbitrario > 0, occorre determinare un intorno U di x0 in cui
|f (x)g(x) y0 z0 | < .
Si osservi che valgono le relazioni
|f (x)g(x)y0 z0 | = [f (x)y0 ]g(x)+[g(x)z0 ]y0 |f (x)y0 )| |g(x)|+|g(x)z0 | | y0 |. (2)
Per il teorema di limitatezza locale si pu`o determinare un intorno W0 di x0 in cui |f (x)|
M per qualche costante reale M > 0. Sempre in virt`
u della continuit`a di f e g si possono
se x W2 D allora |g(x) z0 | < 2(|y0 |+1) . Pertanto, tenuto conto della eq. 2, per ogni
x D appartenente allintorno U = W0 W1 W2 di x0 si ha
|f (x)g(x) y0 z0 |
come volevasi mostrare.
M
|y0 |
+
< /2 + /2 = ,
2M
2(|y0 | + 1)
`
4 CONTINUITA
41
(3)
`
4 CONTINUITA
4.3
42
Continuit`
a delle funzioni elementari
x
0
0
sen
2 1 |x x0 | |x x0 |.
= 2 cos
2
2
2
Da ci`o risulta evidente che qualunque sia lintorno V di y0 = senx0 , si pu`o determinare
un intorno U di x0 sufficientemente piccolo di modo che per ogni x U sia senx V .
Proposizione 28 Le funzioni trigonometriche tg () e ctg () sono continue sui loro
domini.
`
4 CONTINUITA
43
Dim. Le funzioni in esame, come noto, sono rapporto delle funzioni continue sen() e
cos(), pertanto, in virt`
u del teorema 23, sono continue sul proprio dominio.
Proposizione 29 La funzione esponenziale x 7 ex `e continua su R.
Dim. Sia x0 un arbitrario punto in R e si ponga y0 = ex0 . Preso un qualunque > 0
occorre dimostrare che esiste un intorno U di x0 tale che |ex y0 | < . La disequazione
sopra pu`o essere scritta
< ex y0 < ,
cio`e
y0 < ex < y0 + .
Senza perdita di generalit`a si pu`o supporre che < y0 , pertanto i termini della precedente
catena di disequazioni sono positivi, ed applicando ad essi la funzione crescente ln si
ottiene
ln(y0 ) < x < ln(y0 + ).
` immediato costatare che x0 risulta elemento di U .
Sia ora U =] ln(y0 ), ln(y0 + )[. E
Pertanto U `e un intorno di x0 soddisfacente la condizione che se x U allora |ex ex0 | < ,
come volevasi dimostrare.
Per quanto riguarda le pi`
u comuni funzioni inverse, invece di fornire una dimostrazione
diretta, ci si rif`a ad un noto risultato che verr`a presentato pi`
u avanti nella sezione dedicata
alle funzioni continue definite su intervalli. Vale il seguente teorema:
Proposizione 30 La funzioni inverse
sono continue sui loro dominii.
5 LIMITI
44
Limiti
y
y
f(x )
0
l
U
x
x0
5 LIMITI
5.1
45
Definizione di limite
Come osservato nella sezione sulle funzioni continue, se x0 `e un punto isolato nel nuovo
dominio D {x0 }, un qualunque valore ` potr`a rendere continua in x0 lestensione f.
Pertanto il caso in cui x0 risulta isolato nel dominio `e ben poco interessante.
Se invece x0 `e un punto di accumulazione per D, si pu`o dimostrare che tale estensione
continua in x0 esiste solo per certe funzioni, come quella il cui grafico `e riportato in
figura 19. Per le funzioni prolungabili per continuit`a, tuttavia, esiste ununica estensione
continua. In altre parole, se `e possibile estendere per continuit`a la funzione f in x0 , allora
il valore ` che dobbiamo assegnarle in x0 `e necessariamente unico. Vale quindi il seguente
teorema:
Teorema 31 Data una funzione f : D R e un punto x0 di accumulazione per D, se
esiste un numero reale ` tale che la funzione f definita ponendo
(
f (x) x D e x 6= x0 ,
f(x) =
`
se x = x0 ,
sia continua in x0 , allora tale valore `e unico e prende il nome di limite di f (x) al tendere
di x a x0 e si scrive
lim f (x) = `.
xx0
Dim. Si supponga per assurdo che vi siano due distinti valori `1 e `2 che estendano f per
continuit`a nel punto x0 , e si indichino con f1 e f2 le due rispettive estensioni.
Dato che R `e separato e `1 6= `2 , si possono scegliere due intorni disgiunti V1 e V2
rispettivamente di `1 e `2 in corrispondenza ai quali, esisteranno due intorni U1 e U2 di
x0 tali per cui
x D U1 f1 (x) V1 ,
x D U2 f2 (x) V2 .
V2
l1
V1
y=f(x)
U1
U2
z
x0
` importante osservare che la precedente dimostrazione continua a valere anche nel caso
E
in cui il punto x0 `e elemento del dominio D della funzione f . In tal caso, piuttosto che
5 LIMITI
46
ad unestensione, sarebbe opportuno riferirci a f come alla funzione ottenuta da f ridefinendone con ` il valore da essa assunto in x0 . A parte questa precisazione terminologica,
il fatto cruciale `e che il valore assunto eventualmente in x0 dalla funzione f non influenza
in alcun modo ne lesistenza, ne il valore delleventuale limite in x0 .
Questo fatto appare con maggior chiarezza nella seguente caratterizzazione1 del concetto di limite:
Teorema 32 Il limite lim f (x) esiste e vale ` R se e solo se
xx0
(4)
(5)
(6)
Introdotto il concetto di limite, `e necessario stabilire se esso esiste per qualsiasi funzione e
punto di accumulazione. La risposta `e negativa, come si scoprir`a nel successivo esempio.
Questa caratterizzazione `e spesso assunta come definizione di limite nelle trattazioni in cui il concetto
di limite precede quello della continuit`
a.
5 LIMITI
47
(
f (x) =
1
1
l+
x < 0,
x > 0.
non pu`
o essere in alcun modo estesa per continuit`
a in 0.
l
lim f (x) = `.
x0
x0
x U{0}
allora
Questa caratterizzazione `e spesso assunta come definizione di continuit`a nelle trattazioni in cui il
concetto di limite precede quello della continuit`a.
5 LIMITI
5.2
48
D+ = {x D | x x0 },
si dir`a che
f `e continua a sinistra in x0
f `e continua a destra in x0
def
def
f |D `e continua in x0 ;
f |D+ `e continua in x0 .
` facile rendersi che possono esservi funzioni discontinue che sono continue solo a destra
E
o solo a sinistra, oppure ne a destra e ne a sinistra; si vedano a tal proposito i grafici
riportati in figura 20. Tuttavia, se in un punto una funzione `e continua sia a destra sia a
sinistra, necessariamente l` essa deve essere continua in senso ordinario; vale infatti:
Proposizione 35 Sia f una funzione definita su un dominio D e x0 un punto del dominio, allora
f `e continua in x0
xx0
xx0
5 LIMITI
49
xx0
xx0
Il legame tra limiti e continuit`a stabilito nel teorema 34, si estende immediatamente agli
analoghi concetti di continuit`a e limite a destra e a sinistra:
Teorema 36 Data una funzione f con dominio D e x0 D, valgono le seguenti caratterizzazioni:
f `e continua a destra in x0 lim+ f (x) = f (x0 ),
xx0
In virt`
u del teorema 35, si pu`o quindi affermare che se f (x) tende a ` al tendere di x a x0 ,
allora esistono anche il limiti destro e sinistro in x0 ed entrambi valgono `, e viceversa.
Vale quindi la seguente proposizione:
Proposizione 37 Data una funzione f : D R e un punto x0 R di accumulazione
per D e D+ , valgono le seguenti relazioni di limite
lim f (x) = `
xx0
xx
0
xx0
5 LIMITI
50
y0
l+
y=f(x)
y=g(x)
l = y0
l =l
x0
x0
l+=+
y=h(x)
y=i(x)
l=y0
l=y0
x0
x0
Figura 20: discontinuit`a di prima specie (f ), di seconda specie (g) e di terza specie (h, i)
5 LIMITI
5.3
51
Inizia ora la rassegna dei principali risultati sui limiti con una coppia di importanti teoremi
di cambiamento di variabile:
Teorema 38 (Teorema di cambiamento della variabile dipendente) Siano f e g
due funzioni di variabile reale che mappano
g
D E R.
Se esiste lim g(x) = ` e la funzione f `e continua nel punto ` E, allora valgono le
xx0
xx0
lim g(x) = f (`).
xx0
xx0
da cui si ottiene
lim f g(x) = lim f g(x) = f (`).
xx0
xx0
D E R.
Sia inoltre g omeomorfismo, cio`e g `e continua con inversa g 1 continua, e x0 di accumulazione per D. Posto y0 = g(x0 ), vale lequivalenza
lim f (y) = `
yy0
lim f g(x) = `,
xx0
nel senso che i limiti esistono solo simultaneamente e in tal caso sono uguali.
Valgono inoltre i seguenti teoremi:
5 LIMITI
52
lim f g(x) = 0.
xx0
Dim. Per ipotesi g `e localmente limitata, pertanto esistono un intorno U e una costante
M > 0 tali che per ogni x U0 e x 6= x0 si ha |g(x)| < M . Inoltre, dato che
limxx0 f (x) = 0, in corrispondenza ad un arbitrario > 0 `e possibile determinare un
intorno U1 di x0 tale che per ogni x U1 e x 6= x0 sia |f (x)| < /M . Pertanto, posto
U = U0 U1 , si ha che se x U e x 6= x0 allora |f (x)g(x)| = |f (x)||g(x)| < /M M = .
Ci`o conclude la dimostrazione.
Vale anche il seguente teorema di permanenza del segno, la cui semplice dimostrazione
lasciamo come esercizio al lettore, essendo essa pressoche identica a quella dellanalogo
teorema 17 dimostrato per le funzioni continue:
Teorema 41 (Teorema di permanenza del segno) Se per una funzione f si ha
lim f (x) > 0,
xx0
f(x )
0
l+l/2
ll/2
U
x0
5 LIMITI
53
x U1 x 6= x0 f (x) V,
y=h(x)
x U2 x 6= x0 h(x) V.
Linsieme U = U1 U2 , poiche intersezione di
intorni di x0 , `e intorno di x0 ; inoltre, senza
perdita di generalit`a, si pu`o assumere che se
x U r {x0 } si ha f (x) g(x) h(x).
Pertanto, se x U , eccettuato al pi`
u x0 , si
avr`a f (x) V e h(x) V . Lintorno V `e
un intervallo, quindi contiene tutti i valori
compresi tra f (x) e h(x); avendo fatto lipotesi che f (x) g(x) h(x) dovr`a essere
g(x) V . Si `e dunque provato che esiste un
intorno U di x0 tale che
x U x 6= x0 g(x) V.
Ci`o conclude la dimostrazione del teorema.
V
y=g(x)
y=f(x)
U
x0
5 LIMITI
54
lim g(x) = m.
xx0
xx0
xx0
xx0
lim f (x) = `;
xx0
lim
1
1
=
g(x)
m
(purche m 6= 0);
lim
`
f (x)
=
g(x)
m
(purche m 6= 0);
xx0
xx0
xx0
5.4
R = R {+, },
in cui si pone per definizione x R : x < + e x R : < x. Lestensione
topologica si ottiene assegnando il filtro degli intorni dei due nuovi punti + e :
def
F() = {U R | M > 0 : [, M ] U }.
5 LIMITI
55
x+
x+
Sinora si `e considerato il caso in cui il limite ` `e finito. Tuttavia nella retta reale estesa si
pu`o dare significato anche al caso in cui il valore del limite ` `e + o . La definizione,
in sostanza, `e sempre la medesima:
def
xx0
xx0
Infine, si possono considerare anche limiti in cui sia il valore x0 che il limite ` sono infiniti.
Operando come nei casi precedenti, dalla definizione di limite si ottengono le seguenti
5 LIMITI
56
caratterizzazioni
def
x+
def
def
x+
def
Spesso risulta comoda unaltra estensione della retta reale in cui si considera linsieme:
def
R
= R {}.
La struttura topologica si ottiene in questo caso definendo come intorno di qualunque
insieme che contenga una coppia di semirette di verso opposto del tipo ] , M [ e
[M, +[, cio`e, in formule,
def
| M > 0 : |x| > M x U }.
F() = {U R
1
lim ,
x0 x
in cui `e facile provare che
che invece esiste nellestensione R
1
= .
x0 x
lim
Verr`a ora presentato un risultato molto utile sui limiti delle funzioni monotone:
Teorema 45 (Limite di una funzione monotona) Sia f una funzione monotona debolmente crescente (risp. decrescente) definita su un intervallo I della retta reale e sia
f (I) limmagine di f . Posto x0 = sup(I) e ` = sup(f (I)) allora vale
lim f (x) = `,
xx0
5 LIMITI
5.5
57
Limiti notevoli
In questa sezione vengono presentati due gruppi di limiti fondamentali di forme indeterminate. Il primo gruppo `e riconducibile al seguente teorema:
Teorema 46 Sussiste il seguente limite
lim
x0
senx
= 1.
x
Dim.
Dalla costruzione delle funzioni circolari `e
facile dedurre che se x ] /2, /2[ allora
T
P
(7)
x
H
HP < AP < AT .
Il caso in cui x `e negativo deriva dal precedente ricordando che tg x e senx sono
funzioni dispari.
Considerando i reciproci di ciascun termine nella catena eq. 7 ( con x 6= 0) si ottiene
cos x
1
1
,
| senx|
|x|
senx
quindi, moltiplicando tutto per | senx|, si deduce
senx
1
|cos x| .
x
Tenuto conto che i termini entro i valori assoluto sono positivi, si pu`o infine scrivere
1
senx
cos x.
x
La conclusione viene dal teorema del confronto, osservato che per continuit`a cos x tende
a 1 al tendere di x a 0.
Ricordando che tg x =
senx
, e la continuit`a di cos, segue immediatamente:
cos x
5 LIMITI
58
tg x
=1
x0 x
In un intorno di 0, escluso x = 0, valgono le seguenti uguaglianze
senx 2
sen 2 x
1
1 cos x
1 cos x 1 + cos x
1
=
=
,
=
2
2
2
x
x
1 + cos x
x
1 + cos x
x
1 + cos x
pertanto, facendo tendere x a 0, si ottiene il seguente limite:
lim
1 cos x
1
=
2
x0
x
2
Tenuto conto x 7 seny e x 7 tg y stabiliscono omeomorfismi dal dominio ]/2, /2[
ai codomini ] 1, 1[ e R rispettivamente, dai limiti precedenti, mediante il teorema di
cambiamento della variabile indipendente, seguono immediatamente:
lim
lim
x0
arcsen x
=1
x
lim
x0
arctg x
= 1.
x
n+
1
1+
n
n
= e.
1
=
2!
1
1
,
n
n2
1
=
3!
1
2
1
1
,
n
n
...
nn1
1
=
n!
1
1
n
2
n1
1
... 1
.
n
n
5 LIMITI
59
1
1
1
1
1 1 2n1
= 3 n1 < 3.
1 + + + n1 = 2 +
1
2
2
2
2
1
2
Ci`o prova che la successione n 7 an `e monotona e superiormente limitata, dunque linsieme {an | n N} ammette estremo superiore finito, che si indica con il simbolo e. Per
il teorema sul limite di una funzione monotona crescente si ha
lim an = sup{an },
n+
nN
da cui segue
lim an = e,
n+
1
1+
x
x
= e.
5 LIMITI
60
x
x
[x]
a[x]+1
1
1
1
.
1+
1+
1+
=
1
x
[x] + 1
[x] + 1
1 + [x]+1
Quindi si ha
x
[x] + 1
1
[x] + 1
a[x]+1 1 +
a[x] .
[x] + 2
x
[x]
Per il teorema 47, al tendere di x a +, le funzioni a[x]+1 e a[x] tendono alla costante e,
inoltre
[x] + 1
[x] + 1
lim
= lim
= 1.
x+ [x] + 2
x+
[x]
Pertanto, in virt`
u del teorema del confronto, anche il termine centrale della precedente
catena di disequazioni dovr`a tendere alla costante e.
Il caso x pu`o essere ricondotto al precedente mediante il cambiamento di variabile
indipendente indotto dallomeomorfismo y = x. La facile verifica di questaffermazione
viene lasciata al lettore.
Ponendo y =
1
si ha
x
y
1
,
(1 + x) = 1 +
y
da cui, in virt`
u del teorema del cambiamento della variabile indipendente, segue il seguente
limite
1
x
lim (1 + x) x = e.
x0
ln(1 + x) x =
1
ln(x + 1),
x
6 INFINITESIMI ED INFINITI
62
Infinitesimi ed infiniti
xx0
(x)
= 0;
(x)
xx0
(x)
= K finito e non nullo;
(x)
xx0
(x)
= 1.
(x)
Occorre qui precisare che la nozione di o grande appena introdotta, differentemente da quella di
o piccolo, non corrisponde a quella presentata nella maggior parte dei libri di analisi.
6 INFINITESIMI ED INFINITI
63
Definizione 30 Date due funzioni f e g definite suo stesso dominio D e tendenti allinfinito per x tendente a x0 , si dir`a che f `e infinito di ordine superiore a g quando
lim
xx0
g(x)
= 0;
f (x)
xx0
f (x)
= K finito e non nullo;
g(x)
xx0
f (x)
= 1.
g(x)
1
, nel caso di x0 infinito.
xr
1
, nel caso di x0 finito;
|x x0 |r
6 INFINITESIMI ED INFINITI
64
y=e
y=x
y=x
(con 0<<1)
y=ln(x)
6 INFINITESIMI ED INFINITI
65
pertanto, dalla definizione di ordine dinfinito, si ha xr = O(ln x). Sia [r] la parte intera
di r e poniamo s = r [r]. Applicando la regola di lHospital per [r] + 1 volte si ottengono
le seguenti relazioni di limite
rxr1
xs
1
xr
=
lim
=
=
lim
r(r
1)
.
.
.
(r
[r])
= R lim s x = 0,
x
x
x
x+ e
x+
x+ x e
x+ e
e
lim
xx0
f (x)
=`
g(x)
lim
xx0
p(x)
= `,
q(x)
nel senso che i limiti esistono solo simultaneamente e in tal caso sono uguali.
Dim. Si osservi che vale luguaglianza
f (x) p(x) q(x)
f (x)
=
.
g(x)
p(x) q(x) g(x)
Pertanto, in virt`
u del teorema del limite del prodotto e della definizione di infiniti o
infinitesimi equivalenti, se esiste il limite
lim
xx0
p(x)
,
q(x)
6 INFINITESIMI ED INFINITI
xx0
66
f (x)
,
g(x)
e tali limiti sono necessariamente uguali. Dato che in tutti i ragionamenti prodotti f
pu`o essere scambiata con p e g con q, deve valere anche il viceversa. Ci`o conclude la
dimostrazione.
Lintuizione porta a ritenere che nelle somme di infinitesimi si possano trascurare gli
infinitesimi di ordine superiore, in quanto convergono pi`
u rapidamente degli altri a zero.
Questo fatto viene formalizzato nel seguente principio di eliminazione:
Teorema 52 (Principio di eliminazione degli infinitesimi) Siano , , e infinitesimi al tendere di x a x0 , tali che = o() e = o(). Vale allora la seguente
relazione di limite
lim
xx0
(x) + (x)
=`
(x) + (x)
lim
xx0
(x)
= `,
(x)
nel senso che essi esistono solo simultaneamente e in tal caso sono uguali.
Dim. Si osservi che valgono le uguaglianze
(x)
(x) + (x)
=1+
,
(x)
(x)
(x) + (x)
(x)
=1+
.
(x)
(x)
che in virt`
u del teorema di sostituzione conducono direttamente alla tesi cercata.
Allo stesso modo, nelle somme dinfiniti `e intuitivo aspettarsi che prevalgano gli infiniti
di ordine maggiore. Viene qui presentato lenunciato del principio di eliminazione degli
infiniti, omettendone la facile dimostrazione:
Teorema 53 (Principio di eliminazione degli infiniti) Siano f , g, h e l infiniti al
tendere di x a x0 , tali che f = O(g) e h = O(l). Vale allora la seguente relazione di limite
lim
xx0
f (x) + g(x)
=`
h(x) + l(x)
lim
xx0
f (x)
= `,
h(x)
nel senso che essi esistono solo simultaneamente e in tal caso sono uguali.
7 ASINTOTI ALLINFINITO
68
Asintoti allinfinito
x+
x+
d(Px , r) =
|f (x) mx q|
,
1 + m2
f(x)mxq
d
H
pertanto
x
x+
x+
7 ASINTOTI ALLINFINITO
69
x+
Il secondo limite della caratterizzazione risulta conseguenza banale del teorema sul limite
di una somma.
Infine, ecco alcune utili osservazioni sulla ricerca degli asintoti:
f ammette un asintoto orizzontale, cio`e del tipo y = q, per x + se e solo se
lim f (x) = q;
x+
7 ASINTOTI ALLINFINITO
70
f (x) = xe x1 .
= ,
= 0,
= +.
Vi `
e dunque la possibilit`
a che per x la funzione possegga un asintoto obliquo del tipo y = mx + q. Affinch
e ci`
o
accada, devono esistere finiti i seguenti due limiti
x
limx
xe x1
x
= m,
=q
lim (xe(e x1
lim (xe(e x1 1) =
lim ex
1) =
1
= e.
x1
72
In questa sezione vengono presentati alcuni risultati fondamentali che riguardano le funzioni continue definite su intervalli. Il teorema centrale, da cui discenderanno tutti gli
altri, `e il seguente:
Teorema 56
in intervalli.
Teorema 58 (Teorema degli zeri) Se una funzione continua a valori reali definita su
un intervallo assume sugli estremi di questo due valori (non nulli) di segno opposto allora
esister`a un punto interno in cui essa di annulla.
y
y
y=f(x)
y2
y2>0
y=f(x)
y
x
y1
x2
y1<0
x1
x x
2
73
Teorema 60 (Teorema della funzione inversa) Se f : I R `e una funzione definita su un intervallo I continua e monotona crescente (risp. decrescente), allora essa ha
come immagine un intervallo J e la sua funzione inversa f 1 : J I risulta continua e
monotona crescente (risp. decrescente).
Dim. Il teorema 56 garantisce che limmagine di f sia un intervallo J. La funzione f
essendo monotona in senso stretto `e anche iniettiva, pertanto ammette come inversa una
funzione f 1 : J I con medesimo tipo di monotonicit`a di f . La continuit`a di f 1
discende dal precedente lemma 59.
Il precedente teorema ammette una teorema inverso, sempre dipendente dal teorema 56,
di cui si omette la (semplice) dimostrazione:
Teorema 61 Se f : I J `e una funzione continua e biettiva da un intervallo I ad un
intervallo J allora essa risulta monotona crescente o decrescente.
Pertanto, dai teoremi 61-60, si pu`o concludere che:
Teorema 62 Dati due intervalli I, J della retta reale e una funzione biettiva f : I J,
si ha che tale funzione f `e continua con inversa continua (cio`e `e un omeomorfismo) se e
solo se essa risulta monotona crescente o decrescente.
74
In questo capitolo vengono presentati alcuni fondamentali risultati sulle funzioni continue definite sui sottoinsiemi chiusi e limitati della retta reale, che vengono anche detti
compatti :
Definizione 34 Ogni sottoinsieme chiuso e limitato della retta reale si dice compatto.
Il risultato centrale del capitolo `e il celebre teorema di Weierstrass:
Teorema 63 (Teorema di Weierstrass) 6 Ogni funzione continua definita su un sottoinsieme compatto della retta reale ammette massimo e minimo.
Unimmediata conseguenza del teorema di Weierstrass e del teorema 57, o dei valori
intermedi, riguarda il caso di una funzione continua definita su un intervallo chiuso e
limitato:
Teorema 64 Sia f : I R continua sullintervallo chiuso e limitato I, allora f assume
un massimo valore yM e un minimo valore ym . Inoltre, limmagine f (I) della funzione `e
lintervallo chiuso e limitato [ym , yM ].
Dim.
y
Lintervallo I = [a, b] `e chiuso e limitato, dunque compatto. Quindi, per il teorema di Weierstrass, esisteranno due punti
xm , xM I tali che
yM
xm b
y=f(x)
ym
Dal teorema di Weierstrass si deduce il seguente risultato, la cui non difficile dimostrazione
viene omessa:
Teorema 65 Ogni funzione continua e biettiva definita su un sottoinsieme compatto della
retta reale ammette inversa continua.
6
75
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
10
76
Calcolo differenziale
In questa sezione viene presentata la nozione di derivata di una funzione reale, le sue
principali propriet`a e le regole di derivazione. La prima nozione che viene introdotta `e
quella di rapporto incrementale:
10.1
Definizione di derivata
f (x) f (x0 )
,
x x0
xx0
f (x) f (x0 )
=`
x x0
lim
h0
f (x0 + h) f (x0 )
= `,
h
che, operativamente, risulta particolarmente comoda per il calcolo delle derivate delle
funzioni reali.
Definizione 37 Si dice derivata a destra (risp. a sinistra) della funzione f in x0 il limite
del rapporto incrementale al tendere di x a x0 da destra (risp. da sinistra). La derivata
a destra (risp. a sinistra) della funzione f in x0 si indica in simboli con
Df+ (x0 ) o f+0 (x0 ) ( risp. Df (x0 ) o f0 (x0 ) ).
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
10.2
77
Il calcolo differenziale si `e sviluppato in parte sotto la spinta di alcuni problemi tipici della
cinematica, come la definizione e il calcolo della velocit`a di variazione di una grandezza
misurabile, ad esempio la posizione di un corpo in movimento; tuttavia, come si vedr`a
tra breve, il concetto di derivata si lega ad un problema tipico della geometria: la ricerca
della retta tangente ad una curva in un assegnato punto.
y
Per comprendere questo aspetto, si consideri
t
una funzione f definita in un intorno aperto
U di x0 e indichiamo con il suo grafico nel
piano cartesiano. Sia ora x U {x0 }; il
r
rapporto incrementale
x
f(x)
Qx
f (x) f (x0 )
,
x x0
f(x0)
y=f(x)
r :
y=f(x)
r+
f (x0)=1
f (x )=+1
+ 0
x0
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
78
xx0
f (x) f (x0 )
= `,
x x0
f (x) f (x0 )
`,
x x0
3
x.
Come `
e noto, essendo composizione di funzioni continue, f risulta continua su tutto il suo dominio R. Si provi a calcolare
la sua derivata in x = 0:
3
3
x 30
x
1
Df (0) = lim
= lim
= lim
= +,
3
x0
x0
x0 3 x2
x0
x3
pertanto la derivata `
e + e la funzione f non `
e derivabile in x0 = 0, pur essendo continua.
Il significato geometrico della derivata come pendenza della retta tangente al grafico `e
stato ben chiarito nella definizione 39. Ci si domanda ora cosa si pu`o dire in merito al
comportamento di una funzione continua in un punto in cui essa non `e derivabile, ma in
cui esistono comunque, finite o infinite, le sue derivate a destra e a sinistra. Si consideri
quindi f una siffatta funzione, continua in x0 e con derivate a destra e a sinistra in x0
indicate, rispettivamente, con D+ e D . I casi possibili sono esemplificati nei grafici in
figura 24, e forniscono la seguente classificazione dei punti di non derivabilit`a:
I limiti D+ e D sono distinti e almeno uno `e finito: in questo caso si dice che in
x0 vi `e un punto angoloso.
D+ = D = + oppure D+ = D = : in questo caso si dice che in x0 vi `e un
punto di inflessione verticale.
D+ e D sono entrambi infiniti ma opposti di segno: in questo caso si dice che in
x0 vi `e un punto cuspidale.
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
79
y=g(x)
y=f(x)
r
f(x )
0
r+
Df(x0)=+
D f(x )=+
+ 0
g(x )
0
Dg(x0)=1
D g(x )=+1
+
0
x0
x0
y=h(x)
r+= r
Dh(x0)=
h(x )
0
D h(x )=+
+
0
x0
Figura 24: punto di inflessione verticale (f ), punto angoloso (g), punto cuspidale (h)
10.3
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
80
4.
(f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ),
5.
(f /g)0 (x0 ) =
.
h
h
Pertanto, ricordando che g `e continua in x0 , in quanto derivabile, al tendere di h a 0 il
limite del rapporto incrementale considerato esiste e si ha (f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) g 0 (x0 ).
Il rapporto incrementale di f g nel punto x0 soddisfa le seguenti uguaglianze
=
(f g)(x0 + h) (f g)(x0 )
(f (x0 + h) f (x0 ))g(x0 + h) + f (x0 )(g(x0 + h) g(x0 ))
=
=
h
h
g(x0 + h) g(x0 )
f (x0 + h) f (x0 )
+ f (x0 )
.
h
h
Pertanto, ricordando che g `e continua in x0 , in quanto derivabile, al tendere di h a 0
il limite del rapporto incrementale considerato esiste e si ha (f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) +
f (x0 )g 0 (x0 ).
Si noti che essendo g continua e g(x0 ) 6= 0, esister`a un intorno aperto U di x0 in cui g
non si annulla mai. In U {x0 } il rapporto incrementale di f /g nel punto x0 soddisfa le
seguenti uguaglianze:
= g(x0 + h)
(f /g)(x0 + h) (f /g)(x0 )
(f (x0 + h)g(x0 ) f (x0 )g(x0 + h))
=
=
h
g(x0 + h)g(x0 ) h
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
81
Teorema 69 (Derivazione funzione composta) Sia f una funzione definita in un intorno aperto U di x0 e g una funzione definita in un intorno aperto V di y0 = f (x0 ) tale
che f (U ) V , allora la funzione composta g f `e derivabile in x0 e vale la relazione
(g f )0 (x0 ) = g 0 (y0 ) f 0 (x0 ).
Dim. Poiche g `e derivabile in y0 , esister`a8 un infinitesimo al tendere di y a y0 tale che
g(y) g(y0 ) = g 0 (y0 )(y y0 ) + (y)(y y0 ). Pertanto il rapporto incrementale di g f
pu`o anche scriversi come
g(f (x0 + h)) g(f (x0 ))
(g f )(x0 + h) (g f )(x0 )
=
=
h
h
(f (x0 + h) f (x0 ))
,
h
Al tendere di h a 0 si ha (f (x0 + h)) 0, pertanto il limite del rapporto incrementale
esiste e si ha
(g f )0 (x0 ) = g 0 (y0 ) f 0 (x0 ).
= (g 0 (f (x0 )) + (f (x0 + h)))
Teorema 70 (Derivazione funzione inversa) Sia f una funzione definita su un intervallo aperto I continua e monotona in senso forte e x0 un punto di I in cui f 0 (x0 ) 6= 0.
La funzione f 1 risulta derivabile nel punto y0 = f (x0 ) e vale la relazione
(f 1 )0 (y0 ) =
8
1
f 0 (x
0)
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
82
yy0
1
f 1 (y) f 1 (y0 )
= lim
.
x0
f (x) f (x0 )
y y0
x x0
1
f 0 (x
0)
y=f(x)
y0
Una giustificazione di questo fatto pu`o essere trovata dallo studio dei grafici di f e f 1 ,
e delle loro tangenti nei punti P (x0 , y0 ) e, rispettivamente, Q(y0 , x0 ). Infatti, come appare intuibile nella figura qui accanto, tali rette
tangenti risultano simmetriche rispetto alla
bisettrice y = x, pertanto i loro coefficienti
angolari devono essere reciproci.
10.4
x=f 1(y)
Q
x0
x0
y0
Derivate elementari
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
83
x+h r
x
h
=x
r ln(1+ h
x)
re
1
.
x
10 CALCOLO DIFFERENZIALE
Dax = ax ln a
D loga x =
84
1
.
x ln a
1
cos2 x
D ctg x =
1
.
sen 2 x
Mediante il teorema dei derivazione della funzione inversa si ottengono inoltre le seguenti
derivate delle funzioni inverse:
D arcsen x =
1
1 x2
D arccos x =
1
;
1 x2
1
1 + x2
D arcctg x =
1
.
1 + x2
11
86
In questa sezione si vengono presentati i principali risultati sulle funzioni continue e derivabili su intervalli compatti (cio`e chiusi e limitati) della retta reale. Tutti i teoremi
presentati si reggono sul teorema di Weierstrass, enunciato e dimostrato nella sezione
sulle funzioni continue definite sugli insiemi compatti.
Il primo risultato `e il teorema di Fermat, che indica una condizione necessaria per lesistenza di un minimo o massimo locali. Il significato geometrico di questo teorema `e molto
evidente: nei punti si massimo e minimo locale del grafico di una funzione ci si aspetta
che la tangente, qualora esista, sia orizzontale.
Teorema 71 (Teorema di Fermat) Sia f : D R che assume un massimo (o un
minimo) locale in un punto x0 interno a D. Se f `e derivabile in x0 allora deve essere
necessariamente f 0 (x0 ) = 0.
Dim. Dato che x0 `e punto interno a D, posso trovare un intervallo I aperto centrato in
x0 interamente contenuto in D. La funzione h definita su I ponendo per ogni x I:
f (x)f (x0 )
se x 6= x0 ,
def
xx0
h(x) =
0
f (x0 )
se x = x0 ,
risulta continua in x0 . Se si assume che x0 sia di massimo locale, eventualmente restringendo opportunamente il raggio dellintorno I, si pu`o supporre che
f (x0 ) f (x),
per ogni x I.
y
Da una semplice analisi del segno ne consegue che h(x) 0 per x < x0 , mentre
h(x) 0 per x > x0 . Pertanto, passando
ai limiti si ottiene
f(x0)
f(x)
y=f(x)
lim h(x) 0 e
xx0
lim h(x) 0.
xx0
U
a
x0
87
y=f(x)
f(a)=f(b)
Teorema 73 (Teorema di Lagrange o del valor medio) Sia f : [a, b] R continua su [a, b] e derivabile nellaperto ]a, b[. Esister`a allora almeno un punto ]a, b[ tale
che
f (b) f (a)
.
f 0 () =
ba
Dim.
y
t
y=f(x)
s
f(b)
f (b) f (a)
.
b af(a)
g 0 () = 0.
Dato che per ogni x si ha g 0 (x) = f 0 (x) k, si deduce che
f 0 () = k =
come volevasi dimostrare.
f (b) f (a)
,
ba
88
f (b) f (a)
.
g(b) g(a)
Dim. Se per assurdo si supponesse g(a) = g(b), per il teorema di Rolle dovrebbe esistere
un punto x in ]a, b[ in cui g 0 (
x) = 0, ma ci`o `e in contrasto con le ipotesi. Si ponga ora
def
h(x) = f (x) kg(x) per ogni x [a, b]. La costante k R pu`o essere definita in modo
che risulti h(a) = h(b), ponendo calcoli si ottiene che
def
k =
f (b) f (a)
.
g(b) g(a)
La funzione h cos` costruita soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle, pertanto esister`a
almeno un punto ]a, b[ tale che h0 () = 0. Derivando h in si ottiene h0 () =
f 0 () kg 0 (), da cui, dividendo ambo i membri per g 0 (), che `e un valore non nullo per
ipotesi, si ottiene
f (b) f (a)
f 0 ()
=k=
,
0
g ()
g(b) g(a)
come volevasi dimostrare.
Il teorema di Lagrange `e fecondo di conseguenze; innanzitutto si si dimostra il seguente
criterio di costanza:
Teorema 75 Se f : ]a, b[ R `e una funzione continua con derivata ovunque nulla allora
essa `e una costante.
Dim. Se si prendono infatti due arbitrari punti distinti x1 e x2 nellintervallo aperto, per
il teorema di Lagrange esister`a un qualche ]x1 , x2 [ tale che
f (x2 ) f (x1 )
= f 0 () = 0,
x2 x1
da cui f (x2 ) = f (x1 ), come volevasi dimostrare.
Il secondo risultato `e un fondamentale criterio di monotonia:
Teorema 76 Se f : ]a, b[ R `e una funzione continua con derivata ovunque positiva
(risp. negativa) allora essa `e crescente (risp. decrescente) .
89
D f (x0 ) = lim
xx0
f (x) f (x0 )
= lim f 0 (x ) = lim f 0 (z) = L,
x x0
xx0
zx0
xx0
xx
0
xx0
90
pertanto, in virt`
u della proposizione 77, segue che
D f (x0 ) = D+ f (x0 ) = L,
da cui si deduce che f `e derivabile in x0 e f 0 (x0 ) = L, come volevasi dimostrare.
In genere una funzione derivabile non ammette necessariamente derivata continua, tuttavia le funzioni derivate hanno una propriet`a comune a quella delle funzioni continue:
mandano intervalli in intervalli. Vale infatti:
Teorema 79 Se f : ]a, b[ R `e una funzione continua e derivabile allora la sua derivata
f 0 ha come immagine un intervallo.
Dim. Si supponga per assurdo che la derivata f 0 mandi un intervallo ]a, b[ in un insieme
non convesso. Esister`a allora un punto k R, tale che y10 < k < y20 ove y10 = f 0 (x1 ) e
y20 = f 0 (x2 ), per qualche coppia x1 , x2 ]a, b[. Si definisca la funzione h ponendo per ogni
x [x1 , x2 ]
def
h(x) = f (x) kx.
Evidentemente h `e continua e derivabile nellintervallo [x1 , x2 ] e per costruzione h0 (x1 ) < 0
e h0 (x2 ) > 0. Per il teorema di Weierstrass, tale funzione ammetter`a massimo e minimo
assoluti nellintervallo [x1 , x2 ], indicati con m e M , rispettivamente. Si prover`a ora che
almeno uno di questi due punti `e assunto internamente allintervallo [x1 , x2 ]. Si supponga
per assurdo che entrambi cadano sugli estremi. Vi sono qui due casi possibili. Nel primo
si ha m = f (x1 ) e M = f (x2 ), ma allora, per definizione di massimo e minimo assoluti,
per ogni x ]x1 , x2 [ varranno le disequazioni
h(x) h(x1 )
0,
x x1
h(x2 ) h(x)
0.
x2 x
D+ f (x1 ) 0,
D f (x2 ) 0,
91
cui si supponga sia g 0 6= 0. Sia inoltre f (x0 ) = g(x0 ) = 0. Se esiste finito o infinito il
limite
f 0 (x)
= L,
lim+ 0
xx0 g (x)
allora esiste anche il limite limxx+0
f (x)
g(x)
e coincide con L.
Dim. Si consideri innanzitutto il caso in cui L `e finito. Sia ora x un arbitrario punto tale
che x0 < x < b. Nellintervallo [x0 , x] le funzioni f e g soddisfano il teorema di Cauchy,
pertanto esister`a un x , dipendente dallelemento x scelto precedentemente, tale per cui
f (x)
f (x) f (x0 )
f 0 (x )
=
= 0
.
g(x)
g(x) g(x0 )
g (x )
(8)
+
` evidente che se x x+
E
0 allora x x0 , quindi
lim+
xx0
f 0 (x)
f 0 (x )
=
lim
= L.
g 0 (x ) xx+0 g 0 (x)
xx0
f (x)
= L,
g(x)
lim f (x) = ,
xx+
0
lim g(x) = .
xx+
0
xx0
f 0 (x)
= L,
g 0 (x)
f (x)
e coincide con L.
g(x)
La regole di LHospital appena introdotte possono essere estese anche al caso in cui x
tende allinfinito. Per quanto riguarda la forma [ 00 ], vale:
92
Teorema 82 Siano f, g funzioni reali definite su un intervallo ]a, +] su di esso continue e derivabili in tutto lintervallo in cui si supponga anche g 0 6= 0. Si supponga inoltre
che
lim f (x) = 0,
lim g(x) = 0.
x+
x+
f (x)
e coincide con L.
x+ g(x)
12
94
95
Per le funzioni convesse valgono alcuni risultati interessanti di seguito esposti per completezza, omettendone per`o la dimostrazione:
Teorema 85 Una funzione reale convessa definita in un intervallo `e continua in tutti i
punti interni.
Teorema 86 Una funzione reale convessa definita in un intervallo `e derivabile in tutti i
punti interni, eccetto che per un insieme di punti al pi`
u numerabile.
13 FORMULE DI TAYLOR
13
96
Formule di Taylor
(x) =
f (x) p(x)
0,
x x0
13 FORMULE DI TAYLOR
97
y=f(x)
y=T (x)
1
y=T2(x)
y=T (x)
3
y=T (x)
4
x =0
(x x0 )n
n!
xx0
xx0
13 FORMULE DI TAYLOR
98
f (n) (x0 )
= f (x0 ) + f (x0 )(x x0 ) + +
(x x0 )n1 .
(n 1)!
0
00
` facile provare
Dunque il secondo limite `e ancora una forma indeterminata del tipo 00 . E
che sussistono le ipotesi per applicare ripetutamente la regola di LHospital fino a n 1
volte, giungendo alluguaglianza
lim n!
xx0
Portando fuori il termine costante, il limite al secondo membro pu`o essere scritto
f (n) (x0 ) + lim
xx0
Il secondo addendo `e il limite del rapporto incrementale della funzione f (n1) nel punto
x0 , che per ipotesi esiste ed `e la derivata nesima di f in x0 , cio`e f (n) (x0 ). Ci`o prova che
la funzione (x) `e infinitesima al tendere di x a x0 , come volevasi dimostrare.
Il precedente teorema permette di stabilire che la funzione resto Rx0 ,n (x) `e un infinitesimo di ordine superiore a n, tuttavia non consente di stimarne il valore, essendo la
funzione non nota. Volendo quantificare lerrore di stima, `e possibile ricorrere ad unaltra espressione del resto, detta di Lagrange, che viene presentata nel seguente teorema
la cui dimostrazione, qui omessa, si basa sostanzialmente sullapplicazione reiterata del
teorema di Cauchy:
Teorema 88 (Formula di Taylor con resto di Lagrange) Sia f : I R una funzione definita su un intervallo aperto I in cui `e derivabile fino allordine n + 1 e sia x0
in I. Allora vale la formula
f (x) = Tx0 ,n (x) + Rx0 ,n (x),
ove la funzione resto Rx0 ,n (x) `e esprimibile nella forma
def
(x x0 )n+1
(n + 1)!
x2
x4
+ + ,
2
4!
13 FORMULE DI TAYLOR
99
def
E = |e e| = |R4 (1)| = e
1
.
5!
Poiche deve essere compreso in ]0, 1[ ed inoltre e < 3, si pu`o sovrastimare lerrore di
approssimazione nel seguente modo:
E
3
= 0.025.
120
Dal teorema 87 discende un utile criterio che specifica condizioni sufficienti affinche tale
punto sia di massimo locale forte o minimo locale forte:
Teorema 89 Sia f : I R una funzione definita su un intervallo aperto I in cui `e
derivabile fino allordine n 1 e avente derivata nesima nel punto x0 I. Si supponga
inoltre che
f 0 (x0 ) = f 00 (x0 ) = = f (n1) (x0 ) = 0
f (n) (x0 ) 6= 0.
(n)
(x x0 )n
(x0 ) + (x))
.
n!
Per il teorema della permanenza del segno posso determinare un intorno aperto U di x0
def
in cui g(x) = f (n) (x0 ) + (x) abbia lo stesso segno di f (n) (x0 ). La formula pu`o quindi
essere scritta
(x x0 )n
f (x) f (x0 ) = g(x)
.
n!
Il polinomio (x x0 )n per n dispari ha segno positivo se x > x0 , negativo se x < x0
pertanto il segno di f (x) f (x0 ) dovr`a per forza mutare passando per x0 da positivo a
negativo o viceversa. Questo implica che per n dispari x0 non pu`o essere ne di massimo
ne di minimo locale. Se invece n `e pari, allora f (x) f (x0 ) si annulla in x0 e il suo segno
per x U e x 6= x0 `e quello di g, ovvero della derivata f (n) (x0 ). Pertanto se f (n) (x0 ) > 0,
13 FORMULE DI TAYLOR
100
per x U e x 6= x0 si avr`a f (x) f (x0 ) > 0, cio`e x0 `e di minimo locale forte. Se invece
f (n) (x0 ) < 0, per x U e x 6= x0 si avr`a f (x) f (x0 ) < 0, cio`e x0 `e di massimo locale
forte, come volevasi dimostrare.
I polinomi di Taylor sviluppati nel punto x0 = 0 si dicono anche polinomi di Mac Laurin.
Si riporta di seguito lo sviluppo in polinomi di Mac Laurin di alcune funzioni elementari:
x
x2
xn
+
+ +
+ ...
1!
2!
n
xn
x2 x3
ln(x + 1) x
+
+ + (1)n+1 + . . .
2
3
!n
2k
x2 x4
x
cos(x) 1
+
+ + (1)k
+ ...
2!
4!
(2k)!
2k+1
x3 x5
k x
sen(x) +
+ + (1)
+ ...
3!
5!
(2k + 1)!
ex 1 +
(9)
(10)
(11)
(12)
14
102
14.1
Prima dintrodurre il problema generale della misura dellestensione delle figure piane,
che ci condurr`a in seguito alla definizione dellintegrale definito, in questa sezione si delineer`a un metodo per dedurre formalmente la ben nota formula dellarea del cerchio dalla
definizione dellarea del rettangolo, e quindi dei poligoni10 .
Se si considera un cerchio qualunque, ad esempio quello in figura 26, appare chiaro che
esistono infiniti poligoni come P che lo includono ed infiniti poligoni come P che sono
invece inclusi in esso. Assumendo che larea del cerchio sia il numero reale A(C), dovr`a
essere per ciascuna coppia di tali poligoni
A(P ) A(C) A(P ).
P*
C
P*
Infatti i poligoni risultano somma di triangoli, e larea di ogni triangolo `e riconducibile a quella di un
opportuno rettangolo
103
Tra tutti i poligoni contenenti il cerchio e tra quelli in esso contenuti si considerino solo
quelli regolari circoscritti ed inscritti al cerchio. Nella figura 27 `e riportato il caso in cui
tali poligoni hanno 8 lati, da cui si trarr`a la generalizzazione al caso di n lati.
pertanto si deduce che e formano una coppia di classi contigue il cui elemento
separatore `e A(C) = r2 . Con questo procedimento si `e quindi ottenuta la ben nota
formula dellarea del cerchio.
Astraendo il procedimento, `e possibile introdurre una definizione precisa e coerente del
concetto di misura dellestensione spaziale di una figura piana. Il vantaggio nel aver
tradotto un problema di misura di regioni in un problema topologico (cio`e la ricerca
dellelemento separatore di opportune classi contigue) risiede nel fatto che a questultimo
possono essere applicati con successo i potenti strumenti dellanalisi matematica sinora
sviluppati.
14.2
Il trapezoide e i plurirettangoli
Lintegrale definito, che tra breve verr`a introdotto, `e strettamente legato al problema
geometrico del calcolo dellarea della regione di piano racchiusa tra lasse x e il grafico
104
di una funzione f positiva, definita su un intervallo I = [a, b]. Tale regione viene detta
trapezoide sotteso dal grafico di f e insiemisticamente corrieponde a
T = {(x, y) | x I, 0 y f (x)}.
In figura 28 sono rappresentati il grafico di una siffatta funzione e del trapezoide che essa
individua.
y
y=f(x)
R*
R*
14.3
105
Le funzioni a scalino
n
X
an Ii ,
i=1
ove {I1 , . . . , In} `e un insieme finito di sottointervalli dellintervallo I, due a due disgiunti,
a1 , . . . , an una nupla di numeri reali e, per ogni i = 1, . . . , n, Ii `e la funzione caratteristica dellintervallo Ii . Per esemplificare, un grafico di funzione a scalino `e riportato in
figura 30.
Si indichi con SI linsieme delle funzioni a scalino con supporto in I. Inoltre, si associ
alla funzione a scalino s un numero reale (s), detto somma della funzione a scalino,
ponendo
n
X
(s) =
ai d i ,
i=1
106
a3
s= ak I
a2
a4
a1
I1
I2
I3
I4
I5
I6
I7
a7
a5
a6
14.4
S = {s SI |x I : s(x) f (x)}.
= {(s)|s S }.
107
f (x) dx,
f,
f.
[a, b]
Le funzioni per cui vale questa propriet`a si dicono integrabili (alla Riemann) nellintervallo
I.
Tenuto conto della definizione di classi contigue, lintegrabilit`a di una funzione si pu`o
quindi immediatamente esprimere anche nel seguente modo:
Proposizione 90 Una funzione f `e integrabile su un intervallo I se e solo se in corrispondenza ad ogni > 0 `e possibile di determinare due funzioni a scalino s e s con
supporto in I tali che s f s e (s ) (s ) < .
Esempio 10 Non tutte le funzioni sono integrabili alla Riemann. Si prenda ad esempio la funzione di Dirichlet, ovvero la
funzione Q che vale 1 sui reali razionali e 0 sui reali irrazionali. Considerata la densit`
a di Q in R, in ogni intervallo, anche
di dimensioni piccolissime, esisteranno infiniti punti in cui Q vale 1 ed infiniti punti in cui vale 0. Pertanto, nellintervallo
[0, 1], le funzioni a scalino inferiori s Q avranno tutte somma 0, mentre quelle superiori s Q avranno tutte somma
1. Avendo integrale superiore pari a 1 e integrale inferiore pari a 0, la funzione Q non `
e integrabile.
s(x) dx = (s).
a
14.5
Nel caso in cui la funzione f , definita sullintervallo I = [a, b], risulta positiva e limitata,
ogni funzione a scalino superiore s ed ogni funzione a scalino inferiore (positiva) s
soddisfano
R(s ) T R(s ),
108
(s ) = Area(R(s )).
14.6
Propriet`
a fondamentali dellintegrale definito
Si presenteranno ora alcune fondamentali propriet`a dellintegrale definito. Un primo risultato `e che combinando linearmente funzioni integrabili si ottiene una funzione integrabile
il cui integrale `e combinazione lineare degli integrali delle funzioni di partenza. Questa
propriet`a pu`o essere espressa con un linguaggio pi`
u tecnico dicendo che lintegale definito
`e un operatore lineare sullo spazio vettoriale delle funzioni integrabili. Pi`
u precisamente
vale il seguente teorema:
Proposizione 91 (Linearit`
a dellintegrale definito) 11 Siano f e g integrabile su [a, b],
, R due numeri reali arbitrari, allora la funzione f + g `e integrabile su I e
Z b
Z b
Z b
(f + g) =
f +
g.
a
Loperatore integrale gode inoltre della propriet`a di monotona crescenza espressa nel
seguente teorema:
11
Dimostrazione in appendice C.
Proposizione 92 (Monotonicit`
a dellintegrale definito)
su [a, b], se f g allora
Z b
Z b
f
g.
a
12
109
Siano f e g integrabile
Se si seziona verticalmente un trapezoide si ottengono due trapezoidi la cui somma `e equivalente al trapezoide iniziale. A partire da questa considerazione geometrica `e possibile
dimostrare il seguente risultato che riveste grande importanza:
Teorema 93 (Addittivit`
a nei sottointervalli) 13 Sia f integrabile su [a, b], e sia c un
punto interno allintervallo. Allora f risulta integrabile sui sottointervalli [a, c] e [c, b] e
vale la seguente relazione
Z b
Z c
Z b
f.
f+
f=
a
Lultimo risultato che viene presentato in questa sezione si basa sulla seguente osservazione. La somma definito per le funzione a scalino non dipende dai valori che queste
assumono negli eventuali intervalli degeneri, cio`e di lunghezza nulla, e tanto meno dal
valore che queste assumono agli estremi degli intervalli non degeneri. Ci si aspetta quindi
che una qualunque modifica effettuata ad un numero finito di valori di una funzione integrabile la mantenga integrabile e non ne alteri lintegrale. Ci`o `e stabilito formalmente
dal seguente teorema:
Teorema 94 14 Se una funzione integrabile su un intervallo I viene arbitrariamente ridefinita in uno numero finito di punti del suo dominio, allora rimane integrabile in I, con
integrale immutato.
14.7
Quanto stabilito sul significato geometrico dellintegrale definito per le funzioni positive,
pu`o essere in qualche modo esteso al caso di funzioni di segno alterno.
Si consideri innanzitutto il caso di una funzione f integrabile su I = [a, b], tale che f 0
su [a, c] e f 0 su [c, b], per un punto c interno ad I. Dal teorema 93 segue che
Z
Z
f (x) dx =
a
12
Z
f (x) dx +
f (x) dx,
c
Dimostrazione in appendice C.
Si pu`
o dimostrare anche un teorema inverso, ovvero che se f `e integrabile nei due sottointervalli
allora risulta integrabile in quello iniziale. In appendice C viene riportato un teorema che si estende in
tal senso e inoltre `e applicabile al caso in cui lintervallo si ripartisce in pi`
u due sottointervalli.
14
Dimostrazione in appendice C.
13
110
y=f(x)
T+
a
14.8
Data una funzione f integrabile su un intervallo J, per ogni coppia (a, b) J J, avente
a < b, in virt`
u del corollario 121, `e ben definito lintegrale
Z b
f (x) dx,
a
che pertanto pu`o essere pensato come funzione dei due estremi a, b prescelti. Per tutte le
altre coppie (a, b) J J, poniamo invece
Z
def
f (x) dx =
a
f (x) dx
e
Z
def
f (x) dx = 0
111
cio`e
Z
f (x) dx
f (x) dx =
a
f (x) dx,
c
xI
112
y=s*(x)
sup(f)
y=f(x)
y=s (x)
*
inf(f)
a
14.9
.
ba
(13)
113
, per
eq. 13 si deduce che |Mk mk | < ba
ogni k = 1, . . . , n.
Si considerino ora le seguenti funzioni a
scalino
n
X
s =
Mk Ik ,
y=f(x)
< /(ba)
m4
k=1
s =
n
X
mk Ik .
a
k=1
I4
Per costruzione si avr`a che s e s sono, rispettivamente, due funzioni a scalino superiore
ed inferiore, inoltre vale la seguente catena di disuguaglianze
n
X
(Mk mk ) <
(s ) (s ) = (M1 m1 )d + + (Mn mn )d = d
k=1
<d
n
X
k=1
= dn
= .
ba
ba
Pertanto, in virt`
u del teorema 90, la funzione f risulta integrabile in I.
La presenza di discontinuit`a in una funzione non comporta necessariamente la sua non
integrabilit`a. Ad esempio, si pu`o stabilire il seguente teorema:
Teorema 98 15 Se f `e una funzione definita su un intervallo chiuso I, continua ovunque
tranne che in un insieme finito di punti in cui ammette discontinuit`a di tipo salto, cio`e
nei quali esistono finiti i limiti destro e sinistro, allora f risulta integrabile su I.
Il risultato cruciale della sezione, noto come teorema fondamentale del calcolo integrale,
mostra come lintegrale di Riemann sia strettamente connesso al problema della ricerca
di primitive di una funzione f , cio`e di quelle funzioni la cui derivata `e la funzione f :
Teorema 99 (Teorema fondamentale del calcolo integrale) 16 Sia f una funzione
continua su un intervallo aperto I e c un qualunque punto di I. La funzione integrale F
definita ponendo per ogni x I
Z x
def
F (x) =
f (t) dt.
c
15
Dimostrazione in appendice C.
Nel teorema si fa lipotesi che f sia definita in un intervallo aperto, tuttavia in molte circostanze si vogliono considerare anche funzioni definite su intervalli chiusi. Con minimi cambiamenti alla dimostrazione
presentata per intervalli aperti, si pu`
o dedurre la seguente generalizzazione:
Supposto che f sia continua su un intervallo chiuso [a, b], la funzione integrale F (x) risulta continua
su [a, b], derivabile nei punti interni dellintervallo con DF (x) = f (x) e, negli estremi a, b, esistono le
derivate destra e sinistra di F che soddisfano le relazioni D+ F (a) = f (a) e D F (b) = f (b).
16
114
f
(t)
dt
F (x) F (x0 )
c
x
c
= c
= 0
,
x x0
x x0
x x0
che, mediante il teorema 95, pu`o scriversi equivalentemente
Rx
f (t) dt
x0
.
x x0
Si studia innanzitutto il caso in cui x0 < x.
Per il teorema della media integrale (si veda
in particolare losservazione 2), esister`a un
valore x0 zx x, tale che
y=f(x)
F (x) F (x0 )
= f (zx ).
x x0
Quanto x viene fatta tendere a x0 anche il
punto zx necessariamente tender`a a x0 e,
in virt`
u della continuit`a di f in x0 , si avr`a
quindi
lim+ f (zx ) = f (x0 ).
x0
zx
xx0
F (x) F (x0 )
= f (x0 ).
x x0
Procedendo in modo analogo nel caso in cui x < x0 , si perviene alluguaglianza D F (x0 ) =
f (x0 ), da cui si conclude che DF (x0 ) = f (x0 ), come volevasi dimostrare.
Esempio 12 Se si considera la funzione costante f (x) = k, e si fissa un punto c qualunque della retta reale, tenuto conto del
significato geometrico dellintegrale definito, `
e facile costatare che per ogni x in R, la funzione integrale definita nel teorema
precedente risulta
Z
x
k dt = k(x c).
F (x) =
c
Si vedr`a ora come la primitiva determinata nel teorema precedente permette di generare
tutte le altre primitive della funzione f :
115
Teorema 100 Sia f una funzione continua su un intervallo aperto I. Linsieme di tutte
le primitive di f su I `e dato dalla famiglia di funzioni
Z x
def
F (x) =
f (t) dt + k,
c
G(x) = F (x) + k =
f (t) dt + k,
c
Dim. Se F `e una primitiva di f allora per il teorema 100 esister`a k R tale che
Z x
F (x) =
f (t) dt + k,
a
pertanto
Z
F (b) F (a) =
Z
f (t) dt + k
a
f (t) dt + k
Z
=
f (t) dt,
a
116
Corollario 102 Sia f una funzione continua su I =]a, b] e , due funzioni reali definite
su un intervallo J =]c, d[ a valori in I continue e derivabili, la funzione G definita ponendo
per ogni x J
Z (x)
f (t) dt,
G(x) =
(x)
14.10
Sia f una funzione positiva e continua sullintervallo [a, b]. Detto T il trapezoide che essa
individua con lasse x, si vuole determinare il volume del solido ottenuto da una rotazione
del trapezoide T attorno allasse x. In figura 31 `e rappresentato il solido ottenuto tramite
una rotazione di un angolo = 15
.
8
Per semplificare le cose, si supponga che la figura solida F sia ottenuta tramite una
rotazione completa del trapezoide. Se si considera una funzione a scalino (positiva) s del
tipo
s(x) = ni=1 ai Ii ,
tramite una rotazione attorno allasse x essa genera un pluricilindro il cui volume `e
(s) = ni=1 a2i di .
Se s `e funzione a scalino superiore, allora il pluricilindro includer`a il solido F, altrimenti,
se `e funzione a scalino inferiore, il pluricilindro sar`a contenuto nel solido F. Pertanto, se
gli insiemi dei volumi dei pluricilindri superiori ed inferiori formano una coppia di classi
contigue, non resta che concludere che lelemento separatore deve essere necessariamente
117
y=f(x)
x
z
Figura 31: figura solida generata dalla rotazione del trapezoide T attorno allasse x
y=f(x)
y=s*(x)
superiore (risp. inferiore) di f . Tenuto conto della continuit`a di f , da cui segue quella
di f 2 , si pu`o quindi dedurre che il volume di F corrisponde formalmente allarea del
trapezoide individuato da funzione f 2 , ovvero sussiste la relazione
Z b
vol(F) =
f 2 (x) dx.
a
118
14.11
Si considera in questa sezione il problema della misura della lunghezza di un generico arco
di curva , grafico di una funzione reale continua f : [a, b] R.
Il problema della misura della lunghezza di pu`o essere affrontato in modo analogo a quello della misura dellarea del trapezoide, ovvero ricorrendo a curve particolari di lunghezza
nota che approssimano larco . Se per il trapezoide si `e fatto ricorso ai plurirettangoli, per larco di curva si ricorrer`a a poligonali, ovvero curve ottenute giustapponendo un
numero finito di segmenti.
Si premette innanzitutto la seguente definizione: un qualunque sottoinsieme finito
D = {x0 , x1 , . . . , xn },
costituito da punti consecutivi dellintervallo [a, b], tali che x0 = a e xn = b, prende il
nome di suddivisione dellintervallo [a, b].
y
y=f(x)
Pk
P2
P0
P1
Pn
x0 x1
x2
xk
xn
119
In virt`
u della disuguaglianza triangolare, `e facile provare che se in una data suddivisione
D intercaliamo un nuovo punto, la poligonale che cos` andiamo ad ottenere avr`a lunghezza
maggiore della precedente. Infatti, un segmento di estremi A e B di questultima, viene
sostituito nella nuova poligonale da due segmenti contigui AC e CB, e ovviamente AB <
AC + CB. In questo senso, commettendo un piccolo abuso di linguaggio, si pu`o dire che
le poligonali crescono in lunghezza allaumentare del numero di punti della suddivisione,
tendendo ad approssimarsi sempre pi`
u allarco .
Per quanto sopra detto, si dir`a lunghezza `() dellarco continuo , lestremo superiore delle lunghezze `D delle poligonali al variare di tutte le possibili suddivisioni D dellintervallo
[a, b], ovvero:
def
`() = sup `D ;
D
y=f(x)
P
y+dy
P
y
x+dx
120
Teorema 103 Data una funzione continua f : [a, b] R continua, derivabile nei punti
interni, con derivata continua in ]a, b[ ed estendibile per continuit`a anche sugli estremi,
larco si curva , grafico di f , `e rettificabile e la sua lunghezza ` soddisfa:
Z bp
`=
1 + (f 0 (x))2 dx.
a
14.12
Integrali impropri
Si considera in questa sezione una funzione f continua definita su un intervallo [a, b[ aperto
ad un estremo, che eventualmente pu`o essere infinito. Per il teorema dintegrabilit`a delle
funzioni continue, f risulta integrabile in ogni intervallo chiuso limitato del tipo [a, c]
contenuto in [a, b[. Se esiste finito od infinito il limite
Z c
lim
f (x) dx,
cb
allora tale limite viene detto integrale improprio della funzione f nellintervallo [a, b[. In
simboli, si scriver`a
Z c
Z b
def
f (x) dx.
f (x) dx = lim
cb
Dim. La dimostrazione `e banale conseguenza Rdel teorema fondamentale del calcolo inx
tegrale. Infatti, la funzione integrale F (x) = a f (t) dt `e continua a sinistra in x = b,
pertanto F (x) F (b) quando x b .
Si presentano di seguito alcuni esempi di un integrale improprio e del suo significativo
geometrico:
Esempio 13 Si calcoli lintegrale improprio della funzione x 7 ex nellintervallo [0, +[.
Si osservi che
Z
ex dx = [ex ]b0 = 1 eb ,
Z
0
def
ex dx =
lim (1 eb ) = 1.
b+
121
y=ex
1
x
1
dx = [2 x]a
1 = 2 a,
x
1
def
dx =
x
lim (2
a=+
a) = 2.
` possibile estendere gli integrali impropri anche a funzioni definite su intervalli aperti
E
del tipo ]a, b[. Per fare questo, fissato un qualunque punto a < c < b, si definisce
Z x
Z b
Z c
def
f (t) dt,
f (t) dt = lim
f (t) dt + lim
xa+
xb
intendendo con tale relazione che lintegrale improprio su ]a, b[ `e definito quando esistono
entrambi i limiti e nel caso in cui siano entrambi infiniti si richiede che abbiano lo stesso
segno. A questo proposito si consideri attentamente il seguente esempio:
Esempio 15 Lintegrale improprio di senx esteso a R non esiste.
Fissato c = 0, integrando cos t nellintervallo [0, x] si ottiene
x
pertanto, tenuto conto del comportamento oscillante di 1 cos x al tendere di x +, lintegrale improprio esteso a
[0, +[ non esiste, e quindi nemmeno quello esteso a ] , +[.
Tuttavia, se si considera lintegrale definito nellintervallo ] x, x[, si ha
Z
Questo fatto `
e abbastanza ovvio, se teniamo conto che sent `
e una funzione dispari, e potrebbe erroneamente indurre ad
affermare che esiste lintegrale ] , +[ ed `
e nullo; infatti questo approccio `
e in contrasto con quanto previsto dalla
definizione di questa tipologia di integrali impropri.
15 INTEGRAZIONE NUMERICA
15
122
Integrazione numerica
Vengono presentati in questa sezione i metodi dintegrazione numerica dei trapezi e dei
rettangoli per il calcolo approssimato dellintegrale definito di una funzione, e la relativa
stima dellerrore di approssimazione.
15.1
Data una funzione f a integrabile nellintervallo chiuso I = [a, b] e fissato un naturale n > 1, si consideri la suddivisione dellintervallo I in n intervallini contigui I1 =
. Posto yk = f (xk ); si
[x0 , x1 ], . . . , In =]xn1 , xn ], ciascuno dei quali di ampiezza d = ba
n
consideri quindi la funzione a scalino
sn =
n
X
yk Ik ,
k=1
il cui integrale `e
Z
In =
a
baX
sn = (sn ) =
yk .
n k=1
Si ponga ora
Z
I=
f (x) dx,
a
y=f(x)
f(x4)
f(x )
3
d
a
I4
15 INTEGRAZIONE NUMERICA
123
def
L1 = sup f 0 (x),
x]a, b[
|f (u2 ) f (u1 )|
= |f 0 ()|,
|u2 u1 |
che equivale a
|f (u2 ) f (u1 )| = |f 0 ()||u2 u1 |.
Se |f 0 (x)| L1 , loscillazione dei valori della funzione f pu`o essere stimata da
|f (u2 ) f (u1 )| L1 |u2 u1 |.
(14)
Si osservi ora che applicando (14) nel kesimo intervallino si pu`o scrivere |yk f (x)|
L1 (xk x), cio`e
L1 (xk x) f (x) yk L1 (xk x).
Si osservi che la precedente relazione si pu`o esprimere dicendo che, relativamente alla
striscia individuata dallintervallino kesimo, il grafico y = f (x) `e compreso tra le due
rette passanti per il punto (xk , yk ) aventi coefficienti angolari L1 e L1 , come illustrato
nella figura 37.
Integrando i tre membri nellintervallino Ik , si ottiene quindi
Z xk
1
1
2
L1 d
f (x) dx yk d L1 d2 .
2
2
xk1
15 INTEGRAZIONE NUMERICA
124
yk+L1d
y=f(x)
yk
ykL1d
Ik
15.2
L1 (b a)2
L1 (b a)2
=
.
2
n2
2
n
Data una funzione f a integrabile nellintervallo chiuso I = [a, b] e fissato un naturale n > 1 si consideri la suddivisione dellintervallo I in n intervallini contigui I1 =
. Al posto della fun[x0 , x1 ], . . . , In =]xn1 , xn ], ciascuno dei quali di ampiezza d = ba
n
zione a scalino adottata nel metodo dei rettangoli, ora si cercher`a unapprossimazione del
grafico di f mediante la spezzata che ne congiunge i punti di ascissa x0 , . . . , xn . Posto
yk = f (xk ), la funzione approssimante pu`o essere scritta come segue
y1 ) y0
y
+
(x x0 )
se x I1 ,
d
def
tn (x) = . . .
b a X yk1 ) yk
tn =
,
n k=1
2
15 INTEGRAZIONE NUMERICA
125
ba
In =
n
y0 + yn X
+
yk
2
k=1
!
.
y=f(x)
f(x2)
f(x )
1
d
a
x1
I2
x2
x3
x4
16 INTEGRALE INDEFINITO
16
126
Integrale indefinito
16.1
1
dx = tg x + k,
cos2 x
dx = arcsen x + k.
1 x2
cos x dx = senx + k,
Z
1
dx = arctg x + k,
1 + x2
1
dx = arccos x + k.
1 x2
Le funzioni sotto il segno dintegrale possono avere come dominio di esistenza insiemi che
non sono intervalli. Ad esempio, la funzione x1 che `e definita in R0 . Occorre per`o qui
osservare che, in accordo con la definizione di integrale indefinito, luguaglianza
Z
1
dx = ln |x| + k,
x
individua linsieme di tutte le primitive di x1 definite nellintervallo ] , 0[, oppure linsieme di tutte le primitive definite nellintervallo ]0, +[, ma non linsieme delle funzioni
derivabili su R0 con derivata 1/x.
16 INTEGRALE INDEFINITO
127
16.2
Analogamente al caso dei limiti, vi sono anche per il calcolo degli integrali due tecniche di cambiamento di variabile, una per la variabile dipendente e una per la variabile
indipendente. Per il cambiamento della variabile dipendente vale:
Teorema 105 (Integrazione con cambiamento della variabile dipendente) Sia F
una primitiva della funzione f definita su un intervallo aperto I e g una funzione derivabile
su un intervallo aperto J a valori in I, allora nellintervallo J si pu`o scrivere:
Z
f (g(x))g 0 (x) dx = F (g(x)) + k.
Dim. La dimostrazione discende immediatamente dalla regola di derivazione delle funzioni composte, infatti si ha che
D[F g(x))] = D[F g(x))] = DF (g(x))g 0 (x) = f (g(x))g 0 (x),
pertanto F g(x) `e una primitiva della funzione integranda, come volevasi dimostrare.
Per effettuare un cambiamento di variabile, nella pratica risulta particolarmente comoda
la notazione dei differenziali qui di seguito presentata.
Se y = g(x) `e una funzione reale derivabile in x, si dicono differenziale di g calcolato in
x, le due equivalenti espressioni
dy = g 0 (x) dx,
dg = g 0 (x) dx.
dy = g(x) dx ,
16 INTEGRALE INDEFINITO
128
1
dx.
ex + 1
1
ex dx =
(ex + 1)ex
1
dy
.
(y + 1)y
y=ex
1
dy =
(y + 1)y
1
2
1
1
y+1
y
dy =
1
[ln |y + 1| ln |y|] + k,
2
1
1
1
dx = (ln |ex + 1| ln |ex |) + k = [ln(ex + 1) x] + k.
ex + 1
2
2
(x)
16 INTEGRALE INDEFINITO
129
e quindi
Z
f (g(y))g (y) dy
f (x) dx,
y=g 1 (x)
1
dx.
1+ x
Si consideri la sostituzione x = g(t) = t2 , con t R. Differenziando g si ottiene dx = D[t2 ] dt = 2t dt, pertanto, nella nuova
variabile, il precedente integrale pu`
o essere scritto come
Z
Z
1
2t
dt .
dx =
1+ x
1+t
t= x
Si osservi che questultimo integrale si calcola per scomposizione
Z
Z
2t
1
dt =
2 1
dt = 2t 2 ln |1 + t| + k,
1+t
1+t
Pertanto, ricordando che t =
x, si ha infine
Z
1
dx = 2 x 2 ln(1 + x) + k.
1+ x
16 INTEGRALE INDEFINITO
16.3
130
Siano u e v due funzioni derivabili su I. Allora dalla regola di derivazione del prodotto
uv si ottiene luguaglianza
D[u]v = D[uv] uD[v].
da cui, integrando ambo i membri, si ottiene la relazione integrale
Z
Z
D[u]v dx = uv(x) uD[v] dx.
che, nella compatta notazione differenziale, pu`o anche essere scritta
Z
Z
v du = uv u dv.
Lutilit`a della precedente relazione deriva dal fatto che in alcune circostanze lintegrale
a secondo membro `e pi`
u semplice da calcolare rispetto a quello del primo membro. Si
consideri ad esempio il seguente integrale:
Z
xex dx,
che pu`o evidentemente scriversi anche
Z
xD[ex ] dx.
17
132
In questa sezione vengono presentati alcuni metodi per il calcolo approssimato delle radici
di unequazione del tipo
f (x) = 0,
(15)
con lincognita x vincolata in un intervallo limitato [a, b]; si ricorda che tali radici vengono
anche chiamate zeri della funzione f .
Se la funzione f : [a, b] R `e continua e assume valori di segno opposto sugli estremi, ovvero f (a)f (b) < 0, in virt`
u del teorema degli zeri (58) esiste almeno una radice
dellequazione, ovvero un punto x0 ]a, b[ tale che
f (x0 ) = 0.
Quando un metodo numerico fornisce una stima di una radice `e necessario valutare lentit`a
dellerrore di stima. Pi`
u precisamente, dato un arbitrario > 0, si dir`a che x ]a, b[ `e
unapprossimazione di una radice di 15 con errore di stima inferiore a se `e soddisfatta
la disequazione
|
x | .
(16)
ovvero
x < + .
Verranno proposti tre metodi numerici iterativi per la ricerca degli zeri: il metodo di
bisezione, il metodo delle secanti e il metodo delle tangenti, o di Newton. Il primo richiede
la sola continuit`a della funzione f , mentre gli altri due necessitano di condizioni pi`
u forti
sulla regolarit`a della funzione f , permettendo per`o, a parit`a di errore di stima, una pi`
u
rapida convergenza.
17.1
Metodo di bisezione
Il metodo di bisezione si basa su una reiterata applicazione del teorema degli zeri in
intervalli via via pi`
u piccoli (pi`
u precisamente ciascuno con diametro met`a del precedente,
di qui il nome bisezione) i cui estremi forniscano stime per eccesso e per difetto sempre
pi`
u accurate di uno zero, fino al raggiungimento della precisione desiderata.
Il metodo richiede la semplice continuit`a di f , ipotesi che come si `e gi`a detto garantisce
lesistenza di almeno una radice dellequazione 15. Pi`
u precisamente, affinche sia garantita
la convergenza dellalgoritmo, si richiede:
[IB] f : [a, b] R
una funzione reale continua tale per cui f (a)f (b) < 0.
Si supponga che > 0 sia lerrore di approssimazione con cui si vuole calcolare una19
radice dellequazione.
19
133
a0 = a,
def
b0 = b,
def a0 + b0
x0 =
,
2
I0 = [a0 , b0 ].
Se (b0 a0 ) < 2 unapprossimazione che soddisfa le richieste `e il punto medio x0
dellintervallo iniziale, e in questo caso fortunato lalgoritmo termina al passo k = 0.
Se b0 a0 2 si itera il seguente algoritmo fino allottenimento dellerrore di
approssimazione voluto:
se f (xk1 ) = 0: il punto xk1 `e una radice esatta e lalgoritmo termina
def
restituendo lapprossimazione x = xk1 ;
se f (xk1 )f (ak1 ) < 0: si pone
def
ak = ak1 ,
def
bk = xk1 ,
def ak + bk
xk =
,
2
Ik = [ak , bk ];
se f (xk1 )f (ak1 ) > 0: si pone
def
ak = xk1 ,
def
bk = bk1 ,
def ak + bk
xk =
,
2
Ik = [ak , bk ].
In figura 39 `e riportato uno schema che esemplifica alcune iterazioni successive dellalgoritmo. Si noti che in ciascuno degli intervalli Ik sono soddisfatte le ipotesi del teorema
degli zeri, pertanto in ciascuno di essi esister`a una radice tale che k : Ik .
134
y=f(x)
y(b)>0
b
x
y(a)<0
x0
x1
x2
I0
I1
I2
dk = bk ak =
ba
,
2k
ba
dk
= k+1 .
2
2
(17)
17.2
135
f (x0 ) f (b)
(b x0 )f (x0 ) + f (x0 ),
x0 b
b x0
f (x0 ).
f (b) f (x0 )
Per semplicit`
a qui si considera solo il caso di funzione convessa, ma `e evidente che se f fosse concava
si potrebbe applicare ugualmente il metodo alla funzione f
136
y=f(x)
y(b)>0
x0
x1 x2
b
x
y(a)<0
(18)
(19)
si pu`o quindi definire per ricorsione una successione di punti (xn )n . Questa per costruzione `e monotona crescente e limitata superiormente da , pertanto ammette limite che
indichiamo con x.
Passando al limite nellequazione 21, tenuto conto che per ipotesi f `e continua, si ottiene
x = x
b x
f (
x),
f (b) f (
x)
n+
Per la stima dellerrore del metodo delle secanti si rimanda alle considerazioni conclusive
della sezione successiva che `e dedicata al metodo delle tangenti.
17.3
137
Il metodo delle tangenti si applica nelle stesse condizioni del metodo delle secanti, ovvero
nellipotesi che:
[IT] f : [a, b] R una funzione reale convessa, continua con derivata seconda
continua in ]a, b[ e tale per cui f (a) < 0 e f (b) > 0.
Si descrive ora lalgoritmo per la costruzione di unapprossimazione per eccesso dellunica21
soluzione dellequazione f (x) = 0.
Sia x0 una qualunque approssimazione per eccesso di , ovvero tale che f (x0 ) > 0, e si
consideri la tangente al grafico di f nel punto (x0 , f (x0 )). Per convessit`a di f , questa
retta tangente deve stare sotto il grafico f e tagliare lasse delle x in un punto di ascissa
x1 tale che < x1 < x0 . Inoltre, dato che lequazione della tangente `e
y = f 0 (x0 )(x x0 ) + f (x0 ),
si pu`o scrivere
f (x0 )
.
f 0 (x0 )
Il punto x1 cos` costruito `e ancora unapprossimazione per eccesso di , e il procedimento
appena descritto pu`o essere reiterato per ottenere approssimazioni pi`
u accurate. Nella
figura 41 `e riportata unesemplificazione del procedimento.
Mediante le seguenti equazioni
x1 = x0
(20)
(21)
si pu`o quindi definire per ricorsione una successione di punti (xn )n . Questa successione `e
monotona decrescente e limitata inferiormente da , pertanto ammette limite x. Passando
al limite nellequazione 21, tenuto conto che per ipotesi f e f 0 sono continue, si ottiene
x = x
f (
x)
,
0
f (
x)
n+
La dimostrazione dellesistenza ed unicit`a della radice `e svolta nella sezione sul metodo delle secanti.
y(b)>0
y=f(x)
a
y(a)<0
b
x2 x1
x0
139
Vengono riportate in questa appendice le dimostrazioni dei principali risultati sulle funzioni continue definite su intervalli e su insiemi compatti.
A.1
Teorema 108 Una funzione continua di variabile reale a valori reali manda intervalli in
intervalli.
Dim. Sia f : I R una funzione continua su I intervallo della retta reale. Occorre
provare che linsieme f (I) = {f (x) R | x I } `e un intervallo. Si procede per assurdo
nel seguente modo. Si supponga che f (I) non sia un intervallo.
y
Esisteranno
pertanto
due
immagini
f (x1 ), f (x2 ) f (I) e un terzo punto non
appartenente allimmagine di f che vi cade
y=f(x)
in mezzo, cio`e tale che f (x1 ) < < f (x2 );
f(x )
2
la situazione `e rappresentata nella figura ac
canto. Inoltre, si pu`o supporre senza perdita
f(x1)
di generalit`a che sia x1 < x2 . Definiamo ora
i seguenti insiemi
def
A = {x [x1 , x2 ] | f (x) },
I
x1
def
B = {x [x1 , x2 ] | f (x) }.
x2
` immediato costatare che A e B sono non vuoti, disgiunti (dato che non `e elemento
E
dellimmagine f (I)) e A B = {x [x1 , x2 ] | f (x) o f (x) } = [x1 , x2 ]. Sia ora
def
w = sup A.
Tale punto w appartiene necessariamente allintervallo chiuso [x1 , x2 ] pertanto sar`a elemento di A o elemento di B. Se si supponga che w A, e quindi sia il massimo elemento
di A, ne consegue che nellintervallo considerato ogni x maggiore di w dovr`a appartenere
a B, pertanto B conterr`a lintervallo ]w , x2 ]. Infatti, se cos` non fosse dovrebbe esistere
a A con a > w, in contraddizione col fatto che w `e una limitazione superiore di A.
Ricordando la definizione di B, per x ]w , x2 ] si ha f (x) , quindi, passando al limite
di f (x) per x w+ , che esiste e coincide con f (w) essendo f continua, si ottiene
f (w) = lim+ f (x) .
xw
Da ci`o segue per`o che w `e elemento di B, in contrasto con il fatto che A e B sono
disgiunti. Viceversa, se si suppone che w sia elemento di B, con un analogo ragionamento
si prova che se x [x1 , w[ segue f (x) . Considerando questa volta il limite di f (x) per
140
def
a = sup A,
def
b = inf B.
x
x
A.2
141
(22)
|x x| < dn = 2 = ,
2
ma tra gli elementi di In ve ne sono infiniti che appartengono a X, pertanto ve n`e almeno
uno diverso da x che soddisfa la disequazione 22, come volevasi dimostrare.
Per rendere pi`
u comprensibile la dimostrazione del teorema di Weierstrass `e conveniente
introdurre il concetto di sottosuccessione di una data successione, quindi un piccolo e utile
lemma.
Definizione 48 Data una successione {xn }n e una funzione crescente k 7 nk da N in
N, si dice sottosuccessione di (o successione estratta da) {xn }n la successione k 7 xnk ,
che viene indicata in simboli con {xnk }k .
1
k+1
e n > nk1 .
Viene lasciata al lettore volenteroso la facile dimostrazione che, essendo x di accumulazione, la successione k 7 nk `e crescente, con la propriet`a che xnk converge a x come richiesto
dallenunciato.
142
1
n
(23)
E evidente che negando luniforme continuit`a di f si pu`o scegliere a piacimento tra i reali positivi,
in particolare anche nella forma n1 , che risulta particolarmente utile per estrarre delle successioni di punti
in D a cui applicare il teorema di Bolzano-Weierstrass.
143
In virt`
u della compattezza di D dalla due successioni possono essere estratte due sottosuccessioni convergenti in D che indichiamo con: xnk e ynk . Queste dovranno necessariamente
convergere ad un medesimo valore limite x0 D, poiche |xnk ynk | n1k . Per continuit`a
di f in x0 , si pu`o determinare un k sufficientemente grande affinche per ogni k > k si
abbia
|f (xnk ) f (
x)| < /2 e |f (ynk ) f (
x)| < /2,
da cui segue
|f (xnk ) f (ynk )| = |f (xnk ) f (
x) f (ynk ) + f (
x)|
|f (xnk ) f (
x)| + |f (ynk ) f (
x)| < /2 + /2 = ,
in contraddizione con leq. 23. Ci`o prova luniforme continuit`a di f .
145
P1
y=f(x)
Q
f(x1)+ f(x2)
f(x2)
f( x + x )
1
2
x2
x1+ x2
La convessit`a di una funzione pu`o essere ricondotta alla monotonia del suo rapporto
incrementale. Vale infatti:
Teorema 115 Sia f funzione reale su un intervallo I. Si ha che f `e convessa se e solo
se il rapporto incrementale a partire da un qualunque punto x0 I, negli intervalli in cui
I viene diviso da x0 risulta una funzione debolmente crescente.
Dim. Sia x0 I e si indichi con J uno dei due intervalli in cui I viene diviso da x0 .
Senza perdita di generalit`a si pu`o supporre che J sia lintervallo dei due avente x0 come
estremo inferiore; infatti la funzione x 7 f (x) ha epigrafico simmetrico rispetto allasse
146
y rispetto a quello di f , per cui luno `e convesso se e solo se `e convesso laltro. La funzione
rapporto incrementale R `e definita ponendo per ogni x J
def
R(x) =
f (x) f (x0 )
.
x x0
Si supponga per assurdo che R(x) non sia debolmente crescente, cio`e `e vero se e solo se
esistono due punti x1 < x2 I tali che R(x1 ) > R(x2 ), disequazione che pu`o scriversi
anche
f (x1 ) f (x0 )
f (x2 ) f (x0 )
>
.
x 1 x0
x2 x0
Sia ora
x1 x0
=
,
x2 x0
con tale posizione, dalla precedente disequazione, moltiplicando per (x2 x0 ) > 0 i suoi
membri, si ottiene equivalentemente
f (x1 ) f (x0 ) > (f (x2 ) f (x0 )),
cui corrisponde
f (x2 ) + (1 )f (x0 ) < f (x1 ).
Posto = 1 , e osservato che x1 = x0 + x2 , la precedente equivale a
f (x2 ) + f (x0 ) < f (x0 + x2 ),
in contraddizione con la caratterizzazione di convessit`a trovata nella proposizione 114.
Evidentemente tutte le implicazioni del ragionamento valgono anche in senso inverso,
pertanto si `e cos` dimostrato il teorema.
Dal precedente teorema, nel caso in cui f `e derivabile, si ottiene la seguente utilissima
caratterizzazione della convessit`a:
Teorema 116 Sia f funzione reale derivabile su un intervallo aperto I. Si ha che f `e
convessa se e solo se la derivata f 0 `e una funzione debolmente crescente.
Dim. Sia I =]a, b[ intervallo aperto eventualmente illimitato. Per ogni punto x0 I si
indichi con Rx0 il rapporto incrementale a partire da x0 . Dato che f `e derivabile, ogni
rapporto incrementale Rx0 pu`o essere esteso per continuit`a in x0 assegnandogli il valore
f 0 (x0 ). In tal caso, dal teorema precedente si deduce che f `e convessa se e solo se, per
ogni fissato x0 I, il rapporto incrementale (esteso per continuit`a in x0 ) Rx0 `e continuo
e debolmente crescente su tutto I.
Si supponga ora che f sia convessa. Se x1 , x2 sono due punti qualunque di I tali che
x1 < x2 , occorre dimostrare che f 0 (x1 ) f 0 (x2 ). Siano ora z, w tali che x1 < z < w < x2 .
147
Dalla monotonia dei rapporti incrementali, e dal fatto che se x 6= y si ha Rx (y) = Ry (x),
si ottengono le le relazioni
Rx1 (z) = Rz (x1 ) Rz (z) Rw (z) = Rz (w) Rz (x2 ) = Rx2 (w),
dalle quali si ha
Rx1 (z) Rx2 (w).
Rx0 (x1 ) =
f (x1 ) f (x0 )
= f 0 ()
x1 x0
f (x2 ) f (x0 )
= f 0 ().
x2 x0
149
Dim. Si lascia al volenteroso lettore la semplice prova che la propriet`a di linearit`a vale
per le funzioni a scalino, ovvero che
(u + w) = (u) + (w),
per ogni coppia di funzioni a scalino u e w a supporto in [a, b].
R
Verr`a dimostrato innanzitutto che se f `e integrabile allora anche f `e integrabile e f =
R
` facile
f . Senza perdita di generalit`a ci si pu`o limitare al caso in cui > 0. E
f.
e f + g u + w = s ,
150
g (w ),
(w )
che equivale a
Z
Z
f
g,
a
Dim. La dimostrazione del fatto che |f | sia integrabile `e piuttosto macchinosa e qui, per
semplicit`a, se ne omettono i dettagli. Lidea generale `e la seguente. Date due funzioni
definite in I con g h e g h si considerino le funzione definite ponendo
def
def
151
|f |,
a
cio`e
Z
f
|f |
Z b Z b
f
|f |,
a
152
Dim. Si dimostrer`a innanzitutto che (c, d) f `e integrabile su [a, b]. Sia un arbitrario
reale positivo, per lintegrabilit`a di f esisteranno due funzioni a scalino e sigma tali
che f e |( ) ( )| < . Si osservi che le restrizioni di funzioni a scalino
sono ancora funzioni a scalino, pertanto
= (c, d) ,
= (c, d) risultano funzioni
a scalino con supporto in (c, d) tali che
(c, d) f
, inoltre sussistono le seguenti
disuguaglianze
|(
) (
)| |( ) ( )| < ,
che provano lintegrabilit`a di (c, d) f . La seconda parte della tesi `e semplice e viene lasciata
al lettore volenteroso.
Teorema 122 (Addittivit`
a dellintegrale definito) Sia f integrabile su [a, b], e sia
c un punto interno allintervallo. Allora f risulta integrabile sui sottointervalli [a, c] e
[c, b] e vale la seguente relazione
Z
f.
f+
f=
a
153
Definizione 49 Dato un intervallo I = [a, b], una qualunque sequenza di intervalli non
vuoti I1 , . . . , In , eventualmente degeneri, a due a due disgiunti e tali che
n
[
Ik = I,
k=1
k=1
Ik
che, in virt`
u della proposizione 121, pu`o scriversi anche
Z b
Z c
Z b
f=
f+
f.
a
D FORMULARIO
D
D.1
155
Formulario
Propriet`
a di esponenziali e logaritmi
a0 = 1,
2.
ax ay = ax+y ,
3.
(ax )y = axy ,
4.
ax bx = (ab)x ,
5.
ax = 1/ax = (1/a)x ,
6.
(a/b)x = ax /bx .
+
Per ogni coppia di basi a, b R+
0 r {1}, e di argomenti x, y R valgono le seguenti
propriet`a
1.
loga 1 = 0,
2.
3.
x
loga x loga y = loga ,
y
4.
k loga x = loga xk
5.
loga x =
D.2
per ogni k R,
loga x
.
loga b
Formule trigonometriche
Teoremi fondamentali
sen 2 x + cos2 x = 1,
tg x =
senx
,
cos x
ctg x =
cos x
.
senx
Archi associati
Angoli opposti
Angoli supplementari
Angoli antisupplementari
sen() = sen
cos() = cos
tg () = tg
sen( ) = sen
cos( ) = cos
tg ( ) = tg
sen( + ) = sen()
cos( + ) = cos()
tg ( + ) = tg ()
D FORMULARIO
156
tg + tg
1 tg tg
tg ( ) =
tg tg
1 + tg tg
sen
cos2
tg (2) =
2 tg +
1 tg 2
tg
2
2
2
1 cos
2
1 + cos
2
sen
1 cos
=
1 + cos
sen
Formule di prostaferesi
+
cos
2
2
+
+
sen
cos cos = 2 sen
2
2
sen + sen = 2 sen
Formule parametriche
, per ogni 6= k si ha
Posto t = tg
2
2t
1 t2
sen =
,
cos
=
,
1 + t2
1 + t2
D.3
tg =
2t
.
1 t2
a
b
c
=
=
= 2Rc ,
sen
sen
sen
ove Rc `e il raggio della circonferenza
circoscritta al triangolo.
D FORMULARIO
157
D FORMULARIO
D.4
Limiti fondamentali
lim
x0
senx
=1
x
1 cos x
=0
x0
x
lim
lim
x0
arcsen x
=1
x
x
1
lim 1 +
= e,
x
x
ln(x + 1)
= 1,
x0
x
x
a
lim 1 +
= ax ,
x
x
lim
lim
x0
tg x
=1
x
1 cos x
1
=
2
x0
x
2
lim
lim
x0
arctg x
=1
x
x1
lim 1 + x
= e,
x0
ex 1
= 1,
x0
x
lim
ax 1
= ln a,
x0
x
lim
x0
ln x
= 0 (c > 0),
x+ xc
ex
= + (c),
x+ xc
lim
lim xc ex = 0 (c).
158
D FORMULARIO
D.5
159
Calcolo differenziale
Derivate elementari
Regole di derivazione
Dk = 0,
Dxa = axa1 ,
D senx = cos x,
D cos x = senx,
D tg x =
1
= 1 + tg 2 x,
cos2 x
D ctg x =
D loga x =
1
= 1 ctg 2 x,
2
sen x
1
,
x ln a
D arcsen x =
1
,
1 x2
D arccos x =
1
,
1 x2
1
,
1 + x2
D arcctg x =
f 0 (x)
,
f (x)
Dax = ax ln a,
D arctg x =
1
,
1 + x2
D FORMULARIO
D.6
160
Calcolo integrale
Integrali elementari
xc+1
+k
x dx =
c+1
c
Z
(c 6= 1),
Z
senx dx = cos x + k,
1
dx = tg x + k,
cos2 x
cos x dx = senx + k,
Z
ctg x dx = ln | senx| + k,
Z
e dx = e + k,
Z
1
dx = ctg x + k,
sen 2 x
Z
tg x dx = ln | cos x| + k,
1
dx = ln |x| + k,
x
dx = arcsen x + k,
1 x2
Z
1
x
2
a2 x2 dx =
a arcsen
+ x a2 x2 + k,
2
|a|
Z
1
1
x
dx = arctg + k,
2
2
a
a
a +x
Z
x
1
dx
=
ln
tg
+ k,
sen 2 x
2
Z
1
sen 2 x dx = (x senx cos x) + k,
2
ax dx =
a2
ax
+ k,
ln a
x
1
dx = arcsen
+k
2
|a|
x
1
dx = arctg x + k,
1 + x2
1
dx = ln |x + x2 a2 | + k
x 2 a2
x
1
dx
=
ln
+
tg
+k
cos2 x
2 4
1
cos2 x dx = (x + senx cos x) + k.
2
D FORMULARIO
161
Regole dintegrazione
Z
Z
kf (x) dx = k
f (x) dx,
Z
(f (x) + g(x)) dx =
f (x)f 0 (x) dx =
Z
f (x) dx +
f +1 (x)
+k
+1
f 0 (x)
dx = ln |f (x)| + k,
f (x)
con 6= 1,
Z
u(x) dv(x) = u(x)v(x)
g(x) dx,
v(x) du(x),
ove
f (x) dx = F (x) + k