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Politecnico di Milano
Corso di Analisi e Geometria 1
Federico Lastaria
federico.lastaria@polimi.it
Indice
1 Derivate 4
1.1 Definizione di derivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2 Differenziabilità e derivabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Derivabilità implica continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.4 Riassunto di modi equivalenti di definire le funzioni derivabili . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.4.1 Derivata come limite del rapporto incrementale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.4.2 Funzione differenziabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.4.3 Formulazione di Weierstrass . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.4.4 Formulazione di Carathéodory . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Pag. 1
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
6 Formule di Taylor 47
6.1 Il polinomio di Taylor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
k
6.2 Funzioni di classe C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
6.3 Studio locale. Formula di Taylor con il resto nella forma di Peano . . . . . . . . . . . . . . 49
6.3.1 Alcune importanti approssimazioni locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
6.4 Studio su un intervallo. Formula di Taylor con il resto nella forma di Lagrange . . . . . . 51
6.4.1 Un’applicazione: stima dell’errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
6.5 Complementi: Prime nozioni sulle funzioni sviluppabili in serie di potenze. . . . . . . . . . 54
7 Funzioni convesse 58
7.1 Interpretazione del segno della derivata seconda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
Pag. 2
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
9 Soluzioni 66
Pag. 3
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
1 Derivate
f (x) − f (x0 )
x 7−→ (1.1)
x − x0
che risulta definita in I \ {x0 }.
f
Definizione 1.1 (Derivata come limite del rapporto incrementale. Cauchy, 1821). Sia I −→ R una
funzione definita su un intervallo aperto I ⊂ R e sia x0 in I. Si dice che f è derivabile in x0 se esiste il
limite
f (x) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim (1.2)
x→x0 x − x0
Il valore f 0 (x0 ) di questo limite si chiama la derivata di f nel punto x0 .
Posto x − x0 = h, tale limite si scrive nella forma equivalente
f (x0 + h) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim (1.3)
h→0 h
La definizione di derivata si può estendere al caso in cui il punto x0 sia il primo o il seondo estremo di un
intervallo. Supponiamo che la funzione f , a valori reali, sia definita su un intervallo chiuso [a, b]. Diremo
che f è derivabile a destra nel punto x0 = a, se esiste (si intende finito) il limite del rapporto incrementale
quando x tende al punto x0 da destra, cioè quando esiste finito il
f (x) − f (x0 )
lim (1.4)
x→x+
0
x − x0
f+0 (x0 )
In modo analogo, una funzione reale f , definita su un intervallo [a, b], si dice derivabile in x0 = b se esiste
il limite
f (x) − f (x0 )
lim (1.5)
x→x0− x − x0
Pag. 4
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
f−0 (x0 )
Ricordiamo che la richiesta che il resto in (1.7) sia un o(h), per h → 0, significa, per definizione di
o(h), che
f (x0 + h) − f (x0 ) − ah
lim =0
h→0 h
f
Per una funzioni reale di una variabile reale I −→ R, definita su un intorno I di x0 ∈ R, le due
condizioni di essere derivabile in x0 (nel senso usuale dell’esistenza del limite del rapporto incrementale)
e di essere differenziabile in x0 sono equivalenti:
Pag. 5
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Teorema 1.3 (Derivabilità implica differenziabilità). Se una funzione f è derivabile in x0 , con derivata
f 0 (x0 ), allora f è differenziabile in x0 . Precisamente, vale:
Dimostrazione. Bisogna dimostrare che f (x0 + h) − f (x0 ) − f 0 (x0 ) h è o(h), per h → 0. Infatti:
Q.E.D.
Esercizio 1.5. Dall’uguaglianza (x + h)3 = x3 + 3x2 h + 3xh2 + h3 dedurre che la derivata della
funzione x3 è 3x2 .
Pag. 6
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Q.E.D.
f
Definizione 1.7 (Cauchy, 1821). Sia I −→ R una funzione definita su un intervallo aperto I ⊂ R e sia
x0 in I. Si dice che f è derivabile in x0 se esiste (finito) il limite
f (x) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim (1.10)
x→x0 x − x0
f (x0 + h) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim (1.11)
h→0 h
Pag. 7
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f
Definizione 1.8 (Funzione differenziabile, con la notazione dell’o-piccolo). Una funzione I −→ R,
definita in un intorno I del punto x0 , si dice differenziabile in x0 ∈ R se esiste un numero f 0 (x0 ) ∈ R
per il quale valga l’uguaglianza
Una piccola variante di questa formulazione consiste nello scrivere il resto nella forma h α(h), dove
lim α(h) = 0.
h→0
f
Definizione 1.9. Una funzione I −→ R, definita in un intorno I del punto x0 , si dice differenziabile in
x0 ∈ R, con derivata f 0 (x0 ), se si può scrivere
L’uguaglianza (1.13) determina il valore1 di α(h), se h 6= 0. Se definiamo α(h) anche per h = 0 ponendo
α(0) = 0, la funzione α risulta continua in 0.
f
Definizione 1.10 (Weierstrass, 1861). Una funzione I −→ R, definita in un intorno I del punto x0 , si
dice differenziabile in x0 ∈ R se esiste un numero f 0 (x0 ) ∈ R e se esiste una funzione r(x), continua in
x0 e soddisfacente r(x0 ) = 0, che soddisfino
Si vede subito che questa condizione è equivalente alla condizione (1.13), dove la funzione α(h) è
continua in h = 0 e α(0) = 0. Ovviamente, per passare dalla formulazione (1.13) alla (1.14) basta porre
h = x − x0 e α(h) = α(x − x0 ) = r(x).
Pag. 8
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Definizione 1.11 (Carathéodory, 1950). Una funzione f , definita su un intervallo aperto U ⊂ R, si dice
differenziabile nel punto x0 ∈ U se esiste una funzione ϕx0 (x) che è continua in x0 e per la quale si ha,
per ogni x ∈ U ,
f (x) = f (x0 ) + ϕx0 (x)(x − x0 ) (1.15)
Il valore che la funzione ϕx0 (x) assume nel punto x0 è la derivata f 0 (x0 ) di f in x0 .
f (x) − f (x0 )
ϕx0 (x0 ) = lim ϕx0 (x) = lim
x→x0 x→x0 x − x0
Teorema 2.1 (Derivata della somma). Siano f e g funzioni a valori reali, definite su un intorno del
punto x0 e entrambe derivabili in x0 . Allora la funzione f + g è derivabile in x0 e si ha
Pag. 9
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Date due funzioni f e g, a valori reali, il loro prodotto f · g (oppure f g) è la funzione definita da
Teorema 2.2 (Derivata del prodotto. Regola di Leibniz). Siano f (x) e g(x) funzioni a valori reali,
definite su un intorno del punto x0 e entrambe derivabili in x0 . Allora la funzione prodotto f (x)g(x) è
derivabile in x0 e
(f · g)0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ) (2.2)
Prima dimostrazione. Scriviamo il rapporto incrementale della funzione prodotto f · g. Notiamo che
vale l’identità
f (x)g(x) − f (x0 )g(x0 ) g(x) − g(x0 ) f (x) − f (x0 )
= f (x) + g(x0 )
x − x0 x − x0 x − x0
che si ottiene con il trucco di sommare e sottrarre a secondo membro il termine f (x)g(x0 ). Quando x
g(x) − g(x0 )
tende a x0 , il termine f (x) tende a f (x0 ) (per la continuità di f in x0 ), il rapporto tende a
x − x0
f (x) − f (x0 )
g 0 (x0 ) e il rapporto tende a f 0 (x0 ). Quindi il limite del secondo membro, quando x tende
x − x0
a x0 , esiste ed è uguale a
f (x0 )g 0 (x0 ) + f 0 (x0 )g(x0 )
Dunque la regola 2.2 è dimostrata.
Scriviamo per semplicità p(x) = f (x)g(x). Allora p(x0 + h) = f (x0 + h)g(x0 + h) si scrive nel modo
seguente:
+ (f (x0 ) + g(x0 ))o(h) + f 0 (x0 )g 0 (x0 )h2 + f 0 (x0 )ho(h) + g 0 (x0 )ho(h) + o(h)o(h)
| {z }
Tutto questo termine, chiamiamolo R(h), è un o(h)
Il resto R(h) è un o(h), in quanto somma di cinque termini, ciascuno dei quali è un o(h). Infatti, basta
notare quanto segue: una costante per un o(h) è un o(h); h2 è un o(h); ho(h) è un o(h); e o(h)o(h) è
Pag. 10
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
un o(h). Queste ultime affermazioni sono tutte ovvie. In definitiva abbiamo scritto il prodotto p(x0 + h)
come:
p(x0 + h) = p(x0 ) + f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ) h + o(h)
(2.3)
Allora possiamo concludere che il prodotto p(x) è differenziabile in x0 e che la sua derivata in x0 vale
proprio
p0 (x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 )
Q.E.D.
Teorema 2.3 (Derivata della funzione composta).3 Se è definita la funzione composta g ◦f , f è derivabile
in x0 e g è derivabile in y0 = f (x0 ), allora g ◦ f è derivabile in x0 e si ha
dove la quantità k tende a zero quando h tende a zero. Similmente, l’ipotesi che g sia derivabile in
y0 = f (x0 ) si scrive
g(y0 + k) − g(y0 ) = g 0 (y0 ) · k + β(k) · k (2.7)
dove β(k) → 0 quando k → 0. Scriviamo ora il rapporto incrementale di g ◦ f :
1 1
g(f (x0 + h)) − g(f (x0 )) = g(f (x0 ) + k) − g(f (x0 )) (per la 2.6)
h h
1
= g(y0 + k) − g(y0 )
h
1 0
= g (y0 ) · k + β(k) · k (per la 2.7)
h
k k
= g 0 (y0 ) · + β(k) ·
h h
f (x0 + h) − f (x0 ) f (x0 + h) − f (x0 )
= g 0 (y0 ) · + β(k) ·
h h
f (x0 + h) − f (x0 )
Quando h tende a zero, il termine g 0 (y0 ) · tende a g 0 (y0 ) · f 0 (x0 ), mentre il termine
h
f (x0 + h) − f (x0 )
β(k) · (prodotto di una quantità che tende a zero per una che tende a un limite finito)
h
tende a zero. La formula 2.7 è quindi dimostrata. Q.E.D.
3
Questa regola è chiamata chain rule (regola della catena) in inglese.
Pag. 11
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
La formulazione à la Carathéodory si presta bene a dimostrare la regola della catena per la derivata della
funzione composta.
Dimostrazione. Dal momento che f è derivabile in x0 , esiste una funzione ϕ continua in x0 , per la quale
vale
f (x) − f (x0 ) = ϕ(x)(x − x0 ) (2.9)
Si ha ϕ(x0 ) = f 0 (x0 ). Analogamente, esiste una funzione ψ continua in y0 = f (x0 ), per la quale vale
La funzione ω(x) = ψ(f (x)) ϕ(x) è continua in x0 (perché prodotto di funzioni continue). Quindi
g(f (x)) è derivabile (secondo Carathéodory) e
(g ◦ f )0 (x0 ) = ω(x0 )
= ψ(f (x0 )) ϕ(x0 )
= ψ(y0 ) ϕ(x0 )
= g 0 (y0 ) · f 0 (x0 )
Teorema 2.5 (Derivata della funzione inversa). Sia f una funzione reale definita su un intervallo I e
invertibile. Supponiamo f derivabile in un punto x0 ∈ I e f 0 (x0 ) 6= 0. Allora la funzione inversa f −1 è
derivabile nel punto y0 = f (x0 ) e si ha
1
(f −1 )0 (y0 ) = (2.11)
f 0 (x 0)
Pag. 12
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
f −1 (y) − f −1 (y0 ) x − x0 1
= =
y − y0 f (x) − f (x0 ) f (x) − f (x0 ) /(x − x0 )
Ora si ricordi che se una funzione f è continua su un intervallo e continua, anche la sua inversa f −1 è
1
continua. Quindi, se y tende a y0 , x tende a x0 , e allora il limite a secondo membro tende a 0 .
f (x0 )
Q.E.D.
1
2.5 Derivata della funzione reciproca
f
Teorema 2.6 (Derivata della funzione reciproca). Sia f una funzione reale definita in un intorno di un
punto x (fissato) in R, derivabile in x e diversa da zero in x. Allora la funzione 1/f è derivabile in x e
si ha:
1 f 0 (x)
D = − 2 (2.12)
f (x) f (x)
Osserviamo anzitutto che f , per ipotesi derivabile nel punto x, deve essere continua in x. Quindi,
essendo f (x) 6= 0, la funzione f si mantiene diversa da zero in tutto un intorno di x. (Ad esempio, se
f (x) > 0, esiste un intorno di x in cui f è positiva). Ne segue che la funzione 1/f è definita in un intorno
di x, (perché il denominatore in quell’intorno si mantiene diverso da zero).
1
Quando h tende a zero, il termine · (f (x) − f (x + h)) tende a −f 0 (x), mentre il denominatore tende a
h
f 0 (x)
f (x)2 . Quindi il rapporto incrementale tende a − 2 . Q.E.D.
f (x)
Teorema 2.7 (Derivata del quoziente). Siano f (x) e g(x) due funzioni derivabili, con g(x) 6= 0. Allora
il rapporto f (x)/g(x) è derivabile e si ha:
f (x) 1
Dimostrazione. Basta notare che = f (x) · e usare la regola di Leibniz del prodotto e la regola
g(x) g(x)
Pag. 13
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
2.13:
f (x) 1
D = D f (x) ·
g(x) g(x)
1 1
= f 0 (x) · + f (x) · D
g(x) g(x)
1 g 0 (x)
= f 0 (x) · − f (x) ·
g(x) [g(x)]2
f 0 (x)g(x) − f (x)g 0 (x)
= 2
g(x)
2.7 Derivata di xn , n ∈ N
Quando h tende a zero, l’espressione contenuta nell’ultima parentesi quadra tende a nxn−1 . Q.E.D.
La derivata di xn , n intero positivo, si può anche calcolare in un altro modo. Supponiamo di avere già
verificato che Dx = 1. Allora, per la regola di Leibniz,
Dx2 = D(x · x)
= (Dx) · x + x · (Dx)
= 1 · x + x · 1 = 2x
Dxn = D(x · · · x)
= (Dx) · x · · · x + x · (Dx) · · · x + · · · + x · x · · · x · (Dx)
= 1 · x···x + x · 1 · x···x + ··· + x · x···1 =
= xn−1 + xn−1 + · · · + xn−1 = nxn−1
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Ricordiamo alcuni fatti che riguardano la costante e di Napier. La ragione per cui si preferisce scegliere
il numero e come base per la funzione esponenziale e come base per la funzione logaritmo sta nel fatto
che, con tale scelta, si ha, come vedremo più avanti,
1
Dex = ex , D ln(x) =
x
(In genere, useremo il simbolo ln per denotare il logaritmo “naturale”, ossia in base e. Se necessario per
evitare equivoci, scriveremo anche loge ). Se invece si sceglie una base a qualunque (purché positiva e
diversa da 1), dimostreremo che valgono le regole di derivazione più complicate:
1
Dax = ax · ln a, D loga (x) = · loga e
x
Ricordiamo anzitutto che abbiamo definito il numero e come il limite della successione (1 + 1/n)n :
1 n
e = lim 1+ (2.15)
n→+∞ n
Insistiamo sul fatto che l’uguaglianza appena scritta non è un teorema, ma una definizione. Più precisa-
mente, si dimostra che la successione (1 + 1/n)n è crescente e limitata; quindi, per la completezza di R,
converge a un numero reale. Tale numero reale, per definizione, è chiamato e. Nel prossimo paragrafo,
dimostriamo che si ha anche:
1 x
lim 1+ =e (2.16)
x→+∞ x
e
1 x
lim 1+ =e (2.17)
x→−∞ x
Dimostriamo che x
1
lim 1+ =e (2.18)
x→+∞ x
Per ricondurci alle successioni, partiamo dalla doppia disuguaglianza
[x] x
1 [x]+1
1 1
1+ < 1+ < 1+ (2.19)
[x] + 1 x [x]
dove [x] denota la parte intera di x, cioè il più grande numero intero che non supera x. (Ad esempio,
1
[2.13] = 2, [−1.5] = −2). Per dimostrare le due disuguaglianze (2.19), si noti che la base 1 + e
[x] + 1
1
l’esponente [x] sono rispettivamente minori della base 1 + e dell’esponente x, che a loro volta sono
x
1
minori della base 1 + e dell’esponente [x] + 1.
[x]
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Se scriviamo [x] = n, il primo e il terzo termine delle disuguaglianze (2.19) si scrivono rispettivamente
n+1
1
1
n 1 + n+1
1+ = (2.20)
n+1 1+ 1 n+1
e
1 n+1 1 n
1
1+ = 1+ 1+ (2.21)
n n n
ed è quindi ovvio che tendano entrambe al numero e. Poiché, al tendere di x a +∞, anche n = [x] tende
a +∞, si deduce la (2.18).
Dimostriamo ora che anche x
1
lim 1+ =e (2.22)
x→−∞ x
A questo scopo, operiamo il cambio di variabili t = −x, e facciamo tendere t a +∞. Avremo:
1 x
(−t)
t − 1 (−t)
t−1
1 1 1
1+ = 1+ = = 1+ 1+ (2.23)
x (−t) t t−1 t−1
t−1
1 1
Al tendere di t a +∞, il termine 1 + tende a e, mentre 1 + tende a 1. Abbiamo
t−1 t−1
allora provato la tesi.
Dai limiti (2.16) e (2.16) segue subito, ponendo 1/x = y, che
1
lim 1 + y y = e (2.24)
y→0
Dimostrazione.
loga (1 + y) 1
(Proprietà dei logaritmi: loga bc = c loga b).
lim = lim loga (1 + y) y
y→0 y y→0
1
= loga lim (1 + y) y (Perché la funzione loga è continua).
y→0
= loga e (Per il limite 2.24).
1 1
= (Proprietà dei logaritmi: loga b = ).
loge a logb a
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
1
(L’uguaglianza loga b = segue dall’ovvia equivalenza
logb a
aw = b ⇐⇒ a = b1/w
1
Infatti, per la definizione di logaritmo, tale equivalenza si legge: w = loga b se e solo se = logb a). In
w
particolare, se a = e, si ha loga e = loge e = 1, e quindi si ricava l’uguaglianza 2.26:
ln(1 + y)
lim =1 (2.27)
y→0 y
Q.E.D.
ax − 1
lim = loge a (2.28)
x→0 x
In particolare, se a = e, si ha
ex − 1
lim =1 (2.29)
x→0 x
Q.E.D.
Dimostrazione. Per mettere meglio in evidenza il ruolo del numero e, calcoliamo dapprima la derivata
Pag. 17
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
della funzione loga (x) con una base arbitraria (a 6= 1, a > 0):
loga (x + h) − loga (x) loga x(1 + h/x) − loga (x)
lim = lim
h→0 h h→0 h
loga (x) + loga (1 + h/x) − loga (x)
= lim
h→0 h
loga (1 + h/x)
= lim
h→0 h
1 loga (1 + h/x)
= lim
h→0 x h/x
1 loga (1 + h/x)
= · lim
x h→0 h/x
1 loga (1 + y)
= · lim (Si è posto h/x = y).
x y→0 y
1
· lim loga (1 + y)1/y
=
x y→0
1
· loga lim (1 + y)1/y
= (Per la continuità di loga ).
x y→0
lim (1 + y)1/y
y→0
Abbiamo già visto che tale limite esiste ed è chiamato e. Allora, dall’ultima uguaglianza scritta, segue la
tesi 2.31
1
D loga (x) = · loga e
x
Se poi scegliamo come base dei logaritmi proprio il numero a = e, si ha loga e = loge e = 1, e quindi
1
D loge (x) =
x
Q.E.D.
Dex = ex (2.32)
La derivata di ax è
Dax = ax · ln a (2.33)
Dimostrazione. Calcoliamo la derivata di ex , in un generico punto fissato x in R, come limite del rapporto
Pag. 18
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
incrementale:
ex+h − ex ex eh − ex
lim = lim
h→0 h h→0 h
e h−1
= lim ex
h→0 h
h
e −1
= ex lim
h→0 h
x
= e ·1 (Per il limite 2.29)
x
= e
Esattamente nello stesso modo, usando il limite 2.28, si dimostra che Dax = ax · loge a:
ax+h − ax ax ah − ax
lim = lim
h→0 h h→0 h
h
a −1
= lim ax
h→0 h
ah−1
= ax lim
h→0 h
= ax · loge a (Per il limite 2.28)
Naturalmente, si può dimostrare Dex = ex vedendo la funzione ex come l’inversa di ln(x) e usando il
teorema della derivazione della funzione inversa. Posto exp(x) = y, x = ln(y), si ha
1
(exp)0 (x) =
(ln)0 (y)
1
=
1/y
= y
= exp(x)
Q.E.D.
La funzione xα , con α numero reale arbitrario, è definita per x > 0. La sua derivata è α · xα−1 :
α)
Dimostrazione. Basta scrivere xα come eln(x e usare le regole di derivazione dell’esponenziale e della
Pag. 19
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
funzione composta:
α)
Dxα = Deln(x
= Deα ln(x)
1
= eα ln(x) · α ·
x
1
= xα · α ·
x
= αxα−1
Q.E.D.
Per calcolare la derivata di sin x dobbiamo ricordare che vale il seguente limite fondamentale:
sin x
lim =1 (2.35)
x→0 x
Da tale limite si ricava:
cos h − 1
lim =0 (2.36)
h→0 h
Infatti,
cos h − 1 (cos h − 1)(cos h + 1)
= =
h h(cos h + 1)
2
cos h − 1
=
h(cos h + 1)
sin2 h
= −
h(cos h + 1)
sin h sin h
= − ·
h cos h + 1
sin h sin h
che tende a zero, perché →1e → 0.
h cos h + 1
Teorema 2.14.
D sin x = cos x (2.37)
e
D cos x = − sin x (2.38)
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cos h − 1 sin h
Quando h tende a zero, tende a 0 e tende a 1. Quindi il rapporto incrementale tende a
h h
cos x.
Con un conto analogo, usando le formule di addizione del coseno, si dimostra che D cos x = sin x:
cos(x + h) − cos x 1
= · cos x cos h − sin x sin h − cos x
h h
cos h − 1 sin h
= cos x − sin x
h h
da cui segue che il limite del rapporto incrementale è − sin x. Oppure, si può osservare che
π
cos x = sin( − x)
2
e usare la regola della derivata di funzione composta:
π
D cos x = D sin( − x)
2
π
= (−1) · cos( − x)
2
= − sin x
Q.E.D.
(df )
Esempio. 1) Il differenziale di f (x) = ex nel punto x0 = 0 è la funzione lineare R −→0 R, che a ogni
h ∈ R associa (df )0 (h) = f 0 (0)h = 1.h = h.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Un problema cruciale è approssimare il valore f (x0 + h), per h piccolo, vicino a un punto x0 in cui
f sia derivabile. Vedremo che ci sono tante possibili approssimazioni di una funzione in un intorno di
un punto: approssimazioni al primo ordine, al secondo ordine, al terzo ordine eccetera, a seconda della
regolarità della funzione f . Con la derivata prima, possiamo definire l’approssimazione al primo ordine.
Sappiamo che si ha:
f (x0 + h) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) h + o(h) (2.41)
L’equazione della retta tangente al grafico di f (x) nel punto (x0 , f (x0 )) è
Dunque, dalla 2.43 segue che approssimare al primo ordine (o in modo lineare) una funzione f (x) in
un intorno di x0 significa confondere, vicino a x0 , il grafico di f (x) con la retta tangente nel punto di
coordinate (x0 , f (x0 )).
Ad esempio, l’approssimazione lineare di sin x vicino a x0 = 0 è x. Infatti, sappiamo che
sin x
lim =1
x→0 x
sin x
Questo significa che − 1 = α(x) è una funzione che tende a zero per x → 0. Dunque
x
sin x = x + x α(x), con lim α(x) = 0
x→0
Ricordando che sin 0 = 0, possiamo dedurre che la derivata di sin x in x0 = 0 è uguale a 1 e che
l’approssimazione lineare di sin x vicino a x0 = 0 è x. Interpretazione geometrica: vicino all’origine, il
grafico di sin x si confonde (al primo ordine) con la retta tangente (che è la bisettrice del primo e del
terzo quadrante).
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
(i.e. per mo) designetur, caeterorum v, y, z momenta per lo, no, ro designabuntur, siquidem
lo, mo, no e ro sunt inter se ut l, m, n e r.
Jam cum quantitatum fluentium (ut x et y) momenta (ut mo et no) sint additamenta
infinite parva quibus illae quantitates per singula temporis infinite parva intervalla augentur,
sequitur quod quantitates illae x et y post quodlibet infinite parvum temporis intervallum
futurae sunt x + mo et y + no”.
Isaac Newton, Tractatus de Methodis Serierum et Fluxionum, 1671. D.T. Whiteside, The
Mathematical Papers of Isaac Newton (Cambridge University Press), III, p. 79-81.
(I momenti delle quantità fluenti (vale a dire, le loro parti infinitamente piccole, per aggiunta delle
quali esse si accrescono in singoli spazi infinitamente piccoli di tempo), sono come le velocità di flusso.
Per questa ragione, se il momento di una qualunque di esse, diciamo x, è espressa dal prodotto della
sua velocità ẋ e di una quantità infinitamente piccola o (vale a dire, è espressa da ẋo), i momenti delle
altre, v, y, z[...], saranno espresse da v̇o, ẏo, żo, [...], in modo tale che v̇o, ẋo, ẏo, żo siano negli stessi
rapporti di v̇, ẋ, ẏ, ż.
Poiché i momenti (come ẋo, ẏo) delle quantità fluenti (come x e y) sono gli incrementi infinitamente
piccoli di cui queste quantità si accrescono in singoli intervalli di tempo infinitamente piccoli, ne segue
che dopo un intervallo di tempo infinitamente piccolo queste quantità diventeranno x + ẋo e y + ẏo).
Nel De Methodis Serierum et Fluxionum4 Newton esplicita che le quantità alle quali si applica il suo
metodo analitico sono quantità geometriche generate da un processo di flusso nel tempo.5 Ad esempio,
il movimento nel tempo di un punto genera una linea, e il movimento continuo di una linea genera una
superficie.
Nel linguaggio di Newton, le quantità generate dal flusso sono dette fluenti. Le velocità istantanee sono
dette flussioni e verranno indicate (ma solo dopo il 1690) con il punto: ẋ, ẏ eccetera. I momenti delle
quantità fluenti sono “le loro parti infinitamente piccole, per aggiunta delle quali esse si accrescono in sin-
goli spazi infinitamente piccoli di tempo”. I momenti sono denotati da Newton inizialmente con notazioni
poco pratiche e poco espressive: i momenti delle quantità fluenti x, v, y.. sono denotati6 rispettivamente
con mo, lo, no. (Si veda il testo latino). Dopo il 1690 questi momenti verranno denotati, rispettivamente,
con le notazioni più significative ẋo, ẋo, ẋo. Dunque, dopo un intervallo di tempo infinitamente piccolo,
la quantità fluente x diventerà quindi x + ẋo. (Noi oggi scriveremmo che il valore di una quantità x in un
istante t + h molto vicino a t è x(t + h) = x(t) + ẋ(t)h + o(h). Si badi che il nostro simbolo di o-piccolo
non ha il significato che aveva in Newton). Si noti che Newton scrive che i momenti sono “come le
velocità di flusso”(“ut fluendi celeritates”). L’idea è che, in un intervallo di tempo infinitamente piccolo,
la flussione rimane costante (la velocità media coincide con la velocità istantanea) e quindi il momento è
proporzionale alla flussione (alla velocità istantanea).
In stile newtoniano7 , la regola della derivata del prodotto si potrebbe giustificare nel modo seguente.
Siano x e y due quantità fluenti. Al tempo t + o (dove o è un intervallino di tempo infinitamente piccolo)
4
Redatto in latino nel 1671, sarà pubblicato soltanto nel 1737 in Inghilterra e nel 1740 in Francia.
5
N. Guicciardini, Isaac Newton on Mathematical Certainty and Method, MIT Press, 2009.
6
Nella traduzione in italiano, i momenti sono stati denotati come ẋo, ẏo eccetera.
7
Roger Godement, Analyse Mathématique I, Springer, 2ème édition corrigée, 1998, pag. 267.
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1. Un punto x0 in D è punto di massimo locale per f , e il valore f (x0 ) si chiama un massimo locale
per f , se esiste un intorno I di x0 tale che per ogni x ∈ I ∩ D si abbia
Se la disuguaglianza (4.1) vale con il simbolo > di maggiore in senso stretto per ogni x 6= x0 , si
dice che x0 è punto di massimo locale stretto.
2. Un punto x0 in D è un punto di minimo locale per f , e il valore f (x0 ) si chiama un minimo locale
per f , se esiste un intorno I di x0 tale che per ogni x ∈ I ∩ D si abbia
Se la disuguaglianza (4.2) vale con il simbolo < di minore in senso stretto per ogni x 6= x0 , si dice
che x0 è punto di minimo locale stretto.
Osservazione. Si noti che la definizione di punto di massimo (o di minimo) per una funzione f non
richiede affatto che la funzione f sia derivabile.
I(x0 ; r) ⊂ D
In altri termini, x0 interno a D significa che tutti i punti di R sufficientemente vicini a x0 appartengono
anch’essi a D.
Si noti che “x0 è interno a D” è condizione più forte di “x0 appartiene a D” (cioè, x ∈ D). Infatti, se
x0 è interno a D, allora appartiene a D; ma se x0 appartiene a D, non è detto che sia interno a D. Ad
esempio, il punto x0 = 0 appartiene all’intervallo D = [0, 1], ma non è interno a tale intervallo.
Definizione 4.3. Un punto x0 , interno al dominio di una funzione f , si dice punto critico di f o punto
stazionario di f , se f è derivabile in x0 e
f 0 (x0 ) = 0
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f
Teorema 4.4 (Fermat). Sia D −→ R una funzione a valori reali definita su un insieme D ⊂ R.
Supponiamo che:
2. x0 sia interno a D;
3. f sia derivabile in x0 .
Dimostrazione. Per fissare le idee, supponiamo che x0 sia un punto di massimo locale per f . Poiché, per
ipotesi, x0 è al tempo stesso un punto interno al dominio D di f e un punto di massimo locale, esiste un
intorno sufficientemente piccolo I di x0 con le due proprietà seguenti8 :
I⊂D (4.3)
(perché x0 è interno a D) e
∀x ∈ I f (x) − f (x0 ) ≤ 0 (4.4)
(perché x0 è punto di massimo locale). Per ogni x ∈ I, x 6= x0 , si ha allora
f (x) − f (x0 )
≤0 (4.5)
x − x0
se x > x0 e
f (x) − f (x0 )
≥0 (4.6)
x − x0
se x < x0 . Passando al limite per x che tende a x0 , si ricava9 rispettivamente f 0 (x0 ) ≤ 0 e f 0 (x0 ) ≥ 0.
Di conseguenza f 0 (x0 ) = 0.
Si noti che nel teorema dimostrato è ovviamente essenziale l’ipotesi che x0 sia interno a D. (Non basta
che il punto x0 appartenga a D). Ad esempio, la funzione f (x) = x nell’intervallo D = [0, 1] ha un
punto di massimo locale in x0 = 1, anche se la derivata (sinistra) di f in x0 non è nulla (è uguale a 1).
Naturalmente questo non contaddice il teorema di Fermat. Semplicemente non sono soddisfatte le ipotesi
di tale teorema, perché il punto x0 = 1 non è interno a D = [0, 1].
8
Sappiamo che esiste un intorno U di x0 che soddisfa la condizione U ⊂ D e esiste un intorno V di x0 su cui vale
f (x) ≤ f (x0 ). Allora sull’intersezione I = U ∩ V (che è ancora un intorno di x0 ) sono soddisfatte entrambe le condizioni.
9
Qui si usa il cosiddetto teorema di permanenza del segno:
Sia g una funzione definita su un intorno U di un punto x0 (con la possibile eccezione del punto x0 ). Supponiamo che,
per ogni x ∈ U \ x0 , si abbia g(x) ≥ 0 e supponiamo che esista (finito) il limite lim g(x) = L. Allora si ha L ≥ 0.
x→x0
Questo teorema è del tutto evidente, se si pensa alla definizione di limite. La dimostrazione è semplice. Supponiamo, per
assurdo, che sia L < 0. Prendiamo un ε > 0 abbastanza piccolo, in modo tale che l’intervallino J = (L − ε, L + ε) sia tutto
contenuto nella semiretta negativa. (Ossia prendiamo L + ε < 0). Per definizione di limite, esiste un intorno W di x0 tale
che per ogni x ∈ W \ x0 , si ha g(x) ∈ J, quindi g(x) < 0. Ma allora, per ogni x (diverso da x0 ) dell’intervallino non vuoto
U ∩ W si deve avere g(x) ≥ 0 (per ipotesi) e al tempo stesso g(x) < 0. Assurdo.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
f 0 (γ) = 0 (4.8)
Dimostrazione. Per il teorema di Weierstrass la funzione f , continua sul compatto [a, b], assume il suo
valore massimo M e il suo valore minimo m. Questo significa che esiste (almeno) un punto xM ∈ [a, b]
ed esiste (almeno) un punto xm ∈ [a, b] tali che f (xM ) = M e f (xm ) = m. Sono possibili due casi.
1. Sia xM che xm cadono negli estremi di [a, b]. In tale caso, per l’ipotesi f (a) = f (b), si ha M = m.
Ma allora f è costante, e quindi f 0 (x) = 0 in ogni punto x di (a, b).
2. Almeno uno dei due punti xm , xM è interno ad [a, b]. Allora, per il teorema di Fermat, in un tale
punto la derivata si annulla .
Dunque, in ogni caso esiste (almeno) un punto γ nell’intervallo aperto (a, b) in cui la derivata si annulla.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Quindi si ha
f (b) − f (a)
0 = g 0 (γ) = f 0 (γ) −
b−a
che equivale a
f (b) − f (a) = f 0 (γ)(b − a)
Teorema 4.7 (Cauchy, o degli inrementi finiti, o del valore medio). Siano f e g due funzioni continue
sull’intervallo compatto [a, b] e derivabili sull’intervallo aperto (a, b). Supponiamo g 0 (x) 6= 0 per ogni x
in (a, b). Allora esiste (almeno) un punto γ ∈ (a, b) per il quale
Si vede facilmente che tale funzione soddisfa, sull’intervallo [a, b], tutte le ipotesi del teorema di Rolle.
Infatti è continua su [a, b] e derivabile su (a, b) (perhé tali sono f e g). Inoltre, ϕ(a) = ϕ(b):
Dunque, per il teorema di Rolle, esiste un punto γ in (a, b) in cui ϕ0 (γ) = 0. Poiché
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
in tale punto γ si ha
0 = ϕ0 (γ) = [g(b) − g(a)]f 0 (γ) − [f (b) − f (a)]g 0 (γ)
che equivale a 4.12. (Si noti che si ha g(b) − g(a) 6= 0. Infatti, se fosse g(a) = g(b), per il teorema di
Rolle, g 0 si annullerebbe in un punto di (a, b), contro l’ipotesi).
Seconda dimostrazione.
− ~r(a)
~r(b) B = ~r(b)
~r(a) = A
Figure 1: Interpretazione geometrica del teorema di Cauchy. Data una curva piana parametrizzata [a, b] −→
R2 , t 7−→ ~r(t) = (g(t), f (t)), esiste almeno un γ ∈ (a, b) tale che il vettore velocità r~0 (γ) = (g 0 (γ), f 0 (γ)) sia
parallelo alla corda AB che congiunge i punti estremi.
Tale curva è una funzione, il cui dominio è [a, b] e il cui codominio è il piano R2 . Nella figura, l’immagine
di tale funzione è la linea disegnata in rosso. (Attenzione: la linea rossa è l’immagine della curva, non il
suo grafico).
Il vettore tangente all’istante t ∈ (a, b) (con linguaggio cinematico, il vettore velocità istantanea
all’istante t) è r~0 (t) = (g 0 (t), f 0 (t)).
11
Tom Apostol, Calculus, vol. 1, Blaisdell Publishing Company.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Vogliamo dimostrare che esiste un γ ∈ (a, b) in corrispondenza del quale il vettore tangente r~0 (t) =
(g (t), f 0 (t)) è parallelo a ~r(b) − ~r(a). In modo equivalente, dimostriamo che esiste un γ ∈ (a, b) per il
0
quale il vettore (f 0 (γ), −g 0 (γ)) - che è ortogonale a (g 0 (t), f 0 (t)) - è ortogonale a ~r(b) − ~r(a). Questo
equivale a dimostrare che esiste un γ ∈ (a, b) per il quale il loro prodotto scalare è nullo12 :
(f 0 (γ), −g 0 (γ)) · (~r(b) − ~r(a)) = (f 0 (γ), −g 0 (γ)) · (g(b) − g(a), f (b) − f (a)) (4.14)
0 0
= f (γ)[g(b) − g(a)] − g (γ)[f (b) − f (a)] (4.15)
= 0 (4.16)
L’espressione a primo membro di 4.14 è il valore, per t = γ, della derivata della funzione
ϕ(t) = (f (t), −g(t)) · (~r(b) − ~r(a))
= f (t)[g(b) − g(a)] − g(t)[f (b) − f (a)]
Tale funzione ϕ(t) soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle (È la stessa funzione ausiliaria 4.13 che abbiamo
considerato nella precedente dimostrazione dello stesso terema). Dunque, per il teorema di Rolle, esiste
un γ ∈ (a, b) per il quale
0 = ϕ0 (γ) = [g(b) − g(a)]f 0 (γ) − [f (b) − f (a)]g 0 (γ)
Quest’ultima uguaglianza equivale13 all’uguaglianza 4.12. Quindi il teorema di Cauchy è dimostrato.
Osservazione sul teorema di Cauchy. Se pensiamo alla curva parametrizzata
t 7−→ ~r(t) = (g(t), f (t))
come al moto di una particella nel piano, allora (g 0 (t), f 0 (t)) è il vettore velocità. Il teorema di Cauchy
afferma allora che esiste almeno un istante in cui il vettore velocità è parallelo al vettore spostamento
~r(b) − ~r(a). Si osservi però che questo è vero solo nel caso di moti piani. Ad esempio, se il moto della
particella è la spirale (cos t, sin t, t), il suo vettore velocità (− sin t, cos t, 1) non è verticale, mentre il
vettore spostamento può essere verticale (Basta prendere il punto di partenza e quello di arrivo sulla
stessa verticale, compiendo un giro completo).
Teorema 4.8. Una funzione definita su un intervallo aperto I = (a, b) e con derivata nulla in ogni punto
di tale intervallo è costante.
Dimostrazione. Prendiamo due punti x1 , x2 in (a, b). Per il teorema di Lagrange, esiste un punto c,
compreso tra x1 e x2 , per il quale si ha:
f (x2 ) − f (x1 ) = f 0 (c)(x2 − x1 ) = 0 · (x2 − x1 ) = 0
12
Si ricordi che due vettori ~ y = (y1 , y2 ) ∈ R2 sono ortogonali se e solo se il loro prodotto scalare è nullo:
x = (x1 , x2 ), ~
v~1 · v~2 = x1 y1 + x2 y2 = 0.
13
Si osservi che si può dividere per g 0 (γ)[g(b) − g(a)], e ottenere in questo modo la 4.12, perché g 0 (t) non è mai nulla (per
ipotesi) e, di conseguenza, anche [g(b) − g(a)] 6= 0. Infatti, se si avesse [g(b) − g(a)] = 0, allora g 0 si annullerebbe in almeno
un punto (Teorema di Rolle).
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Osservazione. Si noti che nell’ultimo teorema è essenziale l’ipotesi che il dominio della funzione sia
un intervallo (un sottoinsieme connesso di R). Ad esempio, la funzione
f
(0, 1) ∪ (2, 3) −→ R
1 se x ∈ (0, 1)
f (x) =
2 se x ∈ (2, 3)
ha derivata nulla in ogni punto del suo dominio D = (0, 1) ∪ (2, 3), ma non è costante. (Ovviamente D
non è un intervallo, cioè non è connesso).
Teorema 4.9. Siano f e g due funzioni reali, definite su un intervallo aperto I = (a, b), con uguale
derivata in ogni punto di I = (a, b):
Dimostrazione. La funzione
ϕ(x) = f (x) − g(x)
ha derivata nulla su I:
ϕ0 (x) = f 0 (x) − g 0 (x) = 0
Dunque ϕ è una costante, diciamo c ∈ R:
Se per ogni x1 , x2 ∈ D,
x1 < x2 =⇒ f (x1 ) < f (x2 ) (4.19)
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Teorema 4.11. Sia I un intervallo aperto e sia f una funzione reale derivabile su I. Allora f è crescente
(in senso lato) su I se e solo se f 0 (x) ≥ 0 per ogni x ∈ I
Dimostrazione.
Prima parte. f crescente implica f 0 (x) ≥ 0 per ogni x.
Fissiamo un punto x0 ∈ I. Poiché, per ipotesi, f è crescente, il rapporto incrementale
f (x) − f (x0 )
x − x0
è sempre maggiore o uguale a zero. Quindi il limite del rapporto incrementale, quando x tende a x0 ,
resta maggiore o uguale a zero:
f (x) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim ≥0
x→x0 x − x0
Teorema 4.12 (Funzioni derivabili strettamente monotòne). Sia I un intervallo aperto e sia f una
funzione reale derivabile su I.
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per il caso di funzioni con derivata positiva in ogni punto.
(L’altro caso si tratta in modo analogo).
Siano x1 , x2 due punti di I, con x1 < x2 . Per il teorema di Lagrange esiste un punto c, compreso tra
x1 e x2 , per il quale si ha:
f (x1 ) − f (x2 ) = f 0 (c)(x1 − x2 )
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Poiché per ipotesi f 0 (c) > 0 e x1 − x2 < 0, si deve avere f (x1 ) − f (x2 ) < 0. Abbiamo allora dimostrato
che, per ogni x1 , x2 ∈ I,
x1 < x2 =⇒ f (x1 ) < f (x2 )
Dunque f è strettamente crescente su I.
Se una funzione reale è definita su un intervallo [a, b], i suoi eventuali punti di massimo e di minimo locale
andranno ricercati tra:
1. i punti interni all’intervallo, in cui la funzione è derivabile con derivata nulla (punti stazionari
interni);
3. gli estremi a e b.
Vediamo ora sotto quali condizioni un punto stazionario interno sia un punto di massimo o di minimo
locale. Sia f una funzione reale derivabile su un intorno I = I(x0 ; r) del punto x0 . Supponiamo che x0
sia un punto stazionario per f , cioè si abbia f 0 (x0 ) = 0. Allora, dai teoremi sulle funzioni con derivata
positiva o negativa, segue subito:
Un altro metodo per decidere se un punto stazionario x0 interno ad [a, b] (cioè appartenente all’intervallo
aperto (a, b)) sia un punto di massimo o di minimo locale per f utilizza la derivata seconda in x0
(nell’ipotesi che essa esista).
f
Teorema 4.13 (Test della derivata seconda). Sia [a, b] −→ R, derivabile in (a, b). Supponiamo che
x0 ∈ (a, b) e che f 0 (x0 ) = 0. Supponiamo inoltre che in x0 esista anche la derivata seconda f 00 (x0 ), e che
essa non sia nulla.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
0
Teorema 4.14 (Joh. Bernoulli 1691, de L’Hospital 1696. Caso .). Siano f e g due funzioni continue
0
sull’intervallo [x0 , b] (x0 ∈ R) e derivabili in (x0 , b). Supponiamo che valgano le seguenti condizioni:
1. f (x0 ) = g(x0 ) = 0.
f (x)
lim =L (4.21)
x→x+
0
g(x)
14
Guillaume François de L’Hospital (1661-1704), matematico francese, scrisse nel 1696 un testo di calcolo differenziale,
che ebbe un ruolo importante nella diffusione di questa disciplina. Il marchese de L’Hospital fu allievo dei fratelli Bernoulli
(membri di una ben nota famglia di scienziati svizzeri), in modo particolare di Johann Bernoulli (1667-1748), che verso il
1691/92 aveva pubblicato una delle prime esposizioni del calcolo differenziale e integrale. La “regola di de L’Hospital” è
dovuta in realtà a Johann Bernoulli.
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
f (x) 0
In questo senso si dice che il limite lim = si presenta sotto la forma .
x→x+
0
g(x) 0
Dimostrazione. (Per il caso L finito). Premettiamo un’osservazione. Sia x un qualunque punto in (x0 , b).
Allora si può scrivere
f (x) f 0 (γ)
= 0
g(x) g (γ)
per un opportuno γ compreso tra x0 e x, cioè soddisfacente: x0 < γ < x.
Per dimostrarlo, applichiamo il teorema di Cauchy alla coppia di funzioni f ,g sull’intervallo [x0 , x].
Poiché f (x0 ) = g(x0 ) = 0, per il teorema di Cauchy si ha
f (x) f (x) − f (x0 ) f 0 (γ)
= = 0
g(x) g(x) − g(x0 g (γ)
per un opportuno γ soddisfacente x0 < γ < x, come si voleva dimostrare.
A questo punto possiamo concludere, in modo un po’ sbrigativo ma sostanzialmente corretto, nel modo
seguente. Quando x tende a x0 , il punto γ, compreso tra x e x0 , deve tendere a x0 . Quindi, poiché
f (x) f 0 (γ)
= 0
g(x) g (γ)
f 0 (x) f (x)
e lim = L, anche il limite lim deve esistere, e deve essere uguale a L.
x→x+
0
g 0 (x) x→x0+ g(x)
Se vogliamo essere più rigorosi, possiamo arrivare alla tesi usando la “ε-δ definizione” di limite. Pren-
f 0 (x)
diamo allora un arbitrario ε > 0. Poiché, per ipotesi, lim 0 = L, esiste un δ > 0 tale che
x→x+ 0
g (x)
0
f (t)
∀t ∈ (x0 , x0 + δ) g 0 (t) − L < ε
(4.22)
Ora prendiamo un qualunque x in (x0 , x0 + δ). Per quanto abbiamo visto sopra,
f (x) f 0 (γ)
= 0
g(x) g (γ)
per un opportuno
0 γ soddisfacente
x0 < γ < x < x0 + δ. Siccome tale γ è compreso tra x0 e x0 + δ, per
f (γ)
la 4.22 si ha 0 − L < ε e quindi
g (γ)
0
f (x) f (γ)
g(x) − L =
g 0 (γ) − L <ε
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Vale una regola di anche nel caso di un rapporto tra funzioni che tendono entrambe all’infinito quando
∞
x tende a x0 . (Forma di indeterminazione del tipo ). Riportiamo l’enunciato, senza dimostrazione.
∞
∞
Teorema 4.15 (de L’Hospital, caso ). Siano f e g due funzioni continue sull’intervallo [x0 , b] e
∞
derivabili in (x0 , b). Supponiamo che valgano le seguenti condizioni:
f (x)
lim =L (4.25)
x→x+
0
g(x)
0 ∞
Infine, le regole di de L’Hospital valgono anche per le forme di indeterminazione o quando x
0 ∞
tende a +∞ o −∞. L’enunciato è sempre dello stesso tipo: se esiste il limite
f 0 (x)
lim =L
x→+∞ g 0 (x)
f (x)
(finito o infinito) allora esiste anche il limite lim ed è uguale al precedente:
x→+∞ g(x)
f (x)
lim =L
x→+∞ g(x)
Osservazione. Il teorema di de L’Hospital dice che (sotto opportune ipotesi), se esiste il limite di
f 0 (x)/g 0 (x) allora esiste anche il limite di f (x)/g(x), e i due limiti sono uguali. Non dice che se esiste
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
il limite di f (x)/g(x) allora deve esistere anche il limite di f 0 (x)/g 0 (x). Potrebbe esistere il limite di
f (x)/g(x), ma non quello di f 0 (x)/g 0 (x). Per esempio, se f (x) = x + sin x e g(x) = x, allora
f (x)
lim =1
x→+∞ g(x)
ma il limite
f 0 (x) 1 + cos x
lim 0
= lim
x→+∞ g (x) x→+∞ 1
non esiste.
1 x
lim 1+ =e (4.26)
x→+∞ x
1 x
1
1+ = ex ln(1+ x ) (4.27)
x
ln 1 + x1
1
lim x ln 1 + = lim
x→+∞ x x→+∞ 1/x
0
Poiché sono soddisfatte le ipotesi del teorema di de L’Hospital (caso ), studiamo il limite del rapporto
0
delle derivate:
(1 + 1/x)−1 (−x−2 ) 1
lim = lim =1
x→+∞ −x−2 x→+∞ 1 + 1/x
1 x
lim 1+ =e (4.28)
x→−∞ x
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Esempio. In modo del tutto analogo, si dimostra che, per ogni a > 0,
lim xa ln x = 0 (4.32)
x→0+
Esempio. Calcolare il
sin x
lim √
x→0+x
Poiché sono soddisfatte le ipotesi del Teorema di de L’Hospital, studiamo il limite del rapporto delle
derivate: √
cos x
lim √ = lim 2 x cos x = 0
x→0 1/ (2 x)
+ x→0 +
Dunque,
sin x
lim √ = 0
x→0+ x
√
(Questo limite si calcola più semplicemente moltiplicando numeratore e denominatore per x e osservando
che (sin x)/x → 1 per x → 0.)
Esempio.
ex − 1 − x ex − 1 ex 1
lim 2
= lim = lim =
x→0 x x→0 2x x→0 2 2
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Esempio.
ln x 1/x
lim = lim =1
x→1 x − 1 x→1 1
Esempio.
ln cos x (− sin x)/ cos x
lim = lim =0
x→0+ x x→0 + 1
Esempio.
tan x − x 1 + tan2 x − 1 tan2 x sin2 x 1
lim 3
= lim 2
= lim 2
= lim 2 2
=
x→0 x x→0 3x x→0 3x x→0 3x cos x 3
Teorema 4.16 (Confronto tra infiniti). Qualunque sia il numero reale a > 0, quando x tende a +∞
la funzione esponenziale ex tende all’infinito più velocemente di xα , mentre xα tende all’infinito più
velocemente della funzione logaritmo ln x.
Ricordiamo che, date due funzioni f (x) e g(x), tali che f (x) −→ +∞ e g(x) −→ +∞ per x → a,
(dove a può essere un numero reale, oppure −∞, oppure +∞), si dice che f (x) tende all’infinito più
velocemente di g(x), se
g(x)
lim =0
x→a f (x)
f (x)
o, in modo equivalente, se lim = +∞. Dunque si può enunciare il teorema dicendo che, per ogni
x→a g(x)
α > 0, valgono questi limiti fondamentali:
xα
lim =0 (4.35)
x→+∞ ex
ln x
lim =0 (4.36)
x→+∞ xα
Dimostrazione. Il limite 4.35 è del tipo ∞/∞ e sono soddisfatte le ipotesi per usare la regola di de
xα
L’Hospital. Ovviamente è sufficiente dimostrare che lim x = 0 nell’ipotesi che α = m sia un numero
x→+∞ e
positivo intero.15 Applicando m volte il teorema di de L’Hospital a xm /ex , otteniamo alla fine il rapporto
m!/ex , che non è una forma indeterminata e ovviamente tende a zero.
15 xα xm
Se α non fosse intero, prendiamo un intero m > α. Poiché 0 < x
< x , dal teorema del confronto segue che, se
e e
xm xα
x
→ 0, anche x → 0.
e e
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In modo analogo si procede per il limite 4.36. Applicando la regola di de L’Hospital, siamo condotti a
valutare il limite:
1
x 1
lim = lim =0
x→+∞ αxα−1 x→+∞ αxα
Osservazione. Dal limite (4.35) segue che, per ogni α > 0, vale:
1
e− x
lim =0
x→0+ xα
tα
lim =0
t→+∞ et
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Ricordiamo le definizioni. Si dice derivata di f nel punto x0 (rispettivamente: derivata destra, o derivata
f (x) − f (x0 )
sinistra) il limite, se esiste finito, del rapporto incrementale per x → x0 (rispettivamente:
x − x0
− 0 0 0
per x → x+ 0 , per x → x0 ). La derivata si denota con f (x0 ) (rispettivamente: con f+ (x0 ), f− (x0 )).
Dunque, quando i limiti in questione esistono finiti, abbiamo per definizione:
f (x) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim (5.1)
x→x0 x − x0
f (x) − f (x0 )
f+0 (x0 ) = lim (5.2)
+
x→x0 x − x0
f (x) − f (x0 )
f−0 (x0 ) = lim (5.3)
x→x−
0
x − x0
Ovviamente:
Una funzione f è derivabile in x0 se e solo se esistono, nel punto x0 , sia la derivata destra sia la
derivata sinistra, e sono uguali tra loro.
Infatti, per una qualunque funzione g(x) vale lim g(x) = L se e solo se il limite da sinistra lim g(x) e
x→x0 x→x−
0
il limite da destra lim g(x) esistono entrambi e sono entrambi uguali a L. (Nel nostro caso, la funzione
x→x+
0
g(x) è il rapporto incrementale relativo a x0 ).
Teorema 5.1. Sia f una funzione reale definita su un intorno aperto I del punto x0 . Supponiamo che
f sia continua nel punto x0 e sia derivabile in ogni punto x 6= x0 . Valgono allora i fatti seguenti.
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1. Se esiste finito il limite da destra lim f 0 (x), allora esiste la derivata destra f+0 (x0 ) e
x→x+
0
2. Se esiste finito il limite da sinistra lim f 0 (x), allora esiste la derivata sinistra f−0 (x0 ) e
x→x−
0
3. Di conseguenza: se esistono finiti sia lim f 0 (x)(= f+0 (x0 )) sia lim f 0 (x)(= f−0 (x0 )) e sono uguali
x→x+0 x→x−
0
0
tra loro – vale a dire, se esiste il lim f (x) – allora f è derivabile in x0 e
x→x0
Osservazione 5.2. L’ipotesi che f sia continua in x0 non si può eliminare, ossia l’affermazione “Se esiste
il limite di f 0 (x) quando x → x0 , allora esiste f 0 (x0 )” non è corretta. Ad esempio, si consideri la funzione
0 se x 6= 0
f (x) = (5.7)
1 se x = 0
Il limite lim f 0 (x) esiste e vale 0 (perché f 0 (x) = 0 per ogni x 6= 0), ma f non è derivabile in x0 = 0
x→0
(perché non è continua in x0 = 0).
Dimostrazione.
1. Supponiamo che esista (finito) il limite da destra lim f 0 (x); dimostriamo che esiste la derivata
x→x+
0
destra, e che essa coincide con tale limite. A tale scopo, usiamo la definizione e calcoliamo il limite del
rapporto incrementale da destra:
f (x) − f (x0 )
lim (5.8)
x→x0+ x − x0
Si noti che sono soddisfatte le ipotesi del teorema di de L’Hospital. Si ha dunque:
f (x) − f (x0 )
lim = lim f 0 (x) (5.9)
x→x+
0
x − x0 x→x+0
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In breve16 , se x → x0 , il punto γ (compreso tra x0 e x) tende a x0 , e quindi, poiché per ipotesi esiste il
f (x) − f (x0 )
lim f 0 (x), esiste anche il limite lim e tali limiti sono uguali.
x→x+0 x→x+0
x − x0
f (x) − f (x0 )
2. Come nel punto 1. Si calcola il limite del rapporto incrementale da sinistra lim
x→x−
0
x − x0
usando L’Hospital.
3. Si tratta di un’immediata conseguenza dei due punti 1 e 2:
se esistono (finiti) sia lim f 0 (x) (che abbiamo dimostrato essere f+0 (x0 )) sia lim f 0 (x) (uguale a
x→x+
0 x→x−
0
f−0 (x0 ) 0
e sono uguali tra loro – vale a dire, se esiste il lim f (x) – allora esistono la derivata destra e la
x→x0
derivata sinistra e sono uguali tra loro. Di conseguenza f è derivabile in x0 e
Q.E.D.
5.2 Osservazioni
Allora, sempre per il teorema di de L’Hôpital, possiamo concludere che anche il limite da destra del
rapporto incrementale è uguale a +∞:
f (x) − f (x0 )
lim = +∞ (5.13)
x→x+
0
x − x0
si avrà
f (x) − f (x0 )
lim = −∞ (5.15)
x→x+
0
x − x0
e scriveremo f−0 (x0 ) = +∞.
Analoghe considerazioni valgono per i limiti per → x−
0.
16
Si veda la dimostrazione del teorema 4.14 di de L’Hospital, se si vuole essere più formali.
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Osservazione 5.4. Può succedere che il lim f 0 (x) non esista, ma che la funzione f sia derivabile in x0 .
x→x0
Si veda il seguente esercizio.
1
Figure 2: Grafico di x2 sin vicino all’origine.
x
Soluzione. Per studiare la derivabilità di f in 0, usiamo la definizione di derivata come limite del rapporto
incrementale:
f (x) − f (0) x2 sin x1 − 0 1
lim = lim = lim x sin = 0 (5.17)
x→0 x−0 x→0 x x→0 x
Dunque f è derivabile in x0 = 0 e f 0 (0) = 0.
La derivata f 0 (x), per x 6= 0, è data da
1 1
f 0 (x) = 2x sin − cos (5.18)
x x
1 1
Non esiste il limite di f 0 (x) per x → 0, perché 2x sin tende a zero e cos oscilla tra −1 e 1.
x x
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Le nostre ipotesi sulla funzione reale f sono quelle del teorema 5.1: il dominio di f è un intorno aperto
I del punto x0 ∈ I, f è continua nel punto x0 e derivabile in ogni punto x dell’intervallo bucato I \ {x0 }.
1. Primo caso. I due limiti (5.19) esistono, entrambi finiti, e sono uguali tra loro. Per il teorema 5.1
essi coincidono rispettivamente con la derivata a sinistra f−0 (x0 ) e con la derivata a destra f+0 (x0 ).
Dunque la funzione f è derivabile in x0 e
f 0 (x0 ) = f−0 (x0 ) = f+0 (x0 )
2. Secondo caso. I due limiti (5.19) esistono, entrambi finiti, e sono diversi tra loro.
Allora (per il teorema 5.1 ) esistono in x0 la derivata sinistra f−0 (x0 ) e la derivata destra f+0 (x0 )
f−0 (x0 ) = lim f 0 (x) f+0 (x0 ) = lim f 0 (x) (5.20)
x→x−
0 x→x+
0
Poiché f−0 (x0 ) 6= f+0 (x0 ), la funzione f non è derivabile in x0 . Si dice che il punto (x0 , f (x0 )) è
punto angoloso per il grafico della funzione f .
0 0
f− (x0 ) 6= f+ (x0 )
Punto angoloso.
3. Terzo caso. Uno dei due limiti (5.19) esiste finito e l’altro vale +∞ oppure −∞.
La funzione f non è derivabile in x0 e ha in x0 solo la derivata a sinistra, o solo a destra.
Anche in questo caso si dice che (x0 , f (x0 )) è punto angoloso per il grafico di f .
0
f+ (x0 ) = +∞
0 0
f− (x0 ) finita f− (x0 ) finita 0
f+ (x0 ) = −∞
4. Quarto caso. Se
lim f 0 (x) = +∞ lim f 0 (x) = −∞
x→x−
0 x→x+
0
(o viceversa). Abbiamo visto (teorema di de L’Hôspital) che anche il limite del rapporto incremen-
tale da sinistra è +∞, e lo stesso rapporto da destra tende a −∞. Dunque f non è derivabile in
x0 . Il punto (x0 , f (x0 )) è un punto di cuspide per il grafico della funzione f .
0 0 0 0
f− (x0 ) = +∞, f+ (x0 ) = −∞ f− (x0 ) = −∞, f+ (x0 ) = +∞
Punto di cuspide.
p Punto di cuspide.
p
Esempio: − |x| Esempio: |x|
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5. Quinto caso. I due limiti (5.19) valgono entrambi +∞, o valgono entrambi −∞.
Ragionando come nell’ultimo caso, si vede che ovviamente la funzione f non è derivabile in x0 . Il
punto (x0 , f (x0 )) del grafico di f è un punto con retta tangente verticale (di equazione x = x0 ).
0 0 0 0
f− (x0 ) = −∞ = f+ (x0 ) f− (x0 ) = +∞ = f+ (x0 )
Punto a tangente √
verticale. Punto a tangente√verticale.
Esempio: − 3 x Esempio: 3 x
6. Sesto caso. Uno (almeno) dei due limiti (5.19) non esiste (né finito, né ±∞).
In questo caso, a priori non si può dire nulla sulla derivabilità di f in x0 . La funzione f potrebbe
essere derivabile in x0 oppure no. Per studiare in questo caso la derivabilità di f in x0 , si dovrà in
generale studiare direttamente il limite del rapporto incrementale di f in x0 .
Per illustrare quest’ultimo caso, si considerino le due funzioni
( 1 ( 1
x2 sin se x 6= 0 x sin se x 6= 0
f (x) = x g(x) = x (5.21)
0 se x = 0 0 se x = 0
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1
Figure 3: Il grafico di g(x) = x sin vicino all’origine oscilla tra le rette y = x e y = −x.
x
6 Formule di Taylor
Teorema 6.1 (Polinomio di Taylor). Sia f una funzione derivabile n volte in un punto x0 . Allora esiste
un polinomio Pn (x), e uno soltanto, di grado minore o uguale a n, che ha in comune con f , nel punto
x0 , tutte le prime n derivate, cioè che soddisfa le n + 1 condizioni17 :
Pn (x0 ) = f (x0 ), Pn0 (x0 ) = f 0 (x0 ), Pn00 (x0 ) = f 00 (x0 ), ..., Pn(n) (x0 ) = f (n) (x0 ) (6.1)
f (n) (x0 )
Il grado del polinomio Pn (x) è esattamente n se 6= 0, altrimenti sarà minore di n.
n!
Dimostrazione. Si vede subito con un semplice conto (calcolando le derivate successive) che il polinomio
6.2 soddisfa le n + 1 condizioni 6.1. Questo prova l’esistenza di un polinomio con le proprietà richieste.
Quanto alla unicità di tale polinomio, consideriamo un generico polinomio di grado ≤ n, centrato in x0 :
P (x) = a0 + a1 (x − x0 ) + a2 (x − x0 )2 + · · · + an (x − x0 )n (6.3)
Dimostriamo che se tale polinomio soddisfa le condizioni 6.1, allora necessariamente deve coincidere con
il polinomio 6.2. Le derivate successive di P (x) (includendo la derivata di ordine 0, che coincide per
17
La derivata di ordine zero di una funzione è, per definizone, la funzione stessa.
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P (x) = a0 + a1 (x − x0 ) + a2 (x − x0 )2 + a3 (x − x0 )3 · · · + an (x − x0 )n
P 0 (x) = a1 + 2a2 (x − x0 ) + 3a3 (x − x0 )2 · · · + nan (x − x0 )n−1
P 00 (x) = 2a2 + 3 · 2a3 (x − x0 ) + · · · + n · (n − 1)an (x − x0 )n−2
P 000 (x) = 3 · 2a3 + · · · + n · (n − 1) · (n − 2)an (x − x0 )n−3
.. = ..
(n)
P (x) = n!an
f (x0 ) = P (x0 ) = a0
f 0 (x0 ) = P 0 (x0 ) = a1
f 00 (x0 ) = P 00 (x0 ) = 2a2
f 000 (x0 ) = P 000 (x0 ) = 3!a3
.. = ..
(n)
f (x0 ) = P (n) (x0 ) = n!an
Dunque i coefficienti a0 , ..., an del polinomio di Taylor sono esattamente quelli del polinomio 6.2 :
Il grafico di tale polinomio è la retta tangente al grafico di f nel punto (x0 , f (x0 )).
Premettiamo alcune definizioni. Sia I un intervallo aperto dell’asse reale. Denotiamo con C 0 (I) l’insieme
di tutte le funzioni reali18 continue su I. Per ogni intero k ≥ 1, denotiamo con C k (I) l’insieme di tutte
le funzioni reali definite su I, che sono derivabili k volte su I, e le cui derivate successive f, f 0 , .., f k sono
tutte continue su I, fino a quella di ordine k incluso19 . Se una funzione f appartiene a C k (I), diremo
anche che f è di classe C k . Si dice che f è di classe C ∞ , o che è liscia, se f è di classe C k per ogni k ∈ N.
Gli spazi C k (I) sono esempi di spazi funzionali, cioè di spazi i cui elementi sono funzioni.
18
Dire che una funzione è reale significa che il suo codominio è un sottoinsieme dell’insieme R dei numeri reali.
19
Queste richieste sono un po’ ridondanti. Infatti, se una funzione è derivabile k volte, la continuità di tutte le derivate
f, f 0 , f 00 , .., f (k−1) è automatica, perché una funzione derivabile è continua. Basterebbe dire che f è di classe C k se è derivabile
k volte e la sua derivata k-esima è continua.
Pag. 48
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Esempi
1. Le funzioni sin x, cos x, expa (x) (esponenziale di base a, a > 0, a 6= 1), xn con n ∈ N, arctan x,
sono tutte lisce (di classe C ∞ ) su R.
6.3 Studio locale. Formula di Taylor con il resto nella forma di Peano
Lo sviluppo di Taylor con il resto nella forma di Peano si utilizza per studiare una funzione in un intorno
di un punto fissato x0 . L’idea di base è di approssimare la funzione f in un intorno di x0 , mediante il
suo polinomio di Taylor Tn (f ; x0 ) di ordine n, centrato in x0 :
f 00 (x0 ) 1
Tn (f ; x0 ) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + · · · + f (n) (x0 )(x − x0 )n (6.6)
2! n!
Il teorema di Taylor con il resto nella forma di Peano (che ora dimostriamo) afferma che la differenza
tra la funzione f (x) e il suo polinomio di Taylor 6.6 è un infinitesimo, per x → x0 , di ordine superiore
rispetto all’infinitesimo (x − x0 )n .
Teorema 6.2 (Formula di Taylor con il resto di Peano). Sia f una funzione di classe C n su un intervallo
aperto I dell’asse reale. Fissiamo un punto x0 in I. Allora vale il seguente sviluppo:
f 00 (x0 ) 1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + · · · + f (n) (x0 )(x − x0 )n + o((x − x0 )n ) (6.7)
2! n!
per x → x0 .
Dimostrazione. Ricordiamo che, per definizione, una funzione g(x) è un o((x − x0 )n ) (si legge: o-piccolo
di (x − x0 )n ) per per x → x0 (o in un intorno di x0 ) se
g(x)
lim =0
x→x0 (x − x0 )n
f 00 (x0 ) 1
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) − (x − x0 )2 − · · · − f (n) (x0 )(x − x0 )n
lim 2! n! =0 (6.8)
x→x0 (x − x0 )n
Per capire come vanno le cose, basta studiare in dettaglio il caso n = 2. Usando due volte di seguito
il teorema di L’Hospital, abbiamo
Pag. 49
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
1 00
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) − 2! f (x0 )(x − x0 )2
lim = (6.9)
x→x0 (x − x0 )2
00
f 0 (x) − f 0 (x0 ) − f (x0 )(x − x0 )
lim = (6.10)
x→x0 2(x − x0 )
f 00 (x) − f 00 (x0 )
lim = 0 (6.11)
x→x0 2
Poiché l’ultimo limite (giustificato dalla continuità di f 00 in x0 ) esiste e vale 0, per il teorema di de
L’Hospital anche il limite iniziale (6.9) esiste e vale 0, come volevamo dimostrare.
La formula per un n arbitrario (e per una funzione di classe C n ) si dimostra esattamente nello stesso
modo, iterando la regola di de L’Hospital.
Usando la formula di Taylor locale 6.7, si verifica che valgono, per x → 0 e per ogni naturale n, i seguenti
importanti sviluppi sviluppi.
x2 x3 xn
exp x = 1 + x + + + ··· + + o(xn ) (6.12)
2! 3! n!
n
X xk
= + o(xn )
k!
k=0
x2 x4 x6 x2n
cos x = 1 − + − + · · · + (−1)n + o(x2n+1 ) (6.13)
2! 4! 6! (2n)!
n
X (−1)k x2k
= + o(x2n+1 )
(2k)!
k=0
x3 x5 x7 x2n+1
sin x = x − + − · · · + (−1)n + o(x2n+2 ) (6.14)
3! 5! 7! (2n + 1)!
n
X (−1)n x2n
= + o(x2n+2 )
(2n)!
k=0
x2 x3 x4 xn
ln(1 + x) = x − + − · · · + (−1)n+1 + o(xn ) (6.15)
2 3 4 n
n
X xk
= (−1)k+1 + o(xn )
k
k=1
Pag. 50
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
α(α − 1) 2 α(α − 1) · · · + (α − n + 1) n
(1 + x)α = 1 + αx + x + ··· + x + o(xn ) (6.16)
2! n!
n
X α k
= x + o(xn ) (Per ogni numero α).
k
k=0
x3 x5 x7
arctan x = x − + − + o(x8 ) (6.17)
3 5 7
n
X x2k+1
= (−1)k + o(x2n+2 )
2k + 1
k=0
x3
arcsin x = x + + o(x4 ) (6.18)
3!
1 2
tan x = x + x3 + x5 + o(x6 ) (6.19)
3 15
(È difficile dare l’espressione dello sviluppo di tan x. I coefficienti si scrivono in funzione dei numeri di
Bernoulli Bn ).
6.4 Studio su un intervallo. Formula di Taylor con il resto nella forma di Lagrange
La formula di Taylor di f centrata in x0 , con il resto nella forma di Lagrange, si utilizza per studiare una
funzione f su un intervallo (magari ‘grande’) contenente il punto x0 . (Ovviamente potrà servire anche a
studiare la funzione f localmente, cioè in un piccolo intorno di x0 ).
Teorema 6.3 (Formula di Taylor con il resto di Lagrange). Sia f una funzione derivabile n + 1 volte
su un intervallo aperto I dell’asse reale. Fissiamo un punto x0 in I. Allora, per ogni altro punto x ∈ I
esiste un punto c, compreso tra x0 e x, per il quale vale:
f 00 (x0 ) f (n) f (n+1) (c)
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + · · · + (x0 )(x − x0 )n + (x − x0 )n+1 (6.20)
2! n! (n + 1)!
f n (c)
Il termine (x − x0 )n si chiama il resto nella forma di Lagrange.
n!
Si noti che se n = 0, la formula di Taylor 6.20 si riduce al teorema di Lagrange:
Per dimostrare la formula di Taylor (6.20) useremo il teorema di Cauchy, che qui richiamiamo:
Pag. 51
Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
Teorema. [Cauchy] Supponiamo che h(x) e k(x) siano funzioni definite su un intervallo aperto I,
entrambe derivabili, con k 0 (x) 6= 0 per ogni x ∈ I. Siano x0 , x1 due punti qualunque di I. Allora esiste
un numero c, compreso tra x0 e x1 , per il quale vale la seguente uguaglianza:
Dimostrazione. (Formula di Taylor (6.20)). Dimostriamo la formula nel caso particolare n = 1, vale a
dire dimostriamo che esiste un numero c, compreso tra x0 e x per il quale vale:
00
0 f (c)
f (x) = f (x0 ) + f (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 (6.24)
2!
La dimostrazione per n arbitrario è esattamente la stessa. La formula (6.24), che vogliamo dimostrare,
equivale ovviamente (per x 6= x0 ) a
00
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) f (c)
2
= (6.25)
(x − x0 ) 2!
Notiamo che N (x0 ) = 0 e D(x0 ) = 0. Inoltre, con un calcolo diretto, si ricava subito:
Per il teorema di Cauchy (siamo nel caso particolare (6.23)) esiste allora un punto c1 per il quale vale:
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Adesso applichiamo di nuovo il teorema di Cauchy nella forma (6.23) alla coppia di funzioni h(x) =
f 0 (x) − f 0 (x0 ) e k(x) = 2(x − x0 ), sull’intervallo [x0 , c1 ]. Si noti che tali funzioni si annullano entrambe
in x0 . Le loro derivate sono h0 (x) = f 00 (x) e h0 (x) = 2. Dunque, per la formula (6.23), esiste un numero
c2 , con x0 < c2 < c1 , per il quale si ha
Siccome x0 < c1 < x (si veda (6.29)) e sappiamo che x0 < c2 < c1 , anche c2 sarà ovviamente compreso
tra x0 e x:
x0 < c2 < x
Scrivendo c al posto di c2 , abbiamo dunque dimostrato la formula (6.25).
Nello stesso modo, applicando più volte di seguito il teorema di Cauchy, si dimostra la formula di
Taylor (6.20) nel caso di un intero positivo n arbitrario.
Osservazione. Si noti che abbiamo richiesto che f fosse derivabile n + 1 volte, ma non abbiamo
richiesto la continuità della derivata di ordine massimo n + 1.
Problema 6.4. Nell’intervallo [0, π/4], approssimiamo sin x con il polinomio di Taylor
x3
P3 (x) = x −
3!
Dare una stima dell’errore che si compie.
Soluzione. Si noti che i due polinomi di Taylor P3 e P4 della funzione sin, centrati in 0, sono entrambi
x3 x3
uguali a x − (perché la derivata quarta di sin in 0 si annulla). Se vediamo x − come il polinomio di
3! 3!
Taylor P4 , allora il teorema di Taylor con il resto nella forma di Lagrange, assicura che esiste un numero
π
c tra 0 e per il quale vale:
4
x3 cos c 5
sin x = x − + x
3! 5!
L’errore che si compie è dunque
cos c (π/4)5
x5 ≤ ' 0, 0024
5! 5!
x3
Se invece pensiamo a x − come al polinomio di Taylor P3 , per il teorema di Taylor 6.3 con il resto di
3!
π
Lagrange abbiamo, per un opportuno d tra 0 e ,
4
x3 sin d 4
sin x = x − + x
3! 4!
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Torniamo all’enunciato del Teorema di Taylor 6.3 con il resto nella forma di Lagrange: per ogni x
nell’intervallo in cui la funzione è definita (anche se x è ‘lontano’ da x0 ) esiste un opportuno c (compreso
tra x0 e x) per cui vale lo sviluppo
Ora fissiamo x in I. Se, al tendere di n all’infinito, il termine complementare (il resto) tende a zero:
allora possiamo concludere - per definizione di somma di una serie numerica - che f (x) è la somma della
serie di potenze (‘polinomio infinito’)
+∞
X 1 n
f (x0 )(x − x0 )n (6.34)
n!
n=0
e quindi scriveremo:
+∞
X 1 n
f (x) = f (x0 )(x − x0 )n (6.35)
n!
n=0
In questo caso, diremo che la funzione f è sviluppabile in serie di Taylor nell’intervallo I.
Occorre stare attenti. Se la funzione f ha derivate di ogni ordine su un intervallo I dell’asse reale e
x0 appartiene a I, non è detto che per ogni x in I valga 6.35, cioè non è detto che per ogni x la serie di
Taylor di f - centrata in a - sia convergente e converga proprio a f (x).
1
Ad esempio, la funzione f (x) = ha derivate di ogni ordine in (−∞, 1) ∪ (1, +∞). La sua serie di
1−x
Taylor centrata in x0 = 0 è
+∞
X
xn = 1 + x + x2 + x3 + · · · + xn + · · ·
n=0
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mentre la serie non converge se |x| > 1. (Si tratta della serie geometrica di ragione x).
Le funzioni ex , sin x e cos x sono invece sviluppabili in serie di Taylor su tutto l’asse reale, come vedremo
nei prossimi paragrafi.
20 xn
Dimostriamo che lim = 0. Poniamo
n→+∞ n!
| x |n
an =
n!
|x| 1
Sia m il più piccolo intero tale che ≤ . Allora
m+1 2
| xm+1 | | x | | xm | 1
am+1 = = ≤ am
(m + 1)! m + 1 m! 2
1 1
Iterando, abbiamo allora am+2 ≤ am ( )2 e in generale, per ogni h, am+h ≤ am ( )h . Quest’ultima disuguaglianza dimostra
2 2
|x|n
che la successione am+h tende a zero quando h tende a +∞, ovvero, in modo equivalente, che la successione tende a
n!
zero quando n tende a +∞.
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| x |n ξ | x |n
| Rn |= e ≤ M = an M
n! n!
tende a zero quando n tende a +∞.
Si noti che la dimostrazione mostra che lo sviluppo 6.41 vale per ogni x in R.
Lo sviluppo in serie di Taylor di seno e coseno La stessa argomentazione che dimostra la conver-
genza, su tutto l’asse reale, della serie esponenziale, continua a valere per gli sviluppi in serie di Taylor
delle funzioni seno e coseno, centrate in a = 0. Ad esempio, per ogni x reale e per ogni intero positivo n,
le derivate successive n-esime Dn sin sono uniformemente maggiorate dalla costante M = 1. (Infatti le
derivate successive di sin sono uguali, a meno del segno, a sin e cos, e quindi in valore assoluto sono ≤ 1).
1 xn
Quindi, nel caso dello sviluppo di f = sin, il resto f n (c)xn è minore o uguale di , e abbiamo visto
n! n!
che tale successione tende a zero, qualunque sia x, quando n tende a +∞. Lo stesso vale per la funzione
cos. Pertanto valgono i seguenti sviluppi:
+∞
x3 x5 x7 X (−1)n x2n+1
sin x = x − + − ··· = (6.42)
3! 5! 7! (2n + 1)!
n=0
+∞
x2 x4 x6 X (−1)n x2n
cos x = 1 − + − ··· = (6.43)
2! 4! 6! (2n)!
n=0
e questi sviluppi in serie di Taylor delle funzioni seno e coseno valgono per ogni x in R.
La serie binomiale La generalizzazione della formula della potenza di un binomio a esponenti arbitrari
è stata una delle grandi scoperte matematiche di Newton. Vogliamo sviluppare la funzione f (x) = (1+x)α
in serie di Taylor, dove x > −1 e α è un qualunque numero reale (positivo o negativo, razionale o
irrazionale). Calcoliamo le derivate successive di f (x):
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α(α − 1) 2 α(α − 1) · · · (α − n + 1) n
(1 + x)α = 1 + αx + x + ··· x + Rn+1
2! n!
Ora si dimostra che, al tendere di n a +∞, il resto Rn+1 tende a zero se |x| < 1, mentre non tende a
zero se |x| > 1. (Non diamo la dimostrazione di questo risultato). Introducendo il coefficiente binomiale
generalizzato
α α(α − 1) · · · (α − n + 1)
=
n n!
si ottiene allora lo sviluppo di (1 + x)α nella serie binomiale
+∞
X α n
(1 + x)α = x (6.48)
n
n=0
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7 Funzioni convesse
Se chiamiamo corda il segmento di estremi M , N e arco il grafico di f tra gli stessi estremi, possiamo
dire che una funzione continua definita su un intervallo si dice convessa se, in ogni sottointervallo, la
corda sta al di sopra dell’arco, mentre si dice concava se, in ogni sottointervallo, la corda sta al di sotto
dell’arco.
Una funzione convessa si dice strettamente convessa se, in ogni sottointervallo, arco e corda hanno solo
gli estremi in comune. In modo analogo si definisce una funzione strettamente concava.
N
M
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M
N
Esempi. La funzione f (x) = |x|, x ∈ R, è convessa (su R). Anche la funzione g(x) = x2 , R −→ R, è
convessa.
Osservazione. Una funzione convessa su un intervallo I, può non essere derivabile, come risulta
f
dall’esempio x 7−→ |x|, x ∈ R. Ma si dimostra che se I è un intervallo aperto e I −→ R è convessa su I,
allora le derivate sinistre e le derivate destre esistono in ogni punto di I. Di conseguenza, una funzione
convessa su un intervallo aperto è continua. (Invece una funzione f convessa su un intervallo [a, b] può
non essere continua in a o in b, come si vede facilmente con un esempio).
Per le funzioni derivabili, la convessità si può formulare anche in un altro modo. (La dimostrazione è
semplice, ma non la riportiamo).
Teorema 7.2. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione f , derivabile in tutto un intervallo
[a, b], sia convessa è che la retta tangente al grafico in un suo qualsiasi punto stia tutta al di sotto del
grafico.
Figure 6: Funzione convessa: il grafico sta tutto al di sopra della retta tangente.
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Teorema 7.3. Supponiamo che f sia derivabile due volte su un intervallo aperto I. Se per ogni x ∈ I si
ha f 00 (x) ≥ 0, allora f è convessa.
Dimostrazione. Per dimostrare che f è convessa, ricorriamo al teorema precedente e dimostriamo che,
per ogni punto (x0 , f (x0 )) del grafico di f , il grafico si trova tutto al di sopra della retta tangente in
tale punto. Sia dunque x0 un punto in I. Prendiamo un qualunque punto x ∈ I. Poiché f è due volte
derivabile, possiamo scrivere la formula di Taylor arrestata al secondo ordine, con centro in x0 :
f 00 (c)
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 (7.3)
2
per un opportuno punto c compreso21 tra x e x0 . Allora
f 00 (c)
f (x) − f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) = (x − x0 )2 ≥ 0
(7.4)
2
perché (x − x0 )2 ≥ 0 e f 00 (c) ≥ 0 per ipotesi. Dunque il primo membro della 7.4 è maggiore o uguale a
zero, ossia
f (x) ≥ f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) (7.5)
|{z} | {z }
Ordinata sul grafico di f Ordinata sulla retta tangente
Si noti infatti che y = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) è l’equazione della retta tangente al grafico di f nel punto
(x0 , f (x0 )). Abbiamo cosı̀ dimostrato che il grafico di f sta tutto al di sopra della retta tangente nel
punto (x0 , f (x0 )).
f
Definizione 7.4 (Punto di flesso). Sia I −→ R una funzione definita su un intervallo aperto I ⊂ R. Un
punto x0 si dice punto di flesso per f se è estremo comune di due intervalli, su uno dei quali la funzione
è convessa, e sull’altro concava.
21
Quando diciamo che c è compreso tra x e x0 intendiamo dire che x < c < x0 se x < x0 , mentre x0 < c < x se x0 < x.
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Esercizio 8.1. Trovare la derivata della funzione f (x) = 1/x (x 6= 0) calcolando il limite del rapporto
incrementale.
R
Esercizio 8.2. Dimostrare che la derivata di sin x è cos x, calcolando il limite del rapporto incrementale.
( 13 + h)4 − ( 13 )4
Esercizio 8.3. Calcolare: lim
h→0 h
Esercizio 8.4. Sia f una funzione derivabile in un punto x0 . Trovare la derivata di f (x)2 nel punto x0
calcolando il limite del rapporto incrementale.
R
Esercizio 8.5. Scrivere l’equazione della retta tangente al grafico di f (x) = arctan(1 + ln x) nel punto
(x0 , f (x0 )), dove x0 = 1.
R
x2 + 1
f
Esercizio 8.6. Calcolare la derivata della funzione I −→ R, f (x) = ln , dove I = (−1, +∞).
2 x + 1
x +1
Scrivere l’equazione della retta tangente al grafico di f (x) = ln nel punto (x0 , f (x0 )), dove
x+1
x0 = 0.
R
f
Esercizio 8.7. Determinare il sottoinsieme S ⊂ R sul quale la funzione R −→ R, f (x) = x2 − 1, è
R
Esercizio 8.8. Calcolare le derivate delle seguenti funzioni:
(a) sin(sin x2 )
(b) sin (sin x2 )2
R
Esercizio 8.9. Dimostrare che se un polinomio P (x) è divisibile per (x − a)2 , allora P 0 (x) è divisibile
per (x − a).
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Esercizio 8.10. Usando le regole di derivazione, calcolare le derivate delle seguenti funzioni:
x
a) f (x) = ln(1 + );
2
p
b) f (x) = exp x2 + 1;
1
c) f (x) = p ;
3
(3x − 2)7
d) f (x) = 2x
2
e) f (x) = ex ln(1 + x2 )
3)
f ) f (x) = esin(x
R
√
Esercizio 8.11. Trovare un valore approssimato di 9.003 utilizzando un’opportuna approssimazione al
primo ordine del tipo: f (x0 + h) ≈ f (x0 ) + f 0 (x0 )h.
R
Esercizio 8.12. Definiamo ( 1
x sin se x 6= 0
f (x) = x
0 se x = 0
Stabilire se f è continua e se è derivabile in x0 = 0.
R
Esercizio 8.13. Definiamo ( 1
x2 sin se x 6= 0
f (x) = x
0 se x = 0
R
Esercizio 8.14. Sia f una funzione definita su un intorno aperto I = (x0 − r, x0 + r) del punto x0 .
Supponiamo che:
(a) f sia derivabile in ogni punto x ∈ I diverso da x0 ;
(b) Esista (finito) il limite, per x → x0 , della funzione derivata f 0 (x).
Possiamo concludere che f è derivabile in x0 ?
R
Esercizio 8.15. Definiamo (
ex x<0
f (x) =
ax + 2 x≥0
Stabilire se esistono valori di a ∈ R per i quali f è derivabile in 0.
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R
f
Esercizio 8.17. Sia R −→ R una funzione derivabile. Dimostrare che:
(a) Se f è pari, f 0 è dispari;
(b) Se f è dispari, f 0 è pari.
Esercizio 8.18. Sia A un insieme non vuoto di numeri reali. Per ogni x ∈ R, definiamo la distanza di
x da A nel modo seguente:
d(x, A) = inf |x − a|
a∈A
d
Consideriamo la funzione R −→ R, x 7−→ d(x, A). Disegnare il grafico della funzione d e stabilire in
quali punti è derivabile, quando A è uno dei seguenti insiemi:
R
f
Esercizio 8.19. Sia n ∈ N e sia R −→ R la funzione
(
0 x<0
f (x) =
xn x≥0
Esercizio 8.20. Calcolare le derivate delle seguenti funzioni f , nei punti in cui sono derivabili.
(a) |x|, x ∈ R.
(b) ln |x|, x 6= 0.
(c) ln |g(x)|, dove g è una funzione derivabile su un sottoinsieme D ⊂ R, che non si annulla mai in
D.
(d) ln | ln sin x|
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ex ≥ 1 + x x∈R (8.1)
R
f
Esercizio 8.23. Dimostrare che la funzione R −→ R, f (x) = e3x + x3 per ogni x ∈ R, è invertibile (cioè,
g
iniettiva e suriettiva). Detta R −→ R la sua inversa, calcolare g 0 (1).
R
1
Esercizio 8.24. Dimostrare che la funzione f (x) = x ln x è invertibile sull’intervallo , +∞ . Detta g
2
la sua inversa, calcolare g(0), g 0 (0) e g 00 (0).
Esercizio 8.25. Sia g una funzione derivabile sull’intervallo [a, b]. Denotiamo con g 0 (a) = g+
0
(a) la
0 0
derivata a destra in a e con g (b) = g− (b) la derivata sinistra in b.
Dimostrare:
(1) Se g ha un massimo locale nell’estremo sinistro a, allora g 0 (a) ≤ 0.
(2) Se g ha un minimo locale nell’estremo sinistro a, allora g 0 (a) ≥ 0.
(3) Se g ha un massimo locale nell’estremo destro b, allora g 0 (b) ≥ 0.
(4) Se g ha un minimo locale nell’estremo destro a, allora g 0 (b) ≤ 0.
Il seguente teorema dà una informazione sulle funzioni derivate, ossia sulle funzioni che sono del tipo f 0 ,
per una opportuna funzione f . Precisamente, esso dice che le funzioni derivate f 0 soddisfano la Proprietà
di Darboux: Se f 0 è definita in ogni punto di un intervallo I = [a, b], allora f 0 assume, nell’intervallo
I = [a, b], ogni valore compreso tra f (a) e f (b).
Teorema 8.26 (Proprietà di Darboux, o dei Valori Intermedi, delle funzioni derivate). Sia f una funzione
differenziabile in ogni punto di un intervallo I = [a, b]. Sia k un qualunque numero compreso tra f 0 (a) e
f 0 (b). Allora esiste almeno un punto c in (a, b) per il quale si abbia f 0 (c) = k.
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Dimostrazione. Per fissare le idee, supponiamo f 0 (a) < k < f 0 (b). Definiamo g(x) = kx − f (x),
x ∈ I = [a, b]. Poiché g è continua (in quanto f , essendo derivabile, è continua), assume il valore massimo
su I. Dal momento che g 0 (a) = k − f 0 (a) > 0, segue dall’esercizio precedente 8.25 (Proposizione (1))
che g non assume il suo massimo valore in a (perché, altrimenti, si avrebbe g 0 (a) ≤ 0). In modo simile,
poiché g 0 (b) = k − f 0 (b) < 0, segue dall’esercizio precedente 8.25 (Proposizione (3)) che g non assume il
suo massimo valore in b. Dunque g deve assumere il suo massimo in qualche punto c in (a, b). Allora
g 0 (c) = k − f 0 (c) = 0. Dunque f 0 (c) = k.
f
Esercizio 8.27. Stabilire se esiste una funzione [−1, 1] −→ R che sia derivabile in ogni punto di [−1, 1]
ϕ
e la cui derivata sia la funzione [−1, 1] −→ R
−1 per −1 ≤ x < 0
ϕ(x) = 0 per x = 0
1 per 0 < x ≤ 1
Esercizio 8.28. La funzione valore assoluto, f (x) = |x|, x ∈ R, è derivabile in ogni punto x 6= 0 e la
derivata f 0 è
0 −1 per x < 0
f (x) =
1 per x > 0
per ogni x 6= 0. Dunque la funzione derivata f 0 assume i valori −1 e 1 e non assume alcun valore
compreso tra −1 e 1. Spiegare perché questo esempio non contraddice il teorema 8.26.
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9 Soluzioni
Soluzione 8.2 Usando le formule di addizione del seno, scriviamo il rapporto incrementale:
sin(x + h) − sin x 1
= · sin x cos h + cos x sin h − sin x
h h
cos h − 1 sin h
= sin x + cos x
h h
sin h
Quando h tende a zero, tende a 1 e
h
cos h − 1 (cos h − 1)(cos h + 1)
= =
h h(cos h + 1)
cos2 h − 1
=
h(cos h + 1)
sin2 h
= −
h(cos h + 1)
sin h sin h
= − ·
h cos h + 1
sin(x + h) − sin x
tende a 0 . Quindi, per h → 0, il rapporto incrementale tende a cos x.
h
( 13 + h)4 − ( 13 )4
Soluzione 8.3 lim è il limite del rapporto incrementale di f (x) = x4 , relativo al punto
h→0 h
1 1
x = e all’incremento h. Pertanto il limite richiesto è la derivata di f (x) = x4 valutata in x = . Poiché
3 3
f 0 (x) = 4x3 , il limite da calcolare è uguale a f 0 (1/3) = 4(1/3)3 = 4/27.
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1 1
Soluzione 8.5 f 0 (x) = , dunque f 0 (1) = 1/2. Si ha f (1) = π/4. Dunque, l’equazione
1 + (1 + ln x)2 x
1
della retta tangente y − f (x0 ) = f 0 (x0 )(x − x0 ) è y − π/4 = (x − 1).
2
x2 + 1
Soluzione 8.6 Per ogni x nel dominio I della funzione f , ln = ln(x2 + 1) − ln(x + 1). Quindi,
x+1
2x 1 x2 + 2x − 1
Df (x) = D(ln(x2 + 1) − ln(x + 1)) = − =
x2 + 1 x + 1 (x + 1) (x2 + 1)
Soluzione 8.8
(a) cos(sin x2 ). cos(x2 ).2x
2
(b) 4x sin x2 cos x2 cos sin x2
Soluzione 8.9 Dire che P (x) è divisibile per (x − a)2 significa che si può scrivere P (x) = (x − a)2 Q(x),
per un opportuno polinomio Q(x). Allora P 0 (x) = 2(x − a)Q(x) + (x − a)2 Q0 (x) = (x − a)[2Q(x) + (x −
a)Q0 (x)]. Questo dimostra che P 0 (x) è divisibile per (x − a).
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Soluzione 8.10
x 1
a)f (x) = ln(1 + ); f 0 (x) =
2 x+2
√
2
p xe x +1
b)f (x) = exp x2 + 1; √
x2 + 1
7
c) f (x) = (3x − 2)−7/3 ; f 0 (x) = − .
(3x − 2)−10/3
d) f (x) = 2x ; f 0 (x) = 2x ln 2 (dove ln designa il logaritmo in base e).
x2 2 0 x2 2 1
e) f (x) = e ln(1 + x ); f (x) = e 2x ln(1 + x ) + 2 .
x +1
3 3
f) f (x) = esin(x ) ; f 0 (x) = esin(x ) 3x2 cos(x3 ).
√ √ √
Soluzione 8.11 Poniamo f (x) = x, x0 = 9, h = 0.003. Allora f 0 (x) = 1/2 x, f 0 (9) = 1/2 9 e
√ √ √ 1 3
9.003 = 9 + 0.003 ≈ 9 + √ = 3.0005
2 9 1000
Soluzione 8.12 f (x), x 6= 0, è prodotto di una una funzione limitata per una funzione infinitesima per
x → 0, e quindi tende a 0.
1
Figure 8: Grafico di x sin vicino a x0 = 0. (Per x → ±∞, f ha l’asintoto y = 1).
x
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Soluzione 8.13
1
Figure 9: Grafico di x2 sin vicino a x0 = 0.
x
1
(b) In ogni intorno bucato di 0 la funzione f (x) = x2 sinè derivabile (perché si ottiene dalle funzioni
x
continue x, sin x, 1/x mediante composizione e prodotto). Facendo i conti con le regole di derivazione, si
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La funzione f è derivabile per ogni x 6= 0, con derivata f 0 (x) = 0 per ogni x 6= 0; quindi il limite della
derivata esiste e vale 0: lim f 0 (x) = 0. Ma f non è derivabile in 0, perché non è continua in 0.
x→0
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cioè, se e solo se
a = 1
3
b π + c = 0
2
Supponiamo ora che valgano entrambe queste uguaglianze.
Ricordiamo questo teorema:
3
Quindi f è derivabile su tutto R quando a = 1, b = 1, c = − π.
2
Soluzione 8.17 Ricordiamo che, per definizione, f pari significa f (−x) = f (x) per ogni x, mentre f
dispari significa f (−x) = −f (x) per ogni x.
(a) Per ipotesi, f è pari: f (−x) = f (x), per ogni x. Derivando entrambi i membri, si ha −f 0 (−x) =
f 0 (x), ossia f 0 (−x) = −f 0 (x). Dunque f 0 è dispari.
(b) Per ipotesi, f è dispari: f (−x) = −f (x), per ogni x. Derivando entrambi i membri, si ha −f 0 (−x) =
−f 0 (x), ossia f 0 (−x) = f 0 (x). Dunque f 0 è pari.
Soluzione 8.18
(a) Se A = [0, 1], la funzione distanza d(x, A), x ∈ R, è
−x se x < 0
d(x, A) = 0 se 0 < x < 1
x − 1 se x > 1
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(b) La funzione distanza d(x, Q) è identicamente nulla (Q è denso in R) e quindi è derivabile su tutto
R, con derivata nulla.
Soluzione 8.20
(a) La funzione f (x) = |x|, x ∈ R, è derivabile in ogni x 6= 0, mentre non è derivabile in 0 (dove la
derivata destra vale 1 e la derivata sinistra vale −1). Per ogni x 6= 0, la derivata D|x| vale:
1 se x > 0
D|x| = segno(x) =
−1 se x < 0
g 0 (x)
D ln |g(x)| =
g(x)
1 cos x
(d) D ln | ln sin x| =
ln sin x sin x
Soluzione 8.21
Primo modo.
Infatti, per il Teorema del Valore Medio (di Lagrange), esiste un c in (0, +∞) per il quale vale
(ec > 1 perché c > 0). Dunque, poiché g è strettamente crescente su [0, +∞), per ogni x > 0 si ha
g(x) > g(0). Ora g(x) = ex − 1 − x e g(0) = 0; quindi
ex − 1 − x > 0 x>0
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In modo analogo si dimostra che g è strettamente decrescente sull’intervallo (−∞, 0] e quindi, per ogni
x < 0, si ha g(x) > g(0):
ex − 1 − x > 0 x<0
Riassumendo, abbiamo dimostrato che vale ex − 1 − x ≥ 0 per ogni x ∈ R, con l’uguaglianza solo se x = 0.
Secondo modo.
Soluzione 8.22 Se x = 0, vale l’uguaglianza. Se applichiamo il Teorema del Valore Medio alla funzione
sin sull’intervallo [0, x], x > 0, otteniamo
Soluzione 8.23 Per dimostrare che f è iniettiva, basta osservare che f è strettamente crescente in
quanto somma di due funzioni strettamente crescenti. Oppure, si può studiare la derivata: poiché f è
definita su un intervallo (l’intero asse reale) e la sua derivata
è positiva per ogni x ∈ R, f è strettamente crescente, e quindi iniettiva. Dimostriamo ora che f è
suriettiva, cioè che Im(f ) = R. Poiché f è continua ed è definita sull’intervallo R, anche la sua immagine
Im(f ) è un intervallo. E poiché f tende a −∞ quando x → −∞ e a ∞ per x → +∞, si deve avere
Im(f ) = R. Dunque f è sia iniettiva sia suriettiva, e quindi è invertibile. Posto g = f −1 , per trovare
g 0 (1) occorre trovare il punto x0 per il quale f (x0 ) = 1, cioè occorre risolvere l’equazione e3x + x3 = 1.
Tale equazione ha la soluzione (unica, per l’iniettività) x = 0; dunque f (0) = 1, g(1) = 0. Allora, per il
teorema sulla derivata della funzione inversa, il valore g 0 (1) è dato:
1 1 1
g 0 (1) = = =
f 0 (0) [3e3x 2
+ 3x ]x=0 3
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Introduzione al calcolo differenziale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1
1
Soluzione 8.24 f 0 (x) = ln x + 1 > 0 se e solo se x > e−1 . Poiché e−1 < , f è invertibile sull’intervallo
2
1 −1
, +∞ . Posto g = f , si ha f (1) = 0 e quindi g(0) = 1. Per la formula
2
1
g 0 (y) = (9.5)
f 0 (g(y))
della derivata della funzione inversa, abbiamo
1 1 1
g 0 (0) = = 0 = =1 (9.6)
f 0 (g(0)) f (1) 1
Usando la regola della derivata della funzione composta,
1
g 00 (y) = − f 00 (g(y))g 0 (y) (9.7)
[f 0 (g(y))]2
Valutando in y = 0, si ottiene
1 1
g 00 (0) = − 2 f 00 (g(0))g 0 (0) = − f 00 (1)).1
[f 0 (g(0))] [f 0 (1)]2
1 0
Ora, poiché f 0 (x) = ln x + 1 e f 00 (x) = , f (1) = 1 e f 00 (1) = 1. Sostituendo, si ottiene
x
g 00 (0) = −1
Soluzione 8.25 1) Se g ha un massimo locale nell’estremo sinistro a, esiste un r > 0 tale che per tutti
g(x) − g(a)
gli x ∈ (a, a + r) vale g(x) − g(a) ≤ 0. Quindi ≤ 0. Passando al limite,
x−a
g(x) − g(a)
g 0 (a) = lim ≤0
x→a x−a
Soluzione 8.27 La risposta è negativa, perché la funzione ϕ non soddisfa la proprietà di Darboux. (Si
veda il teorema 8.26).
Soluzione 8.28 Ricordiamo che la proprietà di Darboux (teorema 8.26) dice quanto segue:
Se f 0 è definita su tutti i punti di un intervallo I = [a, b] = {x ∈ R | a ≤ x ≤ b}, allora f 0 assume in I
tutti i valori compresi tra f 0 (a) e f 0 (b).
Nel nostro caso (f (x) = |x|), il dominio D della funzione derivata f 0 è D = (−∞, 0) ∪ (0, +∞), che
non è un intervallo. Se a < 0 e b > 0, f 0 (a) = −1 e f 0 (b) = 1, però f 0 non è definita su tutti i punti
dell’intervallo [a, b] (perché non è definita in zero). Dunque non siamo nelle ipotesi del teorema 8.26.
La funzione derivata f 0 soddisfa invece la proprietà di Darboux su ciascuno dei due intervalli (−∞, 0)
e (0, +∞). La verifica di questo fatto è banale, in quanto f 0 è costante su ognuno di questi due intervalli.
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