Dispense 2003
Stefano Miccoli
22 ottobre 2004
A
B
C
D
rev.
1.6
1.3
1.3
1.1
1.3
1.1
1.4
1.3
1.4
1.4
in data
17 novembre 2003
1 marzo 2002
16 dicembre 2002
21 settembre 2001
5 giugno 2003
21 settembre 2001
9 luglio 2002
9 luglio 2002
5 giugno 2003
1 ottobre 2002
stato
bozza
bozza
formule
incompleto
incompleto
incompleto
bozza
bozza
bozza
incompleto
Caveat emptor
Queste dispense, rivolte agli studenti del corso di Progettazione Assistita di Strutture
Meccaniche, svolto presso la IV Facolt di Ingegneria del Politecnico di Milano, non
rappresentano una trattazione autonoma della materia del corso, ma semplicemente uno
strumento per facilitare lo studio dei libri di testo e la consultazione della bibliografia
specialistica.
Nella sequenza degli argomenti e nella notazione queste pagine ricalcano lo svolgimento
delle lezioni, delle quali sono, pi che una trascrizione, lossatura. Lo scopo quello
di permettere agli studenti di ritrovare in bella copia le dimostrazioni e gli argomenti
illustrati a lezione e di permettere un pi chiaro confronto con quanto riportato nei libri di
testo. I commenti sono mantenuti volutamente stringati e gli approfondimenti, necessari
ad una vera comprensione di qualsiasi materia, sono stati completamente tralasciati. In
alcuni casi si sono date indicazioni bibliografiche per ulteriori letture o riferimenti al
materiale sviluppato durante le esercitazioni.
Questa versione delle dispense ancora al livello di una prima bozza e sar sottoposta
a revisioni ed integrazioni. Per tenere traccia di ci ogni capitolo dotato di un numero
di revisione con data. La versione pi recente disponibile su internet allindirizzo
http://www.mecc.polimi.it/~miccoli/PASM/didattica/dispense2003.pdf.
Ogni segnalazione di errori od imprecisioni ed ogni critica sono ovviamente bene
accette.
Stefano Miccoli
http://www.mecc.polimi.it/~miccoli/
mailto:stefano.miccoli@polimi.it
iii
Indice
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1
1
3
4
4
4
6
6
6
7
9
9
10
11
12
12
16
19
22
25
26
27
27
28
29
30
Indice
2.3. Metodo dei residui pesati applicato al problema
2.4. Alcuni approfondimenti . . . . . . . . . . . . .
2.4.1. Prodotto interno di due funzioni . . . .
2.4.2. Operatore aggiunto . . . . . . . . . . . .
2.4.3. Operatori auto-aggiunti . . . . . . . . .
elastico
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40
40
41
43
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45
45
45
45
45
46
4. Teorie Strutturali
49
5. Il metodo di Ritz
51
53
Bibliografia
55
A. Notazione
A.1. Matrici e tensori . . . .
A.1.1. Matrici . . . . .
A.1.2. Vettori e tensori
A.2. Operatori differenziali .
57
57
57
58
59
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vi
65
1.1.
1.2.
1.3.
1.4.
x .
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. 2
. 3
. 32
. 33
vii
1.1.
1.2.
1.3.
1.4.
Volume rappresentativo . . . . . . . . . . . . . . . . .
Relazioni tra differenti Moduli Elastici . . . . . . . . .
Relazioni tra moduli piani. . . . . . . . . . . . . . . .
Relazioni tra moduli piani e moduli tridimensionali. .
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. 3
. 17
. 36
. 36
ix
Mx
.
Vx
10
10
10
10
d
10
10
10
Mx
,
x .
(1.1)
Vx 0 Vx
In generale si richiede che questo limite esista per ogni punto in , escluso al pi un
insieme di misura nulla.
Senza approfondire le ipotesi di regolarit che devono essere poste, sia sulla funzione (x) sia sul dominio , perch una equazione come la (1.1) abbia senso, interessante
analizzare il significato fisico di questa definizione. Immaginando di condurre un esperimento ideale su un solido dato, si fissa un punto x ed un intorno sferico di diametro d;
si riporta quindi in figura 1.1 lipotetico andamento di (x, x ) in funzione di d. Dalla
figura si osserva che a livello macroscopico (d > 103 ), il solido appare omogeneo, con
variazioni di regolari e continue, che sembrano ammettere un limite 0 . Quando per d
scende al di sotto di una dimensione caratteristica ( 103 in figura), il materiale appare
eterogeneo e presenta brusche fluttuazioni di ; a scale ancora pi piccole gli andamenti
si fanno pi irregolari, per perdere completamente di significato quando si considerano
scale di grandezza per le quali non vale pi la meccanica classica.
Appare evidente dunque che alloperazione di limite in equazione (1.1) non pu essere
dato un significato sperimentale, ma solo un significato puramente formale. Tuttavia
lunica utilit della meccanica del continuo risiede nella sua capacit di descrivere il comportamento fisico di corpi reali, e dunque necessario legare le grandezze matematiche,
come la (x), a grandezze fisiche misurabili. Dalla figura 1.1 facile intuire quale la
strategia adottata: si assume semplicemente
D
(x) =
lim
(x) = 0 ;
in altri termini si interpreta la densit puntuale (x) secondo un significato macroscopico
e non microscopico, assumendo per essa il valore medio su un volume caratteristico, o
eterogeneit
diametro [m]
eterogeneit
diametro [m]
volume rappr.
metalli e leghe
polimeri
legno
calcestruzzo
cristalli
molecole
fibre
inerti
106 104
105 104
104 103
102
0.5 103
103
102
101
0.5mm
1.3. Statica
1.3.1. Forze esterne
Le forze esterne che agiscono su un solido possono essere classificate in due categorie
principali:
forze di volume la cui intensit F proporzionale al volume V del solido, come p. e. il
peso,
forze di superficie che agiscono sulla superficie esterna del solido con intensit F
proporzionale allarea S, p. e. lazione di un fluido in un recipiente in pressione.
Queste sono chiaramente grandezze estensive, e dunque nella meccanica del continuo
occorre definire le corrispondenti grandezze specifiche
D
F
,
V 0 V
f (x) = lim
x ,
(1.2)
p(x) = lim
p(x; ) =
1
F x
,
Sx 0 Sx
lim
x x .
I limiti che definiscono le grandezze specifiche del continuo sono normalmente del tipo 0/0: per ipotesi
questi limiti esistono finiti. Nel caso delle forze concentrate invece lintensit dellazione costante e
dunque nel punto di applicazione si ha un limite del tipo costante/0, che ovviamente non esiste in senso
proprio.
1.3. Statica
In questa espressione la superficie fissa, necessario perci stabilire, come varia
p(x; ) in funzione della particolare 3 x. logico assumere che p(x; ) sia una
grandezza locale, e dunque indipendente dalla forma in grande di ; se questultima
sufficientemente regolare, p(x; ) pu dipendere solo dalla orientazione della normale
n a in x. Per questo motivo si scriver semplicemente
D
pn (x) = p(x; )
(1.4)
pe1
pe2
pe3
(1.5)
(1.6)
Le componenti ij di ,
11 12 13
= 21 22 23 ,
31 32 33
sono definite a partire dalle componenti di pej secondo lovvia relazione
pej
pej
1j
1
p
= ej 2 = 2j .
pej
3j
3
In altri termini le componenti del tensore , in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, sono le componenti, lette per colonne, degli sforzi agenti su elementi di superficie
con normale nella direzione degli assi.
(1.7)
pe1 (x)
pe2 (x)
p (x) = f (x),
x1
x2
x3 e3
(1.8)
pe1 (x) +
pe2 (x) +
p (x) =
x1
x2
x3 e3
= pe1 (x)
x1
pe3 (x) x 2 ,
}
x3
+ pe2 (x)
+ pe3 (x)
= p (x) pe2 (x)
x1
x2
x3 | e1
{z
| {z }
D
= x
= f (x).
(1.9)
(x)
x
1.4. Cinematica
1.4.1. Spostamenti
Supponiamo che il continuo in esame subisca una trasformazione dalla configurazione di
riferimento, nella quale occupa il dominio spaziale , ad una configurazione deformata,
descritta dal dominio 0 . Nella meccanica del continuo si suppone che esista una corrispondenza biunivoca tra i punti x e i punti x0 0 . Ci consente di definire
D
lo spostamento u = x0 x, il quale, in una descrizione Lagrangiana della cinematica
considerato una funzione del punto in configurazione di riferimento:
D
u(x) = x0 (x) x.
(1.10)
1.4. Cinematica
A livello di componenti si ha ovviamente
x1 (x) x1
u1 (x)
u(x) = u2 (x) = x02 (x) x2 .
u3 (x)
x03 (x) x3
In pratica, mediante lapplicazione x 7 x0 , si considera x0 funzione di x.2
La definizione di u(x) presenta le stesse difficolt concettuali di f (x). Infatti secondo
la meccanica del continuo si definisce lapplicazione x 7 x0 per tutti i punti x .
In pratica dobbiamo legare ogni punto geometrico di al corpo materiale in esame
e seguire lo spostamento che questo punto subisce, fino a x0 . intuitivo per che a
livello microscopico impossibile legare un punto geometrico ad un corpo materiale,
non fossaltro per le difficolt legate alla presenza di un moto di agitazione termica o alle
indeterminazioni proprie della meccanica quantistica. Dunque anche per quanto riguarda
la cinematica il punto x associato non ad una porzione infinitesima di materiale, ma ad
un volume finito. Cos facendo u(x) non descrive lo spostamento puntuale di x, bens
lo spostamento medio di un volume caratteristico che contiene x.
1.4.2. Deformazioni
La deformazione di un intorno infinitesimo x + dx di un punto x ottenuta considerando le differenza di spostamento tra i suoi punti. In pratica si tratta di determinare il
differenziale del campo vettoriale u(x):
du = u(x + dx) u(x).
Dallequazione (B.2) si ha
T
du = u(x)
dx,
| {zx }
D
=F (x)
T
F (x) = u(x)
,
x
D
(1.11)
x1 u1
x1 u2
x1 u3
F (x) =
x2 u1
x2 u2
x2 u3
x3 u1
x3 u2 .
x3 u3
(1.12)
In una descrizione Euleriana della cinematica invece, si considera lapplicazione inversa x0 7 x, che
esiste perch la corrispondenza tra x e x0 biunivoca. Cos facendo si ha x(x0 ) e lo spostamento risulta
funzione di x0 .
E(x) =
in modo che
F (x) = E(x) + (x),
(1.13)
E(x) = E(x) ,
(x) = (x)T .
Per la loro definizione, anche E(x) e (x) sono tensori.3,4
Il tensore (x) detto tensore delle piccole rotazioni. Si pu dimostrare infatti che le
sue componenti non nulle,
0
3 2
0
1 =
(x) = 3
2
x2 u1
1
x1 u2
2
x1 u3
x2 u1
x3 u1
x1 u2
x2 u3
x3 u2
x3 u1
x3 u2
x1 u3
x2 u3 ,
Le operazioni di somma, moltiplicazione per uno scalare e trasposizione mantengono la natura tensoriale
degli enti su cui sono definite.
4
Esplicitando le espressioni di E(x) e (x) in funzione degli spostamenti si ottiene
T
1
T
E(x) =
u(x)
+
u(x)T ,
(x) = u(x)
u(x)T .
(1.14)
2
x
x
2
x
x
x1 u1
= 21 x 1 u2 + x 2 u1
1
u
+
u
3
1
2 x1
x3
2 x2 u1 + x1 u2
x2 u2
1
u
+
u
3
2
2 x2
x3
2 x3 u1 + x1 u3
1
2 x3 u2 + x2 u3 .
x3 u3
(1.15)
Come noto i termini diagonali ii esprimono lallungamento lineare di fibre disposte
come gli assi coordinati xi ; i termini extradiagonali ij , i 6= j, sono invece legati agli
scorrimenti angolari.
(1.17)
2
22
33
3
D
=
=
,
23
23
31
31
12
12
1 11
2
22
3
33
D
=
=
.
2
23
23
2
31
31
12
212
(1.18)
n1
0
0
|
x1
0
0
|
x2
0 0 0 n3 n2
n2 0 n3 0 n1
= pn (x),
23
0 n3 n2 n1 0
31
{z
}
N[n]
12
1
0
0
x3
x2
0
0
= f (x),
x3
x1
23
x3
{z x2 x1
}
31
N[ ]
x
12
nelle quali si anche introdotto il simbolo N[ ] , che opera su un vettore (od un operatore differenziale vettoriale) e lo trasforma in una matrice (o un operatore differenziale
10
N[a]
a1 0 0 0 a3 a2
D
= 0 a2 0 a3 0 a1 .
0 0 a3 a2 a1 0
(1.19)
]
x
(1.20)
(x) = f (x).
(1.21)
0
0
x
1
0
0
x2
u1 (x)
0
0
x3
(x) =
u2 (x) ,
x3
x2
u3 (x)
0
x3
x1
0
| x2 x
{z1
}
NT
[
(1.22)
Le conseguenze del fatto, apparentemente fortuito, per cui loperatore di congruenza NT[ ] il trasposto delloperatore di equilibrio N[ ] saranno approfondite nel
x
capitolo 2.
11
(E) =
tr((E)
(1.23)
0E
o in notazione ingegneristica,
D
() =
(
)T d
.
(1.24)
H
La () risulta un potenziale se lintegrale di linea
indipendente dal percorso di
integrazione 0 .5 Ovviamente data la definizione di (), si richiede che questa sia
una grandezza strettamente positiva per 6= 0.
Se noto il potenziale () immediato ricavare dalla definizione (1.24) la legge
costitutiva:
() = ().
(1.25)
(1.26)
Definita una parametrizzazione (t), 0 t 1, del percorso 0 , lintegrale di linea si ottiene come
I
Z 1
T d (t)
(
)T d
=
(t)
dt.
dt
0
0
12
se 6= 0.
Legame inverso
Contrariamente al caso iperelastico, nel caso lineare agevole ricavare la relazione inversa
di (1.26). Infatti si ha
= A,
(1.28)
(1.29)
I coefficienti della combinazione lineare 2G e sono detti costanti di Lam. Questi coefficienti sono evidentemente parametri del materiale, da determinarsi sperimentalmente.
Le costanti di Lam sono tra loro indipendenti, possono assumere cio qualsiasi valore,
purch la densit di energia di deformazione elastica sia positiva.
6
Per la legge con cui varia D al variare del sistema di riferimento adottato, confronta infra al
paragrafo 1.10.3, pagina 29.
13
(1.31)
(1.32)
dove sono stati introdotti due nuovi simboli, S per il deviatore di sforzo e D per il
deviatore di deformazione. facile verificare8 che
tr( T E) =
1
tr() tr(E) + tr(S T D);
3
| {z } | {z }
p
dove sono state introdotte due nuove quantit, la pressione idrostatica p e la deformazione
volumetrica v.9 La densit di energia di deformazione elastica vale dunque
1
1
= pv + tr(S T D).
2
2
(1.33)
Questo risultato particolarmente interessante perch mostra che per un legame isotropo si ha un disaccoppiamento tra la componente deviatorica e isotropa dei tensori di
deformazione e sforzo. Introducendo il modulo di rigidezza volumetrica
2
D
K=
G+ ,
(1.34)
3
7
Dato un tensore T , la sua componente isotropa 13 tr(T )I, mentre T 13 tr(T )I la sua componente
deviatorica.
8
Si ricordi che tr(A + B) = tr(A) + tr(B), tr(I) = 3 e tr(S) = tr(D) = 0.
9
Si noti che la definizione di p e v non coincide con linvariante primo di sforzo e deformazione: per quanto
riguarda gli sforzi si introdotto un coefficiente 13 in modo che p v rappresenti un lavoro. La situazione
simili a quanto fatto per ij e ij , dove stato necessario introdurre il coefficiente 2 nella definizione
degli scorrimenti angolari.
14
(1.35)
S = 2GD.
(1.36)
i,j=1
(1.37)
d2ij
G > 0.
(1.38)
2
> G.
3
(1.39)
+ 2G
+ 2G
+ 2G
.
(1.40)
=
G
G
|
{z
D
+G
2G(3+2G)
2G(3+2G)
G(3+2G)
+G
2G(3+2G)
2G(3+2G)
G(3+2G)
+G
2G(3+2G) 2G(3+2G)
G(3+2G)
=
(1.41)
.
1
G
1
G
|
10
{z
A=D1
+G
Si noti che M non coincide con il modulo di Young E = G(3+2G)
, che invece esprime il rapporto
sforzodeformazione in una barretta sottoposta ad uno stato di sforzo monoassiale.
15
.
2( + G)
E E
E
1
E
E
1
E E
.
A=
(1.42)
(1.43)
1
G
2
> G,
3
confermando quanto gi ricavato in notazione tensoriale.
G > 0,
(1.45)
Relazioni tra le varie costanti elastiche. Sono state introdotte nel corso della trattazione diverse costanti elastiche, G, , K, M , E, . Ovviamente per la condizione di
isotropia, espressa dalle (1.29), solo due costanti possono essere considerate indipendenti, essendo le rimanenti esprimibili in funzione di esse. Alcune di queste relazioni sono
riportate in tabella 1.2.
]
x
(x) = f (x)
16
]
x
D(x)(x) = f (x),
G
G
G
G, M
G, E
G,
E,
3KE
9K E
E
2(1 + )
G,
K, E
G, K
M
G(4G E)
3G E
1
2G
1 2
3K(3K + E)
9K E
(1 )E
(1 + )(1 2)
M 2G
G(E 2G)
3G E
2
G
1 2
3K(3K E)
9K E
E
(1 + )(1 2)
+ 23 G
M 43 G
GE
3(3G E)
1+
2
3 G 1 2
E
3(1 2)
K + 43 G
K 23 G
K
+ 2G
2G(1 + )
3K E
6K
3K 2G
2(3K + G)
2( + G)
M 2G
2(M G)
E 2G
2G
9GK
3K + G
G(3 + 2G)
+G
G(3M 4G)
M G
E
1 < <
0 < E < 9K
G>0
0 < E < 3G
1
2
1
2
> 23 G
K>0
0 < 43 G < M
G>0
G>0
>0
17
, ]
x x
Quello che si ottiene un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali, lineare,
ellittico,11 del secondo ordine; queste sono normalmente dette equazioni di Navier. Per
comodit di notazione introduciamo il simbolo L[ , ] , definito come
x x
D
T
L[ , ] (x) = N[ ] D(x)N[ ] (x) ,
(1.47)
x x
11
]
x
L[
, ]
x x
= N[
]
x
D NT[ ] ,
x
18
]
x
]
x
= N[n] DNT[ ] ,
(1.48)
, ]
x x
u(x) = f (x),
x ,
(1.49)
x u
(1.50)
x p
(1.51)
L[n,
(x),
u(x)u = u
(x),
] u(x) p = p
e la condizione di alternativa
u p ,
u p .
(1.52)
Si presti attenzione al fatto che un contorno libero, senza vincoli cinematici n forze esterne applicate
= 0. Infatti la condizione di contorno libero e scarico in realt una condizione
appartiene a p con p
di equilibrio con forze nulle.
19
!
!
x1
x1
x
D
.
(1.53)
x
=
,
x = x2 =
x2
x3
x3
In modo analogo ogni vettore tridimensionale v (spostamenti, forze) sar ottenuto per
estensione di un corrispondente vettore bidimensionale v
:
!
!
v1
v
v
1
D
v
=
,
v = v2 =
.
v2
v3
v3
La frontiera pu essere decomposta in tre componenti,
[h, h], ottenuta per estrusione della frontiera
la frontiera cilindrica c
,
bidimensionale
{h} e +h
{h},
le frontiere inferiore e superiore, h
in modo che risulti h c +h .
Simmetria di materiale
La simmetria piana della geometria dovr essere rispettata anche dal materiale: ci
equivale a supporre che x3 sia una direzione principale di elasticit, cfr. [1]; la matrice di
rigidezza ha dunque la seguente espressione
d22 d23 0
0 d26
d33 0
0 d36
.
D=
d
d
0
44
45
simm.
d55 0
(1.54)
d66
Dalla struttura della matrice si pu osservare che taglio e scorrimento nei piani
sono disaccoppiati dagli altri sforzi e deformazioni.
perpendicolari al piano in cui giace ,
20
a22 a23 0
0 a26
a33 0
0 a36
,
A=
a44 a45 0
simm.
a55 0
(1.55)
a66
semplicemente scrivendo AD = I e decomponendo a blocchi il prodotto matriciale.
Simmetria di carico
La simmetria geometrica e materiale del dominio invitano a cercare soluzioni che
,
godano di analoghe simmetrie. Ci possibile solo se anche i dati del problema, f , p
, godono delle stesse propriet. In generale si suppone che essi siano piani, nel senso
u
che non dipendano da x3 (risulteranno dunque funzioni di x
e non di x) e che i vettori
abbiano la terza componente nulla:
f (x) = 0,
x3
(x) = 0,
p
x3
(x) = 0,
u
x3
f3 (x) = 0,
x ;
p3 (x) = 0,
x p c ;
u
3 (x) = 0,
x u c .
In queste equazioni si notano i dati relativi alle condizioni al contorno sulla superficie
cilindrica c ; perch anche queste condizioni rispettino la simmetria cilindrica del problema necessario che le porzioni libera e vincolata siano ottenute per estrusione da una
analoga partizione di :
u [h, h],
u c
p [h, h].
p c
f (x) =
!
f(
x)
0
(x) =
p
p(
x)
0
(x) =
u
u
(
x)
0
21
x h +h .
p1 (x) = p2 (x) = 0,
(1.56)
u(x) = 0,
x3
x .
u3 (x) = 0,
u(x) =
!
u
(
x)
!
f(
x)
in (1.46), la terza
e f (x) =
0
0
equazione del sistema di equazioni differenziali identicamente soddisfatta. Inoltre nelle
prime due equazioni tutte le derivate rispetto a x3 sono identicamente nulle: cancellando
tutti i termini, identicamente nulli, che si riferiscono a componenti fuori dal piano x1 x2 ,
le (1.46) si riducono ad un sistema di due equazioni nelle due incognite u
(
x),
"
2
x21
0
#
2
d66 x1 x2
2
d26
x2 x1
2
x22
22
L
[
{z
, ]
x
x
x1 x2
2
x21
2
x22
2
x2 x1
(
x) = f(
x),
u
(1.57)
u
x) = f(
x),
x
.
(1.58)
L
[ , ] (
x
x
Pi precisamente, se u
!(
x) e f(
x) soddisfano
! le equazioni di Navier piane, (1.58),
u
(
x)
f (
x)
allora u(x) =
e f (x) =
soddisfano le corrispondenti equazioni
0
0
tridimensionali, (1.46).
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, immediato definire condizioni
u:
cinematiche per le u
(
x), restringendo le corrispondenti condizioni tridimensionali su
u
(
x) u = u
(
x),
u.
x
(1.59)
n
allora pn 3 = 0. Dunque se n =
, si pu definire la componente piana pn (
x) tale
0
!
pn (
x)
u
x) = L
che pn (x) =
. facile verificare che risulta pn (
x), con
x
[n,
] (
"
[n,
]
x
n1 x 1
0
#
d66
n1 x2
d26
n2 x1
0
n2 x 2
n1 x 2
n1 x 1
.
0
n2 x 2
n2 x1
(1.60)
[n,
]
x
u
(
x) p = p(
x),
p.
x
(1.61)
23
x)
1 (
(
x) ,
x) = 2 (
(1.62)
12 (
x)
dove si evidenziato che tutte le grandezze non dipendono da x3 . Per quanto riguarda
gli sforzi facile verificare che la (1.54) implica 23 = 31 = 0 ma che 3 6= 0.
Si pu notare per che x 3 3 = 0 e dunque non d contributi alle equazioni di equilibrio
indefinito. Similmente 3 non entra nelle condizioni al contorno statiche su c ma solo
su h , dove equilibrata da una reazione vincolare (si ricordi la condizione di appoggio
liscio). Qualsiasi valore di 3 ricavato dal legame costitutivo tridimensionale soddisfa le
equazioni di equilibrio, sia indefinite, sia al contorno. Per tutti questi motivi si definisce
un vettore piano di sforzo,
x)
1 (
x) = 2 (
x) ,
(
(1.63)
12 (
x)
semplicemente trascurando il valore, non nullo ma (auto-) equilibrato, di 3 .
Fatte queste ipotesi naturale scrivere in forma piana il legame spostamenti
deformazioni
! 1 (
0
x)
x1
x)
u1 (
x) ,
= 2 (
(1.64)
0
x2
u2 (
x)
12 (
x)
| x2 {z x1 }
T
N
il legame deformazionisforzi
d22 d26 2 (
x) = 2 (
x) ,
d66
12 (
x)
12 (
x)
|
{z
}
(1.65)
24
x1
x2
{z
N
[
]
x
x2
x1
# 1 (
x)
2 (
x) =
x)
} 12 (
!
f1 (
x)
f2 (
x)
(1.66)
N
(
x) = f(
x),
[ ] N[ ] u
| x {z x}
L
[
x
,
, ]
x
x
N
T
D
[
u
(
x) u = u
(
x),
u
(
x) p = p(
x),
]
u,
x
p.
x
La soluzione di questo problema piano, opportunamente estesa al caso spaziale, rappresenta la soluzione desiderata. facile infine verificare che le espressioni degli operatori
di Navier piani cos costruite coincidono con quelle ottenute nel paragrafo precedente per
cancellazione di termini identicamente nulli dagli equivalenti operatori tridimensionali.
1.9.2. Problema piano di sforzo
naturale cercare di estendere la procedura appena adottata al caso in cui le facce
estreme siano libere,
pn (x) = 0,
n = e3 .
h
(1.67)
In questo caso nulla si pu dire dello spostamento u3 (x); al contrario appare naturale
assumere 3 (x) = 23 (x) = 31 (x) = 0 in tutto lo spessore, da cui il nome di stato piano
di sforzo.
Lipotesi 3 = 23 = 31 = 0, unitamente alla simmetria del materiale espressa dalla (1.54), implica 23 = 31 , mentre in generale si ha 3 = a31 1 + a32 2 + a36 12 6= 0,
come si pu osservare per sostituzione diretta nella (1.55):
a11 a12 a13 0
0 a16 1
1
2
a22 a23 0
0 a26
2
a33 0
0 a36 0
3
.
=
a44 a45 0
0
0
simm.
a
0
55
12
12
a66
Eliminando da questa equazione le grandezze fuori-piano, si ottiene
a
a
a
1
11
12
16
1
2 =
a22 a26 2 ,
12
simm. a66
12
{z
}
|
25
(1.68)
N
[
]
x
1 N
A
[
1 N
T
A
[
u
(
x) = f(
x),
u
(
x) u = u
(
x),
u
(
x) p = p(
x),
]
]
x
x
,
(1.69)
u,
x
(1.70)
p.
x
(1.71)
La differenza fondamentale tra problema piano di sforzo e di deformazione risiede per nel
processo di ricostruzione della soluzione tridimensionale. In questo caso infatti, essendo
3 (
x, x3 ) 6= 0 si deve assumere
u
(
x
)
u
(
x
)
1
1
u2 (
x)
u
2 (
x)
;
(1.72)
u(x) =
=
u3 (
x, x3 )
3 (
x) x3
questa assunzione per non compatibile con lipotesi 23 = 31 = 0 in quanto si ha
u3 (x) = x3
3 (
x) 6= 0,
x2
x2
13 (x) =
u3 (x) = x3
3 (
x) 6= 0.
x1
x1
1
(
Infatti 3 = a31 a32 a36 A
x), e dunque la contrazione laterale 3 risulta essere
una funzione di x
. Tuttavia si pu notare che lerrore compiuto assumendo 23 = 31 = 0
lineare in x3 e nullo sul piano medio x3 = 0, dunque la soluzione per stato piano di sforzo
pu essere considerata matematicamente accettabile per lamine di spessore infinitesimo.
Per le applicazioni pratiche il concetto di spessore infinitesimo non ha evidentemente
senso: ci che si deve fare paragonare lo spessore dellelemento strutturale in esame con
il gradiente del campo di deformazioni associato al problema in esame. Se lo spessore
sufficientemente sottile, lassunzione di stato piano perfettamente giustificabile.
23 (x) =
26
(1.73)
v = RT v 0 .
(1.74)
Ogni altro tipo di trasformazione esclusa dalla convenzione seguita che identifica un tensore con le sue
componenti rispetto ad un sistema di riferimento ortonormale.
27
f T u = f 0 Ru;
tenuto conto che u arbitrario, si ricava facilmente
f = RT f 0 ,
f 0 = RT f ,
dove si definito T come il simbolo per linversa trasposta di una matrice quadrata. Ma dalla propriet di ortonormalit discende RT = R e dunque f 7 f 0
segue le stesse regole di u 7 u0 .15
1.10.2. Tensore di sforzo e deformazione
Notazione tensoriale
La regola di cambiamento di coordinate per il tensore F (x) pu essere semplicemente
ottenuta dalla definizione:16
T
T 1
F 0 (x0 ) = u0 (x0 ) 0 = Ru(x)
R = RF (x)R1 = RF (x)RT .
x
x
dunque immediato verificare che anche
E 0 = RERT .
(1.75)
Similmente per il tensore di sforzo si ha p0n = 0 n0 , e dunque con gli ovvi passaggi
1 0
p0n = Rpn = Rn = RR
| {z } n ,
0
dimostrando che
0 = RRT .
15
(1.76)
Questa osservazione dimostra che la scelta di un sistema di riferimento ortonormale cruciale, in quanto
rende possibile, o quanto meno semplifica molto loperazione di identificare vettori e tensori con le loro
componenti rispetto ad una base fissata. Cos facendo infatti lo spazio principale e il suo duale (mondo
cinematico e mondo statico) coincidono, cfr. [4].
16
T
Si ricordi che x
.
0 = R
x
28
(1.77)
= T ,
(1.78)
dove le matrici T e T sono ottenute per riordinamento delle componenti delle equazioni (1.75), (1.76). Indicando con rij le componenti di R, con semplici ma tediosi passaggi
si ottiene
2
2
2
r11
r12
r13
2r13 r12
2r13 r11
2r12 r11
r2
2
2
r22
r23
2r23 r22
2r23 r21
2r22 r21
21
2
2
r31
r32
r33
2r33 r32
2r33 r31
2r32 r31
T =
r
r
r
r
r
r
r
r
+
r
r
r
r
+
r
r
r
r
+
r
r
31
21
32
22
33
23
23
32
22
33
23
31
21
33
22
31
21
32
r31 r11 r32 r12 r33 r13 r33 r12 + r32 r13 r33 r11 + r31 r13 r32 r11 + r31 r12
r21 r11 r22 r12 r23 r13 r13 r22 + r12 r23 r13 r21 + r11 r23 r12 r21 + r11 r22
e
2
r11
2
r12
2
r13
r13 r12
r13 r11
r12 r11
r2
2
2
r22
r23
r23 r22
r23 r21
r22 r21
21
2
2
r31
r32
r33
r33 r32
r33 r31
r32 r31
.
T =
2r31 r21 2r32 r22 2r33 r23 r23 r32 + r22 r33 r23 r31 + r21 r33 r22 r31 + r21 r32
2r31 r11 2r32 r12 2r33 r13 r33 r12 + r32 r13 r33 r11 + r31 r13 r32 r11 + r31 r12
2r21 r11 2r22 r12 2r23 r13 r13 r22 + r12 r23 r13 r21 + r11 r23 r12 r21 + r11 r22
Le matrici di trasformazione T e T sono differenti tra loro a causa della differente
regola di riordinamento operato per e rispetto alle corrispondenti quantit tensoriali. Una interessante relazione si pu ricavare osservando che linvarianza del lavoro di
deformazione T = 0 T 0 = T T T T implica
T = T T .
(1.79)
(1.80)
29
(1.81)
1.11. Esercizi
esercizio 1.1. Determinare il campo di spostamenti u(x) che corrisponde alla rotazione
rigida finita di un angolo intorno allasse x3 . Calcolare per questo campo di spostamenti i
tensori F (x), (x), E(x).
soluzione 1.1. Lapplicazione x 7 x0 data da una rotazione rigida generica pu essere
espressa come x0 = Rx, dove R una matrice di rotazione. Nel caso in esame risulta
cos sin 0
cos 0 ,
R = sin
0
0
1
e dunque
cos 1 sin 0
x1
0
cos 1 0 x2 .
u(x) = x (x) x = (R I) x = sin
0
0
0
x3
Dato che x x
T
F (x) = (R I) x
= (R I) ,
x
da cui
0
sin 0
0
0 ,
=
R RT = sin
2
0
0
0
cos 1
0
0
1
0
cos 1 0 .
E=
R + RT I =
2
0
0
0
1
30
1.11. Esercizi
Taylor le espressioni delle componenti di e E si ottiene
11 = 22
3
+ . . . ,
3 = sin =
3!
2
= cos 1 = 1
+ . . . 1 0.
2!
Dunque il risultato quello che ci si aspettava pur di trascurare i termini di ordine superiore
al primo. Questo risultato coerente con la teoria in quanto sappiamo che le misure di
deformazione e rotazione lineari sono valide per spostamenti infinitesimi, per i quali 2 a
rigore trascurabile rispetto a .
esercizio 1.1
x1 u1
x1 u2
x1 u3
x2 u1
x2 u2
x2 u3
x3 u1
x3 u2
x3 u3
= 0
0 0
0 .
0
u1 (x) = x2 ,
u2 (x) = x1 ,
u3 (x) = 0.
facile verificare che questa soluzione non corrisponde ad una rotazione rigida. Infatti si
consideri un segmento AB, di lunghezza `, con A coincidente con lorigine, e B posto sullasse
x1 , vedi figura 1.3. Applicando il campo di spostamento definito sopra, il segmento si porter
in A0 B 0 ; facile verificare che A A0 e che il segmento BB 0 perpendicolare ad
AB e lungo
`. Se si chiama `0 la lunghezza di A0 B 0 , dal teorema di Pitagora siottiene `0 = ` 1 + 2 . In
0
altri termini il segmento AB ha subito un allungamento `` 1 = 1 + 2 . Se piccolo si
pu porre 1 + 2 1 + 2 /2 + . . . e dunque
`0
1
1 2 + . . . .
`
2
Come si vede lallungamento nullo solo se lecito trascurare i termini in di ordine superiore
al primo.
esercizio 1.2
31
x1
A, A
B
+ 2G
=
+ 2G 0 .
D
0
0
G
Gli autovalori di questa matrice sono
1 = 2( + G),
2 = 2G,
3 = G;
> G,
< 1,
per E < 0.
Si noti che queste condizioni sono meno restrittive delle corrispondenti condizioni (1.45)
per problemi tridimensionali.
Problema piano negli sforzi. Nel caso del problema piano negli sforzi pi semplice imporre
=D
1 ; la matrice di cedevolezza
la definizione positiva della matrice di cedevolezza A
32
1.11. Esercizi
stato piano di deformazione
1
E 0
E
1
=
0.
A
E
E
1
0
0
G
Gli autovalori di questa matrice sono
1 =
1+
,
E
2 =
1
,
E
3 =
1
1+
=2
;
G
E
1 < < 1,
oppure, in termini di K, G, ,
G > 0,
G > 0,
(
K>0
oppure
K < 34 G,
(
> 23 G oppure
< 2G.
Anche in questo caso, la condizione per il problema piano meno restrittiva della
corrispondente condizione per il problema tridimensionale.
I risultati ottenuti sono apparentemente paradossali, in quanto si visto che sono ammessi
moduli elastici negativi, K < 0, E < 0, e valori di > 12 . Per dissipare il paradosso si
pu immaginare di riscrivere la teoria del legame elastico-lineare isotropo dal punto di vista
33
di E
tr(E)
= 2G
+
I.
= tr((
2
e E
nella loro componente isotropa e
conveniente decomporre i tensori
deviatorica:
I + S,
= 1 tr()
2
I + D.
= 1 tr(E)
E
2
facile verificare che
T E)
= 1 tr()
tr(E)
+ tr(S
T D);
tr(
|
{z
}
2
| {z }
p
= pv + tr(S
2
2
in funzione di v e D
valgono:
p e S
p =
1
tr(E)
v,
= 1 2G
+ 2
= G
tr(E)
+
tr()
2
2
| {z }
tr(E)
tr(E)
= 2G
+
I G
I = 2G
E
+
D.
S
Lenergia di deformazione elastica vale
1 2
T D).
K v + G tr(D
2
> 0.
G
34
1.11. Esercizi
oppure
> G.
> 0,
G
0
M
0
=
,
0
0 G
+ 2G;
=
la relazione inversa vale
con M
1
E
1
= E
E
0
con
= 4G( + G) = 4GK ,
E
+ 2G
+G
0 ,
K
=
.
+ 2G
+G
sempre,
=
= M,
M
= E, =
E
in deformazione piana,
mai,
in sforzo piano.
Fatte queste osservazioni facile capire che se si considerano materiali isotropi tridimensionali
meno ampio di quello teoriquesti presenteranno un intervallo di valori di valori misurati per K
18
co. Al contrario se si ammettono materiali anisotropi nello spazio tridimensionale ma isotropi
(cio trasversalmente isotropi), tutti i valori ammissibili nello spazio bidimensionale
nel piano
potranno essere raggiunti.
A livello di ulteriore esercizio si pu a questo punto provare a ricavare le limitazioni che lisotropia in uno spazio quadridimensionale impone sui valori misurati in uno sotto-spazio tridimensionale. ( questo il motivo per cui non si hanno materiali con < 0, pur essendo per la teoria
1 < < 21 ?)
esercizio 1.3
18
35
4G
G
K+
G)
+
4G(
G
+2
K
G
K+
> 0,
G
>0
K
+2
> 0,
G
> G
G,
+K
G,
+
G
+
2G
E,
E
2(1+
)
E
2(1
)
E
1
2
E
1
2
>0
stato piano di
G, K
G,
E,
K 23 G
K+ 43 G
def.
K + 13 G
K 23 G
K + 43 G
4G(K+ 13 G)
K+ 43 G
sforzo
3GK
K+ 43 G
2G(K 23 G)
K+ 43 G
4G(K+ 13 G)
K+ 43 G
3GK
K+ 13 G
K 23 G
2(K+ 13 G)
def.
G+
2G +
sforzo
G(3+2G)
+2G
2G
+2G
4G(+G)
+2G
4G(+G)
+2G
G(3+2G)
+G
+2G
2(+G)
E
2(1+)
E
2(1+)
E
2(1+)(12)
E
2(1)
E
(1+)(12)
E
1 2
(1)E
(1+)(12)
E
1 2
E
1 2
def.
sforzo
36
(x) (x) d =
f (x) u(x) d +
p(x)T u(x) d,
(2.1)
allora gli sforzi (x) sono equilibrati alle forze di volume f (x) e alle forze di
superficie p(x); in formule
N[
[(1.21):]
[(1.20):]
(x) = f (x),
x .
]
x
(x) (x) d =
(x)T NT[ ] u(x) d =
x
Z
Z
T
Z
Z
T
N[n] (x) u(x) d; (2.2)
=
N[ ] (x) u(x) d +
T
N[n] (x) p(x) u(x) d = 0.
N[ ] (x) f (x) u(x) d +
(2.3)
37
]
x
(x) f (x) = 0;
r(x) = N[
]
x
(x) f (x),
(2.4)
x .
(2.5)
Introducendo una famiglia W di funzioni peso w(x), si dice che lequazione di equilibrio
indefinito (1.21) soddisfatta in senso debole quando
Z
w(x)T r(x) d = 0,
w(x) W.
(2.6)
T
T
w(x) r(x) d =
w(x)
N[ ] (x) f (x) d =
x
Z
Z
Z
T
w(x) N[n] (x)
d,
Il termine al contorno,
pu essere eliminato scegliendo funzioni
R
peso che si annullano su : infatti w(x) = 0 implica w(x)T N[n] (x) d = 0.
Il risultato ottenuto mostra che, pur di prendere una famiglia di funzioni W sufficientemente regolare e che soddisfa opportune condizioni al contorno, le equazioni di equilibrio
in possono essere riscritte in una forma che non richiede la derivazione del campo di
sforzo (x).
Dallequazione (2.7) si arriva al plv introducendo la grandezza w (x) = NT[ ] w(x)
x
38
(2.8)
w(x) r(x) d = 0,
Z
w(x) W,
w(x) q(x) d = 0,
w(x) W.
(2.9)
(2.10)
[(1.49):]
[(1.50):]
[(1.51):]
L[n,
u(x) = f (x),
(x),
u(x)u = u
(x),
] u(x) p = p
, ]
x x
x ;
x u ;
x p .
In questo caso si definisce il residuo delle equazioni di Navier (1.49) e delle condizioni al
contorno statiche (1.51),
D
r(x) = L[
, ]
x x
q(x) = L[n,
]
x
u(x) f (x),
(x),
u(x) p
(2.11)
x p .
(2.12)
Come sopra si richiede che questi due residui siano nulli in senso debole,
Z
Z
w(x)T r(x) d +
w(x)T q(x) d = 0.
(2.13)
Invece, per quanto riguarda le condizioni al contorno cinematiche (1.50), si richiede che
queste siano soddisfatte in senso forte; inoltre la classe W delle funzioni peso viene scelta
in modo da soddisfare in senso forte una condizione al contorno omogenea su u :
w(x)u = 0,
x u ,
w(x) W.
(2.14)
39
u(x)
d =
]
T
N[ ] DN[ ] u(x)
x
x
L[ ,
w(x)
d =
x x
Z
Z
=
w(x)T N[ ] DNT[ ] u(x) d w(x)T N[n] DNT[ ] u(x) d =
x
x
x
Z
Z
=
NT[ ] w(x) DNT[ ] u(x) d
w(x)T L[n, ] u(x) d; (2.15)
x
x
x
|
p
{z
}|
{z
}
w(x)
w (x)T
u (x)
(si ricordi che w(x)u = 0.) Sostituendo questo risultato nella (2.13), con facili passaggi
si ottiene
Z
Z
Z
T
T
(x) d,
w (x) u (x) d =
w(x) f (x) d +
w(x)T p
(2.16)
con
w (x) = NT[ ] w(x),
x
hw, ui =
w(x)T u(x) d.
(2.18)
La condizione al contorno omogenea su u esprime appunto il fatto che il campo di spostamento virtuale
congruente ai vincoli.
3
Si ricordi che similmente le funzioni peso in W soddisfano in senso forte una condizione al contorno
omogenea su u .
40
in modo che
hw, ui = hw, uiu + hw, uip .
(2.21)
(2.22)
(2.23)
(2.24)
]
x
, u) + hN[n] , ui.
(2.27)
41
laggiunto delloperatore
Il termine al contorno hN[n] , ui scompare solo se u = 0.
]
x
Dalla (2.27) immediato, ripercorrendo la via sopra esposta, ricavare la (2.25), ovvero
il plv.5
La nozione di operatore aggiunto permette di fare un ulteriore commento sul plv:
la dimostrazione di questo principio si basa sul fatto, apparentemente fortuito, che gli
operatori di congruenza e di equilibrio sono luno laggiunto dellaltro. In realt unanalisi
pi attenta della struttura formale di unampia classe di teorie fisiche, che comprende
anche la meccanica del continuo, mostra che questo fatto in realt un tratto comune,
che caratterizza una classe di modelli matematici che potremmo definire a formulazione
variazionale.6 Nel capitolo 3, infatti, si sfrutter il plv per ottenere una formulazione
variazionale del problema elastico, che cruciale sia per dimostrare che il problema
elastico ben posto, sia per introdurre la sua soluzione in forma numerica.
Per questo motivo pratica comune presentare la meccanica del continuo secondo
uno schema logico differente da quello seguito nel capitolo 1, in modo da garantire che
loperatore di equilibrio e di congruenza siano luno laggiunto dellaltro. In sostanza
si introducono le grandezze cinematiche e le equazioni di congruenza del paragrafo 1.4
e si definiscono le grandezze statiche come i coefficienti generalizzati che nel plv (2.1)
moltiplicano le grandezze cinematiche. Dunque gli sforzi sono i coefficienti generalizzati
che moltiplicano le deformazioni nellespressione del lavoro interno, le forze di volume e
di superficie sono legate agli spostamenti nellespressione del lavoro esterno, sul dominio
e sul contorno, rispettivamente. Dallespressione del plv, che viene quindi postulata, si
ottengono, mediante integrazione per parti le equazioni di equilibrio, che dunque sono per
definizione le aggiunte delle equazioni di congruenza. In formule, sostituendo la (2.27)
nella (2.25) si ottiene
(N[
]
x
, u) + hN[n] , ui = (f , u) + hp, ui
interessante notare che con la notazione matriciale qui adottata, laggiunto di un operatore differenziale
lineare del primo ordine semplicemente il suo trasposto cambiato di segno.
5
Lequazione (2.9) pu essere riscritta come (w, r) + hw, qi = 0, cio
(w, N[
]
x
in forma estesa. Sostituendo il primo termine di questa equazione con il risultato dellintegrazione
per parti (2.27) si ha
(NT[ ] w, ) hw, N[n] i (w, f ) + hw, N[n] i hw, pi = 0,
x
42
(2.28)
(w, L[
, ]
x x
u) =
= (w, N[
]
x
(N[ ] DNT[ ] w, u)
x
x
= (L[
hN[n] DNT[ ] w, ui
x
, ]
x x
w, u) + hL[n,
]
x
w, ui hw, L[n,
]
x
ui. (2.29)
Questo risultato, assumendo w(x) = u(x) = 0, mostra che loperatore di Navier auto-aggiunto, in quanto (w, L[ , ] u) = (L[ , ] w, u). Le importanti
x x
x x
conseguenze di questa propriet saranno analizzate nel capitolo 3.
Il risultato dellequazione precedente pu essere convenientemente riscritto nella forma
(w, L[
, ]
x x
u) + hw, L[n,
]
x
ui = (L[
, ]
x x
w, u) + hL[n,
]
x
w, ui,
(2.30)
43
(x)T u(x) d
p
p
| {z }
(x)
(x),
u(x)u = u
(3.2)
x u
45
Z
P(u) =
T
Z
Z
T
T u d
()
d
f u d
p
p
Z
Z
Z
=
T d
f T u d
uu = u
P(u) = 0
= D
uu = 0
Z
Z
Z
T
T
d =
f u d +
T u d (3.3)
p
(3.4)
T u d
p
(3.5)
() =
E (x) =
1 T
D
2Z
1
(x)T D(x)(x) d
2
Z
Z
1
T
T
P
u(x)
=
u(x)
N
D
N
u(x)
d
f (x)T u(x) d+
[ x
]
[ x
]
2
(x) u(x) d
(3.6)
(3.7)
a(w, u) = a(u, w)
(3.8)
(3.9)
(3.10)
1
ip
P(u) = a(u, u) (u, f ) hu, p
2
(3.11)
P(u + u) =
1
1
ip + a(u, u) (u, f ) hu, p
ip (3.12)
= a(u, u) + a(u, u) (u, f ) hu, p
2
{z
}
|
| {z }
|2
{z
}
2 P(u)
46
P(u)
P(u)
)
(x) = 0
u(x)u u
Pu = 0
[(2.2):]
ip
a(u, u) = (u, f ) + hu, p
r(x) = N[
]
x
(3.13)
(3.14)
(w, r) = 0
w(x)u = 0 a(w, u) = (w, f ) + hw, p
ip
ip = 0
uip hw, p
]
(x)
u(x)u = u
u(x) = w(x)
(
Pu = 0
(3.15)
(3.16)
(w, r) = 0
ip = 0
p
(3.17)
47
Bibliografia
[1] Enrico Bazzaro, Carlo Gorla, e Stefano Miccoli. Lezioni di Tecnica delle Costruzioni
Meccaniche, Parte Prima: Fondamenti. Edizioni Spiegel, Milano, 1997. ISBN 887660-087-X. Esaurito, nuova edizione ampliata [2].
[2] Enrico Bazzaro, Carlo Gorla, e Stefano Miccoli. Lezioni di Tecnica delle Costruzioni
Meccaniche, Parte Generale. Edizioni Schnenfeld & Ziegler, Milano, 2004. ISBN
88-88412-24-7.
[3] Giulio Belloni e Giuseppe Bernasconi. Sforzi Deformazioni e loro legami. Edizioni
Spiegel, Milano, 1984.
[4] Carlo Cercignani. Vettori Matrici Geometria. Zanichelli, Bologna, 1976.
[5] Robert D. Cook. Finite Element Modeling for Stress Analysis. John Wiley & Sons,
Inc., 1995. ISBN 0-471-10774-3.
[6] Leone Corradi dellAcqua. Meccanica delle strutture, vol. 2: le teorie strutturali e il
metodo degli elementi finiti. McGraw-Hill Libri Italia srl, Milano, 1993.
[7] P. J. Davies e P. Rabinowitz. Methods of Numerical Integration. Academic Press,
1975.
[8] Lee W. Johnson e R. Dean Riess. Numerical Analysis. Addison-Weseley Publishing
Company, 1982. ISBN 0-201-10392-3.
[9] Jean Lemaitre e Jean-Louis Chaboche. Mcanique des matriaux solides. Dunod, 2
ed., 1988. ISBN 2-04-018618-2.
[10] Alfio Quarteroni. Modellistica numerica per problemi differenziali. Springer-Verlag
Italia, Milano, 2000. ISBN 88-470-0108-0.
[11] Alfio Quarteroni, Riccardo Sacco, e Fausto Saleri. Matematica Numerica. SpringerVerlag Italia, Milano, 2000. ISBN 88-470-0077-7.
55
Bibliografia
[12] Gilbert Strang e George J. Fix. An Analysis of the Finite Element Method.
Wellesley-Cambridge Press, Wellesley MA, 1988. ISBN 0-9614088-8-X. URL
http://www-math.mit.edu/~gs/well_camb_press/wcp.html. Reprint. Originally
published: Prentice-Hall, 1973.
[13] E. Tonti. La Struttura Formale delle Teorie Fisiche.
Universitaria del Politecnico, Milano, 1976.
56
Cooperativa Libraria
A. Notazione
A.1. Matrici e tensori
A.1.1. Matrici
Matrici in Rnm sono indicate da lettere in carattere grassetto maiuscolo, per esempio A;
quando necessario specificare le dimensioni, queste sono scritte sotto il simbolo in
questione: A . Le componenti di A sono aij con i = 1 . . . n, j = 1 . . . m, in modo che
nm
si abbia
a1m
..
..
.
. .
anm
a11
.
.
A=
.
an1
(A.1)
np pm
matriciale.
La matrice inversa di una matrice quadrata indicata come 1 , in modo che
AA1 = A1 A = I.
(A.2)
T
= AT
1
(A.3)
A
D
tr(A) =
n
X
aii .
(A.4)
i=1
Matrici n 1 sono dette vettori-colonna e per essi si usa una lettera in carattere
grassetto minuscolo, per esempio x; le componenti del vettore-colonna x sono xi , con
Revisione 1.4 in data 9 luglio 2002 (bozza).
57
A. Notazione
i = 1 . . . n:
.. .
x=
.
xn
(A.5)
v1
t11 t12 t13
v = v2 ,
T = t21 t22 t23 .
(A.6)
v3
1 0 0
I = 0 1 0 .
0 0 1
58
(A.7)
(A.8)
tr( T E),
f u=
tr( T E) =
3
X
fi ui ,
i=1
3
X
hk kh .
(A.9)
(A.10)
h,k=1
Riferimenti bibliografici
Su vettori, tensori, matrici, pu essere consultato qualsiasi testo di algebra; tra molti si
consiglia [4].
x3
x1 a
x2 a ;
x3 a
x1
x2
x3
f1
f1 +
f2 +
f3 .
f2 =
x1
x2
x3
f3
= x 2 ,
x3
si pu anche scrivere
x a(x)
(A.11)
T
x f (x).
59
A. Notazione
Di frequente si presenta la necessit di definire matrici di derivate parziali. Per esempio,
dato u(x), interessa definire
x1 u1 x2 u1 x3 u1
x1 u2 x2 u2 x3 u2 .
Con la notazione adottata si ha
x1 u1
x1 u2
x1 u3
x1 u3
x2 u3
x3 u3
x2 u1
x2 u2
x2 u3
x3 u1
x3 u2
x3 u3
=
u(x)T
x
T
.
h
i
T
T
Applicando la regola di trasposizione del prodotto, x
u(x)T
= u(x) x
, si pu
per anche scrivere
x1 u1 x2 u1 x3 u1
T
,
x1 u2 x2 u2 x3 u2 = u(x)
x
x1 u3 x2 u3 x3 u3
adottando la convenzione che loperatore differenziale si applica verso sinistra nellespressione in parentesi quadre, e non verso destra, come al solito. Questa seconda notazione
sicuramente pi espressiva;1 tuttavia per evitare ambiguit e non introdurre troppi livelli
di parentesi si adotta una freccia, che punta verso il termine su cui opera loperatore
differenziale. Si ha dunque
d
db
b = a ,
dx
dx
d
da
b=
b,
dx
dx
T
u(x)T = u(x) ,
x
x
etc.
Questa notazione, a prima vista un po astrusa, pu essere spiegata osservando che
volendo adottare lalgebra delle matrici con espressioni contenenti simboli di derivazione
necessario che sia rispettata la commutativit del prodotto, e dunque si costretti a
d
d
scrivere sia dx
a che a dx
. Daltro canto la freccia necessaria perch, pur potendo imporre
formalmente la commutativit, per le derivate non pu ovviamente valere lassociativit.
1
Si comprende infatti a colpo docchio che le righe della matrice sono date dalle componenti di u, mentre
le colonne sono date dalle derivate parziali i-esime. Un altro motivo per adottare questa notazione la
conseguente semplificazione dellespressione dellintegrazione per parti, cfr. paragrafo B.2.
60
df =
f (xi ) dxj ,
xj
j=1
oppure anche
df =
n
X
j=1
f (xi )
dxj ,
xj
P3
T
il vettore x e loperatore differenziale x , risulta
j=1 xj dxj = x dx, e dunque
lequazione precedente pu essere riscritta come
T
df = f (x)
dx.
x
(B.1)
T
df = f (x)
dx,
x
T
f (x) x
dove
di f (x).
(B.2)
61
dG
F
dx =
dx
dF
G dx + [F G]ba ,
dx
d
F G dx =
dx
F
a
d
G dx + [F G]ba ,
dx
(B.3)
R
Lestensione di questa formula al caso dellintegrale di volume F x 1 G d immediata se si osserva che d = dx1 dx2 dx3 : sotto generali condizioni di regolarit per
sufficiente scomporre lintegrale triplo in un integrale esterno in dx2 dx3 e un integrale
interno in dx1 , al quale si applica la formula di integrazioni per parti monodimensionale; per trattare il fattore finito occorre inoltre notare che dx2 dx3 = d|n1 |, dove n1 la
componente della normale uscente a in direzione dellasse x1 , rispetto al quale si esegue
lintegrazione per parti. Si giunge cos al risultato, noto dai corsi di Analisi Matematica:
F
G d =
x1
F
G d +
x1
F n1 G d;
pi in generale si ha
F
G d =
xi
F
G d +
xi
Z
F ni G d,
(B.4)
FD
Z
G d =
FD
Z
G d +
F Dn G d,
(B.5)
.
elemento, ni (x) a x
i
62
(C.1)
, R.
(C.2)
n
X
Aj f (xj ),
a xj b,
(C.3)
j=1
dove i coefficienti Aj sono detti pesi, le coordinate xj punti. Una formula di quadratura
basata su interpolazione polinomiale definita come
D
Qn (f ) = I(pn1 ),
(C.4)
dove pn1 (x) un polinomio di ordine n 1 che interpola f (x) negli n punti xj .
Unespressione esplicita del polinomio interpolante pn1 (x) pu essere ottenuta come
combinazione lineare dei polinomi di Lagrange
n
lj (x) =
Y x xi
x xj1 x xj+1
x x1 x x2
x xn1 x xn
=
.
xj x1 xj x2
xj xj1 xj xj+1
xj xn1 xj xn
xj xi
i=1
i6=j
(C.5)
Dalla propriet
lj (xi ) = ij
(C.6)
63
n
X
(C.7)
j=1
j=1
Aj
(C.8)
j=1
Z
a
a+b
2
x = g(t),
Z g1 (b)
dg
f (x) dx =
f (g(t)) dt,
dt
1
g (a)
(C.9)
(C.10)
ba
2 t,
(C.11)
Da questa formula, definiti A0j e x0j pesi e punti di integrazione sullintervallo [1, 1], si
ottengono i pesi e punti di integrazione su [a, b]:
Aj =
ba 0
Aj
2
xj =
a+b ba 0
+
xj .
2
2
(C.12)
Riferimenti bibliografici
Sulle formule di integrazione numerica pu essere consultato qualsiasi testo di Calcolo
Numerico, per approfondimenti si consigliano [7, 8].
File Matlab
Unimplementazione in Matlab di una formula di integrazione gaussiana pu essere trovata nei file grule.m e gint.m, reperibili nella pagina http://www.mecc.polimi.it/
~miccoli/PASM/m-files/.
64
D. Simboli principali
Di seguito si definiscono i principali simboli adottati nel testo, elencati in ordine alfabetico
(con le lettere latine che precedono le lettere greche.) Se definite si riportano anche le
dimensioni fisiche dei simboli, utilizzando le seguenti grandezze generiche.1
1
L
M
T
F
[]
adimensionale
lunghezza
massa
tempo
forza (MLT2 )
dimensioni della grandezza generica
Simbolo
D
det( )
ei
f
I
N[ ]
definizione
[(1.26)]
[(A.7)]
[(1.2)]
[(A.8)]
[(1.19)]
dim.
FL2
[ ]n
1
FL3
1
[]
N[ ]
x
NT[ ]
[(1.21)]
[(1.22)]
L1
L1
descrizione
matrice di rigidezza
determinate della matrice , di ordine n
versore dellasse coordinato i-esimo
forze di volume
tensore identico
operatore matriciale di riordinamento delle
componenti di
operatore di equilibrio
operatore di congruenza
p
pn
T
T
[(1.3)]
[(1.4)]
FL2
FL2
[]
[ ]1
[(A.3)]
65
D. Simboli principali
. . . continua da pagina precedente
Simbolo
tr( )
u
x
definizione
[(A.4)]
[(1.10)]
=
(
0 se i 6= j
D
=
1 se i = j
[(1.15)]
[(1.18)]
[(1.5)]
[(1.18)]
FL2
FL2
(, ?)
h, ?i
h, ?iu
h, ?ip
[(2.26)]
[(2.17)]
[(2.18)]
[(2.19)]
[(2.20)]
[]
[][?]L3
[][?]L2
[][?]L2
[][?]L2
ij
66
[(1.24)]
dim.
[]
L
L
FL2
descrizione
traccia della matrice
vettore spostamento
vettore posizione
densit di energia di deformazione elastica
frontiera (o contorno) di
delta di Kronecker
1
1
tensore di deformazione
componenti ingegneristiche del tensore di
deformazione
tensore di sforzo
componenti ingegneristiche del tensore di
sforzo
dominio elastico
operatore aggiunto di
prodotto interno su di (x) e ?(x)
prodotto interno su di (x) e ?(x)
prodotto interno su u di (x) e ?(x)
prodotto interno su p di (x) e ?(x)
colophon
Questo testo composto in LATEX 2 e pdfTEX con i caratteri della famiglia Computer Modern.