ERRATA CORRIGE
• (2.29): u(0+ )
n
Y
• (2.65):
j=1
j6=i
• Nella Sezione 2.6, usa sia t che k per indicare il tempo discreto
• Proprietà 2.14: Sostituire “Traslazione nel dominio di z” con “Cambio di scala nel dominio di z”
Si consideri una funzione del tempo f (·), a valori complessi, nulla per t < 0, e maggiorata da M e γt , per
qualche valore di M > 0 e γ > 0: f : R → C, f (t) = 0, t < 0, f (t) < M e γt , t > 0.
La trasformata di Laplace della funzione f (·), indicata (sia pure impropriamente) con la notazione:
Se l’integrale (2.24) esiste per un certo valore complesso s0 = σ0 + jω0 , allora esiste per tutti i valori s tali che
Re(s) ≥ σ0 . Infine, il più piccolo valore di σ0 tale che, per ogni s con Re(s) > σ0 l’integrale (2.24) converge,
è detto ascissa di convergenza, e sarà indicato con α; la regione del piano complesso E := s ∈ C : Re(s) > α è
detta regione di esistenza. La funzione F (s) ha lo stesso contenuto informativo del segnale di origine f (t); più
precisamente, F (s) ed f (t) sono due diverse rappresentazioni dello stesso segnale: F (s) è la rappresentazione
nel dominio del tempo, mentre f (t) è la rappresentazione dello stesso segnale nel dominio del tempo.
Nota la trasformata di Laplace F (s) di un segnale, la sua rappresentazione nel dominio del tempo, f (t),
può essere ricostruita a partire dalla trasformata inversa di Laplace o antitrasformata di Laplace, definita
dall’integrale di linea: � σ+j∞
1
f (t) = L−1 [F (s)] = F (s)e st ds, t ≥ 0 (2.25)
2πj σ−j∞
cioè: � ∞
1
f (t) = L−1 [F (s)] = F (σ + jω)e (σ+jω)t dω, t≥0 (2.26)
2π −∞
ove σ è un qualunque numero reale maggiore dell’ascissa di convergenza α. Si noti che l’integrale è calcolato
lungo una retta del piano complesso parallela all’asse immaginario. Di norma, tale integrale si calcola tramite
il teorema dei residui, considerando il percorso chiuso costituito dalla retta verticale s = σ + jω e da un arco di
cerchio antiorario di raggio infinito.
La trasformata di Laplace ha interesse perchè le due trasformazioni (2.24) e (2.25) rappresentano una rela
zione biunivoca tra funzioni del tempo e corrispondenti trasformate, nel senso meglio precisato dalla seguente
propriet`a di unicit`a.
Propriet`a 2.1 (Propriet` a di unicit`a) Se L[x(t)] = LL[y(t)] lungo una qualche linea s = σ + jω, con σ >
max{αx , αy }, allora le due funzioni del tempo coincidono, cio`e x(t) = y(t), t ≥ 0 (quasi ovunque).
Propriet`a 2.2 (Linearit` a) Siano u(t) e y(t) due funzioni del tempo, con trasformata U (s) ed Y (s), rispetti
vamente. Allora, vale la seguente propriet`
a di linearit`
a:
�
1 Pi`
u rigorosamente, la trasformata di Laplace `
e definita dal seguente integrale
� ∞
F (s) := lim f (t)e −st dt.
� → 0 −�
�>0
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] 24
Proprietà 2.3 (Ritardo finito) Siano u(t) ed U (s) un segnale del tempo e la sua trasformata, con ascissa di
convergenza αu . Allora, dato un reale T > 0, la funzione traslata nel tempo u(t − T ) ha trasformata ed ascissa
di convergenza pari a:
L[u(t − T )] = e −sT U (s), α = αu . (2.28)
Dimostrazione.
� ∞ � ∞ � ∞
−st −s(τ +T ) −sT
L[u(t − T )] = u(t − T )e dt = u(τ )e dτ = e u(τ )e −sτ dτ = e −sT U (s), Re(s) > αu .
0 −T 0
Proprietà 2.4 (Trasformata di una derivata) Siano u(t) ed U (s) un segnale del tempo e la sua trasforma
ta. Allora, la derivata temporale u̇(t) della funzione u(t) ha trasformata pari a:
� �
u(t)
L = sU (s) − u(0− ). (2.29)
dt
Dimostrazione. Integrando per parti si trova:
� � � ∞ � ∞
d d � �∞
L u(t) = u(t)e −st dt = u(t)e −st 0 + s u(t)e −st dt = −u(0) + sU (s).
dt 0 dt 0
Proprietà 2.5 (Trasformata di una derivata seconda) Siano u(t) ed U (s) un segnale del tempo e la sua
d2
trasformata. Allora, la derivata temporale seconda 2 u(t) della funzione u(t) ha trasformata pari a:
dt
� 2 �
d d
L u(t) = s2 U (s) − su(0) − u(t)|t=0 . (2.30)
dt2 dt
Proprietà 2.6 (Trasformata di un integrale) Siano u(t) ed U (s) un segnale del tempo e la sua trasformata.
�t
Allora, l’integrale 0 u(τ )dτ ha trasformata pari a:
�� t �
1
L u(τ )dτ = U (s). (2.31)
0 s
Dimostrazione. Integrando per parti si trova:
�� t � � ∞ �� t � � � �∞ �
−st 1 t −st 1 ∞ 1
L u(τ )dτ = u(τ )dτ e dt = − u(τ )dτ e + u(t)e −st dt = U (s).
0 0 0 s 0 0 s 0 s
�
Proprietà 2.7 (Traslazione nel dominio di s (traslazione complessa)) Siano u(t) ed U (s) un segnale
del tempo e la sua trasformata. Allora, la funzione e at u(t) ha trasformata pari a:
Proprietà 2.8 (Trasformata di un integrale di convoluzione) Siano u(t) ed y(t) due funzioni del tempo,
U (s) ed Y (s) le loro trasformate. Allora, l’integrale di convoluzione delle due funzioni del tempo, se esiste, ha
trasformata pari a: �� t �
L u(t − τ )y(τ )dτ = U (s)Y (s). (2.33)
0
�
Proprietà 2.9 (Antitrasformata della derivata rispetto ad s) Siano u(t) ed U (s) un segnale del tempo
d
e la sua trasformata. Allora, la funzione U (s) ha antitrasformata pari a:
ds
� �
d
L−1 U (s) = −tu(t). (2.34)
ds
�
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] 25
d
L [tu(t)] = − U (s). (2.39)
ds
�
A scopo esemplificativo, la tabella 2.1 raccoglie le trasformate dirette ed inverse di alcune funzioni di uso
comune. Di norma, tali trasformate si ottengono facilmente a partire da quelle riportate sopra, tramite le
proprietà descritte in precedenza.
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] 26
Teorema 2.1 (Valore finale) Sia u(t) una funzione del tempo, con trasformata U (s). Allora, il limite per t
che tende ad infinito di tale funzione, se esiste ed `e finito, `e dato da:
Si noti che il teorema è applicabile solo se il punto s = 0 è interno alla regione di convergenza, cioè solo se
l’ascissa di convergenza è nel semipiano complesso sinistro. In effetti, l’esistenza del limite di interesse, cioè
limt→∞ u(t), garantisce tale posizione dell’ascissa di convergenza.
Il teorema del valore finale è utile nel calcolo del guadagno a regime di una funzione di trasferimento.
Teorema 2.2 (Valore iniziale) Sia u(t) una funzione del tempo, con trasformata U (s). Allora il valore
iniziale per t che tende a zero da destra di tale funzione, se esiste ed `e finito, `e dato da:
Teorema �2.3 (Valore dell’integrale) Sia u(t) una funzione del tempo, con trasformata U (s). Allora, se
∞
l’integrale 0 u(t)dt esiste, il suo valore è dato da:
� ∞
u(t)dt = lim U (s). (2.44)
0 s→0
Per quanto riguarda invece l’analisi di un sistema lineare a tempo continuo, il metodo della trasformata di
Laplace consente di determinare in modo semplice il legame ingressouscita, e cioè la matrice di trasferimento,
di tale sistema. Si consideri allora il sistema:
ẋ = F x + Gu, x ∈ Rn , u ∈ Rm , (2.52)
y = Hx + Du, y ∈ Rp . (2.53)
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] 27
e quindi, tenendo conto della nonsingolarità della matrice (sI − F ) nel campo delle funzioni razionali, si trova:
Le due equazioni (2.56) descrivono completamente il sistema. La (2.56a) descrive il legame tra la coppia
stato iniziale ingresso e lo stato, mentre la seconda descrive il legame tra le stesse grandezze e la funzione di
uscita.
I termini delle (2.56) che descrivono l’effetto delle condizioni iniziali sullo stato e sull’uscita sono dette
risposte libere, nello stato e nell’uscita, rispettivamente:
mentre i termini che descrivono l’effetto del segnale (vettoriale) di ingresso sullo stato e sull’uscita sono dette
risposte forzate, nello stato e nell’uscita, rispettivamente:
che descrive completamente il legame tra il segnale di ingresso e quello di uscita (nel caso di condizioni iniziali
nulle), è detta matrice di trasferimento del sistema. Nel caso in cui sia il segnale di ingresso che quello di uscita
siano scalari, e cioè nel caso m = 1 e p = 1, si parla di funzione di trasferimento.
βn sn + βn−1 sn−1 + · · · + β1 s + β0
Y (s) = , (2.62)
sn + αn−1 sn−1 + · · · + α1 s + α0
e si assuma, per semplicità, che le radici del denominatore siano tutte distinte (e complesse coniugate a coppia,
se non reali), cioè:
� n
sn + αn−1 sn−1 + · · · + α1 s + α0 = (s − pi ), pi =
� pj , i =
� j. (2.63)
i=1
Per ben noti risultati sulle funzioni razionali, la funzione Y (s) può essere scomposta in frazioni parziali:
A1 A2 An
Y (s) = A0 + + + ··· + , (2.64)
s − p1 s − p2 s − pn
con A0 = lims→∞ Y (s) ed inoltre Ai = lims→pi (s − pi )Y (s), per il teorema dei residui. Il calcolo dei residui Ai ,
i = 1, 2, . . . , n puù essere verificato in modo immediato. Infatti dalla (2.63) si ha, per il generico residuo Ai :
n
� Aj
(s − pi )Y (s) = (s − pi )A0 + (s − pi ) + Ai (2.65)
s − pj
j=1
j÷i
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] 28
A partire dalla scomposizione in frazioni parziali (2.64), tenendo conto della propriet`a di linearit`a (2.8) e
della trasformata di segnali elementari, si vede immediatamente che il segnale y(t) è dato da:
Per inciso, l’equazione (2.66) consente di studiare in modo immediato la risposta permanente di un sistema
lineare a tempo continuo.
Nel caso in cui alcuni degli zeri del denominatore della funzione razionale da antitrasformare, (cioè alcuni
poli della funzione), abbiano molteplicità maggiore di uno, il procedimento è analogo, salvo la forma della
espansione in frazioni parziali.
Sia allora W (s) una generica funzione razionale propria,
βn sn + βn−1 sn−1 + · · · + β1 s + β0
W (s) = . (2.67)
sn + αn−1 sn−1 + · · · + α1 s + α0
dove r indica il numero di zeri distinti del denominatore della W (s), qi indica la molteplicità di pi come zero di
tale denominatore, A0 indica il legame diretto, cioè A0 = limt→∞ W (s), ed il generico residuo Ai,j è calcolato
come: � �
1 dqi −j qi
Ai,j = lim [(s − pi ) W (s)] . (2.69)
s→pi (qi − j)! dsqi −j
In tal caso, tenendo conto delle varie proprietà della trasformata di Laplace, si ha:
qi
r �
� tj−1
w(t) = L−1 [W (s)] = A0 δ(t) + Ai,j e pi t . (2.70)
i=1 j=1
(j − 1)!
Capitolo 2: Analisi [Draft; 02/03; N.O.; UniPG] - 2-9
1
δ−1 (t) (gradino unitario)
s
1
δ−2 (t) = tδ−1 (t) (rampa unitaria)
s2
1 −as
δ−1 (t − a) (gradino unitario con inizio in t = a) e
s
1
e at (esponenziale)
s−a
tn−1 1
e at (esponenziale polinomiale)
(n − 1)! (s − a)n
ω
sin(ωt) (sinusoide)
s2 + ω 2
s
cos(ωt) (cosinusoide)
s2 + ω2
1 p 1
p e −ζωn t sin(ωn 1 − ζ 2 t) (fattore trinomio)
ωn 1− ζ2 s2 + 2ζωn s + ωn2
s+a
e −at cos(ωt)
(s + a)2 + ω 2
ω
e −at sin(ωt)
(s + a)2 + ω 2
Rt
0
x(τ )dτ s−1 X(s)
e at x(t) X(s − a)
Rt
0
x1 (t − τ )x2 (τ )dτ X1 (s)X2 (s)
d
tx(t) − X(s) (derivata nel dominio di s)
ds
2.6 La trasformata Z
Lo studio dei sistemi lineari stazionari a tempo discreto, ed in particolare lo studio dei legami ingresso-uscita
di tali sistemi, è di solito condotto facendo uso delle strumento formale-simbolico della trasformata Z.
In queste note la trasformata Z viene presentata in modo estremamente sintetico ed operativo. Per tutti gli
aspetti formali e di esistenza della trasformata si rimanda a testi specifici.
Si consideri una sequenza f : Z+ → C, {f (t) = ft , t = 0, 1, 2, . . .}. La trasformata Z è un operatore dallo
spazio di tali sequenze allo spazio di funzioni di variabile complessa, ed associa ad ogni sequenza f (·) una
funzione, indicata (impropriamente) con F (z) = Z[f (t)], e definita dalla serie:
∞
X
F (z) := f (t)z −t , (2.137)
t=0
ammesso che tale serie converga. Tenendo conto del fatto che F (z) è definita a partire da una serie in z −1 ,
la convergenza sarà ottenuta all’esterno di un cerchio centrato nel’origine del piano complesso e di raggio R
sufficientemente grande. Il valore di tale raggio è detto raggio di convergenza della trasformata U (z), e dipende
dalla specifica sequenza considerata. La regione del piano complesso esterna al cerchio di raggio R centrato
nell’origine è detta regione di convergenza o dominio di convergenza.
Ad esempio, si consideri la funzione (a tempo discreto) impulso unitario, definito da:
½
1 t=0
δ(k) = (2.138)
0 t 6= 0
dove l’integrale di linea è calcolato lungo una circonferenza Γ interna alla regione di convergenza e con centro
nell’origine del piano z.
L’uso della trasformata Z, analogamente a quanto visto per la trasformata di Laplace, è reso particolarmente
agevole da alcune proprietà fondamentali, che consentono di ricavare la trasformata della maggior parte dei
segnali di interesse a partire da quella di pochi segnali notevoli (si veda le seguente tabella 2.3).
Proprietà 2.10 (Proprietà di unicità) Data una funzione olomorfa U (z), definita nella regione di piano
complesso esterna ad un cerchio di raggio ρ, esiste ed è unica una funzione x(t), t ∈ Z+ , che soddisfa la
condizione:
U (z) = Z[x(t)], (2.142)
e che può essere calcolata per mezzo dell’integrale (2.141), con Γ cerchio di raggio maggiore di ρ.
Proprietà 2.11 (Linearità) Siano u(t) e y(t), t ∈ Z+ , due sequenze temporali, con trasformata Zeta U (z) ed
Y (z), rispettivamente. Allora, vale la seguente proprietà di linearità:
u
t
TdS [Draft; 02/03; n.O.; UniPG] - 2-21
Proprietà 2.12 (Ritardo (Scorrimento a destra)) Siano u(t) ed U (z) una sequenza temporale e la sua
trasformata. Allora, dato un intero h > 0, la funzione traslata nel tempo u(t − h) ha trasformata:
Dimostrazione.
∞
X ∞
X ∞
X ∞
X
Z[u(t − h)] = u(t − h)z −t = u(k)z −(k+h) = z −h u(k)z −k = z −h u(k)z −k = z −h U (z).
t=0 k=−h k=−h k=0
u
t
Proprietà 2.13 (Anticipo (Scorrimento a sinistra)) Siano u(t) ed U (z) una sequenza temporale e la sua
trasformata. Allora, dato un intero h > 0, la funzione traslata nel tempo a sinistra (anticipata) u(t + h) ha
trasformata: " #
h−1
X
Z[u(t + h)] = z h U (z) − u(t)z −t . (2.145)
t=0
u
t
Proprietà 2.14 (Traslazione nel dominio di z (traslazione complessa)) Siano u(t), t ∈ Z+ , ed U (z)
un segnale del tempo e la sua trasformata. Allora, la funzione at u(t) ha trasformata pari a:
z
Z[at u(t)] = U ( ). (2.147)
a
u
t
Proprietà 2.15 (Convoluzione) Siano u(t) ed y(t) due sequenze del tempo, t ∈ Z+ , U (z) ed Y (z) le loro
trasformate. Allora, la convoluzione delle due sequenze, definita da:
t
X t
X
u(t) ∗ y(t) := u(t − τ )y(τ ) = u(τ )y(t − τ ) (2.148)
τ =0 τ =0
ha trasformata pari a:
Z [u(t) ∗ y(t)] = U (z)Y (z). (2.149)
u
t
Proprietà 2.16 (Differenziazione rispetto a z) Siano u(t), t ∈ Z, ed U (z) un segnale del tempo e la sua
trasformata. Allora, la funzione tu(t) ha trasformata Zeta pari a:
d
Z [tu(t)] = −z U (z). (2.150)
dz
u
t
TdS [Draft; 02/03; n.O.; UniPG] - 2-22
e tale serie converge, per tutti i valori z con |z| > 1, ed ha come somma:
1 z
−1
= . (2.154)
1−z z−1
u
t
Rampa unitaria. Sia δ−2 (t) una rampa con pendenza unitaria:
½
0 t ∈ Z, t < 0
δ−2 (t) = , (2.155)
t t ∈ Z, t ≥ 0
Segnale esponenziale. Sia u(t) un segnale esponenziale (a tempo discreto) con costante a:
½
0 t ∈ Z, t < 0
u(t) = , (2.157)
at t ∈ Z, t ≥ 0
A scopo esemplificativo, la tabella 2.3 raccoglie le trasformate dirette ed inverse di alcune funzioni di uso
comune. Di norma, tali trasformate si ottengono facilmente a partire da quelle riportate sopra, tramite le
proprietà descritte in precedenza.
TdS [Draft; 02/03; n.O.; UniPG] - 2-23
Teorema 2.4 (Valore finale) Sia u(t), t ∈ Z+ , una funzione del tempo, con trasformata U (z). Allora, il
limite per t che tende ad infinito di tale funzione, se esiste ed è finito, è dato da:
z−1
lim u(t) = lim+ U (z). (2.161)
t→∞ z→1 z
Si noti che il teorema è applicabile solo se il raggio di convergenza è minore di uno, cioè solo se il cerchio unitario
è tutto interno alla regione di convergenza.
Teorema 2.5 (Valore iniziale) Sia u(t), t ∈ Z+ , una funzione del tempo, con trasformata U (z). Allora il
valore iniziale della sequenza, u(0), è dato da:
(2.163)
È noto che la soluzione di tale equazione omogenea alle differenze finite, cioè la risposta nello stato del sistema
alla data condizione iniziale, la risposta libera nello stato, è descritta dall’esponenziale di matrice (a tempo
discreto):
x(t) = F t x0 , t ∈ Z+ . (2.165)
Per il calcolo di tale esponenziale di matrice si può far uso della trasformata Zeta. Infatti, per la proprietà
della trasformata di una funzione traslata nel tempo, il sistema precedente, nel dominio della variabile z, può
essere scritto come:
zX(z) − zx0 = F X(z), (2.166)
da cui segue facilmente:
(zI − F )X(z) = zx0 . (2.167)
Nel campo razionale (e non, si badi bene, nel campo dei reali o dei complessi), la matrice (zI − F ) è non
singolare, infatti il suo determinante è il polinomio caratteristico del sistema, per cui l’equazione precedente può
essere risolta rispetto alla trasformata dello stato, trovando:
Per quanto riguarda invece l’analisi di un sistema lineare a tempo discreto, il metodo della trasformata Zeta
consente di determinare in modo semplice il legame ingresso-uscita, e cioè la matrice di trasferimento, di tale
sistema. Si consideri allora il sistema:
e quindi, tenendo conto della non-singolarità della matrice (zI − F ) nel campo delle funzioni razionali, si trova:
Le due equazioni (2.175) descrivono completamente il sistema. La (2.175a) descrive l’effetto delle condizioni
iniziali e dell’ingresso sullo stato, mentre la seconda descrive il legame tra le stesse grandezze e la funzione di
uscita.
I termini delle (2.175) che descrivono l’effetto delle condizioni iniziali sullo stato e sull’uscita sono dette
risposte libere, nello stato e nell’uscita, rispettivamente:
mentre i termini che descrivono l’effetto del segnale (vettoriale) di ingresso sullo stato e sull’uscita sono dette
risposte forzate, nello stato e nell’uscita, rispettivamente:
che descrive completamente il legame tra il segnale di ingresso e quello di uscita (nel caso di condizioni iniziali
nulle), è detta matrice di trasferimento del sistema. Nel caso in cui sia il segnale di ingresso che quello di uscita
siano scalari, e cioè nel caso m = 1 e p = 1, si parla di funzione di trasferimento.
βn z n + βn−1 z n−1 + · · · + β1 z + β0
Y (z) = , (2.181)
z n + αn−1 z n−1 + · · · + α1 z + α0
e si assuma, per semplicità, che le radici del denominatore siano tutte distinte (e complesse coniugate a coppia,
se non reali), e non sia presente un polo nell’origine (perchè introdotto artificialmente nel seguito), cioè:
n
Y
z n + αn−1 z n−1 + · · · + α1 z + α0 = (z − pi ), pi 6= pj , i 6= j, pi 6= 0. (2.182)
i=1
1
Per ben noti risultati sulle funzioni razionali, la funzione Y (z) = Y (z), che è sempre strettamente propria,
z
può essere scomposta in frazioni parziali:
A0 A1 A2 An
Y (z) = + + + ··· + , (2.183)
z z − p1 z − p2 z − pn
(z − pi )
con A0 = limz→0 zY (z) = limz→0 Y (z) ed inoltre Ai = limz→pi (z − pi )Y (z) = Ai = limz→pi Y (z).
z
A partire dalla scomposizione in frazioni parziali (2.183), la funzione originale Y (z) può essere riscritta come:
z z z
Y (z) = A0 + A1 + A2 + · · · + An , (2.184)
z − p1 z − p2 z − pn
TdS [Draft; 02/03; n.O.; UniPG] - 2-25
e quindi, tenendo conto della proprietà 2.11 di linearità e delle trasformate di segnali notevoli, si vede immedia-
tamente che il segnale y(t) è dato da:
Nel caso in cui alcuni poli del sistema abbiano molteplicità maggiore di uno, il procedimento è analogo, salvo
la forma della espansione in frazioni parziali. In questo caso, possono essere presenti un numero qualsiasi di poli
nell’origine. Sia allora W (z) una generica funzione razionale propria,
βn z n + βn−1 z n−1 + · · · + β1 z + β0
W (z) = . (2.186)
z n + αn−1 z n−1 + · · · + α1 z + α0
1
e si consideri la funzione W (z) = W (z), che è strettamente propria. Tale funzione può essere espansa in
z
frazioni parziali nella forma:
X r Xqi
Ai,j
W (z) = , (2.187)
i=1 j=1
(z − pi )j
dove r indica il numero di poli distinti della W (z), compreso il polo nell’origine, sicuramente presente, qi indica
la molteplicità del polo pi , ed il generico residuo Ai,j è calcolato come:
½ ¾ ½ · ¸ ¾
1 dqi −j £ qi
¤ 1 dqi −j (z − pi )qi
Ai,j = lim (z − pi ) W (z) = lim W (z) . (2.188)
z→pi (qi − j)! dz qi −j z→pi (qi − j)! dz qi −j z
In tal caso, tenendo conto delle varie proprietà della trasformata Zeta, ed assumendo che p1 indica il polo
nell’origine (p1 = 0), si ha:
q1
X X qi
r X µ ¶
−1 t
w(t) = Z [W (z)] = A1,j δ(t − j) + Ai,j pi t−j . (2.189)
j
j=1 i=2 j=1
Un modo alternativo per tenere conto di possibili poli nell’origine nella funzione razionale da trattare consiste
nel notare che un fattore z ν a denominatore corrisponde ad un ritardo di ν passi della corrispondente funzione del
tempo. Si possono quindi trascurare tali poli nulli, calcolare la trasformata inversa della funzione Ŷ (z) = z ν Y (z),
e poi traslare a destra (ritardare) di ν passi il segnale cosı̀ ottenuto.
Tabella 2.3: trasformate Z notevoli
z
δ−1 (k) gradino unitario
z−1
z
k rampa unitaria
(z − 1)2
z
δ−1 (k − h) gradino unitario con inizio in k = h z −h
z−1
z
ak potenza
z−a
az
k ak
(z − a)2
k ah z
ak potenza-polinomio
h (z − a)h+1
z sin(θ)
sin(kθ) sinusoide
z2 − 2z cos(θ) + 1
z[z − cos(θ)]
cos(kθ) cosinusoide
z2 − 2z cos(θ) + 1
u(k − h) z −h U (z)
ak u(k) U ( az )
k
X
u(k − h)y(h) U (z)Y (z)
h=0
d
ku(k) −z U (z)
dz