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2 Le due memorie

Nel paragrafo precedente, quando ho trattato del rapporto tra percezione e memoria, ad un
certo punto ho fatto un breve riferimento a due tipologie di memoria, che in quel caso ho chiamato
memoria del corpo e memoria del passato, adesso entrerò nello specifico della descrizione di tali
memorie, al fine di poter essere pronto a trattare l'importante argomento del riconoscimento.
Nel secondo capitolo di Materia e memoria, quello intitolato il riconoscimento delle immagini.
La memoria ed il cervello, inizialmente affronta l'argomento di come il passato si conservi,
formulando la seguente ipotesi: «il passato si conserva sotto due forme distinte: 1° dentro dei
meccanismi motòri; 2° dentro dei ricordi indipendenti»1.
Questi due tipi di meccanismo di conservazione dei ricordi non sono altro che le due memorie
già citate e per chiarirne la differenza, Bergson utilizza fin da subito un esempio, quello di una
lezione imparata a memoria.
Per studiare una lezione a memoria inizialmente la si legge una prima volta, poi lo si rifà per
un certo numero di volte.
Ogni nuova lettura segna un progresso, le varie letture si legano insieme, si organizzano e alla
fine la lezione è imparata, è diventata ricordo, è impressa nella memoria.
Il procedimento con cui la lezione è stata imparata è avvenuto attraverso una ripetizione di uno
stesso sforzo, di una stessa operazione che, ripetendosi appunto, si registra, si immagazzina come
meccanismo che dapprima è stato scomposto e poi ricomposto in vista dell'azione finale, che mette
in moto dei movimenti automatici in un sistema chiuso.
Questo meccanismo ha tutte le caratteristiche di una abitudine, al contrario il ricordo di una
determinata lettura non ha le caratteristiche di un'abitudine.
Il ricordo della singola lettura è un avvenimento caratterizzato dall'essere rimasto impresso
nella memoria con tanto di data, è un evento unico, tale da non potersi ripetere come un'abitudine.
La differenza tra i due tipi di ricordi è netta, il ricordo di una determinata lettura è una
rappresentazione che poi può essere anche allungata o accorciata a piacimento e non esige un
determinato periodo di tempo di svolgimento.
Al contrario la lezione imparata a memoria è un'abitudine, è un'azione piuttosto che una
rappresentazione ed essa esige un tempo determinato di svolgimento di tutti i movimenti di
articolazione, necessari per il meccanismo.
Una volta imparata la lezione, ovvero quando diventa un meccanismo, essa diventa parte del
mio presente, «è vissuta, è «agita» piuttosto che rappresentata»2, potrebbe quasi essere considerata
innata, se talvolta non venissero ricordate le rappresentazioni delle singole letture che hanno
contribuito a formare l'abitudine, ma ormai questa è indipendente da quelle e viceversa.
Da qui è possibile dunque comprendere che vi saranno due tipologie di memoria legate
ciascuna a questi due ricordi: una registrerebbe l'intero passato, tutto ciò che fa parte degli
avvenimenti della vita quotidiana sotto forma di ricordi-immagine, lasciandone la data, e si
presenterebbe senza scopi di utilità, solo per ricercare qualcosa della vita passata, di una percezione
già provata.
Il fatto è che ogni percezione si prolunga in un'azione nascente, questi ricordi-immagine pian
piano si fissano e si allineano formando una serie di meccanismi costruiti che modificano il corpo
ed influiscono sulle reazioni con l'ambiente esterno.
Questa esperienza man mano si accumula e questo tipo di memoria consiste nell'altro che
abbiamo descritto, quello di un'altra natura, che è azione, che è posta nel presente e rivolta sempre
al futuro.
Di ciò che è passato invece ha conservato solo i movimenti che, ripetuti, hanno costituito il
meccanismo, lo sforzo accumulato che questa memoria non ritrova sotto forma di ricordo-
immagine, ma richiama attraverso l'ordine dei movimenti con cui è stato formato e dunque non

1 Ivi, p. 63 .
2 Ivi, p. 66 .
raffigura più il passato, con una rappresentazione, bensì lo mette in atto:

se merita ancora il nome di memoria, non è più perché conserva delle vecchie immagini, ma perché ne
prolunga l'effetto utile fino al momento presente.
Di queste due memorie, di cui l'una immagina e l'altra ripete, la seconda può supplire la prima e spesso
darne anche l'illusione.3

Per evocare il nostro passato come una rappresentazione è necessario abbandonare, per il
momento, l'urgenza dell'azione presente, dando valore all'inutile, ma è difficile farlo, il passato
appare sempre come sfuggente e per di più la memoria che immagina sembra non poter agire perché
contrastata dalla memoria che ripete, che porta sempre in avanti, all'azione.
La registrazione di fatti e momenti unici nel loro genere avviene in ogni momento della durata,
ma questi ricordi peccano di utilità, per tale scopo sono preferibili infatti quei ricordi imparati, che
sono abitudine piuttosto che ricordo vero e proprio.
Due memorie e due ricordi, entrambi con nature differenti:

il ricordo spontaneo è immediatamente perfetto; il tempo non potrà aggiungere nulla alla sua immagine
senza snaturarla; esso conserverà, per la memoria, il suo posto e la sua data.
Al contrario, il ricordo imparato uscirà dal tempo via via che la lezione sarà meglio saputa; diventerà
sempre più impersonale, sempre più estraneo alla nostra vita passata. 4

La prima memoria, quella dei ricordi spontanei, sembrerebbe essere la vera memoria, mentre la
seconda, quella dei ricordi imparati, ha semplicemente la funzione di costruire un meccanismo,
attraverso una sempre migliore ripetizione di movimenti, al fine di creare un'abitudine del corpo, è
un'abitudine illuminata dalla memoria ed essa è ricordo soltanto perché se ne rammenta il fatto di
averla acquisita.
La seconda memoria in quanto attività dovrà inibire costantemente la prima, accettando però
da quest'ultima soltanto la sua capacità di illuminare l'azione presente, ma i ricordi-immagine hanno
un altra caratteristica, appaiono e scompaiono indipendentemente dalla nostra volontà; è proprio per
questo che siamo obbligati a tenere a mente i ricordi e per tenerli a disposizione, si sostituisce
all'immagine un meccanismo motorio.
Riassumendo esistono queste due forme estreme di memoria di cui la prima immagina,
immagazzina tutti gli avvenimenti della vita sotto forma di ricordi-immagine, la seconda ripete,
mantiene il passato attraverso dei meccanismi sensorio-motori: la prima è spontanea, capace di
mantenere esattamente il momento passato con l'esatto colore e la data esatta, ma non è perfetta
nella riproduzione; la seconda invece è acquisita grazie allo sforzo e resta al servizio della volontà
del corpo.
Il maggior utilizzo della memoria abitudine è tipico dell'uomo d'azione, l'impulsivo egli è colui
che è sempre pronto all'azione, vive nel puro presente; chi invece si ostina a vivere nel passato per il
piacere di viverci, che evoca continuamente i suoi ricordi senza che questi abbiano utilità sul
presente, questo non è un impulsivo ma è un sognatore.
L'uomo che sogna la propria vita al posto di viverla vedrebbe l'infinita moltitudine dei ricordi
passati, al contrario colui che ripudia questo tipo di memoria «giocherebbe senza posa la propria
esistenza, al posto di rappresentarsela veramente»5, sarebbe più che altro un automa cosciente che
segue le sue abitudini e vive intrappolato nel presente.
Il primo non uscirebbe mai dal particolare anzi, dall'individuale, lasciando ogni ad ogni
avvenimento passato la sua precisa data nel tempo; l'altro, invece, sarebbe sempre spinto
nell'abitudine, incapace di pensare l'universale, poiché per farlo è necessario avere un idea di
generalità, che si forma con la rappresentazione virtuale derivante da una serie di immagini passate

3 Ivi, p. 67 .
4 Ivi, p. 68 .
5 Ivi, p. 131 .
ricordate.
È tra questi due estremi che però si pone l'uomo comune, si pone una memoria docile, in grado
di seguire i contorni del presente e rispondere energicamente al richiamo del presente, in una vita
normale in cui i due estremi si compenetrano gli uni con gli altri.
L'unico caso in cui c'è un'influenza tra le due è quando la prima mostra le immagini di ciò che
ha preceduto e seguito vecchie situazioni analoghe alla situazione presente, al fine di illuminare la
scelta della coscienza, questo è ciò in cui consiste l'associazione di idee e, soprattutto, l'atto del
riconoscimento.
Queste due memorie teorizzate da Bergson irrompono in un momento storico in cui il dibattito
sul funzionamento del cervello e dei modi in cui esso si rapporta con il mondo esterno, era
affrontato, alla fine dell'ottocento molta psicologia scientifica faceva studi sulla psiche fondati su
indagini neurologiche e psicopatologiche. Abbiamo già visto a riguardo le critiche che Bergson al
tempo del Saggio già muoveva contro i risultati della psicofisica, oppure vedremo l'elenco dei casi
di varie afasie nelle pagine di Materia e memoria, ma non solo la psicologia si è mossa in questo
sentiero della relazione mente-corpo e del funzionamento del cervello e quindi della memoria,
anche la letteratura dell'epoca, su tutti Marcel Proust, la Recherche è un manifesto per quanto
riguarda l'indagine sulla memoria e sul ruolo del cervello.
Non starò qui ad analizzare la figura di Proust e il suo apporto alla filosofia, richiederebbe
troppo impegno, ma un confronto con Bergson, seppur breve, lo farò, soprattutto sulla diversa
concezione della memoria, che risulta a causa di una diversa concezione della realtà e del tempo,
della potenza dell'istante. Il tutto lo farò seguendo l'interessante studio fatto da Stefano Poggi nel
suo libro6 in cui confronta le due figure proprio sul terreno comune della memoria e dell'afasia.
Anche Proust distingue due tipi di memoria, una memoria volontaria e una involontaria: la
prima agisce in cui recuperiamo con un preciso atto della volontà il passato, inteso chiaramente
come insieme di esperienze passate; la seconda invece è quella che consente la rievocazione di un
ricordo passato completo, ovvero carico anche del suo valore soggettivo ed emotivo, a partire da
una sollecitazione sensoriale emergono improvvise epifanie ed il passato ritorna intatto, è quel
famoso tempo ritrovato così chiamato da Proust.
La prima differenza che si deve subito far notare con Bergson è che Proust ha una
impostazione di tipo associazionistica del processo percettivo, la realtà è un insieme di sensazioni
istantanee, posizione alla quale Bergson è contrario ed anzi, è la matrice dell'errore che porta a
considerare la differenza tra ricordo e percezione come una sola differenza di grado.
La differenza sta proprio nella concezione del reale, se per Bergson il reale è un piano misto, di
presente e passato, di percezioni e ricordo, dove le immagini non sono altro che questo, qualcosa a
metà tra una cosa e una nostra rappresentazione, la realtà secondo la visione associazionista non è
un misto, essa divide.
Divide tra presente e passato, tra immagine e sensazione, ne dà una significativa
rappresentazione Bergson con l'immagine messa in apertura del capitolo tre di Materia e memoria.

Figura 3, immagine presa da H.Bergson, Materia e memoria, Editori Laterza,


Bari 2020, p. 113 .

6 S.Poggi, Gli istanti del ricordo, il Mulino, Bologna 1991 .


La linea tratteggiata MP spezza letteralmente la realtà, rompe la continuità del divenire, inteso
come durata, in favore di una realtà che è invece insieme di elementi giustapposti, che così
considerati, sono alla ricerca di rapporti di analogia tra loro.
L'esercizio del confronto che va alla ricerca di rapporti di somiglianza tra le varie sensazioni
presenti, consiste per Proust nella stessa attività conoscitiva.
È proprio il miracolo dell'analogia che è alla base dell'azione della memoria involontaria, è ciò
che dà il via al riconoscimento. Il lavoro della memoria involontaria precede sempre quello della
memoria volontaria, il lavoro di quest'ultima è proprio quello del confronto dei vari dati percettivi,
con la ricerca e la definizione di somiglianze.
Nonostante che ci sia l'azione della memoria volontaria di ricerca di somiglianze e di
continuità, quello che caratterizza l'esercizio del conoscere è la discontinuità, questo perché alla
base di tutto c'è il lavoro della memoria involontaria, che produce delle intermittenze, in cui il
passato viene rievocato nel presente, in esperienze istantanee che, poste in discontinuità, danno
gioia intellettuale assoluta perché poste fuori dal tempo.
Questo carattere intermittente della conoscenza non è presente in Bergson, per lui la realtà
viene colta attraverso un'intuizione che coglie in modo diretto le cose, che fanno parte di un flusso
continuo che è la durata, in cui non esistono cose fatte, ma solo cose che si fanno.
La memoria involontaria proustiana non è il corrispettivo della memoria pura bergsoniana, per
Proust la memoria è «la visione interiore di due immagini datisi in tempi diversi, che sono colte
nella contemporaneità»7, come definisce Poggi nel suo libro, e la memoria involontaria fa da
contesto e l'esperienza passata non è separabile dalla sensazione presente, il riconoscimento avviene
al momento del confronto con l'immagine derivante dalla sensazione e la memoria non può essere
pura, sarà sempre memoria di qualcosa.
Nella visione di Proust non c'è quel serbatoio di ricordi puri, quasi dimenticati del nostro
passato in cui agisce una memoria pura, questo perché la realtà è fatta di istanti, di momenti e qui si
arriva al fulcro della differenza che c'è tra Proust e Bergson che sì, sono due modi diversi di
intendere la realtà, ma alla base di queste due impostazioni ci sono due diversi concetti di tempo.
L'io analizzato da Proust ha un rapporto con il tempo diverso da quello della soggettività
bergsoniana, vive i suoi momenti di vita autentica in quelle intermittenze che avvengono fuori dal
tempo che scorre, sono momenti che turbano la continuità, si situano nell'istante. Per Bergson
invece tutto avviene in quel processo continuo che è la durata, nulla si perde, come un gomitolo
tutto viene trasportato, ogni momento si fonde con l'altro, ancora una volta si vede come la scelta
radicale in Bergson di un nuovo paradigma temporale, consente di costruire una concezione di
realtà diversa non solo da Proust, ma soprattutto dalla scienza e dalla psicologia associazionista del
suo tempo, di cui il grande autore francese della Recherche ne è una sua attuazione.

7 Ivi, p. 96 .
TESI
LORENZO COSELLI

Teoria della memoria nella filosofia di


Bergson

Paragrafi:
• 1.2 Verso Materia e memoria
• 2.1 Percezione e memoria
• 2.2 Le due memorie

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