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L’ANTIPOSITIVISMO

Molti intellettuali dell'epoca avvertono l'insoddisfazione per la riduzione


positivista della complessità umana nei dati di fatto.
Non a caso, uno dei filosofi più rappresentativi di questa stagione, Henri
Bergson, critica soprattutto l'orientamento materialistico della psicologia
ottocentesca, che a suo dire assimilava i fenomeni psichici alle cose.
Dunque la cultura positivista è criticata e superata attraverso l’impiego di
sistemi che configurano un nuovo modo di pensare e di indagare la
ragione filosofica.

La reazione antipositivista si configura in duplice senso:

- come critica dell'estensione del mondo sperimentale alle scienze dello


spirito;
- come critica della visione generale del mondo implicita nel positivismo.

In generale, si può affermare che la reazione antipositivista non rappresenta


soltanto un nuovo metodo, ma anche l’assunzione di un mutato punto di
vista nella considerazione dell'uomo e del suo mondo.
La filosofia e le scienze umane ora cercano di cogliere l'essenza degli oggetti
naturali e di interpretarli attraverso le nuove categorie di spirito e libertà,
offrendo una soluzione diversa ai problemi dell'esistenza.

HENRI BERGSON
La personalità più influente della reazione al positivismo è quella del filosofo
francese Henri Bergson, autore di opere di successo come L'introduzione alla
metafisica, del 1903, e L’evoluzione creatrice, del 1907.
Henri Bergson, approfondendo l’analisi sul concetto del tempo, giunge ad una
visione metafisica del mondo, che interpreta l'uomo e la natura in chiave
spiritualista liberandosi di ogni approccio meccanicistico e positivistico. Egli si
affida all'intuizione per cogliere la vita nell'immediatezza del suo fluire e
quindi nega che lo spirito possa essere studiato e compreso in maniera
scientifica.
IL TEMPO

Per Bergson, il concetto del tempo di cui fa uso la fisica è profondamente


diverso da quello della coscienza.
Il tempo della scienza, infatti, è un tempo specializzato, una successione
misurabile di istanti rappresentabili su una linea retta, costituita da una serie
infinita di punti tutti uguali. Il tempo fisico segna sempre e soltanto l'istante
presente. Questo tempo per Bergson è importante, perché il suo carattere di
misurabilità regge l'organizzazione della vita pratica e sociale.
Ma la concezione meccanica del tempo non è né l'unica nella più importante.
Oltre al tempo della scienza, possiamo riconoscere un tempo della
coscienza. Bergson elabora una concezione del tempo come interiorità e
durata che è il fondamento di una visione del mondo spiritualista, la quale
implica una morale della libertà.
Il tempo della coscienza non è fatto di singoli istanti tra loro separati, ma è un
continuo fluire del passato nel presente, grazie alla memoria, e del presente
nel futuro, attraverso l'anticipazione o la progettualità. L’ora, il giorno, il mese
e l’anno non hanno più significato: un avvenimento del passato, tornato alla
propria coscienza, può essere per l'individuo più presente di un evento
dell’oggi.

Il tempo interiore è (caratteristiche):


1) il tempo della durata: il passato è imperituro;
2) il tempo della vita, cioè delle cose che hanno significato nella vita d
ciascun individuo;
3) tempo qualitativo: non è misurabile e ha senso in ragione della qualità del
ricordo che suscita nell’individuo che lo conserva;
4) un flusso continuo.

Bergson spiega le caratteristiche del tempo della coscienza attraverso


l’esempio di un gomitolo di filo: questo si srotola continuamente, perché
vivere vuol dire invecchiare; ma al contempo si arrotola continuamente,
perché il nostro passato ci segue costantemente, anche se non ce ne
rendiamo conto.
LA MEMORIA

Strettamente legata al tempo è la memoria, grazie alla quale il nostro passato


esiste. Bergson analizza il processo del ricordo in Materia e memoria, e ne
distingue tre distinte modalità:
- il ricordo puro;
- il ricordo-immagine;
- la percezione.

Il ricordo puro (durata) è la memoria profonda, il deposito inconscio di tutte


le esperienze passate, e che costituisce il nostro passato.
Il ricordo-immagine è, invece, l’atto con cui il passato si materializza
facendosi presente. Tale materializzazione del ricordo puro è operata dal
cervello, dunque si tratta di un atto fisiologico, e, in quanto tale, può essere
danneggiato a seguito di lesioni celebrali.
Riguardo a questo, Bergson dice che tali malattie colpiscono soltanto il
ricordo-immagine, non la memoria vera e propria (e quindi il ricordo puro).
Infatti quest’ultimo è spirituale, non fisiologico, e quindi non può sparire.
Si ripete così il concetto che il passato non si vede mai, è sempre
virtualmente disponibile, anche se inconsciamente.
La percezione, in conclusione, è la facoltà che ci lega al mondo esterno, e
ha la funzione di selezionare i dati che ci sono più utili ai fini delle nostre
attività concrete. La percezione di un suono, un odore o un’immagine di oggi,
può risvegliare in noi esperienze del passato.
Ricordo puro, ricordo-immagine e percezione sono quindi i tre mezzi
attraverso i quali il nostro vissuto, da virtuale, diventa attuale.
Attraverso questi tre mezzi, la vita dello spirito sale in superficie e agisce
sul mondo. In questo modo, Bergson riesce a superare la divisone tra
interiorità ed esteriorità, tra mondo fisico e mondo dello spirito.

L’EVOLUZIONE CREATRICE

ÉLAN VITAL

Ne L’evoluzione creatrice, del 1907, Bergson spiega che tra vita biologica e
vita della coscienza c’è sviluppo e continuità, ed in entrambe scorre
incessantemente l’energia vitale.

Infatti la vita non procede per aggregazione di materia, bensì grazie ad un
impulso iniziale detto élan vital (slancio vitale), che crea di continuo e per
contingenza una grandissima varietà di forme.

Lo slancio vitale è un’energia spirituale e invisibile che costituisce la trama
sotterranea del continuo fluire della vita, la quale trabocca nell’universo,
assicurandone anche l’unità, che infatti non si può spiegare né sulla base di
un fine né sulla base di una causa meccanica.

La forza meccanica infatti non spiega la complessità di alcuni organi, come
ad esempio l’occhio umano, complicatissimo eppure con una funzione
semplicissima.

LA VITA DELL’UNIVERSO

La vita dell’universo non è dunque frutto di necessità, ma è libero impulso
creativo, ed è spinta da una forza che agisce alle sue spalle (vis a tergo).
Man mano che tale impulso si attualizza, si dirama e dà origine a tutti gli
esseri e, tra gli animali, l’uomo rappresenta il vertice della vita
dell’universo. Se volessimo applicare un termine della biologia moderna,
potremmo dire che la vita all’origine è totipotenza, ossia possibilità di divenire
tutte le cose, che con il tempo si attualizza specifica.
Bergson paragona la vita dell’universo all’esplosione di un proiettile in mille
pezzi, che a loro volta esplodono in mille altri frammenti.
Avremmo potuto essere qualcos’altro, ma la contingenza ci ha fatti in questo
modo, e non per necessità, ma per via della libertà dell’energia vitale.

INTELLIGENZA, ISTINTO, INTUIZIONE

Anche la nostra intelligenza avrebbe potuto essere diversa, ma questa è


fatta per analizzare e selezionare il mondo fisico e meccanico, utilizzando e
costruendo strumenti organizzati per consentire la sopravvivenza.

L’intelligenza ha lo scopo ricomprendere la materia inorganica, e per questo
dà vita alla scienza e alla tecnica.
Ricorrendo ad un’altra metafora, Bergson dice che l’intelligenza si comporta
come il cinematografo, che cerca du riprodurre il movimento incollando uno
dopo l’altro tanti fotogrammi.
L’intelligenza vale solo nel mondo fisico, è diversa dall’istinto (che è presente
soprattutto negli animali), ed è capace di comprendere singole porzioni di
realtà, ma non la vita nel suo fluire continuo.
Questo ultimo compito è perciò affidato all’intuizione, che riesce a intuire
l’essenza spirituale della realtà, come vale, ad esempio, per l’intuizione
artistica. Per Bergson, però, l’intuizione, nell’umanità, è quasi assente, e la
paragona ad una lampadina quasi spenta, che si rianima ad intermittenza
solo per brevi istanti.
Istinto ed intelligenza sono entrambi strumenti di cui la natura ha dotato gli
esseri animali, ma solo l’intelligenza è coscienza, quindi solo questa consente
all’uomo di trascendere i limiti imposti dalle cose. L’intelligenza, però, è più
distante dalla vita rispetto all’istinto: l’istinto infatti, pur essendo incapace di
conoscere, si applica a soddisfare i bisogni fondamentali della vita,
dall’alimentazione alla sessualità.

LA MORALE

Nella sua ultima opera intitolata Due fonti della morale e della religione,
Bergson identifica due tipi di organizzazione sociale: la società chiusa e la
società aperta.
Nella prima l’individuo si identifica con il gruppo di appartenenza, e la sua
libertà è ridotta al minimo in quanto domina la morale dell’obbligazione e
dell’abitudine, che mirano ad un conformismo sociale.
Nella seconda vige la libertà e regna la morale assoluta, che si indirizza
all’intera umanità e che è fonte di progresso.
LA RELIGIONE

Alle due forme di morale corrispondono due tipi di religione: quella statica e
quella dinamica.
La prima si serve dei miti e delle superstizioni per proteggere l’uomo dalle
sue parole e per dargli una speranza consolatoria.
La religione dinamica, invece, che si identifica nella vita dei mistici ed è quindi
rara, consiste nell’inserirsi, grazie all’amore, nello slancio creatore della vita e
nell’identificarsi con Dio, dal momento che tale slancio creatore è Dio stesso.
Identificato lo slancio creatore con Dio e Dio con l’amore, Bergson ritiene che
la mistica sia l’unico rimedio ai mali morali e sociali in un mondo pervaso
dalla tecnica e della meccanica, e si augura che ci siano sempre più uomini
aperti all’esperienza mistica dell’amore.

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