Sei sulla pagina 1di 9

LO SPIRITUALISMO

La prima e la più diffusa reazione al Positivismo è lo Spiritualismo per il quale l'oggetto della scienza, la
natura, la materia, i corpi e le forze, non sono la realtà ultima, ma apparenze e manifestazioni di una realtà
più profonda di natura spirituale. Gli spiritualisti parlano volentieri delle aspirazioni del cuore, del
sentimento, dei bisogni dell'anima.

BERGSON

Il pensiero di Bergson maturò nel clima dell'intellettualismo francese. Secondo Bergson le dottrine
spiritualistiche hanno avuto il torto di isolare la vita spirituale da tutto il resto, trascurando completamente
gli insegnamenti della scienza che la mostrano strettamente legata a tutta la realtà.

Tempo e durata

Una delle teorie più originali di Bergson è la distinzione tra tempo della scienza e tempo della vita. La scienza
pensa il tempo analogamente allo spazio, cioè omogeneo, discreto e misurabile: infatti il tempo della scienza
è costituito da istanti tutti uguali, ben distinti tra loro, che si susseguono in un determinato ordine. È un
tempo reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto e osservato un numero indefinito di volte. Il
tempo della vita è qualcosa di concreto e di interiore e di identifica con la durata. Consta di istanti
qualitativamente diversi che so compenetrano e si sommano fra di loro, alla maniera di una valanga. Per cui,
mentre il tempo della scienza trova la sua immagine in una collana di perle, tutte uguali e distinte tra loro,
l’immagine del tempo della vita è il gomitolo di filo (o la valanga), che continuamente muta e cresce su se
medesimo. Questa conservazione totale è nello stesso tempo una creazione totale, giacché in essa ogni
momento, pur essendo il risultato di tutti i momenti precedenti, è assolutamente nuovo rispetto ad essi.

La libertà è il rapporto fra spirito e corpo

In Materia e memoria Bergson studia i rapporti tra spirito e corpo. Egli distingue tra memoria, ricordo e
percezione. La memoria è la coscienza stessa, che registra automaticamente tutto ciò che accade, anche ciò di
cui non abbiamo consapevolezza. Il ricordo è la materializzazione, operata dal cervello, di un evento del
passato. La percezione agisce come un filtro selettivo di dati, in vista delle esigenze dell’azione. Quindi la
relazione tra spirito e corpo consiste nel fatto che ogni esperienza diventa memoria (corpo → spirito) e in
ogni esperienza la memoria guida l’azione (spirito → corpo). In questo modo Bergson ha continuato a
presupporre il dualismo tra spirito e corpo.

Lo slancio vitale

Ne L’evoluzione creatrice Bergson delinea la differenza tra la vita umana e la vita della natura. Mentre l’uomo
può vivere una sola vita e quindi deve fare delle scelte, la natura non è costretta a simili sacrifici: essa
conserva le tendenze che si sono a un certo punto biforcate e crea serie divergenti di specie che si evolvono
separatamente. In altri termini la vita della natura si sviluppa «come un fascio di steli» creando direzioni
divergenti fra le quali si divide il suo slancio originario. La vita animale porta alle forme più perfette d’istinto
e d’intelligenza. L’istinto si può definire come la facoltà di utilizzare o costruire strumenti organizzati (gli
organi corporei); l’intelligenza invece si può definire come la facoltà di fabbricare gli strumenti artificiali. Ma
l’intelligenza, e quindi la scienza, fotografa la realtà non rendendo adeguatamente l’essenza della vita che è
slancio.

Società, morale e religione

Le società chiuse per Bergson sono le società statiche, nelle quali l’individuo agisce unicamente come parte
del tutto e con un margine ridotto di libertà, invece le società aperte sono le società dinamiche, nelle quali
continua lo sforzo creatore della vita in cui domina una morale assoluta, che guarda l’umanità intera, al
contrario della società chiusa che è fondata sui modi di vita che garantiscono la solidità del gruppo.

L'uomo è libero, anzi è collaboratore della Supercoscienza per liberare lo slancio vitale dall'arresto della
materia. L'uomo ha quindi un compito etico-religioso. La morale si esplica nella conservazione della specie
poiché la natura così vuole. La morale è dunque la coscienza dei rapporti che legano l'uomo all'uomo. Nasce
così la morale sociale che obbliga gli uomini all'osservanza di determinate norme. La morale può essere
chiusa o aperta: la prima è di un gruppo ripiegato su se stesso; la seconda invece è quella degli eroi e dei
santi, i quali, liberandosi da finalità puramente formali, si elevano alla ragione, comune a tutti, e a Dio, padre
di tutti gli uomini.

La religione può essere statica o dinamica. La prima nasce dall'esigenza della stessa natura. L'uomo, infatti,
condurrebbe la sua libertà e la sua intelligenza ad assecondare il proprio egoismo e a sottrarsi ai doveri
sociali, per questo occorre un freno. La natura ha così dotato l'uomo della facoltà fabulatrice, che ha il
compito di creare un mondo fantastico, capace di difendere la società dalla dissoluzione. La facoltà
fabulatrice oppone alla morte la credenza in una vita ultraterrena, concepisce una divinità protettrice di
gruppo contro l'azione individuale disgregatrice. Questa è l'origine delle religioni non cristiane. Diversa è la
religione dinamica o mistica; essa sorge non dall'intelligenza, ma dall'unione autentica al principio della vita.
Tutto ciò opera nello spirito dei mistici, ma soprattutto viene dal Cristo dei Vangeli.

NIETZSCHE

Ai primi del 1889 Nietzsche ha un crollo psichico e scrive lettere (i cosiddetti “biglietti della pazzia”) ad amici,
a uomini di Stato e a membri di case regnanti. Alcuni destinatari di queste lettere avvertono Overbeck che,
recatosi a Torino, trova l’amico in preda alla follia e lo porta con sé a Basilea, dove viene ricoverato in una
clinica per malattie nervose. Alla morte della madre viene preso in custodia dalla sorella, che aveva fondato
un archivio a Weimar con il proposito di gestire l’eredità letteraria del fratello e conservarne i manoscritti.
Intanto la fama di Nietzsche continua a crescere proprio quando il filosofo, immerso nella notte della follia,
non poteva più rendersene conto. Alla sua morte, avvenuta a Weimar il 25 agosto del 1900, i libri che egli
aveva pubblicato a sue spese correvano ormai per l’Europa.

Il ruolo della malattia

Nel passato la malattia di Nietzsche ha rappresentato un “argomento” di cui si è servita la critica per
screditare il suo pensiero, infatti la malattia veniva considerata come qualcosa di esclusivamente negativo. In
seguito in taluni settori della critica si tendeva piuttosto a valorizzare la malattia, scorgendo in essa una
condizione vantaggiosa per il suo filosofare grazie alla quale Nietzsche avrebbe potuto attingere un punto di
vista “abissale” e anticonformista sul mondo. Oggigiorno è un fatto ormai universalmente ammesso che la
filosofia di Nietzsche vada giudicata per quello che oggettivamente dice e non per le vicissitudini esistenziali
che ne stanno alla base.

Il rapporto con il nazismo

Il nome di Nietzsche è stato associato per lungo tempo alla cultura nazifascista. Questa lettura è stata
agevolata dalle operazioni della sorella Elizabeth che ha operato delle falsificazioni dell’epistolario di
Nietzsche e ha pubblicato una parte dei frammenti postumi sotto il titolo La volontà di potenza. Come risulta
eccessiva la pretesa di attribuire a Nietzsche la “paternità” dell’ideologia nazionalsocialista. Anche se bisogna
ammettere che nei testi di Nietzsche si trovano spunti antidemocratici e antiegualitari atti a favorire una
lettura “reazionaria” o “di destra”. Le interpretazioni nazifasciste sono state radicalmente contestate nel
dopoguerra nel corso di un vistoso processo di denazificazione. Anzi, negli ultimi decenni, alla figura di
Nietzsche “nazista“ è subentrata la figura di Nietzsche “progressista” compagno di strada di Marx.

Le caratteristiche del pensiero e della scrittura di Nietzsche

Il pensiero di Nietzsche è caratterizzato da una radicale messa in discussione della civiltà e della filosofia
dell’Ottocento che si traduce in una distruzione delle certezze del passato. Quest’opera di demolizione del
passato non si risolve in un semplice rifiuto delle teorie e dei comportamenti tradizionali, ma mette in
discussione l’intera civiltà occidentale e il tipo di uomo a cui essa ha dato origine (un uomo sottomesso e
risentito). A questo tipo di uomo Nietzsche propone un nuovo tipo di uomo: il superuomo o oltreuomo. Alla
novità dei contenuti corrispondono novità nelle forme espressive:

• negli scritti giovanili è legato alla forma del saggio e del trattato;

• a partire da Umano, troppo umano opta per la forma breve dell’aforisma, cioè per l’illuminazione
istantanea, finalizzata a cogliere le cose al volo. Nietzsche paragona l’aforisma alle figure in rilievo, che,
essendo incomplete, devono essere completate dall’osservatore. Quindi l’aforisma esige «un’arte
dell’interpretazione» ovvero una pratica che Nietzsche chiama «ruminare»;

• Così parlò Zarathustra segue il modello della poesia in prosa ricca di simboli, allegorie e parabole;

• negli ultimi scritti prevalgono l’esposizione autobiografica e l’invettiva polemica.

Questi diversi stili hanno come attributo comune un tono personale e coinvolgente, lo stesso Nietzsche aveva
affermato: «In tutte le opere che ho scritto, io ho messo dentro anima e corpo». Un altro carattere comune è
l’asistematicità, in quanto Nietzsche non ha mai dato un ordine alle sue dottrine. Da ciò deriva la difficoltà
d’’interpretazione della sua filosofia.

L’opera di Nietzsche viene convenzionalmente suddivisa in alcune fasi:

IL PERIODO GIOVANILE

La prima opera del periodo giovanile è La nascita della tragedia (1872) in cui Nietzsche ricerca le categorie
dello spirito greco che hanno dato origine al genere della tragedia. Ma più che un’opera filologica, La nascita
della tragedia è un’opera filosofica perché non si limita a cercare le origini di un genere, ma cerca anche
l’origine della cultura greca. Il motivo centrale dell’opera è la distinzione fra «apollineo» e «dionisiaco», i due
impulsi che stanno alla base dello spirito e dell’arte greca. L’apollineo, che scaturisce da un impulso alla
forma, all’armonia e da un atteggiamento di fuga di fronte al divenire, si esprime nella scultura e nella poesia
epica. Il dionisiaco, che scaturisce dalla partecipazione al divenire, si esprime nella poesia lirica e nella
musica. Originariamente lo spirito greco ha un carattere dionisiaco. Successivamente giunge l’impulso
apollineo e, grazie al genio ellenico, tra i due impulsi viene creato un equilibrio con la nascita della tragedia
attica (di Sofocle ed Eschilo). In un terzo momento, l’equilibrio tra i due impulsi viene dissolto dal prevalere
dell’apollineo che trionfa sul dionisiaco. Ciò avviene con la tragedia di Euripide e con il razionalismo di
Socrate. Comincia così la decadenza della tragedia e della civiltà occidentale, contro la quale Nietzsche
propone un recupero convinto di Dioniso. Dioniso rappresenta il simbolo divinizzato di quella accettazione
totale della vita nell’insieme dei suoi aspetti, che Nietzsche fa valere sia contro l’atteggiamento rinunciatario
della morale tradizionale, sia contro il pessimismo e l’ascesi di Schopenhauer. Nietzsche è dell’opinione che
Dioniso potrà essere recuperato grazie all’arte che permette di salvarsi dal soffocante impulso apollineo.

Nelle quattro Considerazioni inattuali Nietzsche si occupa della storia e si schiera apertamente contro la
storicismo, che renderebbe l’uomo succube del passato e quindi incapace di vivere attivamente il presente e
costruire il futuro. Infatti la cultura storicista, al pari di quella positivistica, fa dell’uomo il risultato di un
processo necessario e in tal modo l’uomo finisce per accontentarsi di una sorta di consumismo della storia.
Indispensabile alla vita è l’oblio poiché per poter agire efficacemente nel presente, occorre saper dimenticare
il passato. Nietzsche comunque ammette anche l’utilità della storia, cioè ritiene che la conoscenza del passato
possa servire alla vita. Il filosofo individua tre tipi di storia:

• storia monumentale, che fa conoscere all’uomo i grandi esempi del passato;

• storia antiquaria, che fa conoscere all’uomo le sue origini, la tradizione;

• storia critica, che ha un atteggiamento critico verso il passato e sprona all’azione.

IL PERIODO “ILLUMINISTICO”

L’opera con cui si apre il periodo illuministico è Umano, troppo umano. Tale periodo risulta caratterizzato
dall’esplicito ripudio dei maestri di un tempo, Schopenhauer e Wagner, considerati da Nietzsche come
espressione della decadenza moderna. Questo distacco ha come conseguenza il ripudio dell’arte e della
metafisica e l’assunzione della scienza come guida alla verità. Nietzsche diventa così “illuminista”, non perché
dotato della fiducia settecentesca nella religione e nel progresso, ma perché impegnato in un’opera di critica
della cultura tramite la scienza, cioè tramite un metodo che, elevando il sospetto a regola d’indagine, ricerca
le radici umane dei valori sovrumani.
Il frutto di questa critica è la filosofia del mattino che si identifica con la figura del viandante (abbozzo di
superuomo), ossia colui che rinuncia ai valori tradizionali e si rapporta in modo inedito con il mondo. Mentre
l’analisi della morale sarà sviluppata soprattutto negli ultimi anni, la critica della metafisica trova la sua
espressione più caratteristica nella teoria della «morte di Dio», annunciata in La gaia scienza. Per
comprendere in modo adeguato che cosa significhi la «morte di Dio» occorre tenere presente che per
Nietzsche Dio è:

• il simbolo di ogni prospettiva oltremondana che ponga il senso dell’essere al di là dell’essere, ovvero in un
altro mondo contrapposto al questo mondo;

• la personificazione delle certezze ultime dell’umanità, ossia di tutte le credenze metafisiche e religiose
elaborate attraverso i millenni per dare un “senso” e un ordine “rassicurante “ alla vita.

Nella Gaia scienza l’autore drammatizza il messaggio della morte di Dio nel celebre annuncio di un folle
uomo, rappresentato dal filosofo-profeta. L'uomo folle rappresenta il filosofo che è una sorte di profeta che
arriva prima alla verità e prende in contropiede l'uomo comune che rimane spiazzato. Tanto che folla è la
gente comune che non ha acquisito la consapevolezza dell'evento epocale, non prendendo sul serio la notizia.

Nietzsche afferma che la morte di Dio coincide con l’atto di nascita del superuomo e soltanto chi ha il
coraggio di guardare in faccia la realtà e di prendere atto del crollo degli assoluti è ormai maturo. Il
superuomo ha dietro di sé, come condizione necessaria del suo essere, la morte di Dio; ma davanti a sé ha
una pasta area di possibilità per poter progettare la propria essenza aldilà di ogni struttura metafisica. Tutto
ciò significa che l’universo di Nietzsche è tale solo se si fonda sul presupposto di un mondo sdivinizzato.
L’ateismo di Nietzsche non contesta soltanto Dio ma anche ogni suo ipotetico surrogato, poiché gli uomini
tendono sempre a creare nuove divinità, tanto che Nietzsche racconta di uomini che si mettevano a pregare
un asino come simbolo di ogni sostituto di Dio.

Dio quindi si configura come la quintessenza delle menzogne escogitate dall’uomo per poter fronteggiare
l’orrore della vita e l’accettazione della sua morte rappresenta il presupposto necessario della transizione
dall’uomo al superuomo.

PERIODO DI ZARATHUSTRA

Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno apre al terza fase del filosofare nietzscheano. Questa
fase comincia là dove si era conclusa la filosofia del mattino, ossia con la consapevolezza, propria della
filosofia del meriggio, della fine della concezione dualistica della realtà. Dopo la «morte di Dio» si aprono due
possibilità, l’ultimo uomo e il superuomo:

• l’ultimo uomo è il nichilista, colui che avverte di fronte all’essere lo sgomento del vuoto e del nulla, colui per
il quale il mondo, dopo aver perso i significati che i metafisici gli avevano attribuito, non ha più senso.

• il superuomo o oltreuomo, capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito con il mondo.
Zarathustra rappresenta il profeta del superuomo. In un passo di Ecce homo egli viene interpretato secondo
il modello dell’autosoppressione della morale, ossia come colui che, essendo stato il primo ad aver tradotto la
morale in termini metafisici, sarebbe stato anche il primo a essersi accorto dell’errore della morale.

Dal punto di vista concettuale, i temi di base dello Zarathustra sono sostanzialmente tre:

1. il superuomo (annunciato nella prima parte)

2. la volontà di potenza(annunciata nella seconda parte)

3. l’eterno ritorno(annunciato nella terza parte).

Il superuomo è colui che è in grado di:

- accettare la dimensione tragica e dionisiaca dell’esistenza;

- reggere la morte di Dio e la perdita delle certezze assolute;

- emanciparsi dalla morale e dal cristianesimo;


- porsi come volontà di potenza;

- procedere oltre il nichilismo;

- far propria la prospettiva dell’eterno ritorno.

In quanto tale, il superuomo non può che stagliarsi sull’orizzonte del futuro. Infatti, sebbene Nietzsche si
sforzi di trovare nel passato i precursori del superuomo, non riesce a trovarli. L’Übermensch di cui parla il
filosofo è piuttosto il tipo nuovo, cioè un essere radicalmente altro da quello che ci sta di fronte. Tant’è vero
che, volendo evidenziale la differenza tra il superuomo e l’uomo, si può tradurre con «oltreuomo»
l’espressione Übermensch, dove il prefisso über, più che indicare un tipo di uomo “potenziato”, sta a indicare
un uomo-oltre-l’uomo. Nel primo discorso di Zaratustra Nietzsche descrive la genesi e il senso del
superuomo al livello di una libertà che libera se stessa per arrivare a un innocente affermazione della vita. Le
tre metamorfosi sono: il cammello che rappresenta l’uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di
fronte a Dio e alla morale; il leone rappresenta l’uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici infine il
leone diventa fanciullo ed esso rappresenta l’oltre-uomo, cioè quella creatura dionisiaca che sa dire sì alla vita
e sa inventare se stessa al di là del bene e del male, assumendo i connotati di spirito libero.

La dottrina dell’eterno ritorno era già stata introdotta ne La gaia scienza, sottoforma di rivelazione di un
demone: «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e innumerevoli altre
volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo». Questo significa che vi è la ripetizione eterna di tutte le
vicende del mondo

In una pagina di Ecce homo Nietzsche racconta di essere stato folgorato da questa idea durante una
passeggiata in alta montagna; mentre la formulazione più eloquente e suggestiva della teoria dell’eterno
ritorno la troviamo in Così parlò Zarathustra. Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno vuol dire:

• rifiutare una concezione lineare del tempo come catena di momenti, in cui ognuno ha senso solo in funzione
degli altri;

• ritenere che il senso dell’essere non stia fuori dell’essere, in un oltre irraggiungibile, ma nell’essere stesso:

• disporsi a vivere ogni attimo come avente un valore in sé.

Ovviamente, il tipo di uomo capace di “decidere” l’eterno ritorno e quindi di vivere come se tutto dovesse
ritornare, non può essere l’uomo che conosciamo, ma solo un oltreuomo, capace di vivere la vita come un
gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante.

L’ULTIMO NIETZSCHE

Nelle opere edite dell’ultimo periodo campeggiano i temi interconnessi della critica della morale e del
cristianesimo. Al di là del bene e del male, pubblicata nel 1886, è una delle grandi opere nelle quali Nietzsche
affronta il problema morale con quella spregiudicatezza che tanto scandalo ha suscitato e lo ha reso celebre.
Secondo Nietzsche la morale, attraverso i tempi, è sempre stata considerata come un fatto evidente che si
autoimpone all’individuo. Tant’è vero che, in ogni scienza morale esistita è sempre mancato il problema
stresso della morale: cioè è mancato il sospetto che ci potesse essere, su questo punto, qualcosa di
problematico. Di conseguenza, il primo passo da compiere nei confronti della morale, come afferma la
prefazione della Genealogia della morale, è di mettere in discussione la morale stessa. Proprio in vista di ciò,
Nietzsche intraprende un’analisi genealogica della morale. Da tale analisi la moralità si rivela come un
assoggettamento dell’individuo a determinate direttive sociali. Da ciò i diversi tipi di morale:

• la morale dei signori (storicamente incarnato dalle aristocrazie del mondo classico), è quel tipo di morale
che sgorga da un sentimento di pienezza o di potenza e che si esprime nei valori vitali della forza, della salute,
della fierezza.

• la morale degli schiavi è quel tipo di morale che si esprime nei valori antivitali dell’umiltà, del disinteresse e
della pietà e che sgorga da un sentimento di debolezza e di risentimento, che è l’odio impotente dei deboli
verso i forti, ossia verso ciò che essi non sono e che segretamente vorrebbero essere.
Espressione emblematica di tale morale è l’ebraismo e il cristianesimo. Contro tale morale Nietzsche propone
una trasvalutazione dei valori, cioè un capovolgimento dei valori ella morale tradizionale e la creazione di
nuovi valori.

LA VOLONTÀ DI POTENZA

Nietzsche identifica la volontà di potenza con l’intima essenza dell’essere cioè il carattere fondamentale di ciò
che esiste, e essa si identifica con la vita stessa della quale vi è una molla fondamentale che è la spinta
all’auto- affermazione. l’espressione più alta della volontà di potenza la troviamo nel suo superuomo poiché
la sua essenza consiste nel continuo oltrepassamento di sè. Per Nietzsche l’arte non è soltanto una forma
della vita bensì è la forma suprema di essa, tanto che Nietzsche parla del mondo come un’opera d’arte che
genera se stessa. Per Nietzsche l’artista è colui che crea ed è legato alla follia tanto da superare gli schemi visti
finora. Inoltre l’essenza creativa della volontà di potenza si manifesta nella produzione dei valori che sono
proiezioni della vita e condizioni del suo esercizio; questo significa che bisogna ricostruire dei nuovi valori
andando a distruggere il passato e quindi la metafisica; secondo Nietzsche tutti possono costruirsi dei nuovi
valori secondo la scala dell’oltre-uomo. Noi abbiamo visto la volontà anche in Schopenhauer in quanto i neri
vi era la volontà di vivere vivere che era essenza noumenica dell’intero universo che si concretizza nel mondo
fenomenico; era desiderio, cioè dolore per qualcosa di cui si avverte la mancanza e inoltre questa volontà
doveva essere sostituita dalla noluntas, cioè unica via che consente la liberazione dal dolore. Infine bisogna il
superuomo, ed essendo un uomo libero sceglierà consapevolmente.

Il nichilismo

Il nichilismo costituisce uno dei motivi più rilevanti della riflessione di Nietzsche. Nietzsche per nichilismo
intende la specifica situazione dell’uomo moderno e contemporaneo che, non credendo più nei valori di Dio,
finisce per avvertire lo sgomento del vuoto e del nulla. Per Nietzsche il nichilismo è solamente uno stadio
intermedio, ovvero da un no alla vita si passa al sì grazie all’esercizio della volontà di potenza poiché essa
affrontando il caos dell’essere, gli impone i propri fini. il filosofo distingue il nichilismo incompleto e
nichilismo completo, il primo è quello in cui i vecchi valori vengono distrutti, ma i nuovi che subentrano
hanno la medesima fisionomia; il secondo invece si suddivide in nichilismo passivo in cui si limita a prendere
atto della decadenza dei valori, e in nichilismo attivo in cui si esercita come forza violenta e di distruzione.
Questo nichilismo attivo può diventare un nichilismo estremo se distrugge ogni credenza in qualche verità di
tipo metafisico, successivamente parla di nichilismo estatico; indichi attivo raggiunge la propria completezza,
cioè diviene nichilismo classico, quando passa dal momento distruttivo al momento costruttivo, cioè quando
si rende conto che il senso deve essere umanamente inventato.

Il prospettivismo e la critica

Nell’ultimo Nietzsche assistiamo a una radicalizzazione del suo prospettivismo, con questo egli intende la
teoria secondo cui non esistono cose o fatti, ma solo interpretazioni. Questo significa che il mondo non ha un
solo senso bensì sono innumerevoli ed essi corrispondono ad altrettante interpretazioni formulate da angoli
prospettici diversi. Inoltre Nietzsche afferma che il superuomo sa vivere senza certezze poiché essendo uno
spirito libero non segue le regole imposte come abbiamo già detto dal cristianesimo o semplicemente dalla
società. da ciò deriva anche la critica della scienza moderna poiché la considerazione della realtà deve essere
libera e non può esistere un solo modello su cui basarci, proprio per questo va a criticare il meccanicismo.
Nietzsche inoltre critica la crescente specializzazione e la visione atomizzata del mondo poiché secondo egli
dato che già lo sviluppo scientifico ha raggiunto un livello piuttosto alto, gli scienziati devono dedicarsi a un
determinato settore; va a criticare il fatto che la scienza prima o poi andrà a non offrire +1 visione
complessiva del mondo e della realtà. Infine Nietzsche critica il principio della causalità tanto che afferma
come Hume che la causalità sorge da un’esigenza di regolarità che non riguarda la natura ma la fragilità
psicologica degli esseri umani.
FREUD

DAGLI STUDI SULL’ISTERIA ALLA PSICOANALISI

La psicoanalisi ha esercitato un notevole peso sulla cultura del Novecento, influenzando non solo la
psicologia, ma anche la letteratura , l’arte, la sociologia, l’antropologia culturale, le scienze dell’educazione e
la stessa filosofia. In breve, la “rivoluzione psicoanalitica”, che all’inizio è sorta come metodo di cura di certe
malattie mentali, ha finito per influenzare tutta la cultura del nostro secolo.

Legato alla psicoanalisi è Freud. La medicina “ufficiale” ottocentesca tendeva a interpretare tutti i disturbi
della personalità in chiave somatica e quindi a non prendere sul serio quegli stati psiconevrotici in cui non
fossero rintracciabili lesioni organiche corrispondenti. Ciò nonostante, ai tempi di Freud, l’isteria aveva
attirato l’attenzione di alcuni medici, fra cui Charcot e Breuer. Il primo usava l’ipnosi come metodo
terapeutico, ottenendo un certo successo, grazie al controllo dei sintomi isterici mediante la suggestione.
Breuer utilizzava l’ipnosi come mezzo per richiamare alla memoria avvenimenti drammatici passati e
dimenticati, avendo notato che il ricordare generava una scarica emotiva tale da alleviare i sintomi. Per fare
un esempio, nel caso di Anna O., un’isterica curata da Breuer, fra gli altri sintomi vi era una caratteristica
idrofobia acuta (paura di bere). Mediante l’ipnosi, Breuer aveva scoperto che la paziente, avendo scorto da
bambina il cane della governante (verso la quale nutriva sentimenti d’ostilità) bere da un bicchiere, aveva
provato un forte senso di repulsione. Grazie allo studio di questo caso, Breuer e Freud (che nel frattempo era
diventato suo collaboratore) mettono a punto il METODO CATARTICO, consistente appunto nel tentativo di
provocare una “scarica emotiva” (abreazione) capace di liberare il malato dai suoi disturbi.

L’INCONSCIO

Freud, procedendo autonomamente da Breuer, scopre che la causa delle psiconevrosi è da ricercarsi in un
conflitto tra forze psichiche inconsce, i cui sintomi risultano quindi psicogeni, cioè non derivanti da disturbi
organici, bensì dalle traversie della psiche. La scoperta dell’inconscio segna la nascita della psicoanalisi.
Freud afferma che l’inconscio è la realtà psichica primaria di cui il conscio (simile alla punta di un iceberg) è
solo la manifestazione visibile. L’inconscio è diviso in:

• Preconscio: comprende l’insieme dei ricordi che pur essendo momentaneamente inconsci possono, in virtù
di uno sforzo dell’attenzione, divenire consci

• Inconscio vero e proprio: comprende quegli elementi psichici stabilmente inconsci che sono mantenuti tali
da una forza, detta «rimozione», che può venir superata solo in virtù di tecniche apposite.

Per eludere le resistenze della rimozione e per accedere all’inconscio, Freud utilizza il metodo delle
ASSOCIAZIONI LIBERE: esso consiste nel rilassare il paziente e nel metterlo in grado di abbandonarsi al
corso dei propri pensieri, facendo sì che fra le varie parole da lui pronunciate si instaurino delle catene
associative collegate con il materiale rimosso che si vuole portare alla luce. Affinché questo metodo sia
fruttuoso occorre che tra il paziente e il terapeuta si instauri un rapporto particolare, chiamato transfert,
ossia il trasferimento, sulla persona del medico, di stati d’animo ambivalenti (di amore e di odio) provocati
dal paziente durante l’infanzia nei confronti delle figure genitoriali.

LA SCOMPOSIZIONE PSICOANALITICA DELLA PERSONALITÀ

Freud afferma che la psiche è un’unità complessa costituita da diversi sistemi, a guisa di “luoghi” psichici,
chiamati TOPOI. La prima topica psicologica viene elaborata sa Freud nel capitolo VII dell’Interpretazione
dei sogni e distingue tre sistemi: il conscio, il preconscio e l’inconscio.

La seconda topica viene elaborata da Freud a partire dal 1920 e distingue tre istanze: l’Es, l’Io e il Super-io.
L’Es è l’insieme degli impulsi inconsci della libido (= desiderio sessuale), è cioè la sorgente dell’energia
biologico-sessuale, Freud ne parla come di «un calderone di impulsi ribollenti». Per le sue caratteristiche,
l’Es non conosce «né il bene, né il male, né la moralità» ma obbedisce unicamente «all’inesorabile principio
del piacere». Esso esiste inoltre al di là delle forze spazio-temporali e ignora le leggi della logica.

Il Super-io è ciò che comunemente si chiama coscienza morale, ovvero l’insieme dei divieti che sono stati
instillati all’uomo nei primi anni di vita, è il successore e rappresentante dei genitori ed educatori.
L’Io è la parte organizzata della personalità che deve mediare tra tre padroni: l’Es, il Super-io e il mondo
esterno. Il tipo di rapporto tra l’Io e i suoi padroni rappresenta un fondamentale criterio di discriminazione
tra “normalità” e “nevrosi”. Infatti nell’individuo normale l’Io riesce a stabilire l’armonia fra le diverse forze
che agiscono in lui e su di lui, fornisce parziali soddisfazioni all’Es senza violare in forma clamorosa le
proibizioni del Super-io. Ma se le esigenze dell’Es sono eccessive, o se il Super-io è troppo debole, o invece
troppo rigoroso, non sono possibili mediazioni:

- se l’Es ha il sopravvento e travolge un Super-io troppo debole, l’Io è condotto a comportamenti asociali e
perversi;

- se il Super-io domina eccessivamente, le esigenze dell’Es si manifestano con sintomi nevrotici.

SOGNI, ATTI MANCATI E SINTOMI NEVROTICI

Nell’Interpretazione di sogni Freud vede nei sogni la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio ella
vita psichica. Egli ritiene che i sogni siano l’appagamento (camuffato) di un desiderio (rimosso). Per motivare
questa tesi Freud distingue, all’interno dei sogni, un contenuto manifesto (la scena onirica) e un contenuto
latente (l’insieme delle tendenze che danno luogo alla scena onirica). Il contenuto manifesto dei sogni è la
forma elaborata e travestita – sotto effetto della censura – in cui si presentano i desideri latenti (che sono
desideri inaccettabili dal soggetto e per questo censurati). Compito della psicoanalisi è aggirare la censura e
scoprire i messaggi dell’Es.

Nella Psicopatologia della vita quotidiana Freud afferma che anche quei contrattempi della vita di tutti i
giorni (lapsus, errori, dimenticanze ecc.) non sono casuali ma sono manifestazioni dell’inconscio. Freud fa un
discorso analogo circa i sintomi nevrotici che derivano da un conflitto tra l’Io e l’Es. In particolare egli scopre
che alla base dei sintomi psiconevrotici ci sono impulsi di natura sessuale. Freud pone così la sessualità al
centro della propria attenzione.

LA TEORIA DELLA SESSUALITÀ E IL COMPLESSO DI EDIPO

Prima di Freud la sessualità era identificata con la “genitalità”, ossia con il congiungimento con un individuo
di sesso opposto ai fini della procreazione. Invece con Freud la sessualità diventa un’energia che si dirige
verso le mete più diverse e in grado di investire gli oggetti più disparati. Questa energia è chiamata da Freud
LIBIDO. Parallelamente a questa rifondazione del concetto di sessualità, Freud elabora una dottrina della
sessualità infantile. Demolendo il pregiudizio secondo cui la sessualità apparterrebbe solo all’età adulta,
Freud giunse a definire il bambino come «un essere perverso polimorfo», ossia come un individuo capace di
perseguire il piacere indipendentemente da scopi riproduttivi (donde la «perversione») e mediante i più
svariati organi corporei (donde il «polimorfismo»). In particolare Freud sostiene che lo sviluppo
psicosessuale del soggetto avviene attraverso tre fasi: fase orale, anale e genitale.

• La fase orale, che caratterizza i primi mesi di vita e che dura sino a un anno e mezzo circa, ha come zona
erogena la bocca e risulta connessa a quella che, in questo periodo, costituisce la principale attività del
bambino: il poppare.

• La fase anale, che va da un anno e mezzo circa a tre anni, ha come zona erogena l’ano ed è collegata alle
funzioni escrementizie, che per il bambino sono oggetto di interesse e piacere (tant’è che, preso in braccio e
accarezzato, egli tende a rispondere con un libero sfogo delle funzioni corporali).

• La fase genitale, che inizia alla fine del terzo anno, ha come fattore erogeno la zona genitale. Essa si divide
in due sottofasi:

- La fase fallica, così chiamata a) perché la scoperta del pene costituisce oggetto di attrazione sia per il
bambino sia per la bambina, che soffrono entrambi di un «complesso di castrazione» (il primo perché vive
sotto la minaccia di una possibile evirazione, la seconda perché si sente di fatto evirata e prova «l’invidia del
pene») e b) perché l’organo di eccitamento sessuale è il pene o quel suo equivalente femminile che è la
clitoride.

- La fase genitale in senso stretto, che segue a quella fallica dopo un periodo di latenza, è caratterizzata
dall’organizzazione delle pulsioni sessuali sotto il primato delle zone genitali.
Connesso alla sessualità infantile è il complesso di Edipo (che prende il nome dalla mitica vicenda del
personaggio greco, destinato dal fato a uccidere il padre e a sposare la madre). Questo complesso consiste in
un attaccamento libidico verso il genitore di sesso opposto e in un atteggiamento ambivalente (con
componenti positive di affettuosità e tendenza alla identificazione, e componenti negative di ostilità e di
gelosia) verso il genitore di egual sesso. Tale complesso si sviluppa tra i tre e i cinque anni e, a seconda della
sua risoluzione o meno, determina la futura strutturazione della personalità.

L’arte, la religione e la civiltà

Per Freud l’arte è la sublimazione, cioè il trasferimento di pulsioni sessuali insoddisfatte su oggetti non
sessuali socialmente accettabili tanto che è un meccanismo simile a quello del sogno, anche esso espressione
di desideri profondi. Freud dice che l’arte ha funzione terapeutica in quanto permette all’artista e allo
spettatore di eludere il controllo della coscienza e dare voce ai desideri più nascosti.

Freud ritiene le rappresentazioni religiose e illusioni appaganti dei desideri più antichi dell’umanità,
affermando questo dice che Dio è la proiezione psichica dei rapporti ambivalenti con il padre terreno.

Infine per quanto riguarda la civiltà, Freud ritiene che essa di origine a un super-io collettivo, che impone
all’individuo le norme sociali e lo distoglie dalla ricerca del piacere; essa però è necessaria per limitare
l’aggressività istintuale degli individui.

Potrebbero piacerti anche