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LA MEMORIA

TRA ETICA E RICORDO


SCIENZE: L'ippocampo

LETTERATURA: La coscienza di Zeno

ARTE: La persistenza della memoria

SPAGNOLO: Dalì

STORIA: La Shoah

EDUCAZIONE CIVICA: L'istituzione della giornata della memoria

GEOGRAFIA: I flussi migratori della seconda guerra mondiale

INGLESE: Anna Frank

MUSICA: Beautiful that way

EDUCAZIONE FISICA: La partita della morte

TECNOLOGIA: La memoria del computer


Il titolo della mia tesina è "La memoria - tra etica e ricordo". Il titolo è questo perché tratto
la memoria da tutti e due i punti di vista, dato che come essere umano trovo importanti
tutti e due; e gli argomenti che porto per le diverse materie sono divisi in questi due
grandi gruppi.

Ho scelto di trattare la memoria perché avendo difficoltà a ricordare le cose, forse per
distrazione, ho fin da piccola cercato di capire come funzionasse e come fare per ricordare
le cose importanti, così ne ho approfittato per portare un argomento che mi interessa e che
spero interessi anche a chi lo esporrò.

La memoria in generale è la capacità che il nostro cervello ha di conservare informazioni.


Quando decodifichiamo delle informazioni che quotidianamente riceviamo dal mondo
esterno, le immagazziniamo, le consolidiamo e le richiamiamo dopo più o meno tempo a
seguito di un qualsiasi tipo di sollecitazione. I ricordi, quindi, non sono altro che
informazioni immagazzinate. Per rendere visivamente il concetto di memoria possiamo
pensare a un vero e proprio archivio composto da tanti cassetti divisi in tante categorie che
il nostro cervello apre all'occorrenza, recuperandone il contenuto.

In verità non è proprio così, è vero che i ricordi si generano nel cervello, ma bisogna
specificare dove: nell'ippocampo.

L'ippocampo è una preziosa struttura cerebrale, che contribuisce alla memoria a breve e a
lungo termine, alla memoria spaziale e all'orientamento. Ha la forma simile a quella di un
cavalluccio marino e si trova nella porzione mediale del lobo temporale.

Il cervello è la porzione più voluminosa e maggiormente specializzata dell'encefalo, che


assieme al midollo spinale costituisce il sistema nervoso centrale. Dato che è un organo
vitale fragile e va protetto, si trova nella scatola cranica insieme al diencefalo, il tronco
encefalico e il cervelletto. Si compone di due elementi simmetrici chiamati emisferi
cerebrali destro e sinistro; ciascun emisfero ha uno strato cellulare superficiale, la corteccia
celebrale, costituito da materia grigia, e una componente cellulare più profonda formata
da sostanza bianca, chiamata componente sottocorticale.

L'ippocampo comprende almeno tre elementi: l'ippocampo proprio, il giro dentato e il


subicolo. Secondo alcune teorie, però, includerebbe anche la corteccia entorinale, il
presubicolo e il parasubicolo.

Stabilisce numerose connessioni, sia tra le sue componenti interne sia con altre aree
dell’encefalo. Le sue lesioni portano per questo a condizioni come l'amnesia anterograda,
l'amnesia retrograda, l'epilessia del lobo temporale e la schizofrenia.

La funzione più importante dell’ippocampo è sicuramente il consolidamento dei ricordi,


ossia il passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo
termine, infatti il cervello provvede a trasferire i ricordi più vecchi dall'ippocampo ad altre
aree cerebrali.
Questa funzione, come è spesso accaduto nella storia delle neuroscienze, è stata
identificata a seguito dello studio di un caso clinico, quello conosciuto come “paziente
HM”: Henry Molaison era affetto da una grave forma di epilessia, caratterizzata da
numerose crisi giornaliere che gli impedivano lo svolgimento delle attività quotidiane. Dal
momento che l’epilessia di questo paziente era farmacoresistente è stato deciso di trattarla
tramite l’asportazione delle zone del cervello da cui le crisi originavano, tra cui appunto
c’era l’ippocampo, di cui si ignorava la funzione.

Come risultato il paziente non è più riuscito a consolidare nessun ricordo della vita
post-operatoria, ma ricordava benissimo quanto successo anni addietro, a prova del fatto
che non era stata danneggiata la memoria nel suo complesso, ma solo il consolidamento di
nuovi ricordi.

L’ippocampo è anche coinvolto nella pianificazione delle azioni e dei comportamenti:


grazie alle connessioni tra questa struttura e altre aree cerebrali, il nostro cervello riesce a
confrontare la situazione che stiamo vivendo sul momento con esperienze simili avvenute
in passato. Oltre a contribuire alla memoria episodica, l'ippocampo è coinvolto anche nella
memoria di lavoro, la facoltà che consente di mantenere in memoria e
contemporaneamente manipolare informazioni acquisite da poco; e nel consolidamento
della memoria; il processo di formazione di nuovi ricordi, ha anche un ruolo chiave
nell'associazione dei ricordi ai vari sensi: per esempio, sarebbe responsabile di associazioni
come quella tra il Natale e il profumo emanato dal pan di zenzero.

Già a partire dagli anni '70 i neuroscienziati hanno scoperto che l'ippocampo include delle
cellule particolari, chiamate cellule di posizione, che contribuiscono alla memoria spaziale,
ovvero la memoria da cui dipende il ricordo dei luoghi in cui si è già stati e che registra le
informazioni sugli ambienti visitati permettendo l'orientamento e l'elaborazione delle
mappe spaziali. Degli studi sui topi hanno dimostrato che le cellule di posizione si
attivano soltanto quando gli animali si trovano in posti a loro familiari, mentre quando gli
animali si trovano in posti sconosciuti non lavorano. Altre ricerche, questa volta sull'essere
umano, hanno evidenziato un aumento volumetrico della porzione posteriore
dell'ippocampo nei tassisti londinesi, che per poter fare questo lavoro bene devono
superare un difficile test di memoria che richiede loro di ricordare la posizione di un gran
numero di luoghi della città e le vie più veloci per raggiungerli. Gli esperti dicono che
l'aumento dell'ippocampo sia una conseguenza del gran numero di informazioni associate
alla memoria spaziale, che i tassisti hanno raccolto e conservato nella mente per superare
l'esame.

Fondamentale è anche il suo rapporto, grazie alle profonde connessioni tra amigdala e
ippocampo, nei ricordi caratterizzati da una forte connotazione emotiva. L’amigdala è
infatti una struttura essenziale per la nascita delle emozioni, e grazie all’ippocampo
riusciamo a rivivere, come se li stessimo provando nel presente, stati emotivi legati a
momenti passati.
Il lato emotivo dei ricordi ci permette di memorizzare più facilmente, è molto più facile
ricordare i dettagli di momenti emotivamente forti rispetto a quelli di momenti neutri.

Oltre a questa funzione, l’amigdala nel campo della memoria ha un altro effetto, che è
quello deleterio sui ricordi. La memoria umana ha infatti un rapporto paradossale con il
passato, perché pretende di custodirlo e invece non fa altro che deformarlo. I ricordi non
restano immutati nel tempo, ma vengono modificati a ogni nuova evocazione: ogni volta
che evochiamo un ricordo, questo cambia un po’, viene costruito in modo leggermente
diverso perché lavoriamo per associazione di particolari, per suggestione e per
semplificazione. Questo fenomeno è stato evidenziato da Sigmund Freud, che ha scoperto
della psicoanalisi. Quando rese pubblica la sua idea, Freud rivoluzionò la società e il suo
modo di vedere la mente umana, soprattutto per artisti e intellettuali, che poterono anche
esprimere attraverso i loro mezzi la loro interpretazione.

Ad esempio Italo Svevo, uno scrittore e drammaturgo italiano, si trovava d'accordo con la
visione della memoria di Freud, credeva anche che quando si mettono per iscritto i nostri
ricordi abbiamo a che fare con due inganni sovrapposti: quello della scrittura, che falsifica
l’esperienza traducendola in linguaggio, e quello originario della memoria, che mentre
finge di custodire il passato immancabilmente lo deforma.

Così succede nel romanzo “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo. L’opera racconta
appunto di Zeno Cosini, un uomo che per liberarsi dal vizio del fumo si sottopone a una
cura psicanalitica che consiste nel mettere per iscritto la propria vita. In una breve
prefazione il dottore presenta la sua decisione di trascrivere le memorie e le esperienze di
Svevo. Nel successivo preambolo la parola passa a Zeno, che ci dice di non poter
recuperare la sua infanzia, ormai troppo lontana nella memoria. Dopodiché arrivano i
capitoli veri e propri: “Il fumo” è dedicato al famoso proposito dell’ultima sigaretta, che
Zeno non riesce mai a mettere in pratica, perché ogni volta che si impone di smettere
fallisce per gli inganni che egli stesso si fa; nel capitolo “La morte di mio padre” Zeno
torna indietro alla sua giovinezza e al difficile rapporto col padre che, in punto di morte,
gli dà uno schiaffo involontariamente, ma che Zeno interpreta come ultima punizione. Nel
capitolo “La storia del mio matrimonio” si parla della frequentazione di Zeno con la
famiglia Malfenti e le quattro sorelle Ada, Augusta, Alberta e Anna. Zeno è innamorato di
Ada, ma l’impossibilità di questo amore lo induce a scegliere Alberta e poi Augusta, la più
brutta, che però si rivela una moglie modello, dotata delle belle caratteristiche di cui Zeno
si sente privo. Questo tormento continuo porta Zeno, marito felice, a instaurare un
rapporto clandestino con Carla, di cui si racconta nel capitolo “La moglie e l’amante”. Nel
capitolo “Storia di un’associazione commerciale”, Zeno racconta del suo lavoro,
specialmente di Guido Speier, marito di Ada, la cui abilità nel lavoro e la cui fortuna in
tutte le cose della vita fanno da contraltare ai continui fallimenti di Zeno. Tuttavia Guido si
rivela più fragile di quello che sembrava e le improvvise difficoltà lo portano al suicidio.
Nell’ultimo capitolo, “Psico-analisi”, la narrazione torna al presente e Zeno annuncia la
sua decisione di abbandonare la cura, criticando il metodo psicanalitico del medico e
dichiarando di essere guarito dalla sua malattia grazie a una serie di successi commerciali
favoriti dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Oltre ad altri poeti, pensava una cosa simile a Svevo anche Dalì.

Salvador Dalì, un pintor español de fama universal considerado uno de los máximos
representantes del surrealismo, nació la mañana del 11 de mayo de 1904 en España. Le
llamaron igual que a su hermano mayor, Salvador, que había fallecido poco antes de que
él naciera. Dalí pasó su infancia entre Figueres y la casa de veraneo de la familia en el
pueblo pescador de Cadaqués, donde sus padres le construyeron su primer estudio de
arte. Su primera obra, un paisaje, es de 1910. Su familia le animó desde muy joven a
desarrollar su creatividad y fue a estudiar arte a una academia de Madrid.

Es conocido por sus impactantes y oníricas imágenes surrealistas. Sus habilidades


pictóricas se suelen atribuir a la influencia y admiración por el arte surrealista. Había un
estilo marcadamente personal y reconocible.

La mayor parte de los primeros trabajos de Dalí son paisajes y escenas de género de
campesinos y pescadores.

En los años veinte, viajó a París y entró en contacto con artistas como Picasso, Magritte y
Miró, que le guiaron hacia su primera fase surrealista. En 1923 fue detenido por sus
tendencias anarquistas y encarcelado durante 35 días: manifestó una notable tendencia al
narcisismo y la megalomanía, cuyo objeto era atraer la atención pública. Esta conducta
irritaba a quienes apreciaban su arte y justificaba a sus críticos, que rechazaban sus
conductas excéntricas como un reclamo publicitario. Ya de adulto, vivió en Portlligat con
su mujer Gala, en una casa que construyeron en el pequeño pueblo ampurdanés. Muchas
de sus pinturas reflejan su amor por ese tierra.

Dalí, murió a la edad de 85 años el 23 de enero en Figueres.

Una de sus obras más célebres es "La persistencia de la memoria'', el famoso cuadro de los
“relojes blandos”, realizado en 1931. Raffigura una landa deserta tranne che per un
parallelepipedo color terra, un ulivo senza foglie che sorge su quest'ultimo e una testa
bianca addormentata, che sarebbe l'autoritratto di Dalì. Su alcuni di questi oggetti si
trovano degli orologi sciolti, che simboleggiano l'elasticità del tempo e che sono di fatto i
protagonisti della scena. Squagliandosi, prendono la forma del piano dove sono
appoggiati: il primo ha una mosca su di esso e scivola oltre il bordo del parallelepipedo, il
secondo è sospeso sull'unico ramo dell'albero e il terzo prende la forma della figura
embrionale bianca sul suolo. Un quarto orologio, l'unico ad essere rimasto allo stato
solido, è sempre sul parallelepipedo ed è ricoperto di formiche nere; Dalì ha da sempre
avuto paura di questi insetti, sin da quando era bambino.
Mostrandosi sensibile all'influsso di Sigmund Freud, Dalì con questo quadro riflette sulla
relatività del tempo. Nell’opera sono raffigurati diversi orologi con forme diverse, per dire
che il tempo non scorre nello stesso modo per gli uomini, gli animali e i vegetali; ad
esempio un’ora è tanto per una formica che vive appena pochi mesi, ma è nulla per noi
esseri umani. Inoltre, un’ora è di scarsa importanza per un albero che può vivere per ben
due secoli o per uno scoglio, che vive per sempre. Quindi ognuno, anche tra gli esseri
umani, ha una propria visione della vita e dei ricordi propri che vanno a ritmo diverso,
come questi orologi molli. Nella nostra società, tuttavia, si tende a scandire in modo
rigoroso e comune il tempo misurandolo in secondi, minuti, ore, giorni, eccetera. Secondo
l'interpretazione di Dalì, tuttavia, non tutto può essere sempre calcolato da orologi e
calendari, e bisogna anche considerare le emozioni, le sensazioni e le esperienze. In questo
modo viene messa in crisi l’oggettività del tempo perché riconoscere i secondi, i minuti e le
ore è ben diverso da vivere e distinguere gli attimi.

La memoria è un mezzo fondamentale per la sopravvivenza di un essere vivente: è


proprio attraverso di essa che esso rielabora il suo passato per interpretare il presente e
porre le basi per il futuro. Per gli esseri umani sì, è molto importante questa funzione, ma
anche quella riguardante gli eventi passati e la storia dell’umanità non è da meno. Questo
perché sono successe molte cose nel passato e sarebbe inutile non ricordarle.

Come l'ippocampo ha l'abilità di confrontare il nostro presente con il nostro passato come
individui, anche noi come persone dobbiamo essere in grado di farlo con gli eventi storici.

Un esempio famosissimo ma che comunque bisogna ricordare è quello di Hitler e la


Shoah. Nel 1933, in Germania, salì al potere il partito nazista di Adolf Hitler, che instaurò
un regime dittatoriale: tutti i diritti democratici vennero soppressi e i partiti e libertà di
stampa aboliti. Nel 1935 vennero poi emanate le leggi di Norimberga, per le quali vennero
aboliti i diritti civili degli ebrei, altre etnie e gruppi invisi al regime per il benessere della
razza ariana. Era l’inizio di una persecuzione che avrebbe portato nel giro di dieci anni
allo sterminio di circa sei milioni di ebrei in tutta Europa. Durante la seconda guerra
mondiale, infatti, in tutti i territori occupati dai nazisti gli ebrei vennero catturati e inviati
nei campi di concentramento, dove chi era impossibilitato a lavorare veniva
immediatamente eliminato e chi ce la faceva moriva per le impensabili e disumane
condizioni di vita.

Con le leggi razziali gli ebrei non poterono più sposare cittadini ariani, vennero esclusi da
tutte le scuole statali, non prestarono più servizio militare né poterono più apparire
sull’elenco telefonico. Gli ebrei, per i nazisti, erano l’incarnazione del male assoluto. La
nuova e pura Europa tanto voluta da Hitler e dopo un po’ anche da Mussolini poteva
nascere solo con il loro sterminio fisico, con la sopravvivenza di un’unica razza pura,
quella ariana. Fu allora che iniziò l’attività dei gruppi militari destinati all’annientamento
degli ebrei e che le prime camere a gas cominciarono a funzionare nei campi. Questi
potevano essere di concentramento o di sterminio.
Nel corso della guerra, la rete dei lager si ampliò e si diffuse con l’afflusso di nuovi
deportati fino a configurarsi come un gigantesco sistema di sfruttamento dei prigionieri
per i lavori forzati.

I campi di sterminio vennero istituiti nei territori dell’Est europeo, con elusiva finalità
l’eliminazione fisica di ebrei e zingari. Circa 6 milioni e mezzo furono sterminati dai nazisti
durante la guerra. Intere comunità, come quelle ebraiche dell’Europa centrale, furono
cancellate per sempre addirittura. Nessuno riuscì a resistere: fu un orrore senza precedenti
nella storia.

I quattro più grandi campi di sterminio veri e propri entrarono in funzione tra il marzo e il
giugno del 1943: ogni unità era fornita di stanze per la vestizione dei deportati, di stanze in
cui avveniva l’esecuzione tramite l’immissione di ossido di carbonio o acido cianidrico (le
docce) e di fornaci per l’incenerimento dei cadaveri. Dopo le esecuzioni, si azionavano i
ventilatori per aerare le camere, si toglieva il catenaccio dalla porta e le squadre degli
addetti entravano per innaffiare i cadaveri con spruzzi d’acqua e poi trascinarli fuori. I
corpi non giacevano sparpagliati, ma accatastati l’uno sull’altro per quanto erano stretti e
sovrappopolati quegli spazi. Il gas fatto penetrare dall’esterno era letale prima all’altezza
del suolo e raggiungeva gli strati d’aria superiori solo poco alla volta. Quando i morti
erano stati trasformati in cenere, le camere a gas e le stanze di vestizione venivano ripulite
per ospitare i componenti della tradotta successiva. Le vittime erano state uccise e dopo
essere state bruciate, le loro ceneri venivano sminuzzate, triturate fino a ridursi a una
polvere impalpabile. I nazisti non volevano lasciare nessuna traccia delle loro vittime.

Per questo c'è la giornata della memoria. Non basta non dimenticare tanto per dire,
bisogna prendere coscienza che l'abbandono dei valori portanti della nostra civiltà (libertà
individuale, uguaglianza, solidarietà ad esempio) unita alla diffusione di idee razziste e
violente può, in determinate circostanze, portare a queste conseguenze anche al giorno
d’oggi.

Ma perché proprio il 27 gennaio?

Questa data è particolarmente significativa perché il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche


dell’Armata Rossa, le quali marciavano in direzione della Germania impegnate
nell’offensiva, entrarono ad Auschwitz per liberarla. Varcando il famoso cancello con la
scritta “Arbeit macht frei”, “il lavoro rende liberi”.

Si stima che nel campo morirono da 1 a 1,5 milioni di persone, in maggioranza ebrei. I
sovietici trovarono anche cumuli di vestiti, capelli pronti per essere venduti, occhiali,
valigie, utensili da cucina e scarpe. Trovarono quasi settemila persone ancora vive nel
campo, c’erano cento bambini con un numero tatuato sul braccio. In mezzo al campo
principale giacevano 48 corpi. Altri 600 furono raccolti in varie parti del gigantesco
complesso.
Il 20 luglio del 2000, infatti, fu emanato l'articolo n. 211 per questo motivo: ricordare.

Articolo 1

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di


Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo
ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno
subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e
schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria
vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Articolo 2

In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie,
iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo
particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai
deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro
dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in
Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Fortunatamente, non tutti gli ebrei nel periodo tra l’ascesa al potere dei nazisti nel 1933 e la
resa dei nazisti nel 1945 furono annientati, più di 340.000 di loro emigrarono dalla
Germania e, sfortunatamente, circa 100.000 di loro trovarono rifugio in paesi
successivamente occupati dalla Germania. Le autorità tedesche ne deportarono e uccisero
la maggior parte.

I paesi più gettonati per l'immigrazione furono quelli dell’Europa occidentale e delle
Americhe, soprattutto gli Stati Uniti tra il marzo del 1938 e il settembre del 1939. Lo stato
che ha ospitato più ebrei però è stato quello d'Israele, ed è per questo che ancora oggi è il
paese più abitato dagli ebrei.

Il territorio israeliano a ovest si affaccia sul mar Mediterraneo. In prossimità della costa si
estende un'area pianeggiante, bagnata da numerosi corsi d'acqua e caratterizzata da clima
e vegetazione mediterranei. Da questa zona si eleva un altopiano interno delimitato a nord
dai monti dell'Alta Galilea, a a sud dai sistemi della Samaria e della Giudea. Verso est
l'altopiano scende ripido sulla valle del fiume Giordano. Più a sud, sin quasi allo sbocco
sul mar Rosso, si trova la vasta regione desertica del Negev. Tecniche modernissime e
imponenti opere di irrigazione ne hanno reso coltivabili ampie aree. Lungo il confine
orientale si estende la calda e arida depressione del Ghor. Quasi interamente in territorio
israeliano è il lago di Tiberiade, mentre il mar Morto bagna il settore centro-orientale del
Paese.

Agli ebrei e gli arabi, si aggiunsero tra il 1989 e il 2000 circa un milione di russi giunti
dall'ex Unione Sovietica.
Circa un quinto della popolazione è costituito da arabi palestinesi, rimasti in Israele dopo
la sua fondazione. Nel complesso, la popolazione è composta per il 75% di ebrei, tutti
arrivati in Israele nel corso del XX secolo. La religione, elemento fondamentale di
identificazione etnica, rispecchia questa divisione (75,4% ebrei; 17,2% musulmani; 2%
cristiani). Le lingue ufficiali sono l'ebraico e l'arabo.

Gerusalemme (815 300 abitanti) è il maggior polo politico e amministrativo del Paese. Tel
Aviv è il centro d'affari più importante: ospita la Borsa, le maggiori banche nazionali,
buona parte delle attività produttive e molte ambasciate straniere. Giaffa, che forma ormai
un'unica conurbazione con Tel Aviv, è un rilevante centro culturale.

Dal punto di vista economico Israele è al livello dei ricchi Paesi del Nord del mondo,
benché il territorio sia pressoché privo di risorse naturali e terreni fertili. È l'elemento
umano, quindi, quello determinante per questo significativo risultato economico.

Le colture più diffuse sono cereali e ortaggi, oltre a quelle tipiche mediterranee: viti, ulivi e
agrumi. Nel sottosuolo sono presenti petrolio e gas naturale, in quantità però non
sufficiente a soddisfare il fabbisogno del Paese. Nell'industria, sono presenti comparti di
alto livello tecnologico nelle telecomunicazioni e nell'informatica, accanto a comparti
tradizionali (metallurgico, chimco, tessile, alimentare, meccanico). Commercio, finanza e
turismo sono i più rilevanti comparti del terziario. Lo sviluppo del turismo è tuttavia
fortemente condizionato dai problemi politici e dai conflitti presenti nella regione.
L'instabilità e il timore di scontri e attentati tengono lontani molti visitatori che in
condizioni di pace sarebbero attirati da questi luoghi ricchi di storia e arte, di cui
Gerusalemme è senza dubbio il maggiore esempio.

La questione palestinese infatti è uno dei più gravi problemi di politica internazionale e
una delle situazioni di maggiore sofferenza nel contesto mondiale; la controversia si
trascina dal secondo dopoguerra. Già il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle
Nazioni Unite aveva approvato un piano che suggeriva la spartizione della Palestina con la
fondazione di due Stati distinti, uno ebraico e uno arabo, e destinava la città di
Gerusalemme ei luoghi santi a un'amministrazione internazionale. La proposta dell'Onu
non ebbe seguito: i Paesi arabi non volevano lo Stato ebraico in quel territorio e la
rifiutarono. Così gli ebrei proclamarono lo Stato d'Israele nel 1948, scatenando il primo di
una serie di violenti conflitti, che si concluse con la vittoria degli israeliani: essi occuparono
altre parti del territorio destinate ai palestinesi, mentre la Cisgiordania e Gerusalemme Est
furono annesse alla Giordania e la Striscia di Gaza fu posta sotto l'amministrazione
militare.

Seguirono altre guerre, anche molto recenti, tra Israele ei confinanti Stati arabi, che si
conclusero con l'occupazione israeliana di altri territori della regione, tra cui la
Cisgiordania con Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza.
L’immigrazione verso la Palestina rimase rigidamente controllata fino alla costituzione
dello Stato di Israele, quando migliaia ebrei si trasferirono in massa nel nuovo stato. Si
stima che da lì al 1953 ben 170.000 profughi e rifugiati ebrei siano emigrati in Israele.

La ricerca di un rifugio sicuro quindi caratterizzò sia gli anni precedenti sia quelli
successivi all’Olocausto.

Una dei tanti immigrati per la guerra fu la famosissima Anna Frank. She was born on June
12 of 1929 in Frankfurt, Germany. She is a famous author who lived during one of
history’s most horrific times, when Hitler was in power. We know her not only because
she was an author, but because she was one of over a million Jewish children who died
during the Holocaust. Her father Otto was a businessman before the war and her sister
was named Margot.

In 1934, when she was four and a half, her family moved to Amsterdam, in the
Netherlands, after Adolf Hitler and the Nazi gained control over Germany. When this
happened, Jewish people’s life changed. They had to wear a yellow star of David on their
coat to be recognized, they couldn’t work, have business and do ordinary things like enter
in a shop or going to the cinema. She spent most of her life in Amsterdam. By May 1940,
the Frank family was trapped in Amsterdam by the German occupation of the
Netherlands. Anna lost her German citizenship in 1941 and became stateless. In July 1942,
the Nazi began to send people to concentration camps, and Margot received a letter in
which they ordered her to go. Otto didn’t want her to leave, so the family went into hiding
in concealed rooms behind a bookcase in the building where he worked. They were forced
to go into hiding because Adolf Hitler persecuted Jewish people and blamed them for
many of the problems in his country, he wanted to kill all the Jews in the concentration
camps where they wanted to send Margot.

Until the family's arrest by the Gestapo on 4 August 1944, Anna kept a diary she had
received as a birthday present, and wrote in it regularly. She wrote about the people that
lived with her in hiding, the sad fate of Jewish people and her experiences, fears and
hopes. After writing her diary for two years, Anne heard a radio broadcast where a
government official asked citizens to keep letters and documents so they could be
published one day after the war.

Sadly, Anne and her family were found, arrested and sent to concentration camps in 1944,
while the diary was kept by one of the Frank family’s friends. On the first of November
Anne and Margot were transferred from Auschwitz to Bergen-Belsen concentration camp,
where they died, probably of typhus or the bad conditions in the concentration camp.
They died just a few weeks before the liberation of the camp, in 1945. Her diary was found
after the war by Otto Frank, the only one of the family who survived the war, and
knowing about Anna’s wish, he published it in 1947.
Come Anna Frank, molti bambini sono stati deportati nei campi di concentramento, ma di
pochi conosciamo la storia. Per ricordarli come gruppo, quindi, le persone hanno fatto
uscire tanti film che rappresentano la situazione in cui erano loro. Uno di questi è “La vita
è bella”.

Racconta di una famiglia ebrea che, come tante, viene rinchiusa nei campi di
concentramento durante la seconda guerra mondiale. La famiglia è composta dal padre
Guido, la madre Dora e il figlio Giosuè.

Il padre, per non spaventare suo figlio, gli dice sempre che ciò che stanno vivendo è un
gioco nel quale chi si sarebbe comportato bene avrebbe vinto un carro armato. Gli dice che
solo in tre casi avrebbero perso dei punti: mettendosi a piangere, chiedendo la merenda e
cercando la mamma. Ordina a Giosuè di stare sempre nascosto e di non farsi vedere dai
soldati.

Guido è costretto ai lavori forzati, ma nonostante tutto cerca sempre di essere sereno
davanti a suo figlio.

Negli ultimi giorni di guerra i nazisti si preparano a scappare e decidono di cancellare ciò
che resta del campo, causando molta confusione. Il padre ne approfitta per andare a
cercare la moglie travestendosi da femmina. Quando vede partire un camion carico di
donne, chiede se a bordo c’è Dora, ma è tutto inutile: il camion parte e Guido, rimasto solo
nel cortile, viene scoperto dalle guardie. Cerca di scappare, ma viene identificato. A questo
punto non gli resta che arrendersi alla guardia che gli punta addosso il fucile. Mentre sta
per premere il grilletto, un suo superiore gli impartisce degli ordini, così sospende in quel
momento l’esecuzione e fa cenno a Guido di seguirlo. Lui capisce che sta andando alla
fucilazione, ma sa anche che Giosuè, nascosto in un gabbiotto nel cortile, lo sta guardando.
Per non impaurirlo, quindi, fa il massimo possibile: si mette a camminare come una
marionetta e quando passa davanti al nascondiglio del bambino gli fa l’occhiolino. Viene
fucilato quella notte, e il mattino dopo gli americani entrano nel campo di concentramento.
Appena sente silenzio attorno, Giosuè esce dal nascondiglio e vede arrivare il carro
armato. Il suo sogno si avvera, ha vinto il gioco. Più tardi ritrova anche sua mamma.

La colonna sonora di questo film è “Beautiful that way”, cantata da Noa e scritta da lei e
Piovani. La cantante accettò di comporre dei versi da accompagnare alla melodia del
Maestro. Una musicalità talmente soave che calza perfettamente sul timbro leggiadro
dell’artista israeliana.

La stessa Noa in un’intervista ha dichiarato: “Nicola Piovani mi chiese di scrivere dei versi
per due suoi temi tratti dal film “La vita è bella” di Benigni. “Buongiorno Principessa” era
un po’ troppo lento ed i versi non si adattavano bene. Quando, invece, ho sentito quella
che poi è diventata “Beautiful that way”, ne sono stata subito conquistata. È stato come se
la musica mi avesse detto: “per favore, scrivi dei versi per me”.”.
Il testo della colonna sonora non menziona direttamente la guerra, ma la implica. Per
questo è così adatta al clima del film.

Il riassunto della traduzione è quello di andare avanti nonostante le difficoltà, di non


permettere a niente e a nessuno di toglierci il sorriso e di non farci abbattere dalle cose che
ci dice la gente o dalle cose brutte che ci succedono, perché ci sarà sicuramente un domani
in cui andrà meglio.

Smile, without a reason why

Love, as if you were a child

Smile, no matter what they tell you

Don't listen to a word they say

'Cause life is beautiful that way

Tears, a tidal-wave of tears

Light, that slowly disappears

Wait, before you close the curtain

There's still another game to play

And life is beautiful that way

Here, in his eyes forever more

I will always be as close

as you remember from before.

Now, that you're out there on your own

Remember what is real

and what we dream is love alone.


Keep, the laughter in your eyes

Soon, your long awaited prize

We'll forget about our sorrow

And think about a brighter day

'Cause life is beautiful that way

We'll forget about our sorrow

And think about a brighter day

'Cause life is beautiful that way

There's still another game to play

And life is beautiful that way

Durante la Seconda Guerra Mondiale, non furono solo gli ebrei le vittime, ma anche coloro
che non erano ariani, come gli ucraini. La capitale Kiev infatti venne bombardata dai
tedeschi, che successivamente la occuparono.

Iosif Ivanovič Kordik, un ceco che aveva combattuto la Prima Guerra Mondiale, era stato
costretto a rifugiarsi lì, dove rimase per il resto della sua vita e diresse l’importante
panificio cittadino per cui lavorava. Egli era un appassionato di sport, infatti si offrì di
assumere Nikolai Trusevich, portiere della Dinamo Kiev, nel suo panificio. Kordik voleva
circondarsi di lavoratori con una certa passione ed esperienza nel campo sportivo e fornire
ai propri dipendenti, attraverso lo sport, una valvola di sfogo perché producessero di più e
lavorassero meglio. Fu così che chiese a Trusevich di andare in cerca dei suoi vecchi
compagni, per formare una squadra di calcio al panificio.

I giocatori assunti avrebbero ottenuto un posto per dormire, cibo e una piccola protezione
dagli uomini di Hitler; così il portiere riuscì a radunare i membri della squadra in tempo.

Mentre l’Ucraina cercava di resistere alla loro occupazione, i tedeschi pensarono di


umiliare i cittadini e il loro spirito patriottico attraverso propaganda e calcio, organizzando
un vero e proprio torneo pensando di vincerlo. La stagione calcistica avrebbe avuto inizio
il 7 giugno 1942 e avrebbero partecipato sei squadre: quella di Kordik (FC Start), la Ruch
(appoggiata dal movimento nazionalista ucraino anti-sovietico e filo-tedesco) e quattro
formate da truppe tedesche, ungheresi e rumene. Per queste partite furono rilasciati dei
calciatori nemici del Reich dai campi di concentramento.

Nonostante i pesanti turni di lavoro al panificio, la scarsa alimentazione e le condizioni


fisiche discutibili, il giorno stabilito la Start iniziò il proprio campionato giocando allo
Stadio della Repubblica contro la Ruch e vinse 7-2. Dato che la notizia fu umiliante, i
Tedeschi ordinarono di far giocare le altre partite in un impianto più piccolo, lo stadio
Zenit (attuale stadio Start). Le partite finirono 6-2 sulla squadra ucraina, 11-0 sulla squadra
rumena 6-0 con la PGS e 3-2 con l'MGS. L’ultima occasione per piegare Kiev sarebbe stata
il 9 agosto: i nazisti rinforzarono la squadra con alcuni tra i migliori calciatori dell’esercito
tedesco e organizzarono la rivincita.

Prima della partita un arbitro tedesco entrò nello spogliatoio della Start, intimando ai
giocatori: «Quando arriverete a metà campo, ricordatevi di gridare con tutto il fiato che
avete in gola, Heil Hitler». Dopo quel saluto, però, i giocatori della Start abbassarono la
testa per un attimo e fecero il saluto che si usava nello sport sovietico: «Fitzcult Hurà!»,
«Viva la cultura fisica».

Le gradinate dello stadio erano piene di soldati della Wehrmacht in uniforme che avevano
armi in quantità e in un piccolo settore vi erano uomini, vecchi, donne e bambini. I
tedeschi erano vestiti adeguatamente, impomatati dato che c’era molto sole e con undici
riserve a disposizione; di fronte avevano i macilenti ucraini, con l’”uniforme” cadente,
traballanti sulle gambe ossute, malnutriti e senza nessuna riserva.

L’arbitro ovviamente era dalla parte dei tedeschi, che ci diedero dentro da subito e senza
mezzi termini: picchiavano, insultavano e provocavano. Addirittura dalle gradinate i
soldati sparavano sulle gambe dei giocatori ucraini. I falli dei nazisti venivano
regolarmente ignorati dal direttore di gara, quelli degli ucraini erano segnalati tutti.

Nonostante tutto, in meno di venti minuti i giocatori della Start segnarono tre volte.
Durante l’intervallo entrò negli spogliatoi un ufficiale delle SS: «Siamo veramente
impressionati dalla vostra abilità calcistica e abbiamo ammirato il vostro gioco del primo
tempo – disse l’ufficiale – ora però dovete capire che non potete sperare di vincere. Prima
di tornare in campo, prendetevi un minuto per pensare alle conseguenze».

Nel secondo tempo, dopo un’iniziale dubitazione che permise ai tedeschi di portarsi sul
3-3, la Start decollò e segnò altre due volte: 5-3. Il difensore Klimenko poco prima del
fischio finale dribblò la difesa del Flakelf e il loro portiere osservò la tribuna degli alti
ufficiali tedeschi e invece di buttare la palla in rete mandò il pallone il più lontano
possibile, verso il centro del campo come segno di disprezzo.

Al termine della partita, gli ucraini capirono che con il fischio finale, si era segnata anche la
fine delle loro vite. Uno dei pochi sopravvissuti, Goncharenko, racconta: «Ci trovammo in
un silenzio cupo, tetro dello stadio vuoto, soli in mezzo al campo, capimmo di aver
firmato con i nostri goal anche la nostra condanna a morte… Ci attardavamo sul campo,
come se stando lì fossimo al sicuro, salvi. La paura cominciò a impadronirsi di noi,
avevamo fatto semplicemente quello che ritenevamo giusto, non per essere eroi, ma solo
come ucraini che avevano una dignità ed un onore di uomini e di calciatori… Adesso
eravamo spaventati per quello che ci aspettava… Avevamo di nuovo la stessa paura
dell’inizio partita, che avevamo scacciato con quell’urlo di Hurà, talmente tanta paura da
avere persino paura di mostrarla…». Alcune settimane più tardi, infatti, iniziarono gli
arresti.

La memoria umana è interessante ma imperfetta nella sua funzionalità, non solo perchè.
Viceversa esiste una memoria, che non risulta influenzabile, ma è modificabile
volontariamente dall’uomo, ed è quella del computer.

La memoria del computer è quella parte in cui sono immagazzinati i dati e i programmi. È
importante perché senza una memoria in cui i processori possono leggere e scrivere
informazioni, non esisterebbero calcolatori digitali in grado di gestire un numero elevato
di informazioni. In essa sono memorizzati dati d’archivio e le istruzioni dei programmi
facenti parte del software di base o applicativo.

La capacità di una memoria si misura con i byte (B) o con i suoi multipli kilobyte (KB),
megabyte (MB), gigabyte (GB) ed indica la quantità di dati che su di essa possono essere
registrati. I byte sono gruppi di otto bit (cifre binarie), ogni bit può contenere uno 0 oppure
un 1. Queste cifre hanno un significato: per l’uno si indica presenza di corrente elettrica in
generale, mentre per lo 0 l’assenza. Per questo è l’unità più semplice possibile da
memorizzare ed elaborare. Questo sistema è chiamato binario.

Le memorie si dividono in memorie principali o centrali e memorie di massa. Le prime,


dette anche memorie veloci per la grande rapidità con cui cedono dati alla CPU, sono
collocate all’interno del computer e si attivano quando questo viene acceso (la RAM, la
ROM e la cache). Le seconde vengono utilizzate per immagazzinare grosse quantità di
dati. Sono classificate in base al tipo di supporto e alla tecnologia di registrazione e di
recupero dati che utilizzano (memorie magnetiche basate sulla tecnologia delle testine
magnetiche come i vecchi registratori, le memorie ottiche basate sulla tecnologia laser, le
memorie stato solido basate su semiconduttore).

La memoria principale di un calcolatore è costituita da un numero di celle (o locazioni),


ognuna delle quali può immagazzinare un elemento di informazione. Ogni cella è
individuata da un proprio numero (detto indirizzo) con il quale i programmi possono
riferirsi ad essa. Se una memoria ha N celle, allora tali celle avranno indirizzi compresi tra
0 e N-1. Ogni cella di memoria contiene lo stesso numero di bit.

La cella è l’unità indirizzabile più piccola. Negli ultimi anni, molti costruttori hanno
standardizzato celle a 8 bit. A loro volta, i byte sono raggruppati in parole. Il numero di
byte costituenti una parola varia da calcolatore e calcolatore: ad esempio, un calcolatore
con una parola a 16 bit ha 2 byte per parola, mentre invece un calcolatore con una parola a
32 bit ha 4 byte per parola (questo è il caso oggi più comune e frequente nei computer).

La funzione svolta dalle memorie di massa è quella di riuscire a conservare i dati per un
periodo illimitato di tempo, dato che questa memoria ha la caratteristica di essere
permanente, ovvero di riuscire a conservare i dati salvati anche in assenza di
alimentazione.
Un esempio di memoria di massa è l’hard disk una tipologia di dispositivo di memoria di
massa che utilizza uno o più dischi magnetici per l'archiviazione dei dati. È sicuramente la
principale memoria di massa del computer in quanto su di esso sono registrati tutti i
programmi del software di sistema, tutti gli applicativi e tutti i documenti che abbiamo
creato con essi. È costituito fondamentalmente da uno o più piatti in rapida rotazione,
realizzati in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico. L’ossido di ferro, di
cui è ricoperto ogni disco è costituto da piccoli elementi che possono essere magnetizzati
“1” o smagnetizzati “0” in modo da poter registrare in forma binaria i dati e conservarli
anche a computer spento.

Grazie agli approfondimenti fatti in questa tesina ho capito che la memoria umana non è
così affidabile come credevo, è molto meglio quella dei computer, cellulari eccetera.
Questo perché è influenzabile tutto di essa, non solo la parte dei ricordi. Anche quella che
ci fa ricordare la storia è del tutto affidabile, perché è vista in diverso modo da ogni paese.

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