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2.2 La riduzione dell’anima a mens e la negazione di ogni proportio tra mente e corpo: le critiche
all’automatismo animale e la polemica con Gassendi.
Dottrina dell’unione e commistione di anima e corpo per Cartesio compatibile con quella dell’automatismo
corporeo. Teoria del corpo-macchina eliminava ogni medio tra anima e corpo, l’anima sensitiva. Nel De
anima Aristotele definisce vivente un essere che abbia almeno uno tra intelletto, sensazione, moto e quiete,
crescita, decrescita. L’anima, che è un principio divino, è il principio di queste facoltà, pertanto ha un
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primato nello studio dei viventi. Nel Discorso del metodo, Cartesio sostiene che il corpo sia un congegno
meccanico, azionato da una forza non vitale né psichica; ma il calore prodotto nel cuore può essere
assimilato a fenomeni inorganici come l’autocombustione (come il fieno che brucia se lasciato al chiuso,
oppure la fermentazione del vino). Il circuito cardiovascolare (scoperto da Harvey ma interpretato in chiave
meccanicistica) è dispositivo di alimentazione e controllo automatico del corpo, non serve più l’anima
sensitiva. L’uomo condivide le funzioni chimico-meccaniche del corpo con l’animale, che è puro automa
privo di ragione, le cui parti funzionano automaticamente. L’aristotelico Fromondus critica il meccanismo
cartellino di movimento del cuore e la teoria degli animali-macchina: sostiene inverosimile che tutte le
funzioni vitali (eccetto la ragione) si possano spiegare con la fermentazione; ritiene pericolosa la
meccanizzazione degli animali, poiché gli atei potrebbero dire lo stesso dell’anima razionale. Anche i
platonici respinsero Cartesio, poiché eliminava la distinzione tra vivente e non vivente. Il platonico More
sostiene che l’animale-macchina sia contrario ai fenomeni, al senso comune e alle autorità filosofiche; ritiene
che l’anima sia principio animante del corpo e che abbia la proprietà dell’estensione. Senza l’anima,
l’animale è privo di vita (ed è una conseguenza della riduzione dell’anima a pensiero). Anche la tradizione
materialistico-atomistica rifiuta tale riduzione, in particolare Gassendi. Egli segnala l’ambiguità dell’uso
cartesiano di anima e contesta il fatto che l’abductio mentis sia sia dal corpo che dall’anima come principio
vitale. Nella risposta, Cartesio dice a Gassendi di considerare la mente non come parte, ma come tutta
l’anima; inoltre sostiene che l’ambiguità rilevata derivi dall’erronea applicazione della parola “anima” a
designare funzioni organiche, ambiguità che lui risolve riducendola al pensiero. Le funzioni organiche di
uomini e animali sono distinte dal pensiero, la loro confusione impedisce di comprendere le proprietà
esclusive della sfera cognitiva e di avere scienza geometrica-meccanica dei corpi. L’eliminazione di ogni
medio tra mente e corpo dà vita al problema mente-corpo. Hobbes critica la sostanzializzazione del cogito e
afferma la materialità del soggetto a cui va riferito l’atto del pensare. Gassendi vede il problema di conciliare
una realtà materiale con una immateriale, la mente non potrebbe muovere il corpo (per Lucrezio il moto si dà
tra cose materiali), la mente non potrebbe percepire le sensazioni: Cartesio ritiene che la distinzione reale tra
le due sostanze sia compatibile con una loro mescolanza, tale per cui percepiamo dolore e non ne abbiamo
percezione intellettuale. Gassendi ritiene che una mescolanza dia solo tra cose materiali e che non si concilii
con la distinzione tra le sostanze. Ritiene che l’anima debba essere estesa, se si vuole risolvere il problema
mente-corpo. Anche se Cartesio individua la sede dell’anima nella ghiandola pineale, per quanto piccola,
l’anima deve essere estesa. Cartesio porterebbe sul piano reale una distinzione solo concettuale.
L’eliminazione di ogni medio porta, per Gassendi, ad un uomo diviso. Cartesio obietta dicendo che
l’atomista sbaglia nel paragonare l’unione di cose materiali con quella, non soggetta alla nostra giurisdizione,
di una immateriale con una materiale.