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I VERBI PRONOMINALI: CONOSCERLI ED INSEGNARLI – CARLO SFORNA, UNISTRAPG

CARLO SFORNA, UNIVERSITÀ PER GLI STRANIERI DI PERUGIA


I VERBI PRONOMINALI: CONOSCERLI ED INSEGNARLI
Quando si parla di verbi pronominali ci si riferisce a quei verbi nella cui forma di lemma appaiono
uno o più pronomi clitici, i quali, come vedremo, sono di varia natura e svolgono funzioni diverse. Una vasta
fetta di questi verbi pronominali è costituita dai verbi riflessivi, che possono essere a loro volta suddivisi in
riflessivi diretti, riflessivi indiretti, riflessivi reciproci, e intransitivi pronominali (o riflessivi intransitivi)1, in
base alla funzione svolta dal pronome clitico all’interno della struttura argomentale del verbo. Ma accanto ai
verbi riflessivi, nei quali il pronome clitico svolge un determinato ruolo grammaticale, esistono anche forme
di verbi pronominali lessicalizzate e dalla semantica opaca dove la funzione grammaticale del clitico (o dei
clitici) non è più rintracciabile: chiameremo quest’ultima tipologia di verbi pronominali verbi
procomplementari2. Analizzeremo ora ciascuna delle categorie di verbi pronominali appena individuate.

 I. I verbi riflessivi diretti

Descrivono un’azione compiuta intenzionalmente dal soggetto il quale tratta sé stesso


come oggetto. Si ha pertanto coreferenza tra il soggetto e l’oggetto della frase, e tale rapporto di
coreferenza è segnalato dal pronome clitico [–si], a tutti gli effetti un argomento del verbo. Si
tratta tuttavia di un argomento particolare perché, come detto, ha lo stesso referente di quello
realizzato come soggetto, tanto che sostituendo al pronome riflessivo [-si] l’espressione [sé
stesso] si ottiene una frase grammaticale ed equivalente dal punto di vista del significato:

(1) vestirsi → Carlo si veste ≈ Carlo veste sé stesso


(2) spogliarsi → Le ballerine si spogliarono ≈ Le ballerine spogliarono sé stesse

Inoltre, possono essere impiegati riflessivamente solo verbi transitivi, in quanto il soggetto,
compiendo un’azione su di sé, si configura sempre anche come oggetto del verbo. Ciò è
dimostrato, ad esempio, dall’agrammaticalità dell’uso riflessivo di un verbo intransitivo come
cadere →*cadersi. Si osservi l’esempio:

(3) *Carlo si cade ≈ *Carlo cade sé stesso

1 La suddivisione qui proposta è quella fornita da Serianni. In: Serianni (2016), pp.387-390.
2 Definizione per la prima volta introdotta da Tullio De Mauro nell’Introduzione del GRADIT.
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 II. I verbi riflessivi indiretti

A differenza dei riflessivi diretti, l’azione descritta dal verbo non si riflette direttamente
sul soggetto, ma si svolge comunque a suo beneficio, nel suo interesse o per sua iniziativa 3. In
questi verbi non c’è coreferenza tra soggetto e oggetto della frase, ed il pronome clitico [-si] non
svolge il ruolo di complemento oggetto come nei riflessivi diretti, ma quello di complemento
indiretto (o complemento di termine), segnalando che il soggetto è il destinatario dell’azione
verbale. Vediamo alcuni esempi:

(1) lavarsi la faccia → Andrea si lava la faccia due volte al giorno


(2) allacciarsi le scarpe → I bambini si sono allacciati le scarpe

Spesso, come anche si vede dagli esempi riportati sopra, l’oggetto dei verbi riflessivi indiretti è
una parte del corpo, e più in generale un oggetto che ha a che fare con la sfera personale del
soggetto. Peraltro l’utilizzo del riflessivo indiretto è l’unica maniera non marcata di indicare il
possesso o la relazione personale4:

(3) rompersi il braccio → Marco si è rotto il braccio cadendo dalla moto


≈ ?Marco ha rotto il suo braccio cadendo dalla moto
(4) mangiarsi le unghie → Mi mangio le unghie tutto il tempo
≈ ?Mangio le mie unghie tutto il tempo

Nei verbi riflessivi indiretti sin qui presentati si è visto come l’espressione clitico sia obbligatoria
perché, in qualità di complemento indiretto, esso completa la struttura argomentale del verbo,
indicando nel soggetto il destinatario dell’azione verbale. Tuttavia è possibile esprimere
facoltativamente il pronome clitico praticamente con qualsiasi verbo transitivo con lo scopo di
porre l’accento sul coinvolgimento che il soggetto ha nell’evento. Si confrontino a tal proposito
gli esempi seguenti:

(5) bere una birra → Bevo una birra al pub ogni venerdì
(6) bersi una birra → Mi bevo una birra al pub ogni venerdì
(7) guardare la partita → Ieri sera abbiamo guardato la partita dell’Italia
(8) guardarsi la partita → Ieri sera ci siamo guardati la partita dell’Italia

3Serianni (2016), p. 387.


4La costruzione con l’aggettivo possessivo è tuttavia possibile in caso di focus contrastivo: “Marco ha rotto il suo braccio, non il
mio”.
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Come si può vedere dagli esempi, l’espressione del pronome clitico è facoltativa, in quanto, non
rivestendo il ruolo di argomento del verbo, la sua omissione non porta a frasi incomplete o mal
formate ((5) e (7)); d’altra parte l’impiego del pronome clitico riflessivo sottolinea una più intensa
partecipazione del soggetto nell’evento in questione ((6) e (8)).

 III. I verbi riflessivi reciproci

Sono verbi che descrivono un’azione che due o più soggetti compiono e al tempo stesso
vicendevolmente subiscono. Data la pluralità del soggetto questa forma di riflessivo è possibile
solo con le persone plurali (4a, 5a e 6a). Vediamo alcuni esempi:

(1) picchiarsi → I ragazzi si picchiavano in giardino


(2) mettersi d’accordo → Io e Luca ci siamo messi d’accordo sul da farsi

Nei due esempi qui proposti ((1) e (2)) il pronome clitico è oggetto del verbo e coreferente con il
soggetto, esattamente come avviene per i riflessivi diretti. Tuttavia vi sono verbi riflessivi
reciproci in cui l’azione verbale non investe direttamente i soggetti ma, come nei riflessivi
indiretti, si svolge a loro beneficio. Anche in questi casi il pronome clitico è complemento
indiretto del verbo e indica nei soggetti i destinatari dell’azione verbale:

(3) stringersi la mano → I due calciatori si strinsero la mano


(4) scambiarsi i numeri → Marco e Anna si sono scambiati i numeri

 IV. I verbi intransitivi pronominali (o riflessivi intransitivi)

Si tratta di verbi in cui il pronome clitico non ha valore riflessivo, e non è argomento del
verbo, ma rappresenta soltanto una sua componente formale che deve essere obbligatoriamente
espressa (arrendersi, incamminarsi, accanirsi, ecc.) o può essere omessa con diversa sfumatura di
significato (accostarsi, dispiacersi, spogliarsi, ecc.), o ancora, verbi che accanto all’uso con
pronome clitico ammettono un impiego transitivo privo di clitico con radicale cambiamento di
prospettiva (abbattersi, irritarsi, ritirarsi, ecc.). Vediamo esempi rispettivamente del primo tipo
(clitico obbligatorio, (1)), del secondo tipo (clitico facoltativo, (3)), e del terzo tipo ((5)):
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(1) imbattersi → Ieri ci imbattemmo in Laura


(2) *imbattere → *Sono imbattuto in Gianni stamattina
(3) approfittarsi → Maria si approfittava di sua sorella
(4) approfittare → Dovevamo approfittare di quell’occasione
(5) imbarcarsi → Mi imbarcai in quell’impresa senza pensare
(6) imbarcare → La nave iniziò ad imbarcare acqua

 V. I verbi procomplementari

Come accennato nell’introduzione, i verbi procomplementari sono verbi pronominali il cui


elemento pronominale, saldandosi al verbo, ne è divenuto componente obbligatoria e nel processo
ha perso il suo originario contenuto semantico 5 . Tale fusione tra verbo e pronome clitico (o
pronomi clitici) ha dato origine a unità lessicali nuove dotate di un significato proprio spesso
lontano da quello del verbo principale. A differenza dei verbi pronominali visti sin ora, dove la
componente pronominale era costituita dal pronome clitico riflessivo [-si], nei verbi
procomplementari anche altri pronomi clitici possono saldarsi al verbo, come il partitivo [-ne], il
locativo [-ci], il [-la] oggetto diretto femminile, o una combinazione di clitici ([-si+la],[-si+ne],[-
ci+la]). Cerchiamo ora di fornire esempi quanto più significativi per ciascuna delle possibili
combinazioni ‘verbo + pronome clitico (+ pronome clitico)’:

verbo + [-ne]
andarne → Devo assolutamente riuscirci: ne va del mio onore
farne → Insieme ne fecero di cotte e di crude

verbo + [-ci]
andarci → Nella torta ci vanno quattro uova
entrarci → Cosa c’entra con quello che ho appena detto?
ripensarci → Ci ho ripensato, non comprerò quelle scarpe
volerci → Per arrivare al mare ci vogliono almeno due ore

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Abbiamo visto come anche negli intransitivi pronominali del primo tipo il pronome clitico [-si] sia componente obbligatoria del
verbo, tuttavia è ancora individuabile il contenuto semantico del pronome: rafforzare il riferimento al soggetto.
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verbo + [-la]
piantarla → Piantala di dirmi cosa devo fare!
smetterla → Il cane non la smette di abbaiare
spuntarla → Alla fine il malvivente l’ha spuntata

verbo + [-si] + [la] → verbo + [-sela]


cavarsela → I passeggeri se la sono cavata con qualche graffio
cercarsela → È inutile che ti lamenti: te la sei cercata!
filarsela → Ce la siamo filata non appena abbiamo potuto
sbrigarsela → Se vuoi crescere devi imparare a sbrigartela da solo
svignarsela → Al suono della campanella gli alunni se la svignarono
tirarsela → È un tipo altezzoso: se la tira un sacco

verbo + [-si] + [ne] → verbo + [-sene]


andarsene → Me ne andai senza dire una parola
fregarsene → Se ne fregavano di quello che pensava la gente
interdersene → Non me ne intendo granché di arte moderna

verbo + [-ci] + [la] → verbo + [-cela]


avercela → Sara ce l’aveva con me
farcela → Scommetto che ce la farai a superare l’esame

Altra caratteristica peculiare dei verbi procomplementari è la facoltà di produrre forme


polirematiche6 attraverso l’aggiunzione di altri elementi quali avverbi, aggettivi e nomi, e a loro
volta spesso assai distanti dal valore semantico del verbo procomplementare che le ha generate.
Facciamo alcuni esempi di verbi polirematici ((2), (4), (6)) e mettiamoli a confronto con i
rispettivi verbi procomplementari da cui essi derivano ((1), (3), (5)):

(1) andarci → Quanto sale ci va nel sugo?


(2) andarci + piano → Ehi! Vacci piano con quel vino!

6 Le forme polirematiche sono elementi lessicali formati da più di una parola, che hanno una particolare coesione strutturale e

semantica interna e possono appartenere a varie categorie lessicali. Nel nostro caso di tratta di verbi.
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(3) prendersela → Non te la sarai mica presa per quello che ho detto?
(4) prendersela + comoda → Marco se la sta prendendo troppo comoda. Di questo
passo non finirà mai gli esami

(5) vederci → Il pirata ci vedeva da un occhio solo


(6) vederci + chiaro → La cosa non mi torna, voglio vederci chiaro!

Questi pochi esempi sono sufficienti ad evidenziare la grande distanza semantica tra verbi
procomplementari e rispettive forme polirematiche, che, ricordiamo, sono realizzati per mezzo
dell’aggiunta di un elemento lessicale ad un verbo procomplementare. Tuttavia, non tutti i verbi
polirematici derivano da verbi procomplementari effettivamente esistenti nella lingua italiana, o,
per meglio dire, vi sono verbi polirematici il cui verbo procomplementare di base è
apparentemente privo di significato autonomo ((7), (9), (11), (14)). Vediamo allora alcuni esempi
per chiarire quest’ultimo punto:

(7) *darci
(8) darci + dentro → Dacci dentro con l’allenamento se vuoi vincere la gara

(9) *dormirci
(10) dormirci + sopra → Prima di prendere una decisione è meglio che tu ci dorma
sopra

(11) *farla
(12) farla + franca → I ladri riuscirono a farla franca
(13) farla + breve → Per farla breve, il film non mi è piaciuto per niente

(14) *prenderci
(15) prenderci + gusto → Roberto ci sta prendendo un po’ troppo gusto con quel
fucile

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 1. Livello A1/A2: i verbi riflessivi diretti, indiretti e reciproci; i verbi intransitivi pronominali

1.1. I verbi riflessivi diretti


Nell’approcciare i verbi riflessivi diretti si potrebbe partire dal fornire agli apprendenti il
concetto generale di riflessività diretta in italiano:

il soggetto compie un’azione che si riflette completamente su di esso, svolgendo


quindi al tempo stesso anche il ruolo di oggetto di un verbo transitivo.

Dopodiché introdurremo gradualmente i pronomi clitici (mi, ti, si, ci, vi, si) atti a realizzare
questa speciale relazione che il soggetto intrattiene con sé stesso, e lo faremo presentando i verbi
riflessivi diretti a più alta frequenza d’uso (alzarsi, vestirsi, svegliarsi, addormentarsi, divertirsi,
lavarsi, ecc.), al presente indicativo, per mezzo, ad esempio, di alcune frasi da completare che
possano anche far luce sulla collocazione delle particelle pronominali:

Carlo si alza tutte le mattine alle 7.30.

Da bambini ci sedevamo ogni sera davanti alla tv.

Mi diverto molto quando esco con i miei amici.


Quanto all’impiego dei verbi riflessivi al passato prossimo, sarà necessario spiegare agli
apprendenti che l’ausiliare da impiegare è essere (anziché avere), e il participio si accorda, come
di consueto, in genere e numero con il soggetto. Anche in questo caso un buon esercizio potrebbe
essere quello di completare alcune frasi, o un breve testo, cui siano stati omessi i pronomi clitici
riflessivi, gli ausiliari e le desinenze del participio passato.

1.2. I verbi riflessivi indiretti


Una volta che sarà stato acquisito il concetto di riflessività diretta, inizieremo a spiegare i
verbi riflessivi indiretti, nei quali

il soggetto compie un’azione che si riflette solo parzialmente su di esso, e non


svolgendo anche il ruolo di oggetto, il verbo transitivo sarà seguito da un complemento
oggetto. Il soggetto fa qualcosa a sé stesso (o per sé stesso).

I pronomi clitici (mi, ti, si, ci, vi, si) svolgono in questo caso la funzione di complemento
di termine, ovvero indicano nel soggetto, non l’oggetto, ma il destinatario dell’azione descritta
dal verbo. Per evidenziare quest’aspetto si potrebbe richiedere agli apprendenti di completare
delle frasi in cui venga enfatizzata la presenza di un complemento oggetto, oltre al soggetto:
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Mario si lava la faccia due volte al giorno.

Laura si è rotta un braccio la settimana scorsa.

Mi preparo la colazione ogni mattina.


Da esercizi di questo tipo è possibile dedurre come la funzione del pronome riflessivo, oltre a
quella grammaticale di complemento di termine, sia anche quella di esplicitare la relazione che il
soggetto intrattiene con l’oggetto, che molto spesso si tratta di una parte del suo corpo ([la propria]
faccia, [il proprio] braccio) o in generale di un elemento appartenente alla sua sfera personale ([la
propria] colazione). Un altro tipo di esercizio potrebbe essere quello di individuare i riflessivi
diretti e indiretti all’interno di un breve testo.

1.3. I verbi riflessivi reciproci


Per quanto riguarda i verbi riflessivi reciproci, potendo essere questi sia diretti che indiretti,
varranno le spiegazioni fornite sin qui, specificando però il carattere di reciprocità dell’azione
descritta dal verbo; e dunque, per i riflessivi reciproci diretti diremo che

due o più soggetti compiono, e, al tempo stesso, subiscono un’azione. Se ‘Marco e


Anna si salutano’, significa che Marco saluta Anna e Anna saluta Marco. Il soggetto è
sempre plurale e, come nei riflessivi diretti, svolge il ruolo di complemento oggetto.

Venendo poi ai riflessivi reciproci indiretti,

due o più soggetti compiono, e, al tempo stesso, subiscono un’azione di cui sono i
destinatari. Il verbo transitivo sarà seguito da un complemento oggetto. Se ‘Marco e Anna
si stringono la mano’, significa che Marco stringe la mano ad Anna, e Anna stringe la mano
a Marco.

Talvolta, tuttavia, potrebbero sorgere dubbi sul valore di reciprocità di alcuni verbi
riflessivi: può essere necessario ricorrere ad espressioni avverbiali o pronominali (a vicenda,
reciprocamente, l’un l’altro, gli uni con gli altri) che chiariscano il carattere reciproco
dell’azione.
A questo punto un esercizio utile potrebbe essere quello di individuare in un testo i riflessivi
diretti, i riflessivi indiretti, i riflessivi reciproci diretti e i riflessivi reciproci indiretti, e ripartire i
verbi individuati in quattro colonne, una per ciascuna tipologia verbale. Un esercizio equivalente
potrebbe essere costituito da un testo da completare coniugando al presente, al passato prossimo
e all’imperfetto dei verbi riflessivi (delle quattro tipologie individuate) e dei verbi non riflessivi.

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1.4. I verbi intransitivi pronominali


Contemporaneamente ai verbi riflessivi, si potrebbero iniziare ad introdurre quei verbi, che
pur presentando un pronome clitico al loro interno, non sono né riflessivi, né transitivi: si tratta
dei verbi intransitivi pronominali. Per giustificare la loro apparente somiglianza con i verbi
riflessivi diremo che

le particelle pronominali (mi, ti, si, ci, vi, si) sono una componente puramente
formale in questi verbi, i quali non esistono nella forma priva di particella pronominale; si
pensi ad esempio a verbi come vergognarsi, accorgersi, pentirsi, arrabbiarsi, a all’inesistenza
di vergognare, accorgere, pentire, arrabbiare.

Importante sottolineare il fatto che si tratta per lo più di verbi ‘psicologici’, e più in generale
di verbi riferiti a esseri umani, dove il ruolo della particella pronominale è soltanto quello di
rafforzare il riferimento al soggetto. Data la loro somiglianza con i riflessivi diretti, un esercizio
da proporre potrebbe essere quello di individuare in un testo i verbi intransitivi pronominali (che
potremmo anche definire “verbi che descrivono eventi o atteggiamenti o azioni che si verificano
proprio all’interno della persona”) e, appunto, i verbi riflessivi diretti, dove invece il soggetto
compie un’azione su di sé.

 2. Livello B1/B2: uso intensivo dei riflessivi indiretti; i verbi procomplementari

2.1. Uso intensivo dei riflessivi indiretti


Dopo aver fornito un quadro completo dei riflessivi, ed aver introdotto i principali verbi
intransitivi pronominali, ad un livello più avanzato si potrebbe spiegare un uso particolare dei
riflessivi indiretti, molto diffuso in special modo nella lingua parlata: l’uso intensivo. Partiremo
dicendo che, in sostanza:

si tratta di verbi transitivi attivi a cui viene applicato un pronome clitico riflessivo
con lo scopo di porre l’accento sul coinvolgimento del soggetto nell’azione verbale; una
strategia che è applicabile praticamente a qualsiasi verbo transitivo attivo.

L’espressione del clitico non è dunque obbligatoria, a differenza che nei riflessivi indiretti in senso
stretto. Un esercizio in cui vengano messi a confronto riflessivi indiretti intensivi e riflessivi
indiretti è senza dubbio utile a far luce sulla natura facoltativa della particella pronominale negli
uni e la sua obbligatorietà negli altri, pena l’ambiguità della frase:

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Mi mangio una bella pizza ogni sabato Mangio una bella pizza ogni sabato ✓

Che caldo! Mi bevo una birra fresca Che caldo! Bevo una birra fresca ✓

Mario si mangia assiduamente le unghie Mario mangia assiduamente le unghie ✕

È ora di pranzo, va’ a lavarti le mani! È ora di pranzo, va’ a lavare le mani! ✕

Ieri ci siamo fatti una lunga passeggiata Ieri abbiamo fatto una lunga passeggiata ✓
… …

2.2. I verbi procomplementari


Venendo ora ad affrontare i verbi procomplementari, bisogna tener presente che si tratta di
verbi il cui elemento pronominale, saldandosi al verbo, ne è divenuto componente obbligatoria e
nel processo ha perso il suo originario contenuto semantico. Verbo e componente pronominale si
sono dunque fusi ed hanno dato origine ad un’unità lessicale nuova. Verbi come piantarla,
farcela, sentirsela, entrarci, infischiarsene, tirarsela sono spesso molto distanti semanticamente
dal verbo di base e, a loro volta, forme polirematiche come passarla liscia, farla franca, darci
dentro, prendersela comoda, venirne fuori si discostano in maniera significativa dal verbo
procomplementare da cui derivano. Data dunque la difficoltà di ricavare il significato di questi
verbi a partire dal loro aspetto formale, in particolare per la presenza di particelle pronominali
all’apparenza grammaticalmente immotivate7, la loro acquisizione può risultare particolarmente
ostica per l’apprendente che voglia imparare questo tipo di verbi alla “maniera canonica”. D’altra
parte va sottolineato che si tratta di verbi il cui utilizzo ha il potere di conferire particolare
espressività e naturalezza alla lingua sia scritta che parlata, e questa prospettiva potrebbe
rappresentare per l’apprendente un importante incentivo al loro apprendimento. Per tali
motivazioni, il metodo migliore per affrontare questi verbi (quantomeno i più diffusi) è forse
quello di fornire agli apprendenti un testo in cui sia possibile inferirne il significato a partire dalle
informazioni co-testuali. A questo punto si potrebbe richiedere agli apprendenti di riscrivere il
testo utilizzando verbi non procomplementari, e, al termine dell’esercitazione, confrontare le due
versioni, ponendo l’attenzione sulla maggiore naturalezza e comunicatività del testo originale.

 3. Livello C1/C2: focus sui verbi procomplementari

Anche ad un livello molto avanzato sarebbe possibile, e anzi auspicabile, lavorare sui verbi
procomplementari, data la loro vastità in termini numerici e la loro versatilità in termini diafasici.
Sempre partendo da un testo creato ad hoc, si potrebbe far notare come i verbi procomplementari

7 Sul piano storico non c’è dubbio che la presenza dei clitici sia motivata come riferimento anaforico o cataforico.
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si distribuiscano omogeneamente su vari registri linguistici: da quello medio-alto (volerne, ‘spero


che tu non me ne voglia’, andarne, ‘ne va del mio onore’), a quello medio-basso (fregarsene,
tirarsela), sino alla lingua scurrile (darla8); al contempo, potrebbe essere interessante mostrare il
radicale mutamento di significato che si ottiene con l’aggiunzione di elementi lessicali ad un
verbo procomplementare come, ad esempio, lo stesso darla, da cui è possibile derivare forme
polirematiche quali darla a bere, darla a intendere, darla vinta, tutte e tre semanticamente molto
distanti sia dal verbo procomplementare che l’ha generate, sia dal verbo di base dare. Per finire,
agli apprendenti potrebbe essere richiesto di riscrivere un testo utilizzando quanti più verbi
procomplementari possibile.

8
In questo caso il referente di ‘-la’ è di facile identificazione e la sua omissione è dovuta perché si tratta di un tabù linguistico;
qualcosa di molto simile vale, ad esempio, per ‘farsela addosso’. Di ben più difficile individuazione è invece il ‘-la’ in ‘tirarsela’, o
il ‘-ne’ in ‘volerne’.
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BIBLIOGRAFIA
GRADIT (1999). Grande dizionario italiano dell’uso, 6 voll. + 1 CD-ROM, Torino, Utet.

Renzi, Lorenzo (a cura di) (1991). Grande grammatica italiana di consultazione. I. La frase. I
sintagmi nominale e preposizionale, Bologna, il Mulino (1a ed. 1988).

Serianni, Luca [Con la collaborazione di Alberto Castelvecchi] (2016). Grammatica italiana.


Italiano comune e lingua letteraria. Torino, Utet (1a ed. 1989).

Viviani, Andrea (2007). “I verbi procomplementari tra grammatica e lessicografia”. In: Studi di
grammatica italiana (a cura dell’Accademia della Crusca), Vol. XXV, pp. 255-322.

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