Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
UNITÀ 6
LA SUBORDINAZIONE
In questo esempio abbiamo tre strutture frasali, organizzate rispettivamente intorno alle forme
verbali entrerà, capiremo e sposerà. La frase principale è quella organizzata intorno al verbo
capiremo e comprende tutta la frase complessa; le strutture frasali organizzate intorno ai verbi
entrerà e sposerà (delimitate dalle parentesi) sono le proposizioni che fungono da costituenti
della frase principale: se la sposerà è un argomento della testa verbale, appena Maria entrerà è
un elemento extranucleare (circostanziale di tempo).
La subordinazione può essere multipla: una frase può cioè contenere a sua volta delle
proposizioni, dove la subordinata diventa la reggente della subordinata che contiene; oppure può
darsi che ci siano subordinate coordinate tra di loro.
Così, nella frase "dimmi quando partirà e quando arriverà" abbiamo una principale ("dimmi")
e due subordinate ("quando partirà", "quando arriverà"); queste ultime, d'altro canto, sono
anche coordinate tra di loro.
Es.: nel seguente schema le frecce verticali indicano subordinazione e le frecce orizzontali
indicano coordinazione.
dimmi
domandagli
se ha saputo
Osservazioni:
- Il termine principale è riservato alla proposizione reggente che sia insieme una frase semplice.
Il termine reggente (col sinonimo sovraordinata) qualifica una proposizione, principale o
secondaria, che ne regga un'altra.
- Quando da una stessa proposizione dipendono autonomamente due diverse subordinate , le due
dipendenti devono considerarsi dello stesso rango.
Secondo la struttura della frase, soprattutto il modo verbale utilizzato, le subordinate si dicono:
Nella maggior parte dei casi, per avere una subordinata implicita è necessario che il soggetto
della reggente e il soggetto della dipendente coincidano.
Es.:
La frase [io] penso che [io] gli dirò tutto (soggetto uguale), può essere trasformata in penso di
dirgli tutto;
3
invece, la fase [io] penso che [tu] gli dirai tutto (soggetto diverso) non può subire un'analoga
trasformazione.
Le proposizioni esplicite, attualizzando l'azione attraverso un preciso rapporto di tempo e di
persona e individuando una ben determinata funzione sintattica nel periodo, presentano una
gamma di realizzazioni più articolata delle proposizioni implicite.
Es.:
In particolare, il costrutto esplicito è in grado di indicare le tre relazioni temporali che possono
darsi tra reggente e subordinata (contemporaneità, anteriorità della subordinata, anteriorità della
reggente e, quindi, posteriorità della subordinata).
Il costrutto implicito ha minore latitudine temporale. L'infinito nella sua forma verbale può
indicare contemporaneità ("penso di essere saggio") o anteriorità ("penso di essere stato
saggio"), ma non posteriorità; così come il gerundio (contemporaneità: "arrivando, ho visto
qualcosa di nuovo"; anteriorità: "essendo arrivato presto, si fermò fuori del paese"). Il
participio passato - quello presente ha raramente funzione verbale - indica soltanto anteriorità
("arrivato in paese, andò subito a casa sua").
Le proposizioni implicite possono non essere introdotte da congiunzioni.
Invece, una congiunzione o una locuzione congiuntiva è di regola come elemento introduttore
delle subordinate esplicite.
Dobbiamo distinguere tra i casi in cui il verbo reggente e l‟infinito formano una specie di verbo
composto e i casi in cui l‟infinitiva costituisce un membro indipendente del sintagma verbale
(SV).
1) Verbo composto
a.- Lo faccio accompagnare a casa. (cfr.: Faccio in modo che lo accompagnino a casa)
b.- Lo voglio accompagnare a casa. (cfr.: Voglio accompagnarlo a casa)
b) il complemento oggetto (CO )del verbo all‟infinito può diventare il soggetto della costruzione
del si passivo:
a.-* Lo faccio non uscire. (cfr.: Faccio in modo che non esca)
b.-* Lo vorrei non accompagnare. (cfr.: Vorrei non accompagnarlo)
In casi come questi si può negare solo il complesso verbale nella sua interezza:
I verbi fattitivi fare e lasciare e i verbi percettivi intendere, sentire, udire e vedere formano con
l‟infinito un complesso verbale. Con fare (e in alcune varietà anche con lasciare) questa è l‟unica
costruzione possibile, mentre con gli altri verbi è possibile un‟altra struttura sintattica.
Es.:
a.- Piero farà venire Maria. (=Piero farà in modo che Maria venga)
b.- Piero farà mangiare la minestra a Maria.(=Piero farà in modo che Maria mangi la minestra)
c.- Piero farà mangiare la minestra da Maria.(=Piero farà in modo che Maria mangi la minestra).
Nella costruzione fattitiva è possibile esprimere il soggetto dell‟infinito (Maria negli esempi).
Esso non compare però mai come soggetto perché il complesso verbale ha già il suo soggetto,
che è il soggetto del verbo fattitivo (Piero).
La costruzione fattitiva presenta le seguenti caratteristiche sintattiche:
5
e) si può fare il passivo della costruzione fattitiva: il CO del complesso verbale diventa il
soggetto e il verbo reggente assume la forma passiva.
a.- intendere, sentire, udire, vedere, che ammettono anche la costuzione fattitiva;
b.- lasciare (in alcune varietà dell‟italiano);
c.- ascoltare, avvertire, guardare, mirare, notare, osservare, scorgere, spiare;
d.- alcuni verbi non propriamente di percezione, come immaginare, cogliere, riccordare e
seguire, che assumono un significato di percezione:
1.Proposizioni argomentali
(1) a. Gianni crede [che Mario vincerà la partita] / [di vincere la partita].
b. Gianni crede *[che vincere la partita] / *[di Mario vincere la partita].
un verbo può reggere una subordinata oggettiva temporalizzata (esplicita), allora può reggere
anche un‟infinitiva (implicita), ma non viceversa.
Le subordinate completive nella variante infinitiva sono ora rette direttamente dal verbo, ora
introdotte da di o da a. Ogni altra preposizione introduce un differente tipo di subordinata,
come la finale e la relativa in (4) e (5), e non si usa con le completive:
(6) a. Avevo sempre creduto [che Mario fosse una persona onesta]
b. È bene assicurarsi [che gli atterzzi siano in perfetto stato].
Rientrano nell‟ambito delle completive quei casi in cui il verbo precede il sogggetto della
subordinata infinitiva, che è spesso in caso nominativo:
I complementi nominali si distinguono dal punto di vista sintattico tra complemento oggetto o
diretto, espresso da un SN, e complementi preposizionali o obliqui, espressi da SP:
1)Le oggettive infinitive sono o rette direttamente dal verbo, oppure sono introdotte da di, che
funge da complementatore preposizionale, cioè è interno alla frase e ha la stessa funzione del
complementatore che nelle proposizioni temporalizzate. Le oblique infinitive sono invece
introdotte da di o a, che sono delle vere proposizioni.
2)Le oggettive si possono pronominalizzare con il clitico lo, cioè con lo stesso clitico che si
usa per pronominalizzare il complemento oggetto. Rispetto a (10) abbiamo:
(12) a. Gianni lo desidera.
b. Gianni lo ha promesso.
Le oblique si possono pronominalizzare con il clitico partitivo ne o con il locativo ci / vi, cioè
con i clitici che pronominalizzano i complementi preposizionali di SN, a SN (non dativo):
3) Soltanto con le oggettive si può avere la forma passiva, mentre questa struttura è sempre
esclusa con le oblique:
Le subordinate completive dirette e oblique, tuttavia, non si distinguono sempre con la stessa
chiarezza dei nominali.
Nella costruzione temporalizzata viene neutralizzata l‟opposizione tra subordinata oggettiva e
obliqua, in quanto il complementatore che non può essere preceduto da una preposizione:
La distinzione tra i diversi tipi di completive è resa visibile soprattutto dal tipo di introduttore
che lega il verbo reggente alla proposizione infinitiva.
La prima classe raggruppa quei verbi che non prendono nessuna preposizione davanti
all‟oggettiva infinitiva. Si tratta di un certo numero di verbi di volontà, o che comunque
qualificano un atteggiamento rispetto a un‟azione designata da una proposizione, come
adorare, amare, ardire, desiderare, detestare, gradire, intendere, odiare, osare, preferire, ecc.:
9
(21) a. Desidero / Gradisco / Preferisco / Voglio [che ognuno faccia il proprio lavoro].
b. ?Adoro / ?Amo / ?Detesto / ? Intendo/ ?Odio [che ognuno faccia il proprio lavoro]1.
c. *Ardisco / *Oso che ognuno faccia il proprio lavoro.2
C‟è molta variabilità nell‟impiego di di davanti all‟infinito della subordinata con la classe dei
verbi in questione. Con alcuni si può avere una variante che presenta la preposizione di speso
di uso antiquato:
Nessun verbo di questa classe può presentare una variante con la preposizione a davanti
all‟infinito.
Laddove la variante con di è ammessa, essa è generalmente preferita quando la subordinata
non è adiacente al verbo reggente:
(23) a. Gianni ha sempre desiderato con tutte le sue forze [di diventare celebre].
b. Gradirei, se mi è concesso, [di essere lasciato in pace].
La grande maggioranza dei verbi che reggono una subordinata oggettiva richiede la
preposizione di davanti all‟infinito. Non si tratta di un insime omogeneo: in base al tipo di
rapporto con cui si legano al proprio complemento, i verbi possono infatti essere ripartiti in
due classi, sintatticamente ben definite.
La prima classe è costituita da quei verbi che, pur inserendo di davanti all‟infinito, si
comportano per il resto come verbi transitivi. Se prendono un complemento nominale, questo
è un complemento oggetto, non introdotto da preposizione:
Anche in questa classe, sia il complemento oggetto, sia la frase oggettiva possono essere
pronominalizzati con il clitico lo; per la frase tale possibilità è però più limitata:
Almeno per quei verbi che possono reggere un SN oggetto è chiaro che questa prima classe di
verbi con di davanti all‟infinito si comporta, dal punto di vista della complementazione, in
maniera simile alla Prima Classe. In questi casi il di non è da considerare una preposizione,
ma un complementatore preposizionale, cioè un elemento che fa parte della frase subordinata,
ed ha la stessa funzione del che nelle proposizioni temporalizzate.
Questo viene confermato da una caratteristica della costruzione con fare seguito da un
infinito. In tale costruzione, il soggetto del verbo dipendente da fare può apparire come un
complemento oggetto o indiretto:
Un gruppo ristretto di verbi aspettuali, privi sia di complementazione nominale che della
possibilità di cliticizzare la subordinata oggettiva, possono essere ascritti a questa classe solo
a causa del loro comportamento nel costrutto fattitivo: cessare, finire, smettere:
La costruzione oggettiva temporalizzata è possibile nella grande maggioranza dei casi. Essa è
ammessa, in particolare, quasi senza eccezione in dipendenza da predicati dichiarativi ed
epistemici:
Una particolarità della costruzione di modo finito in questa classe è la possibile omissione del
complementatore che. L‟omissione è strettamente condizionata dal verbo reggente, ma anche
è necessario che si tratti di una oggettiva in senso stretto, dipendente da un verbo e non da un
nome:
(43) Non credo [si possa far molto per salvare la situazione].
(44) Immagino [Gianni sia già al corrente delle novità].
(45) Spero [sia tutto un frutto della tua immaginazione].
(46) *Non ho l‟impressione si possa far molto per salvare la
situazione.
I principali verbi che possono reggere una oggettiva temporalizzata senza che sono: capire,
credere, dire, pensare, temere, sperare, escludere, immaginare, dubitare, ipotizzare, arguire,
dedurre, concludere, supporre, pretendere, trovare, ecc.
Con una serie di verbi, di svolge funzione preposizionale. Si tratta per lo più di verbi
riflessivi, ai quali vanno aggiunti alcuni verbi semplici: accorgersi, avvedersi, assicurarsi,
contare, curarsi, degnarsi, dimenticarsi, disperarsi, dubitare, fantasticare, meravigliarsi,
occuparsi, parlare, pentirsi, rammaricarsi, rammentarsi, ricordarsi, scusarsi, sforzarsi,
soffrire, vergognarsi, ecc.
Questo tipo di di non alterna quasi mai, a differenza che nella classe precedente, con il
costrutto senza introduttore.
Ci sono però dei casi in cui il di preposizione alterna con il di complementatore:
Pur avendo uno statuto preposizionale, il di di questa classe non può ricorrere davanti a che.
Così come per le classi precedenti, quest‟ultimo si presenta sempre da solo:
Rispetto alla classe precedente, la proporzione di verbi che non ammettono la costruzione
temporalizzata è nettamente maggiore. Con un certo numero di verbi sono possibili entrambi i
costrutti: accorgersi, assicurarsi, avvedersi, dimenticarsi, disperare, dubitare, meravigliarsi,
rammentarsi, ricordarsi, ecc.
Altri reggono solo l‟infinito: contare, curarsi, degnarsi, discutere, disperarsi, fantasticare,
occuparsi, parlare, sforzarsi, vantarsi, ecc.
La divisione tra i verbi che possono reggere la sola variante infinitiva e quelli con tutte e due
le possibilità non sembra rispondere ad alcun criterio semantico.
Questa classe è composta dai verbi che prendono la preposizione a davanti all‟infinito. Le
loro caratteristiche sono le stesse di quelle della classe precedente: la preposizione compare
anche davanti agli eventuali complementi nominali, mostrando così di essere richiesta dal
verbo indipendentemente dal tipo di complemento, e di non essere un puro complementatore:
14
Come ne per la classe precedente, il clitico ci può pronominalizzare sia un SP che la frase:
In genere i verbi di questa classe possono reggere solo un‟infinitiva; la forma temporalizzata
non è ammessa, anche nei casi in cui il soggetto della subordinata può essere diverso da
quello della reggente:
I casi in cui la subordinata può essere di modo finito sono poco numerosi, e in esse il che non
sostituisce la preposizione, ma la segue, dando luogo a la sequenza a che, propria di uno stile
piuttosto elevato.
La forma temporalizzata è limitata alle subordinate con valore finale. I verbi imparare,
insegnare e badare costituiscono delle eccezioni, in quanto possono reggere una proposizione
temporalizzata non introdotta da a e senza tale valore.
1.1.5) Il passivo
La proposizione soggettiva è quella che può fungere da soggetto, occupando il posto che in
genere è di un nominale. Essa può avere forma infinitiva o temporalizzata, introdotta da che.
15
In posizione di soggetto di frase, una proposizione può acquisire un certo grado di nominalità,
che le permette di accompagnarsi a verbi che, di solito, hanno come soggetto un SN:
(1)
a. [Un colpo di fortuna] ha permesso a Gianni di trovare lavoro.
b. [L‟allenatore] giustificò la nostra sconfitta.
c. [Il coraggio di Gianni] non finisce di stupirmi.
(2)
a. [Avere a disposizione molto tempo] ha permesso a Gianni di trovare lavoro.
b. [Aver giocato troppe partite] giustificò la nostra sconfitta.
c. [Che Gianni sia così coraggioso] non finisce di stupirmi.
L‟unica condizione, in questo caso, è che il verbo non imponga alla posizione soggetto delle
restrizioni di selezione incompatibili con la presenza di una proposizione, per esempio che il
soggetto debba essere animato. In questo caso non è possibile avere una proposizione nella
posizione del soggetto:
(3)
a. [L‟allenatore] perdonò la nostra sconfitta.
b. *[Aver giocato troppe partite] perdonò la nostra sconfitta.
Quanto più una proposizione è sintatticamente simile a un nome, tanto più facilmente è
ammessa come soggetto. Il massimo della nominalizzazione si ha nella perifrasi con il fatto
che (o anche la circostanza che) con la variante temporalizzata, e nella variante con l‟articolo
dell‟infinito sostantivato:
(4)
a. Il parlare troppo piano ti impedisce di farti capire.
b. [Il fatto che tu parli troppo piano] ti impedisce di farti capire.
La costruzione più comune in cui una frase funge da soggetto è la struttura copulare con un
predicato di tipo aggettivale; la soggettiva può precedere il predicato o seguirlo:
(5)
a. E‟ chiaro [che non ti sei preparato a sufficienza].
b. É inutile [affaticarsi tanto].
c. È importante [che tu mi comprenda bene].
(6)
a. [Che Gianni non sappia ancora della sciagura] è inammissibile.
b. [Non rivelarmi nulla] è stato crudele.
c. [Che Mario possa essere già arrivato] è improbabile.
16
Come in tutte le proposizioni soggettive, l‟infinito è più frequente di un modo finito. La forma
temporalizzata è in genere perfettamente accettabile, nello stesso modo dell‟infinito, dopo il
predicato, ma non sempre in posizione iniziale.
Delle costruzioni idiomatiche, isolate ma di grande uso, hanno come predicato un avverbio o
un SP:
(1) È bene / meglio [che ci intendiamo subito] / [intenderci subito].
(2) [Rassegnarsi subito al peggio] non è da lui.
Nel caso in cui il secondo termine della predicazione sia un SN, non sempre la frase è il
soggetto vero e proprio; in determinate costruzioni essa può fungere da predicato, dal
momento che un SN, ma non un SA, un SP, o un avverbio, può esprimere il soggetto. In un
altro tipo di costruzione la frase è da considerarsi complemento dello stesso SN.
Di solito, la frase è il soggetto ed è qualificata da un predicato nominale:
(11)
a. [Guidare a quella velocità] è una pazzia.
b. [Che Mario abbia davvero perso il posto per delle calunnie] è un‟infamia.
c. [Essersi offerto volontario] è stato un atto coraggioso da parte sua.
(12)
a. Ê un‟illusione [pensare di finire tutto il lavoro entro oggi]
b. È un peccato [che Gianni non sia stato accettato].
Altre costruzioni che esprimono identità, simili a quelle considerate in 1.2.4., hanno invece
una frase come soggetto del verbo:
(16)
a. [Fare certe domande] significa non avere capito niente.
b. [Affermare le proprie idee] non vuol dire soffocare quelle altrui.
c. [Poter sostenere una discussione] implica aver letto molto.
17
(17) Poter sostenere una discussione implica (di) aver letto molto.
Esiste una serie di verbi usata in senso impersonale, che prende come soggetto sintattico una
frase. A differenza delle costruzioni esaminate in precedenza, qui la proposizione non è il
SOGGETTO della predicazione, ma il soggetto in senso strettamente sintattico. Si può
parlare di verbi impersonali solo per i casi in cui può effettivamente essere omesso ogni
nominale:
(18)
a. Non sempre accade [di essere valutati imparzialmente]
b. (Mi) basta [che Gianni esprima chiaramente le sue intenzioni]
c. (A Mario) sembra [che la situazione non sia più sostenibile].
I verbi con cui la proposizione funge più chiaramente da soggetto sono del tipo allarmare,
interessare, disturbare, appassionare, seccare, divertire. Non possono essere introdotti da di,
né l‟intera proposizione può essere cliticizzata con ne. Si tratta di verbi “psicologici”, che
esprimono la reazione emotiva di un esperiente rispetto a un‟azione, uno stato di cose o un
fatto. Si tratta di normali verbi transitivi, con la possibilità di un oggetto accusativo e
l‟ausiliare avere. La frase è un soggetto vero e proprio, che può presentarsi prima o dopo il
predicato:
(19)
a. [Il tuo intervento] mi disturba / interessa / secca.
b. Mi distruba / secca / interessa [il tuo intervento].
(20)
a. [Che si propongano certi progetti] mi disturba / secca / interessa.
b. Mi disturba / secca / interessa [che si propongano certi progetti].
Con un altro gruppo di verbi, cui appartengono bastare, convenire, dispiacere, piacere,
servire, la frase soggettiva può precedere o seguire il predicato. Questi verbi sono
inaccusativi. L‟ausiliare di questi verbi è essere. L‟esperiente clitico in (21) o espresso da un
nominale (22), é dativo, e non accusativo:
Per quanto riguarda i verbi difettivi, bisgognare ammette marginalmente il perfetto composto
è bisognato, mentre è del tutto esclusa la forma con l‟ausiliare avere.
Con una serie di vebri inaccusativi impersonali, quali importare, parere, succedere, trattarsi,
ecc. la proposizione appare in genere in posizione postverbale, preceduta da di:
(23)
a. Mi pare / sa / importa [*(di) aver capito bene]
b. Succede / Capita / Avviene / Accade / Si tratta / Sembra [*(di) dover decidere in
fretta].
Quando il verbo reggente è accompagnato da un altro elemento che ne rende più specifico il
significato, oppure è fortemente accentato e preceduto da una pausa, la frase soggettiva può
apparire in posizione preverbale introdotta necessariamente da di:
(24)
a. [Di aver capito bene] è parso a tutti / no ci sembra proprio.
b. [Di dover chiedere in fretta] succede spesso / capita a tutti / non avveniva da tempo.
(25)
a. [Di aver capito bene], MI SEMBRA.
b. [Di dover decidere in fretta], MI È SUCCESSO.
Se non si realizzano queste condizioni, gli esempi con la soggettiva preverbale sono
agrammaticali:
(26)
a. *[Aver capito bene] mi pare / sa / importa.
b. *[Dover decidere in fretta] succede / capita / avviene / accade / si tratta / sembra.
Con la maggioranza degli impersonali, ma non con tutti, può apparire, anziché una frase, un
SN, sia che questo abbia un significato proposizionale, sia che si tratti di un vero e proprio
costrutto nominale. Esso può occupare la posizione postverbale o, in particolari condizioni,
anche quella preverbale:
(27)
a. È accaduto [un fatto inatteso].
b. È accaduto [che Gianni è stato arrestato].
(28)
a. Non sempre succede[ciò che ci si augura].
b. No sempre succede [di essere convincenti].
(29)
a. A tutti dispiace [dell‟eliminazione di Gianni dal torneo].
19
(30)
a. [L‟eccessiva cautela] non sempre conviene.
b. [Una così lunga preparazione] mi è davvero servita.
Verbi como bisognare e parere non hanno invece una complementazione nominale in
alternativa con quella frasale:
(31)
a. *Bisogna [una persona esperta]
b. Bisogna [che ci sbrighiamo].
c. Bisogna [partire subito].
(31)
a. *Mi pare [l‟incapacità di Gianni].
b. Mi pare [che abbia ragione].
c. Mi pare [di sognare].
Nelle soggettive temporalizzate dipendenti da verbi impersonali vigono gli stessi rapporti tra
frase e verbo che valgono in genere nelle costruzioni infinitive. Queste ultime si differenziano
tra loro per la possibilità di diverse particelle introduttive; le frasi con verbo di modo finito
sono introdotte invece solo da che. Il modo verbale è in genere il congiuntivo.
Così come per le completive, anche per le soggettive la forma temporalizzata ha una
diffusione minore di quella infinitiva. Tuttavia, tra gli impersonali i verbi che non ammettono
la frase di modo finito sono molto rari:
(32)
a. Conviene [che tu torni a casa adesso].
b. Mi sa [che non finiremo prima di domani].
(33)
a. *Non mi riesce [che io insegni a Gianni una sola parola di russo].
b. *Adesso ci toccherà [che gli rispieghiamo tutto da capo].
a) Presentano un introduttore di subordinazione che non può mai esser omesso e occupa una
posizione iniziale.
a.2) di tipo “x” (detta anche wh- o k-), quando l‟elemento introduttore è un sintagma
interrogativo, comprendente un pronome, aggettivo, o avverbio della serie interrogativa: chi,
che cosa, come, dove, perché, quale / -i, quando e quanto /-i/-a/-e.
In contesti non marcati, se è possibile costruire una interrogativa indiretta alternativa è
possibile anche costruire una interrogativa di tipo x e viceversa:
(1)
a. Dubitava se gli fosse permesso.
b. Dubitava su che cosa gli fosse veramente permesso.
d) Il predicato da cui dipende l‟interrogativa appartiene a una ristretta classe semantica. Per
una serie di predicati, inoltre, è necessario precisare anche il tipo di contesto in cui si trovano.
I verbi da cui può dipendere un'interrogativa indiretta sono tutti quelli che riguardano la sfera
intellettiva e della comunicazione ("domandare, chiedere, dire, sapere, cercare, tentare,
indovinare, ignorare, pensare, essere certo, incerto, non essere sicuro", ecc.). Reggono
l'interrogativa indiretta anche sostantivi corrispondenti ai verbi citati, come: "domanda, ricerca,
dubbio, problema, questione",ecc.
Es.:
lo prese il dubbio se restare o partire.
Le interrogative indirette sono simili alla proposizioni completive. La differenza sta nel fatto che
mentre le proposizioni soggettive e oggettive contengono un'enunciazione, le interrogative
indirette esprimono un dubbio, una domanda.
Possono introdurre un'interrogativa indiretta gli stessi elementi che introducono un'interrogativa
diretta (chi, che, che cosa, come, quando, dove, perché, quanto, quale, ecc.) e la congiunzione
interrogativa se; il verbo ha il modo all'indicativo, al congiuntivo o al condizionale:
Es.:
Mi domandavo che cosa aveva fatto/ che cosa avesse fatto/ che cosa avrebbe fatto.
Nella forma implicita, queste proposizioni sono introdotte dagli stessi pronomi, aggettivi,
avverbi o dalla congiunzione se, col verbo all'infinito:
Es.:
Non so quale scegliere.
Non so a chi rivolgermi.
Anche le interrogative indirette possono porre un'alternativa: possono essere cioè disgiuntive. In
questo caso il primo termine è sempre introdotto dalla congiunzione se, il secondo dalle
congiunzioni o, oppure.
Es.:
Sono incerto se partire o restare.
Nel caso in cui il secondo termine della predicazione sia un sintagma nominale, non sempre la
frase è il soggetto vero e proprio; in determinate costruzioni essa può fungere da predicato,
dal momento che un sintagma nominale può esprimere il soggetto.
Es.:
a.- La sua decisione è [un andare contro tutte le regole]
22
In un altro tipo di costruzione, apparentemente simile, la frase non è il soggetto, e quindi non
è da considerare una vera e propria soggettiva. La copula non instaura una relazione di
predicazione, ma di identità. Per questo motivo, la proposizione, che può essere infinitiva o
temporalizzata, è da considerarsi esplicativa del SN. L‟identità viene stabilita tra la
proposizione e il contenuto semantico non del SN in sè, ma della nozione designata dal SN.
Quest‟ultimo deve indicare un‟azione mentale, o un atteggiamento, o anche semplicemente un
concetto, il cui significato sia, o possa essere, una proposizione, e non un referente oggettivo:
d.- [La decisione] / [Il timore] / [Il pericolo] è (di) rimanere in questo luogo.
d.- Il fatto che siamo tutti qui testimonia il nostro affetto per te.
e.- Il fatto di essere tutti qui testimonia il nostro affetto per te.
Le proposizioni dichiarative sono introdotte dalla congiunzione che con il verbo all‟indicativo
o al congiuntivo, oppure da di con il verbo all‟infinito.