Sei sulla pagina 1di 32

GIORGIO STREHLER

.....................................................................................................................................................................................................................

L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione

testi di Alberto Bentoglio, Marco Blaser e Claudio Magris


introduzione di Rita Levi Montalcini
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................

«Il teatro è l’attiva riflessione dell’uomo su se


stesso»: una riflessione questa che un mae-
stro, un regista quale Giorgio Strehler ha
saputo conciliare al meglio con la sua vita.
È riuscito, infatti, a contrapporre la vita
alla scena, dove tutte le libertà sono possibili.
La sua imponente produzione artistica è la
testimonianza di una crescita culturale che
vede unito il teatro italiano a quello della
scena europea.
La sua attività di cinquanta anni lo ha
visto impegnato alla direzione del “Piccolo”
di Milano da lui fondato nel 1947 con Paolo
Grassi. Strehler è riuscito a sviluppare un
lavoro teatrale legato al realismo poetico
attraverso le opere di grandi autori, quali
Shakespeare, Goldoni, Pirandello, Brecht,
Bertolazzi, Cechov. Ha percorso non sol-
tanto la strada del teatro con l’apporto di
regista anche all’opera lirica, ma la sua
conoscenza della musica ha fatto eccellere
la sua “abilità” nell’aver saputo “svecchia-
re” le arretrate tradizioni teatrali creando
l’epifania di un metodo teatrale del tutto
nuovo, offrendo agli spettatori di ogni
estrazione sociale la proiezione di un calei-
doscopio fantastico del mondo dell’arte,
della poesia e della musica.
A pagina I:
Parole e musica hanno diretto la vita di
Ritratto di Giorgio Giorgio Strehler così come egli stesso ha
Strehler nel 1974.
diretto la musica e il teatro.
A sinistra:
Una scena del Faust.
Rita Levi Montalcini
Frammenti parte prima
(1988-89) con Strehler
nel ruolo di protagonista.

In questa pagina:
Strehler sul palcoscenico
per l’Elvira, o la passione
teatrale di Louis Jouvet
(1985-86).

III
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................

Giorgio Strehler: un altissimo mestiere di teatro

di Alberto Bentoglio *

La cosa più importante, credetemi, è che il teatro esista sempre, che si sviluppi e che il pubblico lo ami.
Noi artisti siamo soltanto lo strumento della poesia del teatro.

Giorgio Strehler

A sinistra:
Strehler legge Montale
(1981).

In questa pagina:
L’ingresso del Piccolo Teatro
(Teatro Grassi), in via Rovello
a Milano.
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
Se è risaputo che la notte di Natale del 1997 (diplomandosi nel 1940) e stringe amicizia
Giorgio Strehler terminò la sua esistenza in con il giovane, ma già organizzativamente
Svizzera, nella bella casa adagiata sul golfo attivo, Paolo Grassi. Negli anni immediata-
di Lugano, forse non è altrettanto noto il mente successivi, la professione di attore lo
fatto che proprio in Svizzera, e precisamen- porta a percorrere l’Italia intera, recitando
te a Ginevra, nel 1944, egli scoprì la sua in compagnie di tradizione e in gruppi di
vocazione artistica, decidendo che quella teatro sperimentale all’interno dei quali –
del regista sarebbe stata la sua laica mis- durante il servizio militare – ha occasione
sione. «Fu come ricevere un’investitura di mettere in scena qualche spettacolo, ren-
dalle circostanze», ricorda il Maestro. «In dendosi presto conto dello stato di arretra-
parte, quell’investitura me la presi da solo. tezza in cui versa il teatro italiano.
Penso al momento in cui, alla “Comédie” di Dopo l’8 settembre 1943, Giorgio Strehler,
Ginevra, si trattò di regolare le luci per il sottotenente di fanteria, è richiamato alle
dramma di Eliot. Un lavoro che non avevo armi, ma, ostile al regime fascista, non ade-
mai fatto. Ma lo feci […] con una sicurezza risce alla Repubblica di Salò e si unisce ai
che non poteva venirmi dalla pratica. gruppi resistenziali. Riconosciuto quale
Inventavo, per così dire, una tecnica che militante socialista, attivo antifascista e
nessuno mi aveva insegnato. Fu come un condannato a morte in contumacia, il gio-
segno in un certo senso». Proprio la libera vane attore-partigiano (che, nel frattempo,
città di Ginevra gli aveva offerto tutti gli ha sposato Rosita Lupi) è esortato dal
strumenti per affinarsi culturalmente, farsi Comitato di Liberazione Nazionale a ripa-
conoscere e, infine, diventare protagonista. rare in Svizzera. Qui, in un primo tempo, è
«In quel clima di totale apertura che stimo- accolto nel campo di internamento per
lava allo studio e al lavoro – testimonia militari di Mürren, un soleggiato villaggio
Giovanni Pini 1 che condivise con lui quel di fronte all’Eiger, Mönch e Jungfrau
periodo – erano emersi i valori artistici di nell’Oberland bernese e, successivamente,
Strehler e accanto a quelli i valori umani nella dotta Ginevra, ricca di storia, di cul-
come la nostra amicizia che, da tempo, era tura e in quel difficile periodo, importante
puro affetto». centro di raccolta di fuorusciti e sede dei
Ma andiamo per ordine. È il 14 agosto 1921 campi educativi universitari. Qui, fra gli
quando Bruno Strehler (di origini vienne- esuli, incontra e frequenta esponenti di
si, ma nato a Trieste nel 1896) riceve spicco del mondo politico e culturale italia-
l’annuncio che la giovane moglie Alberta no, quali Luigi Einaudi, Amintore Fanfani, il
Lovri lo ha reso padre di un maschietto,
Giorgio Olimpio Guglielmo, nato a Barcola,
un tratto incantevole del lungomare di
Trieste. Per il povero Bruno, tuttavia, le
gioie familiari sono brevi: tre anni dopo una
febbre tifoidea lo strappa alla vita e all’af-
fetto dell’unico figlio. Nonostante la perdita
del padre, Strehler trascorre in serenità
infanzia e adolescenza, dapprima a Trieste,
poi, dal 1928, a Milano dove compie studi
regolari presso il Convitto nazionale Pietro
Longone fino alla maturità classica, inse-
rendosi nella vita di una città che, in segui-
to, egli riconoscerà sempre come sua patria
di adozione.2 Il teatro diventa parte signifi-
cativa della sua vita intorno al 1938, quan-
do, dopo avere assiduamente frequentato
le sale teatrali cittadine (in particolare
l’Odeon di cui anima la claque), si iscrive
Il piccolo Giorgio
Strehler a Barcola,
all’Accademia dei Filodrammatici dove
suo paese natale. segue con successo i corsi di recitazione

VI
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
La locandina della regista Dino Risi, il commediografo Franco
prima opera messa
Brusati, il latinista Concetto Marchesi. E
in scena da Strehler a
Ginevra, il 14 aprile proprio a Ginevra, Strehler ha modo di col-
1945, con lo pseudon-
tivare la sua irrefrenabile passione per il
imo di Georges Firmy.
teatro. Ricorda ancora l’amico Pini che in
quell’anno fu suo compagno di stanza: «In
camera, nel tempo libero, non faceva che
manovrare nel teatrino [che si era costruito]
i suoi pupazzi fatti con la mollica di pane:
Strehler, in quei momenti, veniva preso da
una gioia tutta particolare, da un’inconte-
nibile frenesia, quella della creazione, e…
parlava, parlava in continuazione. Aveva
in mente un tipo di teatro nuovo, più aper-
to che “appena torno in Italia – e mi guar-
dava con occhi di sfida – vedrai se non lo
realizzerò”».
Ma, soprattutto, il futuro grande regista ha
la possibilità di lavorare con la sua prima
compagnia teatrale: «Il momento decisivo vano venire dalla pratica. Era questo un
per me come uomo di teatro e come regista segno? Non so. Da allora continuai».
– ricorda il Maestro – fu durante l’emigra- Durante il soggiorno ginevrino, Strehler –
zione in Svizzera, dove fondai, con altri come altri intellettuali italiani fra i quali il
“fuoriusciti”, la Compagnie des Masques. già ricordato Luigi Einaudi – trascorre
Prima, durante i pochi anni trascorsi come molto del suo tempo nelle ben fornite
“attore promettente” girando l’Italia, come biblioteche della città a studiare i classici
gli antichi comici con la carretta, con alcu- del teatro, a trovare testi di autori nuovi e a
ne compagnie viaggianti, erano cresciute in scovare quei drammaturghi “politici” che
me, di giorno in giorno più forti, le insoddi- l’isolamento cui il Fascismo aveva condan-
sfazioni interne. Era questo che io volevo nato l’Italia anche sotto il profilo culturale
fare nella vita? Continuare a “recitare”, più non gli aveva permesso di conoscere.
o meno bene, dei testi che non mi interes- Albert Camus è la sua ultima scoperta:
savano? Diventare più o meno bravo o cele- così, all’allestimento di Eliot accolto con
bre in quel teatro? O volevo altro? Il dilem- grande calore dal pubblico ginevrino,
ma era alle porte. Credo che proprio in que- Strehler fa seguire la “prima mondiale” di
sti anni sia nata in me la necessità di “fare Caligola di Camus. E poi Piccola città, del-
teatro” non più come attore soltanto, ma l’americano Thornton Wilder. Ma proprio
come animatore, come riformatore, come mentre si sta impegnando per mettere in
direttore, insomma come regista, incomin- scena quest’ultimo testo, il Comitato di
ciai per forza a pensare più al teatro che a Liberazione Nazionale lo richiama a Milano.
farlo, a immaginare come si potesse farlo, Rientrato nella sua città di adozione, egli si
proprio per l’impossibilità pratica di realiz- rende presto conto che la guerra ha smem-
zarlo e anche a ripensare il mio passato e a brato le forze giovani e che, per procedere
vederlo a distanza». alla riforma del teatro italiano, si deve ora
E, infatti, nell’aprile 1945, l’esule Strehler mostrare di essere in grado di tenere le
dirige, con lo pseudonimo di Georges Firmy redini dei più vari movimenti della cultura,
(cognome della nonna materna), sulle scene della tecnica, del costume e si deve farlo, sul
del prestigioso Théâtre de la Comédie di piano concreto, attraverso la ricomposizio-
Ginevra, Assassinio nella cattedrale di ne di un equilibrio e di una nuova unità da
Thomas Eliot. «Ricordo che entrai in una cui scaturiscano un ordine e una struttura.
platea vuota per fare le luci del lavoro di In stretta sinergia con l’amico ritrovato
Eliot senza, praticamente, averne mai fatte, Paolo Grassi, Strehler dirige una propria
e mi comportai con una sicurezza e una compagnia teatrale, organizza eventi cultu-
“conoscenza” del “mestiere” che non pote- rali e spettacolari per la celebrazione della

VII
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
pace e si impegna nella campagna elettora- pensare fino a stasera». E se ne resta lì, solo,
le della primavera 1946 per il socialista per quattro ore a riflettere. Poi chiama al
Antonio Greppi che è riconfermato sindaco. telefono l’amico Paolo: «Se tu te la senti, io
Pochi mesi prima della riapertura della me la sento».
ricostruita Scala, Strehler mette in scena, il Il nuovo teatro a gestione municipale è
19 marzo 1946 al Teatro Lirico, l’oratorio retto da un Consiglio d’Amministrazione
drammatico Giovanna d’Arco al rogo, com- politicamente pluralista che ricorda quello
posto dal musicista svizzero Arthur dell’Assemblea Costituente. Il 21 gennaio
Honegger, inaugurando con questo allesti- 1947, la giunta di Milano, presieduta da
mento una lunga e fruttuosa attività sul Antonio Greppi, approva la proposta di uti-
palcoscenico del teatro musicale. lizzare per spettacoli teatrali il locale
Nel febbraio 1947 attività politica, idea arti- annesso al Palazzo del Broletto e nomina la
stica e proposta organizzativa si fondono commissione artistica: Mario Apollonio,
per dare vita alla creatura più significativa docente presso l’Università Cattolica di
dell’attività di Strehler, ma anche all’ele- Milano, Paolo Grassi, Giorgio Strehler e
mento di svolta e inevitabile confronto per Virgilio Tosi. Gli intenti programmatici
tutto il teatro. Nasce, infatti, il Piccolo dell’ente sono affidati a una lettera aperta,
Teatro della città di Milano, primo teatro firmata dai quattro “commissari” e pubbli-
stabile a gestione pubblica italiano, destina- cata sul numero di gennaio–marzo 1947 del
to a inaugurare anche in Italia la prassi di “Politecnico” di Elio Vittorini, che, in quel
un teatro pubblico e sovvenzionato che in periodo, rappresenta una frontiera anti-
altri paesi europei era già allora una realtà conformista e indipendente dal potere poli-
consolidata. Sfruttando un momento propi- tico. In essa gli estensori trattano argomen-
zio della storia culturale milanese quale è ti che costituiscono la premessa alla poetica
l’epoca fervida della ricostruzione, Strehler del “Piccolo” e dello stesso Strehler: un
e Grassi riescono a ottenere un piccolo “teatro d’arte per tutti”, di contro a un tea-
finanziamento comunale e, soprattutto, una tro come “rito mondano” o come “astratto
sede: il teatro di via Rovello, vecchia sala omaggio alla cultura” o ancora di contro a
cinematografica, ora ribattezzata con un un teatro di svago. Un teatro che sia il
nome scelto in omaggio al Malij Teatr di «luogo dove una comunità liberamente riu-
Mosca (la celebre “piccola” sala moscovita nita si rivela a se stessa, luogo in cui una
contrapposta al “grande” Bolscioj). La sala comunità ascolta una parola da accettare o
è, infatti, piuttosto piccola, in cattive condi- da respingere». Strehler, e Grassi con lui,
zioni, il palcoscenico poco spazioso e poco scelgono, quindi, di non essere subalterni
attrezzato, ma è, comunque, un inizio. alle ragioni dei partiti e al ricatto del merca-
«Giorgio te la senti di fare un teatro stabile to, ricercando la concretezza, l’eticità,
qui, in questo luogo?», domanda Grassi a l’impegno morale che rappresentano
Strehler che non risponde subito. «Lasciami l’eredità storica della cultura lombarda e

Giorgio Strehler
(terzo da sinistra) con
Paolo Grassi (primo a
sinistra) e i tecnici
dell’Excelsior in una
foto di gruppo del
1946.

VIII
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
Strehler nel 1950 ziando da Sofocle a Sartre, da Cimarosa a
durante le prove
Berg) e nel 1967 la compagnia del “Piccolo”
del Riccardo III di
Shakespeare. può vantarsi di avere presentato più di 4300
recite di spettacoli firmati dal Maestro in
142 località italiane e in 116 città straniere
dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, degli Stati
Uniti, del Canada, del Sudamerica e del
Nord Africa.
Ma l’attività di Strehler non si esaurisce nel
solo, seppure impegnativo e primario, ope-
rato di regista: in questi anni emergono con
continuità alcuni fra i profondi interessi che
spingono l’artista a vivere sempre attiva-
mente il mondo dello spettacolo in tutte le
sue molteplici componenti. Il 1951 coincide,
ad esempio, con la fondazione della milane-
se Scuola d’Arte Drammatica del Piccolo
Teatro (l’attuale Scuola “Paolo Grassi”),
milanese. E, ancora, si prefiggono di rifiuta- dove, per alcuni anni, Strehler insegna reci-
re i condizionamenti caratteristici del tradi- tazione (una passione, quella pedagogica,
zionale spettacolo di intrattenimento, sem- che lo accompagnerà per tutta la vita). Al
pre disposto a piegare le scelte di program- 1957 risale la stesura – a quattro mani con
mazione alle esigenze del botteghino, per Grassi – di un primo progetto legislativo di
aspirare a un teatro moderno di grande interesse nazionale, destinato a formulare
qualità, nato da scelte consapevoli di poeti- una normativa organica per il teatro di
ca e da un lavoro di allestimento prolungato prosa, cui fa seguito, nel 1964, il manifesto
e approfondito. Ma, nello stesso tempo, un Un teatro nuovo per un nuovo teatro, lucida
teatro progettato per essere “popolare”, analisi della situazione del Piccolo Teatro
ossia inteso ad aprirsi alla fruizione di un nei suoi primi 15 anni di vita. E, ancora, agli
grande pubblico, e, in particolare, di quelle anni Sessanta risalgono molti progetti
fasce di popolazione che per età, censo e destinati al cinema, al teatro musicale,
livello culturale ne sono tradizionalmente all’editoria, alcuni realizzati, altri rimasti
escluse. dimenticati in un cassetto.
Il 14 maggio 1947, dopo dodici giorni di I vent’anni del Piccolo Teatro, che si cele-
prove, il venticinquenne Strehler inaugura brano il 14 maggio 1967, sono per Strehler
il Piccolo Teatro con L’albergo dei poveri di occasione di bilancio. Nella vita privata una
Maksim Gorkij. E da quella ormai storica nuova, bellissima compagna ha fatto la sua
data la sua vita va a coincidere (a parte una comparsa: è Valentina Cortese, straordina-
breve parentesi dal 1968 al 1971) con quella ria attrice e donna affascinante che per
dell’istituzione milanese, che diventa la sua lungo tempo sarà vicina al Maestro. Nella
prima e più amata casa. Nel ventennio che vita professionale se, da un lato, Strehler
corre dal 1947 al 1967, la vita di Strehler tra- può ritenersi orgoglioso del lavoro artistico
scorre principalmente sul palcoscenico del compiuto, d’altro lato, non può non avverti-
Piccolo Teatro (e, dal 1963, su quello più re un senso di disagio profondo nei con-
ampio del Teatro Lirico, da quella data fronti delle strutture politiche e ammini-
destinato a ospitare alcune produzioni del strative italiane, dalle quali egli si aspetta
“Piccolo”) a provare e riprovare decine e invano un impegno concreto per offrire sta-
decine di spettacoli. Unica distrazione – se bilità effettiva al teatro da lui fondato. Forse
tale possiamo definirla – l’allestimento di anche per tali ragioni, il regista avvia un
molte opere liriche sulle tavole dell’ormai radicale ripensamento del proprio ruolo di
rinato palcoscenico scaligero. Così, allo uomo di teatro all’interno di una struttura
scoccare del suo trentesimo compleanno, pubblica stabile, ripensamento che non è,
nell’agosto 1951, Strehler ha già fatto la regia tuttavia, ascrivibile solamente a sfiducia
di 52 testi teatrali e 16 opere liriche (spa- nei confronti del sistema teatrale. Bisogna

IX
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................

X
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
ricordare che verso la fine degli anni Ma gli occhi di Strehler non cessano di
Sessanta, segnata da profonde contestazio- essere rivolti alla sua Milano e, quando
ni che investono anche, seppure non princi- Paolo Grassi lascia nel 1972 il “Piccolo” per
palmente, il teatro, la figura del regista e assumere la carica di sovrintendente del
l’egemonia che essa ha instaurato, compa- Teatro alla Scala, il regista conclude pron-
rendo con tanta energia sulle scene italiane tamente l’avventura teatrale del Gruppo
dal secondo dopoguerra, divengono, infatti, Teatro e Azione per tornare, ora come
oggetto di accese discussioni. Il termine direttore unico, al “Piccolo”, destinato a
“regista” diviene sinonimo di “despota della regnarvi da incontrastato monarca. Il grup-
scena” e la sua stessa figura professionale po originario di artisti, tecnici e musicisti
diviene oggetto di critica da parte di gruppi che accompagna Strehler nella straordina-
e figure emergenti che rifiutano la centra- ria avventura del “Piccolo” si ricompatta
lità di una personalità demiurgica nella intorno al Maestro, aprendosi a nuovi
creazione dell’evento teatrale e sono, inve- importanti contributi tecnici e artistici, fra
ce, più favorevoli a esigenze collettivistiche. i quali basti ricordare quello di Andrea
Giorgio Strehler, nel luglio 1968, sceglie così Jonasson, che Strehler sposerà a Milano nel
la via più diretta (e anche più vistosa) delle 1981. Anche a questi ottimi collaboratori si
dimissioni, abbandonando il suo Piccolo devono gli altissimi risultati d’arte conse-
Teatro nelle mani di Paolo Grassi. Tale gesto guiti in questo periodo dal regista, il quale
è, dunque, motivato dal disagio che il già trova con ciascuno di essi una via speciale
acclamato regista prova entro un contesto di dialogo e scambio, un modo per stimolar-
di diffidenza nei confronti del lavoro di chi, si reciprocamente a dare di più, per com-
come lui, ha di fatto consentito la nascita di piere insieme il percorso sempre arduo che
un teatro profondamente rinnovato anche separa la prima lettura al tavolino di un
in Italia, e da un’esigenza sincera di ridi- testo dalla sua compiuta realizzazione in uno
scendere in trincea per portare un contri- spettacolo che, nel grande teatro di regia, è
buto personale in un momento di profondo opera d’arte autonoma e pienamente indi-
ripensamento culturale e politico. Eppure, pendente.
probabilmente, tale distacco trova una Per Strehler, infatti, il regista non può e non
motivazione non trascurabile anche nelle deve essere un solitario “illustratore”, né
divergenze di opinione che, con crescente un corretto metteur en scène. Lungi dal limi-
frequenza, lo contrappongono all’amico tarsi a un commento illustrativo del testo, il
Grassi il quale con lui condivide la direzione regista deve assegnare all’andamento dello
del “Piccolo”. Infatti, da quello storico 1947, spettacolo un doppio percorso di leggibi-
il rapporto con Grassi si è andato via via lità: il primo, più esteriore, ricostruisce il
modificando e, pur mantenendo come base testo, non solo rispettandone la partitura e
una schietta amicizia, sembra forse essere offrendone una verosimile traduzione sce-
giunto a un momento cruciale. Nell’autunno nica, ma storicizzandolo, ossia facendone il
1968, mentre a Parigi gli studenti “contesta- veicolo per comprendere la cultura e la
tori” invadono l’Odéon, tempio della scena civiltà che in esso si esprimono. Il secondo,
francese, il Maestro abbandona, dunque, il più profondo, a volte addirittura nascosto, è
suo teatro di via Rovello. Consapevole di costituito dal nesso che il regista deve sape-
lasciare un vuoto incolmabile, non essendo re cogliere tra il testo e l’attualità, soprat-
ipotizzabile una sua sostituzione a nessun tutto in termini socio-culturali. E sul palco-
livello, il regista non esita a coinvolgere scenico tale percorso prende forma proprio
nella propria nuova avventura un nutrito attraverso gli interventi del regista il quale
drappello di attori e fedeli collaboratori con satura gli spazi lasciati aperti dall’autore
i quali in questo momento critico e delicato del testo, mettendo a frutto la propria crea-
si trasferisce a Roma per fondare il Gruppo tività critica e la propria capacità composi-
Salvo Randone in Teatro e Azione, una struttura a base coo- tiva. Ma in tutto ciò il regista si deve man-
una scena de L’albergo
dei poveri di Maksim
perativistica, il cui nome riflette in modo tenere sempre coerente con la scelta di
Gorkij (1947), rappre- evidente la volontà del regista di rigenerar- rispettare in maniera assoluta il testo
sentazione con la quale
fu inaugurato il Piccolo
si in un bagno di attività, nel fuoco della d’autore per fornirne nello spettacolo
Teatro di Milano. contestazione politica e culturale. un’interpretazione personale e meditata

XI
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
che, senza ricorrere a manipolazioni, diva- fra attori, cantanti, musicisti, scenografi,
gazioni o adattamenti, si ponga come una costumisti, e altri. Un piccolo universo. E il
nuova e spesso originale opera d’arte. suo impegno non è stato rivolto alla sola
“L’atto artistico” nasce, dunque, per Strehler scena del teatro in prosa. A Strehler spetta,
da una conoscenza del reale che, tuttavia, infatti, anche il merito – ormai universal-
deve necessariamente essere abbinata a mente riconosciuto – di avere esportato
qualche cosa che non si sa – o non si vuole – per primo sulle scene del teatro d’opera in
spiegare. Deve essere un riassunto poetico Italia la serietà, il metodo, la concezione
e emozionante ma reale, in cui il regista totalizzante, la ricchezza creativa che
presenta tutto ciò che sa o presume di hanno fatto di lui uno fra i maggiori registi
sapere in un’atmosfera magica di “realismo di tutto il mondo. Grazie ai suoi spettacoli la
poetico”. Utilizzata da Strehler proprio nel regia si è ormai affermata, infatti, quale ele-
1975, in occasione dell’allestimento del mento indispensabile alla realizzazione del-
Campiello di Carlo Goldoni, tale definizione l’opera lirica, ponendo in primo piano la
sembra bene individuare la personale cifra necessità di un apparato scenografico non
di lettura impiegata dal regista il quale più generico ma originale e studiato in fun-
coniuga la realtà presente nel testo con una zione della partitura da rappresentarsi, di
poesia che ne smorzi le tinte e contempora- una recitazione che abbandoni la conven-
neamente ne accresca l’efficacia. Per zionale staticità proposta dai cantanti e,
Strehler la realtà nel suo insieme è spesso soprattutto, di un responsabile unico che
misera, mortificante e, quindi, “brutta”. connetta e integri omogeneamente i diffe-
Tuttavia, essa è poetica o almeno “poetiz- renti elementi compositivi dello spettacolo.
zabile” in alcuni suoi particolari che posso- A tale indefesso e straordinario impegno
no, a prima vista, apparire insignificanti, o artistico nel teatro di prosa e nell’opera
quasi, ma che sono capaci di accogliere lirica, il regista non esita a coniugare un
significati nascosti. Realismo del “poetizza- impegno civile e politico che diviene via via
bile”, spesso al di fuori e al di sopra delle più importante. Eletto come esponente del
vere esigenze della vicenda, che è riletta dal Gruppo socialista, egli partecipa come
regista attraverso il filtro della poesia: un deputato ai lavori del parlamento di
filtro capace di sfumare i contorni, accre- Strasburgo (subentrando a Bettino Craxi)
scere la suggestione e l’efficacia della rap- dal settembre 1983 al luglio 1984, battendo-
presentazione. Dunque, un “fare teatro” si per un’Europa “umana” capace di parla-
quello di Strehler che mette sì in scena re agli uomini di oggi e di perseguire
direttamente la realtà – anche dove essa è l’obiettivo di un teatro d’arte, elevato nei
brutta – impegnandosi però a renderla più contenuti e pensato per porsi al servizio
“poetica”, attraverso l’astrazione della della collettività, in aperta polemica con la
“grande poesia della scena”, di volta in commercializzazione del prodotto cultura-
volta realizzata sui versanti della rimem- le, un’Europa degli uomini e delle comunità,
branza o dell’evocazione fantastica. delle idee e della cultura. «L’interesse
Quando il “Piccolo” festeggia il suo trente- dell’Europa è al tempo stesso un’avventura
simo anno di attività, nel 1977, Strehler cal- socio economica, che richiede lavori e
cola di avere lavorato con circa 3000 artisti, sacrifici comuni e costa alcuni prezzi corag-
giosi e cari, ma che è anche una grande
avventura spirituale. L’unica vera possibile
Europa così necessaria per la risoluzione di
alcuni problemi di fondo del nostro domani
prossimo, non ipotetico ma vicino, non
passa solo attraverso i confini degli accordi
sulle cose», afferma Strehler. «Sono convinto
che sia necessario far scoprire alla gente
dell’Europa nelle singole nazioni, nei singo-
li paesi e città, la profonda unità dell’uomo
Il logo del Piccolo
Teatro all’epoca della
europeo perché nato da una cultura comu-
sua istituzione. ne, radicata nel cuore stesso dell’Europa,

XII
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
Un momento delle diventata comune anche attraverso scambi congiunto del Ministro della Cultura fran-
prove di Io, Bertolt
di guerre omicide, ma che non ha scambiato cese Jack Lang e del Presidente della
Brecht (1966-67).
solo sangue. Non ci siamo solo ammazzati Repubblica François Mitterand, si concre-
noi europei, ci siamo dati vita, idee, senti- tizza il 16 giugno 1983, quando nasce uffi-
menti, identità, legami, un’unità che oggi è cialmente il Théâtre de l’Europe. Si tratta
ancora caratterizzata e lo sarà a lungo da di un’istituzione finalizzata a stimolare un
segni di lingue, abitudini, costumi differenti, dialogo tra uomini di teatro e pubblico
ma non opposti». 3 europeo, per creare un sistema di coprodu-
Nel 1987 Strehler dà le dimissioni dal Partito zione e distribuzione teatrale nei diversi
Socialista e si candida quale indipendente paesi dell’Europa, attraverso un organismo
nelle liste elettorali del Partito Comunista. che disponga di un proprio budget annuo
Eletto senatore della Repubblica nella X e di una propria sede, il Théâtre National
Legislatura (1987-1992), il regista esprime de l’Odéon a Parigi. Strehler ne è nominato
direttore per il primo triennio: a lui è affi-
dato il compito di selezionare i nuovi spet-
tacoli e programmare le coproduzioni. Alla
volontà di Jack Lang si deve in gran parte
ascrivere anche la nomina di Strehler,
avvenuta nell’ottobre 1989, a Presidente
dell’Union des Théâtres de l’Europe, ente
finalizzato al coordinamento di molti fra i
più rilevanti teatri nazionali europei, per
diversi aspetti in sintonia con le linee pro-
grammatiche elaborate proprio dal “Piccolo”
di Milano.
E ancora, nel 1987 Strehler inaugura, all’in-
terno del Piccolo Teatro, una nuova scuola
principalmente il suo impegno politico redi- di teatro (il primo corso è significativa-
gendo una non più dilazionabile legge orga- mente intitolato a uno fra i suoi maestri,
nica per il teatro di prosa che, tuttavia, non Jacques Copeau), improntata ai più attuali
riesce a essere discussa e votata nel corso criteri pedagogici e fornita di infrastrutture
della legislatura. Contemporaneamente, di notevole rilievo, oggi considerata fra le
attività artistica e poetica teatrale di più importanti del mondo. Il regista, da
Strehler valicano i confini nazionali per sempre interessato – come si è detto – alla
manifestare appieno la loro vocazione euro- formazione degli attori, può così coronare il
pea, poiché «Noi crediamo nell’Europa – sogno di dirigere una scuola intimamente
dichiara il Maestro in più occasioni – ma legata alla tradizione del “Piccolo”. Proprio
vogliamo una realtà europea che non sia nell’ambito dei corsi della scuola di teatro si
solo quella del profitto ad ogni costo o del colloca anche il lungo studio condotto da
disperato consumismo, della difesa di un Strehler sul capolavoro di Johann Wolfgang
concetto avaro della proprietà. Noi voglia- Goethe e sfociato, per un totale di otto ore,
mo un’Europa della gente che lavora e che nei due spettacoli presentati al Teatro
produce, produce cose ma anche cultura, Studio Faust. Frammenti parte prima e
oggetti e anche sogni. Pensiamo all’Europa Frammenti parte seconda, rispettivamente
che ricerchi non solo il piccolo interesse nel 1989 e nel 1991, che lo vedono tornare a
quotidiano ma che ricerchi un diverso calcare il palcoscenico per interpretare il
suono di questa vita che è una sola per tutti ruolo del protagonista.
noi e che è così breve». Se, infatti, da un Gli anni Novanta ci mostrano, inoltre, un
lato, il regista nel corso degli anni Settanta fino ad allora inedito Giorgio Strehler regi-
e Ottanta firma allestimenti in prosa e in sta-manager il quale, con straordinaria
musica in importanti teatri stranieri chiarezza e lungimiranza, si impegna a
(Salisburgo, Vienna, Amburgo, Parigi), definire, nelle sue vesti di direttore del
d’altro lato, nel 1983 realizza un progetto di Piccolo Teatro, i rischi e i benefici connessi
un teatro europeo che, grazie allo sforzo all’applicazione al teatro - e più in generale

XIII
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
all’arte – del modello di gestione proposto ca di comprensione del mondo, delle forze
dal marketing culturale. In particolare, egli che vi agiscono e del loro funzionamento».
pone l’accento sul pericolo di una semplici- Dunque, la rivendicazione dell’autonomia
stica quanto preoccupante riduzione del- di un teatro d’arte – che sembra idealmen-
l’arte a un prodotto, oscillante tra i due poli te ricollegare il Maestro alle riflessioni che
della legge di mercato: la domanda e avevano dato origine al Piccolo Teatro cin-
l’offerta. Secondo Strehler, l’arte è «un sog- quanta anni prima – ed il conseguente rifiu-
getto con una sua vita profonda e radici to di un adeguamento passivo alle esigenze
molto ramificate. Essa è un’offerta, autono- del pubblico sono per Strehler i soli stru-
mamente generata, alla intera umanità. E menti in grado di arginare il rischio di deca-
le domande alle quali risponde sono dimento culturale insito nella omologazione
anch’esse profonde e fondamentali, e per del “fare arte” alle leggi del mercato: «La
questo troppo spesso nascoste e ottuse, domanda e l’offerta costituiscono un anello
oggi, da una miriade di bisogni immediati e di feed-back che può tramutarsi in un ciclo
superficiali». Decifrare queste domande, perverso di abbassamento del livello cultu-
dar loro voce e peso, renderle consapevoli rale ad effetto valanga, e di riduzione del
di sé, è ardua impresa che solo può essere gusto agli orrori dell’intrattenimento seriale.

eseguita attraverso la stretta collaborazio- È un fenomeno a cui stiamo assistendo da


ne tra i dinamici esperti degli strumenti tempo, al quale è stato dato il nome di “omo-
aziendali di indagine e gli «ostinati custodi logazione” e che contrastiamo con tutte le
dell’autentica creazione artistica». Pur nostre, poche, forze». Ma il teatro non deve
lungi dal considerare il teatro e le istituzioni «sottostare passivamente alle esigenze dro-
culturali come luoghi di conservazione stati- gate di eventi spettacolari, consumabili e
ca del passato, «in passiva attesa del deside- rinnovabili»; al contrario, esso deve essere,
rio d’istruzione dei cittadini», Strehler oggi più che mai, capace di «risvegliare la
rivendica con coraggio l’autonomia della coscienza critica dell’individuo e della col-
creazione artistica dalle logiche di mercato. lettività alla quale appartiene».
Per tale ragione egli preferisce «parlare, Negli ultimi anni la vita di Strehler è pur-
invece che di “prodotto”, di “opera d’arte”, troppo segnata da un doloroso corpo a
che “operi” sul profilo dello spettatore, corpo con l’amministrazione civica di
disperso fra tante clamorose offerte, modi- Milano, che lo induce a compiere gesti cla-
ficandolo, ristabilendone i valori culturali, morosi, mettendone in discussione senza
allargando i suoi orizzonti, tracciando, con i riserve il ruolo all’interno del Piccolo Teatro
Così fan tutte, ultima
opera diretta da Giorgio
programmi offerti, le tappe della creatività e ignorandone la statura somma. Mentre
Strehler (1997-98). umana, e sviluppando la sua capacità criti- tutto il mondo attribuisce a Strehler premi,

XIV
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
lauree e onorificenze massime, la giunta 1 Le citazioni sono tratte dal bell’articolo di
milanese ne accoglie con arroganza le Giovanni PINI, Quando un giovane internato
dimissioni, proponendone un forzato pre- italiano stupì tutta Ginevra per il suo grande
pensionamento. Tardivamente ottenuta la talento, estratto dal “Notiziario della Banca
nuova sede del Piccolo Teatro, Strehler non Popolare di Sondrio”, n. 76 (aprile 1998),
ha modo di inaugurarla. Il Maestro muore il p. 2-5.
25 dicembre 1997, all’età di settantasei anni,
nel corso delle prove dell’opera Così fan 2 Per quanto riguarda la famiglia e l’infanzia
tutte dell’amato Mozart. A proposito della di Strehler, segnalo il ricco catalogo della
regia lirica, aveva avuto occasione di dire: mostra Strehler privato: carattere affetti pas-
«Non esiste una regia totale; si può tentare sioni, a cura di Roberto Canziani, Trieste,
soltanto di avvicinarsi in una certa misura Comune di Trieste, 2007.
alla maggior quantità possibile della verità
contenuta nei capolavori, non soltanto cer- 3 Mi limito in questa sede a segnalare il
cando di comprendere ciò che i loro creatori recente Giorgio STREHLER, Nessuno e incol-
hanno detto nel loro tempo, ma ciò che pos- pevole: scritti politici e civili, a cura di
sono ancora dire alla nostra sensibilità di Stella Casiraghi, Milano, Melampo, 2007, e
uomini d’oggi». 4 il contributo di Mariagabriella CAMBIAGHI,
L’avventura del teatro d’Europa, in Giorgio
* Professore di Discipline dello spettacolo Strehler e il suo teatro, a cura di Federica
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia Mazzocchi e Alberto Bentoglio, Roma,
dell’Università degli Studi di Milano Bulzoni, 1997, p. 101-109. Si vedano inoltre
le molte pagine di Strehler ora pubblicate on-
line a cura del Piccolo Teatro sul sito
www.strehler.org, nella sezione Testi - Scritti
politici.

4 Impossibile in questa sede dare conto,


anche solo parzialmente, degli scritti di
Giorgio Strehler e della vastissima bibliogra-
fia critica a lui dedicata. Rimando quindi al
già citato sito www.strehler.org, a cura del
Piccolo Teatro e costantemente aggiornato, e
alla nota bibliografica contenuta nel mio
Invito al teatro di Giorgio Strehler, Milano,
Mursia, 2002, p. 195-198.

XV
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................

Lugano: un’oasi di riflessione per Giorgio Strehler

Con i ricordi di Terry d’Alfonso raccolti da Marco Blaser *

A sinistra:
Strehler nella sua villa di Portofino
nell’agosto 1969.

In questa pagina:
Giorgio Strehler nel Faust.
Frammenti parte seconda (1990-91).
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
«Caro Blaser stai bene?». È Giorgio Strehler. Terry é rimasta professionalmente legata a
Il cellulare è gracchiante e la sua voce è sul Strehler sia pure in maniera saltuaria. È lui
nervoso. «Sono a Lugano e devo incontrar- a influenzare maggiormente le sue regie.
mi con Terry d’Alfonso. Vorrei sentirla ma In campo teatrale Terry si è distinta nel-
ho perso il suo numero. Mi togli dall’impic- l’allestimento di testi pirandelliani noti o
cio?». Solitamente incontravo Strehler in meno noti. Ha pure ottenuto diversi impor-
autunno, a Campione d’Italia per le sedute tanti riconoscimenti tra i quali il Premio
della giuria della “Maschera d’Argento”, il Pirandello per la regia de La favola del figlio
prestigioso riconoscimento per i protago- cambiato con Milena Vukotic. Nel 1995 è
nisti dello spettacolo patrocinato dal ritornata a New York quando, nell’ambito
Presidente della Repubblica Italiana. del Festival “La creatività e il genio nel ‘900
Strehler ne fu presidente per parecchi italiano”, Strehler ha diretto l’ultima
anni. L’amichevole telefonata rientrava in opera scritta da Pirandello, I giganti della
questi rapporti che si consolidarono a montagna.
Milano in occasione di un banchetto, orga- «Tornare nella mia città è stata un’emozione
nizzato dalla Winterthur Assicurazioni, in forte. In quell’occasione Strehler ha presen-
onore di Michael Gorbaciov. Casualmente tato Trovarsi… oltre, un collage di alcuni
affiancati all’estremità di un lunghissimo lavori magici e surreali di Pirandello che
tavolo reale ci trovammo a un punto avevo allestito con i giovani attori del
d’osservazione invidiabile. Da lì annotam- Piccolo Teatro».
mo, con spirito goliardico, le innumerevoli Ma quali insegnamenti l’hanno fortemente
gaffes di cui, via via, si resero responsabili segnata?
gli invitati della “Milano-bene” ignoranti «Mi ha iniettato il rispetto e l’amore per il
di bon ton. Quella sera il nostro calepino dei pubblico. Spesso ripeteva che in tutte le
gossip si gonfiò di appunti assai divertenti. cose che si affrontano nel teatro bisogna
Fu uno degli ultimi incontri estemporanei proporre anche un segnale di speranza.
che ebbi con Strehler. Il prestigioso regista Nelle due ore dello spettacolo, senza scaval-
di origine triestina, fondatore con Paolo care i messaggi insiti nel testo, bisogna riu-
Grassi del Piccolo Teatro di Milano, stava scire a coinvolgere il pubblico permetten-
attraversando un periodo assai difficile nei dogli di uscire dai problemi di tutti i giorni
rapporti con la giunta leghista del sindaco che solitamente lo preoccupano. È quindi
Formentini. Quella sera, quando mi telefonò, necessario aprirsi ai sentimenti, farlo riflet-
si era rintanato a Lugano per vedere Terry tere senza negargli un segnale, anche se
d’Alfonso. Annotò quindi con cura il nume- tenue, di ottimismo, di speranza. Amava
ro del cellulare di Terry che lavorava già da dire che il teatro lo aveva costretto a far
parecchio tempo alla TSI. La regista e sce- coesistere la passione, le gioie, l’impegno
neggiatrice italo-americana aveva realizza- per il lavoro con l’esistenza di essere umano
to diversi programmi di impronta culturale senza mai mancare di rispetto al pubblico
fra i quali due ritratti dedicati a Strehler, al quale si deve voler bene».
sia come protagonista dello spettacolo, sia Questa impostazione lo costrinse talvolta
come uomo. ad attenuare la sua posizione di uomo di
Com’è avvenuto, Terry d’Alfonso, il suo in- sinistra, impegnato promotore di un ordi-
contro con Giorgio Strehler? namento basato sulla libertà, sulla giustizia
«Ero iscritta alla Facoltà di Lettere sociale. Furono comunque le sue convin-
all’Università di New York quando ho zioni a portarlo alla creazione, con Paolo
conosciuto Strehler durante la trasferta Grassi, del Piccolo Teatro di Milano. Il
americana della Compagnia del Piccolo teatro stabile a gestione pubblica senza
Teatro di Milano. Ho assistito a una replica scopo di lucro aprì le porte nel 1947. Fu
del suo spettacolo Arlecchino servitore di un’esperienza che lo mise in contatto con i
due padroni e ne sono rimasta profonda- pericoli insiti in questo specifico modello di
mente impressionata. In seguito sono gestione e che lo spinse spesso a scuotere le
venuta in Italia per un periodo di studio al strutture quando avvertiva degli ostacoli
“Piccolo” con Strehler e ne sono diventata che gli avrebbero ridotto la possibilità di
regista assistente». esprimersi liberamente costringendolo

XVIII
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
talvolta ad ammorbidirsi nei confronti di atletica scopriamo inequivocabilmente i
coloro che elargivano i sostegni finanziari. nostri pensieri. La vita stessa è infatti un
Un sistema ambiguo che talvolta criticava puzzle di atti politici!».
con virulenza dando sfogo alla sua matri- Strehler fu da sempre profondamente lega-
ce culturale triestina e quindi mitteleuro- to al socialismo che per lui non poteva esi-
pea e perciò liberale, progressista e mai stere senza libertà e quindi senza egua-
provinciale. glianza e fraternità fra gli esseri umani
«Non ha infatti mai nascosto i suoi orien- all’insegna della solidarietà. Questa sua
tamenti ideologici riaffermando spesso il impostazione di vita la manifestò anche
suo pensiero socialista», precisa Terry attraverso il cartellone del “Piccolo”. Fu
d’Alfonso. «Amava dire che è inutile anche questa una delle cause di forti con-
nascondere le proprie convinzioni in quan- trasti con il potere politico milanese. Lo
to quotidianamente compiamo dei gesti che confessò una sera, accovacciato su una pol-
hanno una connotazione politica. Il cittadi- trona del lussuoso salone dell’Hotel de
no è infatti un essere trasparente che rive- Milan, nel corso di un incontro artistico-
la le sue posizioni ideologiche attraverso i organizzativo con Jack Lang, allora Ministro
gesti più semplici: quando fumiamo una della Cultura francese. Strehler fu indub-
sigaretta, quando canticchiamo una can- biamente un importante uomo di teatro
zoncina o applaudiamo una prestazione ma nel contempo anche un personaggio

Una locandina della


tournée statunitense
del Piccolo Teatro
(1960).

XIX
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................

XX
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
A sinistra: difficile. Egli fu un leone irrequieto. Terry damentali alla convivenza fra esseri umani.
Giorgio Strehler e
d’Alfonso visse questa sua irrequietezza in Ribadiva spesso che per lui il teatro è anche
Terry d’Alfonso a
Portofino (1969). veste di regista assistente, di regista di un fatto politico in quanto ripropone vicen-
sue iniziative e durante la realizzazione de vissute da esseri umani che esprimono
dei documentari dedicati alla sua attività diversi punti di vista e diventano quindi lo
artistica. specchio della società, evidenziando nel
«La sua era una dedizione assoluta. Era un contempo diritti e doveri dei cittadini e
uomo estremamente esigente. Prima di mettendo a confronto gli spettatori con i
tutto con se stesso e di conseguenza pre- problemi che sono chiamati ad affrontare
tendeva molto anche dagli altri. Quando nella vita reale».
durante le pause delle prove vedeva che un Quali furono per Strehler gli autori preferiti?
attore non dava il massimo, che si rispar- Sicuramente ha amato Brecht e Pirandello.
miava, come a volte accade, Giorgio saltava Ma anche Shakespeare e Goldoni sono
sul palcoscenico e gridava: “Io pago con entrati spesso nei suoi allestimenti. Riteneva
me… Io non mi risparmio”, facendo capire quindi che nei testi dei classici vi sono degli
che in qualsiasi momento del lavoro lui si spunti validi anche per il teatro di oggi?
impegnava fino allo spasimo. Riprendeva «Mi convinse, durante un’ampia e dotta
quindi possesso del palcoscenico spoglio per discussione. Affermò, in quella circostanza,
impostare Shakespeare, Eduardo, Brecht, che i classici, quando sono veramente clas-
Goldoni. Lo si ritrova in alcune sequenze dei sici, vale a dire scritti da personaggi impor-
miei filmati: lui nel buio assoluto ma illumi- tanti che hanno detto cose fondamentali nel
nato dall’occhio di bue mentre leggero, leg- campo dello spirito, non sono mai né giova-
giadro, sfoggia la sua indomabile energia. In ni né vecchi e quindi non sono né di ieri e
quei momenti sapeva esprimere tutto il suo nemmeno di oggi o di domani ma sono di
talento. Modulava la voce, dando le intona- sempre! In quella circostanza riaffermò
zioni che sentiva sue. Nelle prime ore di let- ripetutamente che il teatro di Shakespeare
ture del copione amava calarsi contempo- è importante anche oggi in quanto tocca dei
raneamente nelle diverse parti per diventa- temi presenti anche nel mondo d’oggi. In
re il protagonista dell’intera tragedia. Da lì questi casi entra in linea di conto l’indirizzo
la sua convinzione che per raggiungere la che il regista vuol dare alla recitazione e
perfezione un regista deve essere stato quindi all’interpretazione di questi testi da
anche attore, che accanto al bagaglio tecni- parte dell’attore. L’impostazione della regia
co e intellettuale deve sapersi immedesima- diventa quindi determinante se si vuol
re nella parte che gli è stata assegnata. creare un legame con il mondo contempo-
Soltanto attraverso questo “passaggio raneo».
obbligato” il regista riesce a capire i mecca- Giorgio Strehler aveva una particolare pre-
nismi che permettono all’attore di assume- dilezione per Goldoni.
re le sembianze di personaggi diversi. Con «Diceva che Goldoni gli aveva insegnato ad
malcelato orgoglio amava ricordare che da amare la vita e i suoi piccoli personaggi tal-
giovane fece anche l’attore e ricordava volta più importanti dei protagonisti per-
divertito quando, convocato d’urgenza ché ricchi di umanità, preziosi per aiutarci
dalla prima attrice, convinto che gli venisse nella nostra crescita culturale e sociale.
affidata una parte più importante, venne Attraverso il teatro di Goldoni si impara –
incaricato, con tono imperativo, di portare precisava Strehler – a potersi confrontare
in giardino il suo cagnolino per l’ora della con le idee altrui. Il coraggio dell’autore,
pipì… un compito che, amava precisare, morto in povertà nel 1793, esiliato a Parigi,
assolse con disciplinata dignità! Ritornò in stava nell’aver saputo proporre situazioni
scena anche in età matura calandosi nei difficili e complesse con semplicità e di aver
panni del goethiano Faust. Ripeteva spesso manifestato nel contempo la pietà per chi
che l’uomo di teatro vero è un artigiano che sbaglia. È un messaggio di grande eleva-
con applicazione, passione, sacrificio e tezza spirituale. Mi spiegò pure la sua pre-
umiltà sa realizzare cose bellissime: sa tra- dilezione per Casa di bambola di Ibsen.
smettere messaggi, è capace di convincere Esemplare l’esperienza che lui visse attra-
e sa quindi veicolare anche dei valori fon- verso una coppia di suoi amici. Sull’orlo del

XXI
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
A sinistra: divorzio, i due vennero a teatro. Seguirono delle sue donne. Un rapporto importante è
Milva e Strehler
la recita e al rientro a casa si accasciarono stato quello con Ornella Vanoni. Per lei fu il
durante la messa in
scena di Io, Bertolt sulle poltrone del salotto. A uno a uno maestro, il professionista che le insegnò
Brecht (1960-61).
ripresero quindi gli spunti più significativi tutto, dall’importanza del gesto ampio e
del dramma di Ibsen. Analizzarono quello completo alla presenza in scena. Erano gli
strano rapporto per un’intera notte. Lo anni Cinquanta. Ancora allieva alla scuola
scambio di idee permise loro di scoprire i del “Piccolo” venne pure alla RSI. Ospite
propri errori, di capirsi e di ritrovare una di Eros Bellinelli, registrò la serie “Le can-
sintonia che nei trent’anni di matrimonio si zoni della mala”, Ma mi, Le Mantellate.
era assopita. Tornarono a vivere insieme in Sospirando, Ornella dice spesso «…e ci
un ritrovato clima di reciproca comprensio- siamo tanto amati». Anche Milva è stata
ne. Anche questo, mi ribadì Strehler, è tea- sua allieva. L’ha vista per la prima volta in
tro: un esempio di divulgazione capace di uno spettacolo dedicato ai canti partigiani.
risvegliare il bambino che è in noi e che non La adottò e ne fece l’interprete classica del
deve mai essere soffocato. Spesso è infatti repertorio brechtiano. Ma i veri grandi
la parte migliore che ci portiamo dentro. amori di Strehler, quelli storici, di grande
Ripeteva sovente che la società contempo- fascino, furono Valentina Cortese e più
ranea ha bisogno del teatro per evitare che avanti negli anni Andrea Jonasson. Terry
ci si assopisca». d’Alfonso, amica sincera, disinteressata, di
Giorgio, fu talvolta chiamata a mediare o
relativizzare le sue esplosioni di gioia o di
rabbia, di entusiasmo o di sconforto. Lui, il
regista dell’anima, non era uomo di mezze
misure. Con Valentina visse un’unione di
magica simbiosi saldata da stupendi
momenti di grande teatro.
«Non si potrà mai dimenticare – dice Terry
– la bellezza e la bravura di Valentina ne El
nost Milàn di Bertolazzi e la sua magnifica

«Il pericolo maggiore che noi corriamo –


diceva Strehler – è di non essere più umani,
di non mantenere vivi e forti i valori umani.
È come essere vicino a chi si sta addormen-
tando e vedendo un bel paesaggio lo svegli
e dici: “guarda, guarda, hai visto?” E lui,
aperti gli occhi, ti dice, con gratitudine: “Ah,
non l’avrei visto se tu non mi avessi sveglia-
to”. Nei confronti del prossimo abbiamo
anche il dovere di svegliare in lui la gioia, di
stimolarlo a muoversi e di non lasciarsi cul-
lare dalla placida automobile che sull’auto-
strada va velocemente, senza rumore,
verso un precipizio».
Quella di Strehler fu un’esistenza piena,
ricca, dedicata al teatro e vissuta, con
intensità senza interruzione. Egli ha fatto
coesistere passioni, gioie e amori. Non ha
mai negato di aver amato e di essere stato
amato, di aver tradito e di essere stato tra-
dito e di aver ricevuto dolore ma di averne
pure dato. Si è pure parlato e letto molto

XXII
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
costellata da gioie e sofferenze. Lei, nei
momenti di crisi, confessò ripetutamente
che era molto difficile e faticoso vivere con
uno come lui. Le depressioni venivano però
cancellate da gesti esaltanti. Fu un amore
pieno di misteri. I due si facevano recipro-
camente anche del male. Il legame andò
spesso oltre la baruffa e talvolta toccò
profondamente anche i sentimenti. Quando
Strehler stava preparando La Tempesta di
Shakespeare fece questo esempio agli inter-
preti dei giovani innamorati Ferdinando e
Miranda: “Ero in cucina con Andrea quan-
do il caffè bollente si è rovesicato sulla mia
mano. Ma non ho sentito niente perché ero
con lei. Stavamo lì, uno di fronte all’altro e
più nient’altro contava. È questo che dove-
te farci sentire”. Insieme fecero cose esal-
tanti da Minna von Barnhelm di Lessing a
Come tu mi vuoi. Spesso Andrea Jonasson
diceva “Lui non sarà mai un uomo fedele.
Non riesce a non avere altre storie…”».
Intanto la crisi con l’amministrazione
comunale di Milano divenne sempre più
dura. Lega e Polo lo sconfessarono toglien-
dogli, in pratica, il “suo” Piccolo Teatro. I
interpretazione di Liuba ne Il giardino dei suoi ultimi anni furono angustiati dall’in-
ciliegi di Cechov e la sua Regina Margherita comprensione e dall’ignoranza del Palazzo.
ne Il gioco dei potenti (da Enrico IV di Non fu una tragedia di Shakespeare creata
Shakespeare), quando rivela la dicotomia su commissione per il palcoscenico di via
tra spietata assassina avida di potere e tre- Rovello, bensì uno schiaffo alla creatività e
pidante innamorata del Duca di Suffolk. alla libertà di pensiero. Fu un’offesa alla sua
“Qui gli amanti dovranno rivelarsi diversi dignità di uomo di cultura, di libero pensatore.
dalla loro freddezza politica di sempre”, Emigrò a Lugano. Prese casa a Ruvigliana.
precisava Strehler. “Gli assassini possono Parlava spesso di Carlo Cattaneo, della
anche amarsi tra loro, come gli altri”. Tra tipografia di Capolago, della fuga dal potere
Valentina e Strehler ci fu un amore folgo- imbecille. Fu il suo ritorno in Svizzera.
rante ma pieno di contrasti. Come Picasso, Giorgio Strehler varcò infatti per la prima
la cui arte rifletteva il periodo che era lega- volta la frontiera italo-svizzera a Brusio il
to a una certa compagna, anche i capolavo- 14 ottobre del ‘43. Venne internato nel
ri di Strehler furono caratterizzati dai campo di raccolta di Mürren, nell’Oberland
periodi dei suoi diversi amori. Non avrebbe Bernese. Nelle successive settimane creò
mai raggiunto uno dei suoi più alti esempi un cine-club per i rifugiati e raccolse attor-
di poetica teatrale, Il giardino dei ciliegi, se no a sé alcuni esuli formando una compa-
non ci fosse stata Valentina. In quel periodo gnia di prosa. Già all’inizio del ’44 mise in
fu anche combattuto dalla crescente pas- scena Le tre sorelle di Cechov. Poi, nella sala
sione per Andrea Jonasson (tappezzò tutto delle feste del Grand Hotel, requisito dall’e-
il suo ufficio con le sue foto). Creò per lei sercito, presentò L’uomo dal fiore in bocca
A sinistra e sopra:
Valentina Cortese in un’edizione senza paragoni de L’anima di Pirandello. Nel 1945, finita la guerra,
El nost Milàn di Carlo buona di Sezuan di Brecht curando egli stes- andò a Ginevra dove, sotto lo pseudonimo
Bertolazzi (ripresa
del 1960-61 al Teatro
so la traduzione per meglio adattarla alla di Georges Firmy debuttò come regista e
Alfieri di Torino) cadenza tedesca della sua nuova musa». mise in scena, tra l’altro, la prima assoluta
e nel Giardino dei ciliegi
«Giorgio e Andrea – continua Terry del Caligola di Albert Camus. Passò poi alla
di Anton Cechov
(1973-74). d’Alfonso – vissero una forte storia d’amore direzione del Thèatre de la Commedie.

XXIII
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
scambio di idee con Altiero Spinelli evoca-
va la convivenza pacifica di quattro gruppi
culturali e linguistici e la capacità di met-
tere in pratica quotidianamente, con natu-
ralezza, la solidarietà e il reciproco rispetto
dei grandi per i piccoli e dei piccoli per i
grandi. Per lui era un modello a cui i politi-
ci di Bruxelles avrebbero dovuto ispirarsi
per evitare di ingigantire i meccanismi
burocratici promotori di una gestione
fredda e spersonalizzata, lontana dai
sogni e dalle speranze cullate nell’imme-
diato dopoguerra. La giovane UE provocò
a Strehler, europeista convinto, altre
profonde ferite. Venne infatti indagato per-
ché sospettato di aver usato dei fondi euro-
pei per scopi personali. Il suo nome venne
affiancando al lungo elenco dei maneggioni
di Tangentopoli. La denuncia gli fece sbat-
tere la porta alla sua creatura più preziosa:
il “Piccolo”. Si trasferì definitivamente in
Ticino, sua terra d’asilo. Pochi lo difesero in
quei momenti di profonde amarezze. Solo
la voce di Enzo Biagi si levò in difesa del
solitario cavaliere del teatro europeo. Più
tardi tutti dovettero ricredersi. Intanto si
fece strada l’ipotesi di creare, a Lugano,
una fondazione per il Teatro d’Europa. Il
progetto venne attentamente valutato con
Salvatore Maria Fares, attivo esponente
della vita culturale della Svizzera italiana.
Ma poi non se ne fece nulla. «Fu – scrisse
con cognizione di causa Fares – una grande
occasione perduta». Si ebbe la sensazione
che una conventicola della destra populista
fosse scesa in campo a bloccare l’iniziativa.
Nei mesi successivi Ruvigliana divenne la
dimora-osservatorio di Strehler. Dall’ampia
vetrata del salotto egli si godeva la splendi-
da vista del golfo puntando lo sguardo
verso Porto Ceresio e la sua Milano adagia-
ta oltre il Monte San Giorgio.
All’inizio del 1947 rientrò a Milano dove, A Terry ripeteva spesso: «Questo è il mio
con Paolo Grassi, fondò il Piccolo Teatro. luogo di riflessione. Non è una casa di
Da allora la Confederazione Elvetica prese vacanza o di riposo. Qui posso pensare con
un posto importante nelle sue riflessioni calma a ciò che mi è accaduto e posso guar-
politiche. dare con distacco allo scenario zeppo di
A Terry d’Alfonso diceva spesso che gli squallide manovre». Vi portò le cose più
Italiani e in generale gli Europei dovrebbe- care: i suoi libri, il prezioso pianoforte, il
ro smetterla, quando si parla di Svizzera di Budda la cui saggezza si sarebbe diffusa fra
fare dei sorrisini, di citare cioccolatini, oro- le stanze della nuova dimora e che gli
logi e formaggi. Per lui questo paese era la avrebbe fatto capire quali molle fecero
culla della democrazia, un esempio per scattare la maledetta confusione. In quegli
l’Europa che si stava plasmando. Nello anni l’Italia venne tormentata dallo scanda-

XXIV
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
Andrea Jonasson lismo del quale, secondo Strehler, guazza- dei pendii del Monte Brè sfogliò i vari capi-
protagonista in Come
vano anche alcuni esponenti della giustizia toli della sua intensa vita di uomo di cultu-
tu mi vuoi di Pirandello,
in scena al “Piccolo” e dei pubblici ministeri, smaniosi di godere ra e d’azione. Partecipò con una serie di
dal 1987 al 1993.
di attimi di visibilità. Per relativizzare que- progetti alla preparazione delle celebra-
sto suo incidente di percorso ripeteva che il zioni dei cinquant’anni del “Piccolo”, un
teatro è lo specchio del nostro tempo ed è giubileo per il quale pensò di far rivivere
quindi anche un luogo deputato al dibattito l’Arlecchino, L’isola degli schiavi e Elvira, o
della società civile. Visse quell’episodio la passione teatrale che volle interpretare
anche come una significativa lezione di calandosi nei panni di Louis Jouvet, per
politica. D’altronde L’albergo dei poveri di ripercorrere le sette lezioni di teatro e di
Gorkij, messo in scena nel ‘47, fu un ade- vita impartite a Claudia, interpretata da
guato, puntuale ritratto delle miserie del Giulia Lazzarini, storica presenza in via
dopoguerra e face politica attraverso il tea- Rovelli. Venne pure presentato, in ante-
tro. Strehler, antifascista con Paolo Grassi prima, un frammento del musical svizzero
sin dalla fine degli anni Trenta, fu pure par- di Terry d’Alfonso Tropico dei sensi, con
lamentare europeo socialista e poi senatore Milena Vukotic e i giovani attori del
nelle file comuniste quando lasciò il PSI di “Piccolo”, co-prodotto con la Rete 2 della
Craxi. Le scomode posizioni assunte furono RSI. Con Terry d’Alfonso e il marito Mario
peraltro ritenute responsabili dell’accen- Perego, domiciliati da anni sulle rive del
tuarsi dello strappo con gli “ipocriti-ben- Ceresio, si consolidò ulteriormente la com-
pensanti” della giunta leghista e del Polo. A plicità a cavallo fra professione e sincera
Ruvigliana lo seguì Mara Bugni, una bella amicizia. «Avevamo presentato a Giorgio –
ragazza minuta con grandi occhi celesti racconta Terry – alcuni amici ticinesi: da
che frequentava la Facoltà di Filosofia Fulvio e Daniela Caccia, a Chicco e Ornella
all’Università di Milano. Aveva una quaran- Colombo e Giancarlo con Danna Olgiati.
tina d’anni meno di Strehler. Raccontava Una sera, festeggiando il mio compleanno
che lui le aveva insegnato a nuotare nella con la famiglia Formenti, Giorgio ci ha deli-
piccola piscina di Ruvigliana. Nella quiete ziati con la sua impareggiabile imitazione
del teatro giapponese Nō. Un altro ricordo
a me assai caro – continua Terry – è legato
al 24 dicembre 1993. Nevicava. Strehler
parlava con palese nostalgia dei Natali
della sua infanzia. Aveva decorato egli
stesso l’albero, rispolverando gli addobbi di
quando era bambino. Tutti aspettavano
Giulia Lazzarini e Carlo Battistoni. Erano a
Ruvigliana ma non trovavano la casa.
Indossando un kaftano di seta nero Giorgio
si precipitò fuori accompagnato da mio
marito Mario. Affrontarono la neve e il
ghiaccio per andare incontro agli amici
milanesi. Mio marito, super coperto come
anche Giulia e Carlo, si preoccupò di
Giorgio che aveva preso parecchio freddo
avvolto nel semplice kaftano. A tavola
abbiamo gustato il tacchino che Andrea
Jonasson aveva preparato da sola seguendo
una ricetta speciale tramandata nella sua
famiglia da 50 anni».
Per Terry d’Alfonso non è sbiadita la visione
del mondo di domani, del terzo millennio,
più volte ribadito da Strehler. Già nel set-
tembre del 1995, parlando della gioventù
disorientata, le disse: «Lasciamo un pianeta

XXV
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
quasi devastato da noi stessi, con delle con- avrebbe poi trascorse a Ruvigliana. Alla
traddizioni enormi, con dei problemi asso- serata del 24 dicembre 1997 parteciparono
lutamente non ancora affrontati, con delle soltanto i coniugi Perego-d’Alfonso, Giorgio
difficoltà razziali inconcepibili, con delle con la sua ultima compagna Mara Bugni e
ingiustizie clamorose. Lasciamo alle gene- la cameriera Luigia.
razioni future un compito terribile». Fu «Quella sera Giorgio era inquieto. Voleva
una testimonianza molto amara espressa vedere la video-cassetta con la sequenza
con lo sguardo fisso, all’infinito, verso il della morte di Faust. Ha pure voluto rive-
San Salvatore. Alle serate conviviali parlava dere un brano del musical Tropico dei sensi.
volentieri dell’opera Così fan tutte di Mozart, Abbiamo fatto delle foto di gruppo attorno
che stava preparando per l’apertura della all’albero che aveva addobbato. Ci ha rac-
nuova sede del “Piccolo”. Avrebbe portato contato con gioia gli ottimi risultati rag-
in scena un affresco di tutta l’amarezza che giunti nelle prove di Così fan tutte e con
i rapporti umani e il male che devasta la entusiasmo ci ha spiegato le moderne solu-
vita possono riservarti. Sarebbe stato un zioni scenografiche studiate con Ezio
messaggio a quella Milano che lo aveva tra- Frigerio. Con lui aveva lavorato in una cin-
dito. In quelle settimane Strehler lavorò quantina di spettacoli. Le inedite soluzioni
con la passione di sempre. Era uno dei stavano nella leggerezza dell’ambientazio-
pochi registi al mondo capaci di lavorare ne: la scena, misteriosa, si sarebbe basata
sulle partiture, ma il destino non gli ha pur- più su effetti di regia che di scenografia
troppo permesso di vivere quello che sareb- vera e propria, mentre i movimenti sareb-
be dovuto essere un momento storico, forse bero stati creati con veli e metalli. Un’idea
anche di riconciliazione con la sua gente e di Strehler che poi si perse».
magari capace pure di avviare un processo Verso le due del mattino Terry e suo mari-
di unificazione della sinistra: un sogno al to Mario rientrarono a casa. Alle quattro
quale non ha mai rinunciato e che ha defi- Mara chiamò Mario Perego, l’amico medi-
nito «l’anticamera della morte della cultu- co, gridando: «Aiutami, Giorgio è per terra,
ra, il preludio dell’affermazione del confor- non respira bene». Mario disse di allarmare
mismo e della banalità». Impegnato nelle la guardia medica, mentre con Terry si pre-
prove, fece per molti giorni, con entusia- cipitò a Ruvigliana. All’arrivo Mara, in cima
smo e ammirevole agilità, la spola fra alle scale, gridava: «È morto, è morto!». Gli
Lugano e Milano. Le feste di Natale le infermieri e il medico di guardia, soprag-

Milena Vukotic e Pia


Lanciotti interpretano
Tropico dei sensi di
Terry d’Alfonso in
occasione del giubileo
del Piccolo Teatro
(giugno 1997).

XXVI
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
Giorgio Strehler giunti immediatamente, ne constatarono il
(al centro della foto)
decesso causato da un arresto cardiaco. I
con un gruppo di amici
ticinesi festeggia il coniugi Perego-d’Alfonso si assunsero il
compleanno di
compito di chiamare la moglie Andrea
Terry d’Alfonso il
16 novembre 1993; Jonasson e i responsabili del Piccolo Teatro.
da sinistra: Danna Nelle ore successive la notizia fece il giro del
Olgiati, Mario Perego,
Mirella Formenti,
mondo. La salma fu poi esposta per tre gior-
Terry d’Alfonso, Paola ni nella storica sede del Piccolo Teatro di
Tavazzani, Andrea
Jonasson.
Via Rovello, dove amici e colleghi di lavoro
vegliarono il loro maestro ed amico.

«Ricordo che verso le tre del mattino un


uomo dall’aspetto molto modesto entrò
nella camera ardente. Si tolse il capello. Si
avvicinò alla bara e in silenzio si fece il
segno della croce. Poi si inginocchiò e baciò
la bara. Quindi, lentamente a ritroso, uscì
salutando Giorgio con un timido cenno con
la mano. Fu l’ultimo addio di uno di quei
piccoli personaggi della vita che Strehler
aveva tanto amato nelle opere del Goldoni».
Per questo anonimo appassionato di teatro
e per la cronaca culturale internazionale, in
quel Natale del 1997 era uscito di scena un
importante artigiano del teatro, un rigoro-
so mitteleuropeo convinto dei valori della
solidarietà umana, un protagonista della
vita culturale che riuscì a far quadrare, con
il senso della propria vita, anche il senso
della propria morte.

* Giornalista, già Direttore della RTSI

XXVII
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................

Un ricordo di Giorgio Strehler

di Claudio Magris *

L’opera da tre soldi di Bertolt


Brecht nell’edizione 1958-59
con Giusi Raspani Dandolo e
Tino Buazzelli (a sinistra) e in
quella del 1972-73 con Gianrico
Tedeschi (sopra).
Giorgio Strehler
.....................................................................................................................................................................................................................
La Tempesta di
Shakespeare al Lirico
di Milano nella stagione
1977-78: la scena
iniziale (in questa
pagina); Giulia Lazzarini
nel ruolo di Ariel e Tino
Carraro in quello di
Prospero (nella pagina
accanto).

Con Strehler ho sempre parlato soltanto in segnato per sempre da quelle sue straordi-
dialetto triestino, di qualunque cosa parlas- narie regie: ricordo l’emozione della messa
simo; non solo di ricordi di Trieste, della in scena dell’Opera da tre soldi e di tanti altri
mia e della più antica sua infanzia, del testi di Brecht, oppure della Tempesta e di
comune amore per i porcellini d’India, tanti, tanti altri spettacoli, che ormai
oppure anche battute più allegre ed andan- fanno parte della storia mondiale del tea-
ti. Ma parlavamo in dialetto anche di tea- tro. L’ho incontrato invece personalmente
tro, di messe in scena, di aspetti dell’una o nell’occasione di un testo che avevo scritto,
dell’altra regia, di interpretazione degli Stadelmann, che gli avevo mandato. Lui mi
attori e così via. Questo ha creato, sin dal- telefonò, naturalmente parlando in triesti-
l’inizio, una vicinanza cameratesca, una no, e ci mettemmo a discutere. «Perché el
complicità simpaticamente canagliesca. E se copa?» mi domandò. E aggiunse subito:
questo, o almeno anche questo, mi ha per- «Te poderia risponderme: rangeve, mi
messo di avere con lui un rapporto sciolto, conto una storia e voi dové capir coss’che
libero, assolutamente paritetico, scevro di la vol dir». Aveva anche avuto l’intenzione
quel rispetto quasi sacrale, talora anche di mettere in scena, al Teatro Studio,
prepotente, irresistibilmente simpatico ma Stadelmann; poi, purtroppo per me, fu tutto
talora anche terribilmente e intollerabil- preso dal suo gigantesco e assorbente pro-
mente prevaricatore – almeno a sentire o a getto del Faust e lasciò perdere questa
leggere tante testimonianze – di cui amava come quasi ogni altra cosa.
avvolgersi. Con me non è mai successo; non Ho assistito a molte prove dell’allestimento
perché io e lui non sapessimo, non cono- del Faust, dicendogli sempre schiettamente
scessimo la differenza di statura artistica la mia opinione. Una volta, dopo una scena,
che c’era fra la sua maestria di regista e me, si voltò verso di me e mi disse: «Te piasi?».
ma perché, senza dircelo, sapevamo tutti e «No», gli risposi. «Ah». E ripeté la scena,
due (anche se lui spesso, come molti altri, finché, alla fine, si rivolse a me con un inchi-
se ne dimenticava) che ogni rapporto è no: «E adesso?». Quelle prove erano anche
sempre pari, perché si gioca in quel sconcertanti, per una ragione precisa.
momento, nell’istante dell’incontro, del dia- Quando correggeva gli attori, nell’una o
logo, magari dello scontro, e in quel nell’altra battuta o mossa che riteneva sba-
momento non si può mai sapere su chi sof- gliata, si calava nella parte e nel personag-
fia lo spirito, indipendentemente da ciò che gio con un’incredibile genialità; era perfetto,
l’uno o l’altro può avere realizzato prima di un grande, anche grandissimo attore che
quel momento. coglieva e insegnava agli altri, ai suoi attori,
Ho conosciuto Strehler personalmente la profondità, la peculiarità, l’irripetibile
parecchio tempo dopo averlo incontrato individualità di quel personaggio e di quel
idealmente sulle scene, dopo esser stato momento, di quel gesto. Quando invece

XXX
L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione
.....................................................................................................................................................................................................................
recitava lui stesso, interpretando, come ha
fatto in quell’occasione, il ruolo del protago-
nista nel Faust, ossia il ruolo di Faust, era
un vero disastro. Retorico, enfatico; non si
poteva nemmeno dire che recitasse male.
Era come se non recitasse. Credo che que-
sta identificazione, questa immedesimazio-
ne (proprio lui, che aveva messo in scena
con tanta genialità le opere di Brecht e che
aveva realizzato con tanta grandezza quella
poetica dello straniamento imparata da
Brecht, antitetica a ogni immedesimazione)
ricadeva in una immedesimazione gigione-
sca. Credo che in quel momento fosse
sopraffatto da un egocentrismo personale;
si sentiva Faust, il grande Faust, il rappre-
sentante dell’umanità che si confronta col
diavolo e con l’intreccio di bene e di male, di
progresso e di barbarie. Perdeva i limiti ed
era quasi doloroso vedere come Graziosi,
accanto a lui nel ruolo di Mefistofele, lo
stracciasse.
Ricordo questo dettaglio, perché, soprat-
tutto con i grandi, bisogna essere assoluta-
mente franchi e non certo adulatori e nem-
meno ciechi in buona fede rispetto ai loro
limiti, come erano molte persone intorno a
lui. La sua grandezza di regista, di artista,
non ne viene minimamente scalfita ed egli
resta un eccezionale protagonista del teatro
del Novecento. Sono felice di aver passato
con lui delle belle ore, schiette e fraterne,
ore triestine, se così posso dire.
La ricerca delle citazioni per le immagini tematiche che accom-
pagnano la Relazione d’esercizio è stata curata da Pier Carlo
* Germanista e scrittore
Della Ferrera.

Si ringraziano Terry d’Alfonso e l’Archivio del Piccolo Teatro di


Milano per la documentazione iconografica fornita.

I testi non impegnano la Banca Popolare di Sondrio (SUISSE)


e rispecchiano il pensiero dell’autore.

Fonti e referenze fotografiche


Archivio del Piccolo Teatro di Milano, p. I, II, III, IV, V, VIII, IX,
X, XII, XIII, XIV, XVII, XIX, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVIII,
XXIX, XXX, XXXI
Luigi Ciminaghi, p. I, II, III, IV, V, XIII, XIV, XVII, XXII (a sini-
stra), XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXIX, XXX, XXXI
Terry d’Alfonso, p. XVI, XX, XXVII
Claudio Emmer, p. X
Ledino Pozzetti, p. XXVIII
Le riproduzioni dei bozzetti e le immagini fotografiche delle
rappresentazioni teatrali che illustrano le citazioni inserite
nella parte economica e in quarta di copertina sono di pro-
prietà dell’Archivio del Piccolo Teatro di Milano.
La Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) rimane a disposizione
dei detentori dei diritti delle immagini i cui proprietari non
sono stati individuati o reperiti, al fine di assolvere gli obblighi
previsti dalla normativa vigente.

XXXI
PROGETTO GRAFICO
Lucasdesign, Giubiasco

RICERCHE E COORDINAMENTO
Myriam Facchinetti

Per la citazione di
copertina:
Giorgio STREHLER,
Lettera alla Compagnia
de La Tempesta
(3 novembre 1983).

Immagine:
Ezio FRIGERIO,
Stanza in casa di Otto
Marvuglia, bozzetto
per La grande magia
(1984-85).

Potrebbero piacerti anche