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Salmi delle salite. Esegesi e teologia dei Salmi 120-134.

«Nam quid sit Canticum graduum, non opus est saepe repetere;
plura enim dicta sunt hinc quia cantat ascendentis vox in affectu pietatis et charitatis
ad illam supernam Jerusalem cui suspiramus quamdiu peregrinamur,
et ubi laetabimur com a peregrinatione redierimus.
Ascendit ad hanc omnis qui proficit, cadit ab hanc omnis qui deficit.
Nec pedibus ascendere quaeras, nec pedibus te descendere putes;
amando Deum, ascendis, amando saeculum cadis.
Sunt ergo ista cantica amantium, quodam sancto desiderium flagrantium».
AGOSTINO, Enarr. in Ps. CXXVI, 1.1

Presentazione del corso

Il corso intende affrontare l’esegesi dei Salmi 120-134, i cosiddetti “salmi delle sali-
te”. Lo studio proposto sarà sia di carattere diacronico (esegesi di ogni singolo salmo
nel suo contesto storico-letterario) sia di carattere sincronico (studio delle connessioni
interne ai salmi delle salite e degli eventuali contatti con l’intero salterio). Una grande
importanza verrà data alla dimensione simbolica di questi salmi e alla teologia che da
essi emerge.
Obiettivo del corso è offrire agli studenti elementi per una più approfondita cono-
scenza del salterio e, in particolare, della teologia di questo gruppo di Salmi. Verrà
dato risalto al testo e ai suoi problemi, all’analisi della struttura letteraria, all’esegesi –
non dimenticando l’esegesi giudaica e patristica – e alla prospettiva teologica di cia-
scun salmo, anche in un’ottica sincronica.
L’insegnamento sarà impartito mediante lezioni frontali, con possibilità di intervento
da parte degli studenti. Saranno offerte dispense.
Si chiede una conoscenza di base del Salterio, quale quella offerta dagli studi del I
ciclo e una conoscenza sufficiente dell’ebraico biblico.

1
Per i commenti patristici ai Salmi cf. J.C. NESMY, I Padri commentano il Salterio della Tradizio-
ne, Torino 1983.
Esame scritto per tutti: traduzione dal testo ebraico e sintetico commento esegetico-
teologico di un salmo indicato tra i 14 studiati [120-134, ad eccezione del Sal 132
che non verrà affrontato nei dettagli - per un totale di 81 versetti, pari a circa tre
capitoli di un normale testo narrativo]. L’esegesi va preparata servendosi, oltre alla
dispense, di almeno uno dei quattro commentari sotto indicati.
Per l’esame si chiede di preparare personalmente tutti i quattordici i salmi (eccetto
il 132), anche se non fossero stati tutti studiati in classe.
All’esame verrà comunque offerta una scelta tra DUE salmi diversi.

Testi indicati per preparare l’esegesi dei Salmi 120-134 (oltre alle dispense):

G. RAVASI, I Salmi, III, Bologna: EDB 1984 (e succcessive ristampe);


L. ALONSO SCHÖKEL – C. CARNITI, Salmos, II, Estella (Navarra): Verbo Divino
1993 (tr. it. I Salmi, Roma: Borla 1994);
F.L. HOSSFELD – E. ZENGER, Psalms 3, Minneapolis: Fortress 2011;
L. MONTI, I Salmi: preghiera e vita, Magnano (BI): Qiqajion 2018.

Bibliografia ulteriore, utile per preparare il corso:

L.C. ALLEN, Psalms 101-150, Word Books, Waco (Tx) 1983. Buon commento ese-
getico.
G. ANDERLINI, I quindici gradini. Un commento ai Salmi 120-134, Giuntina, Firenze
2012. Interessante commento condotto secondo una prospettiva ebraico-rabbinica.
L.D. CROW, The Songs of Ascents (Psalms 120-134). Their place in Israelite History
and Religion (SBL.DS 148), Atlanta (GA) 1996. Introduzione scientifica di taglio sto-
rico-critico.
C. DOGLIO, I salmi del pellegrino. Pregare con i canti delle ascensioni, Centro Am-
brosiano, Milano 2007. Breve testo adatto a una lettura spirituale.
T. LORENZIN, I Salmi. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, milano
2000. Commento esegetico sintetico, condotto secondo una lettura sincronica.
V. SCIPPA, Salmi. Volume 4: Canti delle Ascensioni, Messaggero, Padova 2004.
Buona lettura di carattere esegetico-spirituale.
J.L. VESCO, «Les Psaumes des montées», La Vie spirituelle 724 (1997) 431-452.
Breve, ma interessante introduzione a una visione globale dei salmi delle salite. Dello
stesso autore è utile anche: Le Psautier de David traduit et commenté, II, Paris 2006.

INTRODUZIONE GENERALE.

I salmi 120-134: collezione di 15 splendidi salmi caratterizzati da uno stesso titolo


(v. sotto), da una estrema brevità (tranne il Sal 132) e dalla tecnica della ripetizione:
anadiplosis (“step technique”): un elemento della frase è ripreso in quella successiva
(cf. RAVASI, Salmi, III, 503); salmi molto facili da imparare a memoria. Centrati sul
tema di Sion – e del pellegrinaggio a Sion.

«La felicità ultima delle salite, dal primo all’ultimo passo, è così un appuntamento, un cammino
incontro a colui che viene e si manifesta al popolo, riunito in Sion»
(J.P. SONNET, Il canto del viaggio. Camminare con la Bibbia in mano, Magnano (BI): Qiqajion
2009, 47 [Le chant de montées. Marcher à Bible ouverte, Paris: Desclée 2008]).

Il significato del titolo: twl[mh ryv – “canto per le salite”

Cf. HOSSFELD – ZENGER, Psalms 3, 287-294 per una rassegna completa di ipotesi e per una ricca
bibliografia. Cf. anche RAVASI, Salmi, III, 502-509 e MONTI, Salmi, 1393-1403.

Il termine twl[m può indicare di per sé “gradini” o “scale”, per salire a un altare (Es
20,26), al trono (1Re 19,19-20); al palazzo reale (2Re 20,9-11) o al Tempio (Ez
40,20.26). Il verbo hl[ può indicare il ritorno dall’esilio (2Cr 36,23) o il salire a un
santuario, in particolare a Gerusalemme (Is 2,3).2

Interessante è la lettura del Targum che traduce twl[m ryv con «canto che fu detto sui gradini
dell’abisso» secondo l’idea contenuta nel Talmud, Sukkah 53ab, che quando David pose le fonda-
menta del Tempio l’abisso cercò di irrompere sulla terra e David cantò questi quindici salmi
sull’orlo dell’abisso per fermarlo.

a. Salmi “graduali”: alcuni pensano alle notizie offerte da Flavio Giuseppe (Bellum
jud. V, 5, 3), circa i quindici gradini che stavano tra il cortile delle donne e il cortile
degli israeliti nel Tempio di Gerusalemme; la Mishna (Sukkah V,4 = 51b; Middôt II,5)
ricorda una tradizione legata ai leviti che cantano i quindici salmi delle ascensioni su
questi quindici gradini; cf. la traduzione di Girolamo: cantica graduum (da cui i “sal-
mi graduali” propri della liturgia tridentina). Una lettura metaforica dei “gradini” è
nell’interpretazione classica di F. DELITZSCH il quale leggeva questi salmi come “gra-
duali” perché scritti usando la tecnica della ripetizione, che conduce il lettore a “sali-
re” all’interno del salmo sino a un climax finale.

Un esempio di lettura spirituale dei salmi delle Ascensioni: commento di Agostino al Sal
119/120 [Exp. in Ps. 119].
Il salmo che ora abbiamo sentito cantare e al quale abbiamo risposto col canto è breve ma molto
utile. Non dovrete quindi faticar molto per ascoltarlo ne’ sarà sterile lo sforzo che compirete per
metterlo in pratica. Come è anticipato dal titolo, è questo un Cantico dei gradini […]. Ora, sebbene
di per sé i gradini possano essere ad uso e di chi scende e di chi sale, nei nostri salmi, dal modo co-
me sono disposti, designano gradini in ordine ascendente. Intendiamoli dunque come conviene a chi
vuole salirvi, né cerchiamo di salirvi con i piedi del corpo, ma, come sta scritto in un altro salmo:
Dispose delle ascensioni nel cuore di lui, nella valle del pianto, verso il luogo che [Dio gli] ha stabi-
lito (Sal 83,6 Ps 7). Ha menzionato delle ascensioni; ma dove? Eccolo: Nel cuore. Donde l’avvio?
Dalla valle del pianto. Dove poi sarà la meta di queste ascensioni, venendo come a mancare il lin-

2
Unica eccezione è il titolo del Sal 121: twl[ml ryv, “canto per le ascensioni”; variante di difficile
spiegazione che la tradizione ebraica spiega come «canto per colui che in futuro realizzerà le ascen-
sioni, nel mondo che viene» (David Kimchi, XI-XII sec. d.C.).
guaggio umano, non si può né descrivere né, forse, pensare. È quanto avete ascoltato ora mentre si
leggeva l’Apostolo: Ciò che occhio non vide né orecchio udì, né ascese nel cuore dell’uomo (1Cor
2,9). Non ascese nel cuore dell’uomo: è il cuore dell’uomo che deve ascendere lassù. Se dunque né
occhio vide né orecchio udì né ascese nel cuore dell’uomo, come si potrà descrivere la meta delle
nostre ascensioni? Trattandosi di cosa indicibile l’autore si contenta di dire: Al luogo che egli ha
stabilito. Cosa posso dirti di più? ti dice l’autore uomo per la cui bocca parla lo Spirito Santo. Che
sia un luogo fatto in questo modo o in quell’altro? Qualunque cosa ti dica, tu penserai a realtà terre-
ne, poiché tu strisci per terra portando un corpo di carne. In effetti il corpo corruttibile appesantisce
l’anima, e la dimora terrestre schiaccia lo spirito nei suoi molti pensieri (cf. Sap 9,15). A chi potrò
parlare? Chi mi ascolterà? Chi sarà in grado di comprendere dove saremo dopo la vita attuale, se nel
cuore avremo compiuto le nostre ascensioni? Poiché nessuno è in grado di comprendere, riprometti-
ti, come sede della tua beatitudine, un luogo ineffabile preparato per te da quello stesso che ti ha di-
sposto in cuore le ascensioni. Ma dove è questo? Nella valle del pianto (Sal 83,6). Valle significa
abbassamento, come monte significa altezza. Ora il monte sulla vetta del quale ascendiamo è
un’altezza spirituale. […] Eccoti dunque il punto di partenza e il punto di arrivo delle tue ascensio-
ni: dagli esempi di Cristo uomo devi salire alla sua divinità.

b. Alcuni interpretano questi salmi come canti composti per celebrare il ritorno
dall’esilio accostandoli ora a tematiche presenti nel Deuteroisaia (R. PREß) ora al libro
di Neemia (M. GOULDER); in Esd 2,1 e Ne 7,6 «coloro che salgono» sono i rimpatria-
ti. Si tratta però di elementi di paragone estranei al testo di questi salmi; inoltre il tema
del ritorno dall’esilio compare di per sé in modo esplicito solo nel Sal 126.

c. Più probabile è l’opinione di coloro che ritengono questi salmi come canti di pel-
legrinaggio (K. SEYBOLD, criticato in parte da HOSSFELD-ZENGER; cf. Psalms 3, 290),
originati in ambienti sacerdotali attorno al Tempio e usati poi come “manuali di pre-
ghiera” da parte dei pellegrini. Secondo Hossfeld-Zenger la loro origine va posta at-
torno al 400 a.C.
E’ possibile recuperare qui l’intuizione di L.J. LIEBREICH (cf. HOSSFELD-ZENGER,
Psalms 3, 291) che ritiene che questi salmi siano da porre in stretta relazione con le
parole della benedizione sacerdotale di Num 6,24-26: quindici parole / quindici salmi;
ripresa di quattro vocaboli chiave: $rb !nx ~wlv rmv.
HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3, 294-295, offrono una serie di argomenti convincenti circa lo sfondo
di carattere sacerdotale dei Salmi 120-134: il contatto con Nm 6,24-26; il ruolo dei sacerdoti che
emerge nei tre salmi conclusivi 132-134; mentre nel Sal 134,1-2 i protagonisti sono i sacerdoti, «co-
loro che abitano nella casa del Signore durante le notti», nel Sal 135,2 i protagonisti sono l’intera as-
semblea di Israele, «coloro che stanno negli atri della casa del Signore».

I salmi delle salite nel contesto del salterio e del V libro dei Salmi.

Premessa: studi recenti (E. Zenger; in Italia G. Barbiero e T. Lorenzin) hanno rivalu-
tato l’importanza di una esegesi anche sincronica del Salterio; ovvero “il Salterio co-
me libro”. Rimando allo studio generale di E. ZENGER, «Dai Salmi al Salterio. Nuove
vie della ricerca», RivBibIt 1 (2010) 5-34, con ampia bibliografia.

Sembra esserci nella composizione attuale del salterio un progetto preciso: i Salmi
detti del «piccolo Hallel» o dello «Hallel egiziano» (113-118) sono tutti centrati su
temi esodici. Segue il lunghissimo Sal 119, una meditazione sulla Torah come cuore
della vita di Israele [Legge che Israele riceve durante il cammino nel deserto!]. Una
volta in possesso della Torah è possibile mettersi in cammino verso Gerusalemme!
Seguono dunque i salmi 120-134 centrati su Gerusalemme, ovvero il punto d’arrivo
dell’esodo. I salmi 135-136 che immediatamente seguono il salterio delle salite non
sono stati posti a caso in questo luogo; il Sal 135 richiama esplicitamente Sal 133,1 e
Sal 134,1 e si pone come espansione dell’idea della “benedizione” conenuta nei salmi
delle salite; cf. anche Sal 135,21. Ma il Sal 135 e il Sal 136 che vi è direttamente lega-
to tornano alla teologia della creazione e insieme dell’esodo, ricollocando così la “teo-
logia di Sion” espressa dai salmi delle salite in un contesto teologico più preciso: la
creazione e la storia dell’esodo. In questo modo i salmi 113-136 sembrano formare un
tutto coerente.
Nel rotolo dei Salmi conservato a Qumran (11QPsa) l’ordine dei salmi è diverso: Sal 120-132; Sal
119; Sal 135-136: il Salmo 119 posto dopo i salmi delle salite mette in luce il fatto che per i qumra-
nici lo scopo del pellegrinaggio è la meditazione della Torah.

Offriamo qui una possibile struttura generale dell’organizzazione dei salmi delle sa-
lite (da verificare nel corso dell’esegesi): tre gruppi di cinque salmi l’uno disposti in
modo concentrico. Per altre ipotesi, cf. MONTI, Salmi, 1400-1401 e n. 9 con ulteriore
bibliografia.

120 Preghiera confidente con tono di lamento. Condizione di partenza: l’esilio e una
situazione di non-pace.
121 L’aiuto che viene dal Signore.
122 Gerusalemme, la mèta, la città della pace.
123 Il disprezzo dei superbi; richiesta di aiuto.
124 Riflessione sulla storia: il Signore è stato con noi.

125 Preghiera confidente: il Signore custodisce Israele e dona la pace.


126 Il ritorno dall’esilio.
127 Gerusalemme, città e casa costruita dal Signore
128 Felicità del giusto nella sua famiglia.
129 Riflessione sulla storia: il Signore ha spezzato il giogo degli empi.

130 Preghiera confidente con tono di lamento: dal profondo…


131 Abbandono totale a Dio.
132 Gerusalemme, luogo di riposo di Dio.
133 La pace è nell’unione fraterna.
134 Conclusione: la preghiera dei “servi del Signore” continua nella notte.

*
SALMO 120

La guerre fait la guerre à la paix. Et la paix naturellement ne fait pas la guerre à la guerre.
La paix laisse la paix à la guerre. La paix se tue par la guerre. Et la guerre ne se tue pas par la paix.
Puisqu’elle ne s’est pas tuée par la paix de Dieu, par la paix de Jésus-Christ,
comment se tuerait-elle par la paix des hommes?
(Ch. PÉGUY, Le mystère de la charité de Jeanne d’Arc)

1
Canto delle salite.
[I]
Al SIGNORE nella mia angustia ho gridato
ed egli mi ha risposto.
2
[I]
SIGNORE, libera la mia vita
dalle labbra bugiarde, dalla lingua ingannatrice.
3
Che cosa ti darà, come ti ripagherà,
o lingua ingannatrice?
4
Frecce acute di un prode
con braci ardenti di ginestra!
5
[II]
Ahimé, io abito straniero in Mesec,
dimoro fra le tende di Kedar!
6
Troppo tempo la mia vita ha abitato
con chi odia la pace.
7
Io sono pace,
ma essi, quando parlo, sono guerra.

Il salmo si apre con una dichiarazione di fiducia (v. 1), seguita da una prima strofa,
in tono di supplica; Dio è chiamato in causa in seconda persona (vv. 2-4); la seconda
strofa (vv. 5-7) ha un tono di lamento. Si noti l’uso della tecnica della ripetizione.
Note al testo e alla traduzione.

v. 2: «la mia vita», alla lettera yvpn, nel senso qui di «essere personale», “vita”, “io”. Cf. la stessa
espressione al v. 6.
v. 3. I verbi mancano di soggetto; Lxx e Vg li pongono al passivo; con molti commentatori rite-
niamo che “Dio” sia il soggetto sottinteso dell’intero versetto.
v. 4: l’ebraico ~tr indica la “ginestra” (“broom-tree”, “ajonc”, “genêt”, “hiniesta”) o per alcuni il
“ginepro”; i Lxx e la Vg lo intendono nel senso di “deserto”.
v. 5: “Mesek”: i Lxx scambiano il sostantivo per il verbo $vm (“prolungare”) e traducono: «ahimé,
perché il mio esilio è stato prolungato»; cf. Vg: Heu mihi! Quia incolatus meus prolungatus est. Da
qui la lettura escatologica proposta da Girolamo; l’abitazione su questa terra è provvisoria, in attesa
della patria celeste.
v. 7: alla lettera ~wlv yna, «io [sono] pace». Lxx: h;men eivrhniko,j; Vg: eram pacificus.

Commento

HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3, 303-305 [cf. p. 311, per alcuni legami lessicali interni
con il precedente Sal 119]: si discute sul fatto che il genere letterario del salmo sia il
lamento o la lode. Il salmo non appartiene di per sé a nessuno dei due generi letterari.
O meglio, è un salmo di lamento sui generis i cui elementi formali (lamento – richie-
sta a Dio – affermazione di speranza) appaiono invertiti. Cf. il v. 1 che inizia con una
proclamazione di speranza.

v. 1. Il salmo si apre con un’espressione che potrebbe segnare l’intera serie dei canti
delle salite: hwhy-la. Espressione unica all’inizio di un salmo. Verso il Signore si dirige
un grido di angoscia da parte dell’orante, ma c’è già la certezza della risposta da parte
di Dio; l’angoscia, in questo versetto, non è specificata; occorre leggere il salmo per
capire di quale angoscia si tratti. I verbi sono al perfetto e rimandano perciò a una e-
sperienza passata (il secondo verbo è un wayyiqtol e questa sequenza conferma la tra-
duzione al perfetto). Il tema della vpn, “vita” (cf. anche al v. 6) preparara la riflessione
su questo termine che apparirà nel salmo successivo, il 121; cf. anche Sal 123,4 e
124,7, al plurale (wnvpn).
vv. 2-4. Qui emerge una chiara simbologia militare, che percorre in realtà tutto il
salmo, mischiata alla simbologia del linguaggio che è in grado anche di uccidere (te-
ma frequente nel salterio: cf. ad esempio Sal 7,13-14; 64,4-5; per il NT: Gc 3,6.8).3 Il
nemico dal quale si chiede di essere liberati (verbo lcn) è infatti caratterizzato dal suo
parlare menzognero e falso. Contro questo nemico è invocato l’aiuto di Dio che è
probabilmente il soggetto del v. 3, secondo la legge del contrappasso. Il giuramento
imprecatorio richiama le formule presenti ad esempio in Rut 1,16-17 oppure 1Sam
20,12-13. Sul nemico piomberanno frecce e insieme carboni ardenti di ginestra (cf. un
tema analogo in Sal 11,6).

vv. 5-7. Continua la simbologia militare (cf. il tema della guerra). L’orante si sente
come perso in una regione ostile, sconosciuta. Mesek/Mosok è menzionato in Gen
10,2 (cf. anche Ez 38,2-3; 39,1) ed è probabilmente da riferirsi a una regione remota e
selvaggia dell’estremo nord. La stessa cosa vale per Kedar, che rimanda a una tribù
ostile e lontana vivente nella regione dell’Arabia, al sud (cf. Is 21,16-17). L’orante si
sente così immerso in una atmosfera di guerra e di ostilità; egli afferma tuttavia di a-
ver scelto la pace, di fronte a coloro che la odiano. Il tema della pace, qui introdotto in
negativo, ritornerà in chiave positiva nel Sal 122.

«Che cosa significa “io sono per la pace”? Così disse il Santo, benedetto Egli sia, al Messia: “spez-
zerai [le nazioni] con verga di ferro”. Ma questi rispose: “No, Signore del mondo! Quando parlerò
alle nazioni io inizierò parlando loro di pace”. Perciò è detto: “io sono per la pace, ma quando parlo
essi sono per la guerra”» (Midrash sui Salmi, 120,7).

Dimensione teologica: il salmo rimanda prima di tutto alla situazione di esilio e di


lontananza sperimentata dal salmista, che è così il punto di partenza dei salmi delle
salite. Una lontananza che può essere spaziale (l’esilio a Babilonia), ma che il v. 1 ci

3
Sul tema del linguaggio e dei suoi pericoli si vedano i testi della tradizione sia giudaica che patri-
stica citati da MONTI, Salmi, 1409-1410.
aiuta a ricollocare in chiave anche metaforica. Il primo “abisso” da cui risalire: guerra
e lingua menzognera.
Rimanda poi alla contrapposizione tra guerra e pace; cf. la tematica evangelica: «be-
ati gli operatori di pace» (Mt 5,9); ma il salmo fa riflettere anche sul realismo di una
situazione di guerra concreta, con la quale occorre fare i conti; la guerra è una realtà.
In chiave neotestamentaria: cf. Gv 14,27; il dono della pace portato da Cristo stesso.

SALMO 121

Dirai: Ma chi sarà quel mio custode che non prende sonno né dorme? Ascolta cosa aggiunge: Il Si-
gnore ti custodirà. Non è dunque l'uomo, soggetto ad addormentarsi e a dormire, ma il Signore, colui
che ti custodisce. (…) È necessario che Cristo non si addormenti in voi, e subito vi accorgerete della
verità di quanto vi diciamo. (…) Cristo veglia quando la fede in un cristiano non è addormentata.
E se dianzi la tua fede dormiva, e per questo nei riguardi della questione presente ondeggiavi come
quella barca in cui dormiva Cristo all'infuriare della tempesta,
sveglia Cristo e la tempesta sarà sedata.
(AGOSTINO, Enarr. in Ps. 120,7).

1
Canto per le salite.
[I]
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
2
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli fa cielo e terra.
[II]
3
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
4
Ecco, non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.
[III]
5
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra.
6
Di giorno non ti colpirà il sole
né la luna di notte.
[IV]
7
Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
8
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

A livello di struttura letteraria, la divisione in quattro strofe è tipica di altri salmi del-
le salite; i vv. 1-2 sono in prima persona; i vv. 3-8 sono caratterizzati dal suffisso di
seconda persona (dieci volte); le tre strofe (3-4/5-6/7-8) sono bene identificabili sia a
livello tematico che strutturale. Cf. anche ALONSO – CARNITI, Psalmos 2, 1473. Si os-
servi infine la presenza della radice rmv che costituisce il tema guida del salmo tre vol-
te ai vv. 3-4 e tre volte ai vv. 7-8; al centro del salmo, al v. 5b, un termine che richia-
ma la stessa idea: l’ombra.

Note al testo e alla traduzione

v. 1. I Lxx e la Vg leggono la frase come affermativa: «alzo gli occhi verso i monti dai quali verrà
il mio aiuto» (Vg: levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi). Così, HOSSFELD-
ZENGER, Psalms 3, 315: «I lift up my eyes to the mountains from where my help comes». In realtà,
secondo JÜON-MURAOKA 161g la forma !yam introduce una interrogativa indiretta con un verbo sot-
tinteso: alla lettera: «alzo gli occhi verso i monti in ordine [al vedere] dove verrà il mio aiuto».
v. 3. I verbi di questo versetto potrebbero essere tradotti allo iussivo (sono preceduti da la e non da
al); ma il v. 4, che del v. 3 costituisce una evidente ripresa, suggerisce di leggerli all’indicativo.
Stesso problema ai vv. 7-8; la sequenza sostantivo-yiqtol fa propendere anche in questo caso per
l’indicativo.
Commento

Per quanto riguarda il genere letterario, Ravasi pensa molto genericamente a un sal-
mo di fiducia. Come Sitz im Leben, ritiene che si tratti di una sorta di dialogo interiore
tra l’orante e se stesso. Per altre opinioni, anche classiche, cf. HOSSFELD-ZENGER,
Psalms 3, 317-319; essi seguono la stessa scelta di Ravasi4. Il salmo è animato da una
tensione interna accentuata dall’idea del movimento e del cammino, un cammino che
è allo stesso tempo reale e metaforico (cf. il commento ai vv. 7-8). Ciò conferma
l’idea di un salmo che riflette un monologo interiore che coinvolge l’intera vita
dell’orante.

vv. 1-2. Il salmo si apre con il simbolo degli occhi (cf. Sal 123,2) elevati verso i
monti; simbolo, questo, di per sé ambiguo, accentuato dalla domanda: «da dove mi
verrà l’aiuto?»: si tratta cioè dei monti dove si svolgevano i culti idolatrici di matrice
cananaica, oppure dei monti che circondano Gerusalemme (Sal 125,2)?
Il salmo richiama per alcuni interpreti, il cammino difficile del pellegrino che sale a
Gerusalemme. Ma di per sé i monti che il pellegrino deve percorrere per giungere alla
città Santa non rappresentano un reale pericolo (non sono le Alpi!), né con tale senso
metaforico appaiono altrove nella Bibbia. “Alzare gli occhi” in testi come Gen 39,7;
Ez 18,6.12; 23,27; Ger 3,2 ha sempre una connotazione di desiderio: dunque si alzano
gli occhi verso qualcosa che si desidera, cioè verso i “monti” di Gerusalemme (cf. Sal
87,1; 133,3).
La risposta alla domanda è perciò netta e viene dalla persona stessa dell’orante (dia-
logo interiore, cf. sopra): «il mio aiuto viene dal Signore che fa5 cielo e terra»; una
formula liturgica che collega molto bene la fede nel creatore con la fede nel Dio per-

4
Si noti in particolare la proposta di H. Gunkel che pensava al salmo che apre il pellegrinaggio e a
quella di H. Schmid, che pensava a un dialogo liturgico all’arrivo a Gerusalemme, in entrambi i casi
tra il fedele e un sacerdote.
5
La forma participiale del verbo hf[ rimanda non all’atto della creazione («ha fatto»; cf. la Vg: qui
fecit coelum et terram), ma a una sorta di “creazione continua”; il Signore è colui che continuamen-
te crea il mondo (e lo custodisce, cioè lo salva).
sonale che salva (teologia della storia / teologia della creazione); la stessa formula ap-
pare ancora in Sal 124,8, ancora legata all’idea che il Signore è un “aiuto”, ovvero una
protezione in momenti di pericolo, e in Sal 134,3, legata esplicitamente a Sion. Al v. 4
si scopre che questo salvatore personale (il “tuo” custode) è tale perché è «il custode
di Israele», cioè dell’intero popolo; è questo uno dei punti di forza del salmo.

vv. 3-4. A livello simbolico, si usano le immagini del piede e del dormire. La prima
applicata al piede dell’orante che grazie all’aiuto di Dio non vacilla, la seconda al fat-
to che Dio è sempre sveglio.

Dietro al motivo del “non dormire” sta sicuramente una polemica antiidolatrica (cf. anche 1Re
18,27); secondo alcune tradizioni gli dei mesopotamici spesso “dormono”, perché non si occupano
del mondo reale. Oppure, come nel poema di Atrahasis e nell’Enuma Elish, non possono dormire
perché disturbati dal chiasso degli umani. Il nostro salmo contraddice tutte queste visioni della divi-
nità (cf. HOSSFELD-ZENGER, Psalms, III, 324-325). «Todos pueden dormir, porque uno no duerme»
(ALONSO SCHÖKEL).

I vv. 3-4a ritardano la menzione dell’identità del “custode” che solo in 4b si svela
come il Signore, custode di un intero popolo. Per l’idea del Signore come “custode”
nei Salmi cf. anche Sal 17,8; 25,20; 34,21; 41,3; 86,2; 97,10; 116,&; 140,5; 146,9.
L’idea di un “custode” che non dorme evoca dunque quella della “sentinella” che pro-
tegge una città. Si noti infine che il motivo del “custodire” richiama la stessa tematica
presente nella benedizione sacerdotale di Num 6,24, che è uno dei testi alla base dei
salmi delle salite (cf. l’introduzione).

vv. 5-6. A livello simbolico, emerge l’immagine dell’ombra; cf. Sal 17,8; 91,1, per
quanto riguarda Dio come ombra (cf. nel NT Lc 1,35; Mc 9,7). Nel mondo medio-
orientale l’idea dell’ombra non è mai negativa; l’ombra è vista come emanazione del
potere di colui che con la sua presenza fa appunto ombra; si tratta molto spesso del re
(cf. i testi e le immagini offerte da HOSSFELD-ZENGER, Psalms, 3, 327-328). L’ombra
richiama dunque non tanto il cammino nel deserto – come vogliono alcuni interpreti –
ma l’aspetto “regale” di YHWH che protegge il suo popolo da ogni pericolo.
Al v. 5 «alla tua destra», alla lettera «alla tua mano destra», troviamo un ulteriore e-
lemento simbolico, quello della “destra” appunto, simbolo di forza e protezione (cf.
Sal 16,8; 109,31, in un contesto processuale).
Ai pericoli del sole il v. 6 aggiunge (notare una nuova polarità, giorno / notte) quelli
della luna, nell’antichità considerata fonte di pericolo e di influssi malefici; cf. nel
NT, Mt 4,24; 17,15, il verbo selhnia,zomai. Il Targum traduce: «di giorno, quando
domina il sole, non ti colpiranno i demoni mattutini, né i notturni quando domina la
luna di notte».

vv. 7-8. La protezione divina si estende all’intera vita dell’uomo: «da ogni male»,
«quando esci e quando entri»; altra polarità che rimanda all’intera vita dell’orante vi-
sta nel suo complesso (cf. 1Re 3,7; Ger 37,4; 2Cr 15,5) e, nel contesto del salmo, al
viaggio intrapreso verso Gerusalemme. Nella tradizione giudaica questa formula è an-
cora ricordata e utilizzata nell’entrare e uscire da una casa, toccando la mezuzah. La
formula finale (altra polarità: ora / sempre) ha di nuovo un sapore liturgico; la vita
umana trascorre tra polarità opposte; solo Dio è immutabile. Il salmo si apre a una
dimensione temporale senza una vera e propria fine (“sempre”).

Dimensione teologica: come il salmo 120, anche il 121 sottolinea la dimensione del
pericolo; non più un pericolo “orizzontale” (i popoli nemici del Sal 120), ma un peri-
colo verticale: monti, sole e luna; un pericolo “cosmico”, che coinvolge l’intera vita
dell’uomo (“entrare” – “uscire”): di fronte a questi pericoli, sta la confessione di fede
nel Signore creatore del mondo che custodisce il suo popolo. Il riferimento implicito a
Gerusalemme (i monti) prepara la visione di solidità e pace offerta dal Sal 122. Per
una ripresa di alcuni motivi circa il “custodire” nel NT cf. Gv 17,11-12; 2Ts 3,2; 1Pt
1,4-5.
La tradizione midrashica collega il Sal 121 con l’episodio di Gen 22; cf. HOSSFELD-ZENGER,
Psalms 3, 331; K.A. PLANK, «Ascent to Darker Hill: Psalm 121 and Its Poetic Revision», Literature
and Theology 11 (1997) 152-167.

Sal 122.

«Il Profeta, nel Salmo 121, celebra la profonda e incommensurabile letizia di coloro che sono sali-
ti alla Città santa ed hanno sostato nella Casa del Signore.
Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus.
La pace fra tutte le genti ha sempre il sostenitore più assiduo e fervoroso nel Successore di Pietro:
per la sua stessa missione, per l'insegnamento diretto del Salvatore Gesù
e di quanto è espresso nel Vangelo»
(GIOVANNI XXIII, Discorso ai membri del Parlamento, 28 aprile 1962).

1
Canto delle salite. Di Davide.

[I]
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore»!
2
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
[II]
3
Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
4
È là che salgono le tribù, le tribù di Yah,
- un precetto per Israele -,
per lodare il nome del Signore.
5
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
[III]
6
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano tranquilli quelli che ti amano;
7
sia pace nelle tue mura,
tranquillità nei tuoi palazzi.
8
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
9
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.

Il salmo è ben divisibile in tre strofe. Nella prima (1-2), il salmo si apre con un di-
scorso in prima persona (v. 1) per proseguire con la seconda persona (v. 2: tu, o Geru-
salemme!); siamo nel presente. La seconda strofa (3-5) parla di Gerusalemme in terza
persona ed usa forme verbali participiali; il poeta getta così uno sguardo sul passato.
La terza strofa (6-9) è interamente giocata sul termine ~wlv (si noti il bell’uso della pa-
ranomasia:6 ~wlv / ~lvwry // lav / hlv - hwlv); ritorna nei vv. 8-9 la prima persona sin-
golare, come nel v. 1; il “tu” di Gerusalemme è presente nei ben cinque suffissi fem-
minili (6b. 7a.b. 8b. 9b.). L’ultima strofa apre una chiara prospettiva di futuro. Si noti
che in ciascuna strofa appare sia il nome della città che il Tetragramma YHWH, oltre
al termine “casa”; “pace” appare anch’essa tre volte, tutte nell’ultima strofa.

Note al testo e alla traduzione

v. 1: «Di David» è assente sia dai Lxx che dalla Vg; si tratta probilmente di una aggiunta posterio-
re, presa dal v. 5, con la quale si vuole fare di David il prototipo del pellegrino a Gerusalemme. La
tradizione giudaica si sofferma a spiegare questa anomalia: come può infatti David gioire per il pel-
legrinaggio al Tempio che al suo tempo non è stato ancora costruito? Il Talmud (bMakkot 10a) pre-
suppone un dialogo tra David e Dio: David gioisce al sentire le parole degli Israeliti che dicono «an-

6
Cf. ALONSO SCHÖKEL – CARNITI, Salmos, II, 1479-1480.
dremo alla casa del Signore», presupponendo la morte dello stesso David, condizione necessaria
perché Salomone costruisca il Tempio.7
v. 2: prendiamo il participio twdm[ come un presente: «ora / già stanno i nostri piedi…» («Our feet
stand now…»: HOSSFELD/ZENGER, III, 332).
v. 3: «come città unita e compatta»; la Lxx e la Vg interpretano il testo in relazione all’unità del
popolo:, una città in cui si partecipa tutti insieme; il greco ha qui l’hapax dei Lxx metoch, (“comuni-
tà): h-j h` metoch,, auth/j evpitoauto, (cf. la stessa espressione, evpitoauto,, in At 2,44.47, sempre in rela-
zione alla comunità); Vg: cuius participatio eius in idipsum. In realtà, il verbo rbh al pu’al indica
come in Es 28,7; 39,4 l’essere connesso («to be bound together»), rafforzato qui da wdxy, “insieme”, e
non può che riferirsi alla città intesa come un insieme architettonico armonioso e unitario (cf. il ver-
bo “costruire”). Il Targum parafrasa e reinterpreta così: «Gerusalemme è costruita nel cielo come
città che è congiunta a se stessa sulla terra», evidenziando così la doppia dimensione, celeste e terre-
stre, della città santa.
v. 4: la frase larfyl twt[ va presa come un inciso che si riferisce sia al “salire” a Gerusalemme sia
al “lodare” il nome del Signore. 11QPs legge larfy tt[, «l’assemblea del Signore», ma si tratta pro-
bibilmente di una lectio facilior (una probabile correzione teologica).

Commento

Il salmo è costruito intorno a una riflessione sul nome della città, ~lvwry, e sulla sua
assonanza con i termini ry[ e ~wlv; il salmista non tiene conto delle etimologie reali
proposte dai moderni: Gerusalemme, «fondazione/città del dio Shalem»; una idea non
dissimile relativa alla connessione tra Gerusalemme e “pace” si trova nel celebre testo
di Is 2,1-5.
Il salmo gioca su un simbolismo temporale (presente – passato – futuro, cf. la divi-
sione in strofe), ma soprattutto sul simbolismo spaziale; al centro c’è la “città” (Geru-
salemme); essa è vista come inizio e termine di un movimento (“andiamo”, v. 1; “sal-
gono”, v. 4), ma anche è contemplata nella sua statiticità e nella sua compattezza (v.
3, ma anche il v. 5; cf. i palazzi e le mura del v. 7).

7
Su questa e su altre interpretazioni rabbiniche cf. ANDERLINI, I quindici gradini, 31-38.
Il linguaggio aramaizzante del salmo (l’uso del relativo v al posto di rva) e la pro-
spettiva teologica di una Gerusalemme ideale, centro dell’intero Israele, puntano a
una datazione del salmo attorno all’epoca persiana.

vv. 1-2. La “gioia” è elemento tipico del pellegrinaggio, secondo la teologia del Dt
(cf. Dt 12,7.18; 16,11.14.15; 26,11). Il salmo si apre in una profonda atmosfera di
stupore8. La «casa del Signore» è citata frequentemente nel Salterio (cf. Sal 23,5-6;
27,4.6; 84,25; 92,13-16). Il testo esprime qui una bella dialettica tra assenza e presen-
za; l’Israelita si sente lontano dal Signore ed esprime il desiderio di incontrarlo nella
sua “casa”. Il pellegrinaggio non serve soltanto a rafforzare un’identità collettiva, ma
esprime un vero e proprio bisogno di Dio, a livello sia antropologico che teologico. Il
v. 2 esprime la gioia per un cammino (quello espresso nei Salmi 120-121) che final-
mente si realizza. Le “porte” sono una metonimia («parte per il tutto») per indicare
l’intera città.

vv. 3-5: Gerusalemme, città reale e simbolica allo stesso tempo. Città che si distin-
gue dalle altre per almeno tre caratteristiche: luogo di rifugio e di sicurezza, centro
della vita civile e insieme della vita religiosa del popolo.
Il v. 3, con la sua costruzione participiale, mette in luce il fatto che Gerusalemme è
una città la cui costruzione non è finita, ma è un «work in progress»; inoltre la città
appare non come un insieme indistinto di case, ma come un tutto ben unito (cf. note al
testo).
Il v. 4, con un linguaggio arcaicizzante – cf. l’uso del Tetragramma in forma abbre-
viata come in Es 15,2 – evoca il pellegrinaggio delle “tribù” a Gerusalemme, che
dunque è il luogo di culto privilegiato in Israele; per questa usanza intesa come “pre-
cetto” cf. Dt 12,5-9; 16,16. La menzione delle tribù fa’ sì che il salmo passi da un li-
vello individuale (vv. 1-2) a una dimensione collettiva (cf. anche il v. 8). Di passag-

8
«Corriamo, dunque! Corriamo, perché andremo alla casa del Signore…»; AGOSTINO, Enarr. in Ps.
121,2.
gio, notiamo come scopo del culto non sembra essere il “sacrificio”, ma la “lode” (cf.
il v. 4c).
Il v. 5 evoca il ruolo giuridico-politico di Gerusalemme, come sede del giudizio del
re (i troni del giudizio – della casa di David); difficile dire se il salmo evochi elementi
reali o simbolici; in questo secondo caso, Gerusalemme acquisterebbe chiari tratti
messianici come il luogo della giustizia del David ideale, come avviene nel Sal 72 (cf.
HOSSFELD-ZENGER, 3, 340-341; Gerusalemee: una realtà o un sogno? Cf. ALONSO
SCHÖKEL – CARNITI, Salmos, 2, 1482).

vv. 6-9: la strofa gioca tutta attorno al termine ~wlv (27 volte nel Salterio e 45 per
quanto riguarda la radice ~lv), un termine che evoca una pienezza di vita in senso og-
gettivo; il termine bwj che chiude il salmo evoca invece il “bene” in senso soggettivo,
ciò che è bene per una determinata persona (cf. RAVASI, 3, 546). Una “pace” che si e-
stende dalla città sino a tutti coloro che la amano, ai “fratelli” e agli “amici”. La strofa
esprime un desiderio – dunque la pace è ancora tutta da realizzare, almeno nel suo
senso più pieno – e la strofa stessa è pertanto, come si è visto nella struttura, orientata
al futuro. Il v. 9 esprime allo stesso tempo un augurio e una preghiera di intercessione
nei confronti di “fratelli” e “amici”.9

Dimensione teologica: dopo i salmi 120-121 che esprimevano situazioni di pericolo,


il Sal 122 si apre con la gioia di una comunità radunata intorno alla città di Gerusa-
lemme. La parola-chiave ~wlv collega il Sal 120,6 con il nostro salmo; la parola “pie-
di” / “passi” collega Sal 121,8 con Sal 122,1-2. Dai margini del mondo (120), l’orante
si mette in cammino (121) e giunge finalmente a Gerusalemme (122), dove si incontra
con il Signore e trova la pace.
C’è poi un legame con il salmo 132, anch’esso posto al centro della serie dei salmi
130-134; solo nel Sal 122 e nel 132, infatti, David è menzionato nel corpo del salmo
ed entrambi i salmi riflettono la stessa teologia del Tempio.

9
Cf. B. OGNIBENI, «Sal 122,8: augurio di pace o intercessione di pace?», Lateranum 64 (1998) 215-
220.
Per quanto riguarda il NT, al salmo 122 potrebbe alludere Lc 19,41-44; in
quest’ottica il salmo diviene anche per il cristiano una supplica appassionata per la
“pace”; non solo per Gerusalemme, ma per il mondo intero. Cf. sopra il possibile rife-
rimento in At 2,44.47 al v. 3: Gerusalemme, visione profetica di una comunità aperta
all’umanità intera (cf. MONTI, Salmi, 1429-1430).

Sal 123

«Il Signore ci dia la grazia di sentirci scartati, perché noi non abbiamo alcun merito,
soltanto lui ci da la misericordia e la grazia.
E per avvicinarci a quella grazia, dobbiamo avvicinarci agli scartati,
ai poveri, a quelli che hanno più bisogno…»
(papa FRANCESCO, apertura della porta santa della carità, Roma 18 dicembre 2015).

1
Canto delle salite. Di Davide.
[I]
A te ho alzato i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
2
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni,
come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al SIGNORE nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
[II]
3
Pietà di noi, SIGNORE, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
4
troppo sazi noi siamo
dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.

Il salmo è costruito, come tutti i salmi delle salite, sulla tecnica della ripetizione; vi
sono termini ripetuti due volte (“mano”, “Signore”, “troppo sazi”, “disprezzo”), tre
volte (“pietà di noi”), quattro volte (“occhi”). Cf. anche il v. 2ab in stretto parallelo
con 2cd.
Il salmo è nella sua brevità un piccolo capolavoro artistico: cf. ad esempio i vv. 1b-
2:e: A – a te / i miei occhi; B – occhi degli schiavi / mano dei loro padroni; B’ – occhi
della schiava / mano della sua padrona; A’ – i nostri occhi / al Signore nostro Dio.

Note al testo e alla traduzione

v. 4. Il soggetto del verbo [bf è di per sé la vpn, alla lettera la “gola”.


L’espressione ~ynwyagl crea qualche difficoltà. Il qere legge due parole: ~ynwy yagl, «ai superbi oppres-
sori», alludendo così forse all’oppressione della dinastia seleucide (metà del II sec. a.C.). La radice
hag rimanda in ogni caso all’orgoglio, alla presunzione. I Lxx interpretano il v. 4 come una impreca-
zione: «vergogna per quelli che prosperano, disprezzo per gli orgogliosi!».
Per diverse letture offerte dalla tradizione ebraica, cf. ANDERLINI, I quindici gradini, 42-46. Il
commentatore medievale Rashi suggeriva di leggere ~ynwy yagl come «la valle delle colombe» (da hnwy,
“colomba” [Giona!]); l’orante direbbe allora: «sono stanco del disprezzo per la valle delle colom-
be», cioè del disprezzo dei pagani per Gerusalemme!

Commento

Per Alonso Schökel, un salmo di una semplicità estrema, simile a uno schizzo o a un
cammeo. Il contesto storico (cf. i vv. 3-4) è difficile da precisare; potrebbe essere
l’esilio, o forse meglio la situazione difficile nella quale si trovano a vivere i rimpa-
triati di fronte alle opposizioni esterne, ma anche interne (cf. Ne 2,19; 3,36).
vv. 1-2. Il simbolismo degli occhi domina il salmo, unito in 2a-d a quello delle mani;
un vero e proprio gioco di sguardi. Il v. 1 apre il salmo con l’immagine degli occhi ri-
volti «a te», dunque soltanto al Signore, di cui si sottolinea così la trascendenza (il Si-
gnore siede nei cieli), ma anche la presenza, la familiarità e la disponibilità. E’ la pri-
ma volta nei salmi delle salite che l’orante si rivolge direttamente al Signore.

La tradizione rabbinica riflette su questa idea («a te levo i miei occhi»); se io non alzassi gli occhi
a Dio, lui non potrebbe esistere: «Altrove sta scritto: “voi siete i miei testimoni – oracolo del Signo-
re – ed io sono Dio” (Is 43,12). Quando voi siete i miei testimoni, io sono Dio; ma quando non siete
i miei testimoni, io non sono Dio. “A te sollevo i miei occhi, a te che abiti nei cieli” vuol dire la stes-
sa cosa. Se tu non sollevassi a me i tuoi occhi (dice Dio) io – se fosse possibile – non abiterei nei
cieli».10 Dio ha bisogno di Israele – dell’orante – per esistere veramente!

Per l’immagine del Signore che siede nei cieli cf. Sal 2,4 e 93,1-4: il Signore domina
su cosmo intero, da dove esercita la sua giustizia (Sal 11,4-7), ma da dove egli anche
offre “cibo” ad ogni vivente (Sal 145,15-16, ancora con l’immagine degli occhi), spe-
cie agli umili e ai poveri (Sal 113,5-9). Al simbolimo somatico (“occhi” e più sotto
“mano”) si unisce così un simbolismo di carattere spaziale.
Gli occhi alzati verso il padrone / padrona (notare l’immagine divina anche al fem-
minile!) dicono da un lato prontezza e disponibilità a ubbidire (al cenno della mano),
dall’altro attesa di aiuto e misericordia (abbi pietà di noi). Si osservi il passaggio dal
v. 1 (i miei occhi) al v. 2e (i nostri occhi); dall’individuo al popolo (dall’io al noi).
Il simbolismo dell’immagine del “servo” / “serva” tradisce il contesto storico orien-
tale del salmo; in testi come Gen 16,4; Is 24,2; Pr 30,23 la contrapposizione schiava /
padrona indica certamente inferiorità e dipendenza. Lo schiavo si attende una puni-
zione (guarda con timore la mano del padrone), ma scopre con sua grande sorpresa
che quel particolare padrone che è Dio non lo punisce, ma ha pietà di lui. Il testo del
salmo crea così una situazione di grande sorpresa: Dio è un padrone molto diverso
dagli altri; sorpresa acuita dal fatto che Dio è paragonato non solo a un padrone, ma

10
Midrash sui Salmi, 123,2.
anche a una padrona, dunque con una immagine al femminile!11 Va tuttavia osservato
che l’immagine del “servo” applicata all’uomo nella Bibbia nei confronti di Dio ha
anche connotazioni positive; essere servi di Dio è un titolo d’onore e implica libertà
(cf. nel NT 1Pt 2,16!).
Il verbo !nx rimanda all’avere pietà, la caratteristica del superiore nei confronti
dell’inferiore; verbo spesso applicato a Dio; «abbi pietà» si trova più di 20 volte nel
salterio (cf. le concordanze).12

vv. 3-4. Nei vv. 3-4 il simbolismo della “sazietà” ([bf) rimanda alla situazione di
difficoltà vissuta dall’orante. Di fronte all’orante si ergono così gli ~ynnav, i “gaudenti”
(Is 32,1; Zac 1,15), e i superbi (v. sopra nota testuale) e il loro “disprezzo” (zwb) un
termine che acquista nella BH spesso un significato sociale (Pr 11,12; 15,20 etc.);
l’orante si sente continuamente umiliato (cf. sopra le note circa il contesto storico del
salmo). L’atteggiamento arrogante di questi nemici si contrappone alla pietà che
l’orante si attende da Dio (ma anche al trono di Dio nel cielo, il vero potente!). Si trat-
ta di persone non meglio precisate, ma che dall’alto delle loro pretese realizzazioni e
della loro ricchezza disprezzano chi è più piccolo e povero di loro. Una situazione che
nella storia si ripete.
Di per sé, il salmo ha una conclusione “aperta”; alla dichiarazione di difficoltà da
parte dell’orante non c’è una risposta diretta, anche se l’aiuto e la pietà di Dio sono
anticipati nella prima strofa. I vv. 3-4 sono una implicita richiesta rivolta all’onore di
Dio; se infatti gli oranti – i suoi schiavi – sono disprezzati, lo sarà anche il loro padro-
ne! Drammaticamente, il salmo si chiude infatti con una supplica e non con un ringra-
ziamento: «troppo sazi noi siamo…!».

Dimensione teologica. Ritorna in questo salmo (vv. 3-4) una situazione di difficoltà
analoga a quella trovata nel Sal 120; ma dall’ansia e dall’angoscia del Sal 120 si passa

11
Commentando il Sal 122 (123) Agostino scrive: «noi siamo dunque il servo e la serva, Egli il pa-
drone e la padrona…» (Enarr. in Psal. 122).
12
Per uno studio approfondito di questo termine cf. la voce !nx etc. in Grande Lessico dell’Antico
Testamento (= Theologische Wörterbuch zum Alten Testament), ed. it. III, 27-47.
ora alla fiducia (pur se il v. finale lascia ancora spazio alla supplica). Dagli “occhi”
del Sal 121 si passa agli “occhi” del Sal 123. Dai monti e dalle difficoltà del cammino
(121) ci si innalza adesso fino al cielo. In ogni caso, il salmo è immerso in una pro-
fonda atmosfera di preghiera fiduciosa.
Nel NT, per Gesù che leva gli occhi al cielo cf. Gv 11,41; 17,1; per Gesù “servo” cf.
At 3,13.26; per il grido «abbi pietà di me» rivolto a Gesù cf. Mc 10,47-48 e par. etc.
La liturgia ricorda questo salmo in un v. del Te Deum: «miserere nostri Domine, mise-
rere nostri».
*

Sal 124

«Come vincere i nemici se non “perché il Signore è stato con noi”?


E’ evidente che non sei stato tu a vincerli, ma li ha vinti colui che abita in te.
Porti dentro di te un imperatore così potente: chi ti vincerà?»
(AGOSTINO, Enarr. in Ps. 123 (124),6).

1
Canto delle salite. Di Davide.

[I]
Se non fosse stato il SIGNORE che era per noi,
- lo dica Israele -
2
se non fosse stato il SIGNORE che era per noi,
quando uomini si alzarono contro di noi,
3
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera.
4
Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci [wnvpn] avrebbe sommersi,
5
allora ci [wnvpn] avrebbero sommersi
acque impetuose.
[II]
6
Sia benedetto il SIGNORE,
che non ci ha consegnati in preda ai loro denti.
7
La nostra vita [wnvpn] è stata liberata come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati.
8
Il nostro aiuto è nel nome del SIGNORE:
egli crea [fa] cielo e terra.

La costruzione è molto raffinata. Il salmo si divide chiaramente in due strofe; la


prima aperta da una frase condizionale (vv. 1-2) e seguita da una apodosi (vv. 3-5)
che esprime ciò che sarebbe potuto accadere; si noti l’affermazione iniziale sul Si-
gnore ripetuta due volte e caratterizzata da una definizione introdotta dal pronome re-
lativo (v, come nei salmi delle salite).
I vv. 6-8, introdotti da una seconda affermazione su YHWH, sempre con v, si riferi-
scono invece alla realtà della salvezza; i vv. 6 e 8 costituiscono una sorte di cornice
(“frame”) liturgica attorno al v. 7. Anche in questo caso emerge nel salmo la tecnica
della ripetizione e della anadiplosis.
A livello di genere letterario, il salmo mostra elementi tipici dei salmi di ringrazia-
mento (cf. HOSSFELD-ZENGER, 353), anche se non può pienamente essere identificato
con essi.

Note al testo e alla traduzione.

vv. 1-2. La formula ripetuta due volte e introdotta da ylwl è un probabile gioco di parole su hwhy
ed esprime una condizionale dell’irrealtà la cui protasi è nei vv. 3-5; cf. HOSSFELD – ZENGER: «If
had not been YHWH who was there for us…».
v. 4-5. «Un torrente ci avrebbe travolti»; alla lettera: «un torrente sarebbe passato sulle nostre
gole» (vpn); così in 5a: «sarebbero passate sulle nostre gole acque impetuose» (il termine !wdz è un
hapax dal significato incerto). Al v. 4 i Lxx traducono «la nostra anima ha attraversato un torrente»;
una allusione al passaggio del mar Rosso o del Giordano? Non sappiamo.
Commento

Il salmo, a livello simbolico (cf. RAVASI, III, 560-561), è dominato da tre gruppi
principali di simboli: quello delle bestie feroci (vv. 3 e 6, in antitesi tra loro); quello
delle acque distruttrici, con particolare riferimento al caos primordiale (vv. 4-5; cf.
anche il fuoco; cf. Sir 51,3 dove si trovano entrambe le immagini); v. poi il simboli-
smo della caccia (v. 7).
A livello storico, il salmo non può essere ben collocato in nessun particolare periodo
della storia di Israele; il linguaggio post-esilico e le formule liturgiche ne fanno pro-
babilmente un salmo tardivo (epoca persiana?) che riflette, retrospettivamente, sulla
globalità degli interventi salvifici di Dio nella storia del popolo («lo dica Israele»)
senza che si possa risalire ad un’epoca precisa. Una conferma della datazione tarda
del salmo viene dal fatto che quasi ogni suo elemento trova riscontro in testi prece-
denti; cf. l’elenco delle citazioni offerto da RAVASI, III, 556.

vv. 1-5. Solo nei titoli dei Salmi 122, 124, 131, 133 appare la menzione di “David”;
difficile dire il perché. Forse nella redazione finale dei salmi delle salite si è inteso
storicizzare il salmo riferendolo ai tempi di David e alla sua storia.
L’affermazione dei vv. 1-2, «se il Signore…» gioca sulla forma YHWH + hyh + l
(cf. Es 3,14); se il Signore non avesse agito conformemente alla sua natura, che è
quella di essere presente con noi… (cf. per un inizio analogo Sal 94,1-3. 17; il v. 17
in modo particolare). L’inciso «lo dica Israele» da’ al salmo il tono di un ringrazia-
mento e coinvolge, come spesso accade nei salmi delle salite, l’intero popolo. La tra-
dizione ebraica antica riferisce unanimente questi vv. all’esilio (cf. ANDERLINI, I
quindici gradini, 53s).13

13
«In questo breve salmo c’è tutta la tragica sorte del popolo d’Israele, tutta la morale e la ragione
della sua sopravvivenza, da Faraone ad Aman, dall’inquisizione a Hitler…»; D. LATTES, Il libro dei
Salmi, Roma: Unione delle Comunità Israelitiche Italiane 1963, 476s.
I vv. 2-3 non specificano la natura dell’aggressione (v. sopra, note storiche) e gioca-
no sulla metafora delle bestie feroci; il salmo crea una atmosfera drammatica e di ur-
genza: all’ultimo momento, Dio si è rivelato il nostro salvatore. Per il contrasto del v.
2 (~da – hwhy: essere umano vs. il Signore) cf. anche Sal 118,16.
La metafora delle acque dei vv. 4-5 evoca il caos delle acque primordiali; cf. Is
43,2-3 per un testo analogo; mentre Dio è “per noi” l’essere umano è “contro di noi”.

«La cercania palpable de la muerte produce un choque espiritual, como un vacio repentino: toca-
mos la contingencia radical de nuestra existencia. Uno se queda sin habla, temblando, y el temblor
atestigua que la vida continúa. Cuando uno comienza a recobrarse, los recuerdos invaden el vacío y
buscan expresión enérgica más que precisa».14

vv. 6-8. La benedizione del v. 6 è formulata negativamente; nella Bibbia ebraica si


ritrova solo in Gen 24,27; Rut 4,14; Sal 66,20. Per la metafora degli uccelli, cf. Sal
10,8-10; 140,6; cf. Pr 6,5; 7,23.
La formula liturgica (usata anche nel cristianesimo) del v. 8 va tradotta di per sé al
presente (in ebraico c’è un participio) e rimanda a una sorta di creazione continua15;
l’azione creatrice di Dio si prolunga nella sua azione salvifica. La formula è già pre-
sente in Sal 121,2 e ritornerà in Sal 134,2; cf anche Sal 115,15.

Dimensione teologica. Il salmo 124 chiude un arco narrativo iniziato nella richiesta
di aiuto del Sal 120. La menzione di Israele al v. 1, in particolare, richiama la figura
di YHWH protettore di Israele in Sal 121,4 (tale menzione verrà ripresa in Sal 129,1,
legando così il Sal 124 al 129). Il v. 8 ripete alla lettera Sal 121,2. Con la differenza
che nel Sal 124 l’aiuto del Signore non viene richiesto come nel Sal 121, ma appare
già realizzato.
Il salmo esprime nel suo complesso l’esperienza di salvezza di Israele all’interno
della storia e la fede in YHWH, il “Dio-per-noi”, Dio insieme creatore e salvatore; cf.

14
ALONSO SCHÖKEL – CARNITI, Salmos, II, 1494.
15
La Vulgata e la tradizione liturgica cristiana non hanno colto questo aspetto: qui fecit coelum et
terram.
nel NT Rom 8,31: «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?». La tradizione cristiana,
già con Agostino, applicherà spesso questo salmo ai martiri.

«E’ questa la realtà di salvezza che il Dio “per noi” promette a coloro che sono suoi e che il salmo
124 celebra e canta. Per quanto terrificante può essere la minaccia che incombe sul popolo, nulla
potrà contro la presenza di un alleato che si schiera con i suoi protetti per liberarli e farli vivere. I
nemici sono potenti, mettono in campo una forza soverchiante e una crudeltà bestiale che ne rad-
doppia la pericolosità e fa sperimentare a Israele tutta la sua piccolezza di vita inerme, preda para-
lizzata e impigliata nel laccio mortale. Ma il Signore è più forte dei nemici, più grande di qualunque
minaccia e fedele a una parola di salvezza che è più antica e stabile del cielo. E allora, non l’acqua,
non il fuoco, non l’ira, non le belve e neppure la colpa che fa aprire la terra e precipitare negli inferi,
nulla più riuscirà a far trionfare la morte sugli amici di Dio. Perché la morte è vinta, la morte è mor-
ta. Il laccio si è rotto, i cacciatori hanno perso la presa, e l’uccello può liberarsi verso il cielo, final-
mente libero».16
*

Sal 125

I tuoi occhi o Signore siano aperti sulla tua casa giorno e notte,
e non permettere che vacilli nessuno di quelli che confidano in te.
Rendici buoni e retti, pronti per ogni opera buona
(Orazione salmica di tradizione africano- agostiniana, VI-VII sec. d.C.)

1
Canto delle salite.
[I]
Coloro che confidano nel SIGNORE (sono) come il monte Sion:
non vacilla, è stabile per sempre.
2
Gerusalemme: i monti la circondano,
così il SIGNORE circonda il suo popolo
da ora e per sempre.
[II]

16
B. COSTACURTA, Il laccio spezzato. Studio del Sal 124, Bologna: EDB 2002, 190-191.
3
Certo non riposerà lo scettro della malvagità
sull’eredità dei giusti,
perché i giusti non tendano le mani
a compiere il male.
[III]
4
Sii buono, SIGNORE, con i buoni
e con i retti di cuore.
5
Ma quelli che deviano per sentieri tortuosi
il SIGNORE li associ ai malfattori.
Pace su Israele!

Il salmo si divide in tre strofe, tutte strutturate chiasticamente. La prima strofa con-
tiene due paragoni espressi con clausole nominali: coloro che confidano nel Signore
(A) – è come il monte Sion (B) – i monti circondano Gerusalemme (B’) – il Signore
circonda il suo popolo (A’). In entrambi i paragoni si aggiungono due riferimenti
all’eternità.
La seconda strofa ha questa struttura interna: “malvagità” (A) – giusti (B) – giusti
(B’) – male (A’).
La terza, infine, presenta questa sequenza: buono/bene-Signore (A) – retti (B) – co-
loro che deviano (B’) – Signore-malfattori (A’).
Il Salmo è chiuso da una brevissima invocazione («Pace su Israele!»).
Si osservino anche in questo caso le ripetizioni, in particolare quella del nome del
Signore, due volte nella prima e due volte nella terza strofa.
La struttura compatta del salmo non consente di spezzarlo in diverse fasi redazionali
come vogliono alcuni autori (cf. la discussione in HOSSFELD – ZENGER, III, 363-364),
anche se è possibile che le formule dei vv. 2c e 5c siano in realtà redazionali, legate
all’inserzione del salmo nel contesto dei salmi delle salite.

Note al testo e alla traduzione.


v. 1. I Lxx presentano un testo diverso (cf. anche BHS, apparato): «Coloro che confidano nel Si-
gnore sono come il monte Sion. Chi abita in Gerusalemme non verrà scosso in eterno»; i Lxx leg-
gono cioè la forma verbale bvy, posta alla fine del v., come se fosse un participio (cf. HOSSFELD –
ZENGER, Psalms 3, 365).
v. 3: lo scettro della malvagità; alcuni manoscritti leggono “del malvagio”, come i Lxx, probabil-
mente per evitare di contrapporre lo scettro della malvagità personificata allo scettro di Dio; cf.
BHS, apparato.

Commento

Difficile è collocare il salmo all’interno di un contesto storico preciso; il salmo allu-


de a una dominazione straniera (persiana? Ellenistica?) non meglio precisabile; il rife-
rimento a Sion lo rende un salmo nato probabilmente nell’ambiente del Tempio. Dif-
ficile è anche attribuire il salmo a un determinato genere letterario.
Il pellegrino è ormai entrato nella città e lo sguardo si volge ai monti che stanno at-
torno a Gerusalemme. Allo stesso tempo è posto dinanzi a un bivio: essere fedele al
Signore, o rinnegarlo, passando dalla parte dei malvagi.

vv. 1-2. L’affermazione iniziale sulla fiducia in YHWH ha un sapore sapienziale: cf.
Pr 16,20; 29,25. La forma participiale («coloro che confidano») rimanda non a una
singola azione, ma ad uno stato di vita costante, una possibilità aperta ad ogni essere
umano, senza alcuna distinzione. Ma, mentre i testi dei Proverbi sopra citati usano una
forma al singolare, l’uso del plurale rimanda qui a una intera comunità, al “popolo”
citato nel v. 2 come comunità di coloro che confidano nel Signore.
Si aggiunge attraverso la metafora dei monti [si pensi in questo caso alla geografia
della Gerusalemme reale!] un’idea di protezione e di sicurezza17, con una chiara pro-
spettiva escatologica (due volte: “per sempre”); infine emerge una teologia di Sion
che richiama quella dei salmi 46 e 48.

17
Si noti la bella immagine del Signore che “circonda” il suo popolo.
v. 3. Lo “scettro della malvagità” indica un potere ingiusto e opposto a quello di Dio
(cf. lo scettro dell’equità e della giustizia menzionato in Sal 45,7)18. Il riferimento alla
“sorte” o “eredità” dei giusti (lrwg) utilizza il vocabolario deuteronomistico della divi-
sione della terra promessa tra le tribù (cf. spec. Gs 18-21; Sal 37,3.9.18.22.29).
Il salmo potrebbe riferirsi a un contesto storico post-esilico e al problema della con-
fisca ingiusta delle terre in favore di grandi possidenti; in questo caso, i malvagi sa-
rebbero non pagani, ma israeliti infedeli. Il salmista fa appello al fatto che la terra ap-
partiene al Signore, il quale la offre a ciascun Israelita.
Il Signore interviene, prima che i giusti abbiano la tentazione di farsi giustizia da sé,
commettendo così il male (perenne tentazione della violenza!): a che cosa serve, infat-
ti, essere giusti, se i malvagi mi perseguitano?

vv. 4-5. La strofa ritorna su un tema sapienziale, quello delle due vie; per le vie con-
torte19 dei malvagi cf. Pr 10,9; 28,18, ma già Sal 1,6 all’inizio del Salterio. Mentre il
Signore benefica i buoni (v. 4), la via distorta dei malvagi andrà in rovina (v. 5ab);
siamo nel quadro della teologia deuteronomista della retribuzione (cf. di nuovo il Sal
1).

Dimensione teologica. Il salmo 125 è strettamente connesso con il precedente (cf. in


particolare 124,8) dal motivo della “fiducia”; nonostante il suo andamento drammati-
co, il salmo non proclama tanto la fiducia in Gerusalemme, ma la fiducia nel Signore
che non permetterà agli empi di prevalere sul popolo dei giusti (Israele). Il salmo e-
sprime perciò la fiducia in un intervento terreno di Dio a favore dei giusti.
Ma è sempre vero? Il salmo rimanda a una dimensione di profonda fede; ciò che il
salmo afferma, ha senso solo nell’ottica della convinzione di fede che il Signore è
davvero con noi.
Il v. 3, al centro del salmo, da’ una forte tonalità politica, analoga a quella del Sal
129 (v. sotto).

18
Chi data il salmo in epoca ellenistica pensa a una personificazione di Antioco IV Epifane.
19
Il termine ebraico twlqlq[ si trova solo qui e in Gdc 5,6.
Il tema della “pace” collega direttamente il Sal 125 con il 122, ma allo stesso tempo
anticipa il tema della “pace” contenuto nei salmi 126-128; il salmo 128,6 si chiude
non a caso con la stessa formula di 125,5c.

Per una rilettura nell’ottica del NT: Paolo rilegge la finale del Salmo 125 in Gal 6,16
(«siano pace e misericordia su tutto l’Israele di Dio»), che dunque non può essere let-
to come a volte viene fatto come un testo scritto da Paolo in prospettiva anti-israelita.

* Il salmo 125 apre la seconda serie di cinque salmi (HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3, 367):

125: tema di Gerusalemme/Sion; “scettro della malvagità”; radici [vr e qdc; “pace su Israele”.
Dimensione politica.
126: tema di Gerusalemme/Sion (v. 1); sviluppo di 125,1-2: chi confida nel Signore; tema
agricolo.
127: manca la menzione di Gerusalemme/Sion; ulteriore sviluppo di 125,1-2: chi con-
fida nel Signore; tema familiare. Centro della sezione.
128: tema di Gerusalemme/Sion (128,5); ulteriore sviluppo di 125,1-2: chi confida nel Si-
gnore; tema familiare. “Pace su Israele”.
129: tema di Gerusalemme/Sion (129,5); “funi dei malvagi”; radici [vr e qdc (unica ricorrenza nei
salmi delle salite assieme al Sal 125). Dimensione politica.

*
Sal 126

«Dirà Israele, quando Ha-Shem ristabilirà la loro sorte:


nessun uomo potrà mai vedere una tale meraviglia da sveglio, ma soltanto in sogno»
(IBN EZRA sul Sal 126,1).

«E tu, Signore, per questa gioia degli umili - gioia divina, da impazzire -, continua a intervenire:
sarà anche per te la gioia più grande e umana! Troppi popoli poveri ancora seminano nel pianto,
senza neppure il diritto di raccogliere il frumento maturato con l'acqua delle loro lacrime».
(G. RAVASI – D.M. TUROLDO, I Salmi. Traduzione poetica e commento).
1
Canto delle salite.
[I]
Quando il SIGNORE ritornò verso Sion,
ci sembrava di sognare.
2
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di giubilo.
Allora si diceva tra le nazioni:
«Il SIGNORE ha fatto grandi cose per loro».
3
Grandi cose ha fatto il SIGNORE per noi:
eravamo pieni di gioia.
[II]
4
Ritorna al nostro ritorno, SIGNORE,
come i torrenti del Negheb.
5
Chi semina nelle lacrime
mieterà nel giubilo.
6
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.

Il salmo si può dividere in due strofe, entrambe centrate sul “noi” della comunità
degli Israeliti ed è caratterizzato dalla tecnica del raddoppiamento (v. sopra, i termini
evidenziati).
Il v. 1 e il 4 si corrispondono, marcando due diversi inizi. Il v. 1 rimanda al passato,
il v. 4 al futuro. Il v. 1b richiama 3b: “eravamo sognanti” / “eravamo gioiosi”, crean-
do così una sorta di inclusione. La prima strofa comprende in questo modo un riferi-
mento all’azione di Dio (v. 1) e alle sue conseguenze per “noi” (vv. 2-3). La seconda
strofa si apre invece con una preghiera al Signore (v. 4) seguita dagli effetti
dell’azione di Dio (vv. 5-6).
Note al testo e alla traduzione.

v. 1 (4). La costruzione iniziale bwvb … za indica temporalità e si riferisce al passato: alla lettera,
«quando il Signore ritornava… allora…» («when YHWH returned… then…»).
Il termine hbyv è un hapax biblico (benché attestato in un testo aramaico dell’VIII sec.); alcuni mss
preferiscono la lettura twbv (cf. BHS apparato critico e cf. il ketiv del v. 4: wntwbv). In entrambi i casi,
il senso non varia molto; si tratta di un termine costruito sulla radice bwv, “ritorno”, “restaurazione”.
Il testo del v. 1a gioca così sulle radici delle parole e può essere tradotto alla lettera con: «quando il
Signore ritornò con un ritorno a Sion» («at the return of Yhwh in a return with regard to Zion…» /
«when the Lord returned again to Zion…»; cf. una lunga discussione in HOSSFELD-ZENGER, Psalms
3, 370-371), ovvero nel senso di: «quando il Signore restaurò le nostre sorti», come intendono mol-
te traduzioni moderne.
Più frequente è la forma del v. 4: twbv bwv, ketiv (il qere legge tybv, la “prigionia”); nei Salmi, cf.
14,7; 53,7 85,2: qui si può intendere come «ritorna, Signore, al nostro ritorno». Ovvero, restaura Si-
gnore le nostre sorti, come intendono molte traduzioni moderne.
Il participio ~ymlx, preceduto da k, è letteralmente intraducibile; in italiano: «eravamo come so-
gnanti». Lo stesso vale per il v. 3a, ~yxmf wnyyh, «eravamo gioiosi» (Vulgata: facti sumus laetantes).
La versione dei Lxx modifica radicalmente il testo e prende la forma hbyv dal verbo hbv, «essere in
prigione» e traduce così, in esplicito riferimento all’esilio: evn tw|/ evpistre,yai Ku,rion th.n aivcamal-
wsi,an Siwn evgenh,qhmen w`sei. parakeklhme,noi. Ma i Lxx leggono probabilmente un diverso testo
ebraico.

vv. 2-3. HOSSFELD-ZENGER preferiscono leggere la forma hiphil lydgh nel senso di “mostrati gran-
de!”.

v. 6: l’espressione [rzh $vm si riferisce probabilmente al «gettare [lett: “gettata”] il seme» o, per al-
tri, alla “sacca” che contiene il seme e che il seminatore porta sulle spalle.

Commento

La doppia dimensione del salmo (passato: vv. 1-3 / futuro: vv. 4-6) può aiutarci a
collocare cronologicamente il salmo; il passato guarda all’esilio come a un evento
ormai superato; il futuro, presuppone un presente ancora difficile: tutto ciò ci colloca
nel momento del ritorno e della difficile ricostruzione, all’epoca cioè di Neemia / E-
sdra (cf. RAVASI, Salmi III, 578-579).

vv. 1-3. Il salmo si apre ricordando il “ritorno” del Signore a Sion; testi come Is
52,8 e Zac 8,3 usano forme simili nel contesto del ritorno dall’esilio, al quale anche il
v. 1 molto probabilmente si riferisce. Il “ritorno” del Signore a Sion va dunque inteso
come l’azione salvifica di Dio nei confronti del popolo in esilio.
Il riferimento al sogno va compreso nel quadro del Vicino Oriente Antico, dove il
sogno è visto spesso positivamente come mezzo di rivelazione divina, dunque qual-
cosa di potenzialmente positivo: «The event itself (the return of those liberating of
Zion as Yhwh’s dwelling place) was reality, but it was as unexpected and God-sent
as a dream whose full achievement, though in progress, was still in future» (HOS-
SFELD-ZENGER, Psalms 3, 376).
I vv. 2-3 contengono una sorta di professione di fede da parte delle nazioni nelle
grandi cose operate dal Signore. Siamo di fronte a una visione antitetica rispetto a
quella di giudizio proclamata da testi come Gl 2,2120 e sulla linea degli oracoli del
Deuteroisaia: cf. Is 42,10-12; 45,14-22; 48,20.
Il salmo contiene molti riferimenti alla gioia, che costituisce lo sfondo più significa-
tivo del salmo; si usa la radice usuale xmf e più avanti il termine più specifico hnr, che
rimanda al “canto di giubilo” (ad esempio, visto il contesto agricolo dei vv. 5-6, al
canto che accompagnava la mietitura); un giubilo che non esclude tuttavia le lacrime
e il pianto.

vv. 4-6. Il v. 4 costituisce una petizione rivolta al futuro. Il ritorno del Signore, que-
sta volta “a noi”, alla comunità di Israele, è paragonato ai torrenti del Negheb, che in
primavera improvvisamente si ingrossano e rendono fertile il suolo; qualcosa di stra-
ordinario e imprevidibile, ma non inatteso e impossibile!

20
Il libro di Gioele sembra aver ripreso molto da questo salmo; cf. HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3,
378.
I paragoni agricoli del vv. 5-6 prendono spunto probabilmente da detti proverbiali e
preparano il terreno ai salmi successivi, immersi in una atmosfera agricola e familia-
re. Il ritorno del Signore “a noi” tocca gli aspetti più umani e ordinari della vita: la
semina e il raccolto. All’uomo spetta il seminare, anche con fatica e tra le lacrime; a
Dio spetta far crescere ciò che è stato seminato!21

Dimensione teologica. Il salmo 126 appare come uno sviluppo del precedente; lo
scettro della malvagità non peserà più su Israele e il Signore farà il bene per i buoni!
Allo stesso tempo (v. sopra) i vv. 5-6 preparano il contesto agricolo del salmo che se-
gue, il 127. Il salmo esprime nel suo complesso una forte fiducia che l’aiuto di Dio
può realmente cambiare la vita dell’essere umano, ma in modo particolare quella
dell’intera comunità di Israele.
ALONSO SCHÖKEL – CARNITI (Salmos, II, 1506) pensano ad echi neotestamentari
nell’atteggiamento di gioia e sconcerto delle donne e dei discepoli di fronte alla re-
surrezione (Mt 28,8; Mc 16,8; Lc 24,11.41); per il tema della semina, cf. Gv 4,36. Si
veda anche la celebre metafora del chicco di grano utilizzata da Gesù in Gv 12,24;
l’importante per Gesù è offrire la propria vita: in questo troviamo già la gioia (MON-
TI, Salmi, 1463-1464).22 Possiamo aggiungere una eco nel Magnificat: «grandi cose
ha fatto in me l’Onnipotente« (Lc 1,49).

*
Sal 127

«Ebbene, quando noi vi parliamo, costruiamo dal di fuori,


me è Dio che costruisce dentro!»

21
«Che cosa puoi seminare? La misericordia. E per mietere che cosa? La pace. Non guardate solo a
voi stessi, ma guardate ai bisognosi intorno a voi. E non venire meno per il fatto che questo com-
porta fatiche, tribolazioni. Seminate tra le lacrime, mieterete nella gioia» (AGOSTINO, Enarr. in Ps.
125(126) 11.13).
22
«La nostra storia, anche se segnata spesso da dolore, da incertezze, da momenti di crisi, è una sto-
ria di salvezza e di “ristabilimento delle sorti”. In Gesù ogni nostro esilio finisce, e ogni lacrima è
asciugata, nel mistero della sua croce, della morte trasformata in vita, come il chicco di grano che si
spezza nella terra e diventa spiga»; BENEDETTO XVI, Udienza generale del 12 ottobre 2011.
(AGOSTINO, Enarr. in Ps. 126 (127), 1).

Guarda, Signore, e custodisci ciò che in noi non può essere custodito, se non sei tu il custode;
edifica ciò che non può essere portato a termine, se non sei tu a costruire,
cosicché divenuti in tutto tua eredità, non restiamo confusi
quando tratteremo con i nostri nemici alla porta.
(Orazione salmica di tradizione africano- agostiniana, VI-VII sec. d.C.)

1
Canto delle salite. Di Salomone.
[I]
Se il SIGNORE non costruisce la casa,
invano si affaticano i costruttori.
Se il SIGNORE non vigila sulla città,
invano veglia la sentinella.
2
Invano vi alzate di buon mattino
e tardi andate a riposare,
voi che mangiate un pane di fatica:
al suo prediletto egli concederà il sonno.
[II]
3
Ecco, eredità del SIGNORE sono i figli,
è sua ricompensa il frutto del grembo.
4
Come frecce in mano a un guerriero
sono i figli avuti in giovinezza.
5
Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non dovranno vergognarsi quando verranno alla porta
a trattare con i propri nemici.

I vv. 1-2 formano una prima strofa segnata dalla triplice ripetizione di awv, “invano”.
Il v. 1 ha al suo interno una struttura parzialmente chiastica del tipo: AB BA – AB
AB: se il Signore – non costruisce // invano faticano – i costruttori /// se il Signore –
non custodisce // invano i custodi - custodiscono. I vv. 1-2 hanno nel loro complesso
una nuova struttura chiastica: v. 1: azione di Dio / azione umana (due volte); v. 2: a-
zione umana / azione di Dio. Cuore della strofa è ciò che l’essere umano non è in
grado di fare senza YHWH.
La seconda strofa comprende un enunciato relativo ai figli (v. 3), un paragone mili-
tare (v. 4) e una beatitudine (v. 5). Il legame più evidente con la strofa precedente è il
fatto che al v. 3 il Signore è presentato come datore di beni; il v. 4 esemplifica questi
beni nel dono dei figli. Come il Signore vigila sulla città, così i figli da lui donati vi-
gilano sulla famiglia; cuore della strofa è allora ciò che l’essere umano è in grado di
fare con YHWH [per altre ragioni che portano a scorgere nel salmo una unità lettera-
ria cf. HOSSFELD-ZENGER, Psalms, 3, 383].

Note al testo e alla traduzione.

v. 2. Al v. 2a ci troviamo di fronte alla figura retorica del “merismo”: «di buon mattino… tardi»; il
poeta si riferisce con i due estremi “mattino” / “tardi” all’intero arco della giornata lavorativa di un
contadino.
In 2b il termine hnv è forma aramaizzante di anv, “sonno”; si può anche tradurre «nel sonno», ov-
vero durante il sonno (ma in questo caso manca l’oggetto del verbo “dare” che in molte traduzioni
viene aggiunto, in riferimento al “cibo”: il Signore lo darà al suo amico nel sonno), oppure si può
meglio intendere anv come l’oggetto del verbo !tn: «(il Signore) darà il sonno…». Cf. anche il com-
mento. Per una proposta del tutto diversa cf. RAVASI, Salmi, 3, 595-596.
v. 4. I Lxx traducono «i figli della giovinezza» (~yrW[nh ynb; ovvero: i figli avuti in gioventù) con
l’espressione «i figli di coloro che sono stati cacciati», ossia i figli degli esiliati; in questo modo il
traduttore greco attualizza il salmo nel contesto degli ebrei della diaspora. I Lxx leggono probabil-
mente ~yrW[nh come derivato dalla radice r[n II, “scacciare”.

Commento.

Il salmo ha accenti chiaramente sapienziali ed è nettamente diviso in due parti: i vv.


1-2 che insegnano come l’essere umano non può nulla senza il Signore, e i vv. 3-5,
centrati sul tema dei figli, ovvero sui doni che l’essere umano riceve con il Signore.
Può essere classificato come un salmo “sapienziale”, che richiama diverse tematiche
presenti nei Proverbi (cfr. Pr 10,22 in particolare, ma anche Pr 5,10.18; 14,1; 23,18;
24,4-3).
E’ al centro dei salmi delle salite (v. sotto) ed è l’unico salmo del gruppo attribuito a
Salomone, e ciò per diversi motivi: prima di tutto, la prospettiva sapienziale (Salo-
mone come maestro di sapienza); poi la menzione del “diletto” al v. 2 che richiama il
nome di Salomone in 2Sam 12,24, Yedidia, “il diletto”. Poi la menzione della città e
della casa, che richiamano il ruolo di Salomone a Gerusalemme. Il riferimento al
“sonno” potrebbe essere una allusione a 1Re 3,5-15, il sogno di Gabaon.

Molti esegeti, nel passato, consideravano il salmo come composto di due salmi indipendenti; i vv.
1-2 centrati sulla futilità del lavoro umano; i vv. 3-5, sul dono dei figli. Il salmo mostra in realtà una
forte unità a livello letterario (v. anche sopra); cf. anche il parallelo sumerico citato da alcuni com-
mentatori nel quale la costruzione della città e della casa è messa in relazione con il dono dei figli
(cf. RAVASI, Salmi, 3, 587). Il salmo può in ogni caso avere avuto una sua origine indipendente ed
essere successivamente stato inserito nel contesto dei salmi delle salite, a causa della vicinanza te-
matica con il sal 126 e il 128 e a motivo del riferimento alla “città” (Gerusalemme).

vv. 1-2. Il v. 1 mette in luce con l’esempio della casa e della città che ogni attività
umana è inutile, se non è affiancata da quella di Dio; l’attività umana è certamente
necessaria, ma da sola non può realizzare nulla se non è fondata sull’aiuto divino. Si
tratta di una idea frequente nel libro dei Proverbi (v. sopra).
Sul tema di Dio custode-sentinella di Israele cf. Sal 121,4. Il termine awv, “invano”,
è noto dal decalogo (cfr. Es 20,7), ma spesso è anche usato per indicare gli idoli (Sal
24,4; 26,4; 31,7 etc.); l’agire umano che non si appoggia sull’agire divino è così co-
me un atto di idolatria. Come Dio è tre volte santo, così il mondo è tre volte vuoto
senza di lui (ANDERLINI, I quindici gradini, 89). All’idolatria del fare si contrappone
la gratuità dell’agire divino.
Al v. 2, molti commentatori e traduzioni intendono che il Signore “darà” nel sonno
(ma manca tuttavia l’oggetto del verbo; cf. note al testo) al suo prediletto (termine ti-
pico del Cantico dei Cantici!). Il testo inviterebbe perciò a non considerare il lavoro
come un assoluto, ma a fidarsi della provvidenza divina.
In realtà, al verbo !tn mancherebbe così un oggetto; nel v. 1 non si dice che l’uomo
non debba costruire la casa o custodire la città, ma solo che tutto ciò è vano, senza
l’aiuto di Dio. Così nel v. 2 non si dice che l’uomo non debba lavorare con fatica (cf.
una probabile eco di Gen 3,19), ma che tale fatica è vana senza il Signore. Dunque
ciò che Dio da individualmente ad ogni suo “prediletto”, è il sonno! Come in Pr 3,24;
6,22; 19,23; Qo 2,22-23; 5,11, il sonno è (oppure non è) il risultato del lavoro del
saggio. Dunque è il sonno, il giusto riposo che può venire solo dal Signore come
complemento del lavoro di ciascuno (si veda al riguardo una anche troppo lunga di-
scussione in HOSSFELD-ZENGER, Psalms, 3, 387-391).

vv. 3-5. Il v. 3 sviluppa il tema di YHWH descritto come colui che fa doni all’uomo.
Il primo di questi doni è rappresentato dai figli. Essi sono chiamati hwhy tlxn, «eredità
del Signore»: il linguaggio echeggia quello di Sal 28,9; 33,12, dove il popolo di I-
sraele è chiamato «eredità del Signore» (cfr. Gs 13,23); i figli sono dunque il mezzo
con il quale Dio concede al suo popolo di crescere e di rimanere sua eredità, al pari
della terra di Israele, anch’essa spesso descritta nella Bibbia ebraica con l’espressione
hwhy tlxn. Sono anche una “ricompensa” (rkf); il testo non specifica per che cosa: si
può pensare alla ricompensa per il lavoro fatto dall’israelita (v. 2); il termine rkf può
infatti indicare il salario dell’operaio (cf. Gen 30,32-33; 31,8); oppure alla ricompen-
sa data a Israele per la sua fedeltà a Dio (cf. Gen 15,1).
Il salmo si chiude con una metafora militare che accompagna una beatitudine; la
“porta” non è qui quella della casa, ma più probabilmente quella della città presso la
quale si trattavano gli affari; Pr 22,22 attesta le ingiustizie subite dal povero “alla por-
ta”. I figli nati nella giovinezza sono per un padre la miglior difesa della famiglia; si
osservi che il soggetto del v. 5 è al plurale e comprende dunque anche i figli. La con-
clusione del salmo può suonare alle nostre orecchie poco pacifica,23 ma prende spun-
to da situazioni di reale ingiustizia, frequenti nel mondo antico (e non solo!). Di pas-
saggio: se i figli sono un dono del Signore, dunque non appartengono ai genitori…!
Non sono “oggetti” dei quali i genitori possono disporre a piacimento (tema di grande
attualità).

Dimensione teologica. Il salmo descrive molto bene la società del tempo; case in
muratura poste dentro una città custodita da mura e sentinelle; una vita di duro lavoro
nei campi, ma con la prospettiva di una convivenza pacifica, attorno a una famiglia
solida e numerosa. Il salmo, nel suo complesso, è in realtà ben consapevole delle dif-
ficoltà della vita, ma ne coglie con molto ottimismo i lati positivi24 ben riassunti dalla
metafora del “sonno”. Il salmo ricorda come i beni di cui l’uomo può godere nella vi-
ta di ogni giorno esistono in realtà grazie all’azione del Signore che è il solo in grado
di donarli.
«Senza di me, non potete far nulla» (Gv 15,5); come possibile parallelo neotesta-
mentario, ALONSO SCHÖKEL – CARNITI citano anche il celebre testo di Mt 4,25-32.
Il salmo 127 si trova al centro del gruppo di salmi 125-129 (in particolare: i vv. 1-2
rimandano a Sal 126,4-6; i vv. 3-5 a Sal 128,1-4); dunque si trova allo stesso tempo
al centro dell’intero gruppo dei salmi delle salite. In particolare, il salmo può essere
letto come applicazione del Sal 126,4-6 alla vita di ogni giorno. Risalta poi il riferi-
mento unico a Salomone, costrutture della casa di Dio, custode di Gerusalemme e «re
della pace».
L’atmosfera positiva del Sal 127 contrasta con quella più tragica del salmo iniziale,
il 120, e riprende poi il tema di Dio custode presente nel Sal 121 (Sal 121: noi pos-
siamo dormire, perché qualcuno veglia; Sal 127: noi possiamo dormire, perché qual-
cuno opera); il tema della città lo collega poi con il Sal 122; qui la città appare nella

23
Interessante la lettura del Targum e di una parte della tradizione giudaica che intende la “faretra”
come la casa dove si studia la Torah e i figli come i discepoli dei maestri della Torah! Cf. ANDER-
LINI, I quindici gradini, 90-96. Cf. anche l’intepretazione di Rashi riportata in MONTI, Salmi, 1473-
1474.
24
«Si lo tomamos a la letra, diremos que es falso por exagerado; en su vertiente expresiva, se trata
de un encarecimiento retórico»; ALONSO SCHÖKEL – CARNITI, Salmos, 2, 1508.
sua dimensione “feriale”, quotidiana. Infine: la beatitudine che chiude il Sal 127 apre
il Sal 128, collegando così strettamente questi due salmi (v. sotto).

Sal 128

«Varchiamo dunque la soglia di questa casa serena,


con la sua famiglia seduta intorno alla mensa festiva.
Al centro troviamo la coppia del padre e della madre con tutta la loro storia d’amore.
In loro si realizza quel disegno primordiale che Cristo stesso evoca con intensità:
«Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina?» (Mt 19,4).
E riprende il mandato del Libro della Genesi: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre
e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24)».
(FRANCESCO, Amoris Laetitia, 9 [cf. tutto il passo di AL 8-30])

1
Canto delle salite.
[I]
Beato ogni uomo che teme il SIGNORE
e cammina nelle sue vie.

2
Sì, ti nutrirai della fatica delle tue mani,
sarai felice e avrai ogni bene.
3
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

4
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il SIGNORE.
[II]
5
Ti benedica il SIGNORE da Sion,
perché tu possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita,
6
tu possa vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!

Il salmo si può dividere in due strofe: c’è una chiara inclusione tra 1a e 4b. i vv. 1-4
descrivono l’ideale di una famiglia felice secondo la teologia sapienziale; i vv. 1 e 4
sono in terza persona; i vv. 2-3 in seconda persona; il v. 3 è costruito con uno stretto
parallelismo (tua sposa / come vite feconda / nell’intimità / della tua casa // tuoi figli /
come virgulti d’ulivo / attorno / alla tua mensa).
I vv. 5-6 sviluppano, di nuovo in seconda persona, il motivo della benedizione ac-
cennato al v. 4. Si osservi anche in questo caso la tecnica della ripetizione.
Dal punto di vista del genere letterario il salmo combina una beatitudine (vv. 1-4)
con una benedizione; cf. in particolare per una lunga riflessione sulla beatitudine bi-
blica cf. HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3, 397-399.

Note al testo e alla traduzione

v. 2: il yk ha un valore deittico: “certo!” (“truly, indeed”).


v. 5: Il waw + imperativo in 5b.6a, dopo uno iussivo (5a) ha un valore consecutivo / finale: «ti be-
nedica il Signore… perché tu possa vedere…» / «may Yhwh bless you… so that you may see…».

Commento.

Il salmo si presenta come una miniatura relativa alla vita felice in una famiglia di ti-
po patriarcale, la cui prosperità, legata alla moglie feconda e ai figli, è legata tuttavia
alla benedizione divina “in Sion”. Toni sapienziali si fondono con toni di carattere
sacerdotale. Il salmista non vuole presentarci una realtà paradisiaca, fuori dal mondo,
ma qualcosa di molto concreto, un ideale di vita del tutto raggiungibile da ogni israe-
lita, una mèta verso la quale camminare.

v. 1. La beatitudine che apre il salmo è allo stesso tempo una dichiarazione di felici-
tà, ma anche una promessa di vita per chiunque vive il programma di vita che la beati-
tudine esprime.25 «Ogni essere umano»26 è detto “felice” se teme il Signore; si tratta
di una attitudine fondamentale della sapienza biblica; è il programma di Pr 1,7; 9,10;
Gb 28,28: una fiducia di fondo nel Dio creatore che, nonostante ogni difficoltà, pro-
muove e difende la vita umana.
Il temere Dio si concretizza nella metafora del «camminare nelle sue vie», cioè nelle
vie della Torah (cf. Sal 112,1; 119,1-3). «The psalms thus begins in v. 1 with a basic
statement of Old Testament anthropology: human life succeeds when the multiple re-
lationships within wich the huma being lives as God’s creature and as part of the
world are recognized, acknowledged and promoted – in the fear of Yhwh and in ful-
fillment of the Torah» (HOSSFELD – ZENGER, Psalms, 3, 400).
vv. 2-3. Il salmo descrive la vita di una famiglia ordinaria; non di un re e neppure di
un sacerdote! Il “tu” rimanda così ai veri destinatari dei salmi delle salite. Il v. 2 ri-
manda al tema dell’agricoltura; in un’epoca nella quale il raccolto era spesso a rischio
(carestia, siccità, malattie…), per non parlare delle guerre e delle ingiustizie sociali, il
salmo evoca la possibilità di godere dei frutti del proprio lavoro – il riferimento al
“mangiare” evoca anche la dimensione comunitaria propria di questa vita felice.
L’espressione inusuale «la fatica delle tue mani» richiama per contrasto Ag 1,11, dove
tale fatica è detta vana finché Israele non ricostruirà il Tempio (che qui è presupposto
al v. 5). In modo molto concreto il salmo lega la felicità e la benedizione al lavoro
delle mani dell’uomo (per la tradizione ebraica su questo versetto, cf. ANDERLINI, I
quindici gradini, 100-103).

25
Le beatitudini non sono rare nel Salterio: cf. in relazione all’uomo Sal 1,1; 32,2; 40,5; 84,6.13;
94,12; 112,1; 127,5.
26
Già Rashi si poneva il problema relativo al fatto che il salmo parla della moglie solo in prospetti-
va maschile e non menziona le figlie, ma solo i figli. E osservava che l’inizio del salmo, parlando di
ogni ’adam, include anche le donne! Cf. RASHI DI TROYES, Commento al Sal 128,1,
Alla felicità del lavoro si unisce, in una prospettiva certamente patriarcale, quella
della moglie feconda (l’allusione alla vite e all’intimità della casa27 evocano assieme
temi erotici presenti nel Cantico; cf Ct 1,6; 6,11 etc.) e quella dei figli, polloni (“new
shoots / sprouts”) d’olivo. Manca nell’Antico Israele l’idea della immortalità; sulle
radici di un vecchio tronco (il padre) si sviluppano nuovi polloni (i figli) che ne garan-
tiscono la continuità e il ricordo. Si noti che la vite (in ebraico femminile) e l’olivo (in
ebraico maschile) sono le due piante più rappresentative della Terra promessa. Si noti
la mensione della mensa domestica, unica ricorrenza di questo tema in tutto il Salte-
rio.
v. 4. La beatitudine del v. 1 si trasforma qui in benedizione, dunque in una esplicita
promessa, che instaura nel salmo una bella dialettica (azione dell’uomo / dono di Di-
o). Al v. 1 l’essere umano che teme Dio e osserva la sua Legge è felice. Ma lo è an-
che, in realtà, perché è benedetto (gratuitamente) dal Signore.
vv. 5-6. Il salmo si allarga a una dimensione esplicitamente israelita, secondo lo stile
proprio dei salmi delle salite. Sion è dimora divina (Sal 132) e di là viene la benedi-
zione (Sal 133). Tale benedizione ha una dimensione pubblica (il bene di Gerusalem-
me, che richiama il “tuo” bene del v. 2) e una privata, la possibilità di vedere figli e
nipoti (cf. Gen 50,23 a proposito di Giuseppe).

Dimensione teologica. La formula finale del v. 6 collega il salmo con il 125 e anti-
cipa in positivo il tema più negativo del Sal 129, che subito segue.
Esistono altri collegamenti interni: il “bene di Gerusalemme” richiama la preghiera
del Sal 122,9.
La beatitudine lega il Sal 128 direttamente al salmo precedente, Sal 127,528; i vv. 3-4
rimandano invece a Sal 126,1-3: in questo modo, i salmi 126-128, al centro della terza
sezione dei salmi delle salite, formano un trittico relativo alla vita di ogni giorno

27
Si usa qui il termine ebraico hkry, che indica la parte estrema oppure la parte più interna di qual-
cosa, ad esempio in Es 26,22 e 36,27 la parte più interna del santuario; qui il termine rinvia alla par-
te più interna della casa (cf. Am 6,10).
28
Cf. la lista dei rapporti verbali offerta da T. LORENZIN, I Salmi, Cinisello Balsamo (MI) 2000,
486: “beato” (Sal 127,5; 128,2); “mangiare” (127,2; 128,2); “casa” (127,1; 128,3); “figli” (127,3.4;
128,3.6); “ecco” (127,3; 128,4); uomo/gheber (127,5; 128,4).
dell’israelita fedele. La formula di benedizione del v. 5a anticipa quella conclusiva dei
salmi delle salite in 134,3a.
Se il Sal 127 insisteva sulla azione di Dio, il Sal 128 insiste piuttosto sull’azione
dell’uomo: temere Dio, osservare i suoi precetti, lavorare, curare le relazioni familiari
e quelle relative all’intero popolo e a Gerusalemme. Interessante notare che nei Sal
127-128 viene menzionata per le uniche due volte nel Salterio la “casa” intesa come
dimora domestica.29
La tradizione ebraica ha spesso applicato questo salmo al suo ambito più naturale,
ovvero quello del matrimonio; la tradizione cristiana antica ne ha dato per lo più let-
ture di carattere cristologico o ecclesiologico, dimenticandone quasi del tutto la di-
mensione “familiare”.30 La liturgia cattolica utilizza in tal senso il salmo nella festa
della Santa Famiglia e nella Messa del matrimonio.31 Si tratta, nel salmo, di una pro-
posta di vita che, nella sua dimensione più profonda, non suona in realtà così inattua-
le, se prescindiamo dal necessario condizionamento culturale. Il salmo propone infatti
la visione di una vita familiare felice, fondata sul lavoro, costruita su relazioni umane
autentiche (padre – madre – figli – nipoti...), considerate all’interno di un rapporto
profondo con Dio. Il salmo intende così proporre all’orante, come già si è detto, un
ideale di vita verso il quale camminare; non tanto la fotografia un po’ ingenua e irrea-
le di un’ipotetica famiglia felice; un ideale che certamente ancor oggi conserva in
buona parte il suo valore. La vita cantata dal salmista si svolge all’interno di una dia-
lettica tra famiglia e comunità; da un lato c’è la “casa” intesa come il punto di riferi-
mento della vita familiare e, in modo particolare, della coppia (l’intimità della casa
evocata dal salmo 128). C’è poi la “città”, intesa come insieme di case e dunque di
famiglie: non semplicemente un’aggregazione artificiale, ma un corpo vivente nel

29
Cf. anche la “casa” donata da Dio a chi è solo menzionata in Sal 68,7 e la sterile che il Signore fa
abitare nella casa, ricca invece di figli; Sal 113,9.
30
Un solo esempio tratto da Agostino: l’uomo di cui si parla nel salmo è Cristo, la sposa è la chiesa,
i figli siamo noi cristiani: «de Christo dicitur: ergo, uxor ejus, ecclesia ejus; ecclesia ejus, uxor ejus,
nos ipsi (...) quos christianos per Baptismum quotidie parit Ecclesia...» (PL 37; 1684). Cf. MONTI,
Salmi, 1483-1486.
31
Per una visione più ampia cf. RAVASI, I Salmi, III, 602-605. Cf. sopra per l’uso del salmo nella
Amoris Laetitia.
quale le famiglie vivono assieme, formando così quel popolo di Israele per la cui pa-
ce si prega al termine del salmo 128. Dunque, il salmo 128 ci fa comprendere che la
felicità di una “casa” non si realizza senza la felicità di ogni altra casa; ed è già un
gran bel messaggio! Felici sì, ma non senza l’altro32.

Sal 129

«Delizioso canto posto sulla bocca di Israele per rievocare la sua tragica storia e la sua miracolosa
salvezza da tutte le insidie, le persecuzioni e le infamie del mondo nemico, cominciando dalle prime
sofferenze patite sotto il giogo dell’Egitto, nella giovinezza del popolo. (…)
E’ il carme secolare di Israele che dovrebbe essere cantato ad ogni momento e adottato come
l’inno nazionale della nazione risorta»
(D. LATTES, Il libro dei Salmi, Roma 1963, 484.485).

1
Canto delle salite.
[I]
Molto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza
- lo dica Israele -
2
molto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza,
ma su di me non hanno prevalso!
3
Sul mio dorso hanno arato gli aratori,
hanno scavato lunghi solchi.
4
Il SIGNORE è giusto:
ha spezzato la fune dei malvagi.
[II]
5
Si vergognino e tornino indietro

32
Cf. per tutto questo L. MAZZINGHI, «Nell’intimità della tua casa (Sal 128)», PSV 64 (2011) 79-
89.
tutti quelli che odiano Sion.
6
Siano come l’erba dei tetti:
prima che sia strappata, è già secca;
7
non riempie la mano al mietitore,
né il mantello a chi raccoglie il grano.
8
I passanti non possono dire:
«La benedizione del SIGNORE sia con voi,
9
vi benediciamo nel nome del SIGNORE».

A livello di struttura letteraria, il salmo può essere suddiviso in due strofe (cf.
l’inclusione tra 4 e 8 sul termine SIGNORE). I primi quattro vv., in prima persona, sono
rivolti al passato e sviluppano l’immagine dell’aratura. I vv. 5-8 costituiscono la peti-
zione vera e propria e sviluppano l’immagine del raccolto (per una diversa struttura,
cf. RAVASI, Salmi, 3, 618-619). Il fenomeno del raddoppiamento è qui meno frequen-
te.
Quanto al genere letterario, aveva ragione H. Gunkel nell’affermare che il salmo non
può essere attribuito ad alcun genere letterario conosciuto. Vi sono infatti elementi di
supplica, di fiducia, di ringraziamento.

Note al testo e alla traduzione

v. 3. Il termine ~yvrx (“aratori”; “plowers”) è letto ~y[vr, “malvagi”, da 11QPsa. Così anche i Lxx,
che danno un senso del tutto diverso al v.: «sul mio dorso fabbricavano i peccatori, a lungo hanno
praticato l’iniquità». Una possibile spiegazione è che i Lxx, nati in un contesto urbano, abbandonano
volutamente la metafora agricola, poco comprensibile ai loro lettori (cf. HOSSFELD-ZENGER, Psalms
3, 418).
v. 4: Alcuni autori (RAVASI, Salmi 3, 618) preferiscono intendere così il v.: «il Signore, il Giusto,
spezzi le funi dei malvagi»; ma gli accenti masoretici fanno preferire l’interpretazione sopra riporta-
ta («il Signore è giusto; ha spezzato…»); il termine twb[ è in realtà un singolare (“fune”, “cord”).
v. 6. Il testo di 6b non è facile, ma il TM può essere ritenuto così com’è: «prima (tmdqv; il termine
tmdq è un hapax che in aramaico significa appunto “prima”) che sia strappata (@lv), (l’erba) dissecca
(vby)».
Commento

A livello simbolico, il salmo gioca prima di tutto sulla simbologia agricola; cf. Sal
126,5-6, di cui il Sal 129 costituisce come il contrario. Non si parla della semina, ma
dell’aratura e del raccolto; in entrambi i casi stravolgendone il senso. Le immagini a-
gricole diventano simbolo di violenza gratuita, di vera e propria tortura e di oppres-
sione (cf. possibili paralleli biblici citati da HOSSFELD-ZENGER, Psalms, 3, 408-409),
come nel caso dei vv. 6-7, immagini legate a un rovesciamento di situazione (il rac-
colto che non è realizzato, l’erba strappata dai tetti). Si osservi anche il continuo pas-
saggio, tipico dei salmi delle salite, da una dimensione individuale a una collettiva.

vv. 1-2: «Dalla mia giovinezza», come in Ez 23,3.8.19.21 la “giovinezza” può indi-
care il tempo di Israele in Egitto; il testo evoca tuttavia una situazione di oppressione
continua33, espressa qui attraverso il verbo rrc, che indica ostilità e persecuzione sia a
livello personale che collettivo («mi hanno perseguitato…» / «lo dica Israele»).
Il soggetto dell’oppressione è lasciato nel vago; solo al v. 4 si comprende che si trat-
ta genericamente di “malvagi”. Il v. 2 esprime tuttavia l’idea che i nemici non hanno
prevalso (per il verbo lky usato in questo senso cf. Sal 13,5).
vv. 3-4. Per una lunga descrizione delle usanze agricole dell’antico Israele che stan-
no dietro a questo salmo cf. HOSSFELD – ZENGER, Psalms 3, 413-415 (cf. anche le in-
teressanti immagini offerte in queste pagine). L’azione ordinaria dell’aratura diviene
qui una metafora per indicare la violenza subita da Israele; la schiena degli Israeliti è
come un campo da arare! L’allusione può essere ai lavori forzati ai quali gli Israeliti
erano soggetti sia in Egitto che a Babilonia. Ma il salmo afferma anche una azione di
liberazione da parte del Signore che “spezza” la corda che tiene l’aratro attaccato al
giogo, liberando così lo schiavo che lo trascina; l’immagine è dunque complessa:

33
Cf. l’interessante e bel midrash citato in ANDERLINI, I quindici gradini, 115; il salmo 129 riassu-
merebbe tutta la storia di Israele.
l’orante si identifica ora con il campo da arare ora con la bestia da soma frustata e
spinta a trainare l’aratro.
vv. 5-6. L’attenzione si sposta qui da Israele a Sion e il linguaggio del v. 5 da agrico-
lo diviene militare (“si vergognino”34, “retrocedano”). Il v. 5 rende evidente il fatto
che i malvagi descritti nel v. 4 sono nemici esterni di Israele. Il paragone vegetale del
v. 6 è molto suggestivo e rende bene l’idea della distruzione completa di coloro che
“odiano” Sion.
vv. 7-8. Di nuovo l’immagine agricola del raccolto. Ma per i malvagi non esiste rac-
colto, né un tale momento di festa (cf. Sal 126,6; Is 9,2) può trasformarsi in un mo-
mento di benedizione; la benedizione del Signore che accompagnava il raccolto (cf.
Rut 2,4) si trasforma, tragicamente, in una non-benedizione!35
Alcuni pensano che in realtà l’ultima frase del salmo sia una reale benedizione pro-
nunciata dal “noi” che il salmo presuppone; i passanti non possono dire «vi benedi-
ciamo», ma noi, invece, lo possiamo fare!

Dimensione teologica. Il salmo è una preghiera (manca in realtà l’indirizzo rivolto a


Dio) nella quale l’accento cade sulle violenze patite da Israele36 / Sion e sulla libera-
zione chiesta al Signore (il solo giusto!) – ma anche sulla fiducia che il Signore ha già
fatto questo nel passato, distruggendo così il potere delle nazioni. L’orante si guarda
indietro e scopre che il passato è dietro le spalle, per quanto doloroso; il futuro è nelle
mani di Dio (L. ALONSO SCHÖKEL).

Vi sono alcuni legami tra il Sal 124 e il 129 («lo dica Israele»); ultimi due salmi di
una serie di cinque; sono in entrambi i casi una retrospettiva di carattere storico che
risponde al dramma iniziale del Sal 120. Esiste anche un collegamento tra il Sal 125
(«lo scettro dei malvagi») e il 129 («la fune dei malvagi»). La “non-benedizione” del

34
Si osservi il gioco di parole tra wvby e vby, “vergognarsi”, “disseccarsi”.
35
Il Targum fa del v. 8 un dialogo tra chi miete e chi passa: « “La benedizione del Signore sia su di
voi” (leggendo: ~kyl[) né essi possono rispondere “vi benediciamo nel nome del Signore”».
36
E’ forse possibile un rapporto nel v. 3 con i testi del quarto canto del Servo; «ho presentato il mio
dorso ai flagellatori» (Is 50,6). Si comprende come mai i Padri applicavano volentieri questo testo
alla flagellazione del Cristo.
v. 8 richiama per contrasto la situazione di felicità e benedizione descritta nei Salmi
126-128.

Non vi sono contatti espliciti di questo salmo con il NT; la tradizione patristica ap-
plica spesso il salmo alla chiesa perseguitata (cf. AGOSTINO, Enarr. in Psal. 128[129],
2), così come la tradizione ebraica lo applicava volentieri a Israele perseguitato (cf.
ANDERLINI, I quindici gradini, 115). Un salmo che da questo punto di vista corregge
l’idea tipica dei tradizionalisti: un tempo andava tutto bene, ora va tutto male. Per il
salmo 129 è vero il contrario. Il salmo esprime dunque l’idea che il credente non è af-
fatto esente da persecuzioni; cf. Mt 5,10-12; Gv 16,33; 1Pt 4,13.16; ma nessuna per-
secuzione può distruggere la fede in Dio.

SALMO 130

«La vita di questo mondo ha una profondità che schiaccia il peccatore, rovina l’empio e turba il
giusto. Clamavi: questo perfetto sottolinea la lunga perseveranza. Sii violento, fa’ violenza al
cielo. Occorre esercitarsi a lungo nel gridare verso Dio per poter dire: clamavi»
(GREGORIO MAGNO, In septem psalmos poenitentiales, PL 79,362).

«Occorre che ciascuno di noi comprenda quale sia l’abisso in cui si trova e da cui grida al Si-
gnore (…). E’ comunque un fatto che se nell’abisso si riesce a gridare già si sta sollevando
dall’abisso e lo stesso suo gridare gli impedisce di rimanere proprio sul fondo. (…)
il Signore Gesù Cristo non ha disdegnato di guardare i nostri abissi,
ma è sceso in questa nostra vita e ci ha promesso la remissione di tutti i nostri peccati»
(AGOSTINO, Enarr. in Ps. 129[130]).

1
Canto delle salite.
[I]
Dal profondo a te grido o SIGNORE,
2
Mio SIGNORE, ascolta la mia voce!
Siano le tue orecchie attente
alla voce della mia supplica!
[II]
3
Se stai attento alle colpe, SIGNORE37,
mio SIGNORE, chi può restare in piedi?
4
Ma con te è il perdono,
così avremo il tuo timore.
[III]
5
Io spero, SIGNORE,
spera l’animo mio,
attendo la sua parola.
6
Il mio animo è rivolto al mio SIGNORE,
più che le sentinelle all’aurora.
[IV]
Più che le sentinelle l’aurora
7
Israele attenda il SIGNORE,
perchè con il SIGNORE è la bontà,
e grande è con lui la redenzione.
8
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.

Il salmo si può dividere in quattro strofe. In ognuna di esse appare per due volte il
nome di Dio (con il Tetragramma, ai vv. 1.5,7ab; con Adonay, al v. 2.3b.638; in forma
abbreviata al v. 3a); questo salmo è un esempio splendido della tecnica della “anadi-
plosis”; tutte le espressioni chiave sono raddoppiate e usate in modo progressivo; fa

37
Letteralmente: Yah.
38
L’uso della forma ynda nel Salterio rimanda a un rapporto di dipendenza servo / Signore, mutuato
dal linguaggio di corte; si deve tradurre con “mio Signore” (“my Lord”); cf. M. RÖSEL, Adonaj-
warum Gott “Herr” genannt wird (FAT 29), Tübingen: Mohr Siebeck 2000, 193-201.
eccezione la costruzione “con te” / “con il Signore” / “con lui”, che appare tre volte
(cf. vv. 4 e 7).
La prima strofa è un appello iniziale (dinamica “io” – “tu”). La seconda strofa è ri-
volta invece al “Tu” di Dio; tema: colpa / perdono / timore. La terza strofa è in prima
persona singolare (“io”) ed è rivolta al Signore in terza persona (tema: speranza / pa-
rola / attesa). La quarta strofa ha come soggetto Israele (v. 7, il Signore come oggetto)
e il Signore (v. 8, Israele come oggetto); tema: colpa / bontà / redenzione.
Secondo alcuni autori i vv. 7-8 appartengono a uno strato redazionale successivo,
quando il Sal 130 è stato incorporato nei salmi delle salite; è una ipotesi possibile, ma
il salmo rivela comunque una unità letteraria molto forte.
Dal punto di vista del genere letterario, il salmo è spesso considerato come una la-
mentazione individuale; cf. l’appello iniziale, la confessione (implicita) del peccato e
la conclusione aperta alla speranza. Hossfeld-Zenger preferiscono considerarlo più
semplicemente come una preghiera di domanda (Psalms 3, 426). La tradizione della
chiesa lo ha inserito nei cosiddetti “sette salmi penitenziali”: Sal 6, 32, 38, 51, 102,
130, 143 (v. anche sotto).
La datazione del salmo è incerta, ma gli elementi teologici (peccato / perdono) ri-
mandano al periodo post-esilico.

Problemi del testo e della traduzione.

v. 1. Il perfetto del v. 1, così come quello del v. 5a, va tradotto al presente (“io grido”, “io spero”) e
non al passato; cf. JÜON-MURAOKA, Grammar of Biblical Hebrew, 112a e HOSSFELD-ZENGER,
Psalms 3, 421-422).
v. 4: «così avremo il tuo timore». I LXX leggono «e a causa della tua legge ti ho aspettato» (così
anche la Vg, propter legem tuam sustinui te. I LXX leggono arwt come se fosse hrwt, introducendo
così una vera e propria teologia della Torah assente dal testo ebraico. Probabilmente il cambiamento
è intenzionale.
vv. 5-6: I Lxx offrono una versione diversa: «io ti ho atteso (u`pe,meina, se), Signore. Ha atteso
(u`pe,meinen) la mia anima la tua parola. La mia anima ha sperato (h;lpisen) nel Signore. Dalla veglia
del mattino fino alla notte speri (evlpisa,tw) Israele nel Signore». Interessante notare che i Lxx tra-
ducono l’ebraico hwq con il greco u`pome,nw (“attendere”) e l’ebraico lxy (“attendere”) con il greco el-
pi,zein evpi, + acc., una costruzione propria dei Lxx che esprime in modo molto forte il tema della
speranza.

Commento

Il salmo gioca su un doppio simbolismo. Quello spaziale, prima di tutto: dal profon-
do - Dio osserva dall’alto (rmv, il “fare la sentinella”) - l’uomo non può “stare in pie-
di”. E il simbolismo temporale, ovvero il tema dell’attesa e l’immagine della sentinel-
la (cf. Is 21,11-12).

v. 1: “Dal profondo” (~yqm[m): parola rara; si trova solo in Is 51,10; Sal 69,3.15; Ez
27,34, riferita all’abisso delle acque o del mare (Sal - Ez), oppure al caos primordiale
(Is, in parallelo con ~wht). Qui non tanto il ‘profondo’ del peccato, quanto più generi-
camente il profondo della miseria umana, una profondità individuale e collettiva, del-
la quale il peccato è radice e causa allo stesso tempo, una profondità che richiama an-
che il mondo dei morti, in quanto opposto a Dio che è in alto (cf. ALONSO SCHÖKEL-
CARNITI, Psalmos 2, 1522-1523). Una profondità simbolica, nella quale ognuno può
trovare la propria personale “profondità”. Ma “dal profondo” può scaturire una pre-
ghiera al signore («io grido a te»); cf. motivi analoghi presenti nel Sal 88,7.17-18;
Giona 2,1-10 (la preghiera di Giona dal ventre del pesce).
v. 2: il tema del «porgere l’orecchio» da parte di Dio nei confronti dell’essere uma-
no che prega è un motivo ben attestato nel culto egiziano; cf. le interessanti immagini
offerte da HOSSFELD-ZENGER, Psalms 3, 430-431. Per il motivo dell’ascolto di Dio
nel Salterio (con il verbo bvq) cf. Sal 5,3; 10,17; 55,3; 61,2; 66,19; 86,6; 142,7. Per
gli idoli che non ascoltano cf. Sal 115,6; 135,17.39
v. 3: il v. esprime il tema dell’universalità del peccato con una domanda retorica la
cui risposta è negativa (chi potrà resistere / restare in piedi? Nessuno!); si tratta di un

39
In margine al v. 2 la Masora nota: «metà degli Scritti», ovvero ci troviamo alla metà esatta dei te-
sti composti da Giobbe, Salmi e Proverbi; è significativo che tale “metà” sia costituita da una pre-
ghiera “asimmetrica”; l’orante in basso, Dio in alto che ascolta. Cf. ANDERLINI, I quindici gradini,
134-136.
tema frequente nella Scrittura: cf. Gen 6,5.11-12; 8,21; Sal 14; 51,7; 143,2; Gb 4,17;
14,4; 15,14; 25,4-6; cf. nel NT Rm 3,9.23-24. Il termine che indica il “peccato” è
l’ebraico !w[, termine che indica sia il peccato che le sue conseguenze. Qui al plurale,
in riferimento all’intera esistenza umana vista come una esistenza interamente colpe-
vole. Se il Signore “controlla”, “fa la guardia” (rmv) al peccato degli uomini, nessuno
può resistere (lett.: “restare in piedi”). Per dm[ usato in questo senso giudiziale cf. Sal
76,8; Ger 49,19; 50,44.
v. 4: «con te è il perdono»; è il primo attributo di Dio nel salmo. Altra parola rara:
l’ebraico hx;ylis“, è termine presente solo in Dan 9,9 e in Ne 9,17; il verbo corrispon-

dente xl;sæ compare invece 46x. Si tratta del termine specifico usato nella Bibbia e-
braica per ‘perdonare’; il soggetto è sempre Dio, il perdono è “cosa tua” e dunque è
cosa riservata a Dio (cf. nel NT Mc 2,7!): cf. Ne 9,17, tAxls yhEAla?, il «Dio dei perdo-

ni»; il perdono è un atto gratuito non legato a contropartite (cf. la voce xls in DTAT,
2, 138-146). Cf. Michea 7,18-19: dall’abisso delle colpe all’abisso del mare nel quale
Dio getta le nostre colpe!
La seconda parte del v. 4 è particolarmente interessante: il perdono ha come finalità
il timore di Dio; da intendersi nel senso usuale che tale espressione ha nell’AT: ri-
spetto, riverenza, fede. Dunque il movimento del salmo è: il perdono gratuito di Dio
crea la fede (e non la fede da vedersi come presupposto del perdono!).
v. 5: “Sperare”, in ebraico hWq, probabilmente da wq, “corda”, per cui il senso base è
«essere in tensione». La radice ricorre circa 90x nella Bibbia ebraica 1/3 delle quali si
riferisce a Dio e presente almeno 20x nei Salmi. La radice hWq significa (cf. DTAT, 2,
558-567): mirare a qualcosa, desiderare, bramare ciò che non ho (in senso negativo).
La speranza umana, spesso delusa: cf. Gb 14,7.19; 19,10, contro la dottrina tradizio-
nale di Pr 11,7. La speranza delusa degli esiliati in Ez 37,11. In 33 casi la radice vie-
ne riferita a YHWH, «speranza di Israele» (Ger 14,8), sempre in chiave positiva. Ta-
lora assume la connotazione di attesa ansiosa, tensione verso Dio (cf. Sal 27,14;
42,6), come in questo caso.
Il soggetto del verbo è la vpn, il mio animo, il mio essere, il mio io. Il secondo verbo
che indica speranza è lxy, “attendere”, che ha qui per oggetto «la tua parola»; l’orante
attende da Dio una parola che lo liberi dalla sua situazione di peccato (il linguaggio è
probabilmente giudiziario: il colpevole attende dal giudice una parola di assoluzione).
v. 6. L’orante si scopre rivolto al Signore con tutto il suo essere. La metafora delle
sentinelle rimanda alla simbolica notte / giorno che percorre tutto il salterio, ma più
precisamente al tema simbolico del custodire, fare la guardia alla città durante la not-
te (cf. sopra, per la nota sulla simbologia).40 Cf. il sottile gioco di parole; se il Signore
guarda (rmv) le colpe… come la sentinella (rmv) l’aurora…; il Signore non guarda alle
mie colpe – io guardo a lui come una sentinella all’aurora.
vv. 7-8: Il secondo attributo di Dio è lo dsx, termine classico nella Bibbia ebraica
per indicare l’amore fedele di Dio, nel contesto della alleanza («steadfast love»).
Il terzo attributo di Dio è la “redenzione” (tWdP), la radice tipica dell’Esodo (il verbo
hdP indica normalmente il riscatto dei primogeniti, la liberazione dalla schiavitù e
l’esodo vero e proprio). Il fondamento del perdono è dunque l’alleanza e la fede nel
Dio liberatore. Si sottintende una liberazione gratuita da uno stato di schiavitù. Qui è
l’unica volta in cui la radice hdP (che ricorre 70x nella Bibbia ebraica) è applicata ai
peccati.
Si noti in questa parte finale del Salmo l’ampliamento comunitario; vi è un duplice
movimento: il Signore libera il singolo, dunque anche Israele; ma se il Signore libera
Israele, anche il singolo può sperare!

Dimensione teologica. Il Salmo 130 apre l’ultima serie di cinque salmi (130-134);
costituisce una coppia con il Sal 131; in entrambi i casi la situazione personale di una
vpn, un “animo” che nel Sal 130 esprime il suo lamento; nel Sal 131, invece, la sua fi-
ducia. In entrambi i casi troviamo un ampliamento a Israele; la finale di entrambi i

40
Cf. l’espressione “sentinelle del mattino” applicata da Giovanni Paolo II ai giovani: «Un ministe-
ro di speranza non può fare a meno di costruire il futuro insieme con coloro – i giovani, appunto –
ai quali è affidato l’avvenire. Come “sentinelle del mattino”, i giovani attendono l'aurora di un
mondo nuovo» (Pastores Gregis, 53).
salmi è infatti identica. Segue il Sal 132, una riflessione storica analoga al Sal 122 e
una seconda coppia di salmi di carattere liturgico centrati su Sion (133-134).
Il salmo esprime un profondo sentimento di colpevolezza, unito tuttavia a una altret-
tanto profonda fiducia nel perdono di Dio, per se stesso e per tutto Israele. Il Signore,
nominato per otto volte, è il vero protagonista del salmo, che è interamente centrato
sulla dimensione della speranza / attesa della salvezza.

Nel NT Mt 1,21 spiega il nome di “Gesù” con l’espressione «egli salverà il suo po-
polo dai suoi peccati»; ma alla luce del Sal 130, il perdono è cosa propria di Dio.
Dunque, sin dal suo stesso nome, Gesù rivela secondo Mt la sua natura divina.
Per la tradizione cristiana e per l’uso del Salmo nella liturgia come uno dei sette
salmi penitenziali, spesso usati nelle esequie (il de profundis), cf. l’ampia presenta-
zione di RAVASI, Salmi, III, 627-633.41 Interessante il fatto che il Sal 130 è utilizzato
nel rito romano nei Secondi Vespri dell’Ottava di Natale: Dio si incarna “nel profon-
do” dell’umanità perdonando in Cristo le nostre colpe; lui è “espiazione” per i nostri
peccati (1Gv 4,10).

Sal 13142

«La divina Scrittura si rivolge a noi, fratelli, proclamando a gran voce:


“Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Così dicendo ci mostra che ogni esaltazione è una forma di superbia
dalla quale il profeta indica di volersi guardare quando dice:
“Signore, il mio cuore non si è esaltato…”»
(BENEDETTO DA NORCIA, Regola, 7,1-3).

41
Uno dei salmi più usati nella liturgia; molto amato da Lutero che lo considerava assieme ai Salmi
35, 51 e 143 un salmo “paolino” (cf. tuttavia le osservazioni critiche di HOSSFELD-ZENGER, Psalms,
3, 441-442).
42
Cf. per quel che segue L. MAZZINGHI, «”Come un bambino in braccio a sua madre”: fiducia e ab-
bandono nel Salterio alla luce del Sal 131», PSV 62 (2010) 47-64.
1
Canto delle salite. Di David.
[I]
SIGNORE, non è orgoglioso il mio cuore
né i miei occhi si levano in alto;
non cammino dietro a cose grandi,
meraviglie più alte di me.
[II]
2
Io, invece, rendo quieto e tranquillo il mio animo,
come un bambino svezzato in braccio a sua madre;
come un bambino svezzato su di me è l’animo mio.
[III]
3
Attenda Israele il SIGNORE,
da ora e per sempre.

Uno dei salmi più brevi e più straordinari del Salterio. Il salmo è costruito su un
doppio movimento, uno in negativo, rappresentato dalla prima strofa (v. 1), che de-
scrive tutto ciò che è il contrario della fiducia in Dio, e uno positivo, la seconda strofa
(v. 2), che si apre con una formula di giuramento (~a yk: «sì, certo!»); vi si descrive in
che cosa consista, per l’orante, una tale fiducia. Il v. 3 trasferisce all’intera comunità
di Israele quel che l’orante ha detto in relazione a se stesso. Questo v., identico a
quello conclusivo del Salmo precedente, introduce un tema nuovo (quello dell’attesa)
e, benchè fondamentale per legare i due salmi assieme (v. sotto), può essere una ag-
giunta di carattere redazionale.
Il genere letterario è ritenuto per lo più quello dei salmi di fiducia (RAVASI, Salmi,
3, 653).

Note al testo e alla traduzione.


v. 2. La versione greca offre un testo del tutto diverso: «certamente mi sono umiliato, ma ho anche
innalzato la mia anima, come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, finché non retribuirai
l’anima mia». I Lxx leggono ytmmd (“fare silenzio”) come fosse ytmmr, “ho innalzato” e intendono
lmg, “bambino svezzato” nel suo secondo significato di “ricompensa”. Il TM può essere tuttavia rite-
nuto. Da notare il paragone di 2c; in 2b l’orante paragona se stesso a un bambino svezzato in braccio
a sua madre; in 2c paragona invece se stesso alla madre che porta il bambino! Da qui l’ipotesi che il
salmo sia posto in bocca a una donna (HOSSFELD – ZENGER, Psalms 3, 444-446; spec. p. 446 e 448,
«a woman’s voice»); più difficile è pensare (e in ogni caso indimostrabile) che lo abbia scritto una
donna.

Commento

L’attribuzione davidica contenuta nella sovrascritta non dev’essere trascurata: questo


salmo, con il suo tono così umile e fiducioso, si presenta, quasi per contrasto, come il
salmo di un re, che tuttavia non cede alla tentazione forse più tipica della regalità, in
ogni tempo: la superbia e l’orgoglio. In questo caso il salmo prepara il successivo 132,
«ricordati di David e di tutte le sue tAn[», intese non come “prove”, ma come “umilia-
zioni”.

La tradizione ebraica ha riflettuto su questo salmo partendo proprio dal riferimento davidico; il te-
sto del Midrash Tehillîm 131,1 ci racconta che quando il salmo dice: «non è orgoglioso il mio cuo-
re», si riferisce al momento in cui Samuele ha unto David come re; «i miei occhi non si levano in al-
to», quando David ha ucciso Golia; «non cammino dietro a cose grandi», quando a David viene re-
stituito il regno; «meraviglie più alte di me», quando David trasporta l’Arca a Gerusalemme. In que-
sto modo, il re David è stato, secondo questa lettura ebraica, colui che in Israele è riuscito veramente
a disprezzare se stesso ubbidendo al Signore.

v. 1. Il salmo si apre con una triplice antitesi nella quale ci viene descritto un com-
portamento negativo che il salmista afferma di non avere.
Il “cuore” rimanda, com’è noto, non tanto ai sentimenti quanto piuttosto alla ragio-
ne, alla volontà, alla coscienza, al luogo dove l’essere umano prende le decisioni più
personali. Il salmista dichiara di non volersi insuperbire, di riempirsi d’orgoglio; il
verbo hbg indica un comportamento orgoglioso e superbo, tipico di quegli arroganti
che si oppongono a Dio, come avviene per il principe di Tiro in Ez 28,2.17 («Poiché
il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un Dio...”»). Da questo atteggiamen-
to non sono esenti neppure alcuni re di Israele, come Ozia (2Cr 26,16), o Ezechia
(2Cr 32,25-26). Si tratta di una condotta che il Signore ha in orrore (cf. Pr 16,5).
La seconda parte del v. amplia questa descrizione attraverso la menzione degli oc-
chi, uno sguardo che il salmista dichiara di non voler elevare troppo in alto. Si tratta
di quegli occhi altezzosi che il Signore è in grado di abbassare (cf. Sal 18,28) e che la
tradizione sapienziale lega proprio al cuore superbo (cf. Pr 21,4), considerando que-
sto atteggiamento come una delle radici più forti del peccato dell’uomo (Pr 30,13).
L’ultima parte del v. passa dall’immagine del cuore e da quella degli occhi al sim-
bolismo del “camminare”; dall’interno (cuore) si passa al volto che lo proietta
all’esterno (occhi) e infine alla condotta esteriore dell’uomo (il “camminare”).
Il salmista non si sente come uno di coloro che pretendono di andar dietro a cose
troppo grandi; cf. Ger 45,1-5, ove Geremia invita Baruc a non cercare per se stesso
cose grandi. Il riferimento alle “meraviglie” (twalpn) ci porta a comprendere come
queste «cose grandi» vadano viste in relazione all’agire di Dio. Il termine rinvia nella
Bibbia ebraica, ai prodigi che il Signore ha compiuto fin dai tempi dell’esodo (cf. Es
3,20; 34,10); si tratta in questo senso di un termine molto frequente nei Salmi (cf. Sal
71,17; 72,18; 75,2; 77,12.18; 107,8,15.21.24.31 etc.). Le cose grandi e le meraviglie
che il salmista dichiara di non voler inseguire sono le grandi azioni di Dio nella storia
che l’orante sa bene di non poter né giudicare né comprendere appieno.

Qui il salmista sembra volersi ricollegare all’atteggiamento di Giobbe che riconosce, proprio alla
fine del suo lungo dramma, come il Signore operi «cose meravigliose che io non comprendo» (Gb
42,3). Nel momento in cui Giobbe ha incontrato personalmente il Signore, senza più la mediazione
di insufficienti teologie (cf. Gb 42,5), ogni domanda sembra cadere e risolversi nella consapevolez-
za che il Signore ha realmente un progetto di salvezza per il mondo e per la storia. Si tratta di un at-
teggiamento tipico dei dei saggi, riflesso anche in altri testi, come Pr 30,18-19: il saggio è colui che
sa riconoscere nel mondo l’esistenza di meraviglie che tuttavia l’uomo non è in grado di spiegare.
v. 2. Al centro di questo v. c’è il tema della vpn, nella antropologia ebraica la per-
sona umana vista sotto l’aspetto del desiderio e delle emozioni, ovvero l’animo (non
tanto l’anima), inteso come l’intimo dell’orante. La menzione della vpn si aggiunge a
quella del cuore, degli occhi, dei piedi implicitamente sottesi dal riferimento al
“camminare”, completando la descrizione della persona dell’orante, interamente
coinvolta nel suo rapporto con Dio.
Il primo verbo collegato con la vpn indica di per sé il «rendere piano» (hwv) e de-
scrive l’animo dell’orante come ormai appianato, quindi come un animo tranquillo,
quieto, sereno. Il secondo verbo, più raro (~md), si riferisce allo stare in silenzio, che
qui non è tuttavia quel silenzio carico di dolore descritto nel Sal 39 («ammutolito, in
silenzio, tacevo, ma a nulla serviva»; v. 3), né il silenzio disperato dell’ebreo di fronte
alla città di Gerusalemme distrutta (cf. Lam 3,28), ma il silenzio tranquillo di chi si
trova nella stessa situazione dell’orante del Sal 62,6: «solo in Dio fa’ silenzio (~md) il
mio animo; da lui la mia speranza». Cf. Sal 37,7: «sta’ in silenzio davanti al Signore
e spera in lui!». Alla luce del paragone che segue si tratta del silenzio tranquillo del
bambino che, in collo a sua madre, ha smesso ormai di piangere e si è addormentato.

L’orante descrive infatti se stesso come un bambino svezzato, ovvero come quel
bambino che ha ormai almeno due o tre anni, che non viene più allattato al seno, che
ha già imparato qualche semplice parola, ma che ancora è portato in braccio da sua
madre seguendola ovunque e rifugiandosi da lei ad ogni momento di pericolo o di
difficoltà. Notiamo come il salmo non alluda direttamente a Dio, ma il paragone può
far facilmente pensare a Lui, immaginato dal salmista al femminile proprio come
quella madre nelle cui braccia egli riposa (cf. anche Is 66,7-13).43
L’ultima parte del v. (cf. note al testo) è comprensibile come «voce femminile»;
l’orante paragona se stesso a una madre.44 Leggendo invece «come un bambino svez-
zato è la mia nepeš su di me» il testo può essere invece visto come l’espressione di

43
Si tenga tuttavia conto della precisazione di ALONSO SCHÖKEL – CARNITI, Salmos, II, 1527: «el
salmo no se puede aducir sin más como testimonio de la “maternidad” de Dios».
44
Cf. J. TREBOLLE BARRERA, Il libro dei Salmi. Religione, potere e sapere, tr. it., Assisi: Cittadella
2003, 258-259. Dello stesso autore cf. anche «Salmos de mujeres», EstBib 57 (1999) 665-692.
una precisa esperienza psicologica interiore dell’orante: il mio desiderio, il mio ani-
mo, è su di me come un bambino svezzato. L’orante, guardando dentro se stesso, è
come se in qualche modo si sdoppiasse e si guardasse, per così dire, dall’esterno,
scoprendosi appunto come un bambino, molto sereno e tranquillo.

Da un lato, dunque, l’orante sembra proclamare la sua situazione di tranquillità e di


pace in Dio («come un bambino svezzato in braccio a sua madre»), dall’altro l’orante
dichiara il proprio stato interiore di serenità, di pace con se stesso: «il mio animo è su
di me come un bambino svezzato».
Nasce tuttavia, a questo punto, una domanda: è davvero in grado l’orante di sentir-
si così tranquillo e appagato mentre il mondo intorno a lui va in rovina? Oppure il
salmo è soltanto l’espressione di un abbandono davvero un po’ troppo ingenuo e di
una fiducia alla fine soltanto egoistica e illusoria? Solo inserendo il salmo all’interno
del suo contesto, potremo dar risposta a queste domande (v. sotto, dimensione teolo-
gica).

v. 3. Il salmo si chiude con un passaggio apparentemente improvviso; dall’ “io”


dell’orante il salmo si allarga a tutto Israele, come avviene proprio nel salmo prece-
dente (130, 6-7.8). L’esperienza di un singolo diviene in questo modo esemplare per
un intero popolo, Israele, chiamato in questo salmo a un atteggiamento di fiducia, di
abbandono, di umiltà, un atteggiamento ancor più significativo se si pensa che il sal-
mista pone l’intero testo in bocca al re David. Il verbo lxy ha di per sé il senso di «at-
tendere» e assume con ciò la doppia sfumatura di «sperare» e insieme «trovare rifu-
gio».45
Il salmo si chiude sul nome di YHWH, sul quale si era aperto (prima parola del sal-
mo). Il nome sacro è seguito da una formula liturgica («da ora e per sempre») che ci
aiuta a passare da una simbologia corporea e spaziale a una temporale; la fiducia di
cui qui si parla è qualcosa che dura per sempre, che si radica nella storia del popolo.

45
Cf. Ch. BARTH, jaḥal, in: G.J. BOTTERWECK – H. RINGGREN (edd.), Grande Lessico dell’Antico
Testamento, III, ed. it. Brescia: Paideia 2003, 704-712.
Dimensione teologica. Una prima, evidente relazione, è quella che esiste tra il Sal
131 e i Sal 121 e 123; in tutti e tre i casi appare il simbolismo degli occhi e dello
sguardo che il salmista dichiara di non voler alzare troppo in alto (Sal 131), ma di vo-
ler piuttosto rivolgere soltanto a Dio (121,1; 123,1). Un legame esiste anche con il
Sal 126; il Signore ha fatto grandi cose per noi (Sal 126,2-3), quelle cose grandi che
l’orante del Sal 131 dichiara di non voler ricercare, lasciandole appunto a Dio. Inseri-
to nei cantici delle salite, il Sal 131 ci suggerisce che per salire occorre prima, piutto-
sto, scendere!

Su questo aspetto, i legami interni del salmo 131 con l’intero salterio potrebbero essere ulterior-
mente approfonditi: il quinto libro dei salmi si apre con il Sal 107 che per quattro volte proclama le
“meraviglie” (twalpn) compiute dal Signore (Sal 107,8.15.21.31), un’idea che ritorna proprio verso
la fine del libro, quando il Sal 145 ritorna a proclamare tali meraviglie in connessione con la gran-
dezza (ldg) del Signore (cf. Sal 45,3.5.6). Il Sal 131, al centro di questo percorso, utilizzando sia il
tema delle “meraviglie” che quello delle «cose grandi» ci ammonisce contro la tentazione di attribu-
ire a se stessi tali realizzazioni di cose grandi e meravigliose all’interno della storia, realtà che ap-
partengono invece solo al Signore.

Abbiamo già osservato come il tema dell’attesa lega il Sal 131 al salmo preceden-
te. Nel Sal 130 l’orante parte dalla considerazione della propria realtà di peccato, ma
subito pone la sua fiducia nel perdono di Dio («con te è il perdono»); proprio questa
attesa del perdono di Dio proietta il salmista in una dimensione di speranza che coin-
volge l’intero Israele: «Israele attenda il Signore». Il Sal 131 prolunga tale attesa sia a
livello personale che collettivo, inserendola però in una dimensione di fiducia ancor
più profonda, attraverso il paragone del bambino svezzato in braccio a sua madre. In
questo modo la realtà del peccato, pur ancora presente sullo sfondo (cf. la dichiara-
zione di innoncenza del v. 1) sembra ormai superata.46

46
«Il Sal 131 sembra la risposta all’attesa espressa nel Sal 130: il vero pellegrino deve camminare
con umiltà, sperando e confidando nel Signore»; T. LORENZIN, I Salmi, Milano: Paoline 2000, 490.
Letti assieme, i Sal 130-131 costituiscono un solido fondamento posto alle speran-
ze messianiche espresse dal salmo seguente, il Sal 132. La fiducia e l’abbandono e-
spressi dai due salmi vengono inseriti attraverso l’ultima frase del salmo 131 in un
contesto temporale: «da ora e per sempre». Fiducia e abbandono non sono più soltan-
to qualcosa di esclusivamente intimo e personale. Si tratta di atteggiamenti che si
fondano sull’agire storico di Dio letto in relazione alla casa di David (cf. Sal 132), un
agire divino che coinvolge non soltanto il passato, ma anche il futuro di Israele,
l’intera sua storia. Il «per sempre» apre il Sal 131, e insieme il susseguente 132, a una
dimensione escatologica: il cammino del pellegrino verso Gerusalemme e il suo ab-
bandono in Dio divengono come il simbolo del cammino di un intero popolo verso la
Gerusalemme futura, immagine della vita che il credente potrà vivere con Dio «per
sempre».

Nota: il Sal 131 e Gen 2-3. Molti commentatori non mancano di osservare la connessione esi-
stente tra l’atteggiamento del salmista del Sal 131 e il racconto delle origini in Gen 2-3.
L’atteggiamento di orgoglio e superbia descritto nel v. 1 e rifiutato dal salmista ricorda
l’atteggiamento della donna e dell’uomo descritto in Gen 3,1-7. Attraverso la menzione del cuore,
degli occhi, dei passi e dell’animo, ovvero il ricordo dell’intera persona umana vista nella pluralità
delle sue dimensioni, il salmista si presenta come un essere umano che intende rifiutare quel cam-
mino della tentazione che conduce l’umanità a voler essere «come Dio, conoscendo il bene e il ma-
le» (Gen 3,5), un cammino dove i sensi dell’uomo, i suoi occhi, la sua intelligenza sono coinvolti
(cf. Gen 3,6). Il salmista non segue perciò la voce del serpente, il quale suscita il dubbio che Dio
voglia davvero la salvezza dell’uomo (cf. Gen 3,1-2).
L’orante si sente di fronte a Dio come un bambino molto piccolo (ma anche come una madre!),
dunque in un atteggiamento ben diverso dall’orgoglio suggerito dal serpente ai progenitori che sfi-
dano lo stesso Creatore, rifiutandone il dono in nome di un desiderio assoluto di possesso e di una
libertà senza confini. Visto in questa chiave, il Sal 131 può essere letto come il canto dell’innocenza
ritrovata, nonostante il peccato (cf. di nuovo il v. 1), attraverso un atteggiamento di totale abbando-
no e di fiducia in Dio. E’ proprio la figura del bambino quella che permette al salmista di superare
la distanza, apparentemente incolmabile, che esiste tra la creatura e il suo creatore, proprio quella
distanza che sta alla base del dramma di Gen 3: «sarete come Dio».
Il Sal 131 e i tre salmi delle salite che immediatamente lo seguono offrono nel loro insieme una
sorta di rilettura del racconto genesiaco delle origini. Dopo aver rifiutato l’atteggiamento di orgo-
glio, di totale libertà proposto dal serpente ed aver riscoperto la fiducia in Dio (Sal 131), il fedele
può adesso riscoprire come in Gerusalemme, quasi come in un nuovo giardino dell’Eden, è possibi-
le sperimentare una nuova presenza di Dio attraverso il Tempio e nella figura del re-Messia (Sal
132). Insieme, il credente può sperimentare una ritrovata fraternità tra gli uomini (cf. il Sal 133),
quella fraternità che venne distrutta dall’uccisione di Abele da parte di Caino (Gen 4,1-16). La lode
di Dio (cf. il Sal 134) costituisce infine il vertice della vita di ogni credente.

Nel NT Gesù allude a questo salmo in Mt 18,1-4 (cf. Mc 9,33-36; Lc 9,46-47) e Lc


10,21-22. Non si può escludere che Gesù avesse in mente un testo come quello del
Sal 131 quando descrive l’atteggiamento del pubblicano che non osa neppure alzare
gli occhi al cielo, mentre il fariseo lo guarda con disprezzo (Lc 18,9-14).

Sal 132

[Note al testo – nb: questo salmo non è da prepararsi per l’esame!]

Il Sal 132 è il più lungo e il più sviluppato dei salmi delle salite. Ne costituisce il ve-
ro e proprio punto d’arrivo: al termine del pellegrinaggio, si celebra in modo partico-
lare la presenza di Dio in Sion – legata idealmente alla presenza dell’arca nel Tempio
e alla monarchia davidica (si riprende il testo di 2Sam 6,1-23). In questo modo
l’importanza di Gerusalemme, attestata sin dal Sal 122 e ripresa dal Sal 127 (salmi
centrali delle rispettive serie di cinque salmi – cf. lo schema generale dei salmi delle
salite), è così fondata teologicamente. Allo stesso tempo, il riferimento davidico di
questo salmo, se letto in un contesto post-esilico (che costituisce la datazione altamen-
te probabile di questo salmo), fa del Sal 132 un testo messianico. Il pellegrino che va
a Gerusalemme vede ormai in “David” l’immagine del futuro Messia.

Il salmo avrà una lettura chiaramente messianica nel giudaismo post-biblico, ma come tale è usato
anche dal NT che vi allude almeno tre volte: cf. Lc 1,69; At 2,30; 7,46.
La coppia di salmi 130-131, con il doppio tema perdono / fiducia e la finale in en-
trambi i casi riferita a Israele costituisce una buona preparazione alla dimensione cul-
tuale espressa dal Sal 132 il quale può essere letto quasi come un “crescendo” di tutta
l’orchestra!
Il salterio delle salite si chiude con due salmi in apparente tono minore, i salmi 133-
134, che celebrano la gioia della fraternità e del culto nel Tempio, con particolare rife-
rimento ai sacerdoti che già nel Sal 132 hanno un ruolo centrale (cf. i vv. 9 e 16).

Sal 133

«Queste parole, questa dolce voce, questa soave melodia, sia per il canto sia per il pensiero,
hanno generato i monasteri. Da questo suono sono stati destati i fratelli che maturarono il desiderio
di abitare insieme. E’ stata come la tromba che chiama i cristiani alla perfezione.
L’universo intero ne è risuonato e i dispersi si sono riuniti»
(AGOSTINO, Enar. In Ps. 133[132],1).

1
Canto delle salite. Di Davide.
[I]
Ecco, com’è bello [bwj] e com’è dolce
che i fratelli vivano anche insieme!
[II]
2
È come olio prezioso [bwj] versato sul capo,
che scende sulla barba, la barba di Aronne,
che scende sull’orlo della sua veste.
3
È come la rugiada dell’Ermon,
che scende sui monti di Sion.
[III]
Perché là il Signore manda la benedizione,
la vita per sempre.

Il salmo, così semplice a prima vista, si può dividere in tre parti: un’affermazione
generale (v. 1); due comparazioni (vv. 2-3b), una nuova affermazione generale che
sposta l’attenzione su Sion (v. 3cd). Anche in questo caso, si osservi il fenomeno let-
terario dell’anadiplosis.
Il genere letterario del salmo è di difficile definizione; ma non si tratta di un proble-
ma particolarmente importante per la comprensione del salmo stesso. L’epoca di
composizione è anch’essa difficile da definire; l’uso del relativo v e la teologia “sa-
cerdotale” puntano comunque alla tarda epoca persiana (RAVASI, Salmi, 3, 690).

Note al testo e alla traduzione

v. 1. Il senso del verbo bvy è lett. quello di “sedere”; in senso metaforico: abitare, vivere.
v. 2. Nonostante le difficoltà (lunga discussione in HOSSFELD – ZENGER, Psalms 3, 470-471) il TM
offre un senso soddisfacente. Non c’è bisogno di considerare 2c come una glossa (cf. BHS). La
“barba di Aronne” ha disturbato molti commentatori (spesso per il suo riferimento ritenuto troppo
“clericale”); cf. lunga discussione in HOSSFELD – ZENGER, Psalms, 3, 472-474.

Commento

Il riferimento a David nel titolo richiama Sal 132,17; cf. anche “là” (132,17 e 133,3):
a Sion, il Signore dona la benedizione alla discendenza di David.

v. 1. Questo apparentemente semplice v. presenta in realtà molti problemi. Di quali


“fratelli” si parla? Il verbo bvy a cosa si riferisce?47 A un “vivere” insieme o a uno
“stare” / “sedere” insieme? E lo stare “insieme” che cosa indica?48 In uno stesso luo-
go? In una stessa situazione? Molte letture nascono semplicemente dai gusti di chi

47
I Lxx traducono con katoike,w, verbo che rimanda alla vita in comune in senso molto generico. Il
Salmo nella traduzione greca acquista così una portata ancora più generale.
48
Si noti che il termine dxy nei testi di Qumran indica l’insieme stesso della comunità qumaranica.
legge! Occorre ammettere che la frase è polivalente e, allo stesso tempo, che il v. 3,
con la sua allusione cultuale a Sion, la illumina.
Alla luce di Dt 25,5 (~yxa wbvy yk) si deve pensare, a un primo livello, 1a una dichia-
razione relativa alla “fraternità” in senso proprio; il Sal 133 costituirebbe una antitesi
alle lotte tra fratelli ricordate nella Genesi (è la vecchia interpretazione di H. Gunkel)
e canta la dolcezza della fraternità ritrovata. Il riferimento cultuale del v. 3 2può far
pensare anche ai “fratelli” intesi in senso più ampio come quegli Israeliti che celebra-
no insieme il culto del Signore (cf. Sal 55,14-15), ovvero agli stessi pellegrini raduna-
ti nel Tempio, destinatari di questa raccolta. 3Testi come Num 16 che mettono in luce
le difficoltà interne al sacerdozio post-esilico potrebbero anche far pensare che il Sal
133 si riferisca alla fraternità intra-sacerdotale (da qui nascerebbe il riferimento a A-
ronne). 4Alcuni pensano piuttosto a un riferimento alla fraternità intra-tribale, quella
cioè tra le tribù del Nord e quelle del Sud (una fraternità a livello politico).
Probabilmente le migliori interpretazioni sono le prime due e non si escludono l’un
l’altra: i “fratelli” sono quelli naturali, di sangue, ma in senso più ampio sono l’intera
comunità di Israele radunata attorno al Tempio. Quel ~g (“anche”) suggerisce che i
fratelli, per essere veramente tali, devo “anche” vivere / stare insieme. Come di fatto
avviene ai pellegrini nel Tempio.
Tale vita comune è “bella/buona” (bwj) e “dolce/piacevole” (~y[n); per i due termini
insieme cf. Gb 36,11; Pr 24,25; il secondo in particolare è preso dal linguaggio
dell’amore: cf. Ct 1,16; 7,7.

vv. 2-3b. Il simbolismo dell’olio versato sul capo può far pensare prima di tutto a
un’usanza ben nota dai banchetti egiziani e non sconosciuta alla Bibbia (cf. Sir 32,2);
quella appunto di profumare il capo dei partecipanti con oli particolarmente rinomati.
Ma subito l’attenzione si sposta direttamente sull’olio della consacrazione di Aronne
(Es 29,7; 30,30-32), plasticamente immaginato come fluire sulla barba49 e sull’orlo

49
Un testo curioso sull’uso della barba nella vita monastica: G. BORMOLINI, La barba di Aronne. I
capelli lunghi e la barba nella vita religiosa, Firenze: LEF 2010.
della veste50. La fraternità è così come un aroma profumato, ma anche è una realtà sa-
cra, che richiama Dio.
Il secondo paragone ci introduce in una geografia teologica, non reale. La rugiada
dell’Ermon non può raggiungere i monti di Sion! Ma nella poesia l’impossibile diven-
ta possibile… Per il motivo della rugiada, cf. in particolare Gen 27,28; Is 26,19; Os
14,6; Dt 32,2; Pr 19,12; Mi 5,6. La rugiada, nel contesto medioorientale, evoca frescu-
ra, vita.

v. 3. Il v. 3 illumina retrospettivamente il v. 1. La fraternità di Israele è legata alla


celebrazione cultuale del Signore in Sion; è lui che offre la benedizione e la vita (inte-
ressante il legame tra benedizione e vita).
Un dettaglio: la vita per sempre; in ebraico ~lA[hl, per il sempre; qui eccezionalmen-
te ~lA[ con l’articolo. Benedizione e vita che vengono da Sion fanno entrare i “fratel-
li” nel mondo “eterno” di Dio.

Dimensione teologica. Vi sono molti legami interni tra i Sal 132-134: hnh (132,6;
133,1; 134,1); bvy (132,12-14; 134,1); ~v (132,17; 133,3); $rb (132,15; 133,3; 134,1-
3); Sion (132,13; 133,3; 134,23). I salmi delle salite si chiudono così con il motivo
della benedizione che viene al pellegrino da Sion. Ma il Sal 133, alla luce dell’esegesi
proposta, è il salmo di una fraternità che si fa progetto di vita; con il suo buon profu-
mo (olio…) e la sua freschezza (rugiada).51 Il clima è profondamente cambiato dal
“sono straniero” del Sal 120!
Non vi sono echi diretti del salmo nel NT; ma si pensi a testi come Gv 13,35 o At
2,44.47 (in entrambi i testi ricorre l’espressione greca evpi. to. auvto., “insieme”, che nel
Sal 133 costituisce la traduzione dei Lxx dell’ebraico dxy); cf. anche At 4,32-35.

50
Dettaglio che ha spesso intrigato i commentatori: perché menzionare proprio l’orlo della veste?
Sul petto del sommo sacerdote, cioè sotto la sua barba, stava il pettorale con incisi i nomi delle do-
dici tribù di Israele (Es 28,18-30) – su questo pettorale molto probabilmente fluisce l’olio che cola
dalla barba.
51
Cf. una riflessione spirituale in E. BIANCHI, “Voi siete tutti fratelli”. La fraternità: un compito,
Magnano (BI): Qiqajon 2010.
*

SALMO 134

«Dio benedice uno solo [cf. Sal 134,2], perché di molti Egli fece uno solo,
affinché tutta la chiesa,
il cui corpo è uno solo e la cui anima è una sola,
riceva la benedizione come un sol uomo»
(PROSPERO di Aquitania, Commento ai Salmi, 133[134],3)

1
Canto delle salite.
[I]
Ecco, benedite il SIGNORE,
voi tutti, servi del SIGNORE
voi che state nella casa del SIGNORE
durante le notti.
2
Alzate le mani verso il Santuario
e benedite il SIGNORE.
[II]
3
Ti benedica il SIGNORE da Sion,
colui che fa cielo e terra.

La struttura del salmo è molto semplice: i vv. 1-2 costituiscono un’inclusione sul
verbo “benedire” ed hanno come oggetto l’invito a benedire Yhwh (citato 4x); il v. 3
ha come soggetto Yhwh, mentre l’essere umano soggetto dei vv. 1-2 diviene qui og-
getto di benedizione. «Tu benedicis Dominum et Dominus te benedicit» (GIROLAMO,
PL 26,1225).
Chi pronuncia il salmo? A chi è diretto? Chi sono i “servi del Signore”? (cf. una lun-
ga discussione in HOSSFELD – ZENGER, Psalms, 3, 484-487; cf. anche una rassegna di
ipotesi in RAVASI, Salmi, 3, 701-702). E’ possibile leggere il salmo così: i vv. 1-2 co-
stituiscono un invito rivolto dall’assemblea ai sacerdoti (o all’insieme dei ministri del
culto) perché, forse nel corso di una liturgia serale o notturna (cf. però sotto), benedi-
cano il Signore. Nel v. 3 risponde la voce anonima di un sacerdote che offre al popolo
la benedizione, alludendo a quella di Num 6,24-25.

Interessante notare il fatto che il Sal 135,1-2 si apre in modo analogo al 134; ma vi sono differenze
sostanziali: «lodate il nome del Signore, lodatelo, servi del Signore»; qui si usa non il verbo $rb del
Sal 134, ma il più generico llh. Inoltre i «servi del Signore» non sono quelli che stanno semplice-
mente nel Tempio, nella casa del Signore, ma come afferma Sal 135,2, «negli atri della casa del no-
stro Dio». Dunque, mentre il Sal 134 si riferisce ai sacerdoti che stanno nel Tempio, il 135 allarga la
prospettiva all’intero popolo di Israele che si trova nel cortile del Tempio stesso.

Note al testo e alla traduzione.

I Lxx introducono due cambi importanti; al v. 1 aggiungono, prendendola dal Sal 135,2, la frase
«voi che state negli atri della casa del nostro Dio»; cioè tutti gli Israeliti! Nel salmo tradotto in greco
i protagonisti non sono più i soli sacerdoti, ma l’intero popolo. Inoltre i Lxx presuppongono una
qualche liturgia notturna: «nelle notti» è legato a ciò che segue: «nelle notti alzate le mani verso il
Santuario…».

Commento.

vv. 1-2. Benché nel salterio la formula «servi del Signore» si applichi spesso
all’intero popolo di Israele, il contesto del salmo fa pensare qui ai soli sacerdoti; essi
si trovano di fronte al Santuario (l’edificio vero e proprio del Tempio) e verso di esso
alzano le mani benedicendo il Signore. Per il gesto delle mani alzate inteso come pre-
ghiera, cf. Sal 44,21; 63,5, 119,48. Tali “servi” “stanno” (twdm[; cf Sal 122,2), ovvero
sono pronti al loro servizio.
«Durante le notti» non si riferisce necessariamente a celebrazioni notturne, delle
quali non abbiamo notizia alcuna dalla Bibbia, ma solo da scarse fonti talmudiche; si
può intendere che i sacerdoti sono al servizio del Signore sempre, anche durante la
notte, quando la liturgia del Tempio non si svolge. Nella tradizione rabbinica esiste
anche una interpretazione che lega il servizio notturno a coloro che durante la notte
studiano la Torah (ANDERLINI, I quindici gradini, 173).

v. 3. Il salmo si chiude con la menzione della benedizione che il Signore offre da


Sion, centro del culto e della vita di Israele; la benedizione ha una chiara dimensione
creazionale (un Dio che sempre opera) e si trova per la terza volta nel salterio delle sa-
lite: cf. Sal 121,2; 124,8. Si osservi l’uso del “tu”; alla luce del Sal 133 il popolo è un
popolo di fratelli; indirizzarsi a uno è come indirizzarsi a tutti!

Dimensione teologica. E’ possibile che il Sal 134, come anche il 133, sia stato com-
posto come voluta chiusura del salterio delle salite. La formula iniziale “ecco!” e il
tema della benedizione costituiscono un legame letterario molto forte tra il Sal 133 e il
134. In questo modo i 15 salmi si chiudono con due brevissime composizioni una sul-
la fraternità, l’altra sulla benedizione divina accordata al pellegrino prima della sua
partenza, segno di fecondità e di vita.
Il vertice dei salmi delle salite è la notte! Ma nella notte non c’è più l’angoscia che
segnava il Sal 120 all’inizio della raccolta; ci sono la vita (Sal 133) e la benedizione
del Dio creatore (Sal 134). Più volte, nei salmi delle salite, la benedizione è presentata
come una realtà che viene prima di tutto da Dio: cf. 128,4-5, «Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore! Ti benedica il Signore da Sion»; 132,15: «benedirò, be-
nedirò i suoi raccolti»; 133,3: «là il Signore ha voluto la benedizione». Chi impara a
benedire Dio nella liturgia e ad essere benedetto da lui (Sal 134!) lo impara nel corso
di tutta la sua vita.
La liturgia cristiana ha fatto di questo salmo un testo da leggere durante la Compieta,
alla luce della preghiera notturna di Gesù (Lc 6,12), ma soprattutto della convinzione
che in lui giunge all’umanità ogni benedizione di Dio (Ef 1,3; cf. anche Lc 24,50-53).

*
Conclusione generale sui salmi delle salite

Il salterio delle salite è preceduto dalla grande meditazione sulla legge / parola di
Dio del lungo Sal 119 che si chiude sul tema dell’orante immaginato come «pecora
smarrita» (119,176); illuminato dalla luce della parola della Legge, l’orante si mette in
cammino: ed ecco l’inserzione dei salmi 120-134, i salmi delle salite.

Ripetiamo qui il percorso dei salmi delle salite, già anticipato all’inizio del corso:

120 Preghiera confidente con tono di lamento. Condizione di partenza: l’esilio e una
situazione di non-pace (~wlv).
121 L’aiuto che viene dal Signore (“piedi/passi”; “occhi”).
122 Gerusalemme, la mèta del pellegrinaggio (“piedi/passi”), la città del-
la pace (~wlv). Menzione di David.
123 Il disprezzo dei superbi; richiesta di aiuto (“occhi”).
124 Riflessione sulla storia: “lo dica Israele”; il Signore è stato con noi; risposta al
Sal 120.

125 Preghiera confidente: il Signore custodisce Israele, rompe lo “scettro dei malva-
gi” e dona la pace a Israele (~wlv).
126 Il ritorno dall’esilio: ciò che Dio ha fatto per il suo popolo.
127 Gerusalemme (allusione), città e casa costruita dal Signore; menzio-
ne di Salomone; “beatitudine”.
128 Felicità (“beatitudine”) del giusto nella sua famiglia; pace a Israele (~wlv).
129 Riflessione sulla storia: “lo dica Israele”; il Signore ha spezzato la “fune dei
malvagi”.

130 Preghiera confidente, con tono di lamento: dal profondo… “Israele attenda il Si-
gnore”.
131 Abbandono totale a Dio. “Occhi”; “Israele attenda il Signore”.
132 Gerusalemme, luogo di riposo di Dio. Menzione di David; “benedi-
re”, “Sion”.
133 Prima conclusione: La pace è nell’unione fraterna. “Benedire”; “Sion”.
134 Seconda conclusione: la preghiera dei “servi del Signore” continua nella notte;
“benedire”, “Sion”.

I Salmi che seguono, che formano il cosiddetto Grande Hallel (Sal 135-136), svi-
luppano il tema della benedizione divina nella creazione e nella storia di Israele. Pos-
sono essere immaginati come la preghiera del pellegrino che torna alla sua casa.

Amen - alleluia

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