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Il Surrealismo, di cui Dalí ha fatto parte per un periodo, è un movimento artistico

nato negli anni Venti che mette in luce, attraverso le opere dei propri membri, un
nuovo modo di vedere la realtà, enfatizzando il surreale e il sogno. Ai surrealisti
piace definire lo stile come un “automatismo psichico”, in cui l’inconscio domina
l’opera d’arte senza lasciarsi influenzare da luoghi comuni o da freni inibitori.
Le tematiche dunque più legate al gruppo sono l’amore, il sogno e la follia e la
liberazione dell’individuo. Tra i più importanti surrealisti nelle arti visive
troviamo Yves Tanguy, René Magritte, Max Ernst, Hans Arp e Man Ray.
A seguito di numerose divergenze Salvador Dalí viene espulso dal gruppo,
probabilmente cacciato a seguito del suo rifiuto di prendere posizioni politiche
nette contro Francisco Franco o contro Adolf Hitler. Dalí preferisce infatti
lasciare la politica fuori dalle sue argomentazioni e dalle sue opere non facendosi
così influenzare dai suoi colleghi, dichiaratamente di sinistra. Nonostante
l’espulsione viene però invitato a partecipare a varie mostre surrealiste. La
persona con cui ha più divergenze e conflitti all’interno del gruppo è André
Breton, poeta e saggista surrealista, che lo accusa di mercificare la sua arte solo
per trarne un vantaggio economico, a#bbiandogli il soprannome di “Avida Dollars”
(anagramma del nome del pittore il cui significato è “bramoso di soldi”). Dalí
tuttavia non si preoccupa molto né di questo soprannome né dell’espulsione
rispondendo con una celebre citazione: “Il Surrealismo sono io”. Durante tutta sua
vita viene perseguitato dal pensiero di essere la reincarnazione di suo fratello,
morto prematuramente a seguito di una meningite. Il suo sospetto è anche indotto
dai suoi genitori che lo chiamano Salvador, proprio come il fratello defunto. In
merito a questo suo sospetto e preoccupazione dichiara: "Ci somigliavamo come due
gocce d’acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima
versione di me, ma concepito in termini assoluti”. Suo fratello diviene anche
protagonista di una sua opera, intitolata appunto Ritratto di mio fratello morto
del 1963.

Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech nasce l’11 maggio 1904 nella
cittadina spagnola di Figueres da una famiglia benestante. Fin da piccolo,
incoraggiato anche dai suoi genitori, frequenta una scuola d’arte. Subito dopo si
iscrive all’Accademia di San Ferrando, dove però, viene espulso nel 1926, poco
prima di diplomarsi. Durante la sua breve permanenza all’Accademia inizia a
dipingere seguendo influenze cubiste e dadaiste e visitando per la prima volta
Parigi, e ha l’opportunità di conoscere Pablo Picasso, producendo in seguito
numerose opere ispirate alla sua pittura. Nel 1929, insieme a Luis Buñuel (Caianda,
1900 – Città del Messico, 1983), regista surrealista, realizza Un Chien Andalou,
cortometraggio manifesto del movimento surrealista. Qualche mese più tardi Dalí
conosce la sua futura moglie, Elena Dmitrievna D’jakonova detta anche Gala, allora
moglie del suo amico poeta Paul Éluard. In questi anni la figura del pittore
diviene sempre più riconosciuta e autorevole, diventando così la figura più di
spicco all’interno del movimento. Se da una parte c’è il successo e l’a#ermazione,
dall’altra si rompe il rapporto con il padre a seguito di molteplici questioni, una
tra tante proprio la stessa vicinanza al movimento surrealista. Nel 1931 dipinge La
persistenza della memoria, una delle sue opere più conosciute e ammirate. Grazie a
questo dipinto e grazie al mercante d’arte Julian Levy, che lo espone nella sua
galleria a New York, Dalí raggiunge anche la fama internazionale destando interesse
e curiosità dal pubblico. In quest'opera All’interno di un paesaggio fantastico
sono disposti alcuni oggetti irreali. Dominano la scena alcuni orologi dalla
consistenza deformata. Sono chiamati, infatti, orologi molli. Pur segnando ancora
il tempo, sembrano aver perso la loro solidità. Sopra al parallelepipedo dipinto a
sinistra, un orologio è poggiato per una metà sul piano. Sopra di esso, si è
appoggiata una mosca che crea una lunga ombra verso le dodici. La metà inferiore,
invece, pende mollemente lungo il fianco del solido. Un altro orologio, con la
cassa però chiusa, è poggiato più a sinistra. Su di esso alcune formiche, grandi e
piccole, creano un motivo decorativo.
Verso il bordo posteriore del solido, un esile tronco morto si alza verso il cielo
e un suo ramo di ulivo sostiene un altro orologio che pende verso il basso. Sul
terreno, un essere mostruoso composto da un grande occhio chiuso, con lunghe
ciglia, sopracciglia e la lingua al di fuori porta come una groppa un altro
orologio. Verso il fondo dello spazio rappresentato, si apre uno specchio d’acqua.
A destra, alcuni faraglioni avanzano verso l’acqua. A sinistra, invece, è dipinto
un piano geometrico che avanza verso la riva. Il cielo è limpido e privo di nubi.
Oltre alla spiegazione data dall’artista, si può immaginare che gli orologi molli
rappresentino la relatività della percezione temporale. Ognuno di noi, infatti, ha
una propria sensazione temporale rispetto alle medesime situazioni. Ogni orologio,
inoltre, segna ore diverse.
Nel dipinto di Dalí compaiono anche simboli ripresi poi in altri dipinti come il
viso di profilo dalle lunghe ciglia. Si tratta di un autoritratto simbolico
dell’artista che si trova, in forma fluida ne la disintegrazione della persistenza
dipinta negli anni Cinquanta del Novecento. In questo dipinto torna anche l’albero
di ulivo che sostiene l’orologio molle. L’opera risale agli anni della Guerra
Fredda e fa riferimento al pericolo nucleare. La scogliera che si osserva a destra
esiste realmente presso la nella baia di Cullera. In Spagna, nei pressi della Casa
Museo di Dalì a Port lligat (Cadaqués).
Infine nell'ultimo periodo della sua vita si avvicina verso nuovi modi di produrre
arte, e dà vita a numerose sperimentazioni con l’oleografia o con l’action
painting. Questo periodo è caratterizzato anche dal profondo interesse verso le
illusioni ottiche che lo portano a realizzare opere come In Voluptas Mors (1951),
fotografia in bianco e nero che ritrae un teschio formato da sette donne nude. A
partire dal 1960 inizia a lavorare al suo Teatro-Museo a Figueres, museo
autocommemorativo ideato e creato da lui stesso. Nel 1980 la moglie Gala, malata di
demenza, gli fa bere un cocktail di farmaci che causano il deterioramento del suo
cervello portando così la sua carriera artistica al capolinea. Dopo la morte di
Gala, avvenuta nel 1982, Salvador Dalí si lascia lentamente morire arrivando
perfino a tentare il suicidio più volte, senza mai riuscirci. Tuttavia muore in
modo naturale il 23 gennaio 1989 a causa di un attacco di cuore. La sua salma giace
ora nel suo Teatro-Museo a Figueres. Sebbene la pittura di Salvador Dalí prenda
ispirazione da numerosi movimenti artistici come il dadaismo o il cubismo, il suo
stile pittorico rimane legato per molto tempo a quello del Surrealismo. Il suo
metodo corrisponde a quello denominato “paranoico-critico”, che inventa all’inizio
degli anni Trenta. Questo metodo consiste nella trasposizione di immagini o di
illusione ottiche, frutto del suo inconscio, nelle sue opere pittoriche. Cadendo in
uno stato paranoico l’artista entra in relazione con il suo inconscio e riporta
sulla tela la razionalizzazione dei propri deliri.

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