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LEZIONE PSICOLOGIA DINAMICA

Studieremo modelli di psicoterapia e studieremo partendo da analisi della relazione terapeutica la costruzione di un modello
della mente. Mangini → prospettiva centrata sul seguire sviluppo e modo in cui Freud pensa al funzionamento psichico.
Studieremo la connessione tra sviluppo delle teorie e dei modelli e la dimensione soggettiva che riguarda le caratteristiche degli
autori. Psicoanalisi e psicologia dinamica → ambiti non riducibili l’uno all’altro.
Evoluzione di alcuni aspetti di contesto di tipo sociologico nella società europea di fine 19esimo che una situazione
di sfondo rispetto alla quale osserveremo lo svilupparsi della psicoanalisi freudiana.
La scoperta dell’inconscio di Ellenberger → citato quando si parla della scoperta della psicoanalisi (del modo di funzionamento
mentale). Modello freudiano è il primo modello di psicoterapia che ci permette di utilizzare un metodo definito per entrare in
contatto con contenuti inconsci della mente. In realtà esistenza di contenuti di concenzia alterati o diversi da quelli di stato di
sveglia → già ampiamente discusso.
Esisteva già la radice concettuale che sta alla base della nascita di psicologia dinamica nel 700, collocata all’interno
del fenomeno del mesmerismo (dato da Mesmer), ha a che fare con termine/scoperta magnetismo animale e con
dibattito riguardo la sua esistenza.

Carlo Bonomi → saggio storico : “Sulla soglia della Psicoanalisi, Freud e la follia infantile”. Cuore dell’analisi è la questione di
come si è andata sviluppando dal medioevo la concettualizzazione e la rappresentazione sociale del bambino nella cultura
europea. Qual era quindi l’immagine del bambino e come mai con la questione della follia erano intersecate nella dimensione
storica dell'origine della psicoanalisi.
Primo argomento → questione delle basi epistemologiche. Parte dalla questione che l'area trascurata dagli studi su Freud è la
sua attività come pediatra. Freud (Neurologo-pediatra) ha fatto il pediatra per 20 anni lavorando in un istituto una volta alla
settimana, avendo possibilità di visitare molti bambini che si rivolgevano a questo istituto di sanità pubblica (bambini di
Vienna, da classi meno abbienti). Punto di partenza per escursus di Carlo Bonomi.

Sua osservazione parte dal primo mutamento della concezione dell’infanzia nell’epoca post-romana che il sociologo
francese Norbert Elias descrive nel suo testo “L’origine della civilizzazione” attraverso la modifica di una serie di
abitudini di vita che si verificano in europa nel periodo che va da Medioevo a fine Rinascimento.
Lui osserva che fino al Medioevo nella cultura occidentale manca la consapevolezza di una distinzione dell’infante dall’adulto.
Rappresentati come adulti in miniatura → esempio nei quadri dei pittori senesi.
Veniva considerato in piena continuità con il mondo degli adulti → non c’era separazione sociologica tra mondo bambini e
adulti. Nel suo testo “processo di civilizzazione” si chiede come sia possibile che da questa concezione si sia evoluta una
differenziazione del mondo dell’infanzia da quello degli adulti e le conseguenze. Individua da questo emergere della
separazione dei 2 mondi → lo sviluppo della società signorile che avviene a fine 400 in Europa (fine Medioevo), durante la
quale si sviluppa un culto radicato di regole di comportamento (punto importante è di mangiare con le posate a tavola, cosa
semplice del nutrirsi diventa un punto di arrivo di un processo per il quale il bambino va educato con serie di pratiche
educative).
Nel rinascimento con lo sviluppo di questa dimensione sociale legata all’organizzazione sociale delle signorie
sociale si costituisce una necessità educativa che fino ad allora non era sentita, da allora il bambino viene visto
come qualcuno che va educato (socializzato, addestrato a diventare socius), non entra spontaneamente nel mondo
degli adulti, ma deve seguire processo educativo.
Secondo punto a cui fa riferimento Bonomi nel considerare queste premesse sociologiche nella cultura di fine 800
riguarda la questione della follia che si intreccerà con questione della costruzione sociale dell’immagine del
bambino. Costruzione del concetto di follia subisce trasformazione radicale nel corso dei secoli.
Nel medioevo non sussiste una distinzione tra follia e possessione. Folia è espressione di una possessione
demoniaca. Malattia mentale dovuta come a un disordine legato al tema del peccato (sfera religiosa).
Mesmer illuminista diventato famoso perché primo a mettere in discussione visione del disturbo psichico come
legato alla possessione (Gastner). La teoria del magnetismo si proponeva come teoria naturalistica della sofferenza
psichica e anche degli ipotetici percorsi di guarigione, da contrapporre a teoria basata su concezioni
completamente religiose dell’essere umano.
Per quanto riguarda la storia del concetto di follia nel concetto occidentale → testo di riferimento è di Foucault “Storia della
follia nell’età moderna”, saggio enciclopedico che ripercorre punti nodali della definizione ottocentesca del concetto di follia e
individua punto cardine di apertura verso una visione non religiosa del concetto di follia nella trasformazione da famiglia di tipo
patriarcale a sentimentale che avviene in europa in epoca post illuminista (seconda metà settecento a anni di inizio ottocento).
Famiglia patriarcale in cui il matrimonio è visto come un contratto, valore civile è prevalente e la scelta del matrimonio spetta
al capofamiglia. Matrimonio ha valenza di regolazione dei processi ereditari, dei processi di trasmissione dei beni,di prestigio
sociale (anche per scalare classe sociale) → non ha che vedere con dimensione di tipo sentimentale.
Con avvento romanticismo con nuova società borghese nasce famiglia sentimentale che si basa sulla scelta elettiva
dei coniugi e che si regge sulla qualità delle relazioni affettive, è una famiglia in cui ci si aspetta che ci si
possa/debba voler bene. LA regolazione degli affetti e della benevolenza è caratteristica peculiare del
funzionamento auspicabile della famiglia ottocentesca.
Da qui l’idea che la follia debba essere rintracciata in una disregolazione degli affetti all’interno della famiglia. Posto
al di fuori dei vincoli familiari. Connotazione dell’ambiente familiare per Foucault ha a che fare con il contesto in cui
avviene apprendimento/potere sperimentale e potenza relativa alla dimensione sociale degli affetti, ma famiglia è
anche contesto educativo in cui bisogna essere socializzati e bisogna apprendere norme che consentono di
partecipare in maniera opportuna a vita società degli adulti costituisce sfera privata.
Famiglia costituisce una sfera privata in cui dimensione degli affetti e quella delle regole sono collegate all’interno di
una serie di vincoli privilegiati centrati e regolati dal rapporti con figura autorevole e autoritaria del padre, a questa
dimensione intima si contrappone dimensione pubblica dove persone si relazionano in base a questione di altre
dimensioni : produttività, lavoro.
Distinzione iniziale arriva a pieno compimento nell’ottocento attraverso costituzione di una vera e propria distinzione
tra sfera pubblica e privata.

Queste dimensioni sociologiche hanno avuto ricadute sulla questione della concettualizzazione della cura.
Primo elemento che è diretta conseguenza di questo è → che se follia è disregolazione dei processi affettivi, la cura deve essere
una rieducazione di questi processi in senso morale = visione della follia morale a inizio 800. Fatta analogia fra bambino e folle
per permettere a civiltà di fare un passo fondamentale → cominciare ad aprire a dimensione della malattia come curabile. Vi è
una possibilità terapeutica che si basa sulla rieducazione degli affetti e che pone il medico in una posizione analoga a quella del
padre come regolatore.
è visione datata della follia ma che ha avuto come conseguenza : l’abbandono delle tecniche costruttive.
Modello viene importato da campo dell’infanzia a quello della follia → può essere curata come un bambino capriccioso può
essere educato.
Prima volta che viene visto il folle come qualcuno che può essere curato → riammesso nella società. Dal punto di vista
antropologico il folle tutt’oggi è inserito nella categoria dello straniero interno, interno alla comunità ma ha qualcosa che lo
connota con una caratteristica di essere straniero (alieno).

La perversione degli affetti e la disregolazione della vita affettiva di una persona poteva essere dovuta a un unico fattore
epigenetico costituito dalle passioni. La disregolazione degli affetti che porta all'insorgere della follia è attribuibile a
dimensione di sregolatezza nel rapporto dell'individuo con le sue caratteristiche passionali. Quest'ultime erano considerate
connesse le età post-puberale → nell’800 la visione dell'infanzia escludeva bambino in preda alle passioni, motivo per il quale
nella storia della psichiatria l’idea che la follia potesse riguardare i bambini arriva molto tardi. Bambini essendo poco esposti
all’impeto della passione → erano preservati naturalmente della follia. Questione che ha matrice psichiatrica che non
corrisponde a nascenti studi di tipo psicologico che riguardavano prime raccolte di evidenze come temi di suicidio di
adolescenti o coinvolgimenti di bambini in atti violenti oppure omicidi → sono studi riguardano ambiti criminologici che non si
intersecano con storia della psichiatria.
Il punto di contatto e punto in cui la concettualizzazione dell’infanzia viene messa in crisi nella storia della psichiatria →
riguarda la discussione di un caso di una bambina di 11 anni = marie schmidt (nel 1952 pubblica testo). Seguita per un anno e
mezzo presso l'ospedale della Charité che era il principale manicomio pubblico relativo alle malattie mentali in Prussia.
Lo psichiatra in questione era William Heidler = uno dei primi a indagare una radice psicologica della sofferenza psichica.
Delirio sviluppato da idea che macellaio l’avesse chiesta in sposa. Delirio erotico prodotto in assenza della pulsione sessuale =
rompicapo di Heidler. Prima metà ottocento → concettualizzazione in cui follia è legata alla disregolazione delle passioni e si
manifesta come alterazione della relazioni affettive all’interno della famiglia sentimentale in quanto tale considerata curabile,
ma con vuoto → come capire questi casi in cui sofferenza profonda si presenta nell'infanzia.
Piega nuova verrà introdotta a partire da studi di tipo neurologico → anni in cui si comincia a sviluppare la descrizione del
sistema nervoso centrale e periferico, studio del funzionamento della trasmissione nervosa → pongono basi della nascente
disciplina neurologica. Charcot → padre della neurologia moderna 30 anni lavoro a Salpetriere ha descritto oltre 250 sindromi
neurologiche, creando basi della moderna neurologia. Scoperta della trasmissione nervosa si salda con alcune concezioni
moralistiche legata agli stili educativi austeri in voga nell’ottocento. Attraverso nuova concezione della malattia mentale va a
sostanziarsi attraverso studi neurologici → questo è concezione della malattia mentale basata su concetto di degenerazione. Uno
dei primi che ne parla è psichiatra parigino morel che avanza ipotesi che una stimolazione inopportuna e inadeguata del sistema
nervoso periferico può produrre in maniera anterograda una degenerazione di alcune aree del sistema nervoso centrale. Arriva
anche a ipotizzare che questa degenerazione sia geneticamente trasmissibile creando concetto di tara ereditaria. Stimolazione
periferica che può costituire massimo fattore di rischio per degenerazione → è degenerazione che riguarda aree eccitabili e
stimolabili. Prende avvio la grande paura della masturbazione infantile. Nella seconda metà ottocento la neurologia porta
all’individuzioane della mastrubazione infantile come fattore eziologio potente dei disturbi del comportamento dell'infanzia e
dell’adulto e della trasmissione di questi disturbi; andando a saldare una teoria scientifica (della degenerazione) con un criterio
di carattere morale che aveva dominato la cultura religiosa (soprattutto partie della controriforma)
→ questione di diventare cieco. Nell’800, epoca in cui Freud si forma → teoria organica delle malattie mentale aveva un
carattere dominante, tanto che era possibile prevedere dei trattamenti chirurgici sui bambini che arrivano all’asportazione dei
genitali esterni → pratiche quasi fino a 2’ guerra mondiale negli USA (anni 40).
Castrazione delle donne a cura psichiatrica → fenomeno che ha caratterizzato medicina europea per un secolo. Questione si
fonda su teoria neurologica considerata maggioritaria nella comunità scientifica.

Cambiamenti sociali portano al riconoscimento delle caratteristiche specifiche dell’infanzia che è vista come un'età in cui uomo
deve essere socializzato → processo che avviene a carico delle pratiche educative. A inizio 800 attraverso concetto di follia
morale, la condizione di insanità psichica non vista più come effetto di malefici o di condizione di impossessamento
demoniaco, ma viene recepita come dimensione delle disregolazione delle qualità affettive e sentimentali della vita umana per
come queste si manifestano all’interno del contesto familiare. Sulla base dell'evoluzione del concetto di follia si viene a stabilire
equivalenza tra condizione del bambino e quella del folle che conduce come ricaduta a pensare che la condizione del folle possa
essere educabile come quella del bambino.
ELemento fondamentale visto come ostacolo alla educabilità e rieducazione del folle è legato alla componente passionale della
personalità, le passioni quando si risvegliano dell'adolescente dopo la pubertà → pervertono l'equilibrio sentimentale e affettivo
all’interno della vita domestica.
Le passioni erano radicate su una dimensione sociale di antichità, perché venivano associate alla dimensione dello sviluppo
sessuale della pubertà. Non si riteneva che un fanciullo prima della pubertà potesse essere soggetto a questo tipo di turbamenti.
Caso di Marie Schmidt → psichiatra si interroga sulla sostenibilità della visione della sofferenza psichica nell'infanzia, si trova
a che fare con lei che aveva accusato un delirio erotico intermittente centrato sull’idea in cui il macellaio la volesse sposare in
seguito a una circostanza avvenuta.
Dubbi sulla possibilità che fosse stata molestata → mancava però cornice concettuale per poter collegare abuso a insorgenza del
disturbo psichiatrico, perché l’anello mancante = forza delle passioni non sufficientemente sviluppata in età pre-pubere.
Cambiamento → dato da scoperte che hanno a che fare con sviluppo neurologia nell’800. Ipotizza una sorta di nuova
dimensione di contatto fra il comportamento e il suo strato neurologico. La teoria della degenerazione di Morel molto
rapidamente pone sotto gli occhi di tutti la possibilità che attraverso un sistema di conduzione anterogrado dalla periferia verso
il centro del sistema nervoso centrale → alcune pratiche possono provocare danneggiamenti irreversibili e possono essere
trasmessi alla prole.
Nasce concetto di tara psichica e idea che eccitabilità della superficie del corpo costituisca una fonte di pericolo rilevante per
tutti gli individui (anche per fai di vita in cui sistema nervoso è in evoluzione) → soprattutto per giovani.
Avviene una saldatura tra due correnti di pensiero → scientifico che individua nella eccitabilità dei genitali (anche dei bambini)
una fonte di pericolo per il loro equilibrio psichico e dall’altra una tradizione morale (religiosa occidentale) che vedeva nella
mstrubazione infantile e nella pratica dell’onamismo una sorta di minaccia alla sopravvivenza spirituale dell'essere umano.
Dal punto di vita religiosa le partiche mefante → identificate con pratiche che avevano una finalità sessuale, dal punto di vista
della teoria della degenerazione bastavano delle sollecitazioni minime e involontaria a causare lo stesso effetto devastante
dell’abuso su un minore. Questo aveva portato lo sviluppo di puericultura ed educativa con caratteristiche aberranti. La scienza
medica comincia a trattare con metodi di contenzione fisica violenza bambini sempre più piccoli fino a quelli in fasce.
Recupero della salute psichica → modalità sviluppata era di realizzare condizioni fisiche che rendessero per queste creature il
contatto con i genitali spaventoso → escissione del clitoride, cucitura grandi labbra.
Broca preso in carico bambini di 5 anni → disturbi del comportamento, curata con trattamento pelvico → considerato
procedura di elezione per la presa in carico dei disturbi.
Questa era condizione di base di una neurologia e neuropsichiatria organicista che individua nei trattamenti pelvici
la condizione fondamentale per il recupero mentale in una serie importante di condizioni che non riguardano
soltanto i minori, ma anche considerate per il trattamento ginecologico delle donne.
Seconda metà dell’ottocento → secolo dell’isteria, pazienti isteriche (deriva da utero) avevano sintomi di natura
prevalentemente fisica (deambulazione, tosse, digestione..) che venivano riportate a eziologia di base incerta. Per alcuni erano
delle simulatrici → per ottenere vantaggi secondari, per altri la patologia isterica aveva radici in una dimensione di eccitabilità
connessa alla sfera ginecologica.
Diffusione in europa dell'indicazione della castrazione = rimozione delle ovaie nelle donne come terapia ginecologica e
chirugica dell’isteria. Quando Freud lascia Vienna per andare a fare semestre durante dottorato alla Salpetriere a Parigi Da
Charcot → concezioni di questo tipo

FREUD → a 40 anni scriveva scritti psicoanalitici ed era neurologo di fama europea, sviluppando interesse per la medicina
affezionando ambiti per la ricerca sperimentale in neurofisiologica.
Proveniva da famiglia ebraica, da paese periferico del nord dell'Austria, famiglia numerosa. Padre molto anziano
che aveva sposato la seconda moglie più giovane, aveva anche fratello più grande.
Grande cultore della corrispondenza epistolare, lettere poi raccolte e pubblicate. Sappiamo molto grazie a Dante con la
fidanzata Marta. Si fidanza presto. Corso di laurea di medicina era intento a studi filosofici → dopo laurea aveva rivolto
attenzione a studi di tipo elettrofisiologico (studi su larva marina a trieste) e ad attività di tipo clinico necessarie per raggiungere
tranquillità di tipo economico. Lui aveva passione per la ricerca, ma anche bisogno di guadagnarsi da vivere → no famiglia
ricca.
Accompagnò attività in reparto (necessaria per specializzazione) ad attività di libera professione che si svolse anche nell’ambito
della pediatria. Interesse per questa era dovuto allo studio della paralisi cerebrali infantili, ambito nel quale lui raggiunge fama
straordinaria di livello internazionale → chiesto di scrivere monografia sul tema (classico della neurologia che raccoglie 250
casi di osservazioni cliniche relative a correlazione tra lesione cerebrale e il disturbo funzionale). Motivo per cui chiese di
andare a Charcot → no interesse per nevrosi, ma connesso all’idea di poter fare osservazioni all’interno dei lavoratori di
Charcot (neuroanatomista).
Teoria psicoanalitica nella sua forma più tradizionale (quella che ha portato Freud a immaginare il funzionamento di
una apparato psichico a descriverlo come sistema meccanico) si fonda su modello di ragionamento non psicologico
ma caratteristico del metodo scientifico in medicina (paradigmi meta psico).
Caratteristiche del metodo scientifico in medicina → non corrisponde a metodo scientifico nelle scienze di base, ma è metodo
differente. In medicina → Gian Battista Morgagni, riferimento analogo a Galilei.
Rivoluzione metodologico introdotta da Morgagni nel pensiero occidentale dal punto di vista della medicina.
All’epoca di Freud → studiò medicina all'università di filosofia.
Morgagni (1682-17?), prima di lui la medicina era considerata una disciplina di tipo argomentativo della stessa natura della
filosofia, era considerata ambito della filosofia pratica. Le concezioni sul funzionamento del corpo umano erano basate su
visioni astratte del mondo (esempio teoria degli umori che spiegava malattie su squilibrio umori). Impostazione filosofica tanto
forte da prevalere anche quando verso fine 500 la medicina aveva fatto passi dal punto di vista delle tecniche osservative.
Malpigli → scoperto circolazione sanguigna, appoggiandosi a utilizzo lenti microscopiche di Galileo, ha utilizzato queste
informazioni per confermare teoria astratta (umori). No metodo presente per poter fare inferenza corrette a partire da
osservazioni corrette, che fornirà invece Morgagni. è stato prof di chirurgia e medicina teoria all'università di Padova per anni,
ma è stato anche grande clinico → chiamato da molti corti europei, medio partecipanti delle maggiori accademie di medicina,
persona colta, latinista. Verso fine vita opera monumentale → de sedibus et causi morborum per anatomen indagatis che vuol
dire sulle sedie e le cause delle malattie indagate attraverso l'anatomia. Per anatomen → studio delle lesione prodotte dallo stato
morbose, fu il primo medico a schierarsi in maniera perta a favore di una pratica (quasi definita di stregoneria) → visus
incadaveriscu = mettere gli occhi dentro il cadavere. Uno dei pilastri del metodo anatomo clinico è costituito dall'osservazione
delle lesioni al tavolo autoptico.
Altre forme di sapere per fare inferenze scientifiche in medicina.
Nel de sedibus (in cui descrive molte lettere antonomo cliniche in cui descrive apazionie sviluppo della malattia e referto) → si
rese conto che classe di fenomeni che noi osserviamo quando poniamo sguardo nel corpo umano è sostanzialmente non
riducibile alla classe di fenomeni che osserviamo quando ci troviamo in contatto con paziente da vivo. Il paziente col suo modo
di sentire e soggettività racconta i suoi sintomi → entra in un dispositivo di rapporto con il medico che è la parte clinica →
rapporto che consente di raccogliere dati che non appartengono allo stesso ordine di conoscenze che si possono raccogliere
nell’altro modo.
Nel de sedibus si è preoccupati di descrivere qual ‘è il modello di inferenza logica che permette di fare inferenze valide a partire
da queste due diverse classi di dati → come mettere insieme racconto dal vivo con il dato obiettivo osservabile attraverso visus
in cadaveribus.
Sedi che rappresentano le lesioni e cause della malattia (nel titolo) → errore fondamentale che si può compiere nel
ragionamento medico è pensare che esista un’unica linea di derivazione logica per cui l'eziologia genera la lesione organica che
genera il sintomo. Questo modo di pensare è sbagliato non è il modo di pensare su cui si basa metodo scientifico in medicina
che si basa invece su un tipo di inferenza che ha una struttura diversa → esiste sistema delle cause a monte, trovo una maniera
di individuare le cause che possano spiegare contemporaneamente e separatamente le lesioni e i sintomi. Non è una struttura
inferenziale verticale, ma una struttura a Y rovesciata. Per farlo è necessario raggiungere totale chiarezza e padronanza nei
metodi di osservazioni di dati autoptici e nella relazione clinica con paziente. Quando ho chiaro definito e chiaro allora ha senso
provare a collegarli fra loro.

Nel de sedibus struttura il metodo scientifico in medicina, spiega ai suoi contemporanei quali sono i passaggi logici per fare
delle inferenze valide in medicina (delle diagnosi). Morgagni chiarisce che quando si lavora in medicina si ha la necessità di
entrare in contatto con 2 tipi diversi di dati : oggettivo (che raccolgo quando osservo lezione nel corpo di paziente deceduto),
legati al racconto soggettivo che fa il paziente al medico (indagine sui sintomi → condizioni ambientali, caratteristiche
comportamentali e fisiche..). Comunicazione dei sintomi → dialogo tra medico e paziente, non possibile utilizzare lo stesso
metodo per fare osservazioni sul corpo e sul vissuto del paziente. Sguardo in cadaverico è oggettivante, mentre l’altro
oggettivante → medico deve far sentire persona libera e autorizzata di poter estirpare propria soggettività attraverso racconto
della sua storia e malattia. Dal punto di vista dei processi di conoscenza → si tratta di due fonti di evidenza non riduili l’una
all’altra. L'inferenza scientifica in medicina di basa sulla possibilità di correlare queste 2 classi di dati. Il sistema delle cause è il
sistema delle spiegazioni che possono rendere contemporaneamente il dato autoptico e quello clinico (sintomi riportati dal
paziente). Non è un metodo che ha una struttura lineare.

Dallo studio di queste prime ⅔ diagnosi di Freud a Vienna (nel libro paradigmi) → a 26 anni negli anni 70 dell’800 quando
divenne famoso anche per queste diagnosi, è un esempio limpido di applicazione di questo metodo scientifico. La neurologia ha
livello di finezza in questi periodo nell'osservazione e nella correlazione fra sintomo e dimensione neuroanatomica sottostante,
che pochi clinici contemporanei sarebbero in grado di padroneggiare.
Paralisi delle pazienti isteriche non potevano avere substrato organico, erano paralisi che non rispettavano
anatomia e non potevano essere ridotte a un problema neuroanatomico.
Conoscenze di riferimento sono di tipo neurologico, ciò che viene osservato nella clinica legata alla sindrome isterica è
qualcosa che non sembra logicamente riducibile a cause di ordine neurologico → Charcot farà tentativi per arrivare a
spiegazioni di ordine neurologico, chiamando in ballo alterazione della fisiologica del sistema nervoso centrale (ipotesi).
Dottor Charcot → quadro “una lezione clinica alla Salpetriere” di Bruyere, dove si vede lezione univesritaria svolta in uala
affolata di personaggi vestti in modo austero, quasi solo uomini sulla dx prof Charcot elabora e discute teoria scientifica avendo
al suo fianco una ragazza che sembra svenuta → sostenuta da un assistente di Charcot (Babinski) e dall’altra un'infermiera, c’è
anche neurologo Tourette e personaggi famosi della vita culturale di parigi. Charcot è stato personaggio affascinante, con
influenza importante, lui era primario dell'ospedale di Salpetriere → ospedale femminile dove erano raccolte le pazienti
epilettiche = perona che avevano o sembrava avessero dei disturbi o alterazioni della coscienza. Ospedale enorme (anche
migliaia di pazienti) → dove c'erano lezioni pubbliche i mercoledì, in cui dava dimostrazioni pubbliche dell’avanzamento della
sua comprensione relativa e a diverse condizioni psichiatriche. Fra queste le lezioni su isteria avevano attrattiva straordinaria →
donna attraente, dall’aria seducente in una scena modello a cui si svilupperà pensiero psicoanalitico, dove ci sono elementi
anche di natura paradossale.
Quadro → iperesposizione della paziente rispetto a platea prettamente maschile, grado di sofferenza paziente manifestato da
contrazione degli arti e attenzione adorante manifestata da assistenti alla lezione.

Charcot è stato avversario dei trattamenti ginecologici nell’isteria, aveva dato una descrizione dell’attacco isterico
concettualizzata attraverso un’alterazione della condizione fisiologica del sistema nervoso.
Aveva descritto 4 fasi dell'attacco isterico tra cui titanismo (sorrisi inquietanti). Salpetriere era la roccaforte di coloro che
avversavano teoria ginecologica dell’isteria, ma → fatti massaggi ovarici. Postura dell’arco isterico → era una fase dell’attacco
isterico (indotto attraverso ipnosi), è spasmo nervoso violento e doloroso in cui corpo paziente si inarca all’indietro e rimane in
equilibrio su occipite (parte posteriore del capo) e dei talloni. Anche maschi, Charcot convinto che isteria poteva raggiungere
maschi quanto le femmine, nelle figure maschili aveva carattere ingravescente e più sfavorevole che nelle donne. è una delle
convinzioni che Freud porterà da Parigi a Londra e che verrà avversata ferocemente all’interno del suo circolo universitario .
Feud lavorava nella clinica di Meinert (neurofisiologo, sulla conduzione nervosa) che era feroce oppositore del fatto che isteria
potesse avere a che fare con gli uomini.
Paziente Blanche Wittman → famosa per la sua avvenenza e perché era particolarmente suggestionabile e una delle preferite da
Charcot nelle sue manifestazioni, chiamata la regina delle isteriche.

Quadri di collezione dedicata a figura di Blanche Wittman. Pazienti → personalità rilevanti che hanno dato contributo
fondamentale a psicoanalisi. Lei era legata da rapporto intenso a figura di Charcot, era come sorta di coppia fissa e in maniera
paradossale a morte di Charcot → miglioramento della condizione di salute, ma non fu in grado di lasciare ospedale, no forza di
staccarsi da luogo e trovò un equilibrio andando a lavorare presso il nascente istituto di radiologia di Ann Marie Curie. Divenne
la sua assistente e andò incontro a questo drammatico susseguirsi di amputazioni, dovute alle conseguenze dell'esposizione al
radio nel laboratorio.
Ha posizione carismatica capace di suscitare interesse di artisti e ricercatori. Mostra di Trieste è parte di iniziative
che si ripropongono per rendere omaggio al sacrificio di lei.
Motivo per cui si ritiene che Blanch sia rimasta a d un ambiente della Salpetriere riguarda la peculiarità del suo
legame con Charcot. Considerati come coppia.
Mesmerismo → esperienze che precorre la scoperta scientifica dell’inconscio, perché all'interno di questa cornice si è
sviluppata prima serie di osservazioni sistematiche su un rapporto psicoterapeutico fra terapeuta e paziente (testo di Mangini).
Mesmer era un brillante studente di filosofia e scienze naturali prussiano che aveva discusso nella sua tesi di laurea
un tema riguardante influssi della luna sullo stato di salute degli individui. Appassionato di fisica, delle nascenti
ricerche sull'elettricità e sul magnetismo. Aveva dedicato alla considerazione dell’importanza dal punto di vista dei
processi della salute umana di queste scoperte, tutta la prima parte dei suoi studi.
All’interno di questi (in aperta opposizione con correnti di pensiero tradizionale e religioso che vedevano disagio psichico e
fisico connesso a disordine spirituale → condizione si peccato o possessione demoniaca) → lui aveva provato ad individuare
una teoria dello squilibrio psichico riferibile a un’alterazione della composizione dell’organizzazione all’interno del corpo
umano di un ipotetico flusso energetico chiamato magnetismo animale. Questo è un costrutto teorico che è del tutto
comparabile al magnetismo fisico, si trasmette per esempio per contatto.
Secondo questa sua ipotesi è anche una caratteristica che varia molto da individuo a individuo e anche a seconda
delle sue condizioni di salute (quando persona sta meglio il suo equilibrio magnetico è migliore, se ci sono
condizioni di malattia/sofferenza l'equilibrio magnetico può essere alterato).
Il modo con cui Mesmer cerca di confermare questa teoria è corrispondente ai dettami della nascente teoria
illuministica del 1700, nel senso che lui si dedica a organizzare un serie di società di magnetizzatori, intellettuali e
filantropi, organizza soprattutto dei protocolli di osservazione.
L’azione treapeutics legata lamagnetismo e alla eroia della magnetizzazione è connessa all’idea che esistano degli
individui che oltre che essere dotati di u n particolare individuo nella loro costituzione magnetica (che può essere
incrementato attraverso condizione di attenta igiene della vita e di regolatezza), dotato anche di surplus di energia
che consente attraverso toccamenti (avvicinare le mani per contatto al corpo del paziente in sequenze
standardizzate, ripetute) di realizzare un riequilibrio della condizione magnetica del paziente stesso.

Magnetizzatori si organizzano secondo modello di società scientifica → create delle scuole di magnetizzazione, dei protocolli
osservativi e una serie di descrizioni e indicazioni relative alla natura del rapporto che si viene a sviluppare tra magnetizzatore e
il paziente sono messe a disposizione della comunità scientifica. Queste costituiscono le prime effettive osservazioni
dell'intensità della relazione emotiva che si crea tra magnetizzatore e paziente. Magnetizzatori sono i primi che danno nome a
questo vincolo → il rapporto, individuano caratteristica personale e sono i primi a descrivere natura peculiare di esso → per
esempio osservano che paziente prende a sviluppare condizione di dipendenza da magnetizzatore che deve essere anche
attivamente contrastata (limite di sedute da intraprendere per non creare eccessivo nel vincolo di dipendenza). All’interno delle
relazioni di cura in cui la paziente è donna si possono sviluppare dei sentimenti
di carattere amoroso nella coppia → data indicazione di evitare di svolgere sedute di magnetizzazione all'interno di condizioni
in cui ci siano dei testimoni e osservatori.
Consepevolezza molto forte del legame che si poteva sviluppare all'interno della pratiche → osservazioni come anticipazioni
visibili all'interno della relazione terapeutica nella psicoanalisi.
La parte della teoria che ha riguardato la natura del fluido magnetico (principio di base di questa terapia attraverso equilibrio
del magnetismo animale) → non ebbe altrettanta fortuna. SUccesso dei magnetizzatori destò sospetti dal punto di vista
dell’accademia del tempo → dalla parte più rappresentativa della comunità scientifica. La commissione che il re di Prussia
incaricò di verificare e stabilire evidenza empirica su natura del fenomeno del magnetismo animale ebbe risultato sfavorevole
→ negato esistenza fluido magnetico.
Una volta venuta meno la fiducia nell'esistenza del fluido magnetico, il successo di questa categoria di guaritori
vene a declinare rapidamente.
Anche altre situazioni avevano aumentato sospetti verso questo tipo di pratica → richiesta di interventi per magnetizzatori era
molto alta e quindi proposta di sperimentare terapia di gruppo che aveva assunto caratteri surreali. Per esempio il benché
magnetico → (bacile, recipiente), situazione in cui venivano riuniti tanti pazienti in uno spazio e il magnetizzatore trasferiva
fluido in un albero o nel bachè (con acqua) ai quali erano legati delle corde attorno. Si facevano queste sessioni di gruppo con
pazienti che dovevano essere collegati attraverso fluido. Dopo 30 anni di diffusione venne ad essere screditata.

Altro filone di modelli terapeutici che si poggia su dimensione che costeggi in maniera pericolosa la ciarlataneria. Diffusione
straordinaria a inizio 800 in Eu → cura tramite sonnambulismo.
Esiste studio antropologico che si chiama la Sonnambula meravigliosa che indaga le caratteristiche di queste figure particolari.
Nell’800 l’ipnotismo e sonnambulismo → ruoli fondamentali nella cultura.
Nel corso 800 si era diffusa credenza che durante stati sonnambolici, fosse possibile alla persona addormentata
visualizzare chiaramente degli elementi disfunzionali relativi alla salute di sé o altri, fosse possibile fare previsioni a
proposito a condizioni di malattia, se non addirittura prevedere lo sviluppo e il decorso di malattia conclamate,
l'insorgere di situazioni di crisi e arrivare fino al punto da fare diagnosi.
Questa caratteristica ancora una volta sembrava associata ad alcune figure, molte femminili e si crearono degli
strani binomi di guaritori costituiti spesso da un medico e una sua paziente sonnambula che esercitavano insieme
questa strana arte di diagnosticare e prevedere l'evoluzione della malattia.
Questo si è concluso dell'800 per esempio in Italia attraverso una serie di processi in cui poi molte di queste figure
sono state accusate di ciarlataneria e quindi diciamo che questa pratica è stata completamente ridimensionata. La
cosa interessante per noi è analizzare come in un certo senso si sia creato una sorta di miscuglio peculiare fra le
caratteristiche e le attitudini, le competenze della figura del medico e della figura di queste pazienti, che poi
andavano a sfociare nella nella creazione di questo stravagante dispositivo di cura, in cui la sonnambula era una
specie di alter medianico della figura del medico e attraverso le sue capacità di leggere nella fisicità della persona lo
aiutava a porre le sue diagnosi.
Ci troviamo di fronte a una diade : a una coppia dove c'è un medico maschio appartenente a un establishment è più
o meno istituzionalizzato (talvolta un sedicente medico ciarlatano) una paziente che spesso poi finiva con l'essere
anche la convivente o l'amante talvolta anche la moglie del medico che mette a disposizione queste sue ipotetiche
capacità.

Legame così forte dal punto di vista personale, la creazione di potremmo di un contesto che era quello della lezione, in cui la
paziente diciamo gioca un ruolo importante che quella del professore nel costituire diciamo la chiave di accesso a questi misteri
dello psichismo umano. Dal punto di vista della teoria Charcot era schierato in una dimensione pienamente in linea con lo
sviluppo delle sue competenze neurologiche. Nel senso che si era convinto che la condizione isterica di queste pazienti fosse
dovuta alla presenza di uno stato di alterazione della fisiologia del sistema nervoso. Questo stato lui non era stato in grado di
descriverlo ma era convinto che sarebbe stato possibile descriverlo empiricamente e scientificamente. Aveva descritto le
caratteristiche dell'attacco isterico con le 4 fasi e le contraddistinguono e aveva notato il fatto che all'interno della terza fase
quella cosiddetta delle attitudini passionali → si sviluppavano dei contenuti deliranti che avevano un carattere erotico o anche
di delirio mistico religioso (da qui il termine legato alle attitudini passionali).

Quello che non aveva assolutamente era collegare queste condizioni psichiche e queste esperienze
psicosomatiche delle pazienti a elementi che potevano riguardare il loro passato o la loro esperienza di vita
pregressa. Per fare diciamo questo ulteriore passaggio dobbiamo prendere in considerazione lo sviluppo della
concettualizzazione sull’isteria ad opera di Freud e il suo collega/amico Breuer, per come viene descritto in quello
che è considerato il primo scritto in ambito clinico psicoanalitico freudiano : cioè gli studi sull'isteria. Freud arriva a
scrivere gli studi sull'isteria sulla base di una serie di circostanze, che lui parte descrive poi anche nelle sue
autobiografie, una prima è folgorazione che ha durante viaggio a Salpetriere a Parigi dove non trova materiale per
portare avanti il lavoro sulle paralisi cerebrali infantili, ma in compenso si convince pienamente del fatto che queste
condizioni psichiche che all’epoca vengono chiamate psiconevrosi (per distinguere dalle psicosi che sono
condizioni di alterazione del funzionamento psichico delle quali è nota e descritta la condizione organica
neurologica di riferimento).
Torna da Parigi con la convinzione che le psiconevrosi sono un ambito fondamentale di indagine per un neurologo
di tutto rispetto e durante il rientro da Parigi anche grazie allo studio di Bonomi che si ferma per un mese
all'ospedale pediatrico di Baginski, dove ha modo di constatare anche le deviazioni e le pratiche inquietanti relativi
ai trattamenti pelvici dei disturbi del comportamento sui bambini. Arriva a Vienna con favore della visione di Sharko
che imputa listeria a un'alterazione del sistema nervoso centrale (che non avrebbe niente a che vedere né con i
genitali e tanto meno con le ovaie o utero) e sulla base di questo scrive nella sua relazione come studente di
dottorato a scrivere tutte le sue osservazioni anche a proposito dell'esistenza di pazienti isterici maschi. Ma questo
tipo di posizione a Vienna viene presa malissimo le sue osservazione sono fortemente criticate e Freud ancora
giovanissimo subisce un po' la prima di una serie di lunghissime delusioni che lui avrà i suoi contatti con il mondo
accademico con cui ha sempre avuto rapporto di odio-amore.
Amore per quanto riguarda un desiderio enorme di entrare a far parte di un contesto universale di ricercatori e di
sapienti e odio perché molto probabilmente fin dall'inizio aveva avuto chiaramente sentore della grande difficoltà
che la sua origine razziale ebraica avrebbe comportato per una eventuale carriera accademica.
Ciò si realizzò sia all'inizio della sua carriera a Vienna sia in maniera molto più drammatica alla fine quando già era
un clinico a firmatissimo e dovette fuggire a Londra nel 36, dopo l'annessione dell'Austria al Reich. Anche è
importante l'identità ebraica di Freud e il peso che ha avuto nello sviluppo di certe scelte non solo professionali, ma
anche proprio di orientamento teorico e concettuale. Freud tornò da Parigi con questa venerazione per Charcot e
mantenne per tutta la vita una rappresentazione del quadro che la lezione alla salpetrière nella stanza d'analisi.
Freud decise di dedicarsi a un lavoro con le pazienti isteriche, lui aveva una convinzione che suo fratello uno dei
suoi fratelli maggiori fosse affetto da questo tipo di condizione psichica (ne parla delle lettere Flyss).
Ma si rivolge anche a questa attività di libero professionista perché ha bisogno di costituirsi una clientela e di
cominciare quindi a lavorare attivamente per realizzare il suo progetto di sposare la fidanzata Marta e mettere su
famiglia a Vienna.

Nell'apertura della sua carriera di clinico e professionista fuori dall'università nell'ambito della Vienna del tempo un ruolo
straordinariamente importante riveste la figura di quest'ora altro medico Joseph Breuer → perché è coautore con Freud studi
sull'isteria e che occupa un ruolo di primo piano ,perché di fatto il primo caso che viene descritto negli studi sull'isteria (che è
considerato diciamo il caso l'origine mitica del modello di cura psicoanalitica) non è un caso di una paziente seguita da Freud,
ma è per l'appunto il caso di Anna O che era stata seguita da molti anni prima. Sulla cui storia Breuer non aveva avuto nel modo
di parlare con nessuno e che in qualche maniera aveva riacquistato un'importanza anche grazie all'interesse di Freud nei
confronti di una ricerca di metodi alternativi a quelli violentemente invasivi legati alle terapie ginecologiche.
Freud non era a favore del metodo ipnotiche che lo considerava un metodo basato su una prevaricazione della libera volontà del
paziente e anche se aveva fatto un periodo di apprendistato alla scuola di Nassi da Bernheim → aveva riportato una grande
perplessità rispetto all'utilizzo dell’ipnosi, che appunto insieme al metodo ginecologico era considerato una delle altre modalità
fondamentali di cura dei sintomi isterici.
Nel senso che se sotto ipnosi il paziente veniva dato un comando in qualche maniera doveva avere un effetto
calmante sui sintomi.
(La pratica del rilassamento ipnotico era una pratica molto comune nella medicina del tempo e ci sono delle
connessioni che esploreremo anche attraverso il contributo del dottor Rombolà Corsini).

Freud dopo essere stato da Charcot ma anche a Nassau, a sud della Francia un mese da Bernheim che è lo scopritore delle virtù
terapeutiche dell'ipnosi → o scopritore dal punto di vista dello sdoganamento nell'ambito dell'Accademia. Bernheim fa queste
sedute ipnotiche con pazienti che possono essere curati soltanto se sono suggestionabili era suggestionabilità → caratteristica
individuale sulla quale non si può influire.
La teoria di riferimento non consente di superare il problema che c'è un numero cospicuo di persone che non sono
suggestionabili quindi non si lasciano ipnotizzare.
Secondo punto Freud diciamo considerava l'ipnosi una forma di manipolazione anche invasiva /violenta dell'equilibrio fisico
del paziente. Nella sua autobiografia lui a un certo punto si ricorda un momento in cui aveva avuto proprio un contrasto col
professor Bernheim perché per si arrabbiava con un giovane contadino che lui stava cercando di ipnotizzare, perché più o meno
consapevolmente opponeva resistenza → si sta contro suggestionando. Freud commenta che il paziente dal suo punto di vista
aveva tutto il diritto di contro suggestionarsi visto che veniva diciamo di veniva imposta una volontà e dei contenuti che non
erano proprio i suoi, ma erano la volontà e i contenuti mentali della figura dell' ipnotizzatore. Lui la considerava una pratica
troppo imprevedibile e troppo basata su una posizione di violento autoritarismo da parte del terapeuta. scrive volevo sapere se il
magnetismo animale la pratica del sonnambulismo metodi diversi

Mesmerismo basata su scoperta del magnetismo animale è una pratica che si sviluppa intorno al 1770, mentre la
dimensione sonnambulica ha più a che fare proprio con le prime intuizioni a proposito degli Stati alterati di
coscienza che poi sono legati anche alla scoperta dell' ipnosi ed è un fenomeno che riguarda il secondo ventennio
dell'800.
Queste condizioni hanno in comune qualcosa che ha a che vedere con la creazione delle condizioni per questi
rapporti così particolari fra medico e paziente e probabilmente anche con qualche dimensione di alterazione dello
stato di coscienza.
Collega parlerà di attuali potenziali e attuali caratteristiche di efficacia clinica dell'ipnosi in una serie di contesti che non
riguardano soltanto la psicoterapia ma riguardano situazioni mediche → ipnosi come metodo di induzione dell'analgesia i
pazienti che sono refrattari ai farmaci o allergici ai farmaci analgesici e anche alla chirurgia sotto ipnosi e sono tutte cose che si
praticano.
Freud praticava ipnosi, con le pazienti isteriche, anche se la nascita del metodo psicoanalitico (freudiano) viene
fatta proprio coincidere con l’abbandono dell’ipnosi.
Breuer utilizzava ipnosi ma Anna era paziente refrattaria a ipnosi, andava spontaneamente in uno stato di
semiveglia sognante e autoindotto che lei stessa aveva imparato a riconoscere che chiamava clouds = nuvole.

Lo sviluppo degli studi sull’isteria


Studi pubblicati da Freud. Opere di Sigmund Freud → 12 volumi .
Dalle prime traduzioni è poi derivata una tendenza a percepire alcuni costrutti freudiani secondo un’angolazione ben precisa.
Esempio → quando Jones negli Stati Uniti cura la standard edition in inglese dei testi Freudiani, traduce la parola pulsione
attraverso il termine inglese Instinct istinto. Così spostando la concettualizzazione su un piano di tipo biologico naturalistico
che lascia molto perplessi, coglie fino a un certo punto quella che poteva essere l'intenzione originaria del testo nella scelta del
termine tedesco.
La prova in itinere per il nostro corso potrebbe avere a che fare con il commento, l'approfondimento e la
ricostruzione delle connessioni teoriche a partire dal testo originale originale di uno degli autori che abbiamo nel
nostro programma.

Allora oggi ho inserito quattro diversi estratti tutti dal volume numero 1 delle opere, alcuni di questi diciamo sono dei testi
minori come per esempio → note alle lezioni del martedì di Charcot che sono proprio degli appunti appunti a margine della
traduzione dal francese al tedesco delle lezioni. Fanno capire bene il tipo di direzione dal fisiologico alla psicologico che
andava prendendo il pensiero di Freud a partire dalla visione classicamente neurologica di Charcot con la quale lui si era
confrontato alla Salpetriere a Parigi.
Poi ho aggiunto pagine tratte da un saggio proprio di descrizione e di lettura critica Della concettualizzazione sull'isteria → si
chiama Isteria di Freud. Analisi dei casi clinici raccolti nel testo del 95 → studi sull’isteria.
Infine una piccola è sintetica diciamo comunicazione teoria sull' attacco isterico la cosiddetta : comunicazione
preliminare che poi verrà ampliata e discussa in maniera molto più approfondita nel post scriptum nella discussione
teorica che c'è nel testo sul studi sull'isteria nella capitolo finale.
Il caso di Anna O → il primo ad essere discusso all'interno di questa opera scritta da Freud e Breuer “degli Studi sull'isteria”
che contiene complessivamente altri quattro studi dell’isteria (Lucy, Amy von Em, Katarina che insieme a quello di Anna
contiene elementi fondativo per questa prima originale concettualizzazione psicologica non fisiologica della sofferenza mentale
).
Periodo in cui Freud diciamo ha già raggiunto una notorietà cospicua come fisiologia, neurofisiologia sperimentale sta
scrivendo su richiesta di un famoso editore viennese la “monografia sulle paralisi cerebrali infantili”. Poi diciamo anche svolto
con successo la sua attività medica all'interno delle cliniche universitarie degli ospedali viennesi → insoddisfatto di questo tipo
di attività clinica. Si rivolge alla pratica privata per motivi di ordine esistenziale → problemi del sostentamento economico della
famiglia.
Trova un collega più anziano di lui il dottor Joseph Breuer come lui ebreo, ben inserito nella comunità viennese
ebraica e stabilisce con lui un sodalizio che in qualche maniera porterà come frutto fondamentale proprio questa
stesura del testo degli studi sull'isteria.
Allora all'interno di questo volume troviamo proprio i fondamenti di una nuova concettualizzazione del rapporto
terapeutico tra il terapeuta e il paziente. Si vede bene attraverso la lettura del testo che le innovazioni sono dovute
talvolta a richieste e proposte intuizioni, che non vengono dal terapeuta, ma vengono da parte della paziente. Il
terapeuta in qualche modo raccoglie e comprende e analizza in funzione della sua personale comprensione della
situazione che si va sviluppando, fino a riconoscere l'importanza punto di queste richieste e ad accettarle elevando
al rango di veri e propri nuovi vincoli metodologici nell’assetto della relazione tra medico e paziente.
Lettura e commento di alcuni passaggi fondamentali della del caso di Anna
Incipit del caso → si osserva la qualità della descrizione in cui viene introdotta questa paziente.
Secondo alcuni si tratta di uno stile che è quasi più somigliante a quello di un romanzo francese ottocentesco che non a quello
di un test di letteratura scientifica. Freud non è ebbe mai in vita riconoscimenti di tipo scientifico e ebbe premio Goethe per la
qualità della scrittura → casi descritti con grande profusione di mezzi espressivi.
“La signorina Anna di 21 anni all'epoca della malattia mi sembra presentare tali nevropatiche di non eccessivo
rilievo costituite da alcune psicosi verificatesi nella sua numerosa famiglia (genitori sono sani di nervi). Prima
sempre sana senza alcun fatto nervoso durante l'età dello sviluppo, è di intelligenza notevole dotata di intuizione
acuta e di una sorprendente capacità di afferrare le relazioni fra le cose. Questo vigoroso intelletto avrebbe avuto la
possibilità di alimentarsi su di un valido nutrimento spirituale, di cui avrebbe avuto bisogno, ma che invece non ha
più ricevuto dopo la fine della scuola. Il suo ricco talento poetico è fantastico era controllato da uno spirito critico
molto acuto che la rendeva anche del tutto in suggestionabile, soltanto argomenti mai pure affermazioni avevano su
di lei un'influenza. La sua volontà era energica e tenace e costante, giungendo talora fino all'ordinazione e
rinunciando alla propria meta soltanto per bontà, per far piacere agli altri. Fra i tratti essenziali del suo carattere
erano la bontà e la simpatia umana, la cura e l'assistenza di taluni ammalati poveri, le furono di grande aiuto nella
sua malattia consentendole di soddisfare un forte impulso naturale. I suoi stati d'animo avevano sempre una
leggera tendenza all'esagerazione sia nell'allegria che nella tristezza, ne deriva anche una certa lunaticità.
L'elemento sessuale era sorprendentemente poco sviluppato…. La paziente questo lo dice proie la cui vita divenne
per me così trasparente come di rado la vita di un essere umano lo può essere per un altro, non aveva mai avuto
un amore e in tutta la congerie di allucinazioni della sua malattia, non è mai emerso questo elemento della vita
psichica“.

Molti elementi biografici su questa figura → Anna o si chiamava In realtà Berta Pappenheim, era una giovane ragazza. Lei
dopo un periodo di crisi molto grave immediatamente susseguente alla fase della terapia descritta nel testo, venne assistita nella
cronicario del dottor Binswanger, però dopo circa un anno si riprese e dedicò tutta la sua vita diciamo all'assistenza degli orfani
e dei malati della comunità ebraica di Vienna e lo fece con una tale profusione di risorse anche intellettuali e organizzative da
essere considerata l'inventrice tra virgolette del concetto di servizio sociale.
Secondo alcuni lei dedicherà la sua attività prevalentemente proprio all’assistenza di giovani orfani della comunità
viennese, orfano come lo era il suo medico Breuer.
Ultima frase del testo → possiamo considerarlo l'incipit della descrizione di un lavoro profondamente psicoterapico, un lavoro
che si basa sull'apertura di uno spazio intimo profondo che viene descritta attraverso questa bellissima immagine di una vita che
diventa trasparente. Una relazione medico paziente che si caratterizza per una grandissima intimità e una sorta di apertura dei
contenuti psichici di una mente (quella del paziente alla mente).
L'aspetto più fisico dei disturbi che hanno caratterizzato il periodo di sofferenza di Anna → vengono descritte delle diverse fasi
molto distinte l'una dall'altra, caratterizzate da dei sintomi importanti. Addirittura nella fase manifesta della malattia viene
menzionata una psicosi particolare → una parafasia (a una difficoltà nel pronunciare le parole), uno strabismo convergente
(gravi disturbi della vista), paralisi da contrattura completa nell'altro superiore destro e nei due arti inferiori e incompleta
dell'arto superiore sinistro, paralisi della muscolatura della nuca. In queste condizioni interviene nella vita della paziente un
grave trauma psichico costituito dalla morte del padre a questo trauma segue un periodo di sonnambulismo persistente che poi
si alterna stati più normali e una serie di sintomi permanenti di carattere oggi neuropsicologico che gradualmente vanno a
attutendo fino circa alla diciamo circa un anno e mezzo dall'esordio di questa malattia.

La vita di questa ragazza e Come è descritta nel saggio diciamo si era svolta prevalentemente all'interno di una
condizione familiare caratterizzata da due dimensioni molto marcate : da una parte una grave malattia del padre al
cui capezzale Anna passava (nel periodo precedente l'insorgenza della malattia) moltissime ore sia del giorno che
della notte, a causa del fatto che le altre persone di famiglia e in particolare sua madre, per una serie di motivi non
avevano particolare attitudine a questo lavoro di cura.
La madre in particolare era una donna molto debole molto ritirata. che molto volentieri lasciava Anna l'incombenza
della cura del padre.
Quindi la morte del padre avviene in un periodo in cui c'è un acuirsi di una situazione già ampiamente
compromessa da lunghissime nottate e quindi anche fatica fisica e stress nervoso, passati in questo lavoro di
assistenza.
Caratteristiche fisiche che potevano emergere in una situazione con una diagnosi di isteria → esempio : “Nella prima fase della
malattia in rapida successione il sviluppò una serie di gravi disturbi apparentemente del tutto nuovi. Dolore all'occipite sinistro,
strabismo convergente che si accentuava notevolmente quando era emozionata, impressione di vedersi crollare addosso la
parete ( = affezione dell'obliquo disturbo, disturbi della vista difficilmente analizzabili, paresi dei muscoli anteriori del collo
tanto che alla fine la festa poteva essere mossa solo se la paziente la premeva all'indietro tra le spalle alzate con il movimento di
tutto il dorso, contrattura e anestesia dell'arto superiore sinistro e dopo qualche tempo dell'arto inferiore destro, la stessa
affezione presa inferiore sinistro in ultima anche al braccio sinistro. Il massimo della contrattura riguardava i muscoli
dell'avambraccio così pure del resto quando l'anestesia poteva essere meglio esaminata la regione del gomito risulta la più
insensibile. “

Una fioritura di sintomi fisici con il carattere intermittente è proprio specifico delle affezioni di tipo isterico, in più e qui
diciamo entriamo nell'analisi delle condizioni che rappresentano lo stato mentale della paziente → vengono descritti in lei
l'alternanza di due stati di coscienza che hanno delle caratteristiche antitetiche.
“Vi erano due stati di coscienza del tutto distinti che spesso e repentinamente si alternavano e che della malattia si venivano
sempre più nettamente separando. In uno stato la paziente conosceva ciò che la circondava era triste e angosciata, ma
relativamente normale nell'altro stato allucinava, era cattiva vale a dire imprecava, buttava cuscini addosso e con le dita rimaste
mobili strappava i bottoni della biancheria da letto e di quella personale o faceva altre cose del genere. Se durante questa fase
era stato cambiato qualcosa nella stanza oppure se qualcuno era entrato o uscito, essa si lamentava che le veniva a mancare il
tempo e rilevava dei vuoti nel corso delle sue rappresentazioni coscienti. Poiché si cercava di contraddirla e di tranquillizzarla
quando sosteneva di diventare pazza → si lamentava”.
Dopo questa caratterizzazione dello stato psicologico della paziente che presenta questa sorta di alternanza di due condizioni
quasi antitetiche, con una reciproca amnesia → non ricorda le cose che avvengono quando si trovava nell’altro stato mentale.
A un certo punto nella fase di ingravescenza della malattia subito precedente la morte del padre iniziano ad
aggiungersi a questo quadro che già di per sé è abbastanza complesso e grave, anche disturbi del linguaggio.
“Contemporaneamente l'insorgere delle contratture si era manifestata una profonda disorganizzazione del
linguaggio. Da prima si vide che le mancavano le parole fenomeno che andava gradualmente aggravandosi, poi io
sto discorso viene a mancare di ogni grammatica, di sintassi e della totale coniugazione del verbo e infine
adoperava solo verbi all'infinito formati erroneamente perlopiù da un participio e non adoperava più articoli”.

Quindi c'è una sorta di disgregazione funzionale che arriva, nel momento in cui tocca la struttura linguistica, ad
intaccare anche alcune connessioni del pensiero logico. Successivamente alla morte del padre si sviluppano due
ulteriori sintomi particolarmente curiosi: uno il fatto che improvvisamente lei smette di parlare di comprendere la
lingua madre e si rivolge a tutti solo in inglese.
Secondo fenomeno è quello che al giorno d'oggi da un punto di vista neuropsicologico chiameremmo di simultanagnosia : cioè
l'agnosia per le cose che sono viste simultaneamente viene ascritto a delle lesioni della giunzione temporo-parietale di destra. Se
mostrato fermaglio e orologio → paziente riesce a vedere soltanto uno di questi due oggetti, quindi vede separatamente il
fermaglio e separatamente l'orologio, se glieli presento contemporaneamente riesce a vedere soltanto uno. Quindi è un deficit
dell’integrazione del campo visivo Sintomi fisici erano prevalentemente presenti per un lungo periodo di tempo e presenti nella
fase prima dello sviluppo dei sintomi verbali e prima della morte del padre. Quindi sono i sintomi che danno il via alla sua
malattia e fanno non si che non venga più tenuta a dormire come assistente personale nella stanza del padre ingravescente, ma
venga in qualche modo ricoverata e ritorni ad essere assistita.
Quindi di fatto questa paresi era presente fin dall'esordio della malattia.
Un caso paradigmatico di quello che poteva essere la presentazione è una condizione di isteria in una paziente di
fine 800. Si tratta di un quadro grave con delle componenti di alterazione del contatto con la realtà e questa
importante disorganizzazione delle funzioni (di tipo cognitivo).

Nella parte centrale dello scritto il punto che a noi interessa cominciare ad osservare è come si va sviluppando il
rapporto terapeutico tra la paziente e Breuer. In maniera diciamo abbastanza spontanea Breuer si organizza per
andare a trovare la paziente con una cadenza praticamente quotidiana, tutti i giorni più o meno alla stessa ora,
questo perché esisteva un’ora in cui la ragazza sembrava più raggiungibile/più in grado di stabilire un contatto con il
medico.
Durante questa fase cominciano ad alternarsi nelle 24 ore degli stati che vengono definiti come una sorta di
profonda ipnosi autoindotta che paziente etichetta con il termine Clouds. Il punto fondamentale che Breuer osserva
è che seppure durante il periodo di Clouds la paziente poteva essere poco disposta a un contatto terapeutico,
perché era completamente assorbita all'interno di allucinazioni a carattere terrificante, “avveniva che se riusciva
tuttavia a narrare le allucinazioni di quel giorno restava lucida tranquilla serena, si metteva a lavorare disegnavo
scriveva per tutta la notte ed era del tutto ragionevole. Verso le 4 andava a letto e al mattino dopo ricominciava con
la stessa scena dei giorni precedenti. Era molto singolare il contrasto tra la paziente incapace di ragionare
perseguitata dalle allucinazioni durante il giorno e la fanciulla perfettamente lucida intellettualmente di notte.”
In maniera spontanea Anna si accorge che lo stato di confusione, di pressione emotiva violenta che corrisponde a
questa condizione allucinatoria che lei chiama Clouds può essere alleviato attraverso la narrazione dei contenuti di
queste allucinazioni e degli stati affettivi alterati che esse comportano.
Si stabilisce quindi una sorta di routine da terapeutica in cui la ragazza si riesce proprio ad allentare e a scaricare la
sua tensione nervosa attraverso la narrazione spontanea dei contenuti di queste allucinazioni.

La descrizione più significativa di questa routine la troviamo nella parte del saggio che racconta l'andamento della terapia dopo
la morte del padre e dopo il trasferimento della famiglia in campagna. Qui succede che Anna non può essere visitata
quotidianamente, ma Bruer ci carica della fatica di spostarsi lui a fine giornata con frequenza almeno in una volta ogni 2 giorni
per consentirle di fare queste attività come di scarico. Prima volta in cui questo modo di alleggerire la tensione nervosa
attraverso la narrazione del contenuto dei sintomi viene chiamata dalla paziente con l'immagine la metafora molto vivida →
spazzare il camino.
“IN campagna quando non potevo visitare la malata giornalmente, la situazione si sviluppò come segue : giungevo
di devo di sera quando sapevo che era nella sua ipnosi e la liberavo di tutta la provvista di fantasmi che aveva
accumulato dopo la mia precedente ed era necessario che questa liberazione fosse completa per ottenere un buon
risultato. Allora essa era del tutto calma e il giorno seguente era gentile, mansueta, diligente perfino serena, ma il
giorno dopo più lunatica e sgradevole e il terzo giorno la situazione peggiora ancora.
In tale stato d'animo seppure nell'ipnosi non era sempre facile indurla a sfogarsi col discorso, procedura questa per la quale
aveva trovato il termine felice serio di : Talking Cure → la cura parlata è quello umoristico di Chimney Sweeping → spazzare
il camino. Ella sapeva che dopo aver parlato avrebbe perduto tutta la sua "energia” e ribellione e quando dopo intervalli
prolungati era di umore rifiutava di parlare e io la dovevo costringere con insistenze e suppliche e con alcuni artifici come
quello di pronunciare una formula introduttiva stereotipata dei suoi racconti. Sempre però parlava soltanto dopo che, avendo
testato accuratamente le mie mani, si fosse convinta della mia identità”.
Al culmine della deterioramento delle sue funzioni cognitive la povera Anna aveva sviluppato anche un disturbo che si chiama
→ prosopagnosia, cioè la incapacità di riconoscere i volti delle persone. Breuer il medico fu diciamo uno di quelli che
sopravvisse più a lungo a questa prosopagnosia, cioè venne riconosciuto anche quando lei non riconosceva per esempio le
infermiere o le cameriere o i familiari. Ma nella fase più acuta di questa sofferenza non riconosceva più nemmeno Breuer e
quindi diciamo aveva bisogno di sentirlo di tastare con le mani a riconoscerlo per potere rivolgere a lui i suoi racconti.
Si comincia a rappresentare la forza di questo legame → è un legame in cui si struttura una relazione di grande confidenza e
fiducia. La condizione fisica della paziente è completamente modulata dalla possibilità di svolgere questi racconti a una persona
di altissima fiducia
Malgrado comunque questa questa condizione la paziente continua ad avere sintomi preoccupanti tra cui diventa idrofobica →
smette di bere, ha problemi ad alimentarsi e le cose peggiorano in maniera significativa in tutte quelle fasi in cui per motivi
personali Breuer non ha la possibilità di andarla a trovare.
Il sintomo dell'idrofobia (cioè il rifiuto di bere e l'orrore proprio alla vista dell'acqua) riveste un'importanza particolare nella
descrizione del caso di Anna perché è il primo sintomo rispetto al quale viene identificata un'origine. Oltre ad avere manifestato
spontaneamente questa propensione a raccontare nel dettaglio i contenuti delle allucinazioni e tutti gli affetti e le tensioni che
erano sperimentate negli stati allucinatori, Anna sempre spontaneamente inizia a ricordare quand'è la prima volta nella quale
compare un certo particolare sintomo. Nel caso del idrofobia nel emerge un dato fondamentale e cioè che nel momento in cui la
coppia terapeuta-paziente riesce a ricostruire la prima occasione in cui si è manifestato un determinato sintomo e a individuare
soprattutto le condizioni emotive connesse a questa prima occasione, da allora in poi il sintomo stesso scompare. Il racconto che
Anna fa è quello di una situazione in cui lei aveva avuto una crisi di rabbia nei confronti di una cameriera, perché diciamo
questa pensando di non essere vista aveva dato da bere al cagnolino nel bicchiere che aveva lei al suo capezzale e questo aveva
creato una reazione di rabbia perché poi non era non era stata creduta → come esito questa forza di reazione di rifiuto
dell'acqua e del bere e di paura dell'acqua.

Breuer nota quindi che i sintomi possono essere trattati se si riesce a ricostruire il momento in cui si sono
manifestati per la prima volta e se all'interno della relazione con il medico, la paziente è in grado di "rivivere e
sperimentare” le emozioni che sono connesse a queste situazioni così sgradevoli. Per esempio le allucinazioni che
per contenuto i serpenti vengono riportate a una situazione in cui Anna sedendo a letto del malato, in uno stato di
dormiveglia aveva visto una specie di biscia nera e avvicinandosi al padre per morderlo.
“Essa voleva respingere la bestia, ma si era sentita come paralizzata. Il suo braccio destro scendendo dallo schienale della sedia
si era addormentato, nell'osservarlo le dita che si trasformavano in serpentelli con tanti pesci costituiti dalle unghie. È probabile
che abbia cercato di schiacciare lì scacciare le bisce con la mano destra paralizzata e che quindi l'anestesia e la paralisi di questa
si associassero all’allucinazione dei serpenti. Un diverbio nel quale represse la sua risposta le causò un crampo alla glottide che
allora si ripete in ogni occasione simile. Quando l'hai capito un'altra volta di reprimere qualcosa che stava per dire in
un’inibizione attiva e quando una volta venne sgridata ingiustamente → in tutte queste occasioni di mortificazione si verificò lo
stesso fenomeno. La tosse si verificò per la prima volta quando durante la veglia al capezzale del padre malato sentendo venire
da una casa vicina il suono d'una musica da ballo, le venne un crescente desiderio di essere là e fu sommersa dagli auto
rimproveri. Da allora per tutta la durata della sua malattia ad ogni musica reagiva con una tosse nervosa”.

Quello che Breuer vuole rappresentare è il fatto che la paralisi sembra essere insorta in una condizione di paura
connessa a questa intuizione non si sa quanto un'allucinazione, una percezione diciamo alterata di questa biscia,
mentre lei stava assistendo il padre al suo capezzale. Intenzione di Breuer è di discutere il fatto che la paralisi fosse
connessa ad una esperienza emotiva significativamente percepita dalla paziente il cui ricordo non era più
disponibile alla mente della paziente stessa. Quindi quando lui all'inizio scrive “la vita di questa paziente divenne
per me così trasparente”, quello che vuole intendere è che d'accordo con Anna sviluppa una modalità di trattamento
dei sintomi che corrisponde al tentativo di recuperare le condizioni del ricordo della situazione in cui sintomo si è
verificato. Questa esperienze hanno tutte diciamo un contenuto emotivo molto forte, stravagante, caratterizzato da
risposte intense (paura per il serpente o della rabbia nella idrofobia), ma alle volte sono esperienze in cui la
componente sgradevole è dovuta a un rifiuto morale.
Il caso in cui lei diciamo sviluppa la tosse nel momento in cui le viene voglia di andare a ballare invece di trovarsi di
assistere il padre e quindi la tosse poi si ripresenta ogni volta che sente una musica ritmata è proprio un caso in cui
il rifiuto di un certo contenuto mentale, deriva da una dimensione di carattere morale.
Molto esplicitamente nel racconto di questo caso troviamo che a partire da una descrizione che prende in
considerazione tutta questa alterazione fisiologica dello stato della paziente, con sintomi fisici e disturbi della
percezione dello stato di coscienza e della motricità, troviamo una descrizione di una ipotesi eziopatogenetica dei
sintomi (cioè di come si sono generati i sintomi) che contiene dei caratteri strettamente di tipo psicologico.
Nel momento in cui si parla del fatto che la paziente viene sommersa dai rimorsi perché si vergogna di desiderare di andare a
ballare, mentre ha a casa il padre morente → esperienza che non ha una caratteristica pregnantemente fisica, ma è un'esperienza
caratterizzata da certi dati di tipo psicologico.
Nella parte finale → Breuer racconta forse anche decisamente in modo troppo ottimistico e cioè che le percorrendo all' indietro
nel tempo la genesi di tutti i sintomi fu in grado di liberare completamente la ragazza da questa pletora dei sintomi fisici .

Un pezzo della comunicazione preliminare a proposito dell’attacco isterico :


Siamo pervenuti alle nostre vedute sull'attacco isterico trattando i soggetti con l’ipnosi, interrogando e studiando i processi
psichici durante l'attacco. Per quanto riguarda l'attacco isterico abbiamo fissato i punti che seguono e ai quali poniamo la
premessa che abbiamo considerato indispensabile per la comprensione dei fenomeni isterici l'ipotesi di una dissociazione →
cioè di una disgregazione del contenuto di coscienza
1. il contenuto essenziale di un attacco isterico ricorrente è il ritorno di uno stato psichico che il malato ha già precedentemente
vissuto, in altre parole il ritorno di un ricordo (→ nella postfazione ai casi clinici degli studi sull'isteria Freud e Breuer
scriveranno che i malati soffrono di reminiscenze). Affermiamo quindi che la parte essenziale dell'attacco isterico è contenuto
nella fase è evidente che contiene un ricordo della vita del paziente e spesso sempre lo stesso. Le manifestazioni in motoria
dell'attacco hanno un rapporto col suo contenuto psichico e rappresentano l'espressione generale di un moto interiore che lo
accompagna, oppure corrispondono esattamente alle azioni compiute dal processo mnestico allucinatorio. Il contenuto
psicologico dell'attacco isterico conta non di meno se non di più, che non nel suo contenuto e il suo processo di tipo fisiologico.
Si tratta del ricordo di un'azione e di una situazione psichica che è effettivamente accaduta alla persona ammalata
2. Il ricordo che forma il contenuto dell' attacco isterico non è un ricordo qualsiasi, ma è il ritorno dell'evento che ha
causato l'attacco isterico (il ritorno del trauma psichico). Indagando, seguendo la via che abbiamo invitato il
contenuto degli attacchi di isteria femminile, ci si imbatte in eventi che per la propria natura sono pure adatti ad
agire da traumi : lo spavento la malattia la delusione. Di regola il grande trama singolo viene sostituito da una serie
di drammi minori tenuti insieme per affinità o perché tutte parti di una stessa tribolazione. Spesso questi malati
hanno diverse specie di attacchi e ogni specie ha un particolare contenuto anamnestico. In un terzo gruppo di casi
si ritrovano quale contenuto degli attacchi, ricordi che in sé per sé non sembrerebbero avere valore traumatico ,ma
che devono chiaramente tale valore al fatto che per la loro coincidenza con un momento di aumentata disposizione
patologica vi si sono associati e sono stati quindi elevati a traumi.
3. Il ricordo che forma il contenuto dell'attacco isterico è un ricordo inconscio o per meglio dire appartiene a un
secondo stato di coscienza ed è più o meno altamente organizzato in ogni tipo di isteria. Il problema del contenuto
amnestico degli attacchi isterici coincide quindi con il problema di quali siano le condizioni normali per cui un
evento, da rappresentazione o proposito venga accolto nel secondo stato di coscienza invece che in quello
normale. Se l’isterico vuole intenzionalmente dimenticare un evento se violentemente lo allontana da sé, lo inibisce
o reprime un proposito/una rappresentazione, questi atti psichici cadono allora nel secondo stato di coscienza dove
esplicano i loro effetti permanenti, mentre il ricordo di essi ritorna come attacco isterico. Per esempio isteria delle
monache, delle donne continenti (che hanno contenuti sessuali), dei ragazzi ben educati che dicono parolacce e
bestemmiano, di coloro che sentono un inclinazione per l’arte e poi fanno gesti osceni.”
Si parla ancora di uno stato di coscienza secondo il modello di Charcot e si dice che un certo ricordo può diventare traumatico
sia perché contiene in sé degli elementi riprovevoli per la coscienza o anche caratterizzati da forti contenuti emotivi, sia perché
quell'evento viene in qualche maniera esperito quando la persona già si trovava all'interno di questo stato di coscienza. C'è un
po' una sovrapposizione con concettuale fra queste due ordini di spiegazioni la spiegazione di tipo fisiologico e psicologico →
ancora molto strettamente intrecciate.
La conseguenza di questo tipo di terapia nella vita di Anna → per quanto riguarda la conclusione della terapia le cose non ci
sono svolte minimamente come così come sono descritte “negli studi sull'isteria” → Breuer racconta di essere riuscito a liberare
completamente la paziente dei sintomi facendole ricordare i contenuti mnestici elle situazioni traumatiche che erano all'origine
dei sintomi stessi.
Questa è la cosiddetta teoria della abreazione degli affetti che dice che fondamentalmente quando noi abbiamo
un'esperienza carica di contenuti emotivi (la parola affetto, Freud e Breuer in linea con la psichiatria del tempo la
utilizzano per indicare uno stato mentale caratterizzato da una forte componente emotiva e somatica). La situazione
di partenza (somatica) è caratterizzata da ricordi che hanno contenuto molto attivo dal punto di vista degli affetti,
che per qualche motivo che vuoi sia collegato a un rifiuto attivo da parte della coscienza del malato che vipo sia
collegato a una condizione fisiologica alterata, non sono stati esperiti pienamente al momento del primo evento
traumatico e sono stati gestiti attraverso una modalità che finisce col con lo strutturare la condizione sintomatica.
Queste esperienze mentali hanno come una sorta di duplice destino. I contenuti del ricordo, che Freud chiama le
rappresentazioni mentali del ricordo, vengono di fatto dimenticate, mentre componenti affettive → quindi la tensione emotiva
viene scaricata nella formazione del sintomo → sintomo che parla esplicitamente della scena traumatica e questo in
connessione con l'intuizione originaria di Charcot che : il paziente mettesse in scena qualcosa di passionale durante l'attacco
isterico. Quello che Breuer e Freud aggiungono alla spiegazione di Charcot è che questo qualcosa di passionale, non è un moto
spontaneo della psiche del malato. ma è la riedizione di un contesto di affetti ed azioni che hanno a che fare con la scena
traumatica che ha causato inizio della sintomatologia. Il sintomo fisico parla nella condizione fisica e delle emozioni nel
momento in cui la situazione di sofferenza si è generata. Con termine abreazione degli affetti Breuer descriverà il fenomeno per
cui è possibile ridurre la presenza dei sintomi ricollegando la scarica affettiva all'esperienza del ricordo della situazione
traumatica iniziale. Quindi questo di fatto ricompone la dissociazione fra il contenuto mnestico del ricordo e la scarica affettiva
che ha dato origine alla situazione patologica.
La abreazione degli affetti corrisponde a una scarica emotiva che per qualche motivo al momento di lasciare
aromatica iniziale non si è potuta verificare e ha dato origine alla sua corrispettiva manifestazione nel sintomo fisico.
Questo metodo di cura che Freud più volte dichiarerà di avere appreso da Bruere viene chiamato metodo catartico ed è
considerato un precursore del metodo psicoanalitico → non è il metodo della psicoanalisi, che sarà diciamo un'evoluzione di
questa prospettiva, è un precursore che si basa sull'idea che la sofferenza psichica nell'isteria sia dovuta alla reminiscenza in
qualche maniera alterata di questi ricordi.

Freud quasi subito dopo la pubblicazione degli studi sull'isteria in cui Breuer aveva rifiutato in maniera categorica di
considerare la valenza eziopatogenetica dei contenuti delle rappresentazioni sessuali, aveva iniziato in maniera indipendente a
scrivere di questo tema → cioè a sottolineare come gli eventi e le rappresentazioni mentali che avevano contenuto sessuale
fossero le più indicate e le più adatte a produrre la sintomatologia che si osservava nelle pazienti isteriche.
Per un certo periodo di anni lui sostenere in maniera molto vigorosa l'idea che l'evento traumatico alla base dei sintomi fosse di
natura sessuale e in particolare legato al tema dell'abuso sessuale nell'infanzia → teoria della seduzione.
Nel caso di Caterina ci troviamo in presenza della prima descrizione nella Storia della letteratura psichiatrica
dell'attacco di panico e la presenza di questi sintomi attacco di panico vengono ad essere collegati da Freud a una
condizione di sofferenza legata a una scena di abuso intrafamiliare.
Freud tenderà a enfatizzare in futuro il carattere sessuale dei contenuti allucinati dalla ragazza Anna, però nessuno
poi è stato in grado di discutere se ci fossero altri elementi che riguardassero eventi o situazioni di traumi sessuali
nel passato di Berta.
L’irrompere in maniera tema erotico nella cura di Berta → esito della sua vita sconvolgente. A un certo punto la moglie di
Breuer comincia una seccarsi del fatto che il marito mentre loro erano in vacanza lasciasse il luogo di villeggiatura per andare a
trovare Berta malata e lo convinse ad allontanarsi e ad andare via con lei per un periodo. Il giorno prima della partenza del
dottor Breuer che era stata repentinamente annunciata aperta durante una delle loro sedute pomeridiane.
La ragazza ebbe una criso delirante → delrio : fatto che stesse per partorire il figlio del dottor Breuer. Si spaventò e decise di
non proseguire, affidandola a quello che era considerato lo psichiatra più esperto Binswanger (psichiatra fenomenologo) e
chiedendo che venisse urgentemente ricoverata nella clinica.Lei si rifiutò per tutta la vita di fare dichiarazioni A proposito di
suoi rapporti con la nascente psicoanalisi, col movimento psicanalitico e col dottor Breuer.
Il contenuto e l’intensità affettiva della relazione con il terapeuta, nel momento in cui lui si ritira/si sottrae
attivamente a questo investimento. Non si conosce niente del pregresso della vita di questa ragazza oltre quello
che si è dato sapere dal caso clinico ed alcuni scritti autobiografici.
Quando si ritira la dimensione erotica irrompe violentemente nella scena.

La convinzione sempre più determinata del fatto che un evento può avere una caratteristica traumatica a causa del tipo di
repulsione e di rigetto che suscita nella persona → una causa del rigetto può essere quindi per esempio il senso morale, se molto
sviluppato una sorta di senso del dovere legato un tema oblativo (desiderio di dedicarsi alla cura degli altri) posso rendere
particolarmente odioso un pensiero. L'aspetto religioso in questo caso può contribuire a creare una sorta di ripulsa per un certo
tipo di contenuti psichici. L'elemento psicologico si va a rendendo sempre più indipendente in questa concettualizzazione da
quello fisiologico.
(Bambino e folle hanno in comune di dover essere riportata una sorta di disciplina degli aspetti incolti → nel bambino gli
aspetti incolti sono quelli legati alla sua natura e quindi alla sua mancata socializzazione e all'essere così vicino a uno stato di
connessione naturale con i suoi istinti. Nel folle si ritiene che invece gli istinti siano in qualche modo deviati. L'analogia è
legata a questo tema della educabilità).
Originariamente sembrerebbe prevalente la dimensione di ripulsa. Un altro esempio il caso → Emy von Am, un'altra delle
pazienti descritte nella studi sull'isteria. Nella costruzione dei ricordi che fa Freud durante la terapia emerge che una scena tra
traumatica era costituita dalla situazione al funerale della sorella, la paziente si era sorpresa a pensare “adesso mio cognato è
libero e lo posso sposare io” → vedere l'elemento sessuale legato al desiderio o elemento legato alla proibizione di questo
desiderio → siamo a cavallo tra queste due dimensioni. Freud si era andato convincendo in maniera sempre più forte della
rilevanza della cosiddetta eziopatogenesi sessuale → cioè della centralità dei traumi che avevano a che fare con la sfera
sessuale, nel generare in sintomi isterici e sappiamo che Breuer era contrario a questa spiegazione.
A quell'epoca la sessualità era circondata da una area di rifiuto morale quindi non è facile dividere le due parti, ma
separabilità può essere rivalutata all'interno di una cornice teorica : che è quella del progetto di una psicologia per
neurologi.

Caso clinico di Caterina → un'importanza notevole dal punto di vista della comprensione di una dimensione del funzionamento
psichico che è proprio centrale nella teorizzazione psicodinamica, non solo freudiana.
Lei è la giovane figlia sedicenne di un albergatore presso quale Freud risiede durante una vacanza in montagna.
Una ragazza molto spontanea e molto aperta alla conversazione, nel momento in cui apprende che è presente
presso il suo albergo questa figura di illustre medico neurologo e si rivolge in modo molto aperto lamentando una
sintomatologia che le sta rendendo la vita veramente difficile.
Si rivolge a lui chiedendo di essere aiutata rispetto a una sintomatologia ingravescente → le stava rendendo difficile sta
prendendo proprio difficile la possibilità anche di uscire di casa e di fare una vita normale.
Descrive degli attacchi che iniziano con un respiro affannoso che si trasformano rapidamente in una mancanza di
respiro, senso di oppressione al viso, alle palpebre e poi un forte oppressione al petto. A questo si associa molto
rapidamente una sensazione di movimento di paura e a seguire anche un forte senso di nausea, un desiderio di
vomitare. Interrogata sulla qualità delle emozioni che si collegano a queste sensazioni lei risponde di avere una
grande paura durante questi episodi e racconta che alla fine di questi, spesso le compare l'immagine di un volto
terrificante, deformato nei tratti, che lei per il momento dice di non essere assolutamente in grado di riconoscere
fredde.
Freud individua in maniera abbastanza rapida la sintomatologia ricollegando a delle crisi di angoscia e questa
descrizione di Caterina viene ad essere considerata la prima espressione dell' attacco di panico nella storia della
psichiatria. Freud si chiede se è il caso di indagare ulteriormente con questa ragazzina che in fondo gli si presenta
in un contesto del tutto insolito e spiega che è molto colpito dalla naturalità con cui questa ragazzina parla della sua
situazione. Sorta di conversazione, di colloquio in cui lui più che altro ha tirato a indovinare a partire da certi
elementi e ha valutato se i suoi suggerimenti corrispondevano a una qualche forma di accettazione da parte della
ragazza.

Il primo punto di questo tirare a indovinare riguarda la connessione di questa sintomatologia di angoscia le
situazioni che possono essere legate a una specifica classe di ricordi. Freud chiede se poteva ricollegare l'origine di
questa sintomatologia a un momento preciso e lei risponde che poteva farlo. Questi sintomi erano insorti quando si
era trovata a vivere un episodio particolarmente increscioso che vedeva coinvolto suo zio e suo cugino. In realtà
persone coinvolte in questa storia non erano lo zio e cugino e la cugina, ma erano nella realtà il padre il fratello e la
sorella di Caterina e aggiunge anche dal suo punto di vista c'è un fortissimo rammarico nel dover fare degli sforzi
per trovare un equilibrio.
Episodio avvenuto pochi mesi prima → nella locanda tutti cercavano tuo padre che era scomparso e dopo poco si erano accorti
che mancava pure questa ragazza → sentono rumori dalla porta e spiando da finestra, lei vede cugina/sorella giacere a letto
sotto lo zio/padre. questa situazione a carattere sessuale con anche una diciamo forte connotazione di aggressione ha uno
sconvolgimento totale, questa profonda crisi di vomito che la fa stare male, sconvolta.
Freud le chiede se si ricorda in maniera diciamo dettagliata di questa scena e se il viso spaventoso che lei vede
nella sua rappresentazione, può avere a che fare con questa scena. Lei risponde che non aveva mai posto
attenzione alla connessione degli attacchi con l’episodio. Viso non corrisponde a niente che può essere comparso
all’interno della scena.
Sulla base di questa prima rappresentazione di un ricordo Freud si convince che questa scena traumatica non può
essere unica fonte degli attacchi, non può essere questa la situazione che ha generato la conversione isterica con
la creazione dei sintomi somatici. Questo perché intanto i ricordi lei può richiamarli alla coscienza e quindi non sono
rimossi. Secondo ci sono degli elementi di questa scena che rimangono non spiegati, i sintomi fisici si connettono a
questa rappresentazione, mentre la faccia che compare non si connette.
Freud sulla base di questi elementi chiede alla ragazza di provare a stabilire dei collegamenti tra la situazione che
aveva raccontato e altre nel passato. Con questa modalità di seguire i dettagli delle catene associative si arriva a
ricostruire che lei in un'età molto più precoce era stata essa stessa vittima da questi assalti da parte del padre.
Freud commenta che la differenza sostanziale fra la prima condizione (quella appunto di questa situazione che
cronologicamente precede il ricordo della sorella) e la seconda condizione (io alla sintomatologia) potrebbe essere
commessa da una parte al grado di maturazione proprio psicofisico della ragazza e dall’altra a una comprensione
sbagliata dell'evento. Lui ipotizza che lei si sia resa perfettamente conto del significato della scena osservata,
mentre per quanto riguarda le scene che riguardavano lei stessa e che risalivano ad anni prima, non ci sarebbe
stata una reale comprensione dell’implicazione sessuale di queste scene fino a quando questa implicazione non
viene riscignificata = retrospettivamente riattribuita al primo evento nel momento in cui la ragazza assiste alla
violenza sulla sorella.
Comincia a tratteggiarsi una teoria eziopatogenetica del sintomo isterico, che viene richiamata come “la teoria del
secondo tempo del trauma”. Freud si convince che nella genesi dei sintomi isterici spesso i ricordi che sono più
immediatamente accessibili alla mente del paziente, non rimangano alla vera scena che ha causato la
sintomatologia isterica. Questo perché come prevede la teoria della eziopatogenesi traumatica, il sintomo si genera
perché c'è una scena traumatico il cui contenuto ideativo viene allontanato dalla coscienza attivamente e il cui
contenuto affettivo cioè l'emozione, lo Stato corporeo viene trasferito e scaricato nel sintomo fisico.
Se una certa scena è facilmente accessibile alla memoria non è rimossa.
Secondo Freud il fatto che la paziente ricorda effettivamente la scena (nel caso di Caterina la scena della violenza
sulla sorella) dia l’avvio alla sequenza traumatica risignifica (cioè riconferisce significato = chiarisce il significato) di
una scena molto più remota alle quale probabilmente la paziente non era stata in grado di connettere il vero atto
sessuale.
La paziente fra i 12 e 14 anni subisce queste aggressioni che spaventano moltissimo e riesce anche ad opporsi → non
acquistano significato e l'implicazione fino a quando lei è molto più grande, matura e competente rispetto alle cose sessuali, e
vede la stessa scena in cui è coinvolta la sorella.
La comprensione dell’implicazione traumatica delle seduzioni paterne in un secondo tempo conferisce valenza
traumatica alla prima serie di ricordi. Si assiste al fatto che la causalità di un processo psichico può essere non
lineare, cioè qualcosa che viene dopo può influenzare in modo causale qualcosa che viene prima del tempo.
A questo punto vengono rimossi i ricordi che la riguardano direttamente, perché lei la scena della sorella l’aveva in
mente ma non l'ha mai colta nella sua realtà fra la sua personale precoce e i sintomi.
Questa modalità di comprensione a scoppio ritardato viene definito “apre cout” (come in contraccolpo).
Nel caso di Caterina l'evento non è traumatico finché non viene in modo significata la sua implicazione sessuale. Filone →
secondo cui modo in cui sono percepiti gli eventi dipende dallo sviluppo psichico che stiamo attraversando e man mano che il
nostro sviluppo procede in un certo senso noi ridisegnamo la storia delle nostre esperienze precedenti.
Ci stiamo muovendo verso una dimensione in cui la causalità (legame causa-effetto) non è quello del mondo reale
esterno in cui una cosa per influenzarne un'altra deve venire prima del tempo, il futuro non influenza il passato.
Nuova modalità di funzionamento che sarà proprio la rappresentazione del funzionamento psichico in Freud in cui
c’è una circolarità, non c'è linea cronologica e gli eventi possono essere risignificati.
Ciò che avviene in un momento può avere questa sorta di retro effetto sull’esperienza psichica passata → diventerà concetto
centrale nella visione del funzionamento psichico freudiano → Nachtraglichkeit.
Caterina rimuove ricordi che riguardano la sua esperienza, ma dopo non aver fatto l'esperienza.
Tra i 12 e i 16 anni→ i contenuti mnestici di questi episodi con il padre se li ricorda, ma di questi episodi non li attribuisce ad
atti di violenza. Nel momento in cui vede scena della sorella capisce di essere stata lei stessa oggetto di tentativi di violenza →
succede che i ricordi che riguardano lei stessa sono rimossi e dopo un po' di tempo sorge il sintomo isterico = l'attacco di
panico.
La piena maturità sessuale è implicata nel fatto che lei possa reagire con un affetto → con reazione emotiva che mobilita
anche sul corpo alla vista della scena della sorella, cosa che non è avvenuta quando lei stessa era stata oggetto di quelle
situazioni. In più c’è la comprensione della natura moralmente riprovevole.

L'eziopatogenesi traumatica riguarda sia la teoria di Breuer che lega insorgere dell’isteria a un particolare evento dimenticato e
quest’altra teoria che è una sorta di evoluzione concettuale della precedente → ha elemento affascinante, cioè l'apertura a un
funzionamento psichico che è basato sulla causalità lineare.
Per Freud → il tempo nella nostra vita psichica non funziona come funziona fuori (rispetto agli eventi del mondo esterno).
Questo funzionamento che viene descritto nel caso di Caterina diventerà paradigmatico nella teoria della seduzione a cui Freud
si dedica completamente (dopo rottura con Breuer).
La questione sessuale essendo presente nello sviluppo dell'individuo → questo forte gradiente di maturazione sessuale, si presta
molto bene ad essere individuata come fattore eziopatogenetico. è frequente che un evento abbia implicazioni sessuali che
vengono comprese solo successivamente.
Caterina poi racconta Freud anche altre implicazioni di carattere familiare che erano connesso alla visione della faccia
terrificante, perché viene fuori che quando lei aveva assistito a queste situazioni compromettenti con la sorella (ancor prima
della scena in cui vede effettivamente la violenza dalla finestra) lei aveva parlato di questa cosa la madre → non era stata
collusiva con il padre e lo aveva sbattuto fuori → divorzio.
Il padre era furibondo con Catalina proprio a causa del fatto che lei avesse parlato e la faccia che questa povera ragazza vedeva
nelle allucinazioni, era la faccia furibonda del padre che quelle volte che dopo il divorzio con la madre la minacciava perchè lei
aveva parlato → senso di colpa : groviglio veramente molto violento di questa situazione familiare.
Nella riedizione degli studi sull’isteria → descrizioni dei casi clinici rimangono inalterate, post-scriptum → in cui affermava
sua convinzione è che il fattore sessuale si presta particolarmente bene ad essere considerato come causa prevalente (intorno al
94 95 96). Il fattore sessuale come esempio paradigmatico delle caratteristiche di un fattore traumatico che può generare
sintomi isterici.
All'epoca loro sapevano che c'era una classe di fenomeni la cosiddetta “isteria traumatizzata” in cui il trauma era uno shock →
un incidente con la morte di una persona cara o trovarsi in una grave malattia che aveva messo a repentaglio la propria
sopravvivenza.
Caso di Lucy, una ragazza, governante di due bambini, figli di un signore vedovo → sente continuamente odore di dolce
bruciato, in realtà era connesso ad altri ricordi in cui c'era stato invece un odore di fumo che a sua volta erano connessi a
situazioni in cui la ragazza che l'ha capito che si era illusa rispetto al fatto che questo padre delle bambine si sarebbe potuto
innamorare di lei→ legata a una delusione amorosa.
Non aveva subito violenza o seduzione, aveva frainteso quest'uomo che si era un po' lasciato andare dicendo
quanto gli mancava una figura femminile.
Apre cout → andare a studiare concatenazione dei ricordi che sono connessi al sintomo traumatico.
Gli Studi sull'isteria vengono pubblicati in un momento in cui la relazione fra Freud e Breuer si è già profondamente
deteriorata. Freud stava rivolgendo i suoi interessi in diverse aree : gli viene richiesto di scrivere il testo sulle paralisi
cerebrali infantili e dall’altra il suo interesse è verso la clinica delle psiconevrosi e soprattutto comincia ad essere
mosso da un profondissimo desiderio di poter rappresentare le varie scoperte che andava facendo nel rapporto con
le pazienti isteriche in un modello del funzionamento psichico.
Di formazione era un neurologo, quindi il suo modo di ragionare per costruire un inferenza scientifica si basava
sull'idea di avere da una parte una clinica in cui ci si accorda alla soggettività del paziente per raccogliere da lui
quanta informazione possibile sulla sintomatologia. Ma dall'altra in questo ragionamento c’è il bisogno di rifarsi ad
uno standard universale che in medicina era costituito dalla rappresentazione anatomica del corpo umano. Quindi
lui fa cerca di costruire mentalmente un modello che dal punto di vista del funzionamento della mente prenda il
posto che nella medicina ha l'anatomia e la fisiologia.

Chiamato apparato psichico → l'apparato è un termine che usiamo in biologia e medicina per indicare un insieme di organi che
funzionano in maniera coordinata per sviluppare la medesima funzione (per esempio apparato digestivo). Dobbiamo
immaginare che alla fine della stesura degli scritti sull'isteria, dove pure la teoria viene riconosciuta come un primo abbozzo di
una teoria psicologica del sintomo, Freud si imbarca in questo tentativo speculativo di provare a dare una raffigurazione del
processo di funzionamento di questo apparato. Primo percorso che lo attrae è quello di provare a dare una raffigurazione di
questi funzionamenti sulla base di un modello neurologico. Funzionamenti = scoperte che aveva fatto attraverso studio
dell’isteria ovvero il fatto che le rappresentazioni sono presenti nella nostra mente, caratterizzate da una componente ideativa ed
da una componente affettiva. L’ideativa può avere un destino diverso dalla componente affettiva, la componente ideativa
possono sussistere in uno stato di rimozione in cui essa risulta come dimenticata o non accessibile alla coscienza. La
componente affettiva connessa originariamente in una scena a un certo contenuto ideativo può subire una conversione ed essere
trasformata in un sintomo fisico che l’abreazione degli affetti (la tecnica proposta da Breuer realizzata all'interno della pratica
terapeutica), poteva funzionare per ricollegare un certo tipo di contenuto ideativo rimosso alla sua controparte e che esistevano
delle classi di contenuti (per esempio quelli di carattere sessuale ma non solo) che in qualche maniera risultava non accettabili
alla coscienza. Lui era proprio alle prese per questo tipo di domande.
E che cosa vuol dire che una rappresentazione neurale di una scena vissuta (un ricordo) è inaccettabile?
Come si fa a trasferire l’accettabilità morale in un tipo di rappresentazione neurale?
Stato rimo tentativo di costruire un modello del funzionamento psichico attraverso modello neurale.
Molto spesso le teorie psicanalitiche nascono all'interno di contesti dove le implicazioni di tipo personale non dico
che hanno carattere dominante, ma hanno una rilevanza che non è il minore rispetto alle implicazioni di tipo astratto
o teorico.

Questo è un po' una caratteristica delle scoperte di psicanalitiche che secondo alcuni (Francesco Conrotto), per
esempio che si tratta anche dello sforzo che la nostra mente fa per teorizzare a partire da qualcosa la cui stessa
conoscenza è impossibile. Se dobbiamo teorizzare su qualcosa che è inconscio e non puoi essere conosciuto,
bisogna muoversi nella direzione di un'integrazione cui la fantasia e l'immaginazione almeno inizialmente devono
avere qualche ruolo fondamentale.
Contesto di vita all'interno del quale si colloca la stesura del progetto, con fonti : l'edizione integrale del carteggio Freud-Fliess
ad adopera di Masson che la pubblica nel 1975 → prima era stato pubblicato in una versione brutalmente censurata da Anna
Freud, la quale aveva sistematicamente occultato tutte le lettere che avevano a che fare con le questioni personali Freud e Fliess
che potessero sembrare in qualche maniera poco edificanti o stravaganti dal punto di vista delle teorie di cui si parlava.
William Fliess → famosissimo otorinolaringoiatra torinese, che Freud frequentava, perché era un famoso ricercatore e in un
certo senso Freud l’aveva come una sorta di ideale di quello che sarebbe voluto diventare attraverso la sua stessa attività clinica.
Era anche un medico a cui Freud si rivolgeva attivamente → perché in questo periodo siamo nel periodo in cui fase di
sperimentazione dell’usp analgesico della cocaina, scrive una monografia sul funzionamento della cocaina come analgesico
(con il titolo Hubert Coca).
Ne fa un uso abbastanza continuativo che gli procura grossissimi disturbi e una sorta di necrosi alle narici per la
quale sarà seguito da Fliess.

La questione della cocaina è legata anche a un ricordo /episodio drammatico nel periodo in cui sperimentava
appunto sull'uso analgesico della cocaina, Freud aveva consigliato a un suo collega che aveva sviluppato una
fortissima dipendenza da morfina di provare a svezzarsi dalla morfina facendo ricorso alla cocaina e questo
giovane medico, aveva avuto un arresto cardiaco ed era morto in conseguenza dell’uso della cocaina suggerito da
Freud. C'erano delle questioni anche molto serie legate alla dimensione della responsabilità medica, dell’a
pericolosità di certe pratiche suggerite.
Nelle lettere tra Freud e Fliess e dalla serie di ricostruzioni storiche (una delle quali : il lavoro sull'autoanalisi di
Freud poi condotto a termine dallo psicanalista francese negli anni 50 e poi pubblicato intorno al 75 in italiano).
Connessi con i sogni che sono discussi nell'interpretazione dei sogni e che noi sappiamo essere legati proprio a
questa dimensione autobiografica.
Paziente a lei si riferisce un sogno che ha una posizione centrale nella pubblicazione del 1900 “L'interpretazione dei sogni”, che
si chiama il sogno dell'iniezione di Irma, questa paziente Irma compare in un sogno che ha un’importanza talmente straordinaria
nella costruzione della comprensione del funzionamento psichico e del funzionamento del sogno da parte di Freud, che nel testo
L'interpretazione dei sogni questo sogno viene chiamato “Un sogno campione” → prototipo dell'analisi del sogno.
Le vicende che riguardano questa paziente in realtà sono drammatiche, che si svolgono all'interno di una situazione triangolare
che riguarda Freud, Fliess e la paziente e che in un certo certo senso fanno proprio da sfondo al ripensamento profondo delle
concettualizzazioni legate alla teoria delle seduzione che poi porterà Freud da una parte a mettere in crisi la sua convinzione
sulla correttezza della teoria della seduzione e dall'altra a sviluppare, attraverso il procedimento dell’autoanalisi, la
concettualizzazione legata al complesso di Edipo → a entrare all'interno di quella struttura teorica che viene considerata
fondativa del modello psicoanalitico freudiano.
L’autoanalisi Freud che compare sulla scena Europea intorno alla fine degli anni 50 e che è un lavoro di libera associazione di
gruppo sui contenuti dei sogni, pubblicati da Freud nell'interpretazione dei sogni → quasi tutti derivano dall autoanalisi.
Analista francese ha fatto insieme a gruppo di lavoro in questa rivista francese ha fatto una ricostruzione dettagliata di tutti i
riferimenti biografici e storici contenuti nei sogni pubblicati da Freud nell'interpretazione dei sogni. Sorta di ricostruzione
storica e psicologica dell’origine della teoria psicanalisi.

Definizione della situazione di contesto che ho portato al tentativo di formulare una teoria del funzionamento del
cosiddetto parapsichico, che potesse tenere dentro di sé una serie di evidenze che Freud aveva dedotto dal suo
studio dei casi di isteria e prevalentemente dalla sua esperienza clinica con questa tipologia di pazienti e quella
classe più generale delle sofferenze di tipo nevrotico che all'epoca venivano definite nevrosi.
Situazione : intorno agli anni che precedono immediatamente la pubblicazione degli Studi sull'isteria 1895. Freud ha
già consumato in qualche modo il suo distacco dalla concettualizzazione teorica condivisa con Breuer e si è affidato
alla cosiddetta teoria della seduzione, cioè all'idea che fattore eziopatogenetico principale nella genesi della
sintomatologia isterica sia dovuto a una sequenza traumatica, che ha a che fare con temi di carattere sessuale.
L’evento traumatico può essere connesso a una vera e propria seduzione o un'aggressione di carattere sessuale,
però può essere anche un evento più sfumato che ha quella caratteristica di suscitare una sorta di rifiuto o di
desiderio di dimenticare da parte della personalità del paziente.
“Teoria del secondo tempo del trauma” in cui Freud presuppone per la prima volta che un evento sperimentato in
un'età post puberale possa risignificare la natura sessuale di una serie di ricordi che invece affondano nell'età
infantile e da quel momento in poi indurre la rimozione della componente ideativa di questi ricordi, cioè
l'allontanamento attivo dalla coscienza di queste memorie sgradite e la conversione della componente affettiva delle
stesse memorie in simboli isterici.
Rapporto di Freud con questa paziente Irma che era un'amica della moglie e che lamentava una sintomatologia
isterica abbastanza marcata, soprattutto non aveva diciamo dimostrato di avere sufficiente giovamento dalla terapia
basata sul metodo catartico di Breuer che Freud le aveva proposto.
Quindi questa paziente continuava a lamentare questi fastidi fisici importanti e fondamentalmente il punto di caduta di tutta la
situazione è il fatto che a un certo punto questa gente comincia a maturare il desiderio di sottoporsi a un intervento di
isterectomia → vuole ricorrere alla terapia ginecologica dell’isteria.
Di fronte a questa ipotesi Freud che era avverso a questo tipo di concettualizzazione, pensa di rivolgersi al suo
amico Williams Fliess otorinolaringoiatra berlinese, il quale aveva sviluppato una serie di studi in ambito di
neuroendocrinologia. Molti di questi studi vertevano sulla definizione di un ipotetico periodo ormonale maschile di
23 giorni e le lettere tra Freud e Fliess sono piene di considerazioni che riguardano il loro confronto su come si
sentissero e che tipo di sintomi manifestassero nei vari giorni di questo ipotetico ciclo maschile.
Questa è la parte delle lettere che Anna Freud ha diciamo censurato ritenendo che non fossero adatte alla
pubblicazione, anche perché poi Freud a un certo punto da una parte rinnegherà completamente la sua adesione a
queste concettualizzazioni, ma dall'altra poi erediterà da tutto questo lavorio teorico e concettuale una intuizione
fondamentale che è quella della bisessualità.

Comunque si rivolge a questo amico di Berlino sulla base di un'idea stravagante, cioè che esistesse una
connessione funzionale tra i seni cavernosi del naso e le ovaie. Per questo motivo i due decidono di proporre alla
paziente Emma eckstein chiamata Irma, la possibilità di subire un intervento chirurgico al naso e al viso piuttosto
che il corrispondente intervento ginecologico che l'avrebbe reso sterile definitivamente.
Emma acconsente a questa soluzione William Fliess (95) si reca da Berlino a Vienna per eseguire questa operazione, dopo
pochi giorni dall'intervento la gente comincia a stare malissimo comincio a stare malissimo : accusa febbre violenta e dolori
violentissimi al viso, che a un certo punto inducono il curante a sottoporlo a un nuovo intervento. Questa cosa ha un carattere
drammatico per Freud che lui spiega molto bene nel carteggio con Fliess → lo espone a una gravissima preoccupazione nei
confronti di questa donna, sua amica e lo mette nella condizione di temere Il veramente il peggio nei confronti della
sopravvivenza di questa paziente e inoltre lo dispone in una condizione di temere il peggio. Lo dispone in una condizione di
grande difficoltà anche nei confronti dei colleghi e dello stesso Williams Fliess, soprattutto nel momento in cui durante questa
seconda operazione al naso di Emma, il chirurgo viennese estrae dao seni cavernosi della paziente un metro e mezzo di garza
che incredibilmente che Fliess aveva lasciato nel naso. La paziente ha un emorragia violentissima durante l'intervento e rischia
di morire, durante questa situazione Freud sviene d inizia a precipitare in una condizione di agitazione psicofisica molto intensa
di cui riferisce anche nelle lettere a Fliess per la difficoltà della situazione e all'interno di questa condizione quindi di agitazione
(per un periodo di circa due mesi che corrisponde abbastanza bene diciamo all'epoca che è stata necessaria alla paziente Emma
per riprendere situazione chirurgica drammatica) → sviluppa la concettualizzazione del progetto di una psicologia per
neurologi. C'è una sorta di contrappasso che si coglie negli scritti di Freud, nel senso che nei momenti in cui la paziente
peggiora, aumenta in lui il fervore e la dedizione verso questo progetto che lui dichiara dall'inizio di volere dedicare come una
sorta di omaggio al suo prestigioso amico berlinese. Nel momento in cui la paziente comincia a stare meglio Freud diciamo
prende un po' le distanze da questo materiale e lo rappresenta come qualcosa che ha le caratteristiche di un'illusione, un sogno,
di un tentativo che in qualche maniera può essere considerato non del tutto fondato, eradicato nell'osservazione scientifica, ma
frutto di quello che a un certo punto lui stesso definisce un sogno d'oro.
Molto interessante è che tutta questa tribolazione ha un punto sostanziale di diciamo di coagulazione di queste
tematiche che corrisponde ai giorni in cui Freud fa appunto : Il sogno dell'iniezione di Irma.
Viene presentato da Freud stesso nell'interpretazione dei sogni come non sogno centrato sul tema della colpa
medica, attraverso il sogno lui rappresenta una situazione di vita desiderata in cui la condizione di sofferenza di
Irma non è colpa sua, ma è colpa di un altro medico che gli ha fatto un iniezione con una siringa sporca.
Il sogno dell'iniezione di Irma si colloca nella notte del 24 giugno del 1995 a Bellevue, che era una residenza estiva
in cui Freud si trovava in vacanza e sappiamo questo perché nel carteggio Fliess, Freud scherzosamente disse
che avrebbe avuto piacere di vedere una volta nel futuro una targa sulla parete della villa di Bellevue con la data del
24/25 giugno del 1895, con scritto : in questa notte al dottor Floyd si rivelò Il segreto del sogno. Questa targa è
stata effettivamente inserita sulla parete della facciata di questo villino ed è ancora lì ed effettivamente il sogno
dell'iniezione di Irma è un po' il punto di caduta di tutto questo tema relativo alla colpa medica.
Dopo il sogno dell'iniezione il progetto viene ad essere considerato sempre più come qualcosa di fantastico e non
scientifico e Freud dichiara apertamente che il suo interesse si va riorientando dalla neurologia alla psicologia e
include in maniera sempre più pressante l'interesse per la modellizzazione dei processi onirici cioè dei sogni.

Allo stesso tempo l'investimento appassionato nei confronti di Fliess si va in inclinando e diciamo si apre una fase di
lento distacco fa queste due figure che poi porterà in qualche maniera : da una parte Freud a rinunciare
completamente alla scrittura di un testo di neurologia e a puntare decisamente sul modello psicologico che sarà poi
presentato nel settimo capitolo dell' interpretazione dei sogni ed è considerato il primo modello psicoanalitico della
mente. Dall'altra ad elaborare in maniera importante anche attraverso il percorso di autoanalisi che inizierà poco
dopo il periodo della del sogno dell'iniezione di Irma, anche a seguito del lutto del padre, che lo porterà che alla
scoperta considerata da lui fondamentale della sua esistenza : quella del cosiddetto “complesso di Edipo”.
Questa situazione è una sorta di crogiolo emotivo, scientifico, relazionale dalla quale emergono le due direttrici portanti di tutto
il lavoro psicoanalitico : il lavoro sul sogno (che poi verrà pubblicato 5 anni dopo col titolo appunto L'interpretazione dei sogni)
e la scoperta durante il percorso di autoanalisi di una situazione universale → cioè quella dell'innamoramento del bambino
piccolo nei confronti della madre e della conseguente rivalità nei confronti del padre. è un punto proprio nodale da cui in
qualche maniera viene fuori la vera fondazione del paradigma psicoanalitico.
All'interno di questo periodo si vanno anche definendo le metodologie di rapporto con il paziente che sono più significative dal
punto di vista del creare un dispositivo terapeutico che sia coerente con la disciplina, con i fondamenti teorici della disciplina
che si va sviluppando possiamo sicuramente dire che diciamo il periodo di tempo tra il 1895-1900 costituisce il periodo di
incubazione di tutta la disciplina psicoanalitica → sia dal punto di vista della concettualizzazione teorica sul modello del
funzionamento mentale, sia dal punto di vista delle conseguenze sul modello di psicoterapia (quindi il modello di relazione con
il paziente).

Testo della targa Freud recita “in questa notte/in questo luogo al dottor Sigmund Freud si svelò il segreto del sogno”
perché effettivamente lui nell’interpretazione riporta il sogno dell'iniezione di Irma come l'esempio del primo sogno
nel quale lui è stata in grado di interpretare il significato. La prima edizione dell' interpretazione dei sogni viene data
alle stampe alla fine del 1899 e l'inizio del 1900, il periodo cruciale di questa elaborazione sono questi ultimi cinque
anni dell'800. In questo periodo Freud oltre ad arrivare a definire la teoria del sogno, il modello della relazione
terapeutica basata su questa teoria, fa la fondamentale scoperta relativa al complesso di Edipo nel corso della
propria autoanalisi. Cioè lui arriva quest'idea dell'innamoramento del bambino nei confronti della madre attraverso
l'analisi dei propri sogni e attraverso l'analisi dei ricordi che le associazioni ai sogni gli stimolavano.
Opera del progetto per neurologi perché anche se Freud non l'ha mai più pubblicata e di fatto è stata abbandonata
ed è stata ripescata da una grande amica di Freud che era la principessa Marie Bonaparte.
Lei è stata la prima a intuire l'importanza di questo scritto quando Freud era dovuto scappare a Londra nel 1936 a
causa dell'annessione di Vienna al terzo Reich e a causa dei problemi che lui e la sua famiglia avevano avuto in
quel contesto.
Anna era stata trattenuta dalla gestapo 3 giorni e quindi Insomma dopo questo evento lui che era stato uno degli ultimi analisti
ebrei a resistere in Europa → si era deciso a sfuggire. Marie Bonaparte che lo aveva aiutato nell’esodo da Vienna, aveva
ritrovato queste carte e si era resa conto dell'importanza concettuale di questo sistema proposto da Freud. Questa rivalutazione
dei contenuti del progetto e quindi di questa modellizzazione di Freud neurologo è attualmente in grandissima auge.
Sono stati fatti una serie di studi di risonanza magnetica funzionale e di modellizzazioni matematiche, che sono stati
pubblicati nel corso degli ultimi dieci anni da personaggi del calibro di Rizzolatti che è lo scopritore dei neuroni
specchio, che rivalutano in modo sostanziale questa concettualizzazione neurologica freudiana.
Importante capire le idee fondamentali che Freud mette in forma attraverso la stesura del progetto da queste poi
deriveranno tantissime delle formalizzazioni che troveremo nel nascente modello chiamato “della prima topica
freudiana”, cioè la costituzione del modello pubblicato poi nel settimo capitolo dell' interpretazione dei sogni che
divide l'apparato psichico in tre aree : conscio preconscio e inconscio.
Anche dalle lettere a Fliess ci spiega che la sua intenzione attraverso il modello neurologico è quella di
rappresentare un funzionamento dell'apparato psichico, che si basi su considerazioni di natura energetica. Vuol dire
che intende introdurre all'interno del suo modello, una descrizione del funzionamento dei neuroni (perché il modello
è costituito da diverse popolazioni di neuroni) che sono pensati come delle entità biologiche che possono essere
caricate di un quantum di energia neuronale.

Questa energia neuronale Freud la indica con il simbolo Q-eta, questa energia non ha una qualità (cioè non è
un'energia che è di un certo tipo piuttosto che di un altro), ma è soltanto una dimensione quantitativa, cioè ha
un'unica valenza che la sua quantità ed è solo la quantità di questa energia neuronale che deve essere considerata
per spiegare il funzionamento del modello.
Il funzionamento di base del singolo neurone e poi anche delle popolazioni di neuroni è pensato sulla base del cosiddetto “arco
riflesso”, il riflesso è il funzionamento neurale più semplice → è un pattern di associazione fra uno stimolo esterno sensoriale e
una risposta motoria, che ha un andamento univoco. Esempio il martelletto che viene dato sul ginocchio di una persona che fa
muovere il piede verso l’alto.
Il modello di base è un modello in cui c'è uno stimolo esterno, il quale introduce una aumento di carica neuronale su
una certa classe di neuroni che sono a contatto con questo stimolo esterno e che Freud chiama con la lettera FI e
definisce neuroni della percezione. Questi ultimi scaricano questo eccitamento attraverso la realizzazione di
un'azione motoria. Esiste una popolazione di neuroni ciascun neurone è modellizzato diciamo con il grado zero del
comportamento, cioè come un'entità biologica che si carica di un certo tipo di energia che chiamata energia
neuronale, è un Quantum (cioè ci interessa solo la sua quantità).
Neuroni Fi si caricano di energia quando ricevono uno stimolo dall'esterno e si scaricano producendo un'azione motoria → è
modello dell'arco riflesso, martelletto sul ginocchio - piede che si alza.

L'energia è chiamata energia neuronica nel modello è indicata col simbolo Q-eta, la lettera greca che sta per
energia e ci interessa solo il fatto che è una quantità.
Neuroni Fi appartengono a una classe di neuroni che Freud chiama “sistema percezione-coscienza” ritenendo che in condizioni
normali nel nostro apparato psichico quando noi riceviamo uno stimolo dall'esterno questo stimolo è letto dalla nostra coscienza
→ cioè c'è una qualità soggettiva percettiva legata all'attivazione dei neuroni Fi ch è la coscienza. Quindi i neuroni Fi
costituiscono il modello chiamato sistema percezione coscienza.
In un modello così semplice c'è già un'assunzione importante e cioè che la motricità (cioè la risposta motoria) è
dovuta al sistema percezione coscienza, quindi questo modello neurale parla con l'esterno solo attraverso i neuroni
Fi, che ricevono stimoli dall'esterno e si scaricano producendo una risposta motoria.
Questo vuol dire che nel modello originario del funzionamento psichico la dimensione più originaria del
funzionamento psichico è proprio l'azione.
La classe più semplice di neuroni sono i neuroni Fi e hanno una sola caratteristica : che si caricano di energia
neuronica quando vengono sollecitati da uno stimolo, questo viene connesso a tema della coscienza.
Freud ha un'idea geniale assolutamente geniale e estremamente economica → con pochi elementi spiega una cosa importante.
Lui in questo modello fa un'assunzione e cioè quando i neuroni Fi aumentano il loro quantitativo di energia
neuronica, nella coscienza si percepisce la sensazione del dispiacere, mentre quando i neuroni Fi scaricano/si
liberano del loro accumulo di energia nella coscienza si percepisce la sensazione di piacere.
Secondo alcuni questo modello di funzionamento ha nel retro pensiero la questione dell'orgasmo, in cui la tensione
sessuale è sentita come quasi un fastidio ed il piacere è connesso con la scarica. Questo è un principio
fondamentale che Freud pone alla base del funzionamento del suo modello, cioè un'idea molto semplice = che
l'accumulo di questo Quantum di energia corrisponde alla percezione del dispiacere e la diminuzione la scarica di
questo Quantum di energia corrisponda alla sensazione di piacere.
In questo senso i neuroni Fi del modello costituiscono la parte del modello che lui chiama sistema percezione
coscienza. Questo sarebbe il grado zero di funzionamento psichico, però quando noi riceviamo uno stimolo
dall'esterno non è che immediatamente e sempre siamo in grado di svolgere un'azione conseguente che ci può
liberare dalla tensione rappresentata da questo stimolo.
Nei riflessi è così ma se la stimolazione deriva da qualche altra condizione → per esempio ho fame e mentre passeggio vedo un
grappolo d'uva in cima a una pergola e l'azione deve essere messa in atto → io devo pensare cosa fare per riuscire ad
arrampicarmi.

Allora Freud ipotizza che nel modello sia necessario introdurre nuove classi di neuroni che non basti solo un
funzionamento così semplice come un riflesso e quindi che assume i neuroni Fi del sistema percezione coscienza,
oltre a scaricare la loro energia in un atto motorio, siano anche in grado di passare una quota di questa energia a
un'altra classe di neuroni e lui chiama neuroni Psi che corrispondono a sistema di memoria.
Ciò che attiva il sistema percezione coscienza può essere completamente scaricato attraverso una risposta motoria, ma nella
parte prevalente dei casi in realtà attiva a sua volta un sistema che è completamente interiore(non è in contatto con gli stimoli
esterni e nemmeno con la motricità) che il sistema dei neuroni Psi, chiamati così perché serve un nome che ha a che fare con
l'aggettivo psichico e li differenzi dal neurone FI che ha che fare con l'aggettivo con la parola greca physis → cioè natura
sensoriale esterna, fisico
Lui capisce che ci vuole un'altra classe di neuroni e nel momento in cui quindi ricevono l'eccitazione solo dai neuroni Fi, ma
non sono in contatto con gli stimoli esterni → lui sta immaginando/introducendo nel modello oltre alla componente energetica
(è quella legata all'idea di usare questa carica Q-eta per descrivere il funzionamento dei neuroni) una componente di struttura
spaziale.
Lui dice che i neuroni Psi, sono più interni non parlano col mondo esterno, quindi utilizza quella che è una definizione di tipo
topico. La parola topos vuol dire luogo. Questo ci fa capire che nella modellizzazione, nel momento in cui noi siamo una
rappresentazione spaziale per cui possiamo dire che i neuroni Fi trasferiscono il segnale ai neuroni Psi e che i neuroni Psi sono
più interni di quelli Fi rispetto al mondo esterno → stiamo introducendo nel modello un contenuto topico, cioè dobbiamo una
rappresentazione dello spazio per descrivere il modello.

Questa è proprio la caratterizzazione da cui viene il termine topica freudiana. Quando noi inconscio preconscio e coscienza
nella prima topica freudiana, usiamo questi tre termini come delle regioni spaziali distinte → così le definisce e Freud
nell'interpretazione dei sogni e anche in altri passaggi dei suoi scritti dirà più volte che lo psichico è un fenomeno che ha
un'estensione spaziale → la mente ha una natura spaziale.
Non possiamo fare a meno del concetto di spazio mentale per rappresentarci il funzionamento psichico, non c'è
rappresentazione se non c'è uno spazio su cui si rappresenta e questo vale anche per il modello del funzionamento
psichico stesso.
Neuroni Psi che Freud associa ai processi di memoria che Freud li pensa con un funzionamento che è del tutto
equivalente a quello che diciamo nel 1949 è stato descritto come “potenziamento Hebbiano” da parte del famoso
fisiologo e fisico matematico Donald Hebb.
Lui ritiene che i neuroni Psi siano la sede della rappresentazione mentale, cioè quando noi per esempio ci
ricordiamo qualcosa questo qualcosa corrisponda a una attivazione di un certo numero di neuroni dentro il sistema
Psi (ricordarsi qualcosa non è un'azione che dipende dagli stimoli esterni) Le associazioni mentali che noi possiamo
fare (cioè i contenuti mentali del nostro pensiero) sono collegate attraverso un concatenamento di rappresentazioni
che lui aveva osservato nel discorso per esempio delle pazienti isteriche.
La paziente per esempio comincia a ricordarsi un dettaglio del sogno e da quello lì vengono in mente altre cose che
gli portano ad altre cose che le permettono poi di arrivare a un ulteriore ricordo.
La sua idea della memoria, è un'idea per cui il concatenamento delle associazioni (per esempio nella elaborazione verbale da
parte del paziente in seduta), produce nel sistema PSI lo strutturarsi di sequenze di rappresentazioni, che lui chiama “catene
associative”. Queste costituiscono la struttura dei nostri ricordi. Quando io vivo una scena (per esempio una lezione
all'università), il mio sistema Fi percepisce una serie di innalzamenti energetici, una quota di questi innalzamenti attiva i
neuroni PSI e i quali strutturano dei percorsi a catena, quindi una una concatenazione di rappresentazioni mentali che esperiamo
(come il vostro pensiero durante la lezione). Queste rappresentazioni possono essere ricordate e in questo modello come posso
richiamare alla memoria volontariamente un contenuto depositato nelle catene associative dei neuroni PSI? Siccome la
memoria è intenzionale (posso anche mettermi in uno stato mentale mi sforzo di ricordare qualcosa) → questo significa che io
sono costretta dal mettere nel modello che questi neuroni Psi siano attivabili da una stimolazione interna.
Dopo, siccome io percepisco un'attività mentale (che mi porta per esempio a richiamare il ricordo di quella
particolare lezione che sto cercando di riportare la mia mente), dato che la coscienza è una qualità dei neuroni Fi,
Freud è costretto ad introdurre nel modello di funzionamento di tipo anterogrado cioè un funzionamento in cui
neuroni PSI cedono a loro volta energia ai neuroni Fi e producono l’emergere dei loro ricordi.
Le sequenze di rappresentazioni nei neuroni Psi vengono chiamate catene associative, per esempio durante l'eloquio spontaneo
di una paziente seduta verranno chiamate libere associazioni → perché Freud chiederà al paziente di cercare di non censurare
tutte le cose che gli vengono in mente.

Nel momento in cui noi assumiamo che per avere un gradi zero, di ritorno dell'energia dai neuroni Psi ai neuroni Fi,
è necessario un un fluire di energia da Psi a Fi, dobbiamo necessariamente assumere che i neuroni Psi abbiano
delle caratteristiche energetiche diverse da neuroni Fi = cioè che siano in grado di conservare una una quantità di
energia. Se poi a un certo punto la possono utilizzare per ricaricare le rappresentazioni del sistema percezione
coscienza, vuol dire che una quantità di energia deve essere conservata. Ciò che differenzia i neuroni Fi da Psi è
che i neuroni Fi scaricano immediatamente la loro energia (carica neuronica), i neuroni Psi sono in grado di
conservarla e possono cederla retroattivamente al sistema percezione coscienza.
Il funzionamento del sistema, come quando noi cerchiamo di ricordare qualcosa da uno stimolo interno all'attivazione neuroni,
alla riattivazione anterograda del sistema percezione coscienza → nel progetto viene chiamato regressione topica → nei termini
spaziali. Il sistema funziona all'incontrario invece di essere lo stimolo esterno a caricare il sistema di memoria, energia fluisce
dal sistema di memoria al sistema percezione coscienza e quindi in un certo senso risale lungo la sua via naturale.
Il problema del progetto che è il vero motivo per cui lui poi questo modello neurale non lo ha pubblicato, è che però lui non è
arrivato a spiegare chiaramente questo passaggio, non è arrivato a spiegare in particolare la “dinamica della rimozione”. Nella
genesi dei sintomi isterici, in qualche modo l'energia nei neuroni Psi invece di suscitare ricordo il ricordo → questo viene
vietato, in qualche modo è rigettato dalla coscienza e va a scaricarsi attraverso lo sviluppo dei sintomi.
Neuroni Psi fanno riaffiorare un ricordo alla coscienza agendo in maniera retrograda e riscaricando una foto della
loro energia sui neuroni Fi,solo i neuroni Fi accedono alla coscienza, i neuroni Psi sono inconsci, non sono un luogo
della coscienza e questo è il motivo per cui Freud dice che lo psichico è essenzialmente inconscio. Perché in
questo modello l'attività dei neuroni Psi non fa parte del sistema percezione coscienza.

La volontà del ricordo = cioè che cosa è lo stimolo che preme sui neuroni PSI, questa dimensione qui viene chiamata in modo
abbastanza generale poco specifico nel modello → stimolo interno, che è un'attivazione autoindotta del sistema PSI. Può essere
autoindotta da uno stimolo biologico dalla fame dalla sete, però anche un altro contenuto ideativo può funzionare da stimolo.
Quindi l’attività all'interno del sistema Psi circola, per cui un contenuto ideativo del sistema Psi può stimolare l'attivazione con
quelle catene associative di altri contenuti ideativi.
Il sistema Fi è il sistema dei neuroni percezione coscienza e i neuroni Fi possono essere attivati dall'esterno (questa
sarebbe la condizione della percezione) o dall’interno quando vengono attivati dai neuroni Psi.
Qui si pone un problema fondamentale → come faccio io a distinguere una rappresentazione mentale che è generata da uno
stimolo esterno (e quindi viene dalla realtà esterna) da un rappresentazione mentale autoindotta? Quindi ad esempio, come
faccio a distinguere una percezione da un ricordo o allucinazione? Freud ci fornisce una soluzione che non fa altro che reiterare
la necessità di questa distinzione e cioè dice che dobbiamo supporre che esista un'altra classe di neuroni, una terza classe di
“neuroni omega” e che nel modello vedete stanno in cima a tutto il resto del sistema, che portano il segno di realtà.
Non si fa altro che reiterare nel modello la necessità che ci sia qualcosa che distingua la realtà dalla allucinazione e
dalla fantasia. Molto semplicemente lui dice che questi neuroni Omega quando noi siamo in contatto con la realtà
sono attivi, quando non siamo in contatto con la realtà esterna non sono attivi.
Quindi in questa modalità assolutamente semplice però ricca di concettualizzazione → l'essere reale di una rappresentazione
vuol dire come portare un certo cappelletto. Cioè se nella rappresentazione è presente anche l'attivazione dei neuroni Omega,
allora si tratta di una cosa reale, se invece questa dato di attivazione dei neuroni Omega non c'è, allora si tratta di una
costruzione mentale/di una rappresentazione mentale.
Il funzionamento dei neuroni Omega → cioè la necessità di quello che in psichiatria viene chiamato giudizio di realtà e la
capacità dei neuroni Psi di conservare → l'energia queste due caratteristiche costituiscono il nucleo delle qualità che Freud poi
nella sua teorizzazione futura attribuirà all’Io.
Quindi diventerà l’Io qualche cosa qualche funzionamento che deve rispondere a questi 2 requisiti, essere in grado
di distinguere la realtà da ciò che non è reale ma è solo rappresentazione psichica ed essere in grado di conservare
l'energia (neurale poi diventerà un'energia psichica) per un'azione futura.

Quindi questo è il nucleo di quello che nella teoria psicoanalitica che diventerà il funzionamento dell'io e il giudizio
di realtà è ancora un cardine della nostra psichiatria contemporanea.
Cioè quando uno psichiatra fa una valutazione/un primo colloquio e ascolta quello che un paziente racconta, lo psichiatra si
pone una domanda→ ciò di cui il paziente parla è qualcosa che è attinente alla realtà o non è attinente, formula una sua
valutazione e ipotizza questo.
Quindi questa questione del giudizio di realtà che viene posta ipotizzando una funzione attribuita a questa classe di
neuroni omega è in realtà una questione fondamentale della vita psichica, con cui Freud è da lui in poi tutti quanti
siamo costantemente a contatto.
Cosa succede per il trauma? Freud non è riuscito a diciamo introdurre nel modello una teoria della riduzione, cioè
non è stato in grado di rappresentare nel modello qualcosa che potesse spiegare dal punto di vista di questo
funzionamento schematico, che cosa avessero di particolare certi ricordi e perché i loro contenuti non potessero
accedere alla coscienza. Questo è il motivo per cui poi di fatto abbandonerò l'idea di fare una teoria neurologica e
passerà a una teoria psicologica.

Quali idee circolano nel progetto? L'idea che per esempio i contenuti ideativi per essere tenuti fuori dalla coscienza debbano
essere contro investiti → ci deve essere un'energia di qualche tipo che si oppone alla scarica dei neuroni Psi → neutralizza la
scarica dei neuroni Psi su Fi, quindi impedisce attivamente che certe rappresentazioni tornino alla coscienza. Quindi questo
questi contenuti diciamo non graditi alla coscienza sono tenuti fuori (immaginatevi una conferenza in cui c'è uno che disturba
che viene sbattuto fuori e cerca costantemente rientrare facendo pressione sulla porta), tenere dei contenuti fuori dalla coscienza
un lavoro, perché questi normalmente avrebbero la loro via discarico da Psi a Fi che dovrebbe essere disponibile.
L'energia dei contenuti che devono essere tenuti fuori dalla coscienza deve essere neutralizzata cioè in qualche
modo che si deve impedire che si possono scaricare, opponendogli altra energia.
I contenuti Psi che fanno parte dei ricordi traumatici sono separate dalle catene associative → cioè quando io ricordo le catene
associative (che sono come un concatenarsi di rappresentazioni mentali delle cose che fanno parte che sono accessibili alla
coscienza) si separano dalle catene associative dei ricordi traumatici, quindi si crea come una specie di Enclave di contenuti
psichici che non arrivano mai alla coscienza.
Questa idea è abbastanza reminiscente di un concetto che sarà specificato da Jung → concetto di un complesso di
rappresentazioni sono un complesso di rappresentazioni.
I contenuti traumatici sono un complesso di rappresentazioni Psi che non vengono raggiunte delle catene associative → questo
vuol dire sono inconsci.
L'utilizzo del modello neurale per spiegare la dinamica del sogno.
Freud era interessato ai sogni, già all'epoca della stesura del progetto, perché si era reso conto che in quel lavoro di recupero
delle memorie per via associativa, che aveva imparato a proporre ai pazienti attraverso il metodo catartico di Breuer (quindi la
ricostruzione dei ricordi degli eventi) → molto spesso le pazienti spontaneamente inserivano nelle catene associative delle
rappresentazioni ideative che venivano dai sogni. Quindi collegavano le memorie non solo ad altri eventi ad altri ricordi, ma
anche ai contenuti dei sogni.
Freud cominciò a pensare che il sistema Psi e Fi possono essere utilizzati per rappresentare anche l'attività onirica. Nella
condizione di sonno quando dormiamo ci troviamo naturalmente in una situazione di deprivazione di stimoli sensoriali, e di
riduzione della motricità → cioè il sistema dell'apparato psichico funziona in un regime che relativamente separato dal mondo
esterno. Il sonno viene descritto come un ritiro sia perché noi siamo meno suscettibili agli stimoli esterni quando dormiamo, sia
perché c'è una attiva disconnessione della motricità. Quindi il sonno viene rappresentato con una condizione in cui i neuroni Psi
possono scaricare una quota della loro energia attivando rappresentazione nel sistema Fi.
Allo stesso tempo durante il sonno i neuroni Omega non sono attivi e quindi noi ci svegliamo con la consapevolezza
di avere sognato e non con l'idea di aver avuto qualche altra esperienza che c'è stata rappresentata nella nostra
vita onirica. Quando l'apparato psichico lavora nel regime del sogno lavoro in un regime di regressione topica,
perché l'energia circola dai neuroni Psi della memoria verso neuroni Fi della percezione coscienza.
Quindi il funzionamento del sogno in questo modello è un funzionamento tipo regressivo, non in senso morale ma
in senso topico, perché l'energia circola durante questo in questo modello del sogno dal sistema di memoria al
sistema di percezione coscienza.

Allora per spiegare il sogno Freud osserva che durante il sonno la stimolazione dall'esterno del sistema psichico è
ridotta, quindi i neuroni Fi ricevono poca carica e attivazione dagli stimoli esterni e a loro volta la risposta motoria è
in inibita, perché durante il sonno c'è una sconnessione di una parte del sistema che produce la motricità volontaria.
I neuroni Psi possono scaricare agevolmente una quota della loro energia in maniera retrograda verso i neuroni Fi
producendo i contenuti dei sogni. La coscienza li percepisce e li registra, i neuroni Omega durante il sonno non
sono attivi e quindi noi ci svegliamo con la rappresentazione onirica e non con la sensazione di avere veramente
vissuto l'esperienza rappresentata nel sogno.
Il modello neuronale del sogno costituisce una sorta di paradigma del dispositivo della nascente terapia analitica. Man mano
che Freud in questi anni va diciamo attivamente abbandonando l'idea di utilizzare l'ipnosi, lascia comunque il paziente in una
condizione di deprivazione sensoriale che è raggiunta prevalentemente grazie al fatto che lui esce dalla vista del paziente e che
l'ambiente in cui si svolge la terapia è un ambiente ragionevolmente stabile (le cose sto sempre le stesse→ c'è una costanza
della stimolazione). Gli stimoli percettivi non sono aboliti ma sono fortemente ridotti a causa della deprivazione visiva, legata
al fatto che il terapeuta si mette alle spalle del paziente e anche della condizione di relativa disponibilità più all'ascolto che non
all’intervento.

Dal punto di vista della stimolazione la terapia freudiana è una situazione di relativa deprivazione sensoriale, non è proprio
come quella del sonno ma ci somiglia. Inoltre la posizione rilassata sul lettino induce spontaneamente una riduzione della
motricità, cioè allenta la pressione a scaricare le rappresentazioni sulla via di alleggerimento dei neuroni Fi tramite l'azione.
Quindi quello che diventerà il dispositivo classico del setting psicoanalitico freudiano : il paziente sul lettino e il terapeuta alle
spalle → è in perfetta corrispondenza con quello che è l'ipotetico funzionamento psichico che troviamo descritto nel progetto.
è come se Freud mettesse i suoi pazienti nella condizione di fare dei sogni ad occhi aperti.
Questa disposizione ha avuto poi una conferma per una risonanza importante di nuovo in un'altra classe di studi
neurofisiologici, con la scoperta di una modalità di funzionamento mentale, che nella letteratura contemporanea viene chiamato
“funzionamento del default mode network”. Oggi siamo in grado di capire che questa condizione sognante, corrispondente alla
condizione in cui si svolge l'analisi secondo il modello classico freudiano, corrisponde anche a una particolare funzionalità del
sistema nervoso → che è stata descritta molto dettagliatamente.
è attivamente studiata ai giorni nostri e fa parte appunto di una rete di attivazione neurale che è diversa da quella
che mettiamo in atto quando siamo impegnati in un compito cognitivo/ nella risoluzione di un problema/
nell’elaborazione attiva di stimoli esterni e di progetti.
è uno stato mentale diverso di cui ora noi conosciamo la fisiologia fisiologia è che appunto è stato scoperto
attraverso la descrizione di questo sistema che si chiama “Default Mode Network”.
Anche se il modello neurale è un modello che è stato abbandonato ci dice moltissimo sulla direzione verso cui si
muove la modellizzazione psicanalitica freudiana.

All'interno del modello psicologico contenuto nell'interpretazione dei sogni dovremmo ridescrivere una modalità di
funzionamento dei processi di memoria e di quello che si chiama il “processo primario” che è il modo fondamentale
di funzionamento dello psichico.
La vera svolta psicoanalitica nel pensiero freudiano è il cosiddetto superamento della teoria della seduzione che è
quella rilettura che Freud dà da della concettualizzazione sviluppata con Breuer negli studi sull'isteria, che pone gli
episodi di seduzione sessuale in pole position fra gli accadimenti e i contenuti di memoria, che sono in grado poi di
innescare uno sviluppo psicopatologico.
Il punto fondamentale è che nella teoria della seduzione si assume che l'evento traumatico sia concretamente
avvenuto e che la rappresentazione traumatica di questo evento corrisponda al contenuto mnestico, quindi alla
rappresentazione del ricordo dell'evento, che viene trattato separatamente per quanto riguarda la sua componente
ideativa (cioè cosa rappresenta il ricordo, il contenuto della rappresentazione) e la componente emotiva (cioè il
Quantum di energia, l'attivazione legata a quella rappresentazione).
Risoluzione della vicenda clinica della paziente Irma e una corrispettiva dimensione di crisi nel rapporto fra Freud e Fliess →
questa crisi in realtà raggiunge questo punto fondamentale di caduta (considerato il momento in cui si comincia a sviluppare
effettivamente il pensiero poi contenuto nel test di interpretazione dei sogni) con il lutto/morte del padre di Freud→ era molto
vecchio.

Freud era nato dalle seconde nozze ed era vissuto fino a tarda età. Anche se raramente rientrava a casa e raramente era in
rapporti con la sua famiglia d'origine → in realtà il lutto lo colpisce profondamente (nelle lettere a Fliess).
Ci interessa è l'aggancio e l'implicazione fra questa vicenda personale e lo sviluppo della teoria.
Nel carteggio con Fliess veniamo a conoscere alcune questioni familiari di non poco conto ossia soprattutto il fatto che in quel
periodo Freud si era andato convincendo che : sia una quota dei suoi personali sintomi neurovegetativi (problemi di aritmia,
delle situazioni cardiache che gli davano disturbi dal punto di vista proprio del ritmo cardiaco→ svenimento durante
l'operazione Irma e in presenza di young e un altro durante la visita a Roma). Aveva una sintomatologia di tipo cardiologico che
era andato nella sua mente via via attribuendo a una dimensione di tipo isterico. In più anche suo fratello aveva sviluppato dei
sintomi che Freud tendeva ad inquadrare all'interno di una dimensione che all'epoca veniva chiamata di una “Petit isterie” cioè
Piccola isteria → isteria con sintomi fisici non particolarmente gravi e senza il grande attacco isterico. Una sintomatologia
sicuramente benigna, ma che aveva nella mente di Freud una chiara origine isterica.
Sulla base di questa sintomatologia apprendiamo dalle lettere a Fliess che lui si era via via andato convincendo del fatto che suo
padre si fosse in qualche modo reso responsabile di episodi di seduzione o a carattere sessuale nella loro infanzia (sua e del
fratello). Questa cosa non era suffragata da nessun tipo di ricordo né da nessun tipo di convinzione, era semplicemente una
sorta di diretta conseguenza della concettualizzazione che lui aveva in mente sull'origine degli attacchi isterici.
In un lettera scrive “mi sono andato convincendo che mio padre doveva avere un carattere perverso viste l'insorgenza di questi
sintomi isterici anche in mio fratello e che forse ci sia stato qualche episodio di abuso intrafamiliare”. Freud racconta
soprattutto di episodi che sono legati a sua difficoltà nell'accettare l'atteggiamento particolarmente remissivo che il padre teneva
in pubblico in quanto ebreo → per esempio un episodio : lui da bambino aveva circa 8 anni, camminava con il padre ed erano
passati davanti a un'edicola, dove c'era un'immagine della Madonna e un passante gli aveva dato al padre una sorta di schiaffo
che gli aveva fatto volare il cappello perché lui non si era scoperto il capo davanti a questa immagine sacra/cattolica.
Freud ricorda spesso questa sua grande sofferenza nel vedere l'atteggiamento remissivo del padre che aveva
semplicemente chinato il capo e raccolto il cappello senza dire nemmeno una parola rispetto a questo sopruso che
aveva subito. Ricorda soprattutto questo aspetto di come di un'immagine poco eroica, poco di valore che in parte
contrastava anche con il fatto che lui stesso invece aveva dei sogni di gloria molto vividi/potenti.
Nelle lettere parla spesso del suo desiderio di trovare una collocazione sociale importante soprattutto nell'ambito scientifico
attraverso le sue scoperte attraverso il suo lavoro di ricercatore e scoperte → aveva un’idea di trovare un riscatto alle sue
origini ebraiche attraverso una produzione del suo ingegno.
La questione dell'origine ebraica del movimento psicoanalitico pesò a tanti livelli anche storici per molto tempo e freud era un
po’ ossessionato dal fatto che psicoanalisi venisse etichettata come una creatura o teoria da ebrei → paura che non venisse
riconosciuta per un pregiudizio di tipo etnico e razziale nei confronti delle sue origini.
Dopo la morte del padre → la realtà della sofferenza e del lutto legato a questa grave perdita, in qualche maniera deve avere
preso il sopravvento su quella che poteva essere un'impostazione teorica molto netta alla quale però Freud teneva moltissimo →
perché si stava un po' accreditando come clinico come ricercatore proprio grazie agli studi basati sulla teoria della seduzione.
Negli scritti → questo percorso di messa in discussione delle proprie concettualizzazioni, che anche se lui non dice
esplicitamente che può avere avuto un punto di caduta importante in questa questione personale del padre, in realtà ci riporta
moltissimo a questa dimensione personale. Egli afferma di essere stato talmente sofferente rispetto a questo lutto paterno e
anche sofferente in una modalità che lui stesso non si aspettava perché appunto il padre era molto anziano (in una lettera diceva
→ era già lontano da noi da tempo).
Però che aver avuto una sofferenza talmente intima e profonda rispetto a questo lutto da convincerlo che fosse
necessario fare qualcosa dal punto di vista terapeutico. E più che partire dall'idea di rivolgersi a un altro terapeuta
(metodo terapeutico basato sulla parola era praticato soltanto da lui e Breuer), Freud decide di avviare per un certo
numero di mesi in maniera intensa e sistematica, una pratica inusuale che poi è passata la storia con il termine di
“autoanalisi”.

Freud prova ad utilizzare da solo, sulle produzioni sue oniriche sui suoi sogni, lo stesso metodo di associazione
libera e ricostruzione dei ricordi che stava sviluppando nello studio con i suoi pazienti.
Si impegna in questo lavoro quotidiano dai quali lui ricava un arricchimento straordinario → sia perché molto probabilmente
lavorando sulle sue stesse associazioni e ai suoi stessi sogni, gli era molto più facile non essere reticente (cioè seguire i
contenuti delle sue associazioni mentali ai particolari e agli elementi contenuti nei sogni laddove per esempio i pazienti
potevano essere più reticenti o magari censurare), sia perché poi ti rimane colpito da come questo lavoro sembri consentire
l'emergere di materiale sempre più precoce nel tempo → ricordi relativi alla sua stessa infanzia, fino a quando diciamo non va a
condensarsi su un’età della sua vita molto precoce intorno ai 3-4 anni = momento molto intenso della vita familiare in cui viene
a mancare il fratellino o sorellina. La madre di Freud era rimasta incinta subito dopo la nascita di Freud e però questo secondo
era venuta a mancare all'età di un anno-anno e mezzo.
Suoi ricordi rimandano da una parte a una serie di storie con la governante che era stata cacciata di casa perché
era stata sorpresa a rubare, dei ricordi della madre che a lui appare sempre come una donna bellissima/giovane
come se non fosse stata minimamente toccata da questo dolore, quindi sono dei ricordi anche molto idealizzati che
lui descrive con un tono poetico.
All'interno di questa dimensione così personale così intima compare per la prima volta l’intuizione della situazione
Edipica, lui comincia a speculare sulla possibilità che ciò che questi ricordi e questi sogni gli riportano alla mente, è
una situazione in cui lui piccolino viveva questa sorta di innamoramento e idealizzazione profonda della figura della
madre e al contempo un senso di ostilità e di rivalità nei confronti del padre.
In una lettera a Fliess connette per la prima volta questa condizione alla storia mitica di Edipo.
Forse “convinto di avere raggiunto una dimensione psicologica di valenza universale, ossia la rivalità nei confronti
del padre, a causa di questo amore nei confronti della madre” riferisce proprio questa sua esperienza da bambino
e”se è così si può capire da dove derivi la potenza tragica, per esempio della tragedia greca di Edipo che racconta
un fatto secondo lui di valore universale”. è come se ci fosse una sorta di trasposizione o evoluzione da una
situazione di vita reale e non doveva essere del tutto aliena un senso di colpa.
Non è facile pensare del proprio padre come un abusatore e che lo sia stato sulla base di un inferenza scientifica, è complicato
sostenere un'idea di questo genere rispetto al padre morto → un padre al quale lui invece si sentiva da un punto di vista più
cosciente e consapevole legato da dei ricordi affettuosi, benevoli.
Questo processo ha come punto finale l'esposizione di questa idea che lui riferisce di avere in qualche maniera
reperito attraverso il processo di autoanalisi e la scoperta di questa situazione di edipica ha come conseguenza
l'inizio di un profondo ripensamento di tutto il materiale clinico che attraversato ed analizzato nel lavoro con i
pazienti.
A un certo punto a partire da questa elaborazione così profonda (in cui gli aspetti personali hanno avuto un peso notevole),
Freud approda a una rielaborazione profonda della teoria della seduzione, che viene considerata il vero punto di inizio/di nascita
della sua concettualizzazione psicoanalitica, quindi la rottura con la tradizione del metodo catartico e dell'approccio di Breuer e
la nascita vera e propria della concettualizzazione psicoanalitica. Comincia a sospettare che tutti i ricordi con queste
caratteristiche legate ai temi sessuali, molto spesso ai temi sessuali intrafamiliari e a delle situazioni di abuso all'interno delle
mura domestiche, che spesso diciamo hanno questo carattere di andare sempre più indietro nel tempo, possano non
corrispondere a degli eventi reali così come prevedeva esplicitamente la teoria della seduzione, ma possano essere invece una
sorta di trasposizione immaginativa, fantastica dei contenuti sentimentali connessi alla situazione edipica. Lui a un certo punto
scrive “io non credo più ai miei neurotica” cioè non credo che quello che mi raccontano sia la realtà nulla realtà nel senso
storico, ma che sia piuttosto una realtà appartenente a un nuovo ordine sistemico che lui chiamerà una “realtà del mondo
interno” → cioè una realtà connessa a l'elaborazione fantastica di spinte e desideri che appartengono in maniera universale a
una certa fase dell'infanzia e questa è la nascita della concettualizzazione psicoanalitica della situazione edipica.
Il punto fondamentale è la dimensione triangolare, cioè il fatto che io all'interno della vita familiare devo accomodare
un sentimento sia d'amore che di odio, perché non ci dimentichiamo che la figura paterna di per sé è a sua volta
una figura amata cui il bambino ha moltissimo bisogno. Però allo stesso tempo dentro si va a instaurare questa
componente = il fatto di sentire il padre come un rivale, rispetto al suo bisogno altrettanto forte di avere la madre
tutta per sé.

Sulla base di questo nasce la seconda idea (quella poi che ha diciamo il carattere proprio di fondamento della teoria del sogno) e
cioè che in qualche modo fantasticare rappresentare nella mente delle scene che hanno a che fare con questi contenuti e con
questi desideri, sia una modalità per elaborare e sostenere il conflitto edipico, la situazione edipica. Quindi le scene che
vengono riportate dalle pazienti come dei ricordi siano in realtà delle fantasie, innescate dalla difficoltà di sostenere i contenuti
legati al conflitto edipico → a questa condizione universale di tensione molto forte regata all'innamoramento verso la madre e
alla rivalità verso il padre (si parla del maschietto). Freud la struttura sulla base della sua il suo ricordo e della sua esperienza
quindi la figura di riferimento per l'innamoramento è la madre e la figura rivale è il padre.
Poi Freud diciamo si renderà subito conto che le cose nello sviluppo psichico dei bambini sono ancora più
complesse perché in tutti oltre alla dimensione dell’Edipo diretto come questo (in cui l'innamoramento è rivolto al
genitore dello stesso sesso), c'è anche il cosiddetto “edipo inverso” in cui l'oggetto d'amore è invece il genitore dello
stesso sesso e viene sentito come li vale il genitore del sesso opposto.
Il bambino passa da una dimensione di totale corrispondenza nella diade del rapporto con la madre a una
dimensione non sono triangolare, ma triangolare doppia e non a caso uno dei portati fondamentali della teoria
psicoanalitica è proprio che lo sviluppo psichico maturo dell’essere umano si gioca moltissimo sulla possibilità di
accedere e sostenere la conflittualità allegata alla dimensione edipica (questa era la classica teoria pulsionale)
Quindi si intrecciano questi momenti : personale e teorico che portano a due fondamentali scoperte :
una è la situazione edipica reperita come dato della propria storia e generalizzato, perché il presupporre l'esistenza di questi
desideri incestuosi fornisce una sorta di scena universale a carattere traumatico che potrebbe non avere niente a che fare con
eventi reali nella vita delle persone, ma potrebbe essere collocata in un mondo di fantasie che hanno un carattere inaccettabile
→ perché sono all'interno di questo sistema dove c'è la rivalità con l'altro genitore, che quindi si oppone → la mamma non può
essere solo tua.
Chiude il bambino fuori dalla porta della camera da letto dei genitori → rappresenta una scena che ha un carattere
intrinsecamente traumatogeno, va nella direzione di prendere gli elementi che erano traumatici nella teoria della seduzione e
trasformarli in una sorta di condizione traumatica per eccellenza, che avrebbe in più la caratteristica di essere universale.
C’è la parte di seduzione precoce, perché la madre è un oggetto d'amore che accende questo desiderio di esclusività nel
bambino molto piccolo e c'è la dimensione del divieto, divieto universale legato al tema dell'incesto e un divieto connesso
proprio all'ingresso nella situazione triangolare → non sei più quello piccolo con la mamma e fate coppia, ma c'è il mondo
esterno con il padre e quindi il bambino si deve adattare a dividere la madre con altri diciamo = è un lavoro intrinsecamente
molto difficile.
C’è una situazione flagrante in un certo modo che da questo punto in poi Freud porrà all'origine di queste scene che si ritrovano
nei racconti dei pazienti. A conoscenza di diversi fattori un più esterno → Freud comincia ad avere un sospetto che possono
essere troppo ripetitive queste scene traumatiche con contenuto sessuale che gli venivano raccontate da tutti i pazienti → si
riproponesse troppo. In più c'è questa ricostruzione più psicologica che è di tipo totalmente speculativo cioè che sappiamo è che
questa teoria in qualche maniera è il punto d'uscita della autoanalisi e quindi del lutto depressivo che lui vive rispetto alla morte
del padre. Viene fuori una teoria basata sul senso di colpa del figlio rispetto al padre.

Si parla di un figlio che comunque è colpevole rispetto al padre nel complesso edipico, perché sostanzialmente
vuole sottrargli l'esclusività dell'amore per la madre, però fondamentalmente poi questo evolverà nel desiderio di
morte e quindi anche in una violenza nei confronti del padre simbolica.
Fattori di innesco della revisione della teoria della seduzione → da una parte la ripetitività delle esperienze cliniche di questi
traumi infantili a carattere sessuale e dall'altra tutta questa questione psicologica molto più privata e intima legata al tema del
senso di colpa nei confronti del padre.
Questa teoria viene considerata la vera origine di un pensiero psicoanalitico, perché fondamentalmente Freud nello spostare
queste scene traumatiche dalla realtà di un ricordo di un evento avvenuto, alla dimensione di fantasie deve assumere dal punto
di vista delle conseguenze eziopatogenetiche (cioè della capacità di questi contenuti in generale poi delle conseguenze
patologiche, per esempio il fiorire di una serie di sintomi isterici) debba essere esattamente la stessa cosa → cioè che un evento
fantasticato ha lo stesso potere di generare una sintomatologia di un evento reale.
Freud non sostiene che esistono solo scene fantasticate di seduzione, ci sono una serie di riscontri obiettivi sulla realtà dei
traumi infantili e dei traumi precoci. Ma propone che le scene di fantasia abbiano il potere di generare delle conseguenze
sintomatologiche, in maniera del tutto indistinguibile dalle scene di vita reale. Questa è l'origine del concetto di realtà psichica
(la realtà del mondo interno), cioè queste scene non appartengono alla realtà storica, ma alla realtà psichica → a un nuovo
ordine di realtà e Freud pensava di averlo scoperto.

Nel capitolo 7 (che è quello teorico) dell'interpretazione dei sogni → trattato il tema della cosiddetta “allucinazione di
desiderio” che è il prototipo del modello freudiano di che cos'è il funzionamento psichico. Parlare di questo tema a partire dal
progetto ed è in realtà contemporaneamente anche una prima spiegazione del significato profondo della rimozione del modello,
quindi dell'inconscio.
Nel modello neurale esiste una prima divisione fra il sistema percezione-coscienza e il sistema Psi dei neuroni in
cui si creano le cosiddette tracce mnestiche, cioè la memoria connessa al ricordo di certi eventi.
Il sistema neuronale funziona sia quando gli stimoli dall'esterno vanno verso l'interno e si creano le tracce
mnestiche, sia in maniera regressiva come dice Freud (cioè quando si attiva l'energia dei neuroni Psi che viene
scaricata sul sistema percezione coscienza e si creano delle fantasie o dei sogni).
Freud ragiona in questi termini e dice “le prime tracce mnestiche con cui il bambino si confronta sono le tracce mnestiche che
del soddisfacimento dei suoi bisogni e dei suoi desideri”. Le prime esperienze che il bambino fa sono delle esperienze di
soddisfacimento → quest'idea della madre, con lei può andare mai niente male, era sempre molto idealizzato questo rapporto.
Le prime esperienze = pensare prima ho fame, poi ciuccio, mi passa la fame = ricordi di soddisfacimento. Man mano che il
bambino cresce la situazione di soddisfacimento non può essere mai perenne, cioè spontaneamente si creano delle situazioni in
cui per esempio la risposta della madre o dell'ambiente a un certo desiderio o un certo bisogno non è immediata.
Quindi il bambino è da solo a dovere in qualche maniera sostenere l’assenza del suo oggetto soddisfacente, per esempio il seno.
Allora Freud nel progetto avanza l'ipotesi → che il funzionamento psichico nasce esattamente per rispondere a questa
situazione di crisi. Fino a che c'è l'oggetto che ti soddisfa, tu non hai bisogno di pensare.
Il pensiero nel modello freudiano nasce per fare fronte alla situazione di frustrazione connessa con l'assenza del
soddisfacimento, la soluzione è che il sistema Psi diciamo alluci/ricarichi in maniera allucinatoria le esperienze di
soddisfacimento → quindi il bambino tollera l'assenza o la frustrazione, ricordando in maniera allucinata la situazione di
soddisfacimento.
La cosa importante è che nella concettualizzazione freudiana, questa è la prima operazione psichica → cioè proprio la psiche
nasce attraverso questa esperienza : di potere allucinare nella mente qualcosa che nella realtà non c'è. Lui ragiona così → se io
soddisfacimento ce l'ho nella realtà ma che bisogno di farmene una rappresentazione psichica/mentale, la rappresentazione mi
serve quando il soddisfacimento non c'è.
Il pensiero nasce non in modo spontaneo, evolutivo o perché abbiamo una dotazione che serve a questo,
ma nasce come sviluppo di un'attività che ci consente di sostenere l'assenza del nostro oggetto d'amore.

In questo modello freudiano io se non ho avuto un'esperienza di soddisfacimento iniziale, che ha creato delle tracce mnestiche
da poter reinvestire, non posso pensare → cioè non comincia la struttura del pensiero, non si comincia strutturare un'attività
intrinsecamente psichica.
Questo funzionamento vi dicevo si chiama “allucinazione di desiderio” e implica il fatto che Freud fa questa scoperta : cioè
l'idea che un desiderio può essere soddisfatto attraverso la rappresentazione mentale della soddisfazione del desiderio . Questo
vuol dire che se io ho una fame tremenda secondo questo principio nel momento in cui cominciò a pensare una bistecca un
pochino la fame mi diminuisce → noi non capita assolutamente così, ci viene ancora più fame (biologico del bisogno). Se
invece di pensare alla bistecca pensiamo alla fidanzata o il fidanzato lontano → le cose sono un po' diverse, fantasticare della
persona amata un po' attutisce il senso di separazione e di distanza.
L’allucinazione di desiderio un po' funziona, ma non può funzionare per sempre → a un certo punto (soprattutto il bambino
piccolo man mano che cresce e che diventa anche più capace di ottenere con con l'azione delle cose di cui ha bisogno → quindi
non è più totalmente dipendente e incapace di fare delle operazioni per il soddisfacimento dei suoi bisogni) capisce la differenza
tra un soddisfacimento allucinatorio e insoddisfacimento reale.

Questo è un passaggio fondamentale dello sviluppo mentale in cui si distinguono per la prima volta questi registri → si capisce
che non basta fantasticare la mamma sente per essere felici anzi a un certo punto si crea la sensazione di un enorme sofferenza
dovuta proprio al prendere consapevolezza della non realtà di questa presenta dell'oggetto che soddisfa.
Per Freud c’è un apparato psichico e originariamente registra le tracce del soddisfacimento dovuto o la presenza dell'oggetto
d'amore (che d'ora in poi l'oggetto primario sarà sempre la madre). A un certo punto l'apparato psichico di questo bambino,
scopre un modo di funzionare per far fronte ai momenti in cui la madre assente (in cui l'oggetto di soddisfazione non c'è) →
questo funzionamento corrisponde nell'investire di energia le tracce mnestiche del soddisfacimento, in altri termini nel
fantasticare la situazione in cui l’appagamento era presente. Si mette energia sulle rappresentazioni associative connesse ai
primi soddisfacimento e le si allucina, quindi l'energia viene ripassata ai neuroni Fi.
Questa si chiama allucinazione di desiderio ed è secondo Freud il primo momento del funzionamento psichico, cioè la psiche
nasce con questa operazione → prima attività che non è stimolo-risposta con l'ambiente, ma è rappresentazione mentale.
Nel progetto si parla dei neuroni Omega però quest'idea (che ci sia qualcosa che dice questo è reale e questo no) viene molto
rapidamente abbandonata e piuttosto la differenziazione viene attribuita a una dimensione di carattere evolutivo → cioè
bambino sano crescendo piano piano a un certo punto si rende conto che la sua immaginazione non sostiene l'impatto con la
realtà nel bambino. A un certo punto questa autosufficienza basata sulla capacità di allucinare il soddisfacimento va in crisi,
non c'è un'età precisa (ma precoce).
Freud fa quindi una sorta di ragionare per Ipotesi.
Nel momento in cui diciamo si realizza questa dura realtà → che c'è una differenza fra la fantasia e la realtà, tra l'allucinazione
di desiderio e la presenza reale dell'oggetto d'amore, Freud ha intuizione molto profonda che dice che “il dolore per questa
scoperta (che io non posso far comparire la mamma quando voglio → non sono onnipotente) è un dolore così radicale e così
profondo, che il ricordo di questi soddisfacimento (e cioè di quando io pensavo di stare in questa beatitudine quasi uterina di
corrispondenza totale fra il desiderio è l'appagamento) diventa insopportabile e quindi le prime rappresentazioni psichiche ad
essere rimosse (cioè messo in quello stato allontanato dalla coscienza) → sono le rappresentazioni psichiche di questi
soddisfacimenti iniziali.
Carattere veramente tragico di questa teoria → nel momento in cui scopri la realtà, scopri che il tuo desiderio assoluto non è più
tollerabile, devi scegliere se andare verso la realtà e quindi distinguere rinunciare a questo onnipotenza del desiderio e
attrezzarti per ottenere quello che vuoi nel mondo (→ quindi diciamo cominciare a strutturare un rapporto con la realtà esterna
per ottenere maggiore attenzione dalla mamma o per aspettare in qualche modo che lei arrivi o per chiamarla → nel momento
in cui ho la chiamo vuol dire che capisco che in realtà lei non è presente). Quindi nel modello freudiano questo passo di
realizzare l'assenza dell'oggetto d'amore (che è alla base u del linguaggio), mi fa vedere che quella espressione di richiamo →
cioè imparare a dire la parola mamma, implica già un’evoluzione psichica enorme in cui il bambino in qualche maniera
secondo il modello freudiano ha fatto la sua prima rinuncia. Ha tolto mano all'idea di che la realtà possa essere sempre in questa
appagamento costante allucinato e ha detto ”preferisco aspettare e chiamare la mamma vera, piuttosto che stare in questo
condizione allucinatoria che alla fine non regge”.

L’allucinazione di desiderio è il primo contenuto rimosso e nella teoria freudiana costituisce il nucleo dell'inconscio.
L'inconscio è una rappresentazione rimossa dei soddisfacimenti di desiderio originari.
Questa cosa nasce all'interno di una teoria fisiologica ma poi verrà importata in maniera abbastanza naturale all'interno del
modello psicologico dell' interpretazione dei sogni. Una volta che lui va sviluppando questa concettualizzazione risulta evidente
che l'attività onirica che noi adulti continuiamo ad avere (nei momenti in cui siamo rilassati, non c'è la motricità, non ci sono gli
stimoli esterni) di fatto è una specie (in questo modo di pensare il funzionamento psichico) di riedizione, di riemergere, di
riemersione, di qualcosa che somiglia a questo funzionamento allucinatorio che d'ora in poi Freud lo chiamerà “funzionamento
primario” → nel senso che è diciamo all'origine della psiche e anche da un punto di vista cronologico è molto precoce, è il
primo modo con cui funziona la psiche. Da qui a formulare la sua teoria del sogno e cioè che il sogno non è altro che la
rappresentazione allucinata dell’appagamento di un desiderio, il passo è brevissimo notte → è la chiave, idea siamo portati a
funzionare psichicamente dalla necessità e dalla possibilità di usare le rappresentazioni mentali come surrogato della
soddisfazione reale.

Quindi la rappresentazione della soddisfazione di desiderio viene utilizzata per soddisfare un desiderio.
Non sono illusorie→ sono il reinvestimento illusorio (cioè in assenza dell'oggetto d'amore) delle tracce del soddisfacimento
vero. Questo contenuto psichico è contemporaneamente illusione e realtà, perché è illusione nel senso che è psichico perché
questa allucinazione di desiderio avviene quando l'oggetto d'amore non è realmente presente, ma allo stesso tempo è anche
reale perché il sostrato su cui si basa questo funzionamento allucinatorio è la possibilità di reinvestire le tracce mnestiche di un
soddisfacimento vero. Non lo possiamo capire né totalmente nel registro della fantasia ma neanche nemmeno totalmente nel
registro della realtà, è qualcosa di nuovo che in qualche maniera viene tirato fuori attraverso questa serie di passaggi
speculativi.
Freud cercava di applicare sempre il metodo anatomo clinico, lui aveva necessità riscontro clinico a queste teorie → la base
empirica è data sostanzialmente dal fatto che : le fantasie legate ai contenuti di desiderio infantile hanno lo stesso potere
traumatogeno delle scene reali. Poi secondo aspetto riguarda una serie di dati e di osservazioni che vengono dalle scoperte che
lui fa, facendo questo lavoro di associazione di interpretazione sulle rappresentazioni oniriche durante la autoanalisi. Cioè lui si
rende conto che esiste una sorta di struttura di base, di modo di funzionamento di base, che spiega contemporaneamente la
struttura dei sintomi isterici e la struttura dei sogni.
Quindi queste rappresentazioni oniriche, non hanno un carattere aleatorio, non sono sempre nemmeno
direttamente connesse alla rappresentazione di desideri, però hanno una struttura che permette attraverso la
psicoanalisi di rintracciare a partire dai contenuti onirici che ricordiamo dei sogni e contenuti di desiderio che invece
sono nascosti.
Idea di freud è che i sogni funzionano di fatto sulla base di questo principio dell' allucinazione di desiderio e che traggono la
potenza della loro vividezza, dal fatto che i desideri che vengono rappresentati possono essere legati alla vita reale, ma talvolta
possono essere anche desideri remoti. Esiste una classe fondamentale di desideri che conserviamo sempre nella nostra vita
psichica e sono quelli che influenzano in maniera più potente la nostra attività mentale → sono desideri rimossi, cioè desideri a
cui si è rinunciato esattamente nell'ordine di quel fenomeno, come la rimozione primaria nel momento in cui si rinuncia a
qualcosa che viene riconosciuto come impossibile.
Quindi il nucleo dell'inconscio costituito da queste rappresentazioni rimosse, nel corso dello sviluppo dello sviluppo psichico si
va arricchendo attraverso tutti i processi successivi di rimozione → cioè tutte le rappresentazioni di cose che a un certo punto ci
rendiamo conto di non riuscire ad ottenere o che sono troppo desiderabili o sono troppo vietate o che ci sono precluse per
qualunque motivo, una volta che la psiche ha scoperto in un certo senso questo modo di trattarle attraverso la rimozione (quindi
di sottrarsi a questa forza del desiderio attraverso la rimozione) tutte le altre rappresentazioni desiderate irraggiungibili
prendono la stessa via e vanno a costituire nel primo modello Freudiano della vita psichica i contenuti della mente inconscia.

Inconscio si forma perché vengono separati dalla memoria i ricordi di situazioni, il cui ricordo si fa soffrire troppo, è troppo
doloroso ricordare il tempo felice nella miseria e allora lo dimentichiamo per rimozione → è una dimenticanza radicale. Viene
ottenuta nel modello neurale isolando una serie di rappresentazioni psichiche rispetto a tutte le altre, quindi io con le catene
associative lì non ci vado più, non le raggiungo.
Nel interpretazione dei sogni, dove si parla molto della visione energetica (cioè della questione delle energie psichiche che
possono investire le rappresentazioni) attraverso una sorta di operazione, di pressione costante della psiche deve attivamente
esercitare per tenere questi contenuti lontani dalla coscienza. Questo è poi fondamentalmente il modello centrale di come ci si
ammala → viene una nevrosi, isteria, fobie e le ossessioni → perché per qualche motivo non c'è più abbastanza energia per
tenere questi contenuti lontani dalla coscienza e allora irrompono e danno origine ai sintomi.
La prima sua concettualizzazione della malattia nevrotica, della psiconevrosi come la chiamava all'epoca, da un punto di vista
psicoanalitico corrisponde → a un venire meno della rimozione. che di fatto potremmo dire in modo semplificato produce
quella mescola di Fantasia e realtà che sembra essere proprio la condizione in cui vivono questi pazienti. Per esempio Anna nel
momento in cui la lista il terapeuta si allontana lei gli viene una crisi e allucina la gravidanza. Quindi questo nucleo di rapporto
tra la fantasia alla realtà che si muovono però vedete all'interno i due estremi → cioè da una parte c'è la realtà esterna, dall'altra
c'è la pura fantasia senza fondamento reale in un'esperienza.
Nel modello psicoanalitico a metà tra questi due estremi c'è la realtà psichica che è ciò di cui sostanzialmente da
allora in poi si occuperà in maniera elettiva la psicanalisi.
Pensiamo alla allucinazione della gravidanza di Anna è contemporaneamente uno stare meglio e uno stare peggio→ è uno stare
meglio nel senso che c'è qualcosa che viene sperimentato in termini dell'allucinazione di una condizione desiderata, ma è uno
stare peggio perché di fatto implica che te meno in contatto con la realtà e questa è una sofferenza comunque psichica
importante. Il sintomo è una creazione di compromesso, cioè da una parte ti fa stare meglio però è anche un farti stare meglio
che ti mette in crisi rispetto al tuo contesto sociale, quindi ti fa stare anche peggio → ti mette in una condizione di
disadattamento sociale.

Freud in uno dei suoi ultimi scritti dice che un eccesso di azione mortifica → bisogna pure stare nei desideri anche quando sono
diciamo irraggiungibili. Il problema è che se io mio sogno e sono in grado di reggere il tormento sostanzialmente sto bene, ma
se non ho energie psichiche per sostenere questo conflitto mi resta la possibilità di rimuovere quel contenuto → quindi è come
una via d'uscita da un conflitto insostenibile la rimozione.
I contenuti rimossi esercitano una sorta di attrazione rispetto a tutti gli altri contenuti psichici coscienti, quindi il fatto
che siano rimossi non è che vuol dire che sono cancellati. è il cosiddetto aspetto dinamico della teoria, cioè desideri
rimossi esercitano una forza questa sarà legata al tema della pulsione.
Freud “il complesso edipico non viene cancellato, tramonta” → gli oggetti di investimento d'amore e di odio della situazione
gita non vengono a scomparire ma un certo punto finiscono come dall'altra parte di qualcosa, entrano in un assetto psichico
diverso che è quello dei contenuti, ma da lì esercitano un'enorme influenza sulla vita psichica. Infatti si va sviluppando l'idea
della terapia psicoanalitica, non si tratta più consentire il riemergere del ricordo di una rappresentazione di un evento traumatico
rimosso, ma si tratterà di creare un nuovo equilibrio tra i contenuti accessibili alla coscienza e questo materiale rimosso, che
non può essere né troppo lontano né troppo presente, deve essere in uno stato di equilibrio conflittuale → aspetto dinamico,
cioè che l'idea che la vita psichica si basa sull'equilibrio in un conflitto di forze.
Quindi è importante che i contenuti rimossi, non scompaiano ma stiano lì perché sono come una pila nucleare che
alimenta l'energia psichica e muove l’aspetto mentale.
La via della rimozione → questo è l'inizio della vita psichica, per i primi 30 anni del suo lavoro pensava che l’inconscio fosse
solo prodotto della rimozione.

Punto di arrivo di questa fase travagliata dell'elaborazione del pensiero freudiano che ci consentirà poi di presentare
il primo modello teorico psicoanalitico inteso come produzione non legata alla concettualizzazione neurologica, che
è contenuto nell'ultimo capitolo dell' interpretazione dei sogni.
L'interpretazione dei sogni è un testo fondamentale che ha avuto una risonanza enorme, perché non si limita a
quello che il titolo dice cioè a proporre l'idea che i sogni non siano delle formazioni stravaganti della vita notturna,
ma che invece ci dicano qualcosa sul funzionamento della nostra mente e dell' apparato psichico,
ma presenta una modellizzazione che poi è diventata importante nella storia della psicoanalisi conosciuta come
“prima topica” che è quindi il primo modello strutturale per funzionamento dell'apparato psichico pubblicato
effettivamente da Freud. Il progetto in realtà è uno scritto inedito che lui aveva un certo punto dimenticato in un
cassetto e che solo poi dopo tempo è stato ripescato e diciamo ci ha permesso di individuare una serie importante
di concettualizzazioni.
Il termine topico a che fare con il sostantivo greco topos = luogo, quindi si tratta di un modello dell'apparato psichico
che presuppone che nella mente possano essere figurativamente (quindi nella rappresentazione del modello)
individuate tre diverse zone luoghi, province, che non sono altro che le distinzioni dell'inconscio del preconscio e
della coscienza del conscio.
Il portato fondamentale del testo dell' interpretazione dei sogni è quello di avere messo in luce alcune caratteristiche del
funzionamento delle rappresentazioni inconsce che sono completamente diverse se non addirittura antitetiche rispetto al
funzionamento delle rappresentazioni coscienti. Sul funzionamento delle rappresentazioni coscienti dobbiamo immaginare che
quello che Freud ha in mente è da una parte i processi di memoria → quindi con le catene associative che riguardano
l'associazione di idee che per esempio lui osservava quando sentiva parlare liberamente i suoi pazienti in seduta, dall'altro per
esempio il ragionamento logico indirizzato diciamo mirato su un tema specifico o sulla risoluzione di un problema (quello che
oggi non chiamiamo problem solving).

Mentre finora della questione dell'inconscio abbiamo soltanto detto che si tratta di rappresentazioni che un tempo
erano state coscienti e che per una serie di vicissitudini sono state sottoposte alla rimozione.
Quindi a un certo punto sono state separate attivamente dal resto delle catene associative della memoria e si
trovano in uno stato tale che rende impossibile per queste rappresentazioni essere riportate alla coscienza come lo
sono tutti gli altri contenuti della vita psichica.
Oggi → capire perché il sogno è la via regia all'inconscio, cioè perché quello che ha scoperto sul sogno è così fondamentale per
predicare qualcosa sul funzionamento della vita inconscia della mente e secondariamente qual è il modello della vita psichica e
del funzionamento dell’apparato psichico, che lui è stato in grado di proporre in maniera speculativa (possibile
sistematizzazione di una serie di elementi emersi dalla clinica ed analisi dei sogni che troviamo descritti nel settimo capitolo).
Interpretazione dei sogni → parte nel primo capitolo da una disamina di quelle che erano le teorie classiche sui sogni che sono
state formulate sia nell'antichità che poi nella medicina e nella psicologia scientifica dell'epoca di Freud. Quindi c'è un po' una
sorta di percorso a ritroso anche sul tema dell'interpretazione dei sogni, cioè sulle tecniche divinatorie che c'erano nell'antichità
e che individuavano una serie di condizioni per cui certi individui potevano in qualche maniera dire qualcosa a proposito del
contenuto mentale di un sogno che era portato la loro attenzione.
Il punto fondamentale che Freud sottolinea in questa disamina è che nell'antichità l'idea che i sogni contenessero significato
intellegibile e molto rilevante per la vita da svegli dell'individuo, era un'idea diffusa, poi solo successivamente nella storia della
nostra cultura ha perso diciamo questo retaggio di considerazione del valore del sogno e i sogni erano stati spesso relegati a una
dimensione un po' laterale, come quella della superstizione. Freud racconta di essere arrivato a comprendere la struttura
dell'attività onirica sostanzialmente sviluppando l'ipotesi che ci fosse una sorta di legame e di analogia tra il modo con cui sono
generati i sintomi isterici e il modo con cui sono generati i sogni. Sui sogni dice che→ il contenuto del sogno che ricordiamo al
mattino contiene degli elementi che sicuramente sono collegati a qualcosa che appartiene alla nostra vita da svegli, elemento
che funziona un po' come trigger come spunto per l'avvio, per l'accensione del meccanismo onirico e che si chiama “residuo
diurno”. Questo è soltanto uno spunto per l'attivazione del sogno, perché l'idea fondamentale che sta alla base
dell'interpretazione dei sogni è il concerto che esattamente in linea con quella modalità dell’allucinazione di desiderio che si
trova descritta in un linguaggio di tipo neurologico,
i sogni hanno la funzione di alleggerire la pressione dovuta a desideri inaccettabili attraverso la rappresentazione in
qualche modo mascherata della scena che appaga questi desideri.

I sogni in buona sostanza sono rappresentazione dell’appagamento di desideri rimossi o desideri che la coscienza
giudica inaccettabili. Nell’interpretazione dei sogni questa funzione di giudizio morale (che se vi ricordate nella
discussione della fenomenologia delle pazienti speri che veniva attribuita in modo vago a una sorta di senso
morale, giudizio morale, accettabilità sociale cioè che sembrava più a un meccanismo di tipo sociologico quindi
legato alle relazioni nel gruppo) nell'interpretazione dei sogni si chiarisce definitivamente che invece rappresenta
una funzione dell'apparato psichico che Freud chiama “censura onirica”.
Questa è la prima concettualizzazione del fatto che nella sua idea di questo apparato psichico compaia qualcosa
che rappresenta la funzione di vietare l'accesso alla coscienza.Osserviamo il prodotto del suo funzionamento,
perché in realtà molto raramente quando noi guardiamo il contenuto dei sogni per come ce lo ricordiamo noi
possiamo veramente intravedere che si tratta di rappresentazioni di appagamento di desiderio.
CI sono delle situazioni che forse potremmo chiamare dei desideri ingenui, in cui questa cosa è immediatamente visibile → per
esempio Freud ricorda un detto popolare che dice “cosa sogna l’oca, il miglio” ognuno sogna ciò che gli manca o desidera.
Questi sogni rappresentano desideri che in un certo senso possono essere portati in questa scena di appagamento senza
particolari problemi, quindi non sono quelli sui quali si va a innestare il funzionamento della censura onirica.

Poi c'è un'altra classe di sogni che rappresentano una situazione desiderata in quanto questa situazione può essere una garanzia
del continuamento del sonno, per esempio Freud e ricorda una situazione in cui un suo collega medico e faceva molto fatica ad
alzarsi la mattina per andare in reparto, era solito lisciare l'orario della sveglia perché sognava di trovarsi già in reparto →
quindi in questo caso questo sogno diciamo è come se appagasse il desiderio di non doversi svegliare. Sono tutti i sogni in cui è
molto semplice riconoscere ciò che è l'elemento desiderato e molti di questi quindi rappresentano un appagamento immediato
di un desiderio, hanno a che fare con la questione di conservare l'integrità del sonno.
Infatti nell'interpretazione dei sogni Freud attribuisce anche un altro livello di funzionamento al sogno cioè lo chiama il custode
del sonno → perché rappresenta una funzione che serve a mantenere gli eccitamenti presenti nell'apparato psichico, a un livello
tale da non disturbare la possibilità di continuare a dormire.
Questo per esempio di far pensare famosi sogni d'angoscia dove evidentemente questa cosa fallisce → c’è un eccesso di
eccitamento che non è controllato e le persone si svegliano con questa sensazione d'angoscia.
Freud fa anche un tentativo abbastanza articolato di discutere l'idea che secondo lui anche i sogni d’angoscia in
realtà rappresentano alla base appagamenti di desiderio.
Nell’interpretazione dei sogni non si fa menzione di una cosa che poi diventerà fondamentale nello sviluppo della
psicoanalisi sia freudiana che di altri autori, cioè l'esistenza di cosiddetti “sogni traumatici” che hanno a che fare con
una dimensione traumatica e non con l'appagamento di desiderio. Aspetto non è presente prima
concettualizzazione freudiana.
La particolare natura del modo con cui sono trattate dalla psiche le rappresentazioni inconsce è diverso dal modo
con cui noi trattiamo le rappresentazioni che abbiamo consapevolmente nella nostra mente.
Freud arriva a fare la scoperta di questo modo diverso di trattare la rappresentazione rappresentazione grazie all'autoanalisi,
attraverso il metodo delle libere associazioni e contenuti dei suoi stessi sogni. Ricorrendo a questa ricostruzione delle catene
associative connesse con i dettagli che sono presenti nei sogni, arriva a certi punti in cui le catene associative o si interrompono
o suscitano una forte tensione emotiva, e ritene di individuare in questi punti delle situazioni in cui il sistema oppone resistenza
proprio perché ci si sta avvicinando alle rappresentazioni rimosse → queste non vengono raggiunte immediatamente, ma si va
nell'area del rimosso quando cominciamo a sentire una resistenza/qualcosa che si oppone → qualcosa che in un certo senso
blocco il fluire del nostro pensiero a partire da certi stimoli presenti nel sogno.

Sulla base di questo lavoro ricostruttivo secondo Freud è possibile ripercorrere all'indietro la struttura dei contenuti
che si trovano celati nella rappresentazione sogno e arrivare a scoprire il desiderio originario che ha mosso il sogno
stesso. Nel testo “l'interpretazione dei sogni” questo desiderio può essere un desiderio anche realistico della vita
adulta, per esempio in quello di Irma Freud conclude la sua lunga analisi dicendo che il desiderio che sta alla base
del sogno è quello che non sia colpa, se paziente sta ancora male, ma che sia colpa del collega che è stato
negligente dal punto di vista medico.
Poi successivamente quando verrà sviluppata la teoria delle pulsioni, Freud si muoverà sempre più verso l'idea che il vero
motore energetico in qualche modo dello sviluppo dei sogni, sia sempre un desiderio infantile rimosso → cioè qualcosa che
appartiene a un'epoca molto precoce della vita psichica e molto spesso alla configurazione di quella dimensione che abbiamo
cominciato a intravedere del complesso edipico.
Quindi i desideri della vita reale di per sé possono fare da innesco all'attività onirica, ma ciò che la rende così
pervasiva, potente e necessaria rispetto a questo modo di pensare è il fatto che in qualche maniera attraverso i
sogni teniamo a bada la pressione dei contenuti rimossi nella vita psichica infantile.

Ci avviciniamo a quella dimensione della psicosessualità o sessualità infantile che Freud lo considera un aspetto fondamentale
della sua concettualizzazione. Nell’interpretazione dei sogni il desiderio è visto come anche un desiderio relazionale →
desideri di morte inaccettabili relativi ai congiunti, situazioni di ambivalenza emotiva molto forte, situazioni legate a temi di
vergogna che vengono ribaltati in sogni di grandiosità..
Per arrivare a comprendere qual è desiderio che è stata alla base della produzione di una certa scena onirica o una certa
rappresentazione o racconto nel sogno, Freud ritiene fondamentale considerare una distinzione → cioè distinguere fra quello
che lui chiama il “contenuto manifesto del sogno” = cioè quello che ci ricordiamo sostanzialmente quando ci svegliamo, che
molto spesso è un contenuto che ha una prevalenza di tipo visivo o sensoriale e che viene sottoposto a una sorta di lavoro che
Freud chiama “elaborazione secondaria” che sarebbe come una specie di razionalizzazione, che serve a noi per poterlo
ricordare. Quando noi raccontiamo un sogno molto spesso ci mettiamo delle piccole inferenze, aggiungiamo dei collegamenti
logici, proviamo a mettere delle connessioni, che nel sogno sono assenti → sogno è più frammentario e più per scene.

Quindi c'è questa società è questa prima trasformazione fatta dalla mente cosciente che è l’elaborazione secondaria e che è
fondamentale perché il sogno possa essere raccontato, ma la vera scoperta di Freud è che a monte di questa trasformazione ci
sia una trasformazione molto più radicale, che è quella che separa il contenuto manifesto del sogno dal contenuto latente che
sarebbe ciò che il sogno avrebbe rappresentato se non vi fosse stata la censura onirica. Quindi sarebbe il vero desiderio, che è
motore di quella particolare scena onirica. Quindi io ve l'ho detto diciamo dalla veglia verso la genesi del sogno. Lo
riguardiamo in senso opposto → a partire da un desiderio che preme per essere rappresentato la coscienza e trovare sollievo. La
censura onirica si oppone a questa rappresentazione e quello che è la struttura dei contenuti che noi riusciamo a percepire nella
nostro ricordo del sogno è una formazione di compromesso → cioè un compromesso fra quello che sogno avrebbe voluto
rappresentare e l'effetto della censura.
Allora il punto fondamentale è che Freud descrive precisamente nell'interpretazione dei sogni 44 diversi
meccanismi, diverse operazioni mentali che vengono fatte sulle rappresentazioni inconsce secondo lui per
trasformarle nei contenuti manifesti dei sogni. Di queste 44 diverse trasformazioni fondamentali sono 5
trasformazioni, che sono quelle che sono poi passate anche nella vulgata della teoria psicoanalitica, cioè quelle più
comuni Queste cinque trasformazioni ci danno conto di un modo di funzionare della mente che è irriducibile al
funzionamento della mente conscia ed è questa la vera e propria scoperta dell'inconscio, cioè la scoperta di una
modalità di funzionamento psichico alternativa a quella che noi conosciamo tramite la coscienza, che però può
essere descritta è seguita nei minimi dettagli.
Oggi racconto questa struttura di questo funzionamento psichico → questa parte della teoria freudiana ha subito un'evoluzione
ed è stata formalizzata → cioè noi al giorno d'oggi abbiamo dei modelli formali sia logici sia matematici che topologici, quindi
sono diverse branche della matematica → che ci rendono conto del tipo di trasformazione di rappresentazioni che descrive
Freud nell’'interpretazione dei sogni → oggi siamo in grado di dire esattamente da un punto di vista di una teoria formale che
tipo di fra matematica funziona nell'inconscio. Non ci sono ambiguità. Quel modello predetto verbalmente da Freud noi lo
ritroviamo organizzato in queste teorie contemporanee.

Quello che ha lavorato di più sulla dimensione di formalizzazione in termini logici è lo psicoanalista cileno Ignacio
Matte Blanco, è uno degli analisti è scappato da Buenos Aires durante la dittatura in Argentina.
Sulla parte della formalizzazione della logica negli ultimi dieci anni si è lavorato molto.
C’è un altro filone che utilizza invece un formalismo tipo topologico che è molto curioso, perché di questa parte se
sono interessati sostanzialmente degli informatici che sono arrivati a queste teorie, partendo dal problema di capire
come si fa a rappresentare le emozioni nel ragionamento artificiale. Da lì sono arrivati in qualche modo a ripescare
la teoria psicodinamica freudiana e hanno capito che questa alla base aveva una struttura organizzativa della
conoscenza, che può essere completamente descritta e formalizzata. Filone di cosiddetta psicoanalisi
computazionale che lavora su questi modelli che interessano sostanzialmente chi si occupa di teoria
dell'informazione.
I funzionamenti, le trasformazioni delle rappresentazioni di come Freud parla e che ha riconosciuto nel funzionamento
inconscio, sono→ condensazione, spostamento, assenza di temporalità, assenza di negazione e raffigurabilità che è poi la più
semplice da capire e rappresenta un po' idea per cui il modo con cui sono conservate le rappresentazioni inconsce, è
prevalentemente per immagini. I sogni vanno per immagini.
La raffigurabilità è l'accesso di qualcosa a una prima dimensione percettiva con una certa prevalenza dei contenuti visivi nei
sogni → come se diciamo il primo punto di emersione di una rappresentazione inconscia fosse all'interno di un codice di tipo
visivo.

Lo spostamento è l'idea per la quale nel sogno quando io devo rappresentare una figura che per me può essere oggetto di
particolare difficoltà e conflitto, la scena del sogno può sostituire la figura in questione con una figura che ha qualche
caratteristica simile, ma rispetto alla quale io mi trovo in una situazione meno conflittuale. Esempio se io ho in atto un conflitto
con i miei genitori → riguardo l'utilizzo della macchina, potrei fare un sogno in cui litigo con una vigilessa per come ho
posteggiato. Nel sogno ha delle caratteristiche o dei punti, degli elementi dell'immagine che permettono chiaramente di
ricollegare una figura all'altra.
Voglio rappresentare un momento in cui mando a quel paese mia madre, però c'è qualcosa che si oppone secondo questo
modello → l'operazione è vietata, la censura onirica permette di sfogarmi con la vigilessa.
Quindi il conflitto che originariamente è verso la figura molto potente dal punto di vista dell'emotività, viene spostato
su figura meno potente questa figura viene scelta perché ha qualche caratteristica di analogia, molto spesso viene
tradita da un dettaglio del sogno.
L’altro aspetto legato allo stesso funzionamento della censura onirica è la condensazione cioè per esempio la
vigilessa potrebbe avere degli aspetti, qualche dettaglio che mi ricorda mia madre, ma per esempio qualche altro
dettaglio che mi ricorda la mia maestra delle elementari che io temevo moltissimo, perché faceva delle cose che mi
spaventavano oppure un elemento che riguarda una mia compagna di università che mi odio.
Nel sogno viene rappresentata un'unica figura, ma questa condensa una quantità cospicua di catene associative
che vanno verso ricordi ed elementi differenti.
Quindi il fatto che una persona sia uno nel sogno, non è come nella realtà tra “uno vale uno”, nel sogno uno può avere anche un
numero infinito di collegamenti → potenzialmente vedremo tutte le figure di autorità condensate in quell'unica
rappresentazione del sogno.
L'assenza di temporalità è un'affermazione molto radicale della teoria freudiana che sostiene che il tempo come tale non è
rappresentato nell'inconscio, nell’inconscio le cose esistono è come un mondo di essenze, non c'è una sequenza per cui una cosa
viene prima di un'altra → i sogni spesso non rispettano un criterio di ordinamento temporale, ma è una posizione radicale
perché è proprio mettere in sequenza e in ordine che non è possibile nel funzionamento inconscio. Le cose non possono essere
raffigurate secondo un criterio di prima-dopo, sono raffigurate solo in quanto tali e non in modo comparativo.
L'assenza di negazione è l'altra caratteristica radicale → fondamentalmente Freud ritiene che il modo di funzionare di queste
rappresentazioni inconsce, prescinde da qualunque sintassi addirittura dice “se quando una persona racconta un sogno e
rappresenta una figura → dice non è mia madre. Allora per l'interpretazione dobbiamo intendere “è mia madre” perché quello
che conta è la catena associativa tra le rappresentazioni. Quindi se un dettaglio del sogno ci ha portato alla mente tua madre
anche solo per differenziarla, dal punto di vista della catena associativa, il legame fra quel dettaglio nel sogno e la
rappresentazione della madre è lo stesso, la negazione non conta.

Freud propone un'analogia con una caratteristica di alcuni aggettivi che sono presenti in alcune lingue arcaiche. Ha scritto un
saggio su questo che è “significato opposto di alcune parole primordiali”, per esempio in latino l'aggettivo altus vuol dire
contemporaneamente sia alto che profondo → la stessa parola che viene utilizzata per rappresentare una cosa e il suo opposto.
Sacro vuol dire sia sacro nel senso positivo che diciamo orrido, spaventoso → nell'aggettivo originale sacro aveva dentro
contemporaneamente i 2 significati (come mostruoso). Quindi l'idea è che esistono delle rappresentazioni in cui qualcosa non è
distinta dal proprio opposto.
Secondo questa fa logica dell'inconscio, una rappresentazione per esempio di un odio feroce in un sogno può nascondere un
desiderio di carattere assolutamente opposto→ una morte può rappresentare una nascita, un desiderio di morte può raffigurare
un contenuto erotico. Questo sarebbe nel modello freudiano proprio come una un elemento paradigmatico della presenza di un
contenuto inconscio molto forte.
Quindi quando noi ci troviamo di fronte per esempio anche a dei sentimenti estremi, questi possono essere organizzati con una
polarità → un disprezzo può rappresentare una grande ammirazione.
Questo pone in modo importante la questione di come noi possiamo avere nella mente dei funzionamenti così
diversi, cioè un sistema che funziona con questa logica inconscia come fa ad entrare in contatto con un sistema
razionale come quello del nostro pensiero o pseudo razionale come quello del nostro pensiero cosciente?

Si vede proprio un sistema che corrisponde a una logica di funzionamento che è diversa dalla logica ordinaria, questa logica la
possiamo anche descrivere formalmente → non è a caso/irrazionale, ma risponde a una razionalità che non è quella della logica
ordinaria, è un'altra razionalità.
Come si fa a mettere in collegamento questi diversi modi di funzionare? è il motivo sostanziale per cui Freud diciamo insiste
molto sulla necessità di postulare un'area di mezzo → infatti la topica è tripartita, c’è una provincia che rappresenta l'inconscio,
una provincia che rappresenta la coscienza e nel mezzo c’è il preconscio. Le rappresentazione del preconscio sono
rappresentazioni che possono entrare nella coscienza con un piccolo sforzo di volontà (come quando noi cerchiamo di inventare
qualcosa che non ci viene alla mente), quindi sarebbero come delle rappresentazioni subliminali, sotto soglia che con un po' di
legame energia che dalla coscienza le richiama possono diventare coscienti (non sono segregate come quelle inconsce). Però
hanno una sorta di stranezza nel modo in cui sono organizzate che segnala il forte influsso del funzionamento inconscio su
queste rappresentazioni. Forma di questo influsso → non si tratta di una relazione che può essere dedotta da un funzionamento
di tipo logico e nemmeno rappresentata in un modello matematico, è un concetto che esiste solo nel modello psicoanalitico ed è
il concetto di “rappresentanza psichica”.
Freud lo spiega con metafora “parla di rappresentanza diplomatica, cioè quando voi considerate per esempio l’ambasciata del
Ghana a Roma → è a Roma, però di fatto è un territorio che risponde alle leggi del paese d'origine, così come se voi avete una
nave che batte bandiera panamense a bordo valgono le leggi del paese d'origine anche se è nel nostro porto.
Quindi un’ambasciata è un’enclave che sta dentro un territorio dove ci sono altre leggi che però è regolato dalle
leggi di un'altra area. Secondo Freud il preconscio e le rappresentazioni oniriche hanno proprio questo status, sono
delle zone/delle province del funzionamento psichico in cui noi non possiamo accedere direttamente alle
rappresentazioni inconsce, ma possiamo vedere le leggi dell'area a cui quelle rappresentazioni sono legate. Quindi
noi possiamo conoscere il funzionamento inconscio esclusivamente grazie a questa funzione di rappresentanza,
che i contenuti dei sogni o i sintomi di tipo psico ci mostrano quel funzionamento attraverso la natura delle
trasformazioni che vediamo sulle rappresentazioni preconsce.
La preconscia come la rappresentazione del significato manifesto del sogno è qualcosa che noi possiamo
richiamare alla mente, la possiamo ricordare. Se scopriamo che ha delle stranezze possiamo supporre che questa
rappresentazione si porti dentro qualcosa della connessione con dei contenuti inconsci.
Di fatto ‘inconscio lo possiamo conoscere attraverso quello che Freud chiama i suoi “derivati”, cioè le trasformazioni
che questa logica altra impone a delle rappresentazioni che per noi sono a qualche livello accessibile, prime fra
tutte quelle del sogno. Sogni lucidi sono sogni che avanzano pretese di realtà, dove c'è qualcosa nel contenuto dei
sogni che spinge a pensare che invece che essere connessi con l'inconscio siano connessi con la realtà esterna.
Analisi del sogno di Irma. Freud nell'introduzione dice che il modo con cui lui è riuscito a capire questi processi è
ragionando e lavorando sui contenuti dei sogni che venivano portati dalle pazienti quando lui applicava il metodo
catartico insieme a Breuer e che poi però fondamentalmente il grosso della convalida di queste intuizioni, lui l'aveva
fatto lavorando sui propri sogni. Diceva che solo appunto con i propri sogni i contenuti anche intimi e significativi
sono facilmente riconoscibili, le persone se no tendono comunque a censurare di più e si devono rivolgere a
qualcun altro.
Allora nelle storie la premessa :

Durante l’estate del 1895 avevo curato con la psicoanalisi una giovane signora che era in rapporti di
amicizia con me e la mia famiglia. Si può prontamente comprendere come una relazione mista di
questo genere possa essere fonte di molti turbamenti per un medico e in par ticolare per uno
psicoterapeuta. Mentre l’interesse personale del medico è grande, la sua autorità è minore; qualsiasi
fallimento sarebbe una minaccia per l’antica amicizia con la famiglia del paziente. Questa cura era
finita con un successo parziale; la paziente era guarita della sua angoscia isterica, ma non aveva
perso tutti i sintomi somatici del processo isterico,
Così le proposi una soluzione che sembrava non voler accettare. Mentre eravamo così in disaccordo,
avevamo interrotto la cura per le vacanze estive. Un giorno venne a trovarmi un collega più giovane,
uno dei miei più cari amici, che era stato con la mia paziente, Irma, e la sua famiglia nel luogo dove
villeggiavano.
Gli chiesi come l’avesse trovata ed egli rispose: «Sta meglio, ma non completamente bene». So che
le parole del mio amico Otto, o il tono con il quale aveva parlato, mi irritarono. Immaginai di sentire
in esse un rimprovero, perché avevo promesso troppo alla paziente; e, a torto o a ragione, attribuii
la presunta posizione di Otto contro di me all’influenza dei parenti della mia paziente, che, mi
sembrava, non erano mai stati favorevoli alla cura. Comunque la mia impressione sgradevole non mi
era chiara e non ne detti alcun segno esteriore. La sera stessa scrissi la cartella clinica di Irma con
l’intenzione di darla al dr. M. (un comune amico che era allora il principale esponente del nostro
gruppo) per giustificarmi.Quella notte (o probabilmente la mattina dopo) feci il seguente sogno che
trascrissi subito dopo il risveglio [questo è il primo sogno che io abbia sottoposto.
Un grande salone – stavamo ricevendo numerosi ospiti. – Tra di essi c’era Irma. Io la presi in
disparte, come per rispondere alla sua lettera e rimproverarla di non aver ancora accettato la mia
«soluzione». Le dissi: «Se hai ancora dei dolori è davvero solo colpa tua». Mi rispose: «Se solo tu
sapessi che dolori ho ora alla gola, allo stomaco e al ventre, mi soffocano». Io mi spaventai e la
guardai. Era pallida e gonfia. Pensai che dopo tutto dovevo aver trascurato qualche disturbo
organico. La portai vicino alla finestra e le guardai la gola, e lei mostrò una certa riluttanza, come le
donne con la dentiera. Io pensai che veramente non c’era bisogno di farlo. Poi lei aprì bene la bocca
e sulla destra trovai una grande macchia bianca; in un altro punto vidi delle estese croste grigiastre
su delle forme notevolmente incurvate che imitavano evidentemente le cavità nasali. Chiamai subito
il dr. M. ed egli ripeté Tesarne e lo confermò… Il dr. M. sembrava molto diverso dal solito, era
pallido, zoppicava e non aveva la barba… Anche il mio amico Otto era ora vicino a lei, e il mio amico
Leopoldo stava percuotendo il suo petto e diceva: «Ha un’area ottusa in basso a sinistra». Indicò
anche che una parte della pelle sulla spalla sinistra (lo sentii come lui, nonostante il vestito)…
M. disse: «Non c’è dubbio, si tratta di un'infezione, ma non importa; interverrà la dissenteria e le
tossine saranno eliminate»…. Noi comprendevamo subito anche l’origine dell’infezione. Non molto
prima, quando lei si sentiva poco bene, il mio amico Otto le aveva fatto un’iniezione di propile…
propili… acido propionico… trimetilammina (e vidi davanti a me la formula stampata in grassetto)…
Iniezioni di quel genere non si dovrebbero fare così sconsideratamente… E probabilmente la siringa
non era pulita.
Questo sogno ha un vantaggio su molti altri. Era immediatamente chiaro che il punto di partenza era
stato fornito dagli eventi del giorno precedente. La mia premessa lo dimostra. Le informazioni che mi
aveva dato Otto sulle condizioni di Irma e la cartella clinica che mi aveva impegnato fino a notte
tarda avevano continuato ad occupare la mia attività mentale anche durante il sonno. Tuttavia
chiunque avesse letto solo la premessa e il contenuto del sogno non potrebbe avere la minima idea
del significato del sogno stesso. Io stesso non ne avevo idea. Ero meravigliato dei sintomi che Irma
lamentava nel sogno, poiché non erano gli stessi per i quali l’avevo curata. Sorrisi all’idea insensata
di un’iniezione di acido propionico e alle riflessioni consolanti del dr. M. Verso la fine il sogno mi
sembrava più oscuro e complesso che al principio. Per scoprire il significato di tutto questo era
necessario intraprendere un’analisi dettagliata.

Lui analizza frase per frase, interessanti i dettagli della figura di Ilva dove si intravede già solo da quello una scena di fondo
molto complessa → c'è tutto un tema legato al gonfiore del ventre che lui ricollega in qualche modo alla gravidanza della
moglie, a problemi di salute che aveva avuto la figlia e sullo sfondo a una serie di questioni che non sono apertamente dette, ma
che ci rimandano a tutto il tema del rapporto con Fliess che era il mago e la diciamo Qual è la formula No che si ripete puntare
alla fine del sogno a che fare con questo tema della chimica sessuale. è un sogno un campione perché possiamo vedere nel
concreto di un'analisi i meccanismi che sono descritti in modo teorico alla fine del libro. Siamo in grado anche di sapere
qualcosa della genesi, quindi ci troviamo proprio in un punto in cui la genesi della teoria e la risoluzione di un problema
personale dell'autore si toccano → anche per questo che questo sogno è diventato così famoso e rappresenta un paradigma di
apertura del modello psicoanalitico. Vediamo intreccio della proposizione concettuale teorica con tutti i gradi delle
problematiche anche psichiche profonde fino a sfiorare la psicologia dell’autore. Freud li racconta per motivi didascalici → per
spiegare il suo metodo.

Introduzione del concetto di traslazione → transfert che avviene attraverso pubblicazione di uno scritto “frammento di
un'analisi di isteria : il caso di Dora”.
Freud sull’analisi del sogno di Irma → dove lui fa una disamina di tutte le idee che gli vengono suggerite da ciascun elemento
contenuto nel racconto del sogno. Quindi comincia dal salone, il ricevimento e fa vedere chiaramente che dall'analisi dei
dettagli dei vari personaggi che compaiono e dalla coerenza o meno dei dettagli dei personaggi reali diciamo ripercorrere a
quali sono le rappresentazioni che sono in qualche maniera condensate nell’immagine del sogno. La figura di Irma è una figura
estremamente composita, riguarda sicuramente una paziente, ma forse anche un'altra che era amica della stessa Irma con la
quale Freud aveva un rapporto molto più conflittuale (non aveva nessuna intenzione di sottoporsi a una psicoterapia).
Alcuni aspetti come il pallore e ventre gonfio vengono associati alla moglie di Freud che stava attraversando una
gravidanza difficile e ci sono anche alcuni elementi che rimandano alla figlia Matilde, che viene messa in relazione
con una paziente di Freud che purtroppo era venuta a mancare nel periodo precedente il sogno.
Si vedono quante immagini complesse ruotano attorno al tema della figura femminile presente nel sogno che è una
condensazione di di elementi che provengono da catene di ricordi che fanno riferimento a situazioni diverse. Così per tutti gli
elementi che sono contenuti nel sogno → esempio le conche nasali, Irma apre la bocca e si vedono delle conformazioni
biancastre che ci ricordano la struttura delle conche nasali.
Qui partono una serie di questioni dall'intervento chirurgico della stessa Irma, ai problemi che freud aveva connessi all'uso della
cocaina e attraverso questo a questioni che riguardavano altre situazioni mediche molto gravi che avevano coinvolto → come
la questione che riguarda l'uso analgesico della cocaina e la morte del suo collega medico pochi mesi prima il sogno
dell'iniezione. Conosciamo poi dalle varie dei vari studi biografici anche dei risvolti più significativi, la figura del medico viene
ricollegata al fratello grande che era anche fisicamente molto simile al padre e questo ci rimanda al tema della questione della
colpa nei confronti del padre, per avere in qualche modo giudicato in maniera non lodevole alcune dei suoi comportamenti.
Una rete di connessioni che si collegano a una grande parte dei temi che riguardano sia la dimensione geografica
che la dimensione delle riflessioni scientifiche che erano alla base del pensiero di Freud in quel periodo.
Il punto di caduta di tutto ciò è la considerazione che secondo lui, il sogno rappresentasse uno stato di cose in cui la colpa per il
perdurare della malattia di Irma non era attribuibile a lui stesso, ma era invece attribuibile al imperizia di altri medici → quindi
uno scaricare la colpa su un collega più anziano che viene dichiarato apertamente da Freud come essere la rappresentazione di
soddisfacimento di un suo personale desiderio, quello di non poter essere ritenuto responsabile direttamente del perdurare delle
sofferenze della paziente.
Quindi tutta questa analisi da una parte serve per consentirgli di dimostrare quello che doveva essere l’assunto base
dell'interpretazione dei sogni, cioè che l'intuizione che il sogno è un appagamento di desiderio, poi fa vedere come la tecnica
delle associazioni libere ai contenuti del sogno viene utilizzata per rintracciare di che materiale sono fatte le rappresentazioni
dei sogni → cioè quali sono gli elementi che contribuiscono alla costituzione di un certo simbolo onirico all'interno della scena
sognata. Questo tecnica poi verrà utilizzata nel corso della psicoterapia laddove il terapeuta chiederà al paziente di associare
liberamente ai contenuti del sogno. Questo è un aspetto fondamentale della Tecnica dell'interpretazione dei sogni proposta da
Freud → cioè il sogno non ha un significato di per sé e non ha un significato immediatamente intellegibile a partire dai
contenuti espliciti del sogno (questo non vuol dire che non ci possono essere degli elementi trasparenti come quelli che si
riconnettono ai residui diurni cioè ai contenuti che sono immediatamente riferibili a elementi della vita contingente del
paziente) → il punto è che solo le libere associazioni consentono di ricostruire questa rete di connessioni che permettono di
dipanare ciò che nel sogno viene rappresentato in una forma condensata. Libere associazioni, chiamate così perché
fondamentalmente l'atteggiamento mentale che viene richiesto al paziente è quello di porsi come in una sorta di dimensione in
cui uno contempla l'andamento dei propri stessi pensieri e dovrebbe fare del proprio meglio per astenersi dalle filtrarli
guidicanoli stravaganti o incongrui, non dovrebbe applicare reticenze di tipo morale o sociale. Freud usa questa bella metafora
“dovrebbe in qualche maniera seguire l'andamento dei propri pensieri con lo stesso atteggiamento che può avere un viaggiatore
che si trova in treno e vede scorrere un paesaggio dal finestrino del treno in movimento”.
Questa poi verrà considerata la regola aurea dell'assetto analitico e costituisce il cuore del metodo di
interpretazione dei sogni, perché è solo attraverso le associazioni al sogno che fornisce il paziente che secondo
questa tecnica freudiana possiamo essere in grado di risalire al materiale che appare trasfigurato e condensato
all'interno della scena onirica per come noi la ricordiamo.

Le libere associazioni vanno un po' in direzione opposta a quell'operazione di compromesso tra la spinta del
desiderio che è il motore del sogno e la censura onirica, che ha creato il mascheramento, che nella teoria freudiana
corrisponde allo strutturarsi dei contenuti espliciti del sogno (quelli che ricordiamo effettivamente quindi il contenuto
manifesto del sogno).
La scoperta dei 5 meccanismi che rappresentano le modalità in cui viene trattata la rappresentazione onirica nella costruzione
del sogno, comincia a indicare che il funzionamento inconscio è un vero e proprio modello di pensiero → questa sarà una delle
caratteristiche portanti della prima topica freudiana che individua non soltanto una qualità dell'essere inconscio intesa come
l'aggettivo inconscio che rappresenta qualcosa che è tenuto lontano dalla coscienza, ma individua una processualità/modo di
trattare le rappresentazioni tipico del sistema inconscio che contravviene e diciamo si discosta in maniera sostanziale dalla
maniera di trattare le rappresentazioni che noi possiamo considerare tipica dello stato di veglia e che nella forma più razionale
viene considerata rappresentabile attraverso il modo di ragionare del funzionamento logico classico ordinario, com'è quello per
esempio della logica aristotelica.
Sulla base di questa rappresentazione nel 7ettimo capitolo dell’interpretazione dei sogni esiste il primo modello
metapsicologico dell’inconscio → Freud usa termine della metapsicologia nella consapevolezza che il suo modello non è un
modello è derivato direttamente dalla modellizzazione di processi osservabili, così come succede quando noi facciamo un
modello psicologico, ma è un modello in cui è una forte componente speculativa e di fantasia, che viene proposto per dare una
forma a quella che è una comprensione che l'analista ha a contatto con il paziente, dell'andamento dei processi psichici. Quindi
la metapsicologia non è una psicologia naturalistica, quindi non è un modello come non so il modello a stadi di Piaget, perché si
pone su un livello epistemico diverso. è qualcosa che ha a che vedere con lo sforzo di rappresentazione di un funzionamento
psichico, che un'altra psiche, quella dell'analisi fa,quando si trova contatto con questi contenuti.

Nella storia della psicologia dinamica e della psicoanalisi assisteremo sempre un’oscillazione → Cioè ci sarà chi tenderà a
intendere in senso realistico le configurazioni dei modelli metapsicologici → cioè In altri termini crederà che il super-io esiste
in quanto tale, che non è un costrutto metapsicologico ma l'ho scambiato per un costrutto psicologico (cioè per qualcosa che
dice qualcosa della realtà obiettivabile).
Secondo me e secondo diversi epistemologi che lavorano cercando di capire lo status delle teorie psicoanalitiche, questo non è
del tutto corretto perché nelle teorie psicoanalitiche non si perde mai di vista la natura soggettiva della messa in forma dei
processi. Quindi potremmo dire che la metapsicologia è veramente un prodotto freudiano, nel senso che è il suo modo di
rappresentare l'apparato psichico in funzione della sua esperienza clinica. Questo non vuol dire che altri poi non possano trovare
utile lavorare con lo stesso modello, però non bisogna dimenticare questo scarto → cioè una quota di messa in forma
soggettiva e creativa da parte di chi sviluppa un modello metapsicologico che è ineludibile (cioè non si può fare a meno di
considerarla) e che pone lo status di questi modelli in una condizione, che non è del tutto equivalente ai modelli psicologici.
Quindi inconscio preconscio e conscio così come sono rappresentati sono concetti che ci aiutano a pensare certi fenomeni
clinici, osservazioni che vengono fatte in analisi, ma non hanno uno status obiettivabile, cioè non sono corrispondenti a un
costrutto che voi potete fare per esempio in neurofisiologia.

Le caratteristiche di questo modello metapsicologico che sono maggiormente esplorate nell'interpretazione dei sogni sono
quelle di natura topica → cioè l'idea di distinguere appunto l'apparato psichico in tre aree diverse che hanno dei funzionamenti
(cioè dei modi di trasformare le rappresentazioni) differenti. La parte più innovativa riguarda proprio la scoperta dei modi di
trasformazione delle rappresentazioni inconsce che come sono derivate dalla teoria del sogno.
Già incontrato altre due dimensioni di rappresentazione di un modello metapsicologico dell'apparato psichico che sono quella di
tipo energetico → cioè quella che fa riferimento al fatto sostanziale che interessa modellizzare alla psicoanalisi attraverso
l'apparato psichico è il modo in cui vengono trattate le rappresentazioni investite di affetti, cioè caricate di un quantum di
energia non le rappresentazioni fredde, ma le mie rappresentazioni che hanno un'importante valenza energetica. Quindi c'è una
componente energetica che deriva nel modello neurologico dal quantum di energia neurale (dall'idea che i neuroni si caricano e
scaricano) e la componente energetica è quella legata al principio di piacere, al principio di realtà → cioè all'idea che il sistema
tenderebbe naturalmente alla scarica dell'energia liberandosene attraverso l'azione e che piano piano sviluppa delle modalità
con cui può trattenere una quota di energia, per realizzare nel futuro degli obiettivi quando questi sono impediti o frustrati della
componente energetica.

La seconda componente che abbiamo già visto è quella dinamica → quella che fa riferimento al tema del conflitto e che in
particolare nel modello entra tramite il concetto di resistenza, per esempio nella teoria del sogno tramite il concetto di censura
onirica e cioè l'idea che alcune rappresentazioni contrastano con la coscienza. Sicuramente questa qualche qui è quella più vaga,
al momento nel modello la resistenza è data con poco più il significato stesso della parola → quindi non è tanto facile
esplicitare che cosa significhi, se si tratta appunto di una segregazione di contenuti di memoria, se si tratti di un
controinvestimento (qualcosa che energeticamente spinge per tenere fuori dalla coscienza certi contenuti) e di fatto è uno dei
concetti che allo stesso tempo più alla base centrale del modello freudiano, ma anche più difficili da esplicitare.
Meccanismo della rimozione sta alla base della creazione delle rappresentazioni inconsce.
In questa prima fase le rappresentazioni inconsce sono rimosse. Per esempio i contenuti dei sogni ad hanno a che
fare con desideri che possono essere rirappresentati nei sogni perché originariamente sono stati sperimentati e poi
rimossi (come abbiamo visto ad esempio nel fatto di non tenuti della rimozione primaria). Abbiamo individuato le
prime tre componenti di un modello metapsicologico freudiano e sono quella economica quella topica e quella
dinamica. Ci manca un ultima è quella genetica, che ha a che fare con le evoluzione nel corso della vita
dell’individuo dell'apparato psichico , con l'idea che l’apparato psichico è un processo che si sviluppa principalmente
nell’infanzia e che una serie di tappe (fai) che sono descrivibili e riconoscibili (ultima parte della teoria delle
pulsioni).

Torniamo all’evoluzione del pensiero freudiano da dentro il setting → cioè mettendo a fuoco quali sono queste osservazioni e
queste componenti che vengono sollecitate a livello di speculazioni, idee e di concetti attraverso il rapporto con le paziente. La
maggior parte dei concetti importanti che hanno a che fare con lo sviluppo del metodo psicoanalitico sono stati enucleati
all'interno di un dispositivo che era costituito dal terapeuta con le pazienti donne. Dora → caso rimane famoso nella storia della
psicoanalisi → primo cosa in cui viene data un’esplicita descrizione del fenomeno del transfert.
Elementi con cui venivano osservati i derivati dell'inconscio, quindi i prodotti del funzionamento inconscio della
mente, quindi gli effetti della presenza di rappresentazione rimosse sono stati in prevalenza i sintomi somatici e i
sogni. Unitamente questi elementi che manterranno sempre la loro importanza nel modello di osservazione
freudiana, si aggiunge una terza dimensione fondamentale che è quella del transfert diciamo come segno della
presenza di un funzionamento inconscio. E questo fenomeno del transfert viene proprio scoperto attraverso l'analisi
molto breve durata qualche settimana che Freud conduce con giovanissima paziente.

Testo di avvertenza che Freud pone all'apertura di questo scritto, è un fondamentale da tenere presente per
cominciare una corretta utilizzazione della comunicazione con o a proposito del paziente.
“Esiste un modo adatto per parlare di qualcosa che riguarda così intimamente la vita psichica di una persona?
quindi per rendere pubblico un contenuto che magari il paziente riferisce in un momento di grande intimità e
riservatezza al terapeuta. Come ci dobbiamo porre rispetto alla molteplicità di obblighi che la posizione del
terapeuta implica? Perché non c'è solo l'obbligo di riservatezza, anche di dover dare evidenza ai colleghi per
esempio di fenomeni clinici o della spiegazione che può venire data di certi elementi clinici presenti nel caso.
Dora è una ragazza di 16 anni, è una persona che appartiene a un mileu sociale abbastanza elevato che potrebbe fare supporre
una sua riconoscibilità. Freud si forma del fatto che si è ingegnato di mascherare quanto più possibile tutti quegli elementi della
vita reale della ragazza (quelli geografici quelli culturali) per tutelare al massimo la sua identità. Poi ha ritardato di oltre 5 anni
la pubblicazione del materiale e c’è punto secondo delicato → cioè non è che lui propone fatto che esista un timer limite, una
scadenza come lo yogurt, cioè dopo 5 anni dal trattamento si possono pubblicare i risultati. Fa ragionamento diverso cioè dice
“ho posticipato la pubblicazione di questo materiale fino a quando non mi sono giunte delle notizie sulla vita della paziente,
dalle quali ho potuto dedurre che le questioni che erano attive all'epoca del trattamento dovessero avere per lei diminuito la loro
pregnanza e la loro rilevanza”. Quindi lui aspetta a pubblicare fino a quando non non ha una certa sicurezza che le questioni che
erano alla base della sofferenza psichica di Dora e che sono state trattate nel corso della loro breve terapia, abbiano persona di
centralità nella vita di questa persona. “concluso il trattamento di ho differito ancora di 4 anni la pubblicazione fino a quando
non sono venuto a sapere di un mutamento nella vita della mia paziente, tale da farmi presumere che il suo interesse personali
per gli avvenimenti e i processi psichici qui riferiti, potesse risultare molto affievolito. V da sè nell'esposizione non ho lasciato
nessun nome che potesse mettere sulla caccia un lettore profano e d'altronde la pubblicazione su una rivista specializzata
strettamente scientifica dovrebbe metterci al riparo da lettori non competenti”.
Lui si pone anche il problema di che cosa succede se la persona per caso si trovi a leggere il materiale che viene
pubblicato. Per quanto riguarda tutti quelli che fanno una formazione psicoterapica psicodinamica al giorno d'oggi
tutte queste persone sono sottoposte a un'analisi di training cioè fanno un analisi personale per formarsi come
analisti, quindi anche al giorno d'oggi non è affatto remota l'ipotesi che uno possa trovare uno scritto di un altro
analista qualcosa che lo riguardi. Freud si pone proprio il problema dal punto di vista del paziente, come si si può
sentire una persona che legge qualcosa che riguarda un aspetto con profondo della propria vita?. “Non posso
naturalmente impedire che la mia paziente provi una sensazione penosa se le capiterà fortuitamente tra le mani la
storia del suo caso. Ma essa non ne ha apprenderà nulla che già non sappia e potrà domandarsi chi altri potrebbe
mai capire che si tratta di lei”.
Nel rivolgersi a un interlocutore esperto, la comunicazione di una relazione scientifica da parte di un professionista dell'area
psicologica non dovrebbe mai contenere elementi che non siano stati ampiamente discuti e compartecipati con il diretto
interessato → cioè non si scrive a un collega qualcosa di cui la persona diretta interessata non è data primariamente
consapevolezza al paziente, quindi non si parla alle spalle.
Necessario che noi quando scriviamo un testo, lo scriviamo con una modalità e uno stile tale che non ci metta in
imbarazzo nell’ipotesi che quel testo possa essere letto dal paziente stesso. Cioè questo secondo me è un
elemento fondamentale anche perché non è solo un atto di cortesia, ma è una modalità di scrittura che ci rende
rispettosi della totalità del mondo del paziente e quindi non soltanto focalizzati sui sintomi, sugli elementi che
possono avere per noi una rilevanza particolare, ma che ci riporta alla considerazione del paziente nella sua
totalità. Quindi è un testo che ha anche una valenza di tipo deontologico, cioè ci dà un indicazione in merito al
comportamento moralmente corretto nei confronti delle persone a cui noi ci rivolgiamo.
Quindi diciamo un'informazione, una nozione tecnica deve essere posta in un linguaggio e con un tipo di
comunicazione che sia talmente rispettoso di ciò di cui si parla e della persona o delle persone di cui si parla che
noi dobbiamo essere ragionevolmente tranquilli anche nell'ipotesi che i nostri iscritti possano essere letti
direttamente dalle persone interessate.

Quindi è la prima che si trova una discussione a proposito delle peculiarità degli scritti clinici in ambito psicologico,
cioè su come ci si deve riferire quando si tratta dei contenuti di una psicoterapia o di un percorso di
accompagnamento psicologico di una persona.
Descrizione della situazione di vita di questa paziente, della storia di quest'analisi → è una storia in realtà molto lunga e
articolata. è una storia clinica che ha dei caratteri di modernità straordinari, anche proprio per le questioni attorno a cui si
muove la situazione di questa ragazza.
La situazione familiare → Freud conosce molto bene il padre che è un industriale famoso che vive in un paese del nord della
Austria dell'impero e che si era rivolta a Freud circa una decina d'anni prima dell'inizio del trattamento di Dora, perché aveva
avuto dei sintomi rispetto ai quali Freud aveva diagnosticato una malattia venerea a trasmissione sessuale. Freud era stato
contattato come medico e aveva diagnosticato e curato il padre di Dora. A un certo punto da questo industriale Freud riceve una
lettera molto allarmata in cui questo signore si dichiara estremamente preoccupato, perché la sua giovane figlia unica Dora, una
ragazza molto brillante, piena di interessi sociali, con un carattere forte e volitivo e in grande sintonia con il padre, sembra
avere completamente mutato la sua personalità, perché è diventata la lunatica intrattabile e soprattutto fa delle richieste al padre
che vengono considerate del tutto incongrue. Il padre denuncia che questa figliola si lamenta in maniera sconsiderata e violenta
dei rapporti che la sua famiglia intrattiene con un'altra famiglia (signori K) e la cosa tu non preoccupa è che ha trovato uno
scritto di Dora in camera della ragazza dove lei in qualche maniera dice di avere intenzione di suicidarsi.
Quindi al rinvenimento di questo scritto il padre che ha una relazione di grandissima sintonia e familiarità con la
figlia adolescente, decide di contattare il medico. Freud nel riferire di questa situazione descritta dalla lettera dice” io
per mia abitudine non esprimo mai dei giudizi prima di sentire direttamente la situazione per come mi viene riferita
dai diretti interessati” e quindi lui si dichiara disponibile a incontrare Dora. Inizio un periodo di trattamento analitico
che dura circa 3 mesi e mezzo e che verrà interrotto per specifica volontà di Dora, che a un certo punto per una
serie di motivi che sono del tutto connessi con i contenuti di cui parleremo interrompe dichiara di interrompere la
terapia.
I primi aspetti di cui diciamo Freud ci parla nel tratteggiare le caratteristiche di questa ragazza sono tutti concentrati sulla sua
situazione familiare. Cioè che Dora in qualche maniera porta immediatamente all'interno della relazione con Freud, è una
tensione forte con il padre che lei accusa di non averla creduta → fa il suo ingresso sulla scena questa complicata situazione
familiare che lega sua famiglia alla famiglia dei signori K.
Madre di Dora viene rappresentata come una donna molto ritirata, totalmente disinteressata alla vita sociale e soprattutto alla
vita di relazione che invece il marito desidera svolgere intensamente. E anche molto distratta rispetto alle necessità dello
sviluppo e dell'educazione della figlia→ probabilmente anche con caratteri ossessivi le ossessioni per la pulizia/igiene e per
l'ordine della casa. Quindi una donna molto ritirata in questa sua vita domestica e per niente interessata partecipare alla vita
sociale e invece caratterizzava l'esistenza del marito e della figlia.
Dora racconta quello che l'antefatto del grande scontro col padre → cioè che da diversi anni la sua famiglia frequenta
assiduamente un'altra famiglia : del signor K, con la quale diciamo esiste un legame che di base sarebbe nato, perché in un
momento in cui il signor K era stato particolarmente affranto e derelitto e anche avuto una specie di esaurimento per motivi suoi
legati all'andamento dei suoi affari e dispiaceri sul lavoro.
La storiella che viene raccontata costantemente a Dora è che la signora K si è resa disponibile ad assisterlo e ad
aiutarlo quasi come fosse un'infermiera. Dora è profondamente convinta del fatto che in realtà suo padre e la
signora K siamo amanti e riferisce una serie di episodi e tutte diciamo le le versioni di copertura che all'interno di
questi due nuclei familiari vengono costantemente riferite, per di fatto garantire la possibilità che queste due
famiglie continuino a fare una vita appaiata di facciata perché fanno le vacanze insieme...
senza che questa situazione di base cioè della relazione fra il padre di Dora e la signora K possa mai essere del
tutto esplicitata. Però nell'andamento del racconto che Dora fa della sua situazione familiare si vede subito
chiaramente che la situazione relazionale non era complicata solo dall’ipotetico legame fra il padre di Dora e la
signora K, ma c'era una costellazione di incroci di interessi che è estremamente complessa e che ha una
dimensione psicologicamente profondissima nel rapporto fra Dora e la signora K.

Antefatto che porta allo scardinamento di questa situazione di equilibrio → è costituito da una situazione che viene chiamata la
scena del Lago, è una scena sostanzialmente di seduzione che a un certo punto Dora riferisce al padre. Sono in vacanza tutti
quanti insieme in un albergo sulle sponde di questo lago, il marito della signora k invita Dora a fare una passeggiata sulle
sponde del Lago. Si inoltrano per questo cammino per molto tempo e a un certo punto Dora riferisce al padre che il signor K ha
cercato di baciarla. Riferisce questo con rabbia e con un forte desiderio che il padre intervenga per sancire in qualche modo li
inappropriatezza di questo comportamento. Il punto è che quello che succede non ha assolutamente niente a che fare con questa
piega desiderata apparentemente della ragazza, perché si mettono in qualche modo tutti sulla falsa riga dell'idea che questa
racconto sia una fandonia e che Dora che si sia inventata tutto e che queste sue fantasie siano dovute alla così all'adolescenza,
momento di instabilità e a qualcosa che in qualche maniera sfiora la psicopatologia. Dora si arrabbia tantissimo e accusa
pubblicamente il padre di avere una relazione con la signora k e di voler chiudere un occhio sulle avancée che il signor K
avrebbe fatto, per garantirsi di potere continuare a frequentare maniera indisturbata la signora K.

In tutto questo groviglio di situazioni Freud nota anche che la posizione dalla quale d'ora fa queste narrazioni/ racconti a
proposito della vicenda sentimentale ipotizzata da lei per quanto riguarda il padre, non è tanto una posizione di tipo filiale, ma è
una posizione animata da una fortissima rivendicazione di gelosia diretta sembrerebbe al padre → come se Dora avendo
assunto un po' nella vita sociale, nella vita pubblica il ruolo di accompagnatrice del padre visto che la madre non partecipava
nessuna attività, potesse sentirsi mettere in secondo piano e non preferita o non essere più in qualche maniera la donna della
vita del padre.
Quindi passare da una posizione di figlia adorata oggetto di tantissime attenzioni di tantissimi regali a quella di seconda della
lista. Il punto su cui Freud indaga è la natura della relazione di Dora non tanto con il padre con il signor K, ma con la signora K.
Lui rimane estremamente colpito dalla tono cui d'ora parla di questa donna, mentre quando parla del padre è arrabbiata e
inviperita, quando parla della signora K lo fa con un tono di straordinaria ammirazione → L'eleganza, il Candore della pelle,
l'accuratezza nello scegliere come abbinare i gioielli con le parure di vestiti. Insomma si pone in una condizione nei confronti di
questa donna che Freud etichetta con un nome molto particolare la chiama “ginecofilica” che non è una condizione di
omosessualità femminile, è una condizione come se Dora attraverso la frequentazione della signora K scoprisse di essere
innamorata del femminile → è un ideale femminile è una donna meravigliosa esteticamente curata, con charme → è qualcuno
che rappresenta piuttosto un suo ideale di femminilità, evidentemente un ideale che può essere esercitato con ancora maggiore
vigore in virtù del fatto che invece la figura materna di Dora è una figura molto rinunciataria, dove l'aspetto più sensuale/più
seduttivo della femminilità è totalmente nascosto.
Oltre a questo dato di grande ammirazione poi nel corso del caso emergono anche una serie di dettagli molto
particolari sul tipo di risposta che la signora K ha a questo investimento da parte di Dora, perché veniamo a sapere
che anche Dora e la signora K avevano delle abitudini particolari.
Per esempio quando andavano in vacanza insieme le due famiglie Dora si trasferiva a dormire nella stanza della signora K e
sloggiava il marito → avevano proprio un’intimità di relazione che rende ancora più complicata la situazione iniziale da cui
parte poi l'innesco di tutta la vicenda.
Dora quindi parla di questa donna con questa grande ammirazione, la sua rabbia è sempre rivolta al padre e in qualche maniera
la figura di questa rimane molto coperta da una sorta di nostalgia → è come se Dora sentisse una grande nostalgia per la
situazione di intimità che le veniva consentita nella relazione con la signora K e che diventata totalmente insostenibile, dopo
che sono venute alla luce tutte queste questioni.
In più come ultimo elemento diciamo di chiusura di questa situazione relazionale così complessa, nella seconda parte della
discussione del caso apprendiamo che Dora si era offerta di fare da baby-sitter dei figli della signora K e che in qualche maniera
utilizzava le necessità affettive di questi bambini per avere del tempo a disposizione da passare a casa della signora K. Quindi
non certo senso ci troviamo all'interno di una situazione di relazioni, dove c'è un'enorme questione che riguarda la verità dei
sentimenti → cioè una situazione di facciata e poi una intricatissima serie di legami in cui si stabilisce in qualche maniera un
equilibrio che consente fino a un certo punto a ciascuno dei membri di questa situazione intricata di portare avanti alcuni
interessi specifici e segreti. Dora in qualche maniera non è esterna questo sistema, perché entro certi limiti vi partecipa
utilizzando in qualche modo l'ingenuità e la affettuosità dei figli della coppia K per potere vivere serenamente la sua vicinanza
con questi signori.

Allora il caso di Dora è stato discusso interpretato e riletto tantissime volte da molti autori e spesso viene data una certa enfasi a
una sorta di unidirezionalità dell'interpretazione che Freud dà della situazione psicologica di Dora. Perché fondamentalmente
Freud nel corso del tempo si convince sostanzialmente che Dora fosse di fatto è innamorata del signor K e che la scena in cui
lei lo rifiuta, è una scena che si spiega in virtù del fatto che a un certo punto nel corso delle frequentazioni con la famiglia K la
stessa Dora era entrata in familiarità con l'altra governante dei figli dei K. Questa governante le aveva confidato che aveva
subito delle avance del signor K e per questo colloquio col signor K era iniziato con le parole “mia moglie non mi dà nulla”,
allora per quanto riguarda l'interpretazione di Freud riesce a ricostruire una serie di passaggi delle varie scene che Dora ricorda
nella sua relazione con il signor K e arriva a farle ricordare questo dettaglio della conversazione che lei inizialmente aveva
completamente dimenticato e cioè che nella scena del lago l'offerta amorosa del signor K era iniziata con le parole “Tu sai che
mia moglie non mi dà nulla” → Dora si era resa conto che questo signore non aveva minimamente intenzione di parlarle di
sentimenti genuini, ma gli stava riferendo la stessa cosa detta alla governante, questo sarebbe l'elemento sostanziale che
conduce a questo rifiuto e anche alla rimozione dei alcuni contenuti della scena del lago.

L’interpretazione che Freud dà del caso riguarda sostanzialmente questo nucleo → Dora è rimasta delusa perché essendo
innamorata del signor K ha scoperto nella scena del lago che il suo interessamento non era sincero e quindi ha da una parte
rimosso alcuni contenuti di questa scena (che poi sono legati associativamente alla sintomatologia fisica e disturbi fisici e che
affliggono Dora di matrice isterica) e dall'altro ha sviluppato questa enorme rabbia riferita prima al signor papà, poi per
vendetta vera K viene denunciato al padre tutto l'evento e poi infine verso il signor K, la signora K, il mondo intero → nel
momento in cui questi tre solidalmente fra loro la accusano di essersi inventata. Gli adulti di questa strana situazione sono tutti
solidali nel non accogliere nessun tipo di rimostranza da parte della ragazza e questa è la cosa che la fa inviperire, la fa
arrabbiare fino al punto da minacciare il suicidio.
La scena del Lago è interpretata da Freud come una scena in cui Dora percepisce una delusione rispetto a quello
che poteva essere un suo desiderio di un reale interessamento del signor K nei suoi confronti.
Questa è la ricostruzione degli aspetti di tipo relazionale all'interno della famiglia. Oltre a questo groviglio relazione
che ha sicuramente un punto fondamentale nella questione dell'autenticità, perché questa ragazza si trova
all'interno di una rete di rapporti in cui diciamo di autentico c’è veramente poco. Dora è pienamente inserita all'inizio
di questa terapia cioè lei sta dentro questo sistema di relazioni perverse.
Oltre questo piano relazionale c'è un altro piano su cui lavora la terapia di Dora, che è incernierato fra due sogni
che costituiscono i due punti nodali dal punto di vista analitico del percorso terapeutico di Dora.
Questi sogni corrispondono a un primo momento che è quello legato proprio alla scoperta del transfert (1 mese
dopo inizio terapia) e un’ultimo che precede immediatamente la decisione di Dora.
Il primo sogno è molto sintetico → c'è un incendio in casa il padre di Dora sveglia il resto della famiglia e sollecita tutti a
scappare sbrigarsi, a mettersi in salvo per via dell'incendio e si rivolge in particolare in maniera molto arrabbiata alla moglie la
quale si sta tardando per prendere qualcosa in un cassetto e le dice che non vuole che i bambini muoiano, perché lei deve
salvaguardare i suoi gioielli.
Il secondo sogno invece molto più complesso, più articolato e però ha un punto fondamentale di innesco → cioè si apre con il
fatto che dice Dora “Mio padre è morto” → è un sogno che si apre con scena della morte del padre.
Sul primo sogno vengono descritte una serie di associazioni che la paziente fa ai contenuti di questo sogno e anche
quelli che sono i processi mentali di pensiero che Freud fa mentre ascolta la paziente.
In maniera quasi implicita l'analisi si sposta su un piano Bi-personale → cioè ci vengono presentati contemporaneamente le
cose che la ragazza dice, ma anche le catene associative e i passaggi di pensiero che Freud fa mentre l'ascolta. In particolare è
molto colpito dal tema dell'incendio e dal proverbi “non c'è fumo senza arrosto” e mette in relazione queste due questioni al
fatto che il padre di Dora fuma, il signor k è un fumatore e che lui stesso Freud è un accanito fumatore di sigari → gli viene in
mente che durante una seduta precedente qualche tempo prima mentre dovrà raccontarla tutte queste cose, gli faceva sentire
anche con grande forza l'ingiustizia la violenza di tutta questa situazione di vita in cui lei si era trovata → gli era venuto in
mente salutando la ragazza che la ragazza avrebbe voluto essere baciata da lui, da Freud.
Aveva fatto questa fantasia legata al sogno e alla questione dell'incendio. Quindi che l'incendio di cui si parla nel sogno potesse
non solo riguardare la vita di Dora che presa da queste passioni così brucianti → che ha una madre che tiene per sé i gioielli (in
una metafora sessuale tiene per sé le proprie grazie, non le concede al marito e l'esuberanza del marito manda a fuoco la casa).
Quindi c'è una parte del sogno che ha una lettura lì e allora, cioè riferita alla situazione di vita di Dora, ma allo stesso tempo
viene fatto come una sorta di circuito cioè Freud riferisce di avere la sensazione che qualcosa della relazione che colora la vita
affettiva di Dora prima nei confronti del padre e poi nei confronti del signor k o viceversa, possa avere come terzo elemento o
riferimento lui stesso. Questo è l’origine è proprio del tema della traslazione, cioè l'idea che dei sentimenti in un contesto della
vita del paziente possano venire sperimentati nel corso della terapia nei confronti della persona/dell'analista.
Il transfert viene scoperto attraverso questa riflessione sul tema dell' incendio e sulla sensazione fugace che Freud
aveva avuto salutando la ragazza, che lei diciamo potessi aspettare qualcosa in questo saluto qualcosa di
sentimentale/una risposta di ordine sentimentale alla sua sofferenza, non solo terapeutica.

Il secondo sogno è più complesso, ci sono una serie di elementi che e poi consentono di fatto la elaborazione del significato
della scena del lago. Freud ci dice “se io all'epoca avessi avuto un po' della comprensione del fenomeno della traslazione, anche
solo una parte della comprensione che ho adesso, nel momento in cui Dora viene da me e mi dice → ho sognato mio padre che
era morto. Io dovevo capire che lei voleva andarsene, perché nell' equivalenza fra il terapeuta e la posizione del padre, il sogno
della morte del padre equivale a un desiderio di far fuori l'analista” “ se io avessi saputo forse avrei potuto rispondere
diversamente”.
In una post-fazione e riflessione → Freud ripercorre un po' l'ultima seduta e come nel momento in cui Dora all'inizio di questa
dichiara di interrompere il trattamento → lui semplicemente dice che va bene, è libera di interrompere quando vuole → però
oggi lavoriamo. A un certo punto dopo tutto il racconto della ricostruzione tramite il sogno, degli elementi della scena del Lago
e quindi dell’ipotetica la delusione di Dora.
A un certo punto viene fuori la questione della decisione di interrompere la terapia e quindi della comprensione di
questo dato del sogno sulla morte del padre. Freud si pone una domanda in modo veramente molto netto “ anche la
tendenza di Dora a farsi del male aveva avuto la sua parte in quel contegno, chi come me risveglia per combatterli
o peggiori demoni che solo imperfettamente domi vivono nell'animo dell'uomo, non deve attendersi di essere
risparmiato in questa lotta” e poi si chiede “sarei riuscito a trattenere la ragazza se avessi sostenuto una parte? se
avessi esagerato il valore che hanno mettevo al suo ritorno?
se avessi mostrato per lei un caldo interessamento che malgrado l'attenuazione derivante dalla mia posizione di
medico avrebbe in certo modo ho potuto sostituire la tenerezza da lei tanto desiderata? non lo so. Poiché alcuni dei
fattori che si oppongono come resistenza rimangono in tutti i casi ignoti, ho sempre evitato di sostenere una parte,
contentandomi di un’arte psicologica più modesta.
Nonostante tutto l'interesse teorico, tutto il desiderio professionale di soccorrere il malato, io mi dico che ogni
influenza significa deve avere dei limiti e rispetto come tali anche la volontà e l'acume del paziente.”
Si pone questa domanda “avrei potuto utilizzare la disposizione d'animo della paziente nei miei confronti per convincerla a non
lasciare la terapia? avrei potuto ingannarla recitando una parte?” lui dice no, non si è sentito di farlo. In realtà questa cosa la
dice facendo un commento quasi di ordine deontologico, cioè dice che non è lecito andare a forzare in nessun modo la volontà
del paziente → quindi c'è un limite anche nella mia nella possibilità di fare un'azione terapeutica che è data dal fatto che io
come terapeuta devo rispettare aspettare prima di tutto la volontà del paziente e quindi se lei se ne vuole andare, devo accettare
questo questa sua decisione. Però nel farlo quasi incidentalmente dice che di fatto ha scelto di non recitare una parte, cioè di
non rifare nella relazione con Dora, quel tipo di scelta ipocrita e manipolatoria che era stata all'origine della situazione
relazionale in cui Dora si era trovata a vivere.
“avrei potuto non chiaramente sedurla, ma dimostrare un'attenzione una dedizione, qualcosa che lei avrebbe potuto utilizzare
come surrogato della tenerezza e la tenerezza che era il vero desiderio che Dora aveva poi nella sua vita” → o probabilmente
legato molto a questa difficoltà di affettività che aveva nel rapporto con la madre. Lui dice “posso io mettere qualcosa che è un
surrogato della tenerezza per la finalità anche positiva di tenere la ragazza in terapia? no non lo posso fare” e quindi di fatto la
terapia viene interrotta.
Poi c'è un post-scriptum in cui noi apprendiamo quella che sarà la vicenda di vita di Dora che stavolta invece si risolve molto
positivamente → nel senso che Dora stessa poi dopo diversi anni per farsi vedere per una nevralgia alla guancia, che gli era
venuta nel momento in cui aveva letto sul giornale che Freud era stato nominato professore libero docente all'Università di
Vienna e che in un certo senso scherzosamente Freud quando lei lo va a trovare gli interpreta come uno schiaffo morale, come
se leggendo che lui era diventato professore, lei avesse sentito uno schiaffo morale ed era venuto il mal di denti.

In questa intensa conversazione che loro hanno poi a distanza di tanti anni, emerge che Dora dopo l'interruzione della terapia si
era trovata ad affrontare contemporaneamente tutti i membri della sua famiglia e della famiglia della signora K → che aveva
costretto il padre la signora K ad ammettere che avevano una relazione, che a quel punto padre e la madre si erano separati. La
relazione con la signora K e del padre di Dora era diventata una relazione stabile, la signora k si era separata dal signor K e del
signor K Dora non ne aveva voluto sapere più nulla. Poi ci viene raccontato un ultimo episodio in cui Dora fidanzata si è fatta
una vita per conto proprio e il signor K diciamo la intravede mentre passeggia per il viale di uno dei parchi di Vienna e rimane
imbambolato a guardarla e rischia di farsi mettere sotto dal tram. Comunque da questa esperienza dell'analisi di Freud e Dora
sono derivati dei frutti importantissimi → per Dora il fatto di aver appreso di avere sufficiente coraggio per rompere questa
corazza di inautenticità e falsità che aveva avvelenato tutta la sua esistenza fino a quel momento e per Freud la comprensione di
quella che insieme al sogno diventerà l’altra via di accesso ai contenuti inconsci → che è il fenomeno della “traslazione”.
Cioè quest'idea che desideri riferiti a figure importanti della vita del paziente, possono essere completamente attualizzati e
ripresentarsi in carne e ossa nella terapia psicoanalitica allorquando vengono sperimentati nei confronti della figura del
terapeuta. Quindi questo originariamente è stato visto come un rischio della terapia, cioè come un po' nel caso di Dora in
pericolo perché sulla base di questi sentimenti, pazione può confondere elementi del passato con elementi della relazione
terapeutica presente. Ma molto presto invece Freud si rende conto che il transfert insieme al sogno è l'altra grande chiave di
accesso ai contenuti inconsci della vita del paziente → quindi diventa il e secondo asse portante del modello terapeutico
analitico.
L'analisi dei sogni e l'esperienza della traslazione che chiaramente paziente e terapeuta fanno insieme.
Freud pensa che lei se ne vada perché a sua volta non è riuscita ad ottenere maggiore tenerezza nel rapporto con
lui stesso. Psiconevrosi si chiameranno anche nevrosi di transfert.
Per metapsicologia si intende una teoria che cerca di costruire un modello dell'apparato psichico che in qualche maniera Freud
serve clinicamente, perché ha bisogno di avere nella sua mente qualcosa che faccia la stessa funzione che l'universalità del
corpo umano svolge per i medici → lui deve poter pensare in relazione a qualcosa di universale che è uguale in tutti gli
individui. Non riuscendo a disegnarlo neurologicamente a certo punto fa un salto e immagina un apparato psichico. In questo
senso modello metapsicologico, ovvero che oltre la descrizione psicologica → ha delle diverse connotazioni, cioè viene
descritto da punti di vista diversi.
→ punto di vista energetico quantitativo, la rappresentazione dinamica (che riguarda il tema della rimozione e del conflitto),
l'aspetto topico (cioè l'idea che la mente sia fatta da altri 3 grandi province caratterizzate da processualità e modi di trattare le
rappresentazioni diverse: l'inconscio il preconscio e la coscienza.
L’ultimo aspetto è quello genetico che riguarda il modello dell' evoluzione dell'apparato psichico, cioè come si forma
l'apparato psichico, come si struttura la personalità.
4 diversi punti di vista che fanno vedere 4 aspetti diversi dell’apparato psichico.
Presentarvi quarto aspetto del modello metapsicologico freudiano introducendovi al concetto di pulsione e cominciando a dare
idea di come la teoria della pulsione sia andata evolvendo. Testo del 1915 → nuovi consigli sulla tecnica”, in cui Freud
sistematizza il suo modello del funzionamento della relazione analitica e cerca di discutere la questione sollevata con la
scoperta della traslazione. Osservazioni sull’amore di traslazione” → testo, Freud per discutere tema dei sentimenti che si
sviluppano e si sperimentano all’interno della relazione terapeutica prende esempio della questione dell’amore. In questo libro
Freud parla delle difficoltà incontrate e del suo lavoro come terapeuta, su questo grande punto della natura e della “verità”
dell'esperienza relazionale che si sperimenta all'interno del dispositivo terapeutico.

Qual è il portato dell’introduzione di questo concetto teorico di pulsione → un concetto molto teorico, astratto e che Freud
stesso dice “potrebbe in un futuro essere sostituito da qualche idea alternativa”. L’evidenza della necessità di posturale in
questo concetto, nasce secondo Freud da una scoperta (che ha un'esistenza fuori da noi e che viene riconosciuta, mentre
concetto teorico è una formulazione congetturale che viene congetturata per rappresentare un certo stato di cose fuori dal
mondo). Allora noi dobbiamo distinguere questi due ordini e quindi cominciare fin da ora a considerare che il concetto di
pulsione è un concetto teorico, mentre Freud ritiene di avere individuato una caratteristica fondamentale del funzionamento
psichico umano che è la dimensione della psicosessualità (molto spesso lui si riferisce alla scoperta della sessualità infantile →
non è la sessualità biologica dell'individuo adulto e maturo, è un fenomeno di differente). Il termine psicosessualità termine con
cui tecnicamente ci si riferisce all’idea psicoanalitica del funzionamento sessuale della mente, non del corpo biologico sessuato,
ma del corpo in relazione alla dimensione prettamente psichica.
I due testi di riferimento in cui viene sviluppata in maniera originaria questa tematica sono : i famosi “tre saggi sulla teoria
sessuale” → che sono un testo del 1905 (molto precoce) e una breve dissertazione teorica che si chiama “Pulsioni e loro
destini”, dove Freud qualche anno dopo riprende e analizza il concetto di pulsione dopo il concetto di pulsione viene
costantemente chiamato in causa.

Nel tentativo di utilizzare il metodo scientifico proprio della medicina all'interno di un ambito in cui il legame con il
paziente non è orientato al corpo ma è orientato alla psiche, Freud si ingegna a utilizzare questa dimensione
chiamata metapsicologica che è una modellizzazione ispirata dalla clinica di quale potrebbe essere la struttura di
questo ente concettuale chiamato l”apparato psichico”. Freud ha sviluppato alcune dimensioni tutte relativamente
astratte forse quella che ha una radice più vicina all'aspetto biologico è il modello economico/dell’investimento
perché parte dall'idea che esista un quantum di energia neuronica, il modello dinamico e modello topico con la
scoperta del modo di funzionare e di trasformare le rappresentazione del processo primario hanno poco a che
vedere con la biologia.
Il concetto di pulsione risponde all'esigenza di fare un tentativo per riagganciare il funzionamento dell'apparato psichico ad una
matrice biologica, dove però contrariamente a quello che succedeva nel modello neurologico (dov'è la biologia di riferimento
era quella del sistema nervoso), qui l'aggancio biologico è in generale sul tema del corpo → cioè la teoria freudiana è una teoria
in cui il funzionamento psichico è radicato nella questione del rapporto con il corpo. Cioè è una teoria che rifiuta l'idea di una
mente scorporata, in questo per esempio è molto diversa dal cognitivismo che è una teoria in cui si assume che la metafora di
base per capire il funzionamento della mente sia quella del trasformatore di 'informazione → la mente vista come un
dispositivo che trasforma informazioni nel processo cognitivo. Qui siamo invece all'interno di una cornice in cui lo sforzo è
quello di enfatizzare il radicamento del funzionamento psichico nel corpo e il concetto di pulsione è l'invenzione in un certo
senso che consente a Freud di esplicitare un modo con cui descrivere questo radicamento. Infatti lui proprio della pulsione dice
che è un concetto limite fra lo psichico e il somatico, non appartiene nè completamente registro del corpo nè completamente al
registro della mente.
Nel testo “pulsioni e loro destini” dice poi che la pulsione può essere vista anche come “una misura del lavoro che
la psiche compie in virtù del suo legame con il corpo”. Pulsione è un costrutto teorico al limite fra il corpo e la
psiche, caratterizzato da quattro diversi elementi : una spinta, una fonte, una meta e un oggetto.
Qui per la prima volta compare definizione psicoanalitica di oggetto.
Spinta significa che la pulsione rappresenta una pressione che costantemente il corpo impone al funzionamento psichico → è
l’origine dell’energia psichica, quindi non c'è più quantum di energia neutrale nel modello psicoanalitico completato con la
teoria delle pulsioni, ma c’è un’idea che il nostro apparato psichico così radicato nel corpo viene sottoposto costantemente a
una carica di energia psichica che chiamerà libido. L'origine della libido (quindi do questa spinta, richiesta costante all'apparato
psichico) è in particolari zone del corpo che Freud indica come fonti della pulsione, che sono le “zone erogene”.
Queste sono le parti del corpo che hanno delle caratteristiche di essere molto intensamente stimolabili, anche attivate nel corso
dello sviluppo del bambino/della psiche → attivate secondo una sequenza ben definita, nel senso che all'inizio della vita
possibile è possibile osservare che c'è una parte del corpo una sorta di maggiore investimento/pregnanza nell'esperienza del
bambino molto piccolo → questa parte è la bocca.
Quindi la prima zona erogena che descrive è la bocca, la pulsione che ha come fonte la bocca viene chiamata oralità o pulsione
orale. La bocca impone alla psiche una pressione. Per capire funzionamento pulsionale, Freud parte dal fatto che prima
necessità del bambino che viene al mondo è dell'ordine dell'autoconservazione → il bambino si attacca al seno sulla base di un
istinto legato alla sua stessa sopravvivenza, completamente biologicamente predeterminato che produce per esempio la fame.
Quindi la bocca prima di tutto è attivata su un pattern di tipo biologico che è dell'ordine dell'autoconservazione, cioè serve a
sopravvivere → l'istinto di nutrirsi garantisce la sopravvivenza e ce l'hanno tutti gli animali → reagisce a uno stimolo
esterno ,lo riconosce e si mette in moto una risposta funzionale alla nutrizione. Su questo funzionamento istintivo si innesta a
dimensione pulsionale → succede che molto presto il seno non viene cercato solamente come mezzo di appagamento dal punto
di vista della nutrizione e della sopravvivenza, poi è riconosciuto come una dimensione che genera piacere. La pulsione entra in
campo nel momento in cui al funzionamento biologico autoconservativo, si somma una componente di desiderio → cioè il
seno nell'esperienza dell'allattamento per il bambino non è più solo una questione di sazietà, ma questione di piacere. Freud
descrive questo piacere come il piacere della suzione → come un sollievo che viene portato a una struttura organica del corpo
→ labbra, che si gratificano attraverso stimolazione ripetitiva della suzione.

Freud utilizza per definire questo viraggio dalla dimensione biologica centrata sull'autoconservazione alla dimensione del
desiderio (specifica della teoria delle pulsioni → utilizza il termine dell’appoggio. Cioè dice che il funzionamento pulsionale si
appoggia sul funzionamento istintivo e biologico, della bocca per esempio come organo di suzione nutritiva. Ii appoggia sul
funzionamento biologico e lo perverte = lo devia, da una finalità che è preferenzialmente originaria a quella della nutrizione a
una finalità che è registro del piacere e della soddisfazione. Quindi l'incontro tra il seno e la bocca diventa una questione di
piacere e quindi desiderio.
Questo è lo schema fondamentalo del rapporto tra pulsione (qualcosa che perverte l’istinto) e l'istinto.
Teoria dell’appoggio per cui il funzionamento pulsionale si innesta su quello biologico e secondo Freud è una caratteristica
fondamentale della psiche umana. Il piacere da una parte è il piacere proprio soggettivo (per il bambino è un'esperienza
appagante) dall'altra è anche piacere in termini psicologici cioè l'apparato psichico si carica di una tensione quando c'è il
desiderio e si scarica quando questo desiderio per esempio di ciucciare viene soddisfatto, Ogni zona erogena ha un pattern che
sviluppa secondo questo schema di perversione dall’istinto alla pulsione e ha una meta, cioè l'azione specifica che
materialmente soddisf con la ricerca, con la pressione. Per esempio nel caso della della Dimensione orale l’operazione che
soddisfa questa spinta, non è tanto il succhiare (perché è un'operazione fisica, biologica), ma è un’operazione che chiama
“incorporare”, cioè portare dentro qualcosa che prima esiste fuori. L'oggetto nella teoria delle pulsioni è quella parte del mondo
esterno che consente il raggiungimento della meta, quindi all'inizio della teoria delle pulsioni l’oggetto conta pochissimo, cioè il
bambino si può tranquillamente appagare durante l'allattamento o succhiando il dito o la copertina, che da un punto di vista
freudiano l'oggetto è più lastamente vincolata alla pulsione → facilmente sostituibile. Una delle caratteristiche della richiesta
pulsionale è che si sposta facilmente da un oggetto all'altro, se l'oggetto originario non c’è, si rivolge a qualcosa che può fare le
funzioni.
Oggetto è una parte della realtà esterna che molto rapidamente che viene ad essere identificata con il corpo della madre e la
madre → con cui il bambino è più/costantemente in contatto.
Non ci viene detto esplicitamente che è così fondamentale che si tratti di una persona o della madre, all’inizio della
teoria viene postulata una funzione di qualcosa che appartiene all'esterno, mentre la fonte la spinta e la zona
erogena sono dell'interno del corpo del bambino.
Nel modello freudiano → idea che ci si possa rivolgere altrove attraverso un investimento (esempio → teoria dello spostamento
nei sogni, in cui richiesta può essere rappresentata attraverso rappresentazione mentale differente). Pulsione →
soddisfacimento ovunque, non come l'istinto.
Funzionamento pulsionale è un funzionamento parcellizzato quindi parla della bocca non del bambino. La bocca
produce una tensione psichica che trova una rappresentazione che può essere caricata della tensione.
Nell’idea teorica l’oggetto è la parte lastamente vincolata, la ha sula base di ciò che ha appreso osservando il
funzionamento dei sogni. Meta è l'azione specifica che produce il soddisfacimento di una richiesta pulsionale. Le
zone erogene sono la fonte della libido, libido è il nome che Freud dà all’energia che origina dell'eccitamento delle
zone erogene (esattamente come l'energia neuronica nel modello del progetto origina dall’eccitamento di un tessuto
neurale) quindi non è la libido che investe la zone erogene, ma la zona erogena che produce questo investimento
desiderante chiamato libido = componente energetica della pulsione. Pulsione orale mira a un certo tipo di
soddisfacimento che altre pulsioni non hanno.
Freud nel descrivere il funzionamento pulsionale ci suggerisce/ci invita a pensare al fatto che la pulsione istituisce anche un
certo tipo di rapporto con il mondo. Esempio dell'oralità, la pulsione orale mira a incorporare l’oggetto (=ti voglio tanto bene
che ti mangio → voglio bene che per portare dentro di sé l’oggetto è disposto a tollerare di farlo fuori, è un tipo di bene che
mira a un possesso totale dell’oggetto).
così bene che funziona secondo questo registro Google voglio Sì bene il mio getto Ma è un bene che per il Originariamente la
matrice orale è rivolta alla suzione (prendo qualcosa dal corpo della madre), questo tipo di funzionamento diventa
immediatamente una sorta di stampo/imprinting di un modo di entrare in relazione con il mondo esterno → quindi l'oralità ha a
che fare con questa dimensione incorporata.

Il concetto di libido è puramente quantitativo, è una carica, è un'energia che in un certo senso investe un oggetto e lo farà lo fa
diventare un oggetto desiderato o desiderabile. Però se la libido ha un'origine orale si vede che si colora di una quota di
aggressività → presente perchè se si considerare un amore che è disposto a far fuori oggetto pur di tenerlo con sé. Amore basato
sulla pulsione orale → che mira a incorporare è un rapporto con il mondo che mira a possesso totale, con aggressività →
disposto anche a farlo sparire per possederlo. La prima forma di rapporto con il mondo esterno è una forma che ha come
prototipo l’incorporazione → bambini portano le cose in bocca, le esplorano, le fanno proprio attraverso la bocca.
Questo modello di incorporazione tipico della funziona orale diventerà l'origine di un funzionamento psichico
fondamentale che è l’identificazione. Dall’incorporazione orale si svilupperà concetto di identificazione.
Idea del funzionamento psichico che Freud ci fornisce con la teoria delle pulsioni → pone l’emergere dell’io, integrazione
dell'io in una fase molto avanzata dello sviluppo. All’inizio ogni zona erogena funziona un po’ per conto proprio e secondo una
sequenza biologicamente predeterminata che Freud desume su osservazioni di come funzionano i bambini e su dove si va a
fissare la loro attenzione.
Per tutta la prima fase della vita fino a due anni di età (per modello freudiano), la prima zona erogena è la bocca e il
tema fondamentale è di entrare in contatto con il mondo portandolo all’interno con l’incorporazione.
La seconda è quella anale che entra in una dimensione fondamentale che è un conflitto di controllo, cioè Freud ritiene che
questa questione anale diventa importante sostanzialmente quando ai bambini piccoli gli si impone la questione dell’igiene
personale (ora i pannolini, prima lavato a mano) → c'era una sorta di pressione enorme su i bambini piccoli ad acquisire la
cosiddetta disciplina, cioè con la dovevano fare a comando. Questo aveva l’effetto di focalizzare fra i 2 e 3 anni l’attenzione di
controllare e tenere le cose per sé in questo secondo solda aveva come stato quello di diciamo 23 anni che fa l'attenzione sulla
questione o o rilasciarle e fare ciò a proprio piacimento o per compiacere un oggetto esterno.
Quindi nella fase anale il conflitto è un conflitto sul dare-avere, sul controllo del proprio corpo su tenere per sé questo controllo
o mettersi in relazione con qualcuno che in qualche modo è oggetto di una sorta di un abdicazione → qualcosa che viene fatto
per amore di. Questa seconda fase ha come nucleo di rapporto con la realtà il tema del controllo l'intera (prima era il tema
dell'incorporazione).

Terza fase → fallica, ha una connotazione molto peculiare, perché fondamentalmente Freud la descrive originariamente solo in
funzione dello sviluppo del bambino piccolo maschio e poi farà fatica ad accomodarla del funzionamento psichico femminile.
Fase in cui il bambino rivaleggia col padre, perché sulla base di una sorta di esibizione delle sue nascenti capacità sessuali
pensa di potere far fuori padre e ottenere completamente l’attenzione della madre→ quindi fase fallica è connessa con i
sentimenti edipici.
Ha questa sorta in investimento → ho tutto e quindi tutto mi è dovuto, entro in un antagonismo con il padre che limita senso di
onnipotenza, integrità e valore.
Nel modello pulsionale freudiano esiste una dimensione che viene detta di latenza e poi dopo la latenza, con la pubertà inizia il
risveglio della sessualità biologica → c’è la maturazione degli organi sessuali riproduttivi e quindi questi funzionamenti della
sessualità infantile si risvegliano e si riagganciano allo sviluppo della sessualità biologicamente predeterminata dell'adolescente.
Si entra nella fase post puberale in cui ha certi funzionamenti di base (sessuali) → a cui si va a sommare risveglio della pubertà.
Le fasi sono descritte in sequenza temporale, Freud ripete che per capire come vengono a susseguirsi l’irrompere le varie
richieste pulsionali, dobbiamo pensare a metafora di un vulcano → nel momento in cui avviene un’eruzione, la lava prende
una forma raffreddandosi che è determinata dalla storia delle eruzioni precedenti. Non c’è una sequenzialità precisa per cui
finisce l’oralità e inizia analità, ma c’è un emergere di una nuova modalità che deve anche aggiustarsi rispetto all'esistenza delle
dimensioni precedenti.
Quindi è come se ci fossero diverse modalità di funzionamento rispetto alla quale ognuno si va aggiustando perché può avere
delle vicissitudini diverse → per esempio può avere incontrare un oggetto molto controllante, molto duro nell’ingaggiare un
tema di controllo che in un certo senso produce una fissazione. Cioè il funzionamento evolutivo della psiche rimane fissato a
quel problema lì → lo faccio per me o per te?
Oppure può essere un oggetto primario frustrante la pulsione orale (seno che non si fa trovare) → allora questo bisogno di
qualcosa di straordinario dall'esterno, questa abilità di raggiungere questo soddisfacimento non ci lascia mai per tutta la vita.
Nella teoria freudiana in questo caso si ha una fissazione orale.

I casi clinici di Dora e di Anna → pazienti che hanno fame di una figura femminile con cui identificarsi, appagate che li possa
colmare di tenerezza e identità → nel modello freudiano è un aspetto di fissazione orale, affamata di donna. Nella teoria
psicosessuale Freud si muoverà verso la direzione che nelle donne isertierch c’è una doppia fissazione → una più tardiva al
padre che diventa oggetto sostitutivo di madre poco gratificante e una fondamentale → fissazione a madre frustrante. Quindi
questo anelitico (per pazienti isteriche) all’amore che non gli permette di essere e di avere, sono bloccate in questo regime
fondamentale di rapporto con l’altro, perché soddisfacimento di un bisogno primario non ce l'hanno avuto.
Quindi è un modello per fasi che si susseguono secondo una dimensione fisiologica, che ha una sua sequenzialità uguale in tutti
gli esseri umani, però c'è una dimensione prettamente storica → cioè che riguarda le caratteristiche dello sviluppo della singola
persona che fa sì che una fase non è stata vissuta in maniera equilibrata, si possa generare una fissazione a quella fase e quindi
quel tipo di rapporto col mondo diventa il rapporto primario con cui la persona si relaziona alla realtà esterna. Si può avere
anche una regressione → cioè se io ho una frustrazione o qualcosa di particolarmente negativo in una fase avanzata dello
sviluppo psicosessuale, posso tornare indietro e funzionare secondo un modello più arcaico e primitivo. Non si tratta di uno
sviluppo in cui le tappe si raggiungono o non si raggiungono e si va soltanto in una direzione cronologicamente avanzante, è
modello su cui ci si può spostare anche in maniera anterograda.
Si può tornare a funzionare secondo modalità più primitive (delusione → porta a vedere partner come oggetto da possedere).
Quindi è una teoria stadiale ci sono delle fasi, ma la pulsione ha delle vicissitudini → per ogni individuo c’è una storia per
come si attraversano queste dimensioni. In questa prima visione del modello la pulsione in un certo senso prevale sull'integrità
della persona, perché ognuno di questi funzionamenti costruisce un modo di funzionare che va avanti per certi versi
indipendentemente da un'integrazione e una visione complessiva del funzionamento psichico. Per arrivare a capire come
avviene l'integrazione del funzionamento psichico dovremmo aspettare introduzione del concetto di narcisismo → che è una
delle grandi evoluzioni della teoria pulsionale.

La teoria pulsionale che oppone sempre due classi di pulsioni → è una teoria che ha sempre una pluralità fra due classi di
pulsioni che si confrontano. Nella dimensione originaria della teoria, le due classi di richieste di spinte sono da una parte quelle
orientate al piacere e dall'altra quelle orientate all'autoconservazione.
Due registri di funzionamento psichico sono quello dei bisogni originariamente quindi l’autoconservazione e quello del piacere
(con la scoperta del narcisismo questa cosa verrà modificata e verrà proposta un'evoluzione di questo concetto). La possessività
nei confronti dell’oggetto d’amore all’interno di questa cornice concettuale freudiana viene ricollegata a una modalità orale di
entrare in rapporto con l'oggetto. è modello interpretativo, non è la realtà → l'amore possessivo è un fenomeno che esiste nella
realtà e in quanto tale è qualcosa che va oltre il modello ogni modello che è una visione semplificata della realtà.
Un concetto teorico non può essere la causa di un fenomeno, semmai la causa di una certa descrizione del
fenomeno. Fra fenomeno/mondo esterno e teorie c’è modello concettuale (occhiali) che stiamo usando per
descrivere fenomeno.
Dal piacere della suzione si arriva a introdurre una componente aggressiva → questo avviene perché quando Freud descrive i
funzionamenti delle varie funzioni che si susseguono e attraverso quel funzionamento descrive un nuovo di entrare in contatto
con la realtà esterna → esterna al corpo e alla psiche, con l’altro.
Se partiamo dall’idea che meta della pulsione orale è incorporare (portare dentro di noi qualcosa), in questo è inclusa una quota
di distruttività → se oggetto lo incorporo lo faccio sparire dal mondo.
è il tipo di richiesta psicologica connessa a questa operazione che Freud individua come caratteristica del funzionamento orale
→ desiderio di portare dentro, di possedere dentro di sé. QUesto desiderio prescinde dalla considerazione della sopravvivenza
dell'oggetto nella realtà esterna.
Nella questione del controllo → la parte biologica fondamentale ha a che fare con l’area anale che secondo Freud
biologicamente c'ha il piacere della ritenzione o del rilascio → posso tenermi tutto oppure liberarmi. Questa operazione Il
bambino piccolo che deve essere educato alla igiene (deve acquisire controllo degli sfinteri) -- richiesta della madre, deve
elaborare conflitto fondamentale = lo faccio per te o per me?
Seguo il mio piacere personale o lo evolvo nella direzione di provare piacere ad aderire alla tua richiesta?

Questa seconda implica il fatto che il modo in cui si è approcciato il bambino e le sue esigenze sia un modo sufficientemente
non traumatico → perché se utilizzo delle pratiche educative molto violente non si potrà mai sviluppare il piacere di fare
qualcosa per l’altro, ma reazione di chiusura e di ritiro. Quindi la questione in ballo psichicamente in rapporto con la realtà che
è tipica della situazione anale → questione del controllo.
In questa dinamica ci può essere qualcosa che assomiglia alla question dell’inetto e dell'aggressività vista nella dimensione di
tipo orale? Immaginare differenza tra la situazione in cui quello che io faccio anche spontaneamente viene accolto con piacere
con ammirazione e con un senso di gratitudine dal mio ambiente e situazione in cui sento di dovere fare qualcosa contro → per
Freud le feci per il bambino piccolo possono essere il primo dono concettuale psichico (la prima cosa che origina dal suo corpo
e viene data alla madre), ma possono essere anche la prima arma di aggressione → che viene utilizzata contro il mondo esterno.
Questa è una dinamica che a seconda di come vanno le vicissitudini → il tipo di incontro con l’oggetto e con l'ambiente e
disposizioni psichiche individuali del soggetto può colorarsi anche di una componente aggressiva. Fissazione si ha quando per
qualche motivo la dinamica connessa a una particolare fase assume una pregnanza particolare nella vita di un individuo e non si
va avanti nello sviluppo psicosessuale, non si passa oltre → si arresta (anche parziale → prevalenza di un certo
comportamento).
L'avidità è un tratto caratteriale che nel modello freudiano si aggancia a una dimensione orale, analità si collega a
tratto caratteriale ossessivo (il controllo).
Il bambino nasce con una sessualità perversa polimorfa → ci sono varie spinte contemporaneamente, no sessualità adulta
completamente determinata dal funzionamento biologico sottostante per cui ci sono gli ormoni che determinano un'unica meta,
un'unica finalità e indirizzano la componente sessuale della vita adulta in una direzione specifica. è una sessualità che ci ha
detto tante modalità di entrare in rapporto con l'oggetto, molto più variegata e molteplice, questo è il concetto di sessualità
infantile.

La pulsione → energetica la può scaricare nell’azione specifica, il vero interesse del funzionamento pulsionale riguarda la
situazione in cui azione specifica non può essere compiuta. Allucinazione di desiderio → la vita psichica nasce in assenza
dell'oggetto gratificante. Posto che la pulsione preme costantemente e costantemente pone questa richiesta di gratificazione,
quando la gratificazione non è possibile di chi è di questa energia? Questa che proviene dal corpo investe le rappresentazioni
mentali : il mondo del piacere si trasferisce dal corpo alla psiche e carica di contenuti energetici le rappresentazioni psichiche.
La pulsione è il mezzo con cui Freud teoricamente introduce l'energia psichica nel funzionamento mentale, una volta che ha
dovuto rinunciare a modello neuronale e fa sì che da questo punto in poi, lui potrà considerare che la teoria psicoanalitica ha
come oggetto delle rappresentazioni investite di aspetti → cioè delle rappresentazioni che sono state caricate di un’energia a
causa della costante presenza di questi desideri, di queste componenti somatiche che si attivano.
Quindi in un certo senso la pulsione diventa come il motore energetico del funzionamento mentale e lo diventa
soprattutto nel momento in cui l'oggetto gratificante.
Le richieste per esempio della fase fallica rivolte all'oggetto d'amore materno (desiderio di esclusività) sono continuamente
attive nel funzionamento psichico → le posso gestire attraverso la produzione di scene, di rappresentazioni che in qualche
maniera costituiscono una messa in forma di quei desideri e quelle richieste. Nella teoria pulsionale gli eventi della vita reale
obiettivamente perdono un po’ la centralità che avevano avuto nella teoria della seduzione e per esempio nel primo modello
catartico di Breuer → posso non avere nessun tipo di trauma e nessun tipo di seduzione da parte degli adulti o altre esperienze
dell'infanzia, ma il problema di come gestire questa continua richiesta che allo psichico viene dal corpo lo devo affrontare
comunque.
L’introduzione del concetto di pulsione sposta la problematicità del funzionamento psichico nel rapporto col corpo il corpo →
ce l'abbiamo tutti, nessuno è esente da questi problemi da questi conflitti.
La psicosessualità nel modello freudiano è un dato fondamentale che riguarda tutti gli esseri umani e che non ha niente a che
vedere con il fatto che siano accadute o non accadute certe cose nella vita di un determinato individuo. Però comunque una
variabilità individuale perché la costituzione valicare da uno all’altro → secondo modello freudiano per esempio delle richieste
orali particolarmente sviluppate (fattore costituzionale).
Questione delle vicissitudini → la mia costituzione va anche incontro a un certo tipo di esperienza, di risposta che mi viene dal
mondo → quindi è un modello complesso conta solo il fattore costituzionale e anche fattore storico → per spiegare il
funzionamento della psiche di un adulto è necessario ripercorrere le vicissitudini dello sviluppo pulsionale, secondo quest'ottica
genetica. In un certo senso l‘emergere del concetto di pulsione nella teoria freudiana è stato visto come qualcosa che mette in
una posizione meno centrale i fatti della realtà esterna, non perché non contino o non sono fonte di desiderio o non siano fonti
di situazioni problematiche, ma perché c'è nella teoria pulsionale un altro ordine di questioni che ineludibile a prescindere →
cioè io posso crescere l'ambiente facilitante più accogliente più affettuoso dell'universo, il problema di come gestire le richieste
dal corpo allo psichico le ho uguali come un'altra persona che è cresciuta in un ambiente assolutamente meno facilitante e
accogliente.
Il bambino non nasce malato, la psicosessualità ha queste caratteristiche che sono proprie che non hanno niente a
che vedere con la malattia, sono delle caratteristiche tipiche delle fasi di sviluppo pregenitale.

Freud faceva una distinzione, pensava che alcuni aspetti della sua costruzione concettuale fossero dei costrutti teorici ed altri
aspetti fossero delle scoperte. Pensava che la psicosessualità fosse una scoperta → perché sostanzialmente era diciamo una
teoria esplicativa molto efficace secondo lui della fenomenologia che si vedeva nei pazienti, cioè detto secondo lui la chimica
gli metteva sotto gli occhi l'esistenza di queste modalità e di questi conflitti originari e di questi fenomeni basilari, mentre lui
aveva idea che alcuni concetti per spiegare questa clinica avessero uno strato più attratto. In altri termini la psicosessualità
intesa come scoperta della sessualità infantile è una sorta di base di una costruzione teorica, il concetto astratto di pulsione sta
in cima (come il tetto della costruzione teorica → possibile modificarlo). [La situazione di edipica è sicuramente l'elaborazione
della questione del limite, nella stessa maniera per gli uomini e donna].

Testo sull’amore di traslazione → riprendere elemento della psicosessualità e della sessualità infantile.
Perché questa serie di impulsi,desideri che attraverso la pulsione che è proprio come un vettore energetico vanno a
caricare delle rappresentazioni psichiche. Quando un particolare soddisfacimento di una richiesta pulsionale è
impedito o è impossibile, ad un certo punto dello sviluppo psichico vanno sottoposti a una massiccia di rimozione.
Questa conduzione di rimozione è dei desideri infantili è punto di partenza che va in crisi nel momento in cui si
sviluppa una nevrosi secondo il modello di Freud.
La fase in cui la dimensione dei desideri infantili entra in un conflitto insanabile con la realtà esterna è la fase del
conflitto edipico cioè quella in cui le figure a cui si rivolgono i desideri e gli investimenti del bambino sono le figure
genitoriali, che dal punto di vista proprio della dimensione psico-sessuale sono delle figure proibite.
Freud in un testo (riguarda psicodinamica dei gruppi) ci parla proprio della dimensione tabù dell'incesto e per lo psichismo
umano → questa è un po' diciamo una delle pietre miliari del suo pensiero. I desideri rivolti al genitore del sesso opposto sono
per antonomasia desideri vietati proibiti e quindi ad un certo punto dello sviluppo psichico infantile si assiste a una sorta di
rinuncia → che fondamentalmente nel modello freudiano è una rinuncia alla pretesa ed epica cioè la pretesa di esclusività verso
il genitore del sesso opposto sia perchè preme questa dimensione sociale di Tabù dell'incesto, sia perché questa pretesa
contrasta con il dato di realtà che il bambino di fatto è in competizione con una serie ampia di stimoli e attori che attraggono
l'attenzione e l'interesse della madre, sia perché nel modello freudiano conta moltissimo l'opposizione.
cioè la posizione di limite che viene introdotta nel rapporto esclusivo madre bambino dalla figura del terzo costituita
nel modello tradizionale dal padre.
Il padre si intromette in questa relazione privilegiata madre-bambino e il bambino attraversa una fase di rivalità
accesa in cui teniamo moltissimo i sentimenti ostili che ha nei confronti del padre e può essere molto turbato da
questo ostilità nei confronti del padre (comunque una figura che è fondamentale per il suo equilibrio, per il suo
senso di sicurezza e a cui è legato anche da un affetto profondo). Secondo il modello freudiano questa situazione
che nel suo complesso corrisponde alla situazione di epica, a un certo punto ”tramonta”.
Questo vuol dire che la modalità di relazione con le figure genitoriali centrata sulla situazione edipica nel suo complesso va
soggetta a rimozione quindi la cosa fondamentale dello sviluppo psichico del bambino per come Freud lo va è che un certo
punto avviene una rinuncia al modello organizzativo delle relazioni con i genitori basati sulla situazione edipica. L'utilizzo del
termine tramonto del complesso edipico è quantomai evocativa oltre che politica perché ci dice che questa costellazione di
desideri e di paure non è che sparisce dalla vita psichica ma fa esattamente quello che fa il sole nell'immaginario quando
tramonta → cioè va dall'altra parte del nostro orizzonte quindi i contenuti di desideri legati alla situazione edipica costituiscono
uno dei nuclei fondamentali dei contenuti rimossi.

Come se col tramonto del complesso edipico in un certo senso andasse a depositarsi dei nell'inconscio tutto il portato della
costellazione della psicosessualità ossia della sessualità infantile. Per altro Freud collega questo fenomeno anche al tema
dell’amnesia infantile, cioè al fatto che i bambini dimenticano poi i primi anni di vita. Dal punto di vista fenomenologico →
come possiamo osservare questo passaggio/l tramonto del complesso edipico? Si può perché il bambino entra nella cosiddetta
età della latenza, età che corrisponde a quella diciamo immediatamente prescolare e poi quella delle elementari, in cui
l'interesse del bambino si rivolge in una maniera molto libera al mondo esterno. Cioè è come se diciamo Freud osservasse che a
un certo punto il bambino di 5 anni smette di essere impegnato nell'elaborazione di tutti questi contenuti legati ai suoi desideri
più o meno realizzabili e si rivolge al mondo esterno e per esempio all'apprendimento.
Quindi la latenza è un'età relativamente libera dai conflitti perché le situazioni più caratteristiche di questi conflitti → cioè le
relazioni edipiche all'inizio della latenza vengono rimosse, in realtà il contrario la latenza inizia nella fase in cui il sistema di
relazioni del complesso edipico viale rimosso.
Un'altra metafora che utilizza per descrivere questa caratteristica dello sviluppo infantile che lui ipotizza è quella della nevicata
che interrompe una precoce primavera → cioè lui rappresenta la psicosessualità infantile come una prima fioritura della vita
sessuale che è di un ordine diverso rispetto alla sessualità poi dell'adulto.
A un certo punto questa prima fioritura viene interrotta da una nevicata qualcosa che fa congelare tutto questo ribollire di
desideri e di paure → le mette in un certo senso sullo sfondo e consente un rivolgersi privo di conflitti o comunque molto meno
segnato dalla dimensione conflittuale (quindi dalla dimensione dinamica del bambino al mondo esterno), che sarà
sostanzialmente mantenuto fino alla seconda fioritura della sessualità che corrisponde o l'ingresso nella pubertà → cioè quel
momento in cui si risveglia la sessualità dal punto di vista della maturazione dei sistemi degli ormoni, quindi il bambino diventa
un adolescente che si apprezza anche tramite le trasformazioni corporee. Ha una dimensione in cui la sessualità va verso la
maturità.

A questo punto la potenza del risveglio sessuale legato alla pubertà rinnesca tutta la questione che era stata in qualche modo
messa sullo sfondo col tramonto del complesso edipico e genera una fase di ulteriore criticità → adolescenza (Novecento e gli
inizi degli anni duemila si sono sviluppati dei degli studi anche sulla questione della soggettivazione dell'adolescente → cioè
sulla costruzione dell'identità attraverso l'elaborazione di questa seconda fase conflittuale). Freud la vede invece come una
dimensione che naturalmente guidata fortemente dalla potenza dello sviluppo ormonale (della sessualità genitali) allinea verso
le mete e le finalità della sessualità adulta, tutte queste spinte che hanno caratterizzato la sessualità infantile che secondo questo
pensiero freudiano che è un'idea anche abbastanza normativa della sessualità adulta (con una sessualità genitale e
eterosessuale). Tutta la motalita di eccitamento e desideri che erano caratteristici della sessualità infantile nella fase di
maturazione vanno a costituire quella classe di esperienze che Freud chiama “il piacere preliminare” cioè vengono messe in
qualche modo a servizio della sessualità adulta.
La persona nel momento in cui matura aldilà del periodo di crisi adolescenziale, in qualche maniera ristabilisce
questa sorta di barriera rispetto ai contenuti dei desideri edipici. Il portato fondamentale nella costruzione della
personalità adulta della definitiva rimozione dei contenuti della situazione edipica nel modello freudiano di quel
periodo viene diciamo a strutturarsi tramite l'identificazione con il padre.
Cioè è come se il bambino prima l'adolescente poi, a un certo punto rinunciasse al possesso della madre e scegliesse di prendere
come modello del suo sviluppo psichico → la figura del padre, quindi orientandosi verso una scelta di oggetti d'amore che non
sono più l'oggetto proibito (la madre), ma che sono simili e cioè le altre donne.
l'identificazione è un processo per cui una caratteristica di un oggetto rilevante del mondo esterno viene preso a
modello per disegnare un aspetto del soggetto d'accordo. Quindi il tramonto del complesso edipico dà come portato
l'identificazione con il genitore dello stesso sesso e poi vedremo in futuro nello sviluppo della teoria anche
l'interiorizzazione dei divieti (del divieto di incesto e del divieto del parricidio). Quindi sono tutte delle aree che poi
confluiranno nel concetto di super io.
Nel modello di sviluppo della prima teoria pulsionale la via d'uscita dalla situazione edipica è la rimozione dei desideri edipici e
in punto di caduta finale → l'identificazione col genitore dello stesso sesso.
Questo vuol dire che il soggetto si sottrae alla condizione di Anpas del complesso edipico che Freud riassume con il
famoso interdetto edipico “come il padre devi essere come il padre non ti ha permesso di essere”.
Si sottrae a questa situazione rinunciando all'oggetto d'amore materno e orientandosi verso oggetti simili.
La questione della donna Freud la dichiara dall'inizio molto più complessa e lui spesso nei suoi scritti troviamo delle
notazioni con lui dice che tutto sommato fra le cose più misteriose che le è stato dato di incontrare nella sua
esperienza clinica, rimane la comprensione della sessualità femminile. Molti ritengono che lui non ci sia proprio
avvicinato alla comprensione della sessualità femminile, però qualche cosa interessante l'ha detta.

Questo dato della complessità fa riferimento al fatto che per la bambina l’oggetto d'amore primario è la madre esattamente
come per il bambino, quindi per poter approdare alla situazione del complesso edipico la bambina deve passare per una precoce
delusione dell'amore verso la madre e deve disinvestire dall’amore verso la madre per scoprire "la sua possibilità di amare il
padre”. Quindi nello sviluppo femminile l'oggetto d'amore costituito dal genitore dello stesso sesso, non è il primo oggetto
d'amore della bambina è una specie di ripiego, che lascia sullo sfondo una questione sostanzialmente irrisolta del rapporto
madre figlia, che rende molto difficile l'uscita dal complesso edipico strutturata secondo il modello dell'identificazione → cioè
nello sviluppo femminile l'identificazione con l'oggetto materno è più difficile, che non quello che è per il maschio
identificazione con l'oggetto materno → perché di mezzo c'è una pregressa questione aperta che riguarda l'abbandono del primo
investimento nei confronti della madre. Differenza di base che fa sì che nel pensiero freudiano la questione del superamento
della situazione di edipica nella donna, sia sempre una questione in sospeso. Ci sono degli scritti in cui lui sostiene che è dubbio
che si possa mai uscire da questo conflitto nello sviluppo della psiche femminile → complessità maggiore nello sviluppo
femminile ripreso da Ferency che lo ribalterà rispetto al pessimismo freudiano affermando nella sua teoria della genitalità che la
donna rappresenta la dimensione psichica più evoluta, proprio perché è dei due sessi quello che in qualche maniera supera nel
suo sviluppo i conflitti più difficili/più onerosi e quindi raggiunge un livello di maturità e di integrazione della personalità
superiore.

Freud Invece non è così ottimista rimane centrato sulla questione di dire “sarà possibile mai una totale
identificazione con la madre in queste condizioni dove c'è è già passato tanto in questa relazione?”.
Infatti pospone il tramonto del complesso edipico molto avanti nello sviluppo femminile → criticata.
Nel momento in cui ci si affaccia alla situazione della patologia nevrotiche sia per le donne che per gli uomini il
problema che innesca la sofferenza nevrotica in questo modello è un ritorno del rimosso. La nevrosi è una
situazione in cui la rimozione di questi desideri proibiti viene messa in crisi, da uno squilibrio energetico quindi può
essere l'innesto una situazione di stress, ma può essere anche un fattore costituzionale (cioè per esempio nel
momento in cui si sviluppa la sessualità adulta, la forza che si oppone all’irrompere di questi desideri proibiti a livello
di conflitto psichico interiore soccombe rispetto alla potenza di questi desideri).
Allora i sintomi nevrotici si costituiscono proprio come strutture di compromesso che mascherano e svelano allo stesso tempo
questi desideri proibiti. Con scoperta della traslazione Freud apre il campo è una dimensione di osservazione dei contenuti
psichici profondi e rimossi che è totalmente nuova e originale nel momento in cui osserva, che questi contenuti psichici prima
ancora che sotto forma di sintomi che disturbano in vario modo l'esistenza della persona → possono essere semplicemente
riattualizzati nel rapporto con alcune figure di riferimento importanti, prima fra tutte quella del terapeuta.
Quindi di fatto con la traslazione il terapueta diventa il punto d'appoggio di tutta questa struttura desiderante, che ha
la matrice in questo modello nella psicosessualità.
Questa dimensione del transfert/di questi desideri è molto complessa. Ci sono due dimensioni dirette dell’edipo,
però Freud in diverse situazioni discute il fatto che per ciascun individuo c’è anche edipo inverso, cioè una una
richiesta di amore privilegiato nei confronti del genitore dello stesso sesso e una rivalità nei confronti del genitore
del sesso opposto (situazione incrociato).
Questo in virtù del fatto che mancando nella psicosessualità di una forte componente biologica ormonale, la
struttura di desiderio relazionale immaginifica è completamente libera, cioè si può prendere oggetto d'amore in
maniera indifferente il padre e la madre, ed è proprio una caratteristica della psicosessualità e quindi della
sessualità infantile questa costituzione bisessuale. Freud ritiene che questo sia un elemento fondamentale della
scoperta della sessualità infantile fa parte di quella dimensione che poi lo chiamava “il bambino l’infante perverso
polimorfo”, la sessualità infantile può deviare da un oggetto all'altro,da un obiettivo all'altro da una meta all'altra.
Quindi Freud nel testo sull'amore di traslazione dichiara molto esplicitamente il fatto che lui tratta la questione dell'
innamoramento tra il terapeuta maschio e la paziente femmina semplicemente, perché questa è una questione è eclatante → cioè
molto forte e che ha un impatto molto considerevole sulla pratica della nascente psicoterapia (già con mesmerismo avevano
intuito l'importanza di questo fattore).
Quando detto a proposito dell'amore di traslazione non riguarda affatto nelle esclusività della realtà dei fatti Il rapporto
paziente-donna terapeuta-uomo, ma riguarda tutti sentimenti che si trovano ad essere esperiti nella situazione terapeutica non
solo di tipo eterosessuale o omosessuale( quindi sentimenti erotici in senso pieno), ma anche tutta la gamma possibile dei
sentimenti umani → l'invidia la paura la rabbia, rispetto a tutti i sentimenti che vengono sperimentati all'interno del contesto
terapeutico c'è un'enorme questione : da dove vengono questi?

Si parla dell'amore di traslazione ma in realtà quello che viene detto può essere esteso a qualunque tipo di sentimento che
compare all'interno della situazione analitica. Questo testo del 14 era già successo tutto il pasticcio di Jung e Sabine Spielrein
→ cioè che vuol dire che uno dei principali collaboratori e seguaci di Freud era stato incastrato in una questione pubblica che
aveva dato molto scandalo, legata proprio a una relazione adulterina (perché lui era sposato con la fa molta pazienza russa
Sabine).
La questione dell'innamoramento nella coppia terapeutica è una questione scottante anche da un punto di vista
proprio della collocazione sociale di questa nascente professionalità.
A proposito di questi sentimenti che possono nascere in analisi, parlando della situazione in cui in sia maniera aperta che in
maniera velata e molto delicata, la paziente in qualche modo manifesta questo trasporto o innamoramento nei confronti del
terapeuta, Freud ci dice per prima cosa che “un errore grossolano che è assolutamente pericoloso commettere, è quello di non
considerare la differenza fra un innamoramento nel contesto di una situazione terapeutica e un innamoramento fuori da questo
contesto” → cioè bisogna prima di tutto fare attenzione a non cadere nella trappola in considerare che è la proprio persona
come terapeuta ad essere il movente primo dei sentimenti che si vanno sviluppando all'interno del contesto analitico.
Lo sviluppo di forti sentimenti nei confronti del terapeuta è una caratteristica che si vede in maniera ubiquitaria nelle
relazioni, poi possono essere sentimenti positivi o anche negativi. Questi sentimenti talvolta coinvolgono persone
che se si fossero incontrate al di fuori di quel contesto probabilmente non si sarebbero mai nemmeno minimamente
considerate.
La prima cosa che Freud sottolinea è che il terapeuta deve fare uno sforzo costante per non cadere nella tentazione di ritenere
che questi sentimenti siano dovuti alla sua persona in quanto tale, ciò non vuol dire che la persona del terapeuta non influenzi la
formazione di questo tipo di esperienze, perché la influenza eccome. Ma non la determina, ci sono altri determinanti sulla base
di queste osservazione. Una prima cosa che deve essere esclusa è l’ipotesi di dare seguito questi sentimenti → cioè di
intraprendere una relazione di tipo erotico sentimentale con paziente. Questo sarebbe un errore di carattere medico terapeutico
→ fallimentare, perché sarebbe come un aderire al desiderio originario del paziente di essere guarito tramite l'amore → è
ammalato nei desideri e pensa di essere guarito tramite l'amore, ma questo è esattamente il motivo per cui il paziente si trova in
terapia e quindi se io lo rinforzo in questa convinzione di base, di fatto non riesco ad ottenere altro che una situazione in cui
magari ci sarà un transitorio momento di trionfo o di soddisfazione nel momento in cui si struttura questa relazione di coppia,
ma questo cosa inevitabilmente porterà a riprodursi della situazione di sofferenza psichica della paziente del tutto inalterata. Il
paziente è venuto per essere curato e non per essere oggetto di un interesse erotico o peggio ancora sessuale.
Le relazioni con violazione dei boundaries nel contesto di situazioni terapeutiche sono devastanti, hanno un potere patogeno
paragonabile a quello degli abusi sull'infanzia → questo chiaramente all’epoca di Freud non era così chiaro, l'argomento della
pericolosità di questa situazione rispetto all'equilibrio psichico del paziente viene trattato soprattutto in termini di percorso di
guarigione.
Escludiamo categoricamente l'ipotesi di poter considerare di rispondere a questa richiesta d'amore della paziente
come se questa paziente l'avessimo incontrata fuori dal contesto terapeutico.
Posto fatto di come ci si deve comportare sul lato pratico, quindi non si deve assolutamente pensare di potere
interrompere l'analisi e avere una relazione sentimentale con la paziente (o anche durante). In America si stima che
circa il 11% dei pazienti si sia confrontato con questo problema a livelli diversi di gravità.
Seconda possibilità che Freud giudica ancora forse con maggiore distacco che non la precedente, perché la
considera frutto di una totale incapacità di comprendere la natura della relazione terapeutica è quella in cui il
medico o il terapeuta si metta l'animo di spiegare alla paziente che i suoi sentimenti non sono veri, ma sono frutto
della situazione terapeutica.
Di potersene uscire dall'impaccio dalla porta apposta la precedente. Nel primo caso prendendoli completamente per veri, nel
secondo caso prendendo di completamente per falsi. Per Freud un'opzione di questo genere è totalmente fallimentare perché la
paziente non se lo fa raccontare, cioè non ne vuol sapere di sentirsi dire che i tuoi sentimenti non sono veri → nel momento in
cui li prova li sente come veri e quindi reagisce con anche una sorta di sentimento di ferita della sua integrità psichica alla
messa in discussione della verità dei sentimenti. è un aspetto che verrà approfondito moltissimo da Ferency → la questione di
rispettare l'autenticità dell'esperienza psichica che si sperimenta all'interno della situazione terapeutica.
Quindi noi non possiamo cavarcela semplicemente dicendo che sono anche il prodotto della situazione terapeutica non perché
non lo siano, ma dal punto di vista del vissuto il paziente una cosa del genere non se lo può sentire dire → dal punto di vista del
vissuto l'innamoramento in analisi è percepito del tutto equivalente a un altro tipo di innamoramento.
In realtà non è esattamente questa totalità del quadro → in realtà negli studi successivi emerge molto chiaramente che i pazienti
hanno anche una paura tremenda dell’implicazione del coinvolgimento con il terapeuta→ non c'è solo la componente
gratificazione, c'è anche una componente grande difficoltà emotiva.

Perché è così difficile per la persona coinvolta nella terapia distinguere questi sentimenti, dai sentimenti che si
provano in un altro contesto? Freud spiega che noi possiamo immaginare di fare una sorta di educazione in terapia
pochissimo efficace, cioè provare a spiegare al paziente o alla paziente che quello che lui/lei sta provando non è
soltanto un'esperienza concreta del momento, ma è anche una riedizione di uno schema relazionale del passato. è
esattamente un concetto come quello della teoria dell'attaccamento,che esiste una dimensione relazionale che si
ripropone in un'altra relazione successiva.
Però intanto anche rispetto a questa dimensione non è immediato che sia possibile riconoscere questa somiglianza rispetto al
passato → cioè questo ci mostra come la dimensione di traslazione può anche avere un carattere di resistenza (detto in termini
molto semplificati io questa cosa la vivo nel presente perché non la voglio ricordare come un evento del passato → cioè c'è una
resistenza a accettare la realtà di quei sentimenti nella situazione della vita personale passata e lo sperimentarli all'interno della
situazione terapeutica è anche visto come una resistenza alla comprensione del ricordo).
Ma come facciamo noi ad escludere che in tutte le relazioni sentimentali o di altro tipo che caratterizzano la vita
degli esseri umani non ci sia comunque una dimensione di ripetizione di qualcosa che ha una matrice profonda e
infantile? Cioè alla fine l'idea che Freud propone è che anche da questo punto di vista non è per niente così facile
dire quel che succede nella terapia succede solo nella terapia e quindi escludere la rilevanza di fenomeni di
traslazione all'interno delle relazioni extra terapeutiche, per esempio delle relazioni sentimentali.

Freud in un certo senso poi espliciterà era molto l'idea che le relazioni con gli oggetti d'amore primario sono una
sorta di stampo, di imprinting che orienta poi la scelta del partner.
Dopo 10 pagine di discussione dell'amore di traslazione conclude dicendo “che non si può evocare un demone e poi pensare di
rimandarlo nell'oltretomba senza prima averlo interrogato” → cioè di fatto non ci riesce assolutamente nulla di definitivo sull'
esperienza dell'amore di traslazione, forse nel testo si dice di più ciò che non è l'esperienza dell'amore di traslazione piuttosto
che ciò che. Conclude con questa indicazione di tipo pratico : cioè che il transfert va sostenuto (bisogna starci a contatto con
questa situazione) e che per l'appunto non si può pensare di evocare un demone e poi spedirlo la bomba senza averlo
interrogato.
Indicazione un po’ apocalittica che i sentimenti evocati nel corso dell'analisi abbiano la consistenza di un demone che
appartiene un altro ordine, un altro mondo e che viene in qualche maniera convocato all'interno della situazione analitica e poi
conclude “D'altronde nessuno può pensare di battere il nemico in effige” → Cioè vuol dire che nessuno può pensare di
sconfiggere qualcosa che è presente solo tramite una raffigurazione ma non ha anche un corpo.
Questo diventa proprio il senso terapeutico del fenomeno della traslazione nella psicoterapia analitica proposta da Freud, è una
dimensione incarnata in cui gli aspetti del conflitto psichico dell'interiorità profondo del paziente prendono corpo nella
relazione analitica e prendono corpi → il transfert non è un fenomeno che riguarda soltanto la psiche del paziente, ma
dovremmo più opportunamente parlare di una matrice transfert controtransfert in cui sono i due apparati psichici e due corpi del
paziente del terapeuta ad essere convocati.
Il demone non appartiene completamente alla mente del paziente qualcosa che sta nel mezzo.

L’idea dell'universalità dell’edipo in quanto situazione triangolare all'interno della famiglia è stata messa ampiamente in
discussione dagli studi antropologici, interesse per noi la dimensione triangolare come dimensione del funzionamento psichico
della mente (come situazione che riguarda la scelta identificatoria → cioè la scelta di base tra chi vuoi essere chi vuoi avere).
Quest'idea che nello sviluppo psichico a un certo punto rispetto al tema della sessualità si pone un processo di tipo identificativo
→ aspetto che rimane e rientra sulla questione del limite → cioè di un passaggio in cui noi in qualche maniera rinunciamo al
onnipotenza infantile e tutto può essere tutto può avere. Quindi rimane per noi importante mi dato di realtà connesso al
riconoscimento dei limiti (diventerà caratteristico del super-io nello sviluppo della teoria freudiana).
In alcune culture non c’è nemmeno la consapevolezza che nascono attraverso un atto di tipo sessuale.
A noi interessa questo aspetto invece di centralità del passaggio da un pensiero onnipotente alla rinuncia
all’onnipotenza del pensiero che struttura il rapporto con la realtà.
Boundary violation → violazione deontologica grave ad oggi. Il percorso deve continuare attraverso lo sviluppo di questi
sentimenti perché in qualche maniera diciamo la risoluzione della traslazione e cioè un riconoscimento che questi sentimenti
sono in parte una riedizione di esperienze precoci vissute in epoche remote dalla paziente o dalla patente e che comunque che
appartengono anche a quella classe di desideri, è uno degli elementi che costituisce diciamo l'idea originaria della risoluzione
del transfert.
Non è che questa qualità dei sentimenti edipici o di altro genere nella relazione terapeutica, in realtà scompare proprio del tutto
ma in un certo senso viene ricollocata in un'area, in una dimensione del sentire : del come se → cioè a un certo punto nel corso
della terapia si passa dalla sensazione di essersi per esempio innamorarti del terapeuta a una sensazione con una consistenza
mentale differente, che può essere espressa in una formula del tipo è “come se mi fossi innamorato di lui o di lei”. Quindi per
alcuni aspetti si può andare verso una reale risoluzione della traslazione, nel senso che qualche volta può succedere → per
esempio che fa un sogno e in questo sogno viene fuori il desiderio alla base che sta sotto un certo tipo di investimento.
Esperienze in cui vengono fuori delle connotazione sensoriali, una dimensione che poi veniva vissuta come dimensione di tipo
sentimentale erotico rivolta al terapeuta ma potrebbe essere anche rivolta a una persona della vita reale fuori dall'analisi/dalla
psicoterapia viene → riportata a una determinante di un esperienza infantile delle sue caratteristiche proprio sensoriali :
emergono i ricordi emergono le sensazioni che stanno alla base della ricerca di qualcosa In quella particolare relazione.

è una situazione in cui una componente della situazione di traslazione che viene proprio riconosciuta come traslazione →
esempio di una situazione clinica di una paziente che aveva era venuta in terapia per via di una di un innamoramento
violentissimo nei confronti di un suo collega di lavoro e aveva avuto una relazione che avevano deciso di interrompere perché
soprattutto questo collega non aveva nessuna intenzione di mettere in dubbio il suo matrimonio l'aveva allontanata, mentre lei
era molto in crisi. Questa donna a un certo punto in terapia porta un sogno che aveva a che fare con delle sensazioni fisiche
legate alla presenza di un certo di cuscini di lenzuola una cosa molto fisica molto materiale legata alle sensazioni tattili della
pelle e all'interno del sogno unitamente a questa scena in cui lei era sotto queste lenzuola e con i piedi spingeva queste lenzuola
aveva sognato un muro che crollava. Nelle sedute successive a questo sogno lei è stata in grado di ricollegare l'intensità di
questo suo innamoramento nei confronti di quest'uomo a una caratteristica che avevano in comune le loro due famiglie →
cresciuti da una triade di donne che li avevano accuditi e da bambina piccola gli permettevano di dormire nel letto con loro.
Quindi questo ricordo delle lenzuola era qualcun ricordo sensoriale della sua enorme felicità da bambina piccola per
essere diciamo oggetto di questo amore così avvolgente e di una situazione di vita in cui lo era sostanzialmente
permesso di fare come fare voleva.
Questo suo collega aveva esattamente la stessa identica esperienza infantile e questo rapporto si era strutturato
proprio sulla costruzione di questa corrispondenza totale della struttura del desiderio.
In questo caso la persona coinvolta nella relazione con la paziente non era il terapeuta o la terapeuta, ma la relazione era proprio
parallela all'andamento della terapia e in un certo senso il sogno aveva proprio permesso di svelare la componente di transfert
→ cioè che cos'era che vendeva così potente dell'esperienza psichica di queste due persone il loro incontro. L'invincibilità del
richiamo che quest'uomo esercitava su questa donna si è attutita perché lei ha ritrovato cos'è che aveva trovato dentro quel
rapporto e in questo caso il sogno lo ha rappresentato in una forma propria plastica. Ha anche riconosciuto che il margine del
muro che crollava rappresentava una sorta di barriera che si era rotta dentro di lei e che le consentiva di riconoscere questa
matrice infantile dei sentimenti che lei aveva sperimentato in questa relazione.

Quando questo però non succede la dimensione con cui si va elaborando questa situazione di transfert è questa dimensione del
come se → cioè i sentimenti le emozioni anche sentimenti negativi hanno da una parte qualcosa che mi rende molto
riconoscibili → anche se ostilità traslata (non volevo vederti), c’è anche un'altra dimensione chiamata alleanza terapeutica →
cioè il terapeuta non è solo l'oggetto della traslazione ma è anche con la persona affidabile devota che sta lì a reggere tutto
questo.
Freud diceva che il transfert erotico può avere una componente molto distruttiva nei confronti del terapeuta → cioè qualcosa
che cerca di scardinati dalla tua posizione radicale di terapeuta e che una modalità di evoluzione del transfert eortico è costituita
dallo sviluppo, da trasformazione del transfert erotico nel transfert positivo irreprensibile = idea che il terapeuta venga a
diventare una figura di attaccamento reale positiva .
Quindi transfert positivo irreprensibile vuol dire lo sviluppo di sentimenti positivi di fiducia e sostegno, cose
fondamentali nell'elaborazione poi soprattutto della conclusione di un percorso terapeutico.
Saggio di oggi → osservazioni sull’amore di traslazione e fa parte di una trilogia di iscritti che è stata pubblicata col
titolo nuovi consigli sulla tecnica, in cui gli altri due saggi si chiamano sull'inizio del trattamento e ripetere rielaborare
ricordare.
Nel testo sull'inizio del trattamento Freud delle considerazioni molto interessanti sulla questione del tempo e per
denaro e afferma che è la condizione migliore per cominciare un processo terapeutico è quello di trattare con
estrema franchezza, questi aspetti sia quello del tempo sia quello dell'onorario, perché in un certo senso il paziente
deve vedere che il terapeuta non ha paura a trattare argomenti socialmente scabrosi, ritenendo che il parlare del
denaro proprio a causa dell' equivalenza di simbolica che hai denaro con le feci è un tema scottante, non è facile
parlare di cose che hanno a che fare col denaro.

Insieme alla questione del sogno la dimensione del transfert è diventata il terreno privilegiato su cui si svolge l'analisi, ciò che
appartiene al percorso analitico è nella sostanza l'elaborazione dell'esperienza di transfert e controtransfert → i sogni sono
elementi sostanziali dell'elaborazione della relazione transfert controtransfert.
Per questo che la prospettiva fondamentale nel percorrere lo sviluppo della psicologia dinamica è la prospettiva
sulla relazione , perché la relazione è il campo in cui si osservano fenomeni che poi vengono descritti nelle teorie
psicodinamiche e nel caso del transfert questo è forse l'esempio più limpido di questo. Freud in questo scritto in
realtà menziona qualcosa di paragonabile al controtransfert inteso come il tipo di reazione che il terapeuta ha ai
contenuti transferali proposti dal paziente. E fondamentalmente lo fa nell'ottica di suggerire una sorta di grande
disciplina, rispetto a questi contenuti suscitati dal rapporto con il paziente.
Una delle cose in cui la visione freudiana si è veramente andata evolvendo in modo importante è proprio
l'apprezzamento che in realtà la situazione dello sviluppo del transfert è veramente una situazione bipersonale cioè
coinvolge elementi inconsci della vita psichica tanto del paziente tanto dell’analista.
La risoluzione della terapia consista in modo importante in una elaborazione della dinamica transfert controtransfert come
conseguenza il fatto che certi sentimenti che uno vive nella propria vita come sentimenti attuali possono essere ricollocati nel
passato e quindi riconosciuti come appartenenti un'altra epoca. Quindi il paziente guarisce nel senso che smette di essere
condizionato dalla presenza concreta e reale dei suoi demoni → di questi lasciti, di queste esperienze precoci.
Purtroppo nel giro di pochi anni Freud scoprirà che questa non è l'unica situazione difficile che può portare un paziente in
terapia, ma che ci sono altre situazioni che hanno un registro di tipo profondamente traumatico che non rientrano in questo
schema e che quindi pongono un ordine di difficoltà allo svolgimento della terapia di tipo diverso e anche un ordine di possibile
risoluzione di tipo diverso. Freud fino alla fine della sua vita si interrogò sul fatto di quanto le situazioni importante in analisi
potessero essere mai effettivamente risolte attraverso il processo analitico. e questo si capisce perché se voi diciamo partite
dallo step azione che una copia della questione riguarda il tramonto del complesso edipico che è una componente strutturante
della personalità non è che il complesso edipico può scomparire la conflittualità edipica rimane sempre nella vita psichica degli
individui Quindi si può trattare in un certo modo di riequilibrare la distribuzione di energia la centralità di colpi, andare verso la
ulteriore rimozione o un'accettazione nella coscienza di certe dimensioni conflittuali (quello che poi diventerà nella seconda
topica → l'idea che uno possa diventare stare meglio diventando maggiormente cosciente dei propri desideri proibiti e dei
propri conflitti). Però in Freud c'è sempre una forte problematizzazione del tema della cosiddetta guarigione psichica, se
veramente si pone una guarigione psichica o solo un riassetto in un rimaneggiamento che consente alle persone di vivere meglio
con una conflittualità ineliminabile di fondo che fa parte della natura umana. Freud tutto sommato tendenzialmente è
abbastanza vicino a questo tipo di visione.
Mentre Ferency è un grande fautore dell'idea che si possa e si debba puntare a una vera e propria esperienza di guarigione
psichica → qualcosa che crea un rinnovamento molto più profondo della personalità attraverso la terapia.

Questione del complesso edipico della donna → maggiore complessità dovuta al fatto che il primo getto d'amore della donna è
la madre esattamente come bambino, solo che in un certo senso dello sviluppo psichico del bambino l'oggetto d'amore uno sul
può tenere per tutta la vita, mentre nello sviluppo psichico della bambina questo oggetto d'amore deve essere in qualche modo
abbandonato perché ci possa essere un rivolgersi al padre → cioè un orientare il proprio interesse psichico nei confronti della
figura del genitore del sesso opposto. Secondo Freud e questa operazione è successiva, cioè qualcosa che avviene a un certo
punto dello sviluppo psichico, il che implica che in qualche modo la bambina debba essere delusa dalla madre. Cioè lui ha
quest'idea un po' pessimistica → cioè che rivolgersi al padre debba passare per una delusione rispetto all'oggetto d'amore
materno. Questa delusione da una parte è la delusione evolutiva legata al fatto che la madre non può essere sempre presente,
accudente o soddisfacente (che è più o meno una situazione che riguarda tutti i bambini), ma dall'altra c'è una questione in più e
cioè l'idea che la madre sia deludente in buona sostanza perché non mi ha fatto maschio. Questa è una cosa molto incongrua,
Freud ha proposto in quel periodo della famoso concetto dell'invidia del pene che ci sia nella fase fallica una fase in cui maschi
e femmine hanno tutti l'idea che l'integrazione del corpo umano/ forma umana → deve essere quella fallica. Fase in cui c’è
fantasia che tutti gli umani debbano essere dotati di un fallo, questo sta alla base del concetto di castrazione → bambino
vedendo la bambina si mette in mente che minaccia di essere castrato dal padre è realistico. Idea ha elementi interessanti dati
dal fatto che in antropologia culturale incontriamo spesso figura dell'androgino → dotata sia di caratteristiche femminili e
maschili → idea del maschile presente all'interno del femminile.

L'elemento veramente curioso è l'idea che Freud sosteneva che la donna faccia una scoperta della femminilità
sostanzialmente attraverso la sessualità clitoridea e che l'investimento psichico della vagina intesa come organo
interno, del corpo femminile sia qualcosa di molto tardivo, che arriva molto dopo.
Quindi c'è una concettualizzazione del femminile che è veramente stravagante → cioè come se in qualche maniera si partisse da
idea forse culturalmente determinata rispetto all'epoca in cui sono sviluppate queste teorie che la psiche femminile prima di
tutto Prova a strutturarsi come se fosse la psiche di un maschio, quando poi non ci riesce si adatta qualche modo si ripiega sulla
idea di potere soddisfare i desideri attraverso la gravidanza e la maternità. Teoria molto criticata.
Freud Aveva questa diciamo sorta di idea base fosse più facile investire il genitale maschile perché si vede e che ci
fosse un problema sostanziale dell'essere donna connesso con la necessità di investire una parte del corpo che
non si vede. Questo è un po' il nucleo della problematica legata al tema dell’edipo.
L'idea che il bambino abbia una maggiore facilità nella attraversare la fase del tramonto del complesso edipico
perché ha una maggiore facilità ad identificarsi col padre.
Invce la bambina che ha un rapporto più ambivalente con la madre fa fatica uscire dal complesso edipico (cioè la
situazione in cui vive richiesta di esclusività nei confronti del padre), perché dall'altra parte nel momento in cui cerca
di identificarsi con la figura femminile si trova in una situazione di ambivalenza.
Essendo la madre un oggetto che in qualche modo è primario e deve deve lasciare a un certo punto il posto anche a questo
rivolgersi dell'interesse verso il padre, allora è per questo motivo è più difficile tornare all'identificazione con la madre e quindi
la madre rimane sempre un oggetto d'amore ma anche un oggetto potente e temuto → si porta nella vita della donna più adulta
un lascito di questo potere fallico. Cioè è una figura non solo amata totalmente come lo è la madre per la situazione edipica per
il bambino piccolo che è (l'origine di tutto il bene del mondo), è contemporaneamente anche un oggetto temuto e minaccioso →
questo rende difficile l'evoluzione del complesso edipico secondo Freud.
Immagine della madre fallica fa paura a tutti i bambini→ rappresenta un genitore onnipotente che ci ha tutti gli attributi tutti i
poteri tutto quello, che si può avere dal punto di vista diciamo della forza della potenza in una forma senza limite.

Con la pubblicazione dei “nuovi consigli sulla tecnica” del 1914 lettura della tecnica classica freudiana viene
completata. I metodi fondamentali legati alle scoperte freudiane riguardano sicuramente la tecnica di
interpretazione dei sogni, la considerazione anche degli elementi come lapsus o gli atti mancati cioè cose che la
persona durante le associazioni dice, per esempio facendo errore di parole e certe volte svelando così degli
elementi della propria vita inconscia.
Nella fase che stiamo osservando l'elemento principe per l'emergere dei contenuti rimossi riguarda sicuramente la traslazione →
le e cose prendono corpo, diventano una dimensione concreta che viene prima di tutto sperimentata e poi compresa ed
elaborata.
Per quanto riguarda il paziente viene richiesto il più possibile di aderire alla cosiddetta regola aurea cioè dire tutto
quello che gli viene in mente senza censurare o oscurare dei contenuti che sembrano incongrui o stravaganti cioè
porsi in questo atteggiamento delle libere associazioni.
Ma c'è anche un corrispettivo dal punto di vista dell'ascolto cioè una modalità di ascolto del flusso di pensieri e delle catene
associative del paziente che Freud poi andrà descrivendo in maniera abbastanza puntuale e che costituisce un po' la controparte
dal punto di vista del terapeuta, dell'atteggiamento, delle libere associazioni. Questa modalità è caratterizzata da una modalità di
ascolto che viene detta attenzione liberamente fluttuante, cioè l'idea che l'ascolto del terapeuta non va sulla concretezza dei
contenuti che vengono portati, ma è come se avesse un po' una sorta di orecchio di fondo rispetto a melodia un po' complessiva
o alcuni punti che possono attirare l'attenzione → un ascolto che non è concentrato sui contenuti per come vengono esplicitati.
Pone orecchio anche a qualcosa che in questo liberamente fluttuante dell'attenzione ( Per Freud l'attenzione come quella facoltà
della mente che va incontro all'esperienza e alla realtà) → in questo andare incontro al discorso del paziente viene lasciato uno
spazio per una sorta di orecchio, anche a quelle che possono essere poi le associazioni nella mente del terapeuta. Quindi il
terapeuta segue il discorso ma non è ascoltatore cannibalico che risucchia tutto quello che gli viene detto con un'attenzione
vorace, ma si dispone con un atteggiamento anche lui un po' sognante rispetto a questo flusso di associazione portato dal
paziente.

Ci sono altre due caratteristiche nell’ascolto analitico del modello freudiano → le tue dimensioni in questione si chiamano
neutralità e astinenza, come caratteristiche dell'ascolto e della dell'atteggiamento dell'analista freudiano in seduta.
Non bisogna confondere queste due dimensioni tecniche con un atteggiamento freddo e distaccato, cioè con una
assenza di responsività del terapeuta rispetto ai contenuti del paziente. Freud era pochissimo zitto, costantemente
interloquiva col paziente, ma aveva un atteggiamento molto presente e attivo al’interno della relazione analitica. Da
qui si è poi passati invece a una sorta di immagine stereotipata dell’analista freudiana come una statua di sale, non
ha coinvolgimento e interpreta in maniera rigorosa da una posizione di assoluta distanza quello che viene portato
dal paziente (in silenzio).
Forse questo fraintendimento deriva dal fatto che talvolta Freud ha parlato di una freddezza chirurgica dell'analista
che si rifà però soprattutto al fatto di non mollare la presa quando si intravede una componente significativa, ma di
rimanere su quell'aspetto e cercare di creare le condizioni perché il partente possa in qualche maniera avvicinarsi a
una dimensione che l'analista ha intuito. Anche lì Freud per esempio scrisse un lavoro contro le analisi selvagge,
cioè sottolineando che l'analista è bravo soprattutto in quanto è in grado di percepire il momento cui una certa
dimensione può essere affrontata esplicitamente all'interno della seduta.
Quindi non si tratta semplicemente di individuare le resistenze del paziente a certi contenuti e fargliele notare in
maniera brutale, perché questo suscita ovviamente una ribellione e un rifiuto da parte del paziente.
Si tratta piuttosto di mantenere diciamo un atteggiamento rigoroso nei confronti dell'attenzione, quando si
percepiscono dei contenuti profondi.
Questi due termini quindi astinenza e neutralità non significano freddezza, ma hanno un significato tecnico che
riguarda proprio il rapporto con le libere associazioni. L'astinenza significa che è importante che per la maggior
parte del tempo il terapeuta si astenga dall inserire del materiale che deriva dal proprio mondo interno, dai propri
pensieri e propri processi associativi all'interno delle catene associative portate dal paziente. È importante che la
seduta sia costruita prevalentemente a partire dal materiale portato dal paziente, quindi ci si deve astenere dal
caricare di troppi elementi, di elementi propri che possono essere completamente estranei al vissuto e al problema
profondo che il paziente sta cercando di tirare fuori o di elaborare, di modo da lasciare quanto più possibile il campo
aperto all’emergere dei processi mentali del paziente in seduta. L'astinenza è attenersi dal caricare la seduta di
materiali propri, quindi non vuol dire essere un blocco di ghiaccio = cioè astenersi dall'avere diciamo una risposta
emotiva interna a quello che porta il paziente.
La risposta deve essere sottoposta a una riflessione, a un filtro prima di essere diciamo trasferita nella
comunicazione col paziente.

La neutralità ha a che fare con l'atteggiamento rispetto i contenuti che il paziente porta in seduta → bisogna considerare tutto il
materiale rilevante allo stesso modo. Cioè magari paziente in una seduta mi ha parlato di una cosa che riguardava un madre che
sembra intensissimo e pieno di risonanze emotive, la seduta successiva mi racconta che sei impicciato ad allacciarsi le scarpe,
però può darsi che in quella immagine di un nodo che non si crea o non si scioglie venga veicolato qualcosa di sostanziale della
sua vita inconscia.
Quindi la neutralità è una lettera unità rispetto ai contenuti che si estende anche per esempio alle questioni di
carattere morale ovviamente la neutralità analitica è una neutralità anche rispetto a qualunque tipo di giudizio di
carattere morale o normativo sociale rispetto a ciò che il paziente sta portando in seduta.
Quindi il materiale è rilevante in quanto ogni cosa che viene detta è un elemento di una catena associativa nel
modello che Freud ha sviluppato fino a quel punto e il suo carattere concreto non deve essere predominante
perché l’indizio che può portare a qualche elemento rimosso spesso si nasconde in elementi apparentemente dal
valore superficiale minimo.
Dal punto di vista del paziente la questione fondamentale è provare a mettersi nell'atteggiamento di associare
liberamente, dal punto di vista di chi ascolta le dimensioni fondamentali sono l'attenzione liberamente fluttuante, a
neutralità e l'astinenza.
Poi alcuni di questi aspetti verranno discussi molto nel modello Ferenziano da quest'altro grandissimo analista
ungherese Ferency che ha introdotto all'interno di questo dispositivo anche la dimensione dell'empatia quindi
arricchendo ulteriormente la dimensione della risposta emotiva alla vita interiore del paziente.

Primo grande riorientamento del modello funzionale freudiano che riguarda la scoperta/concettualizzazione del
narcisismo.C’è chi sostiene che nella società contemporanea Narciso abbia preso il posto di Edipo, cioè che la vera
questione del nostro tempo non ti ha più una questione di epica di rivalità o di rapporto a un oggetto proibito ma sia
piuttosto una questione narcisistica.
Freud scrive introduzione al narcisismo nel 14 in un certo senso partendo da una considerazione dell'importanza
che per l'individuo riveste l'amore di sé e l'investimento nella propria immagine e nel proprio io e partendo da questo
spunto costruisce una prima formulazione del concetto psicoanalitico di io.
Cioè attraverso la scoperta e la descrizione del funzionamento narcisistico viene ad essere proposto un primo modello su come
si forma l’io e quindi si parla anche finalmente di questo concetto che finora è stato molto vagamente tirato in ballo (nella prima
topica più che altro si parla di coscienza → che accoglie e rigetta gli stimoli, 'è poi la dimensione della censura e del rifiuto
morale → però non c'è una vera descrizione dell' io).
Con introduzione al narcisismo abbiamo questo dato fondamentale dello sviluppo della teoria freudiana →
uno è una prima concettualizzazione di questo concetto che ha una radice sia sociale che mitica che clinica in
questo scritto, sia una prima formulazione proprio dell'idea e del funzionamento dell'io come elemento dell'apparato
psichico.
Introduzione al narcisismo è un testo in cui non si tratta di pazienti specifici, ma sono delle considerazioni di carattere generale.
Utile considerare questo scritto in tandem con un altro saggio che del 1913 di Freud che è uno scritto particolarissimo perché
sembrerebbe un testo clinico, ma in realtà si tratta di una sua elaborazione e commento, di uno scritto che si chiamava
“Memorie di un malato di Nervi” → in cui un famoso magistrato di Dresda, il presidente del tribunale che si chiamava
Schreber, aveva descritto sua malattia psichiatrica.
Quindi Freud scrive un commento e una interpretazione dello scritto autobiografico del presidente schreber che è a
sua volta una sorta di diario e narrazione soggettiva di un'esperienza di un delirio paranoide gravissimo. è l'unico
scritto in cui noi ci siamo spostati nel campo della patologia psichica grave, non si parla di nevrosi ma si parla di
una franca psicosi. Il completamento clinico dello scritto sul narcisismo è sicuramente la riflessione che Freud fa
sullo scritto autobiografico del presidente schreber. Questo è il primo scritto della storia della psichiatria in cui viene
data una lettura del fenomeno del delirio come di una produzione dotata di senso, mentre fino ad allora il delirio del
paziente grave veniva visto come una produzione completamente sragionante/sconnessa dalla realtà. Quindi Freud
in un certo senso in questo scritto fa sui contenuti del delirio un'operazione analoga a quella che ha fatto sul sogno,
cioè mostra che il delirio è una costruzione che dice moltissimo della condizione psichica profonda del malato
grave.

Allora nello scritto sul narcisismo Freud in apertura fa riferimento proprio al mito di Narciso, che è un giovane
bellissimo che a un certo punto rimane avvinto all'immagine di una figura giovanile che vede riflessa sulle correnti di
un fiume. Alcuni miti dicono che Narciso si lascia morire di fame pur di non staccarsi dalla contemplazione di questa
immagine meravigliosa, altri dicono che precipita perché si rivolge proprio con tutto se stesso/ si immerge in questa
immagine. Esito del mito = questa contemplazione di questa immagine meravigliosa conduce alla morte, produce
un annientamento.
Dopo essersi riferito al mito Freud comincia una riflessione che originariamente ha quasi un carattere speculativo
filosofico, sul rapporto che c'è tra l'amore di sé e l'amore degli altri. Lo fa facendo molto riferimento a una sorta di
descrizione fenomenologica dell'innamoramento. Ragiona in questi termini, ritieni che l'innamoramento non sia un
fenomeno unitario, ma che ci siano come due modalità diverse di essere innamorati : una prima modalità è una
modalità in cui la persona innamorata fa una ipervalutazione del suo oggetto d'amore (lo considera straordinario
meraviglioso) e si sente completamente inadeguato rispetto alla meravigliosa essenza del proprio oggetto d'amore,
quindi una forma di innamoramento in cui tutto il bene è posto nella figura della persona amata (esempio Dante nel
dolce stil novo quando parla di Beatrice).
Una forma di innamoramento in cui diciamo l'oggetto d'amore è super investito e quindi anche idealizzato. Dopodiché però
propone che esista anche un'altra modalità dell'innamoramento e cioè una modalità in cui l'oggetto d'amore è interessante non
tanto perché ha delle caratteristiche positive in sé, ma perché in un certo senso mi fa sentire amato e mi permette di idealizzare
me stesso → quindi una innamoramento che Freud chiama su base narcisistica; in cui l'oggetto d'amore di fatto non è bello in sé
o amabile in sé, ma diventa amabile per come ci fa sentire.

Freud simpaticamente dice che questo secondo modello di innamoramento che lui chiama su base narcisistica è per esempio
tipico delle donne estremamente belle, le dive → le persone hanno la sensazione che il divo/a non ami veramente nessuno, ma
ama essere amato dal pubblico o dai suoi partner.
Iin qualche maniera, attraverso questa analisi fenomenologica (che osserva i dati di coscienza, è una descrizione dei processi
inconsci è una descrizione di come ci si sente nei due tipi di innamoramento, posta l'attenzione sui dati di coscienza → non è la
stessa cosa di un approccio analitico, la fenomenologia analizza il dato di coscienza).
Il secondo tipo di innamoramento (su base narcisistica) è innamorarsi di qualcuno non per quello che è (l’oggetto
investito è la persona stessa), ma per come ci fa sentire.La relazione con quella persona aumenta la nostra
autostima, il nostro benessere e ci consente di avere un'immagine idealizzata di noi stessi.
A partire da questa che è una descrizione fenomenologica, quindi di un modo di sentire e di sentirsi durante l'innamoramento,
Freud avanza delle ipotesi invece meta psicologiche cioè relative alla struttura dell'apparato psichico → quindi ora ci spostiamo
su un altro livello. Dice che i fenomeni del narcisismo, intesi come da una parte il funzionamento dell'innamoramento, ma
dall'altra anche tutta la vasta gamma di situazioni in cui non osserviamo quanto per l'individuo è importante l'amore di sé, → i
fenomeni dell'innamoramento e dell'amore di sé ci portano a presupporre, che esista una duplice espressione della libido e
quindi dell'investimento del desiderio.
Cioè che contrariamente a quello che abbiamo detto fino a questo punto (cioè che la libido e quindi le funzioni sono rivolte a un
oggetto che è una realtà esterna) esiste anche un funzionamento su base libidica in cui l'oggetto è l’io stesso → cioè l'amore e
l'investimento si rivolge verso se stessi e non verso un oggetto esterno.
Freud avanza l’idea che bisogna in qualche maniera modificare la concettualizzazione della teoria delle pulsioni che ha sempre
una natura duale e che originariamente oppone l'autoconservazione al desiderio quindi il piacere, al biologico, alla
sopravvivenza (agli istinti di sopravvivenza) → bisogna questa teoria e considerare molto più importante dal punto di vista
psicologico questa nuova distinzione : fra i desideri che prendono un oggetto esterno come punto di caduta e i desideri che
invece si rivolgono verso se stessi.

Tecnicamente lui quindi propone l'esistenza di una libido oggettuale che sarebbe la carica pulsionale quando la funzione si
rivolge a un oggetto esterno e una libido narcisistica che corrisponde invece all'investimento su di sé. E in questa fase tende a
rappresentare queste due componenti un po' come nella teoria dei vasi comunicanti → in contrapposizione l'una con l'altra, cioè
supponendo che ci sia una sorta di antagonismo per cui tanto più io investo la realtà esterna e gli oggetti d'amore esterni,
tantomeno investo me stesso e soprattutto viceversa → ossia che se c'è un grosso investimento su di sé, questo in qualche
maniera riduca in modo importante la nostra capacità di amare gli altri.
Come se ci fosse un unico serbatoio da cui promanano investimenti narcisistici e investimenti oggettuali se io fatto un grosso
investimento narcisistico rimane poca energia per investire gli oggetti esterni, quindi c'è un po' come una sorta di equilibrio
idraulico tra queste due componenti → come un bacino unico che va in una direzione una nell'altra.
Quindi questa è una modifica della teoria delle pulsioni, perché le pulsioni in maniera conseguente non sono più
distinte in pulsioni legate al piacere e pulsioni legate alla conservazione, ma la nuova distinzione duale è fra
funzioni orientate all'oggetto e investimenti invece pulsionali di tipo narcisistico.
La componente genetica cioè quella che riguarda lo sviluppo della personalità, trova un arricchimento importante
all'interno di questa nuova proposta in cui l'alternativa è fra una dimensione oggettuale e una dimensione
narcisistica. Perché Freud fa una sorta di speculazione ipotetica sull'esistenza di uno stato fisiologico dello sviluppo
della personalità per cui tutti gli individui passano che è uno stato di investimento sul corpo, sull’io corporeo da
parte del bambino.
Cioè arriva addirittura a presupporre che proprio l’io come funzionamento psichico si formi nel momento in cui l'insieme dei
vari funzionamenti pulsionali separati (legate alle zone erogene che chiama funzionamenti autoerotici → perché ognuna di
queste zone va per una matrice di soddisfazione propria) → questi nuclei autoerotici vengono ad essere integrati nel momento
in cui in qualche modo nel momento in cui le pulsioni vengono indirizzate su una nuova entità psichica che è il corpo nel suo
complesso, il corpo del bambino.

Ma bisogna pensare al corpo più le cure materne → quindi vuol dire che questo corpo investito narcisisticamente non è solo un
corpo biologico e organico quantomeno, ma è un corpo investito dell'amore e dell'accudimento da parte degli oggetti primari,
nella fattispecie le cure materne è tutto insieme.
è il corpo del bambino coccolato e nutrito riscaldato → investito di tutte quelle operazioni che Freud riassume attraverso questa
intuizione folgorante→ che l’io si forma nel momento in cui tutti i vari funzionamenti pulsionali (che fino a quel punto sono un
po' come dei regni parallel) vanno ad investire come oggetto di gratificazione questa entità che lui chiamava il “corpo più le
cure materne”.
C'è una circolarità → l’io si forma nel momento in cui si può riconoscere come oggetto di un investimento che però è fatto da
sé stesso, cioè circolare e in quanto stesso la componente determinante è che questo corpo non sia un corpo inteso in vacuo/nel
vuoto, ma sia il corpo inteso attraverso questo guscio di affettività e di investimento che Freud chiama le cure materne.
Questo definisce nella teoria dello sviluppo una fase fondamentale che Freud chiama “fase del narcisismo primario” e non
come fosse in un guscio isolato dal mondo di autosufficienza → non è così perché se il corpo non è investito dalle cure
materne, non può diventare nemmeno oggetto di questa auto riconoscimento da parte dell’io d'accordo. Da ora in poi l'esistenza
di una fase narcisistica naturale/fisiologica, diventa una componente fondamentale dello sviluppo psichico → è una
componente integrativa perché nella vecchia teoria pulsionale, le pulsioni preedipiche andavano secondo le proprie leggi e
secondo la propria fisiologia.
L’unificazione dei comportamenti pulsionali era una cosa molto tardiva, avveniva dopo la latenza per effetto della
pressione legata all'emergere della sessualità adulta e della sessualità genitale.
Qui le cose cambiano completamente perché questa unificazione psichica fa una comparsa sulla scena
estremamente precoce, diventa un fenomeno primario perché nella fase in cui il neonato è oggetto delle cure
materne in maniera piena e completa, che si a questo sviluppa questo primo io inteso come io corporeo.
La logica che ci propone in questo scritto introduzione al narcisismo → si parte dalla considerazione della importanza della
stima di sé/dell'amore di se rispetto alle situazioni sociali (l'immagine di se). Ci si riferisce al mito di Narciso per indicare che
questa comprensione dell'esistenza di una sorta di condizione in cui si rimane come vincolati a se stessi come oggetto d'amore,
è qualcosa che è nota fin dall'antichità e nel mito ha anche un carattere mortifero. Dopodiché Freud analizza la fenomenologia
degli e quindi distingue un innamoramento su base oggettuale con supervalutazione dell'oggetto e svalutazione di sè stessi da
un innamoramento, che lui su base narcisistica in cui l'oggetto serve a gratificare il nostro amore di sé.
Sulla base di queste considerazioni e anche altre che lui fa sull’ipnosi, per esempio in cui di nuovo c'è una
supervalutazione dell'oggetto (l'ipnotista viene posto in una condizione di idealizzazione e di grande potere nella
vita psichica dell'individuo), Freud entra invece sulla dimensione puramente metapsicologica del suo modello
pulsionale e dichiara che è opportuno rivedere il suo dualismo della teoria funzionale.

Parla di una distinzione fra un investimento libidico dell'oggetto che lui chiama libido oggettuale e un investimento libidico di
se stessi che lo chiama libido narcisistica → come prima ipotesi di lavoro ci propone di pensare che queste due modalità di
investimento siano antagoniste (nel senso che tanto più cene dell'una tantomeno ce ne dell'altra, come se ci fosse una quantità di
investimento che può essere limitata e ti va distribuita fra queste due modalità).
Allora sulla base quindi di questa intuizione dell'esistenza di queste due modalità di espressione della libido e quindi
anche due direzioni dell'investimento pulsionale verso un oggetto esterno o verso se stessi, Freud fa un ulteriore
passo avanti nella descrizione genetica del tuo modello e ci propone che l'io si formi in una fase precoce dello
sviluppo che lui chiama narcisismo primario, in cui i vari funzionamenti pulsionali convergono scegliendo come
oggetto d'amore il corpo del bambino, in una condizione che non è quella di un corpo inteso come la fisicità e
l'organicità del corpo del bambino, ma è un'entità età ciò che viene investita che lui chiama il corpo più le cure
materne.
I modelli della psicoanalisi inglese che enfatizzano molto i deficit primari, tenderebbero a dire che se questo corpo
del bambino non viene investito dalle cure materne (un sistema dell'accudimento nel suo complesso) questo
produce un deficit narcisistico, cioè altera la possibilità di avere un buon investimento nell'amore di sé. Una fase di
narcisismo sano da qui poi diventa una sorta di garanzia per la costituzione dell’io.
Pazienti con vulnerabilità narcisistica → possono essere curati.

Quindi ci siamo confrontati con un cambiamento importante della teoria pulsionale, il dualismo cambia e si passa da
un dualismo fra autoconservazione e piacere, a un dualismo tra investimento oggettuale e investimento narcisistico.
L’autoconservazione è sussunta dentro la questione narcisistica (mi amo e quindi voglio sopravvivere). Si capisce
anche che effettivamente esiste una sorta di dualismo concettuale fra Narciso ed Edipo, perché nel corso dello
sviluppo nel momento in cui poi ci si orienta verso l'oggetto d'amore primario (per esempio verso la madre del
complesso edipico), in qualche modo una quota di investimento narcisistico deve essere sacrificata per potere
entrare in questa relazione privilegiata con l'oggetto d'amore nella fase edipica. Quindi in qualche maniera c’è un
antagonismo fra queste modalità, narcisistica ed edipica.
Oltre a considerare il narcisismo primario Freud ha sviluppato una prima teoria di una psicopatologia su base
narcisistica, cioè della possibilità di un funzionamento narcisistico in età più avanzata tardivo, che però ha un
carattere patologico e anzi ha posto il funzionamento narcisistico patologico alla base della psicopatologia grave.
Per capire un po' come lui è arrivata questa idea, non si può fare a meno di considerare che nel frattempo c'era
stato tutto uno sviluppo di una teorizzazione da parte di Jung.
Jung era uno psichiatra di Zurigo il quale è stato il primo grande medico europeo non ebreo ad avere un forte interesse per la
psicoanalisi e Freud era straordinariamente interessato a questo legame con lui, perché Jung rappresentava una traghetto verso
una sorta di svincolo della teoria psicoanalitica da questa matrice ebraica che Freud non è che voleva rinnegare, perché voleva
rinnegare la sua matrice ebraica, ma temeva che fosse un elemento di ghettizzazione culturale della psicanalisi. Quindi il fatto
che Jung e il suo primario all'ospedale di Zurigo che era una delle sedi più prestigiose della psichiatria Europea dell'epoca
avesse rivolto il proprio interesse alla cultura psicoanalitica → era un fatto che aveva un'importanza politica enorme nello
sviluppo del nascente movimento psicanalitico.
Jung uomo intelligentissimo, colto, con una grande acume rispetto alla psicologia, aveva fatto studi importanti sui processi di
associazione verbale, degli studi empirici. Jung ha inventato il termine complesso (usato da Freud per complesso edipico).
Intorno al 1903-5 era diventato l'erede designato del movimento psicoanalitico, nel senso che Freud aveva investito moltissimo
nella relazione con gli psichiatri di Zurigo e nel suo rapporto personale con Jung. Quando viene inventato a fare il viaggio nelle
università americane per presentare le teorie porta Jung e Ferenczi → Jung nel frattempo si era mosso in una direzione
autonoma, cioè aveva cominciato pensare a un concetto di libido, che fosse più legato a una dimensione astratta di un'energia
psichica e staccandosi un po' dall'idea che la libido avesse una radice corporea.
Nel modello Freudiano l’investimento viene dalle dimensioni erogene che sono centrate sul corpo.
Jung si era molto mosso verso l'idea di una libido come invece un'energia psichica che spinge un'evoluzione del
funzionamento psichico, come per esempio l'energia In un modello fisico ci spiega come evolve un sistema fisico
che va verso uno stato di minima energia.
Quindi stava riformulando in maniera abbastanza radicale alcuni concetti della teoria psicoanalitica e in particolare aveva
formulato un'idea estremamente interessante → cioè quella di introversione della libido, cioè aveva per primo immaginato che
un investimento libidico rivolto alla realtà esterna in certe condizioni potesse essere ritirato e tornare a investire l’io. Jung aveva
capito che questo disinvestimento della realtà esterna dovesse essere connesso all'insorgenza di una psicopatologia grave e
sostanzialmente la psicopatologia in cui si altera completamente il rapporto con la realtà esterna è la psicosi d'accordo.
Quindi lui aveva posto questo concetto di introversione della libido a fondamento di una sua prima concettualizzazione a
proposito della psicosi, che era un ambito in cui Freud non si era spinto completamente → perché non li vedeva pazienti
psicotici pazienti gravi e non era mai stato in un ospedale psichiatrico a lavorare (faceva neurologo non faceva psichiatra).
Quest'idea dell’introversione della libido era evidente che avesse un potere esplicativo enorme, era come una chiave possibile
che poteva aprire a una comprensione metapisicologia della psicopatologia grave,
Quindi in questo periodo dello sviluppo del pensiero freudiano in cui la situazione con lui si stava deteriorando, perché Freud
era molto seccato dal fatto che Jung volesse rinnegare l'origine psico-sessuale della libido, che secondo lui era una componente
irrinunciabile della teoria psicanalitica. Lo porta in qualche modo a cercare di accogliere quest'idea dell'introversione della
libido all’interno della sua concettualizzazione → quindi l'idea bisogna dire che è un'idea di jung, ma poi Freud ne fa uso
straordinariamente interessante proprio all'interno di questo scritto 7 di “osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia”.

Freud era scocciato soprattutto dall'idea che io volesse mettere in discussione l'origine somatica del concetto di
libido, perché lui c'aveva quest'idea che bisognava radicare la psicanalisi nella biologia, nel corpo e quindi il
concetto di libido che poneva alla radice di questa dimensione psichica un qualcosa che veniva generato dal
comportamento proprio organico nelle zone erogene, gli sembrava perdesse come una solidità alla teoria
psicanalitica. Mentre Young si era spostato sull'idea di un'energia che aveva esattamente la stessa funzione che ha
l'energia dei modelli della fisica teorica, cioè un parametro che definisce una modalità e una direzione di sviluppo
della vita psichica, quindi l'aveva resa astratta.
Per certi suoi studi di un grande studioso di storia delle religioni, era molto interessato gli scritti alchemici e poi cominciava
diciamo a maturare quella che sarà poi la grande intuizione dell'esistenza di un inconscio collettivo, si capisce già da questi
scritti iniziali di Jung che lui pensava all'energia come una dimensione non personale → cioè per Jung esiste la psiche, non la
mia. Agli occhi di Freud aveva un carattere metafisico questa concezione, un carattere astratto o spirituale → non la
considerava una base possibile di una teoria scientifica.
Però sapeva benissimo che c'erano come delle intuizioni veramente straordinarie che Jung aveva sviluppato in questo suo
percorso di elaborazione di questo concetto di energia psichica. Quella su cui ci si concentra in questo periodo tra il 1910 e il 14
(il caso del presidente schreber è del 10 → stanno per litigare loro 2), ecco l'idea fondamentale che in qualche maniera Freud
utilizza a piene mani per realizzare la sua teoria della psicopatologia grave è proprio questa dell’introversione della libido, che
nel modello freudiano è una situazione della patologia (quindi non è della fisiologia come nel narcisismo primario) → in cui
per qualche motivo l'investimento degli oggetti esterni e della realtà esterna è traumaticamente disturbato.
Cioè c'è qualcosa che rende impossibile continuare ad amare i propri oggetti d'amore e per essi il mondo e quindi la
persona riversa e ritira su di sé in modo brutale e traumatico l'investimento verso la realtà esterna.
Il serbatoio del modello metapsicologico mette in relazione la libido oggettuale con la libido dell'io, se la ritiro dagli oggetti la
riverso sull’io e questo riversarlo produce il delirio megalomanico → la megalomania. Il ritro della libdo dal mondo
corrisponde ala perdita del contatto → è la catastrofe che dà origine alla malattia.
Testo di Jung → trasformazioni e simboli della libido, riassunto in un volume chiamato energetica psichica, in cui fa una
magistrale discussione della teoria freudiana delle pulsioni e spiega in che cosa la sua visione energetica della psiche si
distingue da quella di Freud.
Per capire questa teoria freudiana dell'inversione della libido, dobbiamo dedicarci alle vicende del presidente Schreber →
“memorie di un malato di nervi” e lo scritto di Freud su questo testo autobiografico.
Schreber era una persona molto in vista nella società tedesca del tempo, magistrato del tribunale di Dresda, una persona molto
cordiale e gioviale con ho molti amici, però è lo stesso tempo famosa per un grande rigore morale.Figura molto nota e stimata
nella società del suo tempo, sposato con una bella famiglia e a un certo. ha prima crisi di nervi terribile in occasione di un
periodo di lavoro che culmina nel fatto che lui viene nominato presidente della prima sezione del tribunale di Dresda. Si
ammala in concomitanza con la promozione che lo pone all'apice di quella che poteva essere la sua carriera di magistrato. Ha
un crollo nervoso e viene ricoverato presso la Clinica del dottor Flechsig, che è un famoso sanatorio per malati di nervi di
quell'epoca e viene curato per diversi mesi→ si ristabilisce e apparentemente si riprende abbastanza bene. La sua dedizione nei
confronti del dottor flashing sua e della moglie è tale che la signora tiene sul comodino una foto di questo medico perché aveva
dato per perso il marito.
In questa prima crisi di nervi oltre ad avere una parte miastenia, una sofferenza fisica, mancanza di forza eccetera → il
presidente schreber aveva cominciato a parlare di una sorta di disegno Divino che lo coinvolgeva in prima persona in cui
sostanzialmente lui era posto al centro di una specie di progetto di rinnovamento totale dell'umanità che doveva passare
attraverso la sua trasformazione in donna da parte di Dio e la sua congiunzione con una modalità stranissima costante con
questo Dio, con questa divinità che diciamo lo aveva prescelto per questa funzione salvifica

Dopo qualche mese le condizioni di schreber peggiorano drammaticamente e lui attraverserà un periodo di circa 2-3 anni in cui
entra in una fase di delirio e verso la fine di questo periodo matura il desiderio di scrivere le sue memorie. In una dimensione
che è abbastanza interna la struttura del suo delirio, perché la pubblicazione di questo suo memoriale in cui lui racconta le tappe
e il significato di questa trasformazione in donna e il suo rapporto con Dio e il significato per l'umanità di questo suo rapporto
con Dio → la pubblicazione di questo memoriale fa parte di questo progetto di ricostruzione di questo mondo, di questo
progetto di di salvezza → è un delirio che ha un carattere anche mistico religioso.

Lui ha due crisi separate dopo la prima sta meglio torna a lavorare e poi comincia a peggiorare → in questa fase diciamo
avanzata della seconda crisi in cui viene ricoverato nuovamente, lui sviluppa questo desiderio di scrivere questo memoriale e
quando sta meglio ingaggia una battaglia legale con dottor Flechsig per avere il permesso di pubblicare questo memoriale.
Molto presto il suo primo medico viene ad assumere un ruolo speciale all'interno del tuo sistema delirante e dà descrizione
questo medico e delle altre persone che si trovavano nel centro in cui viene curato, una descrizione che è completamente
infarcita degli elementi del suo delirio → accusandoli di avere ripetutamente abusato di lui sessualmente sia il medico, tutti gli
infermieri.
Un delirio che ha connotazioni mistiche ed erotiche allo stesso tempo molto complesso.
Fatto sta che pur essendo malato il dottor schreber è un giurista talmente raffinato che in preda al delirio riesce a ottenere
legalmente il permesso di pubblicare il suo manoscritto con alcune censure (alcune parti sul dottor Flechsig e su altri medici
sono censurate dal tribunale) → gli viene consentito di pubblicare questo documento straordinario con il titolo esemplificativo
“Memorie di un malato di nervi” = in cui lui spiega la genesi del suo delirio ed è su questo testo che Freud lavora per mostrarci
da cosa è costruito il delirio e lo fa con riferimento ad elementi della vita interiore del presidente schreber che sono descritti nel
testo stesso→ lo introducendo dei concetti teorici fondamentali nella psichiatria, nella psicoanalisi e della psicologia, prima fra
tutto il concerto di proiezione (di un contenuto mentale all'esterno, che viene descritto per la prima volta).
Lo fa considerando in maniera forse non del tutto completa anche tutti i dati autobiografici che riguardano l'infanzia e
l'adolescenza di questo personaggio → poi libro”schreber padre e figlio”, in cui è che non era solo schreber figlio l'autore del
memoriale ad essere un personaggio famoso → era un personaggio famosissimo dell'epoca pure il padre. Quest’ultimo era uno
dei maggiori esponenti di questa corrente nominato come pedagogia nera.
Era un educatore che aveva sviluppato delle teorie che all'epoca avevano avuto una risonanza straordinaria nella società
dell'epoca basate sull'idea che l'educazione fosse un processo che avesse come obiettivo quello di estirpare la volontà dal
bambino e che la volontà personale del bambino dovesse essere sostituita da una dimensione coercitiva che aveva un carattere
anche fisico → questo aveva inventato una serie di macchinari raccapriccianti che servivano per esempio a tenere il bambino
legato alla sedia in una certa posizione mentre studiava, dormiva cioè delle macchine di tortura ed era considerato un luminare.
Non sappiamo quanto Freud fosse al corrente dell'esistenza di questi scritti di schreber padre e lo conoscesse come figura della
pedagogia del tempo perché ci viene solo detto nel testo si parla di questa grande ammirazione che Schreber aveva nei confronti
di questo padre e Freud capisce bene che non è un caso che questo signore sia andato in crisi nel momento in cui ha avuto una
promozione, perché da un punto di vista scientifico è andato in crisi nel momento in cui ha superato il padre, cioè la sua
posizione di magistrato capo del tribunale di Dresda → lo poneva in una posizione sociale ancora più prestigiosa di quella del
padre.
Se rileggiamo il memoriale tenendo presente la sua situazione vita → orfano della madre che era morta quando aveva 7 anni e
cresciuto da questo signore → possiamo rileggere i contenuti del delirio di schreber in un'ottica che ci rende più chiaro quanto
della sua vita reale sia trasferito/trasporto all'interno di questo delirio. Alcuni pazienti che hanno una situazione di delirio poi
possono andare incontro ad una remissione della dimensione più acuta della loro sofferenza psicopatologica dopo la morte dei
genitori o di un genitore.
Narcisismo viene visto come una dimensione di di integrazione, che in un certo senso completa cioè si affianca via alla
dimensione stadiale, cioè le pulsioni continuano ad avere una struttura stadiale , ma è come se ci fosse accanto a questa diciamo
una dimensione maggiormente integrativa del funzionamento psichico che corrisponde sostanzialmente a una età molto
precoce, precedente all'insorgere della parola → quindi tecnicamente all'interno di una predominanza di una dimensione orale,
in cui però in questo caso si aggiunge una componente integrativa che nel vecchio modello stadiale non era presente.

Storia della malattia, “prima malattia del dottor schreber si manifestò nell'autunno del 1884 e alla fine dell' 85 poteva
dirsi completamente risolta. Flechsig il medico nella cui clinico il paziente trascorse sei mesi, definì il suo stato in un
certificato rilasciato solo successivamente come un grave attacco di ipocondria. Il dottor schreber ci assicura che
quella malattia si risolse senza alcun incidente che sfiorasse la sfera del sovrasensibile nelle sue memorie. Nel
giugno del 93 fu annunciata a Schreber la sua imminente nomina a presidente della Corte d'Appello. Egli assunse
la carica il primo ottobre dello stesso anno, fra giugno a ottobre ebbero luogo alcuni sogni ai quali egli fu indotto
solo più tardi da attribuire importanza. Gli capitò, cioè di sognare più di una volta che era tornata la sua passata
malattia nervosa, cosa che in sogno lo riempiva di dolore tanto quanto si sentiva felice al risveglio rendendosi conto
che era appunto nient'altro che un sogno. Inoltre una volta alle prime ore del mattino in uno strappo tra il sonno e la
veglia, gli si affacciò la che dovesse essere davvero bello essere una donna che soggiace alla copula, un'idea che
in pieno stato di coscienza egli avrebbe sicuramente respinto con indignazione. La seconda malattia si manifestò la
fine dell'ottobre del 93 con un'insonnia tanto tormentosa che lo indusse a entrare nella chimica del dottor Flesting,
dove tuttavia il suo stato peggiorò rapidamente. All'inizio del soggiorno egli espresse più volte idee ipocondriache, si
lamentava di soffrire di un rammollimento cerebrale e di dover presto a morire. Ma nel quadro clinico cominciarono
ad affiorare idee di persecuzione derivante dal allucinazioni che all'inizio erano ancora sporadiche, mentre allo
stesso tempo cominciava a presentarsi una notevole iperestesia e una ipersensibilità alla luce e al rumore.
IN seguito le allucinazioni divennero più frequenti insieme ad altri disturbi sensori comuni e finirono per dominare la
totalità del suo sensazioni e delle sue riflessioni. Egli riteneva di dover essere dover essere morto e in parte già
putrefatto malato di peste, vaneggiava che il suo corpo fosse oggetto di orribili manipolazioni di ogni genere e come
ancora afferma egli stesso, subiva le cose più terrificanti che si possano immaginare.
Ma tutto ciò per una una causa sacra.Le idee deliranti assunsero un carattere mistico religioso. Egli mi comunicava
direttamente con Dio, era in balia dei diavoli, vedeva apparizioni miracolose, udiva una musica sacra e giunse
addirittura a credere di vivere in un altro mondo.è quindi da aggiungere che il paziente rivolgeva contumelie
all'indirizzo di varie persone dalle quali si riteneva perseguitato o danneggiato. Primo fra tutti il suo vecchio medico
curante Flechsig che chiamava assassino di anime e innumerevoli volte lo apostrofava piccolo Flechsig
accentuando fortemente la prima parola. Il paziente aveva nel tempo sviluppato un ingegnoso sistema delirante che
ha tutte le caratteristiche per attrarre il nostro interesse, scrive Freud, e d'altro lato la sua personalità era ricostruita
e si rivelava ora all’altezza di affrontare anche i compiti dell'esistenza quotidiana.”
Quindi in un certo senso paziente entra in una condizione in cui da una parte sta un po' meglio, ma dall'altra
costruisce queste idee deliranti che vanno assumendo un carattere sempre più sistematico. Il dottor Schreber in
questa condizione comincia a fare la lotta giudiziaria concentrata su l'idea di poter pubblicare le memorie, che in
qualche maniera ricostruivano la fase di sviluppo di queste sue componenti deliranti.
Pezzo tratto dai verbali delle discussioni che in tribunali avevano luogo a proposito della causa che aveva intentato
per ottenere il permesso di pubblicare queste questi contenuti “quindi una più particolareggiata esposizione del
delirio nella sua configurazione definitiva, c'è dato dalla perizia rilasciata dal dottor Weber su Schreber nel 99. Il
sistema delirante del paziente culmina che in questo è chiamato a redimere il mondo e riportare l'umanità alla
perduta beatitudine. Afferma di essere giunto a tale compito per diretta ispirazione divina. Infatti proprio i suoi nervi
più eccitati, quali per tanto tempo sono stati i suoi, avrebbero la proprietà di esercitare un'attrazione su Dio, ma
sarebbe una questione che non si può esprimere nel linguaggio umano perché al di là di ogni esperienza umana è
rivelata unicamente a lui. L'aspetto più essenziale di questa sua missione di redenzione è che per prima cosa deve
aver luogo la sua trasformazione in donna. Non è che lui voglia diventare femmina, ma si tratterebbe anzi di un
dovere che ha le sue radici nell'ordine del mondo (che è un modo con cui descrive diciamo il suo rapporto con la
divinità) e a cui egli non può assolutamente sfuggire, anche se personalmente avrebbe preferito permanere nel suo
degno stato maschile.

Ormai però l'aldilà non può essere conquistato né per lui né per il resto dell'umanità se non apprezzo della sua
trasformazione in donna destinata a compiersi in lui per miracolo divino, forse in molti anni o decenni”.
Dopo la perizia descrive una sorta di condizione di relazione privilegiata che paziente in questa condizione dice di intrattenere
con questa divinità → ha un punto cardine nella connessione privilegiata che i suoi nervi del corpo hanno con delle
promanazioni della figura di Dio che Schreber nel suo manoscritto chiama i raggi divini. Quindi in buona sostanza lui sente
sempre di essere una condizione fisica in cui il suo corpo è costantemente penetrato da questi raggi divini, che si connettono
direttamente a suoi nervi e all'interno di questa condizione di rapporto con la divinità avvengono contemporaneamente due cose
:
una che si va stabilendo la sua trasformazione in donna, due che la divinità acquisisce una sorta di dipendenza da
questa connessione con Schreber, perché all'interno di questa connessione prova un piacere (voluttà per Schreber)
di tipo sensuale di cui la divinità stessa non può più assolutamente fare a meno.
Quindi non si tratta solo di una trasposizione di genere, ma una trasposizione di genere che avviene all'interno di
questa configurazione di rapporto così particolare con la divinità.

Freud commenta “abbiamo preso che l’idea di essere trasformato in donna, era stato il delirio primario di Schreber
che lo aveva inizialmente giudicato un atto persecutorio che gli avrebbe creato un grave danno. Solo in un secondo
momento questo era entrato in rapporto con la missione di redenzione. Non vi è dubbio che il principio di
trasformazione doveva compiersi originariamente al fine di un abuso sessuale e non in funzione di finalità più
elevate. In altri termini un delirio di persecuzione sessuale si è successivamente trasformato nel paziente in una
megalomania religiosa. La parte di persecutore fu dapprima assegnato al medico curante il dottor Flechsig e di
seguito Dio stesso avrebbe preso il suo posto.”

In questa dimensione persecutoria avviene una trasformazione, cioè se prima nella fase in cui il persecutore è il
dottor Flechsig ed era presente una sorta di costante ribellione rispetto a questa persecuzione che poi prendeva dei
caratteri anche questi molto peculiari, perché Schreber racconta di essere perseguitato non tanto dalla persona del
dottor Flechsig ma dall'anima del dottore che poi si divide in una serie di altre anime minori che in parte vengono
identificate con altre figure dello staff della clinica in cui era ricoverato.
Nel momento in cui diciamo viene in qualche modo saldata la figura del persecutore a quella di Dio stesso e quindi nel
momento in cui entra nell'ordine di idee che la sua sottomissione all'anima di Flechsig sia di fatto qualcosa che sta in un disegno
divino e che ricalca una necessità legata alla l'onnipotenza di Dio stesso → a quel punto l'atteggiamento del paziente cambia e
lui sente come di dovere in qualche modo aderire a questo disegno. La trasformazione è particolare perché costantemente nel
modo in cui Schreber parla di questi sentimenti traspaiono anche tutte le sue resistenze e il suo tentativo di mantenere una
qualche forma di autonomia rispetto a questo rapporto col divino e con l'ordine del mondo.
“Tutti i tentativi di commettere un assassinio dell'anima, cioè di eliminarmi per scopi contrari all'ordine del mondo, cioè la
soddisfazione della brama sessuale di una sola persona e in seguito di distruggere il mio intelletto, erano falliti. Dalla lotta
apparentemente così impari di un singolo individuo con Dio medesimo, io esco vincitore sia pure dopo molte ama le sofferenze
e privazioni perché decido che l’ordine del mondo è dalla mia parte.” Esco vincitore perché mi adeguo di fatto a una
dimensione che ritengo assolutamente universale. L'atteggiamento del malato nei confronti di Dio come lo commenta Freud
stesso→ qui si vede molto bene che paziente rivive nei confronti di questa divinità alcune tensioni e ambivalenze che
evidentemente dovevano avere a che fare con qualche rapporto con qualche figura idealizzata del suo passato → cioè
analizzando l'atteggiamento di schreber nei confronti di Dio, Freud comincia a pensare che questo Dio non sia una figura
totalmente creata dal nulla, ma che lì si nasconde qualcosa che riguarda un suo rapporto tendenzialmente con la figura paterna.
Il punto fondamentale è questo → “il presidente schreber nel periodo precedente la malattia era stato uno scettico di religione,
non era mai potuto giungere una sicura fede nell'esistenza di Dio, quantomeno non di un dio personale. Anzi egli trae da questa
circostanza della sua passata storia personale un argomento per sostenere la piena realtà del suo delirio. Ma chi apprenderà ciò
che segue circa gli attributi che caratterizzano il Dio di Schreber dovrà ammettere che la trasformazione prodotta dalla paranoia
non è stata molto profonda e che noel suo redentore di oggi permangono molteplici aspetti dello scettico di un tempo. L’ordine
del mondo infatti presenta una lacuna in relazione alla quale la stessa esistenza di Dio appare messa in pericolo. Grazie a una
certa correlazione intorno alla quale non posso fornire altri chiarimenti, i nervi di uomini viventi in particolare nello stato di
eccitazione intensa esercitano una tale forza di attrazione sui nervi di Dio che Dio non riesce più a staccarsene e dunque è
minacciato nella sua stessa esistenza.
Questo evento straordinario si è verificato nel caso di Schreber e gli ha provocato grandi sofferenze. La Pulsione di
autoconservazione di Dio ne è stata simulata e si è visto allora che Dio è ben lungi dal possedere quella assoluta
perfezione che nelle religioni gli attribuiscono. Lungo l’intero libro di Schreber corre l’amara per recriminazione che
dio abituato ad avere solo rapporto con i defunti non è in grado di comprendere gli uomini viventi.”

Testo delle memorie : “in proposito vi è un equivoco fondamentale che dall'ora attraversa tutta la mia vita come un
filo rosso e che appunto si fonda sul fatto che Dio propriamente in base all'ordine del mondo non conosceva l'uomo
vivente e nemmeno aveva bisogno di conoscerlo, bensì aveva rapporti conformemente all'ordinanza del mondo
solo con cadaveri. Secondo la mia convinzione ciò deve essere posto in relazione al fatto che Dio non sapeva
come comportarsi con l'uomo vivente. Bensì era abituato soltanto rapporti con cadaveri o Tutt'al più con l'uomo che
giace in un sonno profondo.”
Il tema dell'assassinio dell'anima corrispondeva molto bene a quella che era questa pedagogia basata su questa estirpazione
della volontà → questo si dice molto sul su qual è l'origine di questi vissuti.
In questo Schreber cerca di garantirsi come una via di scampo rispetto a questa situazione che corrisponde al fatto che dice che
→ in qualche maniera soltanto lui si è reso conto della vera natura di Dio e che anzi per mantenere l'ordine del mondo è
assolutamente fondamentale che nessun essere umano possa accedere a questa conoscenza → cioè queste caratteristiche di Dio
non devono essere divulgate, sono delle caratteristiche che solo lui può conoscere e quindi solo lui si può arrogare il diritto di
essere uno schernitore di Dio. Freud dice che in questo si vede un ibrido di venerazione e ribellione che è proprio
dell'atteggiamento del paziente nei confronti di questa divinità.Nella parte successiva del testo viene raccontata l'evoluzione del
sistema del delirante che ha degli elementi molto complessi→ queste figure Divine si fanno scomponendo in una serie di sotto
figure a cui dai nomi e delle caratteristiche. Organizza una sorta di sistema in cui c’è una sorta di corrispondenza fra questa
scomposizione/frammentazione della figura di Dio e una sorta di frammentazione anche delle sue sensazioni corporee.
Comincia a delirare sul fatto che per poter svolgere tutte le singole funzioni corporee è necessario un certo tipo di connessione
con il corrispondente (le chiama vestiboli del cielo, queste parti divine che entrano in rapporto con il mondo). Quindi è
sicuramente una dimensione estremamente complessa.
A proposito di questa frammentazione delle figure dei suoi persecutori Freud per esempio in un tentativo di
interpretazione nota che “l'anima di Flechsig a un certo punto si congiunge con l'anima dell'infermiere e capo in cui
il malato riconobbe un antico coinquilino e diventa l'anima del signor V.
L’anima di Flechsig induce il sistema della partizione delle anime che assume grandi proporzioni. a un certo momento
esistettero da 40 a 70 parti dell'anima di Flechsig, delle quali le più grosse venivano chiamate Flechsig superiore le altre
Flechsig medio, lo stesso destino all'anima del signor V → cioè quella in partenza era la raffigurazione dell'infermiere capo
all'interno della clinica.”
Nel commento a queste convinzioni Freud dirà di essersi reso conto nella condizione paranoica che quello che
succede è qualcosa che ha un carattere opposto rispetto a quello che avviene nella formazione dei sintomi
nevrotici. Cioè mentre nella formazione dei sintomi nevrotici noi assistiamo alla condensazione = quindi una
rappresentazione prende in sè elementi che derivano da più realtà, nella paranoia c'è una tendenza opposta cioè
quella alla moltiplicazione = uno stesso tipo di rapporto viene rappresentato in una quantità di declinazioni, come se
noi vedessimo il mondo attraverso uno specchio frammentato (stessa immagine che si frammenta in tutte queste
declinazioni). Nel suo tentativo di interpretazione Freud arriva molto presto a intuire il fatto che nel rapporto con
questa divinità c’è una riedizione di elementi drammatici e fondamentali che riguardano il complesso paterno (Il
rapporto col padre) e forse in alcuni casi anche col fratello maggiore, per cui diciamo ricollega la duplicità di questa
figura di Dio alla duplicità delle presenze maschili che c'erano nella vita di Schreber da bambino.
Il punto di straordinaria importanza riguarda l'interpretazione di quella che è la condizione in cui evolve definitivamente lo stato
mentale del dottor Schreber → cioè il momento della malattia in cui il paziente racconta nel suo memoriale, si convince
dell'esistenza di una grande catastrofe, che ci sia stata una grande catastrofe e quindi il mondo in cui vive è fatto di ombre e
parvenze.
Questa è la vera connotazione del caso dalla quale poi Freud deriva la sua concettualizzazione di cos’è il delirio nella patologia
grave → “nel momento culminante della malattia, sotto l'influsso di visioni che erano in parte di carattere atroce e in parte di
una grandiosità indescrivibile, si convince che una grande catastrofe/ la fine del mondo era imminente. Voci presero a dirgli che
l'opera di un passato di 14000 anni era andata perduta e che alla terra sarebbe stata riservata solo durata di 212 anni.

Nell'ultimo periodo egli credette che questo tempo fosse già scorso. Egli era l'unico essere reale ancora superstite e
le poche figure umane che gli era ancora dato di vedere riteneva che fossero uomini fatti fugacemente grazie a un
miracolo. Talvolta si manifestava in lui la corrente opposta e così egli sarebbe stato fatto fugacemente, poteva
vedere un giornale nel quale si leggeva l'annuncio della sua stessa morte.
Egli allora sarebbe esistito in una seconda figura inferiore, ma la struttura del delirio teneva fermo l’io e sacrificava il
mondo e si dimostrò alla lunga come la più tenace. Schreber si prospettava diverse teorie sull'origine di questa
catastrofe o egli pensava a una glaciazione dovuta ritirarsi del Sole.
Quindi pensava ad una glaciazione dovuta il ritirarsi del sole, ora ad una distruzione prodotta da terremoti in
relazione ai quali egli stesso in quanto visionario sarebbe stato chiamato ad avere una parte fondamentale. O
ancora Flechsig era il reo di tutto, poichè grazie alle sue arti magiche aveva seminato paura e panico tra gli uomini,
distrutto le fondamenta della religione e causato un'epidemia di nervosismo e immoralità universale a causa della
quale l'umanità sarebbe stata colpita da piaghe devastatrici. Comunque la fine del mondo era sicuramente la
conseguenza del conflitto scoppiato tra lui e Flechsig o secondo l'eziologia adottata nella seconda fase del delirio
del legame diventato ormai indissolubile tra lui e Dio, e costituiva perciò l'esito necessario della sua malattia.” Freud
commenta in un certo senso che schreber anni dopo quando era potuto rientrare nella vita sociale aveva fatto un
tentativo di scoprire nei libri di storia o nei giornali qualcosa che potesse avvalorare la sua convinzione che ci fosse
stata questa grande catastrofe e non aveva trovato nulla.

Poi memoriale scrive “Non posso fare a meno di riconoscere che dal punto di vista esteriore tutto è rimasto come
prima, più avanti si vedrà se Pur tuttavia non si sia verificato un profondo mutamento interiore. Egli non poteva
dubitarne la fine del mondo era avvenuta durante la sua malattia e il mondo che gli vedeva ora dinanzi a sè non
era più lo stesso malgrado tutto.
Accade sovente anche in altri casi che idee simili di catastrofe universale compaiano durante la fase tempestosa
della paranoia. Sulla base nostra concezione e dell'investimento libidico, se ci lasciamo guidare dall’apprezzamento
che Schreber fa agli altri esseri umani come gli uomini fatti fugacemente, non ci sarà difficile spiegare questa
catastrofe. Il malato ha sottratto alle persone del suo ambiente al mondo esterno in generale l’investimento libidico
fino ad ora avessi rivolto.
Per questo tutto gli è divenuto indifferente, ha perduto ogni rapporto con lui e deve essere spiegato mediante una
razionalizzazione secondaria come essere fatti fugacemente grazie a un miracolo. La fine del mondo è la
proiezione di questa catastrofe interiore, il suo mondo soggettivo è giunto alla fine nel momento in cui egli ha
sottratto ad esso il suo amore”.
Questa è la versione freudiana del tema dell’introversione della libido.
Poi Freud cita Faust di Goethe che è un testo a cui era legatissimo e commenta “il paranoico ricostruisce il mondo, non più
splendido in verità, ma almeno tale da potere di nuovo vivere in esso. Lo ricostruisce con lavoro del suo delirio. La formazione
delirante che noi consideriamo come il prodotto della malattia costituisce in verità il tentativo di guarigione, la ricostruzione.
Tale costruzione che segue la catastrofe riesce più o meno bene, ma mai appieno. Per usare le parole di Schreber, per un
profondo mutamento interiore si è verificato nel mondo, ma l'uomo ha recuperato la capacità di stabilire un rapporto spesso
anche molto intenso con le persone, le cose di questo mondo, anche se ora è ostile il rapporto che in passato era pieno di
tenerezza. Diremmo dunque che il processo della rimozione propriamente detta costituisce in questo caso un distacco della
libido dalle persone nonché dalle cose in precedenza amate. Questo processo si compie in silenzio, non possediamo di esso
alcun indizio e dobbiamo inferire che avvenuto solo dagli eventi che seguono. Si impone alla nostra attenzione il processo di
guarigione che fa recedere la rimozione e riconduce la libido alle persone che da essa erano state abbandonate. Questo processo
nella paranoia si attua grazie alla proiezione. Non era giusta l'affermazione secondo cui la percezione interamente internamente
repressa verrebbe proiettata all'esterno, la verità di cui ora ci rendiamo conto è un'altra. Ciò che era stato abolito dentro di noi, a
noi ritorna dal fuori. L’indagine approfondita del processo di proiezione che abbiamo rimandato ad altra occasione ci darà in
futuro la certezza definitiva.” E quindi parla diciamo fondamentalmente di questa nuova concezione del sintomo delirante, che
viene riconosciuto come un tentativo di autoguarigione → quindi l'origine della malattia è la catastrofe silenziosa, cioè ciò che
accade quando è impossibile continuare a mantenere l'investimento nel proprio oggetto d’amore → questo investimento ricade
sull’io, torna verso l’io stesso = produce un’inflazione che vuol dire la costruzione di una concezione delirante (come la
megalomania tipica di queste condizioni paranoiche). Dopodiché il paziente fa un tentativo di rimettere insieme i pezzi e
tornare al rapporto con la realtà e con i suoi oggetti d'amore → il delirio sarebbe esattamente questo = il tentativo di ricostruire
un legame libidico con il mondo e con i propri oggetti d'amore.

Quindi è un testo fondamentale perché in questo viene data una concezione completamente originale del delirio, non una
dimensione patologica, ma un tentativo di guarigione → un tentativo di autocura.
Nella concettualizzazione del narcisismo che viene anche richiamata poi da Freud in questo scritto, questa
inversione della libido viene chiamata “narcisismo secondario”. Quindi nella teoria pulsionale, mentre il narcisismo
primario era una fase fisiologica integrativa della psiche attraverso la costituzione dell’io corporeo, il narcisismo
secondario corrisponde a una rottura psicotica dell'equilibrio della personalità, una perdita di contatto con la realtà
dovuta a questa introversione violenta della libido.Narcisismo secondario è una condizione patologica grave.
Allora questo è un delirio che ha componente intermedia con una parte erotica e una parte di tipo religioso, mistico.
Fondamentalmente Freud nel suo commento avanza un po' l'idea che una delle componenti che stanno alla base della paranoia
di Schreber una sorta di rigetto violento di una corrente libidico omosessuale → quindi il rifiuto violento di una sentimento di
tipo omosessuale. E in un capitolo che “si chiama sul meccanismo di una paranoia” Freud fa alcune osservazioni interessanti a
proposito della dimensione fondamentale che nella genesi di alcuni deliri avrebbe il rifiuto della posizione omosessuale e lo fa
utilizzando una sorta di manipolazione sintattica della frase fondamentale “Io amo lui” riferito al soggetto maschile.

Quindi dice che molte forme di delirio si possono comprendere attraverso una manipolazione sintattica
dell'espressione di base (che chiama una contraddizione) di questo nella proposizione “Io amo lui”.
Esempio : questa proposizione può essere contraddetta da un delirio di persecuzione, per cui il paziente proclama con forza “io
non lo amo, lo odio”, questa contraddizione che nell'inconscio non potrebbe mai suonare così non può tuttavia divenire
cosciente nel paranoico in questa forma. Il meccanismo di formazione del sintomo della paranoia implica che la percezione
interna, sentimento, sia sostituita dalla percezione di un sentimento proveniente dall'esterno così che la proposizione → Io lo
odio si trasforma grazie a un meccanismo di proiezione nell'altra → è lui che mi odia, lui mi perseguita e ciò che autorizza ad
odiarlo.
In tal modo il sentimento inconscio che è propulsore della situazione, si presenta all'esterno come conseguenza di
una percezione esterna “io non lo amo, lo odio perché lui mi perseguita”. L'osservazione non consente in proposito
dubbio alcuno, il persecutore altri non è che l'oggetto amato più tempo”.
“Un altro elemento a cui si ricorre per esprimere la contraddizione è l’erotomania che al aldilà di questo modo di intenderla
rimarrebbe assolutamente inintelligibile, la contraddizione avviene in questi termini→ non è lui che io amo, io amo lei. La
medesima coazione a proiettare fa in modo che la proposizione venga trasformata nel modo seguente → io mi accorgo che lei
mi ama, nell’erotomania c’è la fissazione ad essere amati in maniera persecutoria da qualcuno (un personaggio illustre). Quindi
la contraddizione avviene tramite la frase “non è lui che io amo, io amo lei perché lei mi ama”. Un terzo modo di esprimere la
contraddizione potrebbe essere individuato nel delirio di gelosia, che è possibile studiare nelle forme caratteristiche dell'uomo e
della donna”. Quindi per esempio nel delirio di gelosia dell'uomo nei confronti della donna la contraddizione avviene nei
termini → non sono io che amo l'uomo, è lei che lo ama. Il paziente sospetterà la propria donna di amare tutti gli uomini, che
egli stesso sarebbe tentato di amare. Il delirio di gelosia della donna prenderebbe una forma del tutto analoga → quindi non
sono io che amo le donne è lui che le ama.
Infine riassumendo quindi questa ipotesi speculativa sulla costruzione delle modalità di contraddizione della frase
fondamentale “Io amo lui”il delirio di gelosia ci dice Freud contraddice il soggetto, il delirio di persecuzione
contraddice il verbo, l’erotomania contraddice l'oggetto e poi commenta “esiste in vero un questo modo di esprimere
la contraddizione e cioè il rifiuto globale della preposizione nel suo insieme “Io non amo affatto/nessuno”. In tale
proporzione giacche la propria libido va pure indirizzata in qualche direzione direzione sembra emergere
l'equivalenza psicologica con la seguente proposizione “Io amo solo me stesso”.
Questa forma di contraddizione determinerebbe dunque il delirio di grandezza che noi concepiamo come una
sopravvalutazione del proprio io e che possiamo equiparare alla sopravvalutazione dell' oggetto d'amore”.

è qualcosa che si rifà in qualche modo a quel concetto di mobilità della pulsione, cioè che la struttura delirante può avere una
matrice sintattica → aspetto non è stato più indagato da Freud. Freud ne parla soltanto in questo scritto, mentre sarà poi La
Kann a valorizzare moltissimo la dimensione diciamo linguistica dei fenomeni psichici arrivando a postulare che il linguaggio è
strutturato in un linguaggio.
In un certo senso è come se il paziente raccontasse la perdita di contatto con le persone amate attraverso la descrizione o la
supposizione dell’avvenuta fine del mondo. Nel testo di schreber la catastrofe compare alla fine → comincia con la descrizione
della malattia e spiega tutta la strutturazione del suo delirio e alla fine parla della catastrofe, ma Freud sostiene che la malattia
ha una genesi opposta → che la catastrofe è l'inizio della malattia e la costruzione del delirio è la conseguenza della catastrofe.
La proiezione è stata descritta per la prima volta in questo testo e ha a che fare con l'idea che un impulso che viene
rifiutato/rimosso attivamente dalla coscienza nella psiche di un individuo possa tornare alla coscienza dalla finestra → cioè
percepito come una situazione in cui il soggetto stesso è oggetto di questo impulso. Quindi detto In altri termini possiamo
rimuovere una pulsione ostile e proiettare all'esterno e sentirci in questo modo perseguitati da qualcuno. Poi la proiezione è
diventata un meccanismo di carattere molto generale e si riconosciuto che tutta una vasta gamma di esperienze psichiche
possono essere proiettate, non solo i sentimenti ostili, ma anche di ammirazione, l'invidia (per esempio io posso sentirmi
invidiata in una situazione in cui viceversa provo dentro di me invidia per qualcuno). La proiezione è un meccanismo di difesa
cosiddetto primitivo perché altera il rapporto con la realtà psichica → cioè un sentimento o un impulso che origina dentro di
me Io non lo sento più come qualcosa che appartiene alla mia esperienza psichica, ma lo sento come un dato di fatto della realtà
esterna. Questo funzionamento è diverso dalla rimozione → si può pensare alla rimozione e alla proiezione come due esempi di
due classi di meccanismi di difesa, cioè quelli di tipo nevrotico che si applicano a uno specifico contenuto e che però
consentono alla persona di mantenere inalterato il suo investimento e il suo rapporto con la realtà. Quelli come la proiezione
solo meccanismi psicotici, cioè che alterano il rapporto con la realtà → sia realtà Interna (perché è una cosa che io dovrei
sentire dentro di me in questo modo non la sento), ma soprattutto con la realtà esterna (qualcosa di quella esperienza psichica
non percepita nel mio interno viene ad essere percepita come un elemento/un dato della realtà esterna).
La questione della scelta della nevrosi cioè quali sono le determinanti che fanno sì che diciamo che possa
funzionare secondo un regime prevalentemente di tipo dell'altro. è un tema che attraversa sia tutti gli scritti di Freud
che tutta la storia della psicopatologia il generale e Freud aveva un po' l'idea che ci fosse su questa è una scelta
concorrente di tipo costituzionale, cioè che le varie personalità a seconda della possibilità di raggiungere la fase del
complesso edipico.
Che ci fosse una determinante sia costituzionale sia evolutiva, nel senso delle vicissitudini del rapporto dello
sviluppo della personalità con il mondo esterno che sono una caratteristica individuale che non dipende Però da me
e da che sono fatto, ma anche da cosa incontro. Da una parte la teoria delle pulsioni sembra dare molto rilievo alla
dimensione costituzionale, però siccome le pulsioni poi esplicano la loro funzione sono in rapporto all'oggetto in
realtà siamo all'interno di una dimensione in cui questi due aspetti sono molto profondamente legati.
Melanie Klein e Anna Freud e che fanno una sistematizzazione del tema delle difese psichiche e del rapporto fra
tipi di difese e psicopatologie. La proiezione è il primo esempio che noi incontriamo di una difesa psichica che in
questo caso altera in modo radicale il rapporto con la realtà.

Il punto di partenza va ravvisato nella fase di vita che culmina nella promozione a Presidente della Corte d'Appello → perché
nel memoriale Schreber spiega tantissimo che lui era stato costretto a un periodo lungo di super lavoro si era affaticato
moltissimo il periodo e dal punto di vista emotivo raggiungere questa carica così importante era una cosa che per lui era stata
una specie di traguardo fondamentale in tutta la sua vita.
La prima diagnosi fatta è ipocondria che è una situazione in cui diciamo è il corpo ad essere tirato dentro l'elaborazione di una
serie di energie che non possono trovare l'esplicitazione nella produzione di sintomi psichici → in questa situazione
evidentemente qualcosa da fuori, si squilibra e dal punto di vista della ricostruzione che Freud fa dell'andamento della malattia,
la fase iniziale dovrebbe essere il crearsi una situazione che rende insostenibile l'investimento libidico dei propri oggetti →
attraverso questo investimento passa il rapporto col mondo, cioè come se Freud ci dicesse che noi dobbiamo prima amare i
nostri gesti d'amore e poi accedere al rapporto col mondo.Nel momento in cui non possiamo amare i nostri gesti d'amore non
possiamo nemmeno investire la realtà esterna .
Nella teoria pulsionale c'era anche un po' quest'idea che la rimozione dei conflitti connessi con le figure edipiche/ primarie fosse
fondamentale per dirigere l'interesse alle cose del mondo in una maniera meno conflittuale → l'età della latenza. Quindi in
Schreber per come Freud prova a interpretare la situazione ci sarebbe un crollo del suo equilibrio psichico che porta a ritirare
l'investimento dagli oggetti d'amore.
Questa sarebbe la catastrofe ed è silenziosa perché il disinvestimento degli oggetti d'amore non viene significato, non viene
manifestato (questo secondo Freud). L'ipocondria è comunque un grande ritorno dell'interesse sul proprio corpo (difficile che
riesca a interessarsi ha qualcos'altro).Freud dice che l’introversione della libido è un fenomeno silenzioso. Quando la libido
torna sull’io, cioè sul proprio mondo interno, sul proprio universo cognitivo → produce questa catastrofe esplosiva che
costituisce il delirio.

E allora questo si fa rumore, costituisce il delirio perché da una parte si ravvede la dimensione megalomanica e questo è il
ritorno della dimensione narcisistica → cioè un’inflazione del senso di sé che sarebbe contenuto soprattutto nella dimensione
appunto grandiosa, che c'è nel delirio dei paranoici e c'è nel delirio di schreber → i temi di grandiosità, il rapporto, con Dio
tutte queste immagini spaziali metafisiche, questi sentimenti di espansione. Dall’altra a monete di questa espansione c’è
attraverso la proiezione un tentativo di ripristinare i contatti con i propri oggetti d'amore, quindi di ricostruire un mondo di
relazioni e di oggetti amati, potremmo dire con quello che rimane dopo la catastrofe, con i pezzi che avanzano dopo questa
esplosione originaria dovuta al ritiro della libido. Freud capisce bene che il delirio è una modalità per rendere il mondo
abitabile, cioè il paziente ha dentro di sé qualcosa che nel mondo reale non riesce proprio a trovare più una collocazione,
qualcosa di inconciliabile (questo è molto presente anche nelle teorie diciamo attuali sulla psicosi).
La morte di una persona cara può togliere un vincolo, eliminare una componente di insostenibilità dell'esistenza di una persona.
La Kann e Anzieu (psicanalista francese, che ha coniato concetto di io pelle a partire da rivoluzione del pensiero freudiano sul
narcisismo primario → ha dato moltissima rilevanza alla funzione della pelle come dimensione primaria da cui partono poi le
funzioni dell’io).
Anzieu era figlio di una signora che è una paziente psichiatrica → prima paziente di La Kann sulla quale ha scritto la sua tesi di
specializzazione in psichiatria, la presenta con il nome di amata (amè).
Questa donna che in realtà si chiamava Margherita aveva una storia familiare molto particolare, perché era nata dopo che sua
madre aveva nell'ordine perso → una prima sorella che aveva 5 anni casa ed era morta carbonizzata, subito dopo nella perso un
secondo bambino era nato moto. Subito dopo era nata appunto la mamma di Margherita a cui era stato messo lo stesso identico
nome della prima figlia. Margherita rappresenta una di quelle situazioni che nella letteratura psichiatrica vengono chiamate di
“bambino di sostituzione”, un bambino che viene al mondo con un mandato impossibile di riportare in vita il fratello
scomparso.
Questo è uno dei mandato impossibili e che generano sofferenze che spesso esitano in una psicosi.
Margherita ha smesso di delirare quando è morta sua madre che a sua volta diciamo aveva anche lei il delirio ed era una
paziente psichiatrica anche la madre. Però ecco dal punto di vista proprio della clinica è un esempio storico importantissimo di
una paziente che si era messa nei guai perché aveva un delirio di gelosia e sospettava una rivale di voler uccidere il lattante, il
bambino piccolo che lei aveva e che poi diventerà lo psichiatra Anzieu. In preda a questo delirio lei aveva accoltellato un’attrice
nella quale aveva identificato questa ipotetica rivale → sulla base di questa era stata internata in un ospedale psichiatrico dove
aveva per l'appunto conosciuto La Kann. Ecco Marguerite diciamo è un esempio di una paziente di cui delirio in qualche modo
è stato diciamo mitigato o non si è più manifestato nella forma florida dopo la morte della madre.

Elaborazione del secondo modello freudiano indirizzato a una spiegazione concettuale della patologia grave.
In questo caso ci troviamo di fronte a uno scritto di tipo metapsicologico che fa parte della elaborazione di una serie
di saggi teorici che intorno agli anni 15-16, Freud scriveva per sistematizzare tutta la sua visione teorica
sull'apparato psichico e sulla psicoanalisi. Questi scritti dovevano essere pubblicati sotto il titolo complessivo di
“metapsicologia”, in realtà la serie degli scritti metapsicologici non venne completata, per cui noi ne troviamo
attualmente disponibili soltanto i primi. Sono comunque scritti che sistematizzano in modo abbastanza preciso i
concetti base della disciplina psicoanalitica a quel punto di evoluzione. Titoli “pulsioni e loro destini”, “la rimozione”,
un testo sull'inconscio (dove per l'appunto si parla dell'inconscio, topologico, dinamico e dal punto di vista della
strutturazione delle rappresentazioni mentali per come sono conosciute attraverso il lavoro del sogno) e lo
scritto”lutto e melanconia”.
Allora questo non è uno scritto clinico → non si fa riferimento specificatamente a esperienze di pazienti, fa delle
considerazioni generali a proposito della possibilità di fare un modello metapsicologico della situazione di lutto, intesa con
perdita dell'oggetto d'amore, quindi in prima istanza pensiamo proprio al lutto in senso colloquiale (venir meno della persona
cara). Freud si interroga sulla le conseguenze per l'apparato psichico del venir meno della relazione con il proprio oggetto
d'amore e cerca di concettualizzare sia una dinamica che riguarda proprio la situazione di lutto, sia una dinamica che riguarda
un'evoluzione in senso clinicamente rilevante quindi psicopatologico della situazione di lutto riferendosi a una sindrome
all'epoca veniva chiamata melancolia. La sindrome che corrisponde per grandi linee a quella che nella letteratura clinica
contemporanea a un episodio depressivo maggiore. Vedremo elementi della modellizzazione degli stati maniaco-depressivi cioè
dell'alternanza della condizione melanconia con la condizione maniacale.
Questo scritto oltre ad avere un interesse per la modellizzazione della patologia grave è estremamente importante,
perché come nello scritto sulla paranoia abbiamo trovato per la prima volta la descrizione di un meccanismo di
difesa primitivo (la proiezione), altrettanto significativamente nello scritto “lutto e melanconia” troveremo la prima
descrizione di un funzionamento psichico diverso che è “la scissione” e segnatamente la scissione dell'io.

Il testo lutto e melanconia a differenza del testo di Schreber, è relativamente breve e inizia con una descrizione di tipo
fenomenologico della condizione in cui si trova la persona in lutto. Il punto di partenza è chiaramente un dato obiettivo,
costituito dalla perdita dell'oggetto d'amore. La prima distinzione fondamentale su cui Freud ci propone di riflettere dal punto di
vista della fenomenologia → tra la situazione del lutto e la situazione melanconica ; è costituita dalla presenza di alcune
caratteristiche che nel vissuto della persona che sta subendo una dimensione melanconica che sono completamente assenti nel
lutto, ossia esiste una gamma di sentimenti come la tristezza, la mancanza di desiderio, il senso di svuotamento e l'andare con
la mente a immagini e situazioni che hanno appunto un carattere di sofferenza che sono comuni tra le due situazioni, mentre
elemento rimane assolutamente caratteristico della melanconia e che è assente nel lutto è costituito dall'autobus svalutazione e
dagli autori rimproveri. Cioè il paziente melanconico rivolgersi a sè delle amare recriminazioni e manifesta un'immagine di sé
estremamente depautorata e svalutata.
Questa dimensione dell'autorimprovero chiaramente non è presente nel lutto.
Ciò che caratterizza in realtà la condizione melanconica è il fatto che la lamentela e la svalutazione molto spesso
non riesce ad avere un oggetto di appiglio significativamente riconosciuto dalla persona stessa nella realtà esterna
o nella realtà della sua storia personale.
Oggi stiamo facendo un riferimento a una versione diciamo non sistematizzata dell'area dei fenomeni melanconici,
perché ci interessa capire che tipo di ragionamento a livello di modello dell'apparato psichico può essere proposto
per far fronte a questo tipo di fenomenologia, nella clinica contemporanea esiste una distinzione abbastanza
precisa fra le diverse dimensioni in particolare nel lutto (da quello patologico).
Per quanto riguarda la l'aspetto depressivo dobbiamo anche dire che fin dall'epoca freudiana c'era una convinzione anche di una
rilevanza di un fattore strutturale di tipo biologico nella manifestazione di questi elementi → Freud la dimensione melanconica
non la colloca fra le psiconevrosi, ma nelle neuropsicosi.
C'è una consapevolezza del fatto che comunque ci possono essere degli elementi biologici che incidono sullo
sviluppo di questa condizione. Però in questo scritto in realtà Freud è interessato soprattutto a fare la descrizione
metapsicologica della condizione, cioè descriverla a partire dal modello dell'apparato psichico.

Freud fa una descrizione abbastanza secca del lutto → la condizione in cui l’oggetto d'amore (persona ma anche qualunque tipo
di situazione emotivamente investita, in lutto perché si perde il lavoro, uno status… → è quindi l'elaborazione di un
cambiamento che ci priva di qualcosa o di qualcuno di profondamente investito), dal punto di vista Freudiano è un processo in
cui fondamentalmente si svolge una specie di battaglia fra il desiderio di mantenere il vincolo con la persona amata e il dato di
realtà che ci segnala che questa persona amata non è più disponibile. Freud si interroga moltissimo sul perché questa battaglia
sia così laboriosa e così complessa da condurre, nel senso che se noi pensiamo a quel tema della mobilità della pulsione
potremmo ingenuamente immaginare che se l'oggetto pulsionale non è più presente la pulsione si possa dirigere in qualche
modo verso un altro oggetto → Freud si rende conto che nella realtà le cose non stanno affatto così e che il lavoro di
disinvestire da un oggetto pulsionalmente rilevante (come può essere la persona cara) è un lavoro molto laborioso e che lui dice
probabilmente richiede nell' elaborazione del lutto una sorta di operazione di ritiro individuale di ogni singola dimensione di
investimento e quindi in questo per esempio parla del lavoro sui ricordi e il rimanere legati ai pensieri alle fantasie che in
qualche maniera riportano a tutti i singoli momenti che hanno strutturato l'investimento nei confronti della persona cara.
Nel modello freudiano la questione rimane abbastanza in sospeso, cioè perché sia così difficile rinunciare ai propri
oggetti d'amore, anche quando sono apparentemente disponibili altri oggetti.

Poi sarà il modello Kleiniano che darà una definizione molto più convincente per certi versi della natura di questi
processi e di quella che è l'uscita dalla condizione di lutto. Perché nella posizone freudiana la questione molto
chiara e il lutto si deve risolvere con il prevalere della realtà sul desiderio.
Quindi con l'accettazione della condizione di perdita della persona cara che dovrebbe rendere libero l'individuo di
investire nuovi oggetti d'amore.La Klein proporrà un modello completamente diverso in cui il lutto non si risolve
affatto con il riconoscimento della scomparsa della persona cara dalla realtà esterna e basta, ma si risolve nel
momento in cui l'oggetto d'amore può essere ritrovato come un oggetto d'amore della propria interiorità. Quindi
potremmo dire in modo sintetico che nel modello Kleiniano il lutto si risolve non con la perdita ma con il
ritrovamento dell’oggetto d'amore in una forma che chiaramente è quella di un oggetto d'amore interiorizzato, non
reale del mondo esterno.
Posto quindi questo primo elemento per riguarda il lutto, affrontiamo la questione dell'autorimprovero, cioè di quella
dimensione che invece caratterizza in modo pervasivo la melanconia. Allora Freud dice che se noi ascoltiamo
attentamente le lamentazioni e le recriminazioni che il paziente melanconico fa a proposito di sè stesso, secondo
Freud è molto rapidamente riusciamo a convincerci che queste recriminazioni originariamente non erano rivolte a
sé stesso, ma all'oggetto d'amore perduto.
Quindi diciamo lui organizza la sua comprensione della situazione melanconica partendo da questo punto di vista → che la
melanconia abbia a che fare con una condizione in cui il rapporto con l'oggetto d'amore è originariamente caratterizzato da una
forte ambivalenza, quindi da una compresenza di sentimenti positivi e ostilità. Per altro in “totem e tabù” Freud elabora molto
sul fatto che la situazione di lutto di per sé sia caratterizzata da un aumento della ambivalenza nei confronti della persona cara.
Questo perché ci sono molteplici motivi : uno perché noi a qualche livello non possiamo che provare risentimento per una fonte
di grande dolore (di per sé una situazione che viene caratterizzata dal fatto che per noi ne segue un grande dolore, non può
essere una situazione piacevole → la persona si difende rispetto al dolore e quindi imputa seppure inconsapevolmente la causa
del dolore alla persona scomparsa), in più abbiamo anche una sorta di tendenza a considerare un’equivalenza psichica fra la
morte e l'abbandono (si vede anche nel linguaggio comune quando per esempio ci dice a la persona ci ha lasciato, però nel
vissuto di chi rimane a qualche livello c'è questa equiparazione della morte di una persona con un abbandono, perché i
sentimenti che quelli che restano sperimentano sono sentimenti di abbandono) → quindi un'ulteriore motivazione per
individuare delle ragioni di risentimento nei confronti della persona cara.

In “Totem e tabu” viene descritta tutta una sorta di dimensione sociale e culturale, che è a disposizione degli esseri umani per
elaborare questa ambivalenza. Questa porta sostanzialmente a strutturare da una parte una serie di rituali, quali come per
esempio in alcune società tutta una serie di Tabù che riguardano il contatto con i morti e in parte sono presenti anche nella
nostra società → dove ci sono delle indicazioni e delle limitazioni molto precise rispetto alla possibilità di avvicinarsi e toccare
i cadaveri (coperti ed esposti in situazioni di rituali o di carattere scientifico).
Oltre a questo poi secondo Freud ci sono anche tutta una serie di dispositivi di carattere prettamente culturale che
in qualche modo generano una serie di figure culturali condivise nelle società, che nella nostra sono presenti ma
che hanno avuto un'importanza fondamentale nello sviluppo della nostra cultura e che sono ancora molto sentiti in
altre culture e che hanno a che fare con il rapporto con il mondo degli spiriti.
Cioè con l’idea che la persona cara nel momento in cui trapassa → è oggetto di sufficiente cura attenzione e dedizione che in
qualche modo porta testimoniare ufficialmente l'amore nei confronti della persona scomparsa. Nella nostra società non si può
parlare pubblicamente male di una persona la morta → c’è l'idea che verso la persona defunta sia necessario dimostrare in
modo palese solo dei sentimenti positivi.
Freud avanza l'ipotesi che i sentimenti negativi siamo proiettati nella realtà esterna e tornino sotto forma di
credenze o paure relative al mondo degli spiriti. Nelle società primitive è una cosa estremamente sentita e sta alla
base di una serie di pratiche sociali, alle forme di religiosità.

Dal punto di vista psicologico la dimensione sociale-culturale è esplorata di più nel testo “Totem e tabù”, noi siamo interessati
invece alla situazione individuale in cui la dimensione psicologica che sta alla base di ciò che stiamo parlando è l’ambivalenza
emotiva. Questo è chiaro nel testo freudiano → cioè che è difficile trattare nella melanconia e anche nel lutto entro certi limiti
→ è questa ambivalenza emotiva nei confronti dell'oggetto amato, che se c'è da prima chiaramente è ancora più evidente, ma
diventa un'esperienza ineliminabile a causa del dolore che le caratteristiche del dolore e del legame psicologico che si
sperimenta con la persona deceduta. Il tema da un punto di vista psicologico è l’ambivalenza emotiva.
Il modello metapsicologico sta nel mezzo fra la fenomenologia e la clinica, per spiegarci come a partire dalla
condizione di ambivalenza emotiva si possa poi andare a cadere sulla fenomenologia clinica della melanconia.
Il punto di partenza psicologico è l'ambivalenza emotiva, che si sperimenta nel lutto/nelle situazioni di perdita dell'oggetto
d'amore che originariamente possono evolvere nel lutto fisiologico o poi successivamente se questo lutto non riesce ad essere
elaborato nella melanconia. Questa è una assunzione che fa Freud → che la perdita di un oggetto d'amore sia sempre presente
nella melanconia, sia che si tratti di una dimensione legata in modo esplicito a un lutto sia invece che questo lutto non sia
percepibile. E infatti la questione interessante è proprio capire/dare una spiegazione di dov'è il lutto nella situazione in cui lutto
non è percepibile e perché non è percepibile nella melanconia.
Il modello metapsicologico diciamo sta a metà tra la fenomenologia di partenza (del lutto/della perdita della persona
amata o dell’oggetto d'amore) che ha come nucleo fondamentale l'ambivalenza emotiva.
Questo è un fenomeno non metapsicologico, è un fenomeno psicologico perché l’ambivalenza emotiva la
percepiamo e la sentiamo nei vissuti quando siamo alle prese con questa situazione di perdita dell'oggetto d'amore.
E dall'altro lato la clinica ossia la fenomenologia della situazione depressiva in cui la consapevolezza di ciò che è
andato perduto c'è in alcuni casi ma non c'è in altri ed esiste questo fenomeno invece fondamentale
“autosvalutazione” e “autorimprovero”. Il modello metapsicologico cerca di definire un ponte fra queste due
situazioni fenomenologiche.
Questo modello metapsicologico → fondamentalmente Freud propone che nella melanconia avvenga qualcosa che entro certi
limiti, in una condizione non psicopatologica → lui aveva già cominciato a proporre e a descrivere quando aveva parlato del
tramonto del complesso edipico. Nel rinunciare agli oggetti d'amore edipici, la persona avanza nel suo sviluppo psichico e nella
costruzione della sua personalità, sostituendo l'amore verso l'oggetto edipico con una identificazione → cioè c’è una rinuncia
all'esclusività del rapporto con la madre e una identificazione con il padre. l'identificazione è un processo per cui l’io li prende a
modello un oggetto esterno e interiorizza questo modello.
Freud propone l’idea che in fondo la via d'uscita dalla sofferenza insopportabile legata alla perdita della persona cara sia
costituita ancora una volta dalla sostituzione del legame con l'oggetto d'amore, non esattamente con una identificazione, ma con
qualcosa di ancora più marcato che è l’introiezione dell'oggetto amato. Per sua intuizione sull'origine della melanconia usa
questa espressione “l'ombra dell'oggetto ricadde sull’io”, vuol dire che l’io a certo punto non sostenendo più l'ambivalenza nei
confronti di questo oggetto d'amore perduto, in una parte di sè si identifica completamente con l'oggetto d'amore → cioè
accoglie nel proprio io, un’identificazione totale con l'oggetto d'amore perduto → quindi si parla di introiezione perché
l'oggetto d'amore perduto smetto di avere una consistenza psichica nella realtà esterna e diventa una parte dell’io. Detto In altri
termini l'io si scinde in due parti : di cui è identificata con l'oggetto d'amore perduto e quindi i rimproveri, l'ambivalenza e tutta
l'emotività che originariamente erano rivolti all'oggetto d'amore perduto sono rivolti da una parte dell'io all'altra parte. L’io non
riesce a svincolarsi da questo oggetto d'amore perduto, non riesce a elaborare questa ambivalenza emotiva e a un certo punto la
risolve introiettando nell’io l'oggetto d'amore. Ce ne accorgiamo perché la tematica del lutto scompare dalla realtà esterna e
viene sostituita dalla tematica dell’autosvalutazione e dell'autorimprovero.

Nell'identificazione l'oggetto esterno viene preso a modello e una parte dell’io si modella su questa identificazione. Peraltro
Freud in cui in questo periodo comincia a pensare che si possa creare una specie gli dice di “gradino all'interno dell’io” → cioè
che l’io regolare la propria autostima, comincia ad isolare delle rappresentazioni che rappresentano una condizione desiderata
(che lui chiama ideale dell'io) e che ci sia una sorta di scarto, una sorta di gradino tra la considerazione che l’io ha di se stesso
(che sarebbe il nostro equilibrio narcisistico) → abbiamo un'immagine di noi per come siamo, ma anche l'immagine di noi per
come vorremmo essere (ci sono due rappresentazioni di noi realistica o ideale).
Freud comincia ad elaborare questo pensiero che nell’io si possa creare una distinzione → dice un gradino tanto per dire che la
parte ideale viene messa sul gradino o podio. E quindi attraverso il processo di identificazione con le figure importanti della vita
si crei questa sorta di rappresentazione dell’io come ideale dell'io. Nel funzionamento psichico della persona è sempre
fondamentale che questo gradino esista, che ci sia uno scarto fra la nostra considerazione e la considerazione di questo ideale
dell’io.
Freud ha capito abbastanza precocemente che nella vita delle persone la strutturazione di questo gradino non è fissa, noi
andiamo incontro alle esperienze in cui improvvisamente questo gradino si annulla e sentiamo un'espansione dell’io → una
sorta di gioia incontenibile, che secondo questo modello metapsicologico corrisponde alla condizione in cui nostro Io sente di
coincidere con il nostro ideale dell’io, quindi quando si è annullato questo gradino.

Ecco Freud avanza ipotesi che quando noi proviamo quel senso di trionfo è perché si è annullato il gradino nell’ io e noi
temporaneamente sentiamo di coincidere con il nostro ideale, quindi ciascuno di noi è perfettamente in grado di monitorare
questa cosa → cioè quel senso di trionfo e di esaltazione corrisponde a momenti in cui temporaneamente transitiamo in una fase
in cui quel gradino viene annullato. Siamo talmente curiosi come esseri umani che noi riusciamo a trovare questo senso di
trionfo, non solo quando la situazione ma anche quando riguarda un oggetto amato. Senso di esaltazione che proviamo
corrisponde proprio a una modulazione in questo modello idrologico di questo gradino nell'io. Questa dimensione qui ha che
fare col tema dell'identificazione, perché l'ideale dell’io si struttura prendendo a modello → ciò vuol dire che non è che
dobbiamo far fuori l'oggetto idealizzato per potere strutturare questa modellizzazione, questa è l'identificazione cioè un
prendere da un modello e un creare un ideale dentro di sé che corrisponde a questo modello.
Questo aspetto di funzionamento da ideale dell’io poi sarà ereditato nella seconda topica dalle caratteristiche del
super-io che ha si è una componente censoria di elemento che regola-proibisce, ma anche qualcosa verso cui
tendere che ci dà una spinta ideale.
In questa fase queste due componenti del funzionamento psichico sono tenute separate → cioè da una parte Freud parla delle
necessità legate alla censura e alla rimozione→ comincia a capire che c'è un'altra storia nel funzionamento dell'io che riguarda
il rapporto con le dimensioni ideali. Quindi in questo scritto l'ideale dell'io è tenuto separato dalla dimensione che regola la
rimozione → è piuttosto una dimensione che regola l'equilibrio narcisistico diremo oggi.
In che cosa questa situazione si differenzia dalla situazione patologica dell’introiezione dell'oggetto d'amore? Nel fatto che
nell’introiezione si crea una sorta di collasso fra la rappresentazione dell’io e la rappresentazione dell'oggetto amato,
quest’ultimo scompare come oggetto della realtà psichica. Questo è il meccanismo che Freud poi chiama scissione dell'io →
una parte dell'io introietta l'oggetto d'amore (c'è l'ambivalenza, l’introiezione somiglia all'incorporazione della fase orale).
Questa è la spiegazione nell'ordine della rappresentazione metapsicologica del perché possiamo avere delle depressioni in cui
non c'è nessuna consapevolezza della esperienza di perdita che sta alla base di questa fenomenologia. Perché l'oggetto d'amore,
non esiste più come oggetto con cui l'io è in relazione psichica, se ne perdono le tracce e diventa una parte amata-odiata dell’io
stesso.
Quindi l'auto rimprovero la svalutazione e la situazione tipica della melanconia in cui sembra che una parte dell’io attacchi
l’altra → questa dimensione corrisponde alla spiegazione metapsicologica delle due caratteristiche fondamentali della
depressione → cioè 1 la caratteristica per cui esistono diciamo delle condizioni melanconiche in cui L'esperienza di perdita non
è reperibile alla consapevolezza, 2 la pervasività del fenomeno (che poi diventa un sintomo in realtà) dell'auto rimprovero e
dell'autosvalutazione.

Nella seconda parte del testo Freud prosegue parlando della condizione clinica (oggi definiremmo una psicosi maniaco
depressiva) in cui si assiste un'alternanza di caratteristiche espressive della melanconia e caratteristiche espressive della mania.
La mania è lo stabilizzarsi e l’esaltarsi di quella sensazione di trionfo, di coincidenza fra ideale dell'io e io stesso. Sembra che ci
sia qualcosa di biologico e produce una sorta di Shift fra la situazione depressiva e situazione maniacale. Cioè che io non solo
non è padrone in casa sua, ma è molto esposta a questa dimensione di scissione però alla dimensione di scissione che però è una
dimensione di sofferenza (nella clinica contemporanea si parla di psicosi maniaco depressiva, perché il rapporto con la realtà è
stravolto quando si oscilla dalla dimensione depressiva a quella maniacale in queste condizioni sembra proprio che non si tratti
mè della stessa persona, nè nella stessa realtà per il modo con cui viene descritta e percepita nelle due condizioni). Quindi la
scissione dell'io, dato che l’io è comunque l'istanza che regola il contatto con la realtà (stiamo cominciando a trasformare la
coscienza della prima topica nel libro della seconda topica) → questo io ha una funzione preponderante nel rapporto con la
realtà esterna. Quindi quando l’io si scende, il costo è di alterare il rapporto con la realtà esterna e quindi creare una situazione
di grave sofferenza psichica.

Allora l’io si scinde in due parti nel momento in cui introietta l'oggetto d'amore del defunto, quindi una parte contiene
la continuità psichica del soggetto, l'ultima parte è quella verso cui si rivolgono i rimproveri e l'auto svalutazione. L'io
si scinde in due parti poiché è avvenuta l'introiezione dell’oggetto d'amore perduto.
Il disturbo bipolare è una concettualizzazione contemporanea di una situazione maniaco-depressiva, dove però noi
nella clinica contemporanea del disturbo bipolare siamo molto consapevoli che ci sono dei trigger di tipo biologico.
Anche Freud non li aveva per niente espunti dalla sua considerazione della situazione, chiamava questa
condizione una neuropsicosi. Siamo in quell'ambito in cui la personalità oscilla fra due modalità completamente
alternative di contatto con la realtà.
Sensazione di trionfo = espansione dell’io. Freud utilizza una terminologia un poco complicata, dice che “quando succede come
nell' episodio maniacale, che in maniera stabile per un certo periodo di tempo si viene a creare una identità fra l’io e l’ideale
dell’io → quindi crolla il famoso gradino all’interno dell’io e queste due dimensioni collassano, allora si crea una condizione di
“io ideale” che corrisponde alla situazione psicopatologica della mania. Quindi nella situazione fisiologica, l'identificazione con
gli oggetti amati e socialmente desiderabili della nostra storia evolutiva/anche della vita genera questo gradino all'interno
dell'io, cioè la distinzione fra un io percepito realisticamente e un io desiderato → cioè la formazione del nostro ideale, di quello
che noi desidereremmo essere → ciò che noi pensiamo di essere ciò che noi desidereremmo essere.
Freud già nel 1915 ha capito in maniera molto chiara che la regolazione del rapporto tra queste due dimensioni è
un aspetto fondamentale della sanità psichica, dell'equilibrio psichico (quindi quello che noi oggi chiamiamo
equilibrio narcisistico della personalità, narcisistico perché stiamo parlando di come viene percepito l'io).
Nel momento in cui nell'episodio maniacale il gradino all'interno dell'io si annulla e quindi io stabilmente mi trovo quella
sensazione di espansione, di trionfo che mi fa coincidere con i miei ideali, allora la struttura viene chiamata “io ideale”, che è
una struttura della psicopatologia → perché si assume che nella condizione abituale dell'esistenza umana esista sempre uno
scarto o comunque si possa apprezzare l’esistenza anche di uno scarto, fra la nostra dimensione realistica e i nostri ideali.
Quindi l’io ideale è quello che sta sul gradino all'interno dell’io ed è il frutto delle identificazioni con gli oggetti di valore della
nostra esistenza e regola la nostra autostima, più che altro è il gradino che regola la nostra autostima.
Nel momento in cui collassa si crea il mio ideale e quella è la situazione dell'episodio maniacale → cioè si ha una condizione
psicotica, che normalmente è transitoria.

La scissione dell’io ricalca esattamente la condizione di ambivalenza sperimentata nei confronti dell'oggetto
d'amore perduto, anche la interiorizza e diventa la condizione che struttura la personalità dell'individuo struttura l’io
in quella condizione. Come se l'ambivalenza venisse ad essere una dimensione del rapporto con se stessi e non
del rapporto con l'oggetto amore. Questa è la visione che Freud ci suggerisce, poi l'evoluzione del pensiero sui
disturbi dell'abito maniaco-depressivo è molto complessa.
Il testo scritto attorno agli anni 15 → possiamo collocare da un punto di vista concettuale nelle immediate vicinanze della
dell'inizio della Prima Guerra Mondiale.
Raggiungiamo forse una sorta di apice concettuale, la prima fase di teorizzazione della teoria psicanalitica che ha una certa
impronta, teoria psicanalitica basata sulla prevalenza del principio di piacere → quindi c’è una certa impostazione concettuale :
al centro della teoria c’e il tema del desiderio, il tema del rapporto con l'oggetto d'amore e le problematiche hanno molto a che
vedere con la frustrazione di questo rapporto o con il la possibilità di mantenere il rapporto con l'oggetto d'amore. Su questo
quadro di base si è innescata la novità straordinaria del narcisismo, che ha arricchito moltissimo il quadro, articolando la
dimensione del rapporto con l'oggetto d'amore esterno, con la dimensione del rapporto con l’io auto investito.
Contemporaneamente a questa concettualizzazione freudiana abbiamo avuto da una parte la sistematizzazione del modello della
psicoanalisi classica → che si rivolge al trattamento della nevrosi e dall'altra in questa fase qui la considerazione che le
condizioni (melanconia da una parte e la paranoia dall'altra) non sono condizioni trattabili analiticamente, perché il fatto che le
difese messe in campo alterano così profondamente la struttura dell'io, secondo Freud implica che i pazienti non sono in grado
di fare l'esperienza del transfert e quindi non possono essere aiutate da una psicanalisi.

Lui pensava che questa alterazione così profonda dell’io fosse incompatibile con l'esperienza del transfert, cioè
fatto di proiettare dei contenuti del proprio mondo interno sulla realtà e quindi stare in questa dimensione di mezzo.
Freud riteneva che i pazienti gravi non avessero modo di instaurare la nevrosi di transfert, cioè trasferire i
sentimenti e situazioni emotive riferite agli oggetti primari sulla persona del terapeuta durante la terapia e che quindi
queste patologie gravi non fossero trattabili analiticamente.
Vedremo che successivamente si scopriranno invece le quali sono le caratteristiche dei cosiddetti transfert psicotici,
cioè abbiamo scoperto che non è affatto vero che i pazienti che funzionano prevalentemente secondo queste
modalità non sono in grado di realizzare l'esperienza di transfert, anzi lo fanno in una maniera molto più radicale e
violenta dei nevrotici, solo che Freud non aveva manco esperienze con questi.
Quindi non aveva riconosciuto la natura del transfert che si realizza quando si seguono pazienti che hanno una
prevalenza di queste modalità di funzionamento in cui la struttura dell’io e alterata.
Quindi prima dell'inizio della Prima Guerra Mondiale siamo arrivati a una sorta di massima espansione concettuale della prima
parte del modello psicoanalitico freudiano, come se con la scrittura di testi e con la pubblicazione di totem e tabù in cui Freud
cerca di riportare alle tematiche edipiche alcune condizioni fondamentali dell'essere umano nel suo complesso (come per
esempio lo sviluppo della legge e della moralità) → si fosse espanso /portato a compimento tutto quello che era nelle premesse
teoriche da cui è partita la psicoanalisi freudiana prima dell'inizio del 900.
Non riusciamo assolutamente a immaginarci l'impatto socio-culturale che ha avuto l'avvento della Prima Guerra Mondiale sulla
società europea. Prima della Guerra, la guerra era un fenomeno noto, ma che aveva una caratteristica fondamentale cioè che
dato il tipo di armi che erano disponibili tecnologicamente dall'epoca dei romani dall'antichità → la capacità di uccidere più il
singolo individuo era più o meno uno a uno, le guerre erano cruente ma il numero di persone che potevano essere coinvolte
nell'episodio di una guerra era comunque marginale rispetto alla popolazione. Questo fino al momento in cui viene inventata la
mitragliatrice che cambia completamente questa diciamo terribile contabilità della morte in guerra e fa sì che all'interno degli
episodi bellici, sia possibile arrivare a contare numero di morti dell'ordine di centinaia di migliaia.
La Prima Guerra Mondiale è stata la prima guerra in cui la tecnologia ha permesso di spostare la morte in una dimensione
industriale. Prima soltanto le pestilenze o le grandi epidemie nella storia dell'umanità o le carestie no → fenomeni in cui è un
agente naturale avevano generato una tale quantità di morti.
L’empowerment della concorrente distruttiva dell'umanità raggiunge un livello che fino allora non era stato mai
percepibile e nemmeno immaginabile. Questa cosa ha avuto un effetto di shock sull'aspetto psicologico soprattutto
degli uomini, degli europei e degli intellettuali, ma anche del mondo scientifico e accademico.
Nel giro di 15 anni si passa dalle sorti progressive del positivismo dell'inizio del Novecento (in cui si era andata
sviluppando un'idea di umanità che grazie alla scienza la tecnologia avanza verso il bene comune verso il
progresso verso il miglioramento culturale scientifico e anche una sorta di ecumenicità di questa dimensione) a una
condizione in cui si assiste a un bagno di sangue fratricida, che lacera completamente la struttura della società
europea.

Oltre a questo ci sono anche delle vicende personali importanti che riguardano la vita familiare di Freud In quegli
anni e che sono connesse la morte della figlia Matilde (figlia grande che viveva in casa col marito e nipotino) e la
morte del figlio piccolino di Matilde che rimasta a vivere con i nonni questo bambino di 2 anni.
Freud nei suoi scritti denuncia come la perdita di questo nipotino che segue così da vicino la perdita della figlia
amata sia stata un'esperienza proprio devastante un'esperienza di un dolore devastante, al di là di quello che
poteva essere la sua stessa immaginazione di quanto uno potesse soffrire per una perdita o per lutto.
Questa fase prepara un riorientamento radicale della teoria freudiana, che ci porterà a fronteggiare l'ultimo assetto della teoria
pulsionale → in cui le due forze che si fronteggiano prendono una dimensione quasi epica e la teoria pulsionale diventa una
lotta tra Eros e thanatos, quindi fra la pulsione di vita e questo nuovo concetto fondamentale e molto discusso della
concettualizzazione freudiana che è il concetto di pulsione di morte. Siamo a un punto di svolta sia per un motivo inerente la
clinica e cioè il fatto che la spiegazione metapsicologica centrata sul principio di piacere, probabilmente a quel punto aveva
detto tutto quello che si poteva dire → cioè Freud e l'aveva spinta come fattore esplicativo a connettersi a tutto quello a cui si
poteva connettere → sia perché c'è questo enorme cambiamento sociale e anche queste vicende di vita personale così dolorose.
Siamo sulla soglia di questo grande riorientamento della teoria freudiana che ha inizio con la pubblicazione di un testo
fondamentale “Al di là del principio di piacere”. Testo in cui vengono poste le basi di questa nuova e ultima riformulazione
della teoria pulsionale, ritorna in modo proprio drammatico e inalienabile sulla scena il rapporto con la realtà traumatica. è il
testo in cui Freud descrive per la prima volta una dimensione che poi è fondamentale nella clinica e fondamentale della clinica
dei pazienti gravemente traumatizzati, che è l'attuazione a ripetere. Si entra in ultima fase dello sviluppo della teoria in cui
accanto a tutte queste dimensioni (che Freud non rinnega), viene scoperta un'ulteriore dimensione e modalità di funzionamento
psichico che è quello legato alla dimensione traumatica, che Freud collocherà al di là del principio di piacere. Un modo di
funzionare della menta che non può essere spiegato attraverso l'economia piacere-dispiacere che ha retto la sostanza della prima
topica. A questo punto ci sono tutti gli elementi per dovere rimettere in discussione la strutturazione dell'apparato psichico e si
prepara la riorganizzazione concettuale che ci porterà poi alla versione definitiva/ più nota del modello metapsicologico
freudiano centrato dal punto di vista pulsionale sui due assi funzione di vita o di morte e dal punto di vista dell'assetto
dell'apparato psichico sulla tripartizione io, es, super-io.

Freud discute la sua intuizione sul funzionamento della paranoia e quindi il tema della posizione, la dimensione
sintattica del delirio e la questione fondamentale che il delirio è un tentativo di autoguarigione, cioè di ricostruire il
legame con il mondo che è andato distrutto con la crisi psicotica (testo su moodle di Schreber).
Osservazione fatta in queste pagine di commento alla comprensione metapsicologica della paranoia, secondo la quale ci sono
diverse forme di pitturazione delirante. Una condizione delirante è una convinzione che non è condivisa e va contro il senso di
realtà della comunità, di appartenenza di un singolo individuo e soprattutto ha la caratteristica di non essere suscettibile
all'influenzamento. Esempio se io sono in una comunità che crede in maniera pervasiva all'esistenza degli spiriti e riferisco di
avere delle idee coerenti con questa credenza, questo non può mai essere considerato un delirio. Mentre se io sono in una
comunità che non ha una certa credenza e insistentemente riferisco un'idea che non viene assolutamente considerata plausibile
dalla mia comunità di riferimento e mostro di non avere nessuna permeabilità rispetto alle critiche che possono essere fatte a
quest'idea e in più sono anche disturbato nel mio equilibrio e nel rapporto con gli altri dalla presenza di quest'idea → allora
siamo di fronte a una costruzione di tipo delirante.
Freud in questo scritto fa una sorta di esercizio sintattico per dimostrare che alcune delle configurazioni deliranti che sono più
classicamente descritte in psichiatria, potrebbero derivare da tutti i modi di contraddire un amore omosessuale, un impulso
omosessuale. La frase di partenza sarebbe Io amo lui e dopodiché Freud analizza tutte le modalità con cui questa frase può
essere contraddetta → per esempio se io cambio il soggetto e dico non sono io che amo lui, ma è lei che ama lui → questa idea
potrebbe essere alla base di un delirio di gelosia Oppure non sono io che amo lui ma è lui che mi ama → erotomania cioè una
forma del in cui la persona si sente oggetto di una interessamento erotico delirante.
Fa una specie di speculazione a proposito del fatto che una radicale inammissibilità della dimensione fondamentale
dello psichismo umano legata alla bisessualità, che lui chiaramente qui illustra dal punto di vista maschile (parla di
Schreber), può essere una radice di un pensiero delirante.
Io non lo amo lo odio, ma non lo odio → è lui che mi odia = c'è l'aspetto proiettivo nella paranoia, cioè ci si sente perseguitati
da una figura ostile e in questo modo non si percepisce l'ostilità che abita la persona stessa.

Ci sono dei tipi di funzionamento psichico che Freud ne parla originariamente a proposito del tema della pulsione → cioè
quando dice che un modo di censurare un impulso, non è soltanto quello di applicare alla rappresentazione investita da questo
impulso la rimozione (quella che considera la prima modellizzazione di un processo di difesa, intendendo per difesa un
meccanismo per cui alcuni contenuti psichici si tengono lontani dalla coscienza), esistono altre modalità e una di queste è
proprio è scritta in un testo che si chiama “La negazione” in cui Freud parla di questo fatto → che qualunque sentimento può
essere mascherato alla coscienza, per esempio trasformandolo nel suo opposto (attraverso la trasformazione dell'opposto).
Anche nei sogni si vede questa modalità di manipolazione dei contenuti psichici, dove talvolta un contenuto può
essere rappresentato dal contenuto opposto (anche nel linguaggio ci sono tracce di questo meccanismo).
Freud parla in alcuni studi logici sul sogno → dove a proposito delle associazioni che vengono fatte al sogno, fornisce un po'
una specie di campanello d’allarme : per esempio se ascoltiamo le associazioni a un sogno e paziente dice “Ah era presente una
donna, non è mia madre”, nella catena associativa fra la donna del sogno e la madre, l'anello è sempre presente, sia dica che è
sua madre o non lo dica. L'ha tirata in ballo e quindi vuol dire che l'associazione è stata fatta. Quindi sono funzionamenti che
pertengono a quella caratteristica della processualità inconscia di non rispettare la negazione proprio.

Oggi ci addentriamo nell'ultima riorganizzazione della teoria freudiana, che poi è quella all'interno della quale Freud e
descriverà la sua nuova concezione dell'apparato psichico e quindi la cosiddetta seconda topica → che è quella io-es e super-io.
Tutto l'enorme quantità di contributi alla nascita della psicoanalisi e da qui alla impostazione psicodinamica in psicologia
clinica, sono in un certo senso tutti a monte di quest'ultima riconcettualizzazione.Quest'ultima versione della teoria
psicoanalitica freudiana ha avuto un posto così importante nell'immaginario collettivo e però invece tutte le dimensioni cliniche
feconde sono state quelle precedenti. Secondo alcuni ciò che rende più ostica la elaborazione da un punto di vista clinico di
questa versione conclusiva della teoria pulsionale freudiana → è la pervasività del ricorso nel pensiero di Freud al concetto di
pulsione di morte. Questo è molto affascinante dal punto di vista filosofico, ma da punto di vista clinico ha trovato fin da subito
una forte opposizione.
Allora, il primo concetto che è importante tenere sempre a mente quando noi cerchiamo di seguire l'evoluzione del pensiero di
un autore, di un clinico come Freud → è quello di rispondere un po' a una domanda empirica : cioè un certo cambiamento della
teoria a quale classe di dati fa riferimento? Quali sono le osservazioni che inducono poi a ripensare o rivedere un certo aspetto
della teoria?
Abbiamo sempre bisogno di essere in grado di comprendere questa connessione → qual è la base di dati Cioè cosa è stato
osservato ad un certo punto che ha suggerito o consentito di far un’evoluzione nella sistematizzazione della teoria. Per
comprendere quali sono i fenomeni a cui Freud fa riferimento dobbiamo indagare uno scritto degli anni 20-21 che si chiama per
l'appunto “Al di là del principio di piacere”, perché in questo scritto che secondo alcuni commentatori di Freud è anche molto
influenzato da quegli elementi di carattere sociale e personale (cambiamento di paradigma legato alla tragedia della Prima
Guerra Mondiale, i lutti gravi nella vita personale familiare di Freud e quindi proprio un cambio di passo sostanziale rispetto a
questi elementi contestuali). Ecco in questo scritto Freud dichiara in maniera netta ed aperta che sono giunti alla sua attenzione
dei fenomeni clinici e in alcuni in caso anche dei fenomeni di tipo sociale, che non gli consentono più di considerare in modo
soddisfacente la sua concettualizzazione di un funzionamento psichico che abbia come unico principio di base per l'appunto “il
principio di piacere”. In altri termini dichiara che ci sono dei funzionamenti psichici che sembrano proprio non corrispondere o
contraddire il principio di piacere.
E che comunque non sono spiegabili all'interno di questa cornice.
In questo testo assistiamo a una sorta di rivincita della dimensione traumatica, che era stata in qualche maniera mai
del tutto eliminata dal contesto della teoria freudiana, però in un certo senso messa un po' sullo sfondo rispetto
all'insorgenza della dimensione pulsionale basata sulla principio di piacere.
All'interno dell' interpretazione dei sogni la questione dell'esistenza di sogni con contenuti di angoscia era stata
toccata, però allora Freud aveva in qualche maniera cercato di fare una serie di esempi notevoli per rimanere
fedele alla sua considerazione teorica che anche i sogni, che apparentemente sembrano avere un contenuto
angoscioso, poi possono essere riportati a una dimensione di desiderio.

A un certo punto Freud dichiara che questa posizione non è più sostenibile, ossia è impossibile non riconoscere
l'esistenza di fenomeni il cui carattere traumatico, non si lascia riportare alla teoria precedente.
Dal punto di vista clinico la scoperta fondamentale a cui Freud fa riferimento in questo testo, è quella di un comportamento che
egli che descrive sia all'interno della relazione terapeutica, che in maniera abbastanza pervasiva anche invece all'esterno della
relazione terapeutica, nella vita concreta materiali di alcuni pazienti → che Freud chiama “coazione a ripetere”. Coazione è il
sostantivo da cui poi deriva l'aggettivo coatto, quindi vuol dire che uno è costretto a ripetere un'esperienza di tipo traumatico.
Esempio che si può fare → quello costituito dalla scelta di un partner che ha delle caratteristiche maltrattanti. Molte persone si
trovano nella loro vita in maniera inconsapevole a ripercorrere una scelta di tipo sentimentale che sembra indirizzarli in modo
costante verso una particolare figura di partner, che molto spesso è un partner abusante. La coazione a ripetere viene vista da
Freud come una sorta di antitesi al ricordo, cioè come una sorta di meccanismo per cui una esperienza di tipo traumatico (che
quindi sottopone la psiche a una pressione dal punto di vista del contatto con la realtà esterna, che la sovrasta e che quindi
Freud “rompi lo schermo anti stimolo” → cioè irrompe rispetto a quell’equilibrio, omeostasi energetica che è caratteristica del
funzionamento non traumatico dell'apparato psichico) → invece di essere considerata come un pericolo e quindi rifuggita nel
corso della vita dell'individuo, viene in qualche modo costantemente riproposta come se la persona inconsciamente, cercasse in
qualche modo di ritrovarsi a contatto con una medesima situazione per immaginare una soluzione diversa che nel passato non è
stato possibile rintracciare.

Si tratta però di una ripetizione di tipo traumatico perché in maniera quasi universale questo tentativo di risoluzione
favorevole non si verifica e di fatto ciò che si verifica è che la persona si espone in maniera ripetuta a una
situazione estremamente negativa. La pervasività dei fenomeni della coazione a ripetere è talmente alta che
addirittura Freud utilizza l'aggettivo “demoniaco” per definire questa forza, qualcosa che può veramente rovinare la
vita delle persone.
Per rappresentare il modo con cui la persona all'interno di questo registro di funzionamento costantemente tenta un'operazione
di riscatto e altrettanto costantemente soccombe → Freud riferisce un episodio/ osservazione fatta in casa con un suo nipotino
ed è la la cosiddetta sequenza del gioco del Rocchetto o del gioco del Fort/Da. Due parole tedesche che vogliono dire “via” →
cioè come si dice che cosa si butta qualcosa si butta via, e Da → vuol dire “da qua”.
La sequenza del gioco del Rocchetto fa riferimento a un osservazione che Freud riferisce di un bambino piccolo di
2-3 anni, il quale nel momento in cui doveva sopportare l'assenza della mamma aveva sviluppato questo gioco
ripetitivo.
Aveva un Rocchetto di filo e costantemente ripeteva la stessa sequenza. Lanciava lontano da sé il Rocchetto con un'espressione
molto seria, arrabbiata e di disprezzo e gridava via → dopodichè lo richiamava a sè, invece con una faccia tutta contenta
quando lo poteva riprendere, dicendo Da e prorompendo in espressioni di gioia quando era in grado di acciuffare al volo questo
gioco.
Freud dice esplicitamente che la sua intuizione a proposito dell'osservazione di questa sequenza era stata chiaramente che il
bambino stesse cercando in qualche maniera di padroneggiare l'angoscia tuta all'allontanamento della mamma. Intanto
trasformando la sua posizione da passiva (bambino di 2 anni se veniva lasciato non poteva fare niente per impedire questo
evento) a una posizione invece attiva. Come se il bambino cercasse di padroneggiare la componente d'angoscia legata
all'allontanamento della mamma fingendo nel gioco → di essere prima lui a buttare via l'oggetto e poi sempre lui attivamente a
richiamarlo.
C'è questa un'altra difesa psichica soprattutto rispetto all'impotenza e all'angoscia che Freud descrive, che è proprio
quella della trasformazione della passività in attività.

Sequenza molto profonda dal punto di vista della comprensione della dinamica psichica che sta alla base di questo
comportamento e quindi anche della sofferenza psicologica del bambino lasciato in casa dalla mamma. La questione
fondamentale è perché questo gioco viene ripetuto → esempio di una ripetizione traumatica, ad ogni lancio e ad ogni richiamo
del rocchetto → c’è come una sorta di speranza e tentativo di riuscire a realizzare un'esperienza di padroneggiamento
dell’angoscia che sistematicamente fallisce e sistematicamente si riproduce. Quindi il gioco del in questa dimensione ludica
(attraverso il gioco fa un tentativo di elaborazione di un'angoscia profonda) → mostra il carattere che c'è l'esperienza
traumatica e la ripetizione.
Quindi come una ripetizione monotona e costante di un comportamento molto spesso possa avere all'origine proprio un
tentativo (anche la sua messa in scena dal punto di vista anche dello scacco) di superare un'esperienza traumatica. Nel gioco del
Rocchetto non solo vai in scena tra il tentativo di superare l'esperienza traumatica, ma attraverso la ripetizione va in scena anche
l'impossibilità di superarla → quindi è molto complessa come situazione psicologica ed è il tipo di comportamento che
convince Freud che ci sono dei funzionamenti psichici che escono dal registro del principio di piacere.
Perché qui è il tema del padroneggiamento dell'angoscia che determina la sequenza ripetitiva, non è una scarica
motoria che va verso il rilascio di una partita energetica che produce piacere.

Oltre la coazione a ripetere e l’esemplificazione del cosiddetto gioco traumatico, Freud fa riferimento alla ripetizione dei sogni
d'angoscia, cioè riconosce in questo caso quello che non aveva fatto nella interpretazione dei sogni e cioè che ci sono dei sogni
d’angoscia la cui ripetizione non è dovuta fatto alla raffigurazione di una componente di desiderio → ma è dovuta esattamente a
una trasposizione del meccanismo come quello che Rocchetto (cioè come se la psiche cercasse in qualche maniera di legare a
delle rappresentazioni e di padroneggiare un'esperienza angosciosa e ripetendo il sogno, mettesse scena la sua impossibilità di
farlo).
Altra area messa a fuoco è quella della cosiddetta “reazione terapeutica negativa”, che è una situazione clinica per cui può
succedere talvolta che pazienti reagiscono con un peggioramento brusco alla prospettiva della conclusione favorevole di una
terapia → con un peggioramento brusco o addirittura con un abbandono come se di fronte all'ipotesi di una soluzione definitiva
di un problema, qualcosa di più forte che li conduce in qualche maniera a preferire di tornare nella loro situazione originaria
(nell'espressione della loro situazione disagevole e sofferente originaria). C'è come una incapacità di superare la condizione di
malattia che conduce alla fine a una ripetizione e un reinstaurarsi di quella stessa condizione. Quindi questa è un'altra
dimensione che Freud chiama “reazione terapeutica negativa”.
In questo testo, una volta stabilito e dichiarato che l'importanza di clinica di questo tipo di fenomeni non è possibile trascurarla
ulteriormente e non riconoscere la loro originalità rispetto a tutti gli altri ambiti della teoria psicoanalitica, a questo punto Freud
si propone di entrare in un dominio speculativo, che lui stesso dichiara essere distante dall'esperienza → cioè propone un'ipotesi
esplicativa che secondo alcuni non avrebbe tanto una matrice direttamente connessa alla clinica, ma sarebbe più ipotesi di
carattere filosofico.
Fa lunga deviazione tornando alla sua concettualizzazione del biologico e individua una dimensione primaria del
funzionamento biologico, che può essere vista in qualche modo un po' in continuità col principio di inerzia → cioè quel
principio espresso all'interno del progetto secondo cui il sistema neurale evolverebbe spontaneamente verso il grado zero
dell'energia neurale, cioè verso la scarica.
L’ipotesi fatta è che in realtà la materia vivente in senso generale (quindi non tessuti neurali e nemmeno il
funzionamento psichico, ma proprio la materia biologica vivente) sia animata da una evoluzione assolutamente non
modulabile, inevitabile verso il ritorno allo stato inorganico.
è un po' come se fosse un principio di evoluzione verso la massima entropia. L'idea è che il sistema vivente
organizzato dentro di sé ha una spinta strutturale, che lo conduce verso la disorganizzazione, il disordine e quindi la
morte. Questa spinta verso ritorno all’inorganico è una dimensione che di per sé è totalmente muta dal punto di
vista psichico, è un fatto della biologia, dell'organizzazione biologica della materia vivente (questa è l'idea che
Freud propone nello scritto) e lui la chiamò pulsione di morte.
Quindi la pulsione di morte è quella caratteristica che gli sembra di potere riscontrare tutta la materia vivente, di
avere una tendenza naturale a devolvere verso uno stato di ritorno a una condizione non biologica (inorganica vuol
dire non biologica, quindi una materia non organizzata in senso vitale).

La pulsione di morte quindi dal punto di vista psichico è silente, solo che Freud avanza quest'ipotesi che a livello
psichico la dimensione che noi avvertiamo nel nostro essere biologico legata alla funzione di morte venga rivolta
verso l'esterno psichicamente (quindi non è percepibile come funziona il morte nel suo funzionamento di lenta
disorganizzazione del processo biologico), e venga sperimentata come distruttività.
In altri termini la distruttività è la estroversione della pulsione di morte, cioè il rivolgere verso l'esterno la pulsione di
morte, che di per sé è una spinta biologica psichicamente muta, è silente.
Però una volta che viene diciamo ipotizzato questo tipo di presenza nella vita psichica umana (si ricollega anche al tema della
distruttività per come si era manifestata nella storia Europea, del ventesimo secolo e come si manifesterà da allora in poi →
Freud alla fine dovrà lasciare l'Austria sotto l'egida nazista).
Avendo individuato una polarità psichica in questa distruttività che deriverebbe dal rivolgersi all’esterno della
pulsione di morte, per tenere fede alla sua visione sempre bipolare del funzionamento pulsionale (e che le pulsione
abbiano questa struttura bipolare è fondamentale perché ci costruiamo sopra una teoria del conflitto), Freud a quel
punto decide unificare la sua visione dei funzionamenti pulsionali libidici, portandosi sia le pulsioni rivolte all'oggetto
che le pulsioni narcisistiche sotto un unico denominatore e propone la strutturazione definitiva della sua teoria
pulsional che ha come dimensioni di base la pulsione di morte e quella di vita (Eros).

Quindi in un certo senso si riallaccia a una dimensione quasi radicale del pensiero storico e anche culturale occidentale, che è la
opposizione di stampo greco fra Eros e Thanatos → il binomio classico che vede opposto Eros e Thanatos. Quindi da questo
punto in poi la teoria pulsionale prende questo carattere più filosofico. Negli scritti successivi poi farà tutta una revisione della
clinica che aveva in qualche maniera presentato ed analizzato fino a quel punto → per dimostrare che la maggior parte, se non
la totalità dei fenomeni psichici a cui noi siamo stati abituati attraverso lo studio delle nevrosi (quindi dei sintomi e anche dei
sintomi più gravi delle situazioni psicotiche), possono essere interpretate in letti attraverso l’idea dell cosiddetto “impasto” e
“disimpasto pulsionale”. Cioè che la pulsione erotica faccia costantemente un lavoro di legame rispetto alla distruttività e che
l'equilibrio psichico si basi sostanzialmente su questa operazione, cioè sul fatto che le forze di legame di tipo erotico
costantemente si impastano, si connettono e si legano ad elementi di tipo distruttivo mitigando l'effetto di questa distruttività.
Esempio di cui parla lo stesso Freud “anche per esempio nel rapporto sessuale, è necessaria una quota di tensione anche
aggressiva (perché se no il rapporto rispetto proprio alla forza dell'impatto reciproco non può avere luogo) e così in generale in
tutti gli investimenti, in tutte le relazioni viene in qualche maniera identificata questa compresenza di queste due componenti.
Lo slegamento delle due componenti produce l’esplodere dell'aggressività”. Cioè quando la pulsione di Eros non riesce in
qualche modo a allegarsi amalgamarsi con le componenti distruttive che sono comunque sempre presenti in questa
concettualizzazione (perché la concezione di morte è un dato esistenziale della materia vivente), allora assistiamo a un liberarsi
manifesto dell'aggressività → quindi l'aggressività per come la vediamo nei fenomeni sociali in questa ultima
concettualizzazione freudiana è dovuta a un disimpasto pulsionale, a uno slegamento delle due dimensioni pulsionali che nel
momento in cui non sono più mescolate.
Producono l'emergere di questi comportamenti ostili, aggressivi o anche distruttivi (negli ultimi anni negli scritti cristiani
comprare questa dimensione, interrogativo tragico → cioè nel destino dell'uomo chi avrà l'ultima parola Eros o Thanatos?).
Tutto ciò che lega all'oggetto, che organizza, che tiene insieme, che crea interazione costruttiva, tutto questo amplissimo ambito
di funzionamento (anche i funzionamenti di tipo sociale, cooperativo) → sono funzionamenti che pertengono alla dimensione
della pulsione di vita. Mentre tutto ciò che slega, disinveste, allontana, sgretola, priva di significato (anche tutte le componenti
violente e aggressive nelle forme più pure) appartengono al dominio della pulsione di morte.
Molto raro che ci sia un comportamento ascrivibile a una totale dimensione mortifera → nel senso di una pulsione di morte
totalmente slegata, questo perché molto spesso anche nei comportamenti violenti una quota di investimento libidico rimane,
cioè io posso avere un comportamento distruttivo verso un oggetto che però è mescolato a un comportamento ipoteticamente è
un investimento positivo verso un altro oggetto.
Quindi la forma pura della pulsione di morte nel comportamento umano raramente si osserva → secondo Freud si osserva in
alcune condizioni psicopatologiche in cui però a quel punto è proprio la vita psichica che azzerata (come esempio nella
catatonia schizofrenica). Finché c'è un movimento, c'è un'attività non può esserci solo pulsione di morte, c’è comunque anche
una quota di investimento vitale.
La questione dello slegamento pulsionale diventa una questione dirimente e quindi in un certo senso è come se
avessimo una nuova prospettiva che è quella di capire quali sono le modalità (per esempio all'interno della cura
psichica), che possono favorire il legame di queste componenti distruttive. Il fatto che possono essere contenute e
amalgamate all'interno di dimensioni vitali.

La reazione terapeutica negativa è tecnicamente una situazione in cui un paziente nel momento in cui ha un miglioramento
durante la terapia, talmente significativo che diciamo si può prospettare una conclusione felice di una terapia → reagisce o con
un forte peggioramento dei suoi sintomi o addirittura interrompendo in maniera brusca la terapia stessa, quindi una sorta di
rifugio-ritorno nella malattia e di impossibilità di sostenere un reale cambiamento e una reale evoluzione dell’assetto psichico.
è una ripetizione perché c'è una sorta di ritorno al funzionamento sintomatico e patologico, piuttosto che sostenere
il cambiamento definitivo verso la guarigione.
La coazione a ripetere è sempre solo inconscia, queste situazioni si vedono dall'esterno, cioè chi è coinvolto
direttamente in questo ripetizione non ha la benché minima percezione che sta mettendo in atto una ripetizione.

Un altro esempio classico dei temi che vengono discussi in questo periodo → la questione del masochismo sia dal punto di
vista erotico che dal punto di vista morale e la questione del sadismo.
Cioè l'idea che all'interno dell'investimento dell'oggetto d'amore, una eccessiva espressione di una componente distruttiva può
portare allo sviluppo di queste particolare modalità di relazione in cui la dimensione vitale può essere esperita solo in presenza
di una dimensione ostile aggressiva e del dolore corrispondente. Quindi c'è un ripensamento di queste tematiche legate alla
considerazione di funzionamenti psichici, che prima erano descritti nell'ambito della teoria delle perversioni → che vengono
rielaborati all'interno di questa concettualizzazione della teoria del disimpasto e dell'impasto pulsionale.
Il masochismo morale è una sorta di tendenza alla autopunizione legata a una impossibilità di sostenere una
visione di sé stessi come una persona degna di successo, degna di conquistare una dimensione positiva e stabile
nella propria vita Quindi di nuovo la distruttività si rivolge alla persona stessa, così come nel masochismo erotico la
dimensione del godimento può essere raggiunta solo attraverso il dolore.

Anche se effettivamente questo tema dell'impasto e disimpasto pulsionale sembra avere un'attinenza molto radicale, cioè
sembra dire molto di alcune fenomenologie → la critica che è stata rivolta Freud da alcuni analisti dell'epoca, è stata quella di
avere messo sostanzialmente alla base della distruttività un costrutto teorico troppo arbitrario, ipotetico e filosofico.
L'alternativa secondo alcuni poteva essere quella di supporre la natura primaria della distruttività, quindi supporre che nella vita
psichica la distruttività abbia un posto analogo a quella dell'investimento libidico → cioè che esista un investimento libidico e
uno distruttivo dell'oggetto, che quindi ci stanno due forze che si contrappongono.
Questa è una teoria che Freud ha sempre avversato, è sempre rimasto fedele al fatto che l'investimento libidico di
per sé sia solo legato a un tipo di energia psichica alla libido e che quindi non esista qualcosa che alcuni autori suoi
contemporanei volevano chiamare “destrudo”, cioè l'equivalente distruttivo dell'investimento energetico di un
oggetto.
Secondo altri autori la componente distruttiva sarebbe più facilmente radicata nell’interazione interpersonale e non in una
radice così universalmente ancorata al biologico. Vedremo prima di tutto Ferenczi che svilupperà questa concettualizzazione e
poi altri autori che hanno anche dato una lettura importante della teoria freudiana dal punto di vista sociale → primo fra tutti
Erich Fromm, è un autore che si ricollega molto a Ferenczi e che concettualizza in modo radicale la distruttività come una
risposta alla deprivazione, come una risposta quindi alla mancanza d'amore, non come un fattore primario.
è vero che ci può essere come posso dire una persona in cui la dotazione libidica è meno potente e intensa e che quindi è più
esposta di conseguenza alla pulsione di morte. Il pensiero opposto si fa fatica a farlo perché essendo quella la pulsione di morte
una dimensione di natura biologica → le cellule organizzato il corpo umano funzionano tutti allo stesso modo, cioè è difficile
pensare che ci sia una grande variabilità da questo punto di vista. Quello che fa la differenza è la forza legante della
componente invece della pulsione di vita, della componente erotica. Allora nel corso dello sviluppo noi possiamo immaginare
le vicissitudini, cioè io posso per esempio crescere in un ambiente in cui questa componente vita è sostenuta oppure in un
ambiente in cui questa componente vitale è fatto oggetto di costanti mortificazioni. Per esempio noi sappiamo al giorno d'oggi
che da questo punto di vista le esperienze di vergogna sono esperienze sociali che hanno un enorme potere mortificante. La
vergogna è un'esperienza mortificante, cioè che attacca e sminuisce la capacità di rimanere legati libidicamente agli altri e
all'immagine di sé come persona degna di amore e di valore.

Freud interloquiva con filosofi e uomini di scienza del suo tempo a proposito di Eros come dimensione che riguarda
tutta l'umanità, cioè la capacità dell'umanità nel suo complesso di padroneggiare queste equilibrio e di consentire
un'evoluzione nella direzione della limitazione della distruttività. Questa è una dimensione che Freud si porterà poi
fino alla fine della sua vita, il punto interrogativo su quale sarà delle due spinte quella che prevarrà e fino a quando
Eros riuscirà ad allegare la potenza distruttiva di Thanatos.
Non avrà mai una visione ottimistica in modo semplicistico di questa funzione, piuttosto sempre una visione tragica,
cioè di un contrasto mai da sottovalutare fra queste due diverse propensioni o istinti.

Un altro ambito in cui questa dimensione ha una ricaduta è anche quello a proposito della natura del processo terapeutico. Cioè
se alla fine l'equilibrio psichico si gioca su questa dimensione del legame della pulsione di morte, che però è un dato
ineliminabile e inalienabile dello strutturarsi della dimensione del vivente → è una caratteristica del biologico. Ci si può
interrogare nuovamente sul senso del del processo analitico, cioè questo compito di legare la pulsione di morte, è un compito
come scrive Freud nel saggio che si chiama “analisi terminabile o interminabile” : è un compito terminabile oppure no?
Concettualmente si può parlare della fine di una terapia psicoanalitica o di una guarigione psichica? Questa è una domanda
fondamentale su cui lui rimane in una posizione di stand-by → nel senso che analizza elementi che hanno a che fare col
miglioramento, con l'adattamento e con la capacità di rafforzare certe dimensioni libidiche del funzionamento psichico che può
venire in terapia. Però d'altro canto ribadisce anche che la situazione di fondo non è una situazione che si risolve → cioè come
dire che uno che ha fatto un'analisi bellissima e lo ha messo nella condizione migliore per affrontare il resto della sua vita,
comunque gli può sempre capitare una situazione tale che il contenuto delle energie libidiche viene sopraffatto → e va incontro
a una dimensione distruttiva; non c'è una garanzia definitiva. Quindi anche questo è un aspetto di nuovo di carattere tragico.

Questa dimensione che alcuni l’hanno chiamato “nichilismo terapeutico” → per esempio Frecenzi era molto critico rispetto a
questo atteggiamento di Freud nei confronti dei pazienti nell'ultima fase della sua vita.
Forse anche dovuto a una serie di fattori personali come per esempio il fatto che lui era sempre più interessato alle
dimensioni teoriche astratte e concettuali, sempre meno interessato diciamo all'attività clinica- terapeutica nei
confronti dei singoli pazienti. In alcuni scritti, nell'ultima parte della sua vita dichiara questa sorta di fatica enorme
nel portare avanti percorsi terapeutici, poi ha sempre avuto bisogno di lavorare per mantenere la sua numerosa
famiglia quindi faceva 10-11 ore terapia al giorno, poi lavorava la sera.
Freud poi è stato costretto a fronteggiare una malattia terribile perché ha scoperto di avere un tumore alla mandibola → optato
per 16 volte e nell'ultima parte della sua vita lo aveva ridotto in una condizione terribile per cui non poteva mangiare o parlare.
Anna Freud di fatto leggeva i suoi interventi in tutte le situazioni pubbliche, lui aveva una specie di protesi che doveva
indossare per avere un aspetto minimamente accettabile ed nell'ultima fase della sua vita aveva fronteggiato delle sofferenze
fisiche cospicue.
Nei suoi scritti teorico clinici lui di questo non ne ha mai fatto menzione, mn controluce una quota di questa
sofferenza si vede.

Questa dimensione quindi costituisce l’assetto definitivo della teoria freudiana per quanto riguarda la struttura delle
pulsioni. L'ultimo grande cambiamento che interviene in concomitanza poco dopo la pubblicazione di “Al di là del
principio di piacere”, attraverso scritto famosissimo che si chiama per l'appunto “io e l'es”, è un cambiamento che
invece riguarda il modello dell'apparato psichico.
Anche questo caso noi dobbiamo comprendere quali sono le ragioni che conducono Freud a ritenere che la precedente
elaborazione del modello tripartito (cioè quella classica formata da inconscio preconscio e coscienza) descritta nel settimo
capitolo dell’interpretazione dei sogni → dovesse essere superata e rivista. Il motivo diciamo è più di carattere concettuale
teorico ed è molto semplice → cioè la scoperta che nel funzionamento psichico umano, hanno una rilevanza fondamentale (per
come veniva descritto il funzionamento psichico nei modelli analitici) i “meccanismi di difesa” → sono sostanzialmente dei
funzionamenti inconsci.

Allora se uno cerca di incastrare i meccanismi di difesa all'interno del modello tripartito, di fatto si accorge che non è
proprio possibile farlo, perché in questo modello l'inconscio nasce dal rimosso. Il processo che rimuove a sua volta
un processo inconscio e quindi queste due cose insieme non le posso più tenere.
Questo era il problema con cui Freud sia raccontato fin dall'epoca del progetto, cioè di non riuscire a rappresentare
dentro questo modello la censura (rimozione). Questo processo è diventato uno dei pilastri del modello
psicodinamico della mente, perché diventato il concetto generale di difesa psichica.
La difesa per sua natura è inconscia, la rimozione, la proiezione, la negazione → tutti questi meccanismi di difesa e quindi un
modello in cui dalla coscienza promanano questi meccanismi di difesa è una contraddizione. Cioè in altri termini → dobbiamo
assumere l'esistenza di una nuova istanza psichica che funzioni da una parte in modo cosciente e quindi erediti le qualità della
coscienza, ma che possa essere responsabile dei meccanismi di difesa inconsci. Questa nuova istanza Freud la chiama l”io”.
Quindi l’io da una parte ha le caratteristiche della coscienza→ è responsabile della percezione, cioè raccogliere gli stimoli della
realtà esterna nella coscienza. è responsabile del rapporto con la realtà esterna. Come la coscienza è responsabile anche del
rapporto con la realtà interna → noi nella coscienza sentiamo nostri moti, le emozioni, sentimenti = tutte le dimensioni del
nostro mondo interiore.
Però ha anche componente inconscia che ha a fare con i meccanismi di difesa.

I meccanismi di difesa teoricamente dovrebbero essere attribuiti alla coscienza, cioè la coscienza si difende da certi contenuti,
ma siccome lo fa in una maniera inconscia → noi ci troviamo a dover presupporre che la coscienza di per sé non possa essere
un costrutto teorico adeguato, ma lo dobbiamo sostituire con un nuovo costrutto teorico che da una parte erediti le funzioni
della coscienza (il rapporto con la realtà, la motricità, il controllo delle reazioni motorie → tutto quello che riguarda non solo il
rapporto passivo con la realtà, ma anche il rapporto attivo → l'abolizione, la programmazione, raggiungimento degli obiettivi).
In più nell’io dobbiamo mettere i meccanismi di difesa, assumere che l’o abbia anche una parte di funzionamenti
totalmenti inconscii che realizzino la funzione di difesa psichica.
L’io deve difendere dai desideri vietati, quindi dai contenuti pulsionali relativi a oggetti vietati, per esempio si dovrà
difendere dai contenuti degli investimenti nei confronti degli oggetti edipici. Quindi sarà responsabile l’io della
rimozione dei contenuti relativi al complesso edipico e in generale da tutte le richieste pulsionali che non possono
essere soddisfatte e si difenderà da un altro punto di vista dalle pretese della dimensione ideale che abbiamo
provato a descrivere attraverso il concetto di ideale dell’io.
Quindi Freud proporrà esistenza di un modello cui le istanze fondamentali della psiche sono tre e l’io è quella che sta nel mezzo
in qualche modo, mentre le altre due sono L’es e il super io. Dove di base il funzionamento psichico parte con la dimensione
pulsionale dell'es e poi nel momento in cui le pulsioni si adattano nel rapporto con la realtà, dall’es si struttura nel tempo
l'istanza psichica dell’io. Una parte dell’io si struttura anche attraverso le identificazioni → cioè acquisisce delle componenti
anche di natura identificatoria e dopodiché la componente conosciuta come ideale dell’io → da questa dimensione Freud
ipotizzerà che promanano i divieti (cioè la censura, quella componente di divieto). Sulla base di questa concettualizzazione
formulerà la sua idea del super-io → di nuovo un'istanza che ha una componente conscia e inconscia, la componente conscia
ha che fare di più quella dimensione degli ideali e la componente inconscia ha a che fare di più con la dimensione dei divieti
(cioè è l'erede nel modello della seconda topica dei meccanismi della censura).

Il modello tripartito riformula in qualche maniera dei contenuti che erano presenti nelle versioni precedenti della
teoria, sostanzialmente risolvendo in maniera nuova la questione del rapporto fra coscienza e meccanismi di difesa.
Il vero prodotto concettuale nuovo è l’io che è questa istanza che media sia fra le richieste dell'Es e le richieste del
super-io che sono contrastanti, sia anche il rapporto con la realtà.
è una dimensione che è veramente il punto di caduta del conflitto psichico, cioè la dimensione in cui si vanno a
condensare e confrontare tutte le varie spinte che sono dinamicamente presenti nell'apparato psichico. Queste tre
modellizzazioni vengono chiamate anche istanze, per dire che sono come delle dimensioni teoriche a priori,
presupposte, esistenti nell'apparato psichico.
Allora Es è il termine con cui Freud chiama così anche grazie suo amico medico psicanalista ungherese che aveva
un sanatorio in cui andavano tutti a riposare e aveva una visione della psiche basata sull'idea che uno deve avere
un corpo sano per avere delle energie mentali sane e da questa è aveva coniato questo termine est per indicare
l'insieme delle spinte vitali che ci sono nell'essere vivente.
Freud utilizza termine sostanzialmente per indicare tutta la matrice biologica pulsionale del funzionamento psichico. Es quindi
è la somma della dimensione energetica e pulsionale che la psiche instanzia in virtù del suo rapporto con il corpo. è la
dimensione più radicale → quella in cui in un certo senso lo psichico mette le sue radici nel biologico. Poi l’io evolve a partire
da questa dimensione pulsionale attraverso un meccanismo di adattamento che la coscienza, la motricità e la volontà
dell'individuo realizza in rapporto con i limiti e le frustrazioni che vengono dal mondo esterno. L’io è un'istanza che è
secondaria rispetto all’es.

La questione del rapporto fra la dimensione edipica e il modello strutturale descritto nella seconda topica (io es
super-io) e anche cominciare ad introdurre alla vita e al pensiero di Sandor ferenczi, che è un autore per noi
Importantissimo perché è stato in qualche modo riscoperto negli ultimi vent'anni e forse costituisce una matrice
fondamentale di quella che è la psicoterapia di orientamento psicodinamico ai giorni nostri.
La questione della connessione fra la tematica edipica e il modello strutturale della seconda topica → partire dalla questione del
cosiddetto “interdetto edipico” → cioè una sorta di formula che in modo sintetico e forse anche un po' teatrale raccoglie
l'impossibilità di fondo, che Freud ravvisa nel desiderio edipico.
Sempre con riferimento allo sviluppo maschile, interdetto edipico che Freud ricorda nel “Compendio di psicoanalisi” che è
proprio uno degli ultimi che lui pubblica poco prima di morire nel 36 trasferitosi a Londra dopo la fuga dalla Vienna nazista.
Recita : “come il padre devi essere, come il padre non ti ha permesso di essere”. In questa breve formula troviamo condensate
proprio le due dimensioni della situazione edipica, cioè da una parte il divieto e dall'altra non tanto la questione del desiderio
verso la madre (quindi la questione del desiderio che rimane diciamo posso lo sfondo in questa espressione), viene messa più in
luce la questione della eguaglianza rispetto alla posizione del padre → cioè In altri termini, la formulazione dell'interdetto
edipico raccoglie al suo interno quelli che saranno i lasciti strutturanti la psiche, che sono conseguenti al tramonto del
complesso edipico.

Questi lasciti hanno una duplice natura e entrano nelle caratteristiche di quello che nel modello della seconda topica è il super
io. Sono da una parte una componente che riguarda il tema del limite, cioè il divieto la parte del divieto che c'è nell'interdetto
epipico. L'accettazione di questa dimensione di limite → cioè non poter essere semplicemente identico al padre, il che in
termini freudiani vuol dire non potere semplicemente avere la madre per sè/ avere l'esclusiva e avere una relazione fusionale
con la madre che esclude e lascia sullo sfondo il rapporto col mondo.
Questa dimensione del limite porta dentro l'intervento edipico qualcosa che riguarda anche il limite fra generazioni → cioè non
ti ha permesso di essere come il padre significa in altri termini anche “devi riconoscere l'esistenza delle generazioni”. Quindi è
una dimensione strutturante un vincolo di una differenza, all'accettazione di una differenza e di un limite che riguarda anche il
tempo. La generazione del padre diversa della generazione del figlio. Nella teoria freudiana con riferimento alla dimensione
psico-sessuale questo tema del limite e dell divieto connesso a questo limite, è rappresentato da una dimensione psichica a cui
Freud fa molto spesso riferimento nella seconda parte della sua vita dei suoi scritti e che chiamerà il complesso di
“castrazione”.
Il complesso di castrazione o l'angoscia di castrazione corrisponde a secondo Freud a uno dei fondamenti biologici
della nevrosi e da un punto di vista psichico corrisponde a una sorta di timore che l'affermazione della propria
individualità, interezza e anche potenza (sessuale generativa), che tutto questo possa essere vissuto sotto la
minaccia di una entità sovraordinata, che censura, attacca e limita questa spinta evolutiva.
Quindi da questo punto di vista superare il complesso edipico → vuol dire sottrarsi a questo ombra limitante e poter assumere
pienamente il proprio ruolo sociale, identitario e anche sessuale.
Quindi questo aspetto di sviluppo della piena identità maschile o nella donna della piena identità femminile in una
via che è diversa passa per la rimozione di questa dimensione fondamentale. Quindi l'angoscia di castrazione nello
sviluppo clinico delle nevrosi viene ad essere chiamata in causa, quando noi osserviamo questa difficoltà ad
imporsi nel mondo, a considerare di avere un ruolo/un desiderio bene individuato che porta la volontà ad agire per
ottenere ciò che è coerente con questo desiderio.
Cioè tutto quello che da questo senso di titolarità della propria dimensione, forza, identità maschile nello sviluppo di
un ragazzo.

La dimensione invece come “il padre devi essere” → rimanda a un'area che noi abbiamo già incontrato quando abbiamo
parlato della identificazione e della costruzione dell'ideale dell'Io di nuovo il tramonto del complesso edipico passa per un
processo di identificazione al padre. Questo vuol dire che all'interno dell'io si struttura ancora una volta un gradino, una scaletta,
un distanziamento che fa riferimento alla costruzione di una dimensione ideale. Quindi il super io della seconda topica riassume
dentro di sé tutte e due queste dimensioni → sia quella legata al tema della censura e del limite, sia quella legata al tema
dell'identificazione e dello strutturarsi di un ideale.
Nel tramonto del complesso del complesso edipico si struttura nella personalità una dimensione di ideale intesa
come un modello, non è un modello diciamo che necessariamente deve essere accettato è un modello che poi per
esempio nell'adolescenza può essere anche rifiutato. è qualcosa rispetto al quale si può costruire una una matrice
identitaria.

Freud non ha parlato moltissimo dell'adolescenza, però in realtà dagli anni sessanta-settanta in poi nella psicanalisi
soprattutto francese e anglosassone si è invece molto sviluppata l'attenzione per la processualità dell'adolescenza
e si è posta l'attenzione sulla natura proprio strutturante della costruzione dell'identità che avviene in adolescenza
attraverso quello che in questa teoria di riferimento si chiama “processo di soggettivazione” che è un altro aspetto di
quella acquisizione di una titolarità (di cui noi abbiamo parlato a proposito del tramonto del complesso edipico e del
superamento dell'angoscia di castrazione).
Quindi l'adolescente superando questa conflittualità, diventa soggetto della propria vita e della propria esperienza. In questo il
modello paterno può essere sia un modello di identificazione che un modello di rifiuto, però dà una cifra → cioè mi costruisco
rispetto a qualcosa, non nel vuoto dal punto di vista identitario.
Questo ci fa comprendere perché nella teoria freudiana lo svincolo/lo snodo della questione edipica rimane così
centrale per la costruzione della personalità.
Comunque l'elaborazione della tematica edipica è vista come una condizione fondamentale per la costruzione di una personalità
matura e di fatto, dato che Freud aveva in mente che la tipologia di pazienti a cui si rivolgeva il suo trattamento era
prevalentemente di carattere nevrotico, è il tipo di tema a cui si rivolge centralmente la tecnica freudiano → quindi
l'elaborazione dei contenuti del conflitto edipico nel momento in cui la rimozione di questi contenuti viene meno per qualche
motivo e si sviluppa la nevrosi d'accordo.
Super io è la terza istanza del modello strutturale della seconda topica, le altre due sono L’es e L’io.
Una caratteristica fondamentale dell’io nel modello della seconda topica, è quello di essere un'istanza che ha da
una parte un'identificazione con la coscienza, cioè a tutte le funzioni che nel vecchio modello aveva la coscienza.
Però dall'altra regola i meccanismi di difesa in maniera inconscia e quindi ha una componente di funzionamento
cosciente e una inconscia.
L’Es prende il posto dell'inconscio nella prima topica, però contrariamente alla visione della prima topica in cui l'inconscio si
struttura sostanzialmente attraverso la rimozione primaria e tutte le successive post rimozioni, nella seconda topica L’es ha una
natura molteplice = cioè contiene sia la dimensione pulsionale e quindi il radicamento nel corporeo dell'energia psichica, sia i
contenuti rimossi attraverso i processi psichici che avvengono nel corso della vita (in particolare le raffigurazioni e le
rappresentazioni legate per esempio la rimozione dei contenuti edipici). L’es è un serbatoio sia di rappresentazioni caricate
dalla pulsionalità del corpo, ma non è che questa teoria cancella o elimina il tema della rimozione → i contenuti rimossi
fluiscono nuovamente in questa stessa dimensione inconscia. Il super-io ha di nuovo una parte consapevole, perché le
dimensioni legate all'idea possono essere benissimo anche coscienti, però ha anche una dimensione non consapevole.

Dal super-io promana il senso di colpa, che nella clinica freudiana ha un'importanza molto significativa.
Per esempio Freud a proposito del tipo di sofferenza che può derivare da una eccessiva severità del super io descrive per
esempio la nevrosi da Scacco → cioè l'idea che per esempio un giovane possa avere difficoltà a godere dei propri successi e
quindi a mantenersi in una posizione di soddisfazione per le proprie conquiste e per le possibilità evolutive raggiunte nella sua
vita → perché in qualche maniera sente i propri successi come anche espressione di un’ostilità verso il padre. Il successo del
figlio certi un'ombra negativa sulla figura del padre e Freud la chiama nevrosi da Scacco fa riferimento a Napoleone per
esempio, fa riferimento a quelle personalità anche un po' grandiose che hanno i grandi successi ma sembrano del tutto incapace
che consolidarli e molto spesso fanno seguire una fase di successo non un consolidamento ma una rovina.
Sempre a questa dimensione del senso di colpa possono anche essere riportate delle inibizioni, relative a dimensioni sessuali,
relative all'apprendimento o al conseguimento di obiettivi favorevoli nella vita. Tutti questi aspetti possono avere una matrice
inconscia nel senso di colpa causato da una eccessiva pressione della dimensione del super io. Quindi questa angoscia legata al
senso di colpa è un'angoscia che ha origine nel super io, mentre esiste un'angoscia che ha origine nell’Es è quella legata alla
tensione dovuta al desiderio (al pulsionale). Esiste poi un’angoscia dovuta alla realtà esterna che è quella legata alla dimensione
traumatica della realtà esterna e quindi a quella dimensione che noi chiamiamo del dolore → legato a una sofferenza connessa
al rapporto con la realtà (per esempio nel lutto, l’abbandono, perdita, pericolo).
L’io sta nel mezzo, Freud lo descrive molto bene come come un cavaliere che difficilmente riesce a guidare la sua cavalcatura
→ perché sottoposto a una Triplice fonte di pressioni e ha una Triplice fonte di angosce.
Ciò che è in contatto con la realtà è l’io, ma la realtà è fonte di sofferenza non solo che frustrazione dei desideri e
delle ambizioni, ma proprio di sofferenza. Quindi la realtà esterna può essere fonte di angoscia così come lo può
essere super io per altri versi.

All'interno del modello strutturale l'angoscia cambia un po' di ruolo nel senso che nel modello della prima topica → l'angoscia
era vista come una conseguenza della rimozione ed era connessa soprattutto alla dimensione dell'energia libera = cioè nel
momento in cui una rappresentazione investita di affetti viene rimossa bisogna collocare da qualche parte il contenuto, il
Quantum di energia connesso a quella rappresentazione e una via è quella della conversione nel sintomo fisico, ma se questa
angoscia resta libera noi la percepiamo come ansia sostanzialmente, come un contenuto di disagio psichico.
Nella seconda topica l'angoscia viene un po' vista all'incontrario, cioè viene vista come il segnale che attiva le difese, cioè come
se nell'apparato psichico ci fosse una sorta di funzionamento per cui quando la tensione supera un certo livello e si produce
l'angoscia → a quel punto l’io reagisce attraverso i meccanismi di difesa.

Le difese da Freud in poi sono sempre classificate per livelli e come primitive o mature; la distinzione fondamentale
tra le difese primitive e difese mature riguarda la questione del contatto con la realtà.
Difese mature → quelle che pur promanando dall’io concentro consentono comunque all’io di mantenere un certo grado di
contatto con la realtà.
Mentre le difese primitive → le difese che invece alterano il contatto della realtà con l’io = quindi in un certo senso potremmo
anche dire che alterano la struttura dell'io.
Pensiamo per esempio alla scissione o alla negazione in cui è come se la coscienza per esempio la negazione del lutto è una
condizione in cui si alternano momenti in cui è possibile accettare la realtà del lutto ad altri momenti in cui questa cosa sembra
del tutto impossibile. Quindi c'è un'alterazione del rapporto con la realtà. La proiezione è un'altra difesa e poi l'introiezione →
che abbiamo visto la prima nella paranoia la seconda nella melanconia. Queste sono difese primitive che alterano
contemporaneamente il rapporto con la realtà e la struttura dell'io.
La rimozione fa parte delle difese mature soprattutto se non è utilizzata in una maniera pervasiva ed
eccessivamente ridondante, ma anzi sappiamo che attraverso la rimozione dei contenuti edipici si struttura proprio
la dimensione tripartita dell'apparato psichico. Quindi la rimozione ha proprio una parte nel tenere in piedi l'equilibrio
dinamico dell'apparato psichico.
Altre difese mature che si vanno sviluppando nel corso soprattutto delle fasi successive al tramonto del complesso
edipico che sono : la neutralizzazione che è un abbandono della pretesa sessuale connessa a una richiesta
pulsionale e la sublimazione che è proprio la sostituzione di una meta sessuale con una meta non sessuale.

Freud portò avanti l'idea che moltissimi dei legami sociali che caratterizzano le comunità umane derivano da
processi di neutralizzazione e sublimazione. Per esempio aveva l’idea che l'amicizia contenesse sempre la
sublimazione di una dimensione legata alla bisessualità psichica.
Un'altra difesa interessante è l'ironia, che è una dimensione per cui una quota dell'energia connessa a una rappresentazione
potenzialmente vietata o dolorosa, può essere rilasciata attraverso questa sorta di registro particolare. Quando io una cosa la
dico in senso ironico, la dico e non la dico contemporaneamente → è considerato un esempio di una difesa molto evoluta. Freud
la considera un esempio di una difesa psichica matura. L'ironia l'umorismo solo modalità con cui dei contenuti che nella forma
pura sarebbero sentiti come troppo violenti, aggressivi o diciamo impregnati di una componente sessuale → possono essere
espressi in una modalità socialmente accettabile.
Negli scritti freudiani le difese sono descritte in maniera molto più ampia e sarà poi Anna Freud che scriverà un libro
sulle difese, in cui sistematizzerà tutti i meccanismi che in qualche modo sono stati descritti via via negli scritti
psicoanalitici freudiani e ne identificherà oltre quaranta. A noi non interessa una zoologia dei meccanismi di difesa,
ci interessa più che altro capire la distinzione fra difese primitive e difese mature e riconoscere alcune di queste
difese che hanno un'importanza fondamentale.
In un certo senso anche l'identificazione può essere una difesa → per esempio anche una difesa rispetto al dolore della perdita,
donna che dopo morte di martino tassista ha creato questo personaggio come tassista gratuito per bambini che devono andare in
ospedale. Esempio paradigmatico di come la difesa dal dolore della perdita può passare attraverso un processo identificativo. Si
tratta di un'identificazione, quindi lei struttura una parte della sua personalità sul modello della persona amata, mentre nella
melanconia e quindi nel lutto patologico c'è l'introiezione inconscia dell'oggetto d'amore perduto → viene depressione e si
perde la consapevolezza del rapporto fra il proprio stato d'animo e l'esperienza del lutto.
Klein darà lettura nuova e innovativa del complesso edipico → importante per comprendere le prime tappe importante dello
sviluppo psichico dei bambini. Insieme ad Anna Freud è la prima analista che ha lavorato con i bambini di piccoli.

Nel super io confluiscono le rappresentazioni di noi stessi non solo per come noi vorremmo essere, ma in non certo senso per
come qualcun altro o qualcos'altro vorrebbe che fossimo? Tema che ha a che fare quella questione del desiderio dell'oggetto,
cioè con un fatto che nel modello di Freud stesso è meno sviluppato, ma che via via nel tempo fino ai giorni nostri prenderà
un'importanza fondamentale nella riflessione → cioè il fatto che l'oggetto non è un'entità passiva, ma è un soggetto che ha
desideri molto potenti su di noi.
La psicoanalisi della famiglia che è un dispositivo che si è sviluppato negli ultimi 30-40 anni in cui diciamo si lavora
terapeuticamente con la famiglia nel suo insieme, ha un'attenzione straordinaria a queste dinamiche → cioè ha riconosciuto la
rilevanza che i desideri genitoriali hanno sulla strutturazione psichica dei figli, i desideri conosci ma anche inconsci dei
genitori. C’'è una questione molto importante che riguarda l'esperienza di essere oggetto di desiderio e non soggetto di
desiderio.
Pensiamo anche alla riflesso che questo ha nella questione desideri dell'analista e sono potenzialmente evolutivi
ma possono essere anche potenzialmente molto distruttivi in analisi, se desiderio dell'analista anche il desiderio di
guarire o curare ha un carattere che oscura completamente tutti gli altri elementi del campo analitico. Quindi questo
è un primo punto.
Secondo punto riguarda le rappresentazione di tipo sociale, che vengono analizzate di più all'interno della psicodinamica dei
gruppi → cioè il fatto che noi non ci regoliamo soltanto rispetto a una idealità soggettiva nostra di singoli individui, ma molto
spesso elaboriamo una idealità attraverso il gruppo e attraverso l'appartenenza al gruppo. In psicologia delle masse e analisi
dell'io Freud propone una teoria della leadership nel gruppo, in cui dice addirittura che i membri di un gruppo mettono il capo
al posto del super io.
La dimensione di gruppo ha un impatto devastante sull'assetto psichico individuale.
Il binomio Totem e tabù e Psicologia delle masse e analisi dell'io → da una parte ci fa vedere questa strutturazione
fondamentale della topica e quindi dell'apparato psichico attraverso i fenomeni di gruppo e Freud dice che questa funzione di
leader del gruppo non è che deve essere per forza una persona, può essere esercitata anche da un'idea che può essere amata
oppure odiata. Cioè che il gruppo produce la sostituzione per esempio del super-io individuale con un super-io costituito per
esempio da una carica di odio verso un nemico comune.
In totem e tabù noi assistiamo a una sorta di ipotesi sull'origine gruppale del complesso edipico attraverso un discorso
sull'assassinio mitico del padre → ma comunque l'idea che l’edipo non sia una struttura che ha a che fare con l'evoluzione del
singolo individuo nella sua famiglia (mamma papà bambino), ma sia una specie di lascito ereditario di una dimensione di
evoluzione da una struttura patriarcale ha una struttura egualitaria,
che ha riguardato l'umanità con la nascita del senso morale.

La neutralizzazione è l'abbandono di una componente sessuale in un investimento pulsionale, quindi l'energia


diciamo può essere utilizzata poi per una meta non sessuale e quindi per una sublimazione.
L'identificazione può essere una dimensione che ha una componente anche cosciente e può essere strutturante dell’io → può
farlo maturare ed evolvere. Mentre introiezione e proiezione sono difese primitive, perché in tutte e due casi il rapporto
originario con l'oggetto d'amore è profondamente alterato e stravolto e quindi anche il rapporto con la realtà.
Secondo autore di importanza così rilevante nella psicoanalisi contemporanea → è Sandor Ferenczi, è il secondo fra i
personaggi che hanno attirato fortissimamente l'attenzione di Freud dopo Jung. Insieme a Jung è stato uno dei partecipanti al
viaggio oltreoceano di Freud nel 1907, in cui per la prima volta le teorie psicanalitiche vengono presentate nel contesto
accademico statunitense. Questo viaggio ha un'importanza enorme, perché getta le basi per una diffusione della cultura
psicoanalitica negli Stati Uniti che consentirà il trapianto in blocco della psicanalisi di matrice ebraica prima del 40 negli Stati
Uniti → perché fondamentalmente la stragrande maggioranza degli analisti ebrei che scappano dall'Europa si rifugiano lì.
Ferenczi è un medico ungherese di Budapest, dal punto di vista del temperamento quasi antitetico rispetto a Freud (la sua
passione per la clinica era molto ancella dell'interesse teorico e concettuale → cioè Freud si è sempre considerato
prevalentemente un ricercatore), Ferenczi si è sempre considerato prevalentemente un medico e terapeuta, cioè la il rapporto fra
teoria e pratica clinica è rovesciato → addirittura al punto che Ferenczi nell'ultima parte della sua vita arriverà a sostenere
anche in aperta polemica con Freud che non esistono pazienti intrattabili, ma esistono solo teorie e metodi inadeguate. Cioè che
l'insufficienza dei metodi genera l’insuccesso terapeutico → non è un problema della natura del paziente o della gravità del suo
disagio. Quindi una posizione molto netta ed estrema da questo punto di vista. Quindi lui esercita la professione di medico di
base a Budapest, ha degli interessi filosofici e culturali legati a tematiche molto in voga a quell'epoca (come quello dell'
occultismo dello spiritismo) → quindi insomma degli ambiti che lo avevano avvicinato a delle dimensioni che venivano in
qualche modo costeggiate anche dalla nascente psico dinamica.

Intorno ai primi del 900 incontra Freud attraverso la lettura dell' interpretazione dei sogni e decide di recarsi
personalmente a Vienna per conoscerlo. Inizia sia un'analisi personale che durerà pochi mesi e poi sarà interrotta
precocemente e sia una formazione teorico concettuale come analista che lo porterà rapidissimamente ad acquisire
un ruolo di primissimo piano nel movimento psicoanalitico.
Questa sua capacità e vocazione per la clinica diventerà proprio un fatto istituzionalizzato nel gruppo degli analisti dei primi
collaboratori di Freud → nominato l’analista dei casi impossibili, cioè quello a cui venivano mandati tutti i pazienti che non
avevano miglioramenti quando erano in trattamento degli altri analisti.
Freud stesso, malgrado negli ultimi mesi della vita di Ferenczi, noi assistiamo un doloroso distacco e allontanamento fra queste
figure → nel necrologio che scriverà alla morte prematura di Ferenczi (1933), scriverà che “Ferenczi è l'analista di cui tutti
dobbiamo dirci allievi”. Cioè gli riconoscerà una posizione di maestro.
Lo sviluppo delle concettualizzazioni fercenziane probabilmente è molto legato anche alla natura del rapporto personale fra
Ferenczi e Freud, soprattutto nell'ultima fase della vita. Ferenczi era una persona con uno spirito molto giovinali allegro
tendenzialmente caratterialmente ottimista, quindi anche in questo diverso da Freud. Veniva da una famiglia matriarcale → i
genitori avevano una libreria a Budapest che veniva condotta con piglio molto autoritario dalla madre e Ferenczi era un figlio di
mezzo. Mantenne per tutta la vita una fortissima difficoltà a relazionarsi con le donne forti e di una certa età, che poi in qualche
modo risuonò anche nelle vicende di vita personali e nell'intreccio fra queste vicende di vita e il rapporto con Freud.
Scritti di Ferenczi si differenziano anche stilisticamente dagli scritti freudiani, perché come Freud prediligeva scrivere saggi
molto corposi in cui analizzava dati, evidenze, riflessioni provenienti da diversissimi campi dello scibile umano → Ferenczi
viceversa scrive testi estremamente brevi, certe volte addirittura piccole note cliniche di una pagina → in cui descrive un
fenomeno con estremo acume. Scritti teorico-clinici che hanno al massimo la lunghezza entro poche pagine quindi e sempre
molto centrati sulla dimensione clinica che è proprio il motore dello sviluppo delle sue concettualizzazioni teoriche. Cioè la
teoria in Ferenczi evolve per cercare nuove soluzioni ai dilemmi clinici che questi pazienti così gravi le andavano ponendo.
Una parte profondissima dell'interesse teorico di Ferenczi è proprio rivolta a quella che oggi chiamiamo la teoria
della Tecnica, Cioè mentre Freud ha scritto quasi tutta la vita sull'apparato psichico e qua e là o che pochi testi sulla
tecnica psicoanalitica esattamente in modo speculare Ferenczi ha scritto sostanzialmente sulla tecnica
psicoanalitica e le sue scoperte e le sue intuizioni talvolta anche apparentemente in forte contrasto con la disciplina
freudiana, sono state sempre ancorate in questa ricerca della Tecnica psicoterapica.

Gli avanzamenti e le riflessioni relative al metodo non hanno mai costituito un elemento di attrito e di tensione fra Freud e
Ferenczi. Freud ha avuto una reazione estremamente ostile e avversa a uno scritto ferencziano solamente quando Ferenczi in
questo scritto (confusione delle lingue fra gli adulti e i bambini, linguaggio della passione, il linguaggio della tenerezza) ha
messo in dubbio la centralità della dinamica edipica nello sviluppo della personalità e della psicopatologia. Il punto di rottura è
stato la critica dell’edipo, non tutta la serie di evoluzioni e importanti discussioni relative alla tecnica che Ferenczi ha portato
avanti per tutta la sua esistenza. Le sperimentazioni tecniche di Ferenczi sono state molto audaci → lui verso la fine della sua
vita è arrivato persino a sperimentare l'analisi reciproca, è una tecnica in cui per superare alcune Anpas del percorso analitico,
aveva provato a valutare la possibilità di condurre contemporaneamente una doppia analisi → un'ora di analisi in cui
analizzava la sua paziente (che era questa famosa Elizabeth Federn) e l'ora successiva in cui lui si faceva analizzare dalla
paziente. La questione dell'analisi reciproca è una questione con carattere dirompente che peraltro lo stesso Ferenczi nel giro di
un paio di mesi abbandonerà, perché le difficoltà per condurre un'analisi reciproca sono insormontabili dal punto di vista della
privacy, della libertà che l'analista può avere nel riferire le proprie associazioni libere al paziente e così via.
La sperimentazione dell'analisi reciproca ha alla base una serie di problemi ed intuizioni relative al limiti del setting
bipersonale, che poi hanno trovato una sistemazione definitiva con lo sviluppo della psicoanalisi di gruppo. Alcuni ritengono
che i problemi che ha tentato di risolvere con l'analisi reciproca siano poi in realtà i problemi fondamentali che hanno condotto
allo sviluppo della psicoterapia di gruppo → quindi un avanzamento estremamente significativo. L’analisi reciproca ha a che
fare comunque con la tensione a creare un dispositivo che abbia un carattere di maggiore reciprocità e di minore asimmetria
rispetto a quello dell'analisi classica freudiana.

Gli scritti di Ferenczi hanno questo carattere molto clinico e centrato su singole intuizioni e comprensioni di fenomeni (ad
esempio vignette cliniche). Fanno eccezione due scritti che sotto forma di saggi: uno che si chiama “Thalassa, per una teoria
della genitalità” che è uno scritto che pubblica nel 1908 e gli procura un successo di pubblico enorme → viene scambiato per
un testo sulla sessualità umana, mentre è un testo psicoanalitico sulla sessualità. In questo libro fa una speculazione teorica
fantasiosa che alcuni hanno riassunto con la frase che “non il mare per la madre ma la madre per il mare”, ossia l'idea che non è
il mare, il liquido, l'acqua a rappresentare simbolicamente il grembo materno.
è il grembo materno a rappresentare simbolicamente il rapporto dell'umanità con l'elemento liquido. Quindi Thalassa (mare in
greco) è una speculazione sul lascito che la storia evolutiva della vita sulla terra, potrebbe avere avuto nello strutturarsi della
psiche umana. Fondamentalmente è una teoria della genitalità, perché si pone la questione del rapporto della psiche umana
rispetto al desiderio di tornare in contatto con questa dimensione originaria di tipo liquido. Quindi “la madre per il mare, il
rapporto della vita con la sua origine nel mare, dell'elemento liquido” → sostiene questa visione interessante del rapporto fra il
maschile e femminile, cioè sostiene che il sesso femminile rappresenta la dimensione più evoluta dello psichismo umano, in
quanto la donna avrebbe in qualche modo rinunciato a questo desiderio di ritorno alla matrice liquida della vita, di cui ancora è
prigioniero lo psichismo maschile. Quindi potremmo dire che Ferenczi ritiene che la psiche femminile si sia definitivamente
adattata a un passaggio evolutivo che nel maschio non è stata ancora superato, quindi il maschio nel suo desiderio di ritorno al
grembo femminile e tramite di esso alla matrice originaria della vita, rappresenta e vive questo desiderio che ha strutturato
l'evoluzione della vita sulla terra → che in qualche maniera è stato superato, elaborato e metabolizzato attraverso un
adattamento doloroso, ma maturo nella psiche femminile. Quindi lui fa questa teoria della genitalità che è una teoria del
rapporto sessuale, perché attraverso la sessualità si realizza questa sorta di ricapitolazione dell'origine della storia della vita
sulla terra.
Parla di qualcosa di molto quasi poetico, è una sorta di fantasia poetica-scientifica sul rapporto dello psichismo
umano con queste dimensioni ancestrali.

Il secondo testo lo scrive con Otto Rank e che ha il titolo “il trauma della nascita”, cioè il testo in cui viene avanzata l'ipotesi
che oltre alla dimensione edipica nel fondamento dello psichismo umano, si pone la questione della separazione dalla madre e
quindi viene avanzata questa idea dell'esistenza di un evento traumatico universale che è connesso proprio con la separazione
dalla madre nella nascita. Questa idea del trauma della nascita verrà poi completamente abbandonata da Ferenczi nell'ultima
parte della sua vita che darà una lettura della nascita come un trionfo della capacità di adattamento dell'uomo → di nuovo il
passaggio da liquido all’aereo. Questi appunto sono i due scritti sotto forma di saggio.
Gli altri scritti li possiamo dividere in 3 periodi → primo periodo in cui gli scritti sono molto legati ai temi della psicoanalisi
freudiana, un secondo periodo dedicato alla sperimentazione di quello che chiamerà la tecnica attiva (tecnica per trattare i
pazienti gravemente traumatizzati) e un terzo che orientativamente va dal 1923 alla sua morte in cui darà i contributi
fondamentali e innovativi alla sua concezione della relazionalità e della della reciprocità nello sviluppo dello psichismo.

Biografia ferencziana in cui il tema del legame tra Freud e Ferenczi è documentato da una produzione di un
carteggio e che documenta una interlocuzione che veramente è stata per tutta la vita, cioè da quando all'inizio del
900 Ferenczi si è avvicinato al contesto psicoanalitico fino al 1932 anno della sua morte.
Inoltre c'è una questione che riguarda la natura dell'analisi personale di Ferenczi con Freud, che poi avrà un'importanza non
indifferente sullo sviluppo delle concettualizzazioni ferencziane dell'ultimo periodo della sua vita. Produzione ferencianza
sostanzialmente divisa in tre periodi → un primo periodo in cui sono molto vivaci, ma molto connessi alla centralità dei temi
della psicoanalisi freudiana, un secondo periodo che più o meno va dal 15 al 23, in cui sviluppa le sue riflessioni sulla tecnica
attiva e infine il periodo più creativo e originale che è quello che va dal 23 fino alla morte nel 32. L'analisi con Freud si è svolta
in due fasi, ma in ogni caso sempre per periodi molto brevi → questa era un po' una caratteristica della formazione degli analisti
di quel tempo, cioè la formazione avveniva molto attraverso la partecipazione a gruppi di studio (la famosa riunione del
mercoledì che Freud intratteneva con i suoi immediati in collaboratori tutti i mercoledì sera a casa), ma per quanto riguarda la
dimensione della Formazione personale attraverso l'analisi, questa prima generazione di analisti (Ferenczi, Jung, Otto Rank)
hanno avuto esperienze di analisi abbastanza frammentarie.
Ferenczi per esempio nella sua riflessione sull'efficacia del dispositivo terapeutico analitico a un certo punto si era posto il
problema che i suoi pazienti fossero analizzati meglio di lui e avessero una maggiore conoscenza diretta e padronanza dei
fenomeni dell'inconscio di quanto lui stesso aveva potuto ottenere attraverso un periodo complessivo di meno di 6 mesi di
analisi con Freud. Ferenczi riteneva che fondamentalmente Freud avesse liquidato l'analisi nel momento in cui si erano
manifestati dei fenomeni o dei sentimenti di transfert negativo, cioè che non era stato in grado in qualche modo di lavorare
all'interno del dispositivo analitico → quegli elementi di ostilità o rivalità o rivalsa che stavano emergendo nell'analisi, anche
perché poi fuori dall'analisi queste due persone invece collaboravano strettamente negli stessi progetti e negli stessi percorsi
quindi chiaramente questa era una situazione non adatta.
Infatti al giorno d'oggi, in modo centrale in ambito analitico e in maniera molto generale per quanto riguarda la
professione dello psicologo, si tende a garantire la massima distanza fra la dimensione professionale e le
implicazioni della vita privata.
Un'altra questione spinosa riguarda la biografia familiare e personale di Ferenczi che poi si è intrecciata molto con
questioni di carattere concettuale il teorico. Veniva da famiglia che era stata proprio dominata da questa figura
molto energica se non autoritaria della madre. Intorno all'età di 40 anni Ferenczi si era fidanzato con una donna di
diversi anni più grande di lui, sposata peraltro e separata dal marito che si chiamava Gisella Palos. Questa
relazione era iniziata quando già il matrimonio della Palos dal primo marito era naufragato ed erano in attesa di
divorzio. La Palos aveva una figlia Elma, una figlia che all'epoca dell'inizio di questa relazione aveva oltre 20 anni
ed era fidanzata con un ragazzo americano che a un certo punto questo ragazzo aveva pensato di mollare la
giovane Elma partirse né per tornarsene negli Stati Uniti.
A causa di questa delusione sentimentale Elma aveva avuto una sorta di crollo nervoso e Gisella aveva pregato il suo futuro
marito Ferenczi di prendere in terapia sua figlia. Ferenczi riferisce costantemente per lettera Freud sul trattamento di Elma →
succede che a un certo punto durante una seduta le cose prendono una piega assolutamente straordinaria, Ferenczi si convince
di essere innamorato di Elma e che decide addirittura di manifestarle apertamente questo suo amore. Inizia e interrompe la
terapia e si rivolge a Freud pregandolo di prendere lui in terapia la ragazza → oltre a questo inizia un periodo di grande
agitazione.

Gisella è una donna molto particolare, la quale metti una facciata molto altruistica nei confronti della figlia e quindi
fa dei discorsi relativi al fatto che lei è ben felice di farsi indietro per favorire la la felicità della figlia.
Però Freud ha delle idee completamente diverse su questa situazione, cioè è convintissimo che la situazione (l'affaire) in realtà
più che altro il sentimento di Ferenczi nei confronti della ragazza sia determinato da qualcosa che ha a che fare prima di tutto
con la situazione analitica e poi con questo pesante groviglio di implicazioni personali che stanno dentro a malapena nel setting
di questa terapia → in modo esplicito nelle lettere fa pressioni perché Ferenczi rimanga fedele al suo fidanzamento con Gisella
e abbandoni completamente l'idea di spostare la figlia invece che la madre. Questa cosa poi di fatto avviene, sposò Gisella ed
essendo una donna così avanti negli anni chiaramente non poteva avere figli.
In momenti diversi e dolorosi dell'esistenza Ferenczi ritornerà spesso su questa questione con Freud, accusandolo di avere preso
una posizione molto netta e autoritaria rispetto a tutta questa vicenda → dalla quale poi era conseguita una condizione di un
matrimonio sterile, cioè del fatto che lui stesso poi non avrebbe mai avuto figli essendo sposato con con Gisella. In realtà poi il
matrimonio con Gisella durerà tutta la vita, ma comunque con questa sorta di situazione complessa di ombra legata a questa
vicenda sentimentale.
Ferenczi scrive a Freud che durante una seduta lui si è dichiarato ad Elma, cioè gli ha detto che era innamorato di lei → per
fortuna subito dopo diciamo ha smesso chiaramente di vederla come paziente e l'ha inviata a Freud. Freud quello che fa è di
insistere tantissimo sulla considerazione di non dare un'importanza eccessiva a questi sentimenti ma di considerarli piuttosto
come una dimensione di controtransfert, cioè come una dimensione di sviluppo di sentimenti connessi alla terapia di Emma e
non indipendenti da essa.
Quindi lo spinge in maniera molto decisa e chiara a non rompere il fidanzamento con Gisella.
La posizione era che non si doveva fare ingannare dalla natura transferale e controtransferale di questa situazione → questa è la
posizione di Freud.

Freud poco tempo prima aveva dovuto affrontare l'altra spinosissima questione del rapporto fra Jung e Sabina Spielrein, Jung
non c'era minimamente posto gli stessi scrupoli differenti e aveva avuto proprio una relazione durata molto tempo con Sabine
→ aveva messo in atto dei comportamenti abbastanza poco piacevoli nei confronti di questa sulla paziente, perché quando
Sabine lo aveva confrontato scrivendo a Freud su questa cosa, lui aveva negato dicendo che questa era una farsa e aveva scritto
anche ai genitori di Sabine dicendo che non potevano pretendere niente da lui, visto che negli ultimi mesi lui aveva curata
gratuitamente → esito diverso, nel senso che Freud e Jung litigarono definitivamente. Sabine divenne in realtà una delle
persone più influenti del movimento psicoanalitico di Freud, prima poi di tornare in Russia → dove dopo avere fondato il
cosiddetto asilo bianco che funzionava sui fondamenti della teoria psicoanalitica, trovò la morte in un rastrellamento di ebrei da
parte delle truppe di Stalin, nel suo paese e venne fucilata insieme alla madre.
Freud era preoccupato del fatto che la difficoltà a considerare queste questioni legate secondo lui alla traslazione,
potessero sia creare scandalo e gettare discredito su tutto il movimento psicoanalitico, sia mettere seriamente a
rischio la conduzione delle terapie con i pazienti.
Anche Ferenczi è all'interno diciamo di un'area in cui forse si paga lo scotto di questa scarsa analisi iniziale di questi grandi
personaggi della storia del Movimento psicoanalitico. Ferenczi questa cosa la la indagherà poi successivamente in modo molto
preciso nell'ultima parte della sua vita e sarà il primo a proporre la cosiddetta analisi didattica → e cioè il fatto che per
diventare analisti sia necessario fare un'analisi personale, del tutto indistinguibile dall'analisi a cui vengono sottoposti i pazienti
(quindi un'analisi lunga profondità e possibilmente condotta con un terapeuta che non appartiene al proprio entourage di vita
personale e scientifica).

Alcuni scritti che appartengono anche alle prime due delle fasi → alcune riflessioni hanno un carattere particolarmente
innovativo e hanno dato un contributo importante anche alla concettualizzazione di alcune costrutti, erano presenti nella teoria
freudiana.
Uno del 1909 si chiama “introiezione e transfert” l’altro del 1913 si chiama “fasi evolutive del senso di realtà”. Nello scritto
del 1909 Ferenczi ci dà una sorta di rilettura del concetto basilare di traslazione, che Freud aveva definito come una riedizione
di sentimenti e modalità di relazione che erano tipiche del rapporto con le figure primarie e dell'infanzia del paziente, nei
confronti della figura del terapeuta. Ferenczi dà una visione un po' più radicale del fenomeno della traslazione → nel senso che
lo immagina come una situazione in cui interi aspetti del rapporto con il mondo esterno vengono portati dentro L’io ed esperiti
secondo i principi regolatori del desiderio propri del soggetto stesso. Quindi il transfert non è più un mettere addosso al
terapeuta dei panni non suoi e che sono i panni delle figure primarie con cui uno si è relazionato nell'infanzia, ma è una cosa
molto più radicale → c'è un portare dentro l’io. Tutta la relazione con il terapeuta e tutto un aspetto della vita e del rapporto
con la realtà esterna del paziente che una volta che viene ad introiettare la figura del terapeuta, di fatto lo sperimenta e lo vive
secondo un registro che è completamente quello del proprio mondo interno.
Quindi è una visione del transfert basata sul concetto di introiezione → ci fa capire che il concetto di introiezione usato da
Freud in lutto e melanconia diciamo corrisponde proprio questa idea ferencziana.
Quindi è il primo scritto (questo del 1909) in cui viene descritto questo fenomeno psichico dell’introiezione. Viene
fatto ciò non in relazione alla psicopatologia come fa Freud in lutto e melanconia, ma in relazione al fenomeno della
traslazione.

In questo poi sottolinea l'importanza di considerare i sentimenti che vengono sperimentati in questa dimensione del
transfert sono sempre sia positivi che negativi, cioè che la capacità di amare è altrettanto importante che la capacità
di odiare e che quindi bisognerebbe porre attenzione nel corso della terapia non soltanto all'espressione dei
sentimenti positivi, che può essere molto visibile e rumorosa ma anche all'espressione dei sentimenti di ostilità o dei
sentimenti negativi, che invece pazienti fanno molta fatica a manifestare al loro terapeuta.
è un’osservazione importantissima → Ferenczi capirà a un certo punto l'importanza straordinaria che hanno questi minimi
momenti di ribellione o di contrasto che il paziente talvolta riesce a permettersi nei confronti del terapeuta ed elaborerà
moltissimo sulla questione di come mai invece i pazienti (gravemente traumatizzati) tendono di solito a cercare di mantenere il
rapporto più favorevole possibile con il loro terapeuta. Arriverà a capire che in un certo senso → questi pazienti si
sottomettono volentieri al desiderio del terapeuta.
Letto un passaggio : “per meglio prendere il carattere psichico fondamentale dei nevrotici, bisogna confrontare il
loro comportamento con quello di coloro che soffrono di demenza precoce paranoica. In questo caso il paziente
sottrae il proprio interesse dal mondo esterno e lo impiega in senso autoerotico (cita Junge Abraham). Come Freud
ha dimostrato il paranoico vorrebbe fare altrettanto, ma non potendo proietta l'interesse divenuto inopportuno nel
mondo esterno. Da questo punto di vista la nevrosi è diametralmente opposta alla paranoia, mentre il paranoico
espelle dal proprio io gli impulsi venuti insopportabili, il nevrotico cerca una soluzione accogliendo nell’io quanto può
del mondo esterno e facendo l'oggetto di fantasie inconsce. Questa sorta di processo di diluizione che tende a
mentire a mitigare l'intensità di inconsce aspirazioni liberamente fluttuanti, inappagate e inappagabili è l'opposto
dell'apparizione e potrebbe essere chiamato introiezione”.
“iI nevrotico è sempre alla ricerca di oggetti con i quali potersi identificare, sui quali trasferire i propri sentimenti e tali
quindi da poter essere quindi compresi e introiettati e posti nella cerchia dei propri interessi.
Ricerca di soggetti donne alla proiezione della libido generante il dolore vediamo il paranoico. Si formano così alla
fine gli opposti caratteri del nevrotico dai molteplici interessi, facile alla commozione, pronto a infiammarsi di odio e
d'amore per il mondo intero, proclivi alla collera ed eccitabile e di contro del paranoico : chiuso, diffidente,
perseguitato dall'idea di essere spiato odiato amato dal mondo intero.
Lo psiconevrotico soffre Insomma di dilatazione, il paranoico di contrazione dell’io. Se si considera la storia dello
sviluppo dell'io o ontogenesi sulla base di queste nuove acquisizioni teoriche, si giunge alla conclusione che la
proiezione paranoica ed introiezione nevrotica non sono che esagerazioni di processi psichici i cui elementi
essenziali si riscontrano ogni individuo normale.”
Questa è una posizione molto freudiana → cioè l'idea che noi nella psicopatologia vediamo sempre qualcosa che è solo
quantitativamente diverso da quello che vediamo nel funzionamento psichico di tutti gli individui.
Che la differenza è di carattere quantitativo ma non qualitativo → cioè i processi psichici sono uguali per tutti, poi in alcuni
questi processi sono quanti quantitativamente iperespressi o alterati, quindi l'idea freudiana che esiste una sostanziale continuità
fra normalità e patologia. Questo è un aspetto fondamentale della concettualizzazione psicoanalitica che in alcuni casi, per
esempio invece si differenzia da altre prospettive sulla natura della psicopatologia.

Gli scritti di Ferenczi in italiano hanno anche loro un'edizione che è un po' l'equivalente dell'edizione “opere di Sigmund Freud”
di Bollati Boringhieri che è questa edizione di Raffaello Cortina che chiaramente è molto tarda, perché come vedremo dopo la
rottura con Freud nel 1932 → in realtà c'è stata una sorta di ostracismo collettivo del pensiero freudiano dal campo della teoria
psicoanalitica, almeno a un livello superficiale perché poi a livello profondo sia attraverso alcuni suoi importanti allievi (Balint)
sia soprattutto attraverso lo sviluppo del pensiero di analisi importantissimi che erano stati a loro volta analizzati da Ferenczi
(prima fra tutti Melanie Klein) → il pensiero di Ferenczi è permeato implicitamente in moltissimi autori inglesi, anche se a un
certo punto è stato abbastanza raro che venisse citato in maniera esplicita, poi da un certo momento in poi c'è stata una sorta di
Rinascimento ferencziano che ha portato alla diffusione di opere tradotte in tutte le lingue.
Inoltre c’è stata l'importantissima pubblicazione di un'opera che si chiama “diario clinico”, che raccoglie le note
personali sugli ultimi mesi di vita di Ferenczi sulle terapie condotte negli ultimi mesi di vita, dopo la frattura con
Freud.

Secondo testo è del 1913 e quindi sta nel secondo volume delle opere, si chiama “fasi evolutive del senso di realtà” → ha
un'importanza enorme per una serie di contesti anche non strettamente legati alla dimensione della psicoterapia.
Nel modello classico freudiano l'evoluzione verso il contatto con la realtà esterna e quindi l'evoluzione dal principio di piacere
al principio di realtà → è una dimensione secondaria del funzionamento psichico, che può essere messa in moto quando il
soggetto è in grado di sostenere la frustrazione e di rinunciare al modello di funzionamento secondo l’allucinazione di
desiderio. Quindi il primario freudiano è un processo psichico che usa l’allucinazione di desiderio per sottrarsi alla frustrazione
dell'oggetto assente.
Nel modello freudiano c’è un passaggio diretto, dal principio di piacere al principio di realtà → connesso con la possibilità di
tollerare la frustrazione, conservare una quota di energia che poi può essere impiegata per progettare un soddisfacimento
realistico nel futuro, quando un soddisfacimento immediato non è possibile. Questa era l'idea freudiana fin dall'epoca del
progetto.
Ferenczi fa un'osservazione estremamente importante questo scritto → cioè propone idea che in realtà i bambini nella fase del
passaggio dal funzionamento secondo il principio di piacere al funzionamento secondo il principio di realtà attraversino
invariabilmente una fase intermedia, in cui questa sorta di modalità onnipotente del pensiero (che corrisponde all’allucinazione
di desiderio. cioè alla sostituzione di una fantasia alla realtà), viene modificata nel senso di attribuire questo onnipotenza alle
figure dei propri genitori.

Ferenczi osserva che i bambini nell'adattamento alla realtà passano per una fase in cui si convincono di non essere
loro stessi onnipotenti, ma attribuiscono queste caratteristiche di onnipotenza ai propri genitori.
Questa è la fase sostanzialmente in cui un bambino pensa che il proprio papà è il più forte del mondo e la propria
mamma è la più bella o buona del mondo. Questa questione dell'onnipotenza delle figure genitoriali ha una
rilevanza clinica enorme, perché di fatto noi la ritroviamo o in prima linea proprio molto presente/ attiva o sullo
sfondo in moltissime situazioni che riguardano le relazioni di cura.
Anche come psicologi dobbiamo essere molto attenti a questa questione, cioè alla possibilità che soprattutto in condizioni in cui
si percepisce una forte minaccia nel mondo esterno → si possa operare una sorta di ritorno o una regressione a una condizione
in cui si pensa di difendere da figure onnipotenti.
Questa è quasi la regola per esempio nel nei reparti di oncologia pediatrica, dove molto spesso i genitori caricano di
aspettative onnipotenti le figure dei curanti.
Questo testo è importante da un punto di vista clinico, perché riconosce che esiste una fase in cui l'onnipotenza viene
sperimentata dal bambino stesso attraverso l'elaborazione delle sue proprie fantasie, ma esiste anche una fase importante in cui
l’onnipotenza viene attribuita ai genitori. E in qualche maniera questa è una frase fisiologica dell'evoluzione del bambino, cioè
non è una fase patologica. Il problema è un po' quello del lascito → cioè che cosa ci lascia poi nella nostra struttura psichica dal
punto di vista della possibilità di tornare a un certo tipo di relazione con oggetti da cui dipendiamo, sentiti come onnipotenti.
Per Ferenczi la scissione dell'io è una condizione molto più pervasiva di quanto noi siamo abituati a pensare e che
di fatto lui ritiene che tutti questi meccanismi proiettivi causano di fatto delle scissioni del Dio è che dobbiamo
abituarci a pensare al io come ha una struttura molto più frammentata e vulnerabile di quanto non lascerebbe
pensare il modello classico della psicoanalisi freudiana (che riserva il tema della scissione a condizioni francamente
più estreme).

“Il poppante saggio” → testo, citazioni brevi di una paginetta e mezza in cui si racconta un sogno riferendo al paziente però in
realtà questo era un sogno fatto da lui stesso. In questo sogno viene rappresentata una scena in cui c'è una culla con un bambino
piccolo che ammaestra gli adulti, che parla fluentemente.
Era consapevole che questo sogno del poppante saggio si rifaceva a una sorta di mitema, cioè immagini del bambino piccolo
che ammaestra gli adulti si rifà a un'immagine che noi ritroviamo anche in molte situazioni tipiche per esempio della storia
delle religioni → c'è la famosa sequenza di Gesù (all'età di 12 anni al tempio e ammaestra gli adulti). Si tratta effettivamente di
un lattante di un bambino molto piccolo e in questo scritto originariamente Ferenczi da un'interpretazione abbastanza leggera
del contenuto di questo sogno, cioè racconta di essersi fatto l'idea che questo sogno potrebbe essere per esempio una presa in
giro della psicanalisi, che attribuisce così tanta importanza all'infanzia e alla pulsionalità.
Poi successivamente questo sogno verrà invece ripreso nello scritto fondamentale il più importante fra gli scritti
ferencizani che è lo scritto “confusione delle lingue fra gli adulti e bambini”. Verrà interpretato come una sorta di
caratteristica di una dimensione tipica dello sviluppo della personalità dei bambini fortemente traumatizzati, cioè
attraverso una dimensione che poi lui riconoscerà essere quella della cosiddetta “Iper maturazione post-
traumatica”, cioè il fatto che i bambini che sono fortemente traumatizzati o abusati sviluppano una personalità
ipermatura.

Oltre a questi scritti, intorno agli anni 15-20 del 1900 Ferenczi comincia a dedicarsi ad alcune sperimentazioni di tipo tecnico e
teoria della Tecnica, che hanno a che fare sostanzialmente con un problema → cioè il fatto che lui aveva notato che i pazienti
fortemente traumatizzati che arrivavano al suo studio, molto spesso se accolti attraverso il modello classico del setting del
dispositivo terapeutico freudiano finivano con rimanere come incastrati in una sorta di ripetizione per loro estremamente
negativa.
Cioè sviluppavano una forte dipendenza dal terapeuta ed alla terapia e ripresentavano delle crisi che erano delle vere e proprie
in alcuni casi crisi a carattere epilettogeno durante le sedute, che riproponevano in seduta degli elementi sensoriali molto vividi
e in qualche maniera si poteva pensare che fossero connessi a una scena traumatica originaria, ma anche quando questi elementi
venivano in qualche modo commentati, interpretati o riconnessi a certi ricordi traumatici dell'infanzia durante la terapia,
fondamentalmente non si riusciva ad assistere a nessun tipo di miglioramento. In quel periodo si convince che la tecnica
analitica classica non è del tutto adatta a trattare pazienti per i quali non possiamo essere ragionevolmente sicuri che si siano
stati presenti dei forti episodi traumatici reali nell'infanzia → quindi degli episodi concretamente avvenuti di maltrattamento o
di abuso.
In qualche maniera lui incomincia diciamo a rivalutare una concettualizzazione che è più simile a quella che Freud
stesso seguiva all'epoca della teoria della seduzione e a dare importanza al cosiddetto “fattore esogeno”, cioè
qualità reale e le interazioni tra il bambino e i suoi caregiver.
Si convincerà che l'analisi del transfert ha una caratteristica peculiare e cioè quella di riprodurre non soltanto il
vissuto del singolo paziente, ma la tipologia della relazione bipersonale = cioè dell'idea che praticamente il
terapeuta all'interno della situazione analitica si trovi in qualche maniera a rigiocare un ruolo che è abbastanza
simile entro certi limiti, al ruolo che il genitore ha avuto nella vita del paziente.
Il primo ambito in cui Ferenczi fa delle osservazioni importanti relativamente a questo aspetto, che quindi diciamo
pesca molto sulla interazione reale non solo fantasmatica, riguarda il tema per l'appunto dell'acquiescenza del
paziente nei confronti del terapeuta.
Ferenczi si rende conto che una cosa fondamentale dei problemi del paziente derivano dal fatto che sta in una
relazione di sottomissione e acquiescenza nei confronti delle sue figure di riferimento, genitori prima,il terapeuta
dopo.
Il fattore esogeno è il trauma reale che può venire nella relazione con i propri caregiver, i fattori endogeni sono
quelli costituzionali, cioè com'è la struttura psichica, la dotazione per esempio in termini di equilibrio pulsionale
originario di un certo individuo. Mentre il fattore esogeno ha a che fare con l'incontro tra l'individuo e la realtà
esterna intesa soprattutto come realtà delle relazioni primarie e dei contesti di vita nelle varie fasi dello sviluppo del
bambino.
La prima dimensione su cui lui punta l'attenzione rispetto a questi temi è la dimensione dell’acquiescenza e si mette
in mente di sperimentare delle tecniche che lui tecniche attive, in cui il terapeuta fa quasi le parti di un genitore
severo con l'intento dichiarato di riuscire a sviluppare una sorta di ribellione da parte del paziente.
Le tecniche attive sono delle ingiunzioni, spesso dei divieti, delle proibizioni → che vengono date al paziente durante la terapia
proprio con l'intento che in qualche modo il paziente riesca a ribellarsi a questa ingiunzioni. Quindi si chiamano tecniche attive,
perché escono dall'assetto della neutralità e dell'astinenza analitica tipica della dimensione freudiana. Il terapeuta dice al
paziente cosa deve fare, cosa che nel modello freudiano classico è proprio fuori discussione (Freud parla della dimensione
educativa che può avere il terapeuta).
A un certo punto Ferenczi fa una scoperta fondamentale e cioè che a queste ingiunzioni i pazienti non rispondono affatto
ribellandosi, rispondono nel modo assolutamente opposto → cioè aumentando sempre di più l’acquiescenza e la sottomissione,
quindi non si ribellano, ma si sottomettono in maniera sempre più marcata alle richieste e ai desideri del terapista e terapeuta.

Quindi questa è po' una prima apertura di una finestra su una realtà che è rimasta molto sul sullo sfondo nel modello
psicoanalitico freudiano e che in parte avevamo anche accennato → cioè la questione del potere dell'oggetto in una relazione
fortemente asimmetrica, come sia quella del paziente con terapeuta che quella del bambino con i suoi genitori → una relazione
di dipendenza in cui l'oggetto da cui dipende il bambino è veramente un oggetto da cui dipende nella vita e nella morte,
soprattutto il bambino molto piccolo è completamente impotente sia materialmente che fisicamente nei confronti degli oggetti
da cui dipende.
Freud utilizzava un termine tedesco Hilflosigkeit che in italiano si traduce con disaiuto → il bambino piccolo da solo non si può
aiutare, quindi è una condizione che se non vede diciamo l'intervento del caregiver è una potenzialmente disperante.
Ferenczi comincia a prendere molto sul serio questi aspetti della relazione e comincia a porre attenzione e porgere orecchio a
tutti quegli elementi dell'interazione tra terapeuta e paziente che sembrano in qualche maniera, far risuonare questo tipo di
problematica → che appunto è una una chiave di lettura e una clinica completamente nuova diversa. Sulla base proprio della
scoperta di questa tendenza alla sottomissione invece che ribellione nei propri pazienti gravemente traumatizzati → Ferenczi
proporrà una sorta di inversione completa di tendenza rispetto alla tecnica attiva. Parlerà della sostituzione del principio di
frustrazione che è tipico della psicoanalisi freudiana con un principio opposto che chiamerà principio di concessione.
Questo principio è l’idea che bisogna prendere molto sul serio il transfert e che quindi il paziente che rivive
un'esperienza traumatico all'interno della psicoterapia, in quel momento è veramente un bambino traumatizzato che
non può essere raggiunto da commenti o interpretazioni a carattere intellettuale, ma può essere al più
eventualmente solo rassicurato dalla fiducia e dalla benevolenza materna.
Ferenczi propone che il clima fondamentale in cui si debba svolgere la terapia con questi pazienti gravemente
traumatizzati, sia un clima di grande accettazione emotiva, di vicinanza, di sollecitudine e anche proprio un clima in
cui il paziente possa sentire l'interessamento e l'affetto e il terapeuta nei suoi confronti.
Ferenczi pone in luce il rischio che l'atteggiamento di astinenza e neutralità tipico dell'analisi freudiana, possa
essere vissuto come una ferita che riproduce la condizione di trovarsi di fronte a un cargiver insensibile.
Quindi da questo punto di vista la tecnica viene modificata nella direzione di aprire a tutta una serie di componenti,
che poi sono diventate una dimensione fondamentale della armamentario dello psicoterapeuta contemporaneo,
indipendentemente poi da qualunque tipo di orientamento. 2 importantissimi criteri sono quello “dell'empatia” che
appunto per la prima volta viene introdotta come caratteristica fondamentale del dispositivo terapeutico
psicoanalitico e quella della “autenticità”.
Ferenczi da dopo anni 20 in poi modifica secondo questi principi la sua tecnica terapeutica e inizia a condurre una
serie di esperienze analitiche che gli producono un un radicale ripensamento di una serie di convinzioni che sono
stati alla base dello sviluppo del modello (non tanto teorico concettuale freudiano sul funzionamento della
dell'apparato psichico), ma proprio sul funzionamento della relazione terapeutica.
A partire più o meno dal 27 comincia a pubblicare una serie di saggi teorici teorico-clinici che raccolgono tutte le riflessioni e
gli esiti di questi percorsi terapeutici e producono una sistematizzazione di quello che è a tutti gli effetti il primo modello
relazionale della terapia psicoanalitica, dove per relazionare intendiamo modello in cui l'unità di osservazione non è più
l'apparato psichico del paziente, ma l’unità di osservazione è la coppia analitica al lavoro→ cioè la diade costituita dal paziente
e terapeuta, più il campo intermedio della relazione fra loro due. Questo modello al giorno d'oggi è il modello dominante della
psicoterapia psicoanalisi.
Titoli di alcuni di questi lavori → 1928 “l'adattamento della famiglia al bambino” : in questo scritto ribalta l'idea che dobbiamo
considerare l'età evolutiva del bambino con un processo in cui bambino deve socializzarsi, cioè adattare sè stesso alle regole del
mondo degli adulti. Lui propone un modello diametralmente opposto cioè passato per l'appunto sul problema di favorire le
condizioni perché la famiglia si adatti al bambino e non il bambino alla famiglia e vita sociale degli adulti.

Poi un altro scritto che affronta il tema della guarigione, del significato psichico della guarigione → in cui peraltro lui se la
prende abbastanza apertamente con Freud, che secondo lui aveva un atteggiamento troppo nichilista e troppo pessimista che
implicitamente influenzava negativamente la morale dei pazienti.
è sempre uno scritto del 28 che si chiama “il problema del termine dell'analisi”, sempre sulla tecnica psicoanalitica
“l'elasticità della Tecnica psicoanalitica” e un altro scritto del 29 “il bambino mal accolto e la sua pulsione di morte” è
uno scritto in cui Ferenczi ricollega il tema della pulsione di morte alla questione di come un bambino viene accolto
nel suo ambiente familiare e di quanto il rifiuto, conscio o inconscio della vita stessa o delle caratteristiche
particolari di un determinato bambino (per esempio anche il sesso). Come tutto questo passa diciamo minare la
forza vitale nello sviluppo psichico del bambino, infatti lui in questo testo scriverà una frase lapidaria “i bambini mal
accolti muoiono spesso e volentieri” e parlerà di tutta una serie di sintomatologie come la morte in culla o come
anche la la chiusura dell'epiglottide.

Poi sempre sulla tecnica del 1930 “principio di rilassamento e neo catarsi”, in cui lui formalizzerà questa sua idea del principio
opposto a quello della frustrazione e descriverà una tecnica terapeutica che chiamerà neocatarsi, proprio per ricollegarsi al
modello di Breuer e Freud degli Studi sull'isteria basato sul tema della catarsi. è una neo catarsi, perché in questo caso la
riedizione della situazione traumatica non avviene semplicemente attraverso il richiamo alla memoria, alla narrazione e il
ricordo, ma viene prima di tutto attraverso la ripetizione all'interno della relazione terapeutica. Lui sarà il primo a parlare del
tema della cosiddetta ritraumatizzazione in analisi → cioè dell'osservazione del fatto che le vicende analitiche molto spesso
hanno degli snodi in cui il paziente viene ritraumatizzato su quelle stesse direzioni che sono state alla base della sua sofferenza
e della sua vulnerabilità e quindi fondamentalmente la responsabilità sostanziale dell'analista è quella di riconoscere queste
situazioni traumatiche e di ammetterle laddove nella vita del paziente c'è stata una trascuratezza e un rifiuto/ diniego della
sofferenza del bambino e delle dimensioni traumatiche che la causano all’interno della famiglia.

è un’idea molto interessante che viene studiata anche nel diario clinico, dove addirittura lui scriverà In un passaggio “tu analista
dovrai ricommettere con le tue stesse mani il crimine per il quale il paziente è venuto in analisi”, raccontando come il paziente
nel rapporto con la terapeuta può stare risperimentare dei sentimenti di abbandono, di tradimento, di sfiducia e così via che
possono essere innescate da delle vicende assolutamente fisiologiche dell'analisi (come può essere una seduta saltata o una
situazione contingente in cui paziente sente il terapeuta allontanarsi da sé o non corrispondere ai suoi bisogni primari). è molto
coerente perché l'immagine di fondo è proprio quella di una situazione di Hilflosigkeit del paziente → cioè che è in questa
dipendenza totale nella relazione del paziente grave, nella relazione con terapeuta e quindi anche piccole fluttuazioni della
qualità di questa relazione possono innestare queste esperienze traumatiche, che Ferenczi imparerà ad utilizzare in qualche
modo per l'evoluzione favorevole della terapia.
Sempre su questo tema uno scritto del 31 “analisi infantili con gli adulti” e infine il saggio del 1933 “confusione delle
lingue tra gli adulti e i bambini, Il linguaggio della tenerezza e linguaggio della passione”.
Frecenzi pensa che Freud avesse visto giusto sull'esistenza di questi fenomeni ma avesse sbagliato nel
considerarli non trattabili terapeuticamente e infatti in “confusione delle lingue tra gli adulti e bambini” lui illustrerà la
modalità che secondo lui è necessaria, per consentire al paziente per l'appunto di uscire dal circolo della coazione a
ripetere. Fa vedere da dove viene l'equivoco freudiano che che aveva portato Freud a considerare queste situazioni
non trattabili ed è fondamentalmente la questione che Freud trascura completamente ruolo dell'oggetto, cioè
dell'adulto prima e dell'analista dopo e fa vedere in che termini la risposta empatica dell’analista, che è diversa dalla
risposta svalutante e addirittura di negazione della realtà della sofferenza psichica del paziente, poi può portare a
un'evoluzione completamente diversa.

Tutti i testi che vi ho citato sono stati originariamente proposti e pubblicati e accolti con grande interesse e anche con
ammirazione dai suoi contemporanei e in primis anche da Freud. In realtà la frattura l'abbiamo soltanto con la pubblicazione del
testo “confusione delle lingue fra gli adulti e bambini” perché in questo testo arriva a trarre le conclusioni da tutta questa sua
vita di elaborazioni a partire dalla clinica dei pazienti gravemente traumatizzati e si spinge a mettere in discussione la centralità
dell’edipo e proprio la natura della situazione di edipica. E rispetto a questa cosa Freud ha un rifiuto totale, tanto è vero che
questo saggio doveva essere presentato al congresso della società psicoanalitica di Wiesbaden nel 1933. Freud lo supplica di
non pubblicarlo, di non portarlo al convegno cosa che invece Ferenczi fa e da lì in poi i due non si sono mai più parlati, non si
sono mai più scritti → c'è stata una separazione traumatica fra queste due figure e nel giro di un paio di mesi poi Ferenczi si
ammalerà di una forma grave di anemia perniciosa, che dopo poco tempo lo porterà addirittura alla morte. Il punto di rottura è
la decisione di legge presso il congresso questo famoso testo → la frattura non è sulla tecnica e su tutte queste riflessioni a
proposito della tecnica, ma è sulla questione della centralità dell’edipo.

Il termine radicalità rispetto alla traslazione l'ho utilizzato in riferimento alla capacità di questo fenomeno → inteso nel modo in
cui Ferenczi lo configura, quindi come un intuizione di una parte di realtà nell’io (la parte di realtà è quella che riguarda il
rapporto col terapeuta e tutta la relazione terapeutica), di conseguenza un soggiacere di questa parte della realtà ai desideri e a
un rimodellamento sulla base del principio di piacere connesso al mondo intero e non alla realtà esterna. Allora è una
dimensione più radicale, perché è un'idea di un tipo di situazione che altera in maniera più radicale il contatto con la realtà.
Nell’idea della traslazione di Freud abbiamo come una sorta di appoggio e sostegno da parte di una relazione con un oggetto
reale, che è il terapeuta, abbiamo che i sentimenti di ordine transferale operano una coloritura della relazione con il terapeuta.
La traslazione secondo alcuni viene vista come in controluce, come in filigrana → cioè c'è il rapporto col terapeuta e all'interno
di questo ci sono degli elementi che hanno un carattere una coloritura o una consistenza particolare che si appoggiano.
Mentre la concezione di Ferenczi è molto impattante sull'equilibrio dell’io, perché c'è un'intera quota di realtà che viene ad
essere allucinata. Una volta che è introiettata nell'io e modellata sulla base del principio di piacere di quella particolare
situazione fisica → il rapporto con la realtà viene considerato alterato in una forma molto marcata, c’è una modifica della
struttura dell’io più significativa e in questo senso io ho utilizzato l'indicazione di una maggiore radicalità di questa concezione
della traslazione rispetto a quella freudiana.

Il quarto volume delle opere di Sandor Ferenczi edito da Raffaello Cortina, che raccoglie i lavori dal 1927 al 1933
dove si trovano le teorie più innovative più importanti e soprattutto quelle che ci interessano di più perchè
attualmente sono proprio a fondamento delle visioni contemporanee di molte tematiche cliniche e teoriche in
psicologia dinamica.
Allora il primo punto riguarda una dimensione che è trattata all'interno del saggio “l'adattamento della famiglia al bambino” del
1927 → riprende uno spunto che aveva trattato molto tempo prima, afferma un punto di vista completamente diverso
relativamente alle esperienze della nascita e cioè che in realtà più che di una dimensione traumatica, “se le cose vanno
adeguatamente si dovrebbe parlare di un trionfo che resta esemplari per tutta la vita” e questo perché il bambino dimostra una
straordinaria capacità di adattamento nel passaggio da un tipo di ambiente all'altro.
Non è casuale il fatto che Ferenczi insista così tanto nello sminuire la rilevanza traumatica di questo fattore universale e
naturale dell'esistenza umana, perché in fondo la finalità di questo scritto è di portare la nostra attenzione nella direzione di
comprendere che le vere problematiche che possono risultare traumatiche per il bambino nel corso del suo sviluppo → non
hanno a che fare con delle tappe di ordine biologico (quindi universali e uguali per tutti), ma hanno a che fare con la qualità
delle esperienze che avvengono nella relazione con i caregiver.
Ferenczi parla di che caregiver in senso generale quindi non esclusivamente del rapporto con i genitori ma con tutte
le figure, che occupano una posizione di autorità o di potere nei confronti del bambino.

In un altro scritto ferenczi aveva diciamo insistito molto sul porre attenzione alle relazioni asimmetriche che sono caratterizzate
da una forte di disparità di potere e da una forte dipendenza dell'elemento debole nei confronti di quello più forte. Aveva anche
individuato due forme di soggezione e influenzamento che potevano essere sperimentate dal bambino piccolo nei confronti
delle figure di autorità, che lui chiamava ipnosi-materna e ipnosi-paterna affermando che : la prima è un'ipnosi basata sulla
seduzione, cioè sul fatto che la mamma in qualche modo seduce il bambino per ottenere la sua compiacenza (lo coccola) e
quindi in qualche modo il bambino piega la volontà materna a sua volta per compiacerla e per stare dentro questo clima carico
di emotività positiva. Viceversa in una forma abbastanza stereotipata → la dimensione dell’ipnosi paterna è quella basata
sull'autorità e sulla minaccia, cioè che può cercare di ottenere l'obbedienza del bambino attraverso una richiesta di compiacenza
o attraverso una richiesta di adeguamento a una disciplina.
Il termine ipnosi che Ferenczi utilizza per scrivere la posizione in cui si trovano i genitori nei confronti del bambino piccolo, ma
anche del bambino in età scolare (anche dell'adolescente) → fa capire quanto seriamente Ferenczi consideri il problema del
potere e della capacità di influenzamento che l'adulto ha nei confronti del bambino che dipende da lui. Nel testo del 27
“sull'adattamento della famiglia al bambino” individua un'altra dimensione fondamentale che dal suo punto di vista è veramente
una chiave di volta rispetto alla questione della salute psichica del bambino e cioè → la problematica che deriva dalla tendenza
che spesso hanno gli adulti a mentire ai bambini (tema tipicamente ferencziano).

Lui osserva che nel momento in cui l'adulto mente al bambino e per esempio mente disconfermando una percezione o un dato
di realtà che il bambino ha effettivamente colto (una sfuriata in classe il bambino magari si è spaventato perché la maestra gli si
è svolta in maniera aggressiva, poi torno a casa e qualcuno gli dice che la maestra non è cattiva → lui si trova con questa doppia
versione dei fatti quella sperimentata in prima persona in cui si è visto aggredito e quella proposta dalla mamma alla quale deve
aderire per poter garantirsi il clima e la compiacenza richiesta nel rapporto con i genitori).
La dimensione della verità e dell'autenticità ha un carattere di fattore di salute mentale nel rapporto asimmetrico con
i bambini, perché una disconferma sistematica delle proprie percezioni di realtà da parte dei genitori o da parte
degli insegnanti o da parte comunque delle figure di autorità nella vita del bambino, produce una sorta di dilemma
fra: tenere fede alla propria visione del mondo e ai propri sentimenti o tenere fede agli affetti e alla dipendenza nei
confronti dei genitori e delle figure di autorità, che nella stragrande maggioranza dei casi si risolve con una sorta di
abdicazione alla propria percezione della realtà e adesione al racconto (in alcuni casi proprio alla menzogna) che
viene proposta dai genitori.

Questa è una vera e propria minaccia alla salute mentale, perché questa abdicazione alla propria visione della realtà si realizza
attraverso una scissione dell'io → cioè l’io si divide fra una componente che in maniera velata e nascosta, quando questa ancora
sussiste tiene fede alla propria percezione di realtà e una componente che diventa dominante e predomina nel rapporto con il
mondo esterno che invece aderisce alla versione che viene proposta dal contesto e da grandi.Quindi si crea il germe di una
condizione di sofferenza psichica.
Il tema della autenticità è un tema che colora fin da subito la situazione dell’accudimento e della relazione tra il
bambino e i caregiver, ma in maniera molto naturale diventa un tema centrale della situazione analitica, perché
anche la situazione del rapporto del terapeuta con il paziente è caratterizzata da una simmetria e da un bisogno da
parte del paziente di mantenere questa relazione con il terapeuta e quindi di nuovo la disconferma di elementi di
realtà che possono essere portati in terapia dal paziente, se operata in maniera reiterata, pervasiva o anche
occasionale, ma molto rigida da parte del terapeuta, può avere un valore patogeno come ce l'ha nei confronti del
bambino piccolo.
Questo perché l'esperienza clinica porta Ferenczi a considerare che quasi invariabilmente la persona più debole sceglie di
tutelare la relazione da cui dipende il suo benessere e la sua sopravvivenza (nel caso del bambino piccolo la sua vita affettiva) e
scarifica il senso di realtà → cioè la capacità di percepire chiaramente i dati della realtà esterna, ma anche i propri sentimenti.
Molto spesso clinicamente quello che vediamo in questa condizione psicologica è un senso per esempio di confusione, cioè il
bambino diventa confuso non sa più né cosa vuole lui né cosa ha provato.
Quindi questo è un tema fondamentale che ci permette di incontrare fattori aspecifici, cioè sono delle dimensioni del rapporto
tra paziente e terapeuta che non dipendono dal modello di riferimento dello psicoterapeuta. L'autenticità è un fondamentale
fattore aspecifico della psicoterapia → cioè è importante indipendentemente dal modello che seguite per lavorare clinicamente.
Un altro fattore aspecifico che è fondamentale della ricerca contemporanea sulla psicoterapia è l'empatia, che è di nuovo un
modo per entrare in contatto e rispettare i sentimenti e il punto di vista dell'altro. Quindi queste sono tutte dimensioni che noi
troviamo per la prima volta affrontate proprio negli scritti di Ferenczi di questo periodo.

Altro scritto del 27 ha un'importanza interessante è quello che si chiama “il problema del termine dell'analisi” in cui
Ferenczi si muove nell'ottica di cercare di correggere l'atteggiamento che riscontra molto spesso negli scritti dei
suoi contemporanei e in Freud in particolare e che lo chiama di nichilismo terapeutico.
Cioè l'idea che le resistenze dei pazienti siano troppo forti, che l'analisi non possa affrontare delle strutture costituzionali
particolarmente sofferenti e così via. Comincia questo in questo scritto ad elaborare attorno alla questione del rapporto fra il
grado di analizzabilità del paziente → ossia quanto un paziente può sembrare di essere in grado di affrontare un percorso
analitico e diciamo proficuamente questo dispositivo e il grado di lavoro analitico che l'analista ha compiuto su se stesso in fase
di formazione.
Quindi in questo testo troviamo le prime osservazioni a proposito dell'idea che bisogna almeno considerare la possibilità che
un'analisi si stia impantando o possa andare male, non tanto perché ci sono delle resistenze insormontabili nella struttura
psichica del paziente, ma perché nella coppia analitica si realizza un Anpas, che può essere radicata in qualche problema di
carattere nevrotico che risiede nell’analista, invece che nel paziente. ç'indicazione fondamentale che troviamo in questo scritto
riguarda quella che si chiama al giorno d'oggi “analisi didattica” → cioè una forma di trattamento analitico a cui si
sottopongono gli psicoterapeuti durante il training, che di fatto non si deve distinguere assolutamente da un'analisi svolta nei
confronti di qualunque altra anche situazione. Quindi la critica che Ferenci ha portato rispetto alla situazione che era tipica del
suo tempo, riguardava il fatto che agli analisti veniva dato un credito che in qualche modo era basato troppo prevalentemente
sulle loro conoscenze teoriche ed era trascurata invece la profondità e l'ampiezza dell'analisi personale che essi avevano svolto.
Fra le righe in questo discorso si legge anche qualcosa che riguarda il rammarico che lui aveva nei confronti di Freud che
secondo lui aveva interrotto il percorso analitico nel momento in cui erano comparse le prime difficoltà transferali e
controtransferali, in particolare a proposito della difficoltà di analizzare dei sentimenti negativi, quando ci si trovava fra persone
che poi collaboravano, avevano degli obiettivi comuni, si trovavano la sera a cena e così via.

Un altro tema interessante che troviamo trattato in questo scritto riguarda la questione della guarigione e quindi la
posizione di Ferenczi è abbastanza netta e forse anche diversa da quella che era il sentire che troviamo negli ultimi
scritti di Freud (nell'ultima parte della sua vita aveva molto insistito su questa concezione per cui le grandi questioni
della del funzionamento psichico umano, per esempio la lotta fra Eros e Thanatos sono questioni intrinsecamente
irrisolvibili e quindi aveva molto parlato dell'analisi come di uno strumento che in qualche modo aiuta a
ridimensionare anche le aspirazioni rispetto al fatto di potersi liberare una volta per tutte della sofferenza nevrotica o
della questione di fondo del rapporto fra desiderio e limite che sta all'origine in questa sofferenza).
Ferenczi pone l'accento di nuovo sulla questione della realtà, cioè sulla necessità di svolgere un attento lavoro nel
corso della psicoterapia, che permetta di arrivare prima o poi ma sicuramente entro la fine della terapia a
distinguere la fantasia dalla realtà e quindi i desideri e le aspirazioni infantili irraggiungibili, dai fatti e dagli elementi
che sono veramente accaduti nella vita di una persona.
Questa richiesta ha particolare importanza anche rispetto alle situazioni che hanno un trascorso di tipo traumatico, quindi non
semplicemente limitarsi a dire che ci sono dei fatti della realtà esterna, ma ci sono anche i desideri infantili legate all’edipo
eccetera → ma anche lavorare su questi contenuti e distinguere gli elementi che vengono dalla fantasia, da quelli che invece
sono dei veri e propri dati di realtà.
Quindi c’è un tema che riguarda non tanto solo l'autenticità del rapporto tra paziente e terapeuta, ma una sorta di
ricerca di una autenticità rispetto alla ricostruzione storica della vita del paziente.
All'interno di questa ingiunzione di cercare di giungere in qualche modo al disambiguare quindi gli elementi di realtà da quelli
di fantasia, Ferenczi discute anche la questione delle libere associazioni e dà uno spunto clinico interessante → cioè l'idea che
in un certo senso le libere associazioni possano essere un punto d'arrivo piuttosto che una condizione preliminare richiesta al
paziente fin dall'inizio. Cioè come un'idea come se il momento in cui paziente è veramente capace di stare in questo
atteggiamento così sognante, seguire le proprie associazioni di pensiero, vuol dire che a quel punto il grosso del lavoro analitico
di separazione fra gli elementi di fantasia e quelli di realtà si è già svolto. Succede molto nella clinica dei pazienti gravi
contemporanei, cioè quando il paziente arriva veramente a lavorare secondo la modalità delle libere associazioni, vuol dire che
è già molto molto avanti nella terapia.

Nella lettura di “confusione delle lingue tra gli adulti e bambini” → sia il tipo di clinica che esita da queste condizioni di abuso,
sia per alcuni aspetti anche delle dimensioni eziopatogenetiche di questa sofferenza psichica profonda, poi hanno trovato un
esplicitazione con un linguaggio non troppo diverso anche all'interno della teoria dell'attaccamento→ Ferenczi non ha mai
parlato di attaccamento non ha mai usato questo termine, però l'idea che il bambino per esempio soccomba rispetto alla
richiesta di adeguamento al punto di vista dell'adulto, perché ha bisogno di preservare il legame dell'adulto e piuttosto sacrifica
la sua visione della realtà diciamo che è una formulazione in altri termini ma ricorda moltissimo la questione della
disorganizzazione nei disturbi dell'attaccamento.
Il principale allievo di Ferenczi in Ungheria è stato un analista che si chiama Imre Hermann il quale ha scritto un
volume è straordinario intitolato “l'istinto filiale” in cui di fatto lui avanza una proposta teorica che è una sorta di
precondizione psicoanalitica del tema dell'attaccamento, cioè ribalta sulla base di studi di carattere etologico sul
comportamento dei primati, tutta una tradizione che ha posto enfasi sull'istinto materno e sull' istinto paterno (quindi
sulle caratteristiche innate del caregiving) e prova a costruire una teoria in cui è fondamentale l'istinto filiale, che
peraltro avrebbe la radice innata nella dimensione etologica dell’aggrappamento, dei primati al pelo alla pelliccia dei
genitori. C'è chiaramente una continuità concettuale tra quello che stiamo trattando in Ferenczi e poi lo sviluppo del
filone legato alla teoria dell'attaccamento.

Ultimo tema dello scritto “il problema del termine dell'analisi”.


Questi fattori aspecifici che sono fondamentali per la riuscita di una psicoterapia che individua Ferenczi → abbiamo parlato
della autenticità, della ricerca della verità storica, dell'empatia.
In questo testo viene data enfasi al tema della fiducia, passaggio “ la corretta conclusione di un'analisi è quella in
cui non è il medico a di mettere il malato nè questi a decidere di finire la cura, ma l'analisi finisce per così dire per
esaurimento. Si tenga presente tuttavia che il medico deve essere sempre più sospettoso fra i 2, sapendo che
quando il paziente insiste per andarsene è perché vuole salvare qualcosa della sua nevrosi. Un paziente realmente
guarito si stacca poco a poco ma con sicurezza dall'analista, perciò finché continua a recarsi alle sedute conviene
che l'analisi prosegua. Il processo di distacco potrebbe anche essere descritto nel modo seguente : il paziente è
ormai perfettamente convinto che l'analisi è per lui mezzo di soddisfacimento nuovo, sì ma fantasmatico cioè da cui
non ricava nulla sul piano della realtà. Nella misura in cui a poco a poco supera lo stato di lutto provocato da questa
scoperta, egli si mette inevitabilmente in cerca di possibilità di soddisfacimento più reali, alla luce dell'analisi l'epoca
della vita trascorsa nella nevrosi appare allora interamente, come Freud sapeva da tempo, un’epoca di lutto
patologico. Un lutto che il paziente cercava di spostare sulla situazione di transfert, mentre smascherandone la vera
natura si pone fine a ulteriori tendenze alla ripetizione nel futuro. Pertanto la frustrazione analitica è la risoluzione
attuale delle situazioni infantili frustranti che stanno alla base della formazione dei sintomi”.

è una concezione della guarigione diversa. Il desiderio irraggiungibile è una componente che è alla base della
nevrosi e se io riesco a ricondurre questo desiderio irraggiungibile alla sua matrice infantile, la persona si libera
dalla necessità di tornare sempre a quel tipo di soddisfacimento e può rivolgere il suo interesse e il suo
investimento a cercare dei soddisfacimento reali, quindi in un certo senso l'analisi finisce potremmo dire quando il
paziente è in grado di preferire un oggetto reale anche se non ideale, alla figura ideale, ma fantasticata che viene
costruita attraverso la traslazione.
Perchè questo sia possibile è fondamentale che l’analista sia comunque lì disponibile fino a quando il paziente non è in grado di
distaccarsi da solo, perché se l'analista si sottrae troppo rapidamente o troppo attivamente induce una specie di loop basato sulla
frustrazione. Più sono frustrato più ricerco la figura ideale, invece no l’analista deve persistere nella sua disponibilità nei
confronti del paziente fino a quando non è in grado di distinguere i desideri idealizzati e irraggiungibili dell'infanzia dai
soddisfacimenti reali e rivolgere quindi il suo interesse nei confronti della realtà. La cosa fondamentale è che Ferenczi insiste
molto sul fatto che questo è un processo di guarigione psichica, non è semplicemente un riadattamento → ma è una vera e
propria guarigione dalla nevrosi. Quindi è una visione della guarigione molto più ottimistica di quella che aveva Freud.
Nella coppia analitica può accadere che l'analista non sufficientemente analizzato, quindi con una scarsa
comprensione delle proprie dinamiche inconsce, collouda o rimanga dentro qualcosa della dinamica transfert e
controtransfert, quindi il punto di caduta di questa osservazione è che l'analista deve farsi un'analisi quantomeno
altrettanto lunga di quello che poi propone ai suoi pazienti. Il rischio è che la situazione di crisi di un rapporto
terapeutico non sia dovuto alle resistenze e alla costituzione del paziente, ma all'inadeguatezza delle capacità
analitiche che l’analista ha sviluppato soprattutto attraverso la sua analisi personale.

Altro testo che vi volevo citare è quello che si chiama “l'elasticità della Tecnica psicoanalitica” del 27-28 in cui di
nuovo viene affrontato questo tema dell'analisi didattica e anche una questione di quanto pesano le caratteristiche
individuali dell’analista e quanto pesa il training cioè la sua formazione.
Fa un'osservazione abbastanza semplice su questo tema, cioè dice che per capire come noi dobbiamo pensare al
progresso della psicoterapia e quindi al progresso nella formazione dei professionisti che devono lavorare questo
ambito, noi possiamo fare riferimento a quello che era il pensiero sulla formazione dei chirurghi all'origine della
medicina scientifica nel 700 e l'inizio dell'800. A quell'epoca si pensava che non fosse possibile per una persona
qualunque diventare chirurgo, ma che ci volessero assolutamente delle doti di personalità molto specifiche che
erano un po' riassunte nella massima che il chirurgo doveva lavorare con le parole latine “Cito tuto et iucunde”, cioè
rapidamente in sicurezza e con gioia.

Ferenczi fa questo commento cioè dice → man mano che noi abbiamo sviluppato la tecnica chirurgica e quindi abbiamo capito
che ci sono dei metodi per fare correttamente certe procedure, la rilevanza delle caratteristiche individuali del chirurgo si è
andata un po' riducendo a vantaggio dell'acquisizione di una competenza che può essere appresa attraverso l'addestramento.
Ferenczi più o meno propone una sorta di prospettiva di quel genere anche per la formazione dei terapeuti, cioè nella fase
diciamo di avvio delle grandi esperienze legate allo sviluppo del questa nuova disciplina è stato fondamentale l'intuito e le
caratteristiche personali (equazione personale per definire i caratteri specifici di un particolare terapeuta), però man mano che le
componenti della tecnica e la comprensione del metodo si vanno sviluppando noi dovremmo arrivare a una condizione in cui
non voglio dire che chiunque può fare il terapeuta, però di fatto ci dovrebbero essere maggiori garanzie e minore variabilità
rispetto alla pratica della professione tra un terapeuta e l'altro.
Quindi di nuovo il diciamo Il punto fondamentale di questo tipo di riflessione va poi a pescare sull'importanza di
sistematizzare il modello per la formazione degli analisti, quindi in questo è stato proprio un pioniere.

In questo testo viene fatto riferimento ad un esempio fondamentale per capire come si può passare da una caratteristica
individuale a qualcosa che diventa parte del metodo, parlando della questione dell'empatia e del tatto Queste per lui hanno a
che fare con un requisito tecnico specifico, cioè non sono dei fattori di benevolenza aspecifici, ma sono anche dei dati della
Tecnica psicoanalitica che riguardano il modo e il tempo con il quale si può comunicare l'interpretazione al paziente. Cioè in
pratica l'idea che il paziente è pronto per ricevere una certa interpretazione nel momento in cui lui è arrivato lì, cioè proprio in
quasi in superficie la consapevolezza di ciò di cui desidera parlargli l'analista e quindi può veramente accogliere quel contenuto.
Mentre se l'interpretazione è data o con una formulazione non rispettosa o non completa, nel senso che coglie alcuni aspetti, ma
ne trascura altri o in maniera precoce e sgrammaticata rispetto a quella che è proprio la sintassi dell'andamento del processo
psicoterapico → l'effetto può essere molto violento.
Prima si pensava che il tatto fosse una caratteristica individuale, cioè che ci fossero degli analisti più o meno dotati
di tatto. Freud ha scritto testo in cui se la prende con l'analisi selvaggia, cioè con quelli che sparano la prima cosa
che capiscono senza tenere minimamente in conto di tutti questi elementi.
Però nel giro del tempo a furia di osservare situazioni cliniche, tutti si sono resi conto che il tatto non è affatto una caratteristica
individuale, ma è una caratteristica del metodo → ossia io non utilizzo questo tipo di accortezze nel calibrare il modo e il
tempo con cui riferisco una certa interpretazione al paziente posso fare peggio invece che meglio. Quindi questo è una
questione di tecnica non è solo una questione di caratteristica personale del terapeuta.
Molti scritti di ferenczi si muovono in questo senso → nel far capire come gli aspetti della relazione terapeutica, poi che sono
visti inizialmente come delle caratteristiche proprio individuali di uno stile di un terapeuta eccetera, poi di fatto diventano delle
caratteristiche del metodo.

Per esempio parla anche della modestia : “la modestia dell'analista non è una posa, ma l'espressione della
consapevolezza dei limiti del nostro sapere. Notiamo di passaggio che è proprio forse questo il punto in cui facendo
leva sulla psicoanalisi può prospettarsi un rovesciamento della posizione finora assunta dal medico nei confronti del
paziente, basta Infatti un semplice confronto fra la nostra regola dell'empatia e l'arroganza con cui il medico
onnisciente e onnipotente ha sempre trattato il malato fino ad oggi”.
Quindi la modestia sembra una caratteristica individuale, ma in realtà è un dato che corrisponde alla
consapevolezza dei limiti del sapere e quindi viceversa l'arroganza che molto spesso è una caratteristica della
comunicazione del medico, è non solo un errore di relazione ma è un errore di metodo.
Su questo filone quindi di discutere i problemi che nella terapia possono derivare da un atteggiamento arrogante (ma non solo
nella terapia, perché poi lui parla proprio della relazione medico-paziente in senso più generale) c'è un'interessante discussione
→ sul tema del narcisismo dell'analista anche questo poi verrà ripreso “in confusione delle lingue” : “ l'atteggiamento analitico
esige dal medico non solo un severo controllo del suo narcisismo, ma anche una stretta sorveglianza delle sue reazioni emotive
di qualsiasi specie esse siano passato.

Se in passato si riteneva che un certo grado di antipatia fosse una controindicazione all’intraprendere un
trattamento, adesso dopo aver studiato più a fondo il problema, dobbiamo escludere a priori tale controindicazione
aspettandoci piuttosto che l’analista ben analizzato abbia una conoscenza e un controllo di sé sufficienti a non
dover cedere alle proprie idiosincrasie. Quasi sempre questi tratti antipatici nel paziente, non sono che difese dietro
le quali si nascondono tutti altri aspetti caratteriali. In questi casi se l’analista segue questo primo impulso, è come
se si lasciasse guidare dal paziente. Giacché farsi cacciare è spesso lo scopo inconscio di un comportamento
insopportabile. Una tale consapevolezza ci consente invece di riconoscere facilmente che nella persona più
sgradevole e scostante, si cela un paziente che ha bisogno di essere curato e a cui anzi come tale dovremmo
essere addirittura incapaci di negare la nostra simpatia. Imparare a comportarsi con questa umiltà più che cristiana,
costituisce una delle maggiori difficoltà della pratica psicoanalitica, ma se ci si riesce è possibile affrontare con
successo anche i casi più disperati.
Devo però sottolineare ancora una volta che soltanto un atteggiamento veramente improntato a un principio di
empatia è adeguato, perché il paziente con la sua acutezza fa presto smascherare ogni tipo di posa”.

è sottile la compresenza di elementi che in apparenza sono di carattere morale o relazionale in senso generale, ma molto
rapidamente diventano elementi della Tecnica. Questo è importante perché c'è sempre il rischio di confondere queste
dimensioni ferenciazne con un atteggiamento buonista, ma non è assolutamente questo → cioè tutte gli elementi che vengono
chiamati in causa, come indispensabili nell'assetto del terapeuta, sono chiamati in causa per finalità terapeutiche. Quindi non è
una dimensione di carattere morale quella che giustifica l'utilità di questi comportamenti, è una dimensione che riguarda
strettamente il tipo di lavoro che deve essere svolto in psicoterapia. Quindi forse Ferenczi era anche una persona che aveva un
carattere particolarmente buono, ma la questione riguarda la capacità di riconoscere che ci sono delle condizioni necessarie per
svolgere una psicoterapia e se queste condizioni necessarie non sono rispettate I risultati non vengono.
Nell'ultima parte poi parla diciamo dell'importanza che l'empatia e quindi l’osservazione rivolta ai sentimenti
dell'altro, sia messa in tensione anche con l'autosservazione e con l'attività valutativa.
Cioè il fatto che l'analisi non è soltanto basata su una immersione nei sentimenti, ma che ci deve essere un'attività
valutativa di tipo cognitivo, che lui dice “oscilla periodicamente in modo spontaneo assumendo la forma di un
segnale che In un primo momento deve essere semplicemente considerato come tale e solo in un secondo
momento sulla base di ulteriore materiale giustificativo, può produrre la formulazione di un'interpretazione”. Quindi
non c'è solo l'inversione e la comprensione della dinamica emotiva ma costantemente la raccolta dei segnali, che
poi portano classicamente a formulare un'interpretazione.
“Parsimonia in fatto di interpretazione, non dire mai nulla di superfluo. Questa è una delle regole più importanti
dell'analisi. Il fanatismo interpretativo è una malattia infantile dell’analista. Del resto quando le resistenze del
paziente vengono risolte analiticamente, a volte l'analisi passa attraverso stadi in cui il paziente compie tutto il
lavoro di interpretazione quasi esclusivamente da solo o con un minimo aiuto da parte nostra”.
Su questo c’è un testo che si chiama “l'uso dell'oggetto” di Winnicott, che parla del fatto che lui a un certo punto si è
reso conto di quanto lo rendesse molto più felice starsene zitto e aspettare sostenendo con fiducia che il paziente
arrivasse dire le cose da solo, piuttosto che indulgere nella soddisfazione dovuta a constatare di quanto lo stesso
fosse intelligente.
Ferenczi ha quindi un atteggiamento di grande rispetto e di apertura verso una caratteristica propria della psiche
umana, che nella letteratura contemporanea noi certe volte troviamo nominata come self-righting che vuol dire
capacità di curarsi da solo proprio quindi autocura.

Tema sul “bambino mal accolto e la pulsione di morte”, è l'articolo del 29 in cui si parla della dimensione per cui la
caratteristica di vitalità del bambino non viene centrata esclusivamente in una sua peculiarità costituzionale, ma
viene ad essere modulata dalla risposta accettante desiderante o rifiutante dell'ambiente di accudimento. Qui c'è
quella famosa espressione “ i bambini mal accolti muoiono presto e volentieri”.
La dimensione dell’essere mal accolto è in un certo senso esattamente l'opposto dell'adattamento della famiglia al bambino,
quindi una rifiuto del bambino e delle sue caratteristiche, talvolta del fatto stesso che esista → al bambino non voluto, non
desiderato.

Passaggio : “certo all'inizio della vita intra ed extra uterina gli organi e le loro funzioni attraversano fasi di sviluppo di
una pienezza e di una rapidità sorprendente, anche se unicamente nella favorevole condizione di protezione della
vita, prima embrionale poi infantile. Il bambino deve essere portato con un'enorme profusione di amore e tenerezza
e cure a perdonare i genitori di averlo messo al mondo senza chiedere il suo parere.
In caso contrario entrano ben presto in azione gli impulsi distruttivi e in fondo la cosa non deve stupire.
Il lattante è molto più vicino alla non esistenza individuale di quanto non lo sia l'adulto che ne è separato
dall'esperienza della vita. Scivolare all'indietro verso l'inesistenza potrebbe quindi essere per i bambini molto più
facile. La forza vitale che resiste alle difficoltà della vita non è dunque poi così grande alla nascita e a quanto pare
si consolida solo dopo una progressiva immunizzazione contro i danni fisici e psichici, garantita esclusivamente da
un trattamento e un'educazione gestiti con tatto. In corrispondenza del decrescere della curva di morbidità e
mortalità dell'età infantile, è nella maturità che la pulsione di vita potrebbe controbilanciare definitivamente le
tendenze distruttive. Se vogliamo inserire i casi che presentano questa eziologia in quei modi tipici di ammalarsi,
che Freud e ci ha descritto in una fase non ancora avanzata del suo lavoro, il loro posto è all'incirca tra le nevrosi
endogene e le nevrosi esogene o da frustrazione. Coloro che perdono così presto la voglia di vivere danno l’idea di
esseri a cui faccia di certo la capacità di adattamento, simili a coloro che nella classificazione freudiana soffrono di
una debolezza congenita della capacità vitale Con la differenza però che nel nostro caso l'aspetto congenito di tale
debolezza è solo apparente, in quanto essa è invece conseguenza del trauma precoce (la carenza dell'ambiente
nei confronti del bambino).
Naturalmente resta poi da risolvere il problema di cogliere le sottili differenze fra i sintomi nevrotici di bambini
maltrattati fin dall'inizio e quelli di bambini accolti prima con entusiasmo e con manifestazione appassionate
d'amore e poi a un certo punto lasciati perdere.”
“Ora mi si può chiedere se io abbia qualcosa da dire anche sul trattamento di questa patologia. In accordo con i
miei esperimenti di elasticità della Tecnica analitica, in molti casi di diminuita voglia di vivere mi sono visto costretto
durante la cura a ridurre sempre più le mie richieste di efficienza ai pazienti. Alla fine mi capitava di fare calmare il
paziente a un bambino che bisogna lasciare in pace per un certo tempo, in modo analogo per l'appunto a quel
trattamento per eliminare che Anna Freud ritiene necessario nell'analisi infantile. Lasciare in pace pazienti significa
allora lasciarli godere per la prima volta di quel senso di irresponsabilità che è proprio dell'infanzia, il che significa
introdurre impulsi vitali positivi e motivazioni per continuare a vivere.
In questi casi solo in un secondo momento si possono adottare condotte frustranti che contraddistinguono le nostre
analisi. Naturalmente anche le analisi di questo genere devono concludersi come tutte le altre, vale a dire con
l'eliminazione delle resistenze che sempre si risvegliano con l'adattamento alla realtà e alle sue frustrazioni.
Sta parlando di questi bambini che la cui vitalità è stata offuscata, in qualche maniera sarebbe radicata in questa sorta di rifiuto.
Sia un rifiuto alle origini → i bambini mai voluti o non desiderati, sia questa immagine anche molto intensa di bambini che
prima sono accolti con una marea di affetto e di coccole e poi a un certo punto sono lasciati perdere per qualche motivo (che
tratterà analista a noi contemporaneo André Green che ha parlato delle conseguenze delle depressioni materne, depressioni
gravi dei genitori nello sviluppo psichico del bambino → no interessi vitali nei suoi confronti).
“Principio di rilassamento e neocatarsi” è uno scritto con lui prende questi elementi, e rifà po' la storia di come lui si
sia stato portato a comprendere la dinamica basata sulla reale presenza di situazioni traumatizzanti nella vita del
paziente e sulla/alla comprensione della necessità di costituire prima di tutto quel clima di accoglienza e di fiducia
che deve costituire la base su cui poi si vanno sviluppando le varie fasi e le varie vicende della relazione
terapeutica. In questo scritto viene discussa questa dinamica della ritraumatizzazione in analisi.

Il principio di concessione ha a che vedere con l'atteggiamento visto nel saggio precedente → creazione di un clima di fiducia
di base all’interno della quale si vede svolgere la relazione terapeutica.
Su tematiche analoghe si svolge anche l'altro saggio → “Analisi infantili negli adulti” che è già del 1931, in cui Ferenczi insiste
moltissimo sull'importanza di considerare seriamente la regressione del paziente in terapia, cioè di considerare che veramente
all'interno della situazione terapeutica, il paziente rivive dei vissuti che sono dei vissuti di impotenza, di disperazione, di
dipendenza che sarebbero del tutto incongrui se noi cercassimo di collocarli all'interno della cornice della vita adulta del
paziente, ma che devono essere interpretati visualizzandoli che come una vera e propria presenza del bambino in carne ed ossa,
che era il paziente quando sperimentò per la prima volta quel tipo di vissuto. Quindi di avere una una dimensione di tecnica che
non si lascia ingannare dalla struttura adultomorfa della relazione terapeutica e sia pronto a una risposta emotiva, che è quella
che noi saremo più facilmente portati ad avere se il paziente fosse un bambino di 3 anni ho una bambina di 6 e non magari un
adulto di 40 anni. Quindi è un po' una questione che riguarda l'importanza di prendere molto sul serio i bisogni di dipendenza,
c'è tutto quel correlato di questioni prettamente infantili che vengono completamente presentificate nella terapia.

L'idea di Freud era che ci fossero dei vissuti traumatici che non possono essere elaborati, ma si ripresentano solo nella
ripetizione → quindi Ferenczi parte proprio dal problema dell'esistenza di questi vissuti.
Quello che si capisce, è che non è una questione che riguarda semplicemente l’essere più o meno attrezzato della
mente del bambino, ma c'è una quota fondamentale del problema che ricade sul ruolo dell'adulto. Addirittura
Ferenczi definisce una fenomenologia traumatica che poi è stata chiamata “trauma omissivo”, cioè osserva che
soprattutto per i traumi dell'infanzia, alcune situazioni sono traumatiche non per quello che è stato fatto, ma per
quello che non è stato fatto. Il modello che troviamo nel testo del 1932 è veramente innovativo perché ci fa vedere
che invece il trauma è una questione di incastro relazionale, cioè di quello che avviene non solo in chi subisce il
trauma, ma nel rapporto fa chi lo subisce e tutti quelli che ci stanno intorno.
Questo è il motivo, cioè il riconoscere la processualità della situazione traumatica e quindi il ruolo che ha o no la risposta
ambientale, è il motivo teorico su cui si innesta la potenzialità terapeutica. Se io capisco qual'è stato il fattore patogeno che si è
annidato in tipo di risposta o di mancata risposta da parte del cargiver o dell'ambiente posso sapere in che direzione mi devo
muovere per riparare questa condizione quando la situazione traumatica relazionale si ripresenterà all’interno della situazione
terapeutica. Questo è il motivo per cui lui dice “terapeuta farai con le tue stesse mani il crimine per il quale il paziente si trova
in analisi” → perché la situazione drammatica non si ripresenta come una condizione vissuta in vacuo nella mente del paziente,
ma è un trauma relazionale. Paziente soffrirà di qualcosa che avviene nel rapporto con l'analista non nella sua testa e basta, è
qualcosa di reale qualcosa che succede realmente e sarà una qualche forma di interazione che il paziente vive come un abuso.
Per esempio non so la richiesta di rinunciare alla sua seduta del giovedì e spostarlo al venerdì, perché analista deve andare a
fare un convegno da qualche parte.
Non è una fantasia appoggiata su una situazione di realtà, è un fatto che accade nella relazione che ha una natura
traumatica particolarmente impattante a causa della storia del paziente e in cui il destino della sofferenza del
paziente si gioca sul tipo di risposta che l'analista è in grado di dare a quella situazione.
Nel passato la risposta è stata una risposta di diniego della sofferenza fisica, “non è vero, non è successo”. Cosa devo fare io per
cercare di riparare a una situazione in cui il danno psichico è dovuto da una richiesta di non adesione alla realtà? Io come
terapeuta devo cercare di affrontare quello che sta succedendo mantenendo una dimensione quanto più possibile di adesione
alla realtà e quindi dicendo eventualmente anche “è colpa mia se lei ora sta soffrendo” → cioè poter riconoscere che c'è una
quota di sofferenza che non è neutra, ma è dovuta la relazione che è in atto.
Ferenczi parla della funzione dell' amico fidato, è una funzione di testimonianza psichica, quello a cui il bambino gli racconta
quello che gli è successo e gli crede, anche se può essere orribile da sentire. è una funzione di tutela della sanità psichica → tutti
non ci hanno creduto, ma gli altri sì = un appiglio per dare fede alla propria visione della realtà, se non lo trova è difficile che
non ceda.
Tutte le forme di abuso sull'infanzia sono dei predittori a aspecifici di psicopatologia. L'abuso sessuale nell'infanzia
è il primo predittore aspecifico di psicopatologia, cioè non esiste praticamente una psicopatologia grave che non
abbia come fattore di predizione l'abuso.

Testo “confusione delle lingue letto al XII Congresso dell'Associazione psicoanalitica internazionale a Wiesbaden
nel settembre del 1982 e Ferenczi aveva deciso di leggere questo testo malgrado qualche giorno prima, in una
sessione privata in cui lo aveva presentato a Freud avesse ottenuto da quest'ultimo semplicemente una richiesta di
non rendere pubblico questo scritto. Il titolo originario con cui il testo doveva essere presentato a Wiesbaden è “ le
emozioni degli adulti e la loro influenza sullo sviluppo sessuale caratteriale del bambino”.
I fattori esogeni sono legati al mondo esterno gli oggetti prima magari le relazioni in generale con il mondo esterno
con il caregiver, ma con tutti gli elementi che appartengono al contesto di vita.
Autocritica → sottoporre a revisione il proprio stesso operato e i propri metodi in maniera aperta e franca.

Frase : “quasi tutti i pazienti respingevano energicamente la mia richiesta sebbene il materiale provava a sufficienza che non era
campata in aria”. Ferenczi vuole dire che delle sedute e i sogni, si vedeva in maniera chiara che c'era un'espressione di ostilità
→ esempio che magari il paziente durante quella seduta aveva inveito contro magari l'amministratore di condominio che non
lasciava a ciascun condomino la possibilità di esprimere liberamente le proprie necessità → non esplicito. QUando chiedeva ai
pazienti di esprimere sentimenti negativi nei suoi confronti, questi si rifiutavano, però lui utilizzando i metodi interpretativi
propri dell'analisi che c’erano questi sentimenti, espressi in una forma mascherata dalle difese. Il materiale analitico provava
l’esistenza di questi sentimenti.
Ferenczi non è interessato qui troppo al fatto che le persone prendano piena consapevolezza delle proprie emozioni, perché
questo già si sapeva anche nel all'epoca del metodo catartico, quanto piuttosto di quanto fosse difficile per il paziente ammettere
sentimenti ostili verso l'analista → di quanto fosse forte il bisogno di mantenersi in una relazione di dipendenza, non turbata in
alcun modo da sentimenti ostili.
C'è una prima intuizione spiegata

Dal focus della resistenza del paziente a quello dell’analista. Analisi personale→ utile perché ci aiuta a scoprire meglio quali
sono i punti in cui soffriamo di più se veniamo confrontati, più onesti ad ammettere nostre difficoltà. Il paziente si identifica
con il paziente. Pazienti capiscono molto di più di quello che non dicono.
Fattori comuni della psicoterapia l'empatia l'autenticità la sincerità. La sincerità in questo caso è proprio elemento di tipo
tecnico terapeutico → importanza che siano riconosciuti per il loro valore specifico e non per essere caratteristiche morali del
terapeuta.
Se il paziente nota qualcosa del terapeuta frettoloso, e da qui si può dedurre che ci sia una sorta di delusione,
preoccupazione o avvilimento per una sorta di mancanza di attenzione del terapueta nei suoi confronti, questa
sensazione se corrisponde alla verità possa essere ammesso dal terapeuta (questo comportamento riduce la
superiorità del super-io).
Quando la tecnica migliora → il materiale emerge più chiaramente.
“Questa fiducia è qualcosa che stabilisce il contratto tra il presente era intollerabile passato traumatogeno indispensabile perché
il passato possa essere rivissuto anziché come riproduzione allucinatoria come ricordo oggettivo”. Si comincia a parlare del
superamento della dimensione della ripetizione, nella ripetizione intesa nella sua accezione più estrema. Qual è il concetto
freudiano che diciamo che aveva introdotto all'idea che ci fossero delle esperienze che si ripetono in maniera implacabile → la
coazione a ripetere.
Si comincia a individuare la modalità che Ferenczi propone per uscire dalla coazione a ripetere, cioè la struttura
della relazione terapeutica riporta in auge una dimensione traumatica, ma in più c'è qualcosa e questo qualcosa
pertiene alla reale relazione fra il paziente e l’analista. è questo qualcosa che fa sì che la ripetizione non possa
essere vissuta come una riproduzione allucinatoria, ma possa diventare un ricordo.
Principio di rilassamento e neocatarsi → idea che bisognasse fare tutto questo lavoro di accoglienza nei confronti del paziente
per farlo sentire accettato. Qui Ferenczi dice che c'era una certa qual forma di esagerazione nel forzare questo rilassamento,
quindi tutto sommato anche nell'accettazione del paziente ci può essere anche una mancanza di autenticità, nell'accettazione
totale e incondizionata.
Parte che fa riferimento al testo analisi infantile degli con gli adulti → cioè di quanto vanno presi su sul serio le condizioni di
scoramento, stress e di disperazione che sarebbero più facilmente accettabili in un bambino, che difficilmente non riusciamo a
tollerare quando si presentano una persona adulta.
Parla di simpatia nel testo. Nella seconda parte ci addentriamo nella dinamica della situazione traumatica.
Fino ad ora ci ha spiegato tutte le premesse di metodo che gli hanno permesso di fare questi avanzamenti nella
comprensione della dinamica della sofferenza psichica grave e adesso entriamo in ciò che lui stesso è riuscito a
comprendere attraverso anni di pratica secondo questo nuovo modello di interazione terapeutica.
Il punto fondamentale è che si è convinto che bisognasse riprendere in considerazione il potere patogeno della
seduzione sessuale precoce vera, quindi della violenza nei confronti dei bambini. Dopo inizia una sorta di
spiegazione strettamente metapsicologica e quindi psicoanalitica,degli effetti di queste situazioni di abuso.
La descrizione delle conseguenze psicologiche di queste situazioni. Ferenczi prova a comunicarci che cosa ha
capito attraverso l'empatia e la simpatia nei confronti delle persone che hanno riportato queste esperienze.

Con l'introiezione dell'aggressore quest'ultimo scompare come realtà esterna e diventa intrapsichico. Quindi l'identificazione
con l'aggressore che in questo caso è la abusatore dell'infanzia essendo non un'identificazione pura, ma un introiezione →
trasforma il rapporto con la realtà esterna insopportabile nel rapporto con un aggressore che a questo punto è diventato talmente
interiore. E qual è il vantaggio di questa scappatoia attraverso introiezione dell’aggressore? Questo scompare come realtà
esterna e diventa intrapsichico.
In base al principio di piacere viene plasmato e trasformato in modo allucinatorio positivo o negativo.
Se da una parte l’aggressore intrapsichico può diventare un personaggio meno malevole e spaventoso di quello
che è nella realtà, esiste un peso terribile di questa operazione che riguarda il fatto, che da quel punto in poi
secondo Ferenczi la vittima non solo introietta i desideri del proprio aggressore, ma in realtà anche il suo senso di
colpa. Questa è una cosa che nella clinica e nella esperienza di coloro che lavorano con i pazienti violentemente
abusati è una costante assoluta ed è una delle dimensioni che è più difficile trattare psicoterapicamente. Cioè
queste persone si sentono orribilmente colpevoli per quello che gli è capitato, in un modo che va al di là di
qualunque spiegazione razionale.
Funzione dell’amico fidato → in grado di credere e sostenere le percezioni del bambino.
Reazioni alloplastiche → che modificano il mondo esterno, i suoi deboli tentativi in tal senso vengono respinti Autoplastica →
modificare la propria struttura psichica per una sorta di di mimetismo.
Viene descritta una patologia in cui l’io si scinde a causa dell'identificazione.
Il punto dell'identificazione è sostenuto soprattutto da quella capacità di adeguarsi così istintivamente e
immediatamente ai desideri dell'altro, questo è il segno che è venuta questa identificazione.
Il bambino non ha sufficiente struttura per pensare di provare a modificare il mondo esterno (quindi per esempio a protestare a
lamentarsi, a chiedere aiuto) e quindi intraprende la via del cedimento strutturale → questa è la modificazione autoplastica.

Personalità è costituita soltanto dall’es e super io (composta solo da impulsi e divieti, avendo perso la capacità di stare in
relazione con realtà esterna e interna, condizione di sofferenza estrema)→ l’io a furia di scissioni e identificazioni con
l'aggressore si frammenta completamente e quindi si perde la capacità del contatto con la realtà. Nel diario clinico Ferenczi
parla di una atomizzazione dell’Io che ad ogni accenno si situazione traumatica si scinde nuovamente fino che ciò che rimane è
una polverizzazione del io e lui dice che ci vuole veramente tanto coraggio e tanto ottimismo a pensare di potere di mettere
insieme i pezzi a partire da questa condizione. Come vivere in uno stato in cui in cui la differenza tra mondo interno e mondo
esterno è totalmente scombussolata. è uno sforzo di adattamento devastante a una situazione devastante che ha risultati
devastanti.
Il punto dello scontro con Freud, cioè la riformulazione della situazione di edipica attraverso la definizione di questo
stadio della tenerezza che è uno stadio di amore oggettuale passivo, cioè detto in termini colloquiali uno stadio
centrato sul bisogno dei bambini di essere amati dai propri genitori. Amati di un amore centrato sulla tenerezza, in
cui un troppo d'amore o un amore diverso da quello che è desiderato in questa fase, può portare a conseguenze
nefaste, altrettanto patogene della privazione dell'amore.
Il risultato può essere solo quella confusione delle lingue alla quale faccio riferimento nel titolo della mia relazione.
Titolo : La confusione delle lingue tra gli adulti e bambini, linguaggio della passione (degli adulti) e linguaggio della
tenerezza (quello dei bisogni dei bambini).
Qui c’è un'osservazione che secondo molti è rivolta a Freud stesso sul fatto di non sottovalutare il peso che può
derivare da un amore così ingombrante. Ferenczi dice : “i genitori, gli adulti e noi analisti dovremmo imparare a
riconoscere dietro l'amore di transfert, la sottomissione e l'adorazione di bambini, allievi e pazienti il desiderio
nostalgico di liberarsi di un amore così opprimente .Nella misura in cui aiutiamo il bambino, l'allievo, il paziente a
superare l'identificazione e a difendersi a un transfert così gravoso, possiamo dire di aver portato la loro personalità
a un livello più alto”.
Lui praticamente mette in allerta sul fatto che un troppo di amore del paziente nei confronti dell'analista potrebbe
essere segno di una situazione disfunzionale, perché in un certo senso uno degli obiettivi dell'analisi è proprio
quello di liberare il paziente da tutto questo amore nei confronti di tutte le sue figure di riferimento (genitori i maestri
gli analisti).

Nell'ultima parte dello scritto ci sono di nuovo delle osservazioni molto importanti su alcune conseguenze sulla
personalità di questo tipo di situazioni che ci portano a descrivere dei concetti nuovi che Ferenczi introduce per la
prima volta in questo scritto e che poi sono estremamente importanti proprio nella anche nella clinica delle persone
gravemente traumatizzate (pag 98).
Il bambino può fare un comportamento ludico gioioso o giocoso, ma se viene punito con rabbia con ferocia crederà
alla gravità e alla colpa e introietterà questa dimensione di colpa sviluppando a tutti gli effetti una situazione
depressiva.
Ripensare al famoso sogno del poppante saggio → perché Ferenczi in un certo senso capisce e descrive il vero significato di
quel sogno. “Viene da pensare a quello che l'ha beccata con un uccello ha fatto maturare troppo in fretta è reso troppo dolci o
alla precoce maturazione di un frutto bacato”. Questa è una dimensione molto importante è che viene descritta per la prima
volta da Ferenczi. Al giorno d'oggi la chiamiamo maturazione post-traumatica, cioè quella osservazione che le persone abusate
molto spesso hanno una personalità adultomorfa, cioè i bambini piccoli si comportano come se fossero adulte (nelle famiglie
multiproblematiche si vede tantissimo). “Il trauma può consentire a una parte della personalità di maturare improvvisamente
non solo a livello emozionale ma anche intellettuale”. “trasforma per così dire il bambino in psichiatra (di identificazione con
l’analista) per difendersi dal pericolo rappresentato dagli adulti privi di autocontrollo”.

Queste cause di così distorsione dell'evoluzione psichica del bambino possono essere legate all'amore passionale
e anche alla pulsione passionale. Poi infine ci pone sotto gli occhi un'altra modalità dicendoci che gli adulti
dispongono di un altro mezzo per legare a sé i bambini e lo chiama il “terrorismo della sofferenza”.
Che è un'altra forma di identificazione con l'aggressore. In conclusione ci dice che “se tutto ciò venisse confermato
credo che saremo obbligati a rivedere alcuni capitoli della teoria sessuale e genitale”.
Va al cuore della teoria freudiana → se c'è passionalità e senso di colpa, allora non si tratta del senso di colpa edipico (cioè nel
senso di colpa legato all'investimento di un oggetto vietato), ma dell'innesto del senso di colpa e della passionalità dell’adulto
nella fase della tenerezza nella struttura psichica innocente del bambino.
Lui dice io stesso “nella mia teoria della genitalità non ho tenuto conto della differenza tra la fase della tenerezza e
la fase della passionalità. Ulteriori indagini potrebbero può stabilire che misura nella sessualità della nostra epoca il
sadomasochismo è frutto di un condizionamento culturale (proviene dal senso di colpa introiettato) e in che misura
si sviluppi autoctono e spontaneo come fase organizzativa autonoma”.
Il paziente si difende dal proprio transfert e da quello dell'analista.
Lo sviluppo di nuove facoltà è proprio l'acquisizione di caratteristiche adulto morfe, cioè un bambino che comincia
per esempio a preoccuparsi dei propri genitori.
Processi mentali durante l’abuso → sussiste una sorta di disregolazione emotiva nella aggressore, ossia una condizione di
sofferenza psichica legata alle frustrazioni nella vita della persona adulta che inducono uno stato mentale nella quale la persona
adulta può scambiare la richiesta di tenerezza da qualcosa con una componente più passionale, se non addirittura di carattere
erotico o sessuale. Questa è proprio la confusione delle lingue tra gli adulti e bambini. Il secondo elemento fondamentale è la
questione del senso di colpa perché Ferenczi è molto interessato a discutere in un certo senso di come è possibile che il senso di
passi dalla psiche dell'aggressore a quella della vittima → da una parte questo viene descritto a un livello metapsicologico con
introiezione e identificazione con l'aggressore, dall'altra Ferenczi spiega una componente di tipo fenomenologico, ossia il fatto
che comunque l’aggressore sente i sensi di colpa e attivamente si comporta nei confronti della vittima con una sorta di rabbia e
istigazione al propria volta di una dimensione di contrizione vergogna o pentimento nella vittima stessa. Per esempio
l’ingiunzione a non parlare o a quella di minacciare la vittima in caso dovesse rivelare alcuni di questi elementi : sono tutte
dimensioni che effettivamente agiscono attivamente anche livello conscio sulla psiche della vittima. Ferenczi poi parla della
possibilità che la vittima sia anche oggetto di una sorta di Ipercostrizione educativa o di educazione moraleggiante e dovrebbe
in qualche maniera emendare questo tipo di comportamenti.

Ferenczi ritiene la scissione dell'io prodotta da l'identificazione con l'aggressore implichi la introiezione dei sensi di colpa e
quindi produca quella che oggi chiameremo una depressione reattiva, cioè il quadro clinico della persona abusata ha anche
questo carattere depressivo, perché la persona abusata rivolge verso di sé la rabbia e si autoaccusa. Quindi questa scissione
dell'io è esattamente una fenomenologia di tipo depressivo come quella che Freud descrive il lutto-melanconia, con l'aggiunta
del fatto che se questi traumi successivi e ripetuti questa sessione dell’io si va costantemente ripetendo. è un po' quel concetto
che poi anni dopo intorno agli anni 70-80 un famosa analista londinese che si chiama Masukkan → descriverà come trauma
cumulativo, cioè una sorta di continua ripetizione di eventi traumatici che di volta in volta si accumulano e aumentano il grado
di scissione e l'alterazione del contatto con la realtà nella vittima.
Abbiamo anche citato in riferimento ai contenuti del testo confusione delle lingue il tema del “trauma omissivo”, che
Ferenczi chiama anche omissione di soccorso che corrisponde alla mancanza di una funzione di testimonianza che
possa limitare o impedire questa sorta di collasso del senso di realtà che è caratteristico della conseguenza di
questi traumi gravi e soprattutto degli abusi.

Per quanto riguarda il tema del trauma cumulativo dov'è che anche fare riferimento alle ulteriori tipologie di situazioni abusanti
che sono scritte nel saggio che ferencziano → nelle ultime due pagine vengono definite delle ulteriori situazioni che riguardano
il cosiddetto terrorismo della sofferenza, cioè l’esporre il bambino allo stress e alla sofferenza proprio esibita da parte dei
genitori. Una situazione in cui lui si riferisce soprattutto alla bambina che diventa l'infermiera della propria madre, in cui una
richiesta costante e insostenibile di aiuto e di soccorso introduce una vera e propria inversione di ruolo, cioè la figlia si può
sentire il caregiver della madre e in questo viene alterata la sua struttura psichica, la sua collocazione nella rete sociale/nella rete
generazionale. Quindi di nuovo una fortissima alterazione dell’io, che però non avviene in una singola situazione, come può
essere quella di un abuso singolo, ma avviene attraverso la ripetizione di una serie di situazioni che sono caratterizzate sempre
dallo stesso tipo di dinamica abusante → in questo trauma cumulativo perché la dimensione traumatica si ripete nel tempo.
Stessa cosa riguarda, della rabbia cioè l'essere esposti dei bambini (ad adulti schiumante di rabbia) a una dimensione violenta,
che altera completamente il senso di sicurezza che può avere il bambino rispetto alla sua condizione di vita di nuovo, un altro
impatto ripetitivo che può essere diciamo devastante nell'accumulo di tutte queste situazioni nel tempo.
Trauma omissivo → ha a che fare con la mancanza di quella funzione che abbiamo definito funzione dell' amico fidato, cioè nel
momento in cui per esempio il bambino ha subito un abuso ed è confuso e non sa come leggere questa dinamica, può percepire
la situazione come totalmente incomprensibile e rivolgersi a una persona di fiducia che potrebbe essere anche un familiare, nel
tentativo di trovare una sorta di aiuto nella lettura. Se questa figura di fiducia valida l'esperienza psichica del bambino, ciò può
avere un fortissimo valore di tutela della sua salute fisica → prima di tutto attraverso la dimensione di credere alla verità del
racconto del bambino.
Questa è la prima dimensione di tutela della Salute fisica, cioè sottrarlo a quella necessità di cedere al punto di vista dell'adulto.
Viceversa però nel momento in cui questa questa richiesta venisse a cadere nel nulla e viceversa il bambino si trovasse di fronte
un adulto che ulteriormente minimizza, nega, cerca di non aver capito o sentire (che succede perché gli adulti della famiglia
possono immaginare che il venire alla luce di una situazione di abuso, significa un'alterazione totale della loro dinamica
esistenziale e molto spesso anche adulti sono anche coinvolti in queste situazioni di abuso) → in questo caso avviene questa
dimensione traumatica che senti trauma omissivo, cioè ciò che è traumatico non è semplicemente quello che viene fatto, ma
anche l'omissione di soccorso, cioè ciò che non viene fatto. E questo ci deve portare un po' a pensare al punto che Ferenczi
aveva trattato all'inizio del testo laddove diceva che tutta la sua revisione (quella che chiamava autocritica) era partita dal punto
per cui i pazienti nella disperazione della ripetizione traumatica in seduta,
lo accusavano di essere insensibile e di non andare in loro soccorso, quindi c'è proprio questa sensazione di disaiuto → di
trovarsi in una situazione insostenibile in assenza di qualunque elemento di tutela o di soccorso. Quindi di nuovo cioè una
connessione diretta fra la tecnica e la clinica.
Le dimensioni della clinica sono strettamente legati alla tecnica, sia dal punto di vista che è proprio all'interno del
setting analitico, osservando le condizioni in cui si presentano i pazienti gravemente abusati nella relazione con
l’analista, sia perché anche dal punto di vista dell'intervento terapeutico c'è una corrispondenza molto solida tra il
tipo di situazione clinica e il tipo d'intervento che viene posto in essere per riparare a quella situazione clinica.
Questione della modifica autoplastica o alloplastica cioè provare a modificare il mondo esterno, se questo non è possibile
essere costretti a modificare la propria struttura psichica. Volevo citarvi un termine che Ferenczi utilizza esplicitamente nel
diario clinico per definire proprio questa dimensione di scissione della personalità in due parti : una che subisce e l'altra che
diventa, attraverso la maturazione post traumatica, una sorta di soccorritore → una sorta in personalità ipermatura e dedita
completamente al soccorso e all'altruismo
Questa è una scissione verticale della personalità → emergono come due strutture di personalità incompatibili, parallele e
quella del soccorritore che porta aiuto → è un fenomeno che Ferenczi chiama “autoscissione narcisistica”, è considerato anche
questo meccanismo di difesa estremo rispetto alla sofferenza intollerabile connessa a questa situazione di abuso. è anche un
concetto molto importante che poi verrà utilizzato successivamente per la clinica.

A confusione delle lingue fra gli adulti e i bambini → passaggio chiamato “riflessioni sul trama”.
Dimensione dell'autoscissione narcisistica può essere osservata analiticamente → questo vuol dire attraverso la una particolare
configurazione dei sogni. Ferenczi riporta in testo una nota lettura della dinamica del sogno, in cui fondamentalmente il sogno
non è visto semplicemente come un appagamento di desiderio, ma è visto come una sorta di processo che rappresenta lo stato
della psiche. Questa è un'idea estremamente interessante che peraltro viene utilizzata molto nella psicoanalisi contemporanea
(Kohut che è un autore della fine del secolo scorso americano, capostipite del filone della psicologia del sé → questo tipo di
sogni vengono chiamati in modo abbastanza evocativo “sogni sullo stato del sè”, cioè che ci dicono qual è lo stato con cui l’io
percepisce se stesso. Il sé è un po' come una sorta di istanza autopercepita, il modo in cui percepiamo il nostro stesso stato
mentale).
Esempio di questa scissione narcisistica : “Si tratta di sogni che hanno una struttura doppia, come se la stessa scena venisse
vista da due prospettive diverse. Il primo sogno è una pura ripetizione. Il secondo sogno è un tentativo di venirne a capo da solo
in un modo o nell'altro e precisamente ricorrendo ad attenuazione e distorsioni, ossia una sorta di falsificazione. Per essere
ammesso alla coscienza il trama deve dunque sottostare ad una falsificazione ottimistica” Si collega con l’altro testo →
l'esperienza di realtà insopportabile, una volta introiettata nell’io viene aggiustata rendendola più sopportabile. Questo tipo di
processo Ferenczi lo chiama falsificazione ottimistica.
“Premessa di una siffatta falsificazione sarebbe la cosiddetta scissione narcisistica, come dire, la creazione di un
blocco di censura (e qui si riferisce a Freud) con una parte staccata dell'io, che in quanto intelligenza pura e
onnisciente valuta sia l’entità del danno, sia la misura in cui l'individuo può sopportarlo e ammette alla percezione
solo quel tanto di forma e contenuto del sogno che risulta tollerabile, presentando ove necessario come un
appagamento di desiderio.”
“Esempio di un sogno di questo genere (Pagina 105) : la paziente alla quale il padre anche in età adulta ha fatto
talora delle proposte amorose, porta per mesi un materiale che lascia pensare a un trauma sessuale infantile
risalente all'età di 5 anni. Malgrado innumerevoli ripetizioni fantastiche, incluso uno stato semionirico,
la paziente non riesce a ricordarlo né a portarlo ad un livello di coscienza. Molto spesso si sveglia da un primo
sonno profondo come a pezzi, con violenti dolori addominali, congestioni al capo e muscoli contratti come dopo una
violenta lotta, esausta e come paralizzata. Nel secondo sogno si vede inseguita da bestie feroci scagliata a terra,
assalita da banditi, laddove alcuni tratti secondari dell’inseguire le ricordano il padre e la sua gigantesca corporatura
lascia pensare all'infanzia. Personalmente considero il sogno primario una ripetizione nevrotico traumatica e il
sogno secondario un parziale superamento dello stesso senza aiuti esterni, ma per mezzo di una scissione
narcisistica (è una difesa primitiva perché altera in modo sostanziale la struttura dell'io).
Un sogno secondario di questo genere e aveva pressappoco il seguente contenuto : una lunga fila di cavalli
trascina quasi per gioco un carrettino sopra la cresta di una montagna, a destra e a sinistra dei precipizi. I cavalli
vengono spronati secondo un determinato ritmo. Non c'è un rapporto tra la forza complessiva di cavalli e la visibile
leggerezza Del compito. Forte sensazione di piacere. Improvviso cambiamento di scena, una fanciulla una
bambina, giace sul fondo di un imbarcazione bianca e come è morta. Sopra di lei esce un uomo gigantesco che la
schiaccia con il proprio viso. Nella barca dietro di loro si trova un secondo uomo, un signore che lei conosce
personalmente. La fanciulla si vergogna che l'uomo assistita alla scena. L’imbarcazione è circondata da ripide
creste montagnose straordinariamente alte che impediscono da ogni lato la visuale. Solo da una distanza di
misurata è possibile vedere oltre”.

“(commento di ferenczi) La prima parte del sogno secondario corrisponde alla scena già nota, desunta anche da materiale unico
precedente, nella quale la paziente scivola a cavalcioni sul corpo del padre e con infantile curiosità compie tutte le possibili
scoperte relative alle parti nascoste del corpo materno, mentre entrambi si divertono compiaciuti. La scena nel profondo stagno,
riproduce una visione dell’incapacità di dominarsi proprio dell'uomo. L'idea di ciò che direbbe a riguardo il mondo, la
sensazione di morte e impotenza e contemporaneamente in un modo molto autosimbolico (quindi vuol dire che il processo
simbolizza lo stato mentale del sognatore), la profonda perdita di coscienza che rende inaccessibili da ogni lato gli
avvenimenti. Solo Dio in cielo, un essere che vola a grandissima distanza (è come dire emotivamente disimpegnato) può vedere
quanto è avvenuto. Il meccanismo di proiezione derivante dalla scissione narcisistica è rappresentata a sua volta dallo
spostamento dell'esperienza vissuta dalla paziente stessa, su una bambina (è quella che si vede nel sogno morta).” tema della
scissione narcisistica e il tema della compresenza di parti di personalità che possono svolgere ruoli diversi e questa funzione
autosimbolica cioè un tentativo di rappresentare la dinamica psichica durante l'evento traumatico. Se il trauma è uno scacco
della capacità di rappresentare, queste oniriche che vengono poi poste in essere durante la terapia → sono proprio dei tentativi
di porre rimedio all'esperienza traumatica cercando di dare una forma, una rappresentazione agli stessi processi dissociativi che
sono sperimentati durante il trauma.

Descrizione letteraria della situazione di un abuso grave, in cui si possono vedere proprio i meccanismi della dissociazione →
cioè questo sorta di reazione all'abuso attraverso un distanziamento dalla situazione abusante. Viene descritta la dinamica
dissociativa della mente. Questa è una dimensione che proprio rimanda all'autoscissione narcisistica → alla condizione in cui la
psiche si allontana e si separa da sé stessa.
Testo sulla questione della clinica della dissociazione nelle esperienze traumatiche dei bambini.
Riferimento a questo testo preso dalla Sagra dei Melrose di St Aubyn, del 1992 in cui viene descritta l'esperienza
del protagonista che si chiama Patrick che in questa parte del testo è ancora un bambino e racconta proprio
l'esperienza dell'abuso da parte di questo padre sadico.“

“Commento a questo testo veramente evocativo per capire come si produce la dissociazione durante l'abuso.
Un senso di impotenza legato a emozioni intense di paura, di terrore, ma soprattutto legato a qualcosa di molto particolare, il
fatto che in situazioni di questo genere dentro le mura di casa la paura indotta dal caregiver non è risolvibile → non lo è con la
fuga con l'attacco che sono i mezzi di difesa che l'essere umano ha per proteggersi, perché attiva contemporaneamente il
sistema di attaccamento. Questo è un tema molto importante da considerare è la strutturazione di una paura senza risoluzione
che porta alla disorganizzazione.
c’è la sperimentazione di uno dei sintomi fondamentali della dissociazione e cioè la depersonalizzazione che
produce il bisogno di sfuggire dalla situazione drammatica, l'impossibilità di farlo e la necessità quindi di
allontanarsi dal proprio corpo. Il problema è che questo corpo diventa poi esattamente il luogo del trauma, è il luogo
del trauma originario, ma è anche il luogo della ripetizione del trauma nella storia.
Nel secondo volume viene descritta la tossicodipendenza di Patrick per la sua dipendenza da eroina che lo porta a
livelli estremi di orrore, di aggressione al suo stesso corpo, corpo che come diceva che tiene il conto, anche quando
la memoria e il senso quotidiano del nostro vivere non ricorda o non vuole in qualche misura avere più a che fare
con quello che è successo”.
Le intuizioni lette negli scritti ferencziani siano diventate elemento anche così centrale di una lettura contemporanea
della dimensione del trauma grave.
Fenomeno dell’autoscissione narcisistica legata all’impossibilità di sostenere una esperienza traumatica.

“Diario clinico” è un testo veramente un po' sui generis nel panorama della letteratura psicodinamica, perché non è
tanto chiaro, ma sembra che non fosse un testo immediatamente concepito per la pubblicazione.
Si tratta in effetti di una serie di note clinico teoriche che contengono delle date, che fanno riferimento all'andamento
di situazioni cliniche specifiche con i pazienti. In alcuni casi si tratta di una mezza pagina di commento, in altri ci
sono delle dimensioni che possono riguardare una decina di pagine. Però nella maggior parte dei casi sono scritti
molto brevi, ma estremamente interessanti perché in questi scritti Ferenczi è come se ci facesse vedere presa
diretta tutti quegli elementi della clinica e dell'interazione con il paziente che lo hanno portato poi ad avanzare
questa sua innovativa concezione dell'evento traumatico e relazionale.
Una dimensione interessante di questo scritto è che all'interno delle sezioni cliniche del diario, viene descritta la
relazione terapeutica con questa paziente Elizabeth Severn che era una psicoterapeuta americana che soffriva di
una disorganizzazione della personalità gravissima e che Ferenczi aveva curato per moltissimi anni con una
dedizione e un'intensità veramente rare e secondo alcuni anche eccessive. Lui per esempio le consentiva di venire
con lui in vacanza per continuare la terapia. Lei era esattamente quel tipo di donna autoritaria e testarda che
costituiva in qualche maniera un richiamo abbastanza diretto all'esperienza di dipendenza dalla sua stessa madre.
Nel diario clinico viene descritta l'esperienza dell'analisi reciproca, cioè l’ampass della terapia legata al fatto che
Severn contestava ferocemente a Ferenczi un sentimento di ostilità nei suoi confronti e di mancanza di fiducia che
attribuiva lei stessa delle caratteristiche del carattere e della personalità di Ferenczi.

Proprio sul tentativo di trovare una sorta di possibilità di fare la luce a questi sentimenti per potere continuare nella
terapia, Ferenczi si imbarca per circa 2-3 settimane in quest'esperienza un po' limite dell'analisi reciproca, cioè
accetta di abbinare all’ora di terapia quotidiana con la Severn, un'ora successiva di terapia in cui lui si sottoponeva
all'analisi nel ruolo del paziente e la Severn prendeva il ruolo dell’analista.
Questo tipo di situazione viene anche poi analizzata e criticata da lui stesso nel diario, perché lui dice che è una
situazione assolutamente non praticabile, perché fondamentalmente contrasta con la possibilità da parte
dell'analista di potere riferire liberamente i suoi pensieri. sia per la mancanza di tatto che potrebbe dimostrare nei
confronti di quella che comunque è la sua paziente, sia soprattutto perché ci sono dei vincoli di discrezione che
sono legati ai doversi che l’analista ha nei confronti degli altri pazienti. Quindi questo episodio dell'analisi reciproca
immediatamente abbandonato e criticato da Ferenczi stesso.

La pratica della reciproca suscita un forte scalpore nella comunità psicoanalitica del tempo e Ernest Jones che è
uno dei collaboratori più giovani di Freud e sarà poi importantissimo dal punto di vista della politica di sviluppo della
psicoanalisi in Europa e negli Stati Uniti dopo la morte di Freud, arriverà ad accusare pubblicamente Ferenczi di
avere avuto una crisi psicotica connessa al disturbo dell'anemia perniciosa, che lo aveva colpito dopo il congresso
di Wiesbaden. In un certo senso Jones darà l'avvio a una sorta di definitivo ostracismo degli scritti dell'ultima parte
della vita di Ferenczi da tutta la letteratura psicoanalitica.
Fino agli anni cinquanta e Sessanta sono stati proprio tolto di mezzo, non venivano citati e storicamente la conservazione del
pensiero di Ferenczi si deve all'opera di un famoso analista ungherese → Balent, il quale insieme alla Julien Dupont, che era
l'esecutrice testamentaria di Ferenczi (a cui venne lasciato il legato della cura di tutto il suo patrimonio i scritti e della sua
biblioteca) → lavorò perché questi scritti potessero essere tradotti in francese. Quindi l'edizione del diario clinico tradotta per
la prima volta pubblicata è stata Appunto quella francese, in italiano il diario clinico è stato pubblicato nel 2004.
Il primo convegno internazionale dedicato agli scritti del diario clinico si è svolto a Firenze nel 2007.
Autore statunitense che è molto importante soprattutto nella storia della psicodinamica dei gruppi → si tratta di uno psichiatra
statunitense e si Trigant Burrow. Lui è un medico che lavora all'interno di un'istituzione che accoglie pazienti cronici (per
esempio pazienti malati di diabete e altre forme di patologie croniche) ed è stato uno dei primi a sperimentare il gruppo
terapeutico come dimensione di sostegno al pazienti con malattie organiche croniche. Aveva conosciuto Ferenczi nel corso del
viaggio negli Stati Uniti del 1908, aveva deciso poi di coltivare questo suo interesse personale nei confronti della psicanalisi
freudiana. Rispetto alla psicoanalisi freudiana, intorno agli anni 20 Barrow comincia a prendere una posizione critica relativa al
tema della eccessiva simmetria e dell'eccessiva posizione di influenzamento e potere che l'analista potrebbe detenere nei
confronti del paziente. Una cosa interessante, non sappiamo se essendo consapevole o no dei legami concettuali di queste sono
posizioni con quelle di Ferenczi, perché non abbiamo nessuna idea se ci sia stato una progressione nel rapporti nella loro
conoscenza reciproca, però fatto sta che Barrow fu la seconda persona a sperimentare a sua volta un'analisi reciproca. In questo
caso però in una forma più prudente, anche se più sicuramente più diffusa nel tempo, perché per periodo di quasi 2 anni
sviluppò questo percorso di analisi reciproca con un collega psichiatra, proprio nell'ottica di vedere se questo tema legato alla
dimensione eccessivamente superegoica della posizione dell'analista freudiano poteva essere messo in discussione attraverso la
reciprocità. Effettivamente poi scrisse invece nelle sue relazioni su questo tipo di esperienza che di fatto l'analisi reciprocal non
aveva assolutamente nessuna utilità rispetto a questo problema del potere all’interno della relazione analitica, perché
fondamentalmente si risolveva nella nella sovrapposizione di due analisi totalmente asimmetriche. Analisi reciproca non
garantiva un riequilibrio dei ruoli, quanto piuttosto la riproposizione a ruoli invertiti dello stesso identico problema di una
eccessiva simmetrica.

Viceversa Barrow sviluppò una prima intuizione relativa alla possibilità che il dispositivo più adatto per accrescere
questa reciprocità e questa maggiore simmetria all'interno del setting il gruppo. Infatti lui fu il primo a spostare il
lavoro psicoterpatico dalla dimensione strettamente di sostegno legate ai pazienti organici, che era tipica della sua
attività ospedaliera del tempo a un tentativo di strutturare un primo gruppo di psicoterapia delle nevrosi basato sull'
allargamento al dispositivo di gruppo del tipo di professionalità basata sulle libere associazioni che era specifica del
modello psicoanalitico.
Quindi c'è anche un po' questo elemento di connessione fra gli scritti per Ferencziani e il grande filone delle
psicoterapie di gruppo che costituiscono un lascito importantissimo e che sono molto importanti al giorno d'oggi
soprattutto per l'utilizzo che poi si è andato affermando di questo tipo di dispositivi, all'interno delle strutture di salute
mentale e all'interno anche dei contesti di comunità. Questa è diventata una dimensione estremamente importante
per quanto riguarda il modello di presa in carico dei pazienti gravi.

Punto che vorrei sottolineare per quanto riguarda il diario clinico è la questione la reazione del corpo alla situazione traumatica.
L'analisi della sintomatologia fisica che i pazienti riproducono all'interno delle sedute. Questi scritti sono del 32-33 cioè di una
fase che precede la diffusione degli psicofarmaci, quindi quando si diceva che Ferenczi ci seguiva i pazienti gravi, si tratta di
una gravità che il giorno d'oggi difficilmente possiamo osservare, perché pazienti sofferenti diciamo se arrivano a una
psicoterapia lo fanno tutelati o accompagnati quasi inevitabilmente da un sostegno di tipo farmacologico. Quindi noi oggi
vediamo diciamo una sorta di dimensione in qualche modo schermata di questa sofferenza post-traumatica, perché possiamo
fare ricorso anche a questi presidi e acquisti ausili farmacologici → che costituiscono una sorta di sostegno all'integrità. dell’io.
Nei testi terenziani possiamo vedere proprio una sorta di forma pura sia dei processi di disintegrazione che avvengono nella
situazione traumatica, sia dei percorsi che consentono una reintegrazione dei contenuti psichici e quindi dell’io del paziente.
A questo proposito io vi volevo leggere la pagina del 20 febbraio per darvi un'idea di come la clinica ferencziana
possa essere raggiunta in presa diretta attraverso questo scritto. Questi testi spesso hanno un sottotitolo che dice
qualcosa dell'argomento principale che viene trattato nel frammento di quel giorno, il testo del 20 febbraio ha come
sottotitolo “a proposito della reciprocità” e dice :
“Persistente scontentezza, insoddisfazione per il risultato del lavoro svolto sui processi traumatici, con grande
impegno e per lunghe ore. Ora come sempre, riproduzione vivissima con tutti i segni della sofferenza, anzi
dell’agonia. Richiesta impaziente, non tante parole, domande semplici che stimolino il mio pensiero.
La sua voce manca del tutto di convinzione. A cosa serve che lei sappia tutto se io non so nulla di nulla?
Nient'altro che un facile ottimismo (Queste sono le parole del paziente che ci riporta) ;i trovo in un'estrema
necessità e mi si fa fare delle cose come quella di ricevere una dama della Carità verso la quale devo dimostrarmi
gentile, giuro che non lo farò mai più.
(Poi commenta Ferenczi) Seguendo un'improvvisa ispirazione, che mi era già capitato di avere in precedenza e
pressato dall'area necessità della situazione, “un terribile incidente e mi si lascia stessa qui a dissanguarmi perché
la gentile signora aspetta per il pranzo e in sovrappiù quell’insopportabile facile ottimismo”.
Preparo la paziente al fatto che devo comunicarmi qualcosa di estremamente penoso che generalmente non si dice
pazienti, sempre che lei sia sufficientemente forte per ascoltarmi. In realtà deve esserlo altrimenti non avrebbe
sollecitato un atteggiamento di reciproca sincerità. Con grande determinazione la paziente mi chiede una totale
franchezza, al che le confesso che ho effettivamente esagerato coscientemente quando le parlavo con insistenza
del prevedibile buono della sua analisi. In realtà ho spesso la paura che tutta la cura fallisca e che lei finisca pazza
o suicida. Non nascosi che farle questa comunicazione mi risultava estremamente penoso e doloroso, tanto più che
io stesso sapevo bene che cosa significasse essere messo di fronte a simili eventualità. Mi riferivo episodi della mia
prima infanzia. Inaspettatamente il risultato con quello di un totale acquietamento. Se a suo tempe avessi potuto
indurre mio padre a farmi una simile confessione della verità e a capire la pericolosità della situazione, avrei
conservato la mia salute mentale. Questa confessione mi dimostrerebbe che erano giusto quando parlavo di eventi
che apparivano impossibili perché non poggiavano su niente.

(Domanda) tutta questa idea di reciprocità non era stato forse solo savita al solo scopo di far venire in luce
qualcosa che il paziente supponeva ci fosse in me, ma che sentiva negato? Non era forse un antidoto
inconsciamente cercato contro le bugie ipnotiche dell'infanzia? Piena comprensione dei recessi più profondi della
mia mente, trascurando tutte le convenzione compreso quelle della bontà e del riguardo.
Se si fosse trattato di semplice villania o mancanza di pazienza non sarebbe servito a niente, ma la paziente vide
quale lotta avevo dovuto superare per decidermi a fare questo passo e quanto dolore mi aveva causato questo
compito crudele. Sapeva già da tempo che seguivo malvolentieri le operazioni chirurgiche a causa di ostacoli interni
a questo tipo di attività e che se possibile evitavo anche le autopsie.
In un altro caso non si raggiunge la convinzione neppure da mesi di ripetizione del trauma. La paziente dice molto
pessimisticamente “non sarà mai possibile che il medico sente esattamente con me gli eventi che sperimento. Egli non può
dunque essere partecipe delle motivazioni intellettuali e psicofisiche dell’esperienza”. Rispondo → tranne quando mi immergo
con lei nel suo inconscio e questo con l'aiuto dei miei personali complessi traumatici. La paziente è d'accordo ma prova una
differenza giustificata verso un tale procedimento mistico.”
Esempio di come i vari elementi della clinica sono proprio riportati in presa diretta ed è abbastanza sicuro che la
paziente sia proprio la famosa Elizabeth Seven dell’analisi reciproca.

Ultimo tratto che vi volevo leggere, che si connette molto bene al tema del valore dell’analista e terapeuta come testimone → a
quella funzione della dell'amico fidato. Frammento 31 gennaio, il testo si chiama la catarsi si arena, come intervenire”.
“Pare che i pazienti non possono credere o almeno non completamente alla realtà di un avvenimento se l'analista,
unico testimone del fatto mantiene un atteggiamento freddo anaffettivo e come i pazienti lo definiscono puramente
intellettuale, mentre gli avvenimenti sono di natura tale da suscitare in qualsiasi spettatore sentimenti e reazioni di
rivolta di angoscia di terrore di vendetta di lutto e propositi di un aiuto sollecito onde rimuovere o distruggere la
causa o il responsabile.
E poiché si tratta generalmente di un bambino e di un bambino ferito, vi è il sentimento di volerlo confortare
affettuosamente. Si può dunque decidere di prendere veramente sul serio il ruolo di osservatore benevolo e
soccorrevole. Vale a dire di lasciarsi effettivamente trasportare con il paziente in quel dato momento del suo
passato. Una pratica che Freud stesso mi ha rimproverato come proibita, con il risultato che entrambi noi e il
paziente crediamo in questa realtà e cioè in una realtà presente e non per ora collocata nel passato. Se adottiamo
questo punto di vista, cioè quello di cercare fin dall'inizio di presentare al paziente gli avvenimenti come immagini
imnestiche non reali, egli potrà anche seguirci in questo lavoro di pensiero, ma rimarrà bloccato nella sua sfera
intellettuale e non raggiungerà il sentimento di convinzione (parla degli elementi che servono a far recuperare il
senso di realtà rispetto al contenuto dei ricordi).
Non può essere vero tutto ciò che mi è capitato altrimenti qualcuno sarebbe venuto in mio aiuto.
Il paziente preferisce dubitare della correttezza del proprio giudizio, piuttosto che credere alla freddezza dei nostri
sentimenti, della nostra mancanza di intelligenza e in poche parole è la nostra stupidità e cattiveria”.
La convinzione può passare soltanto attraverso una risposta emotiva adeguata all'entità di ciò che viene raccontato.
“La volontà di guarire, cioè la volontà di considerare ciò che la realtà ha di penoso e anche quella del passato, è
stata rafforzata attraverso la sopportazione della delusione causata dall’analista e attraverso la benevola e docile
accettazione del limite, di quanto può essere effettivamente fatto. Tutto ciò porta ad analoghe modifiche
investimento sul materiale mnestico, fino a quel momento inconscio perché insopportabile. L'esito finale dell'analisi
del transfert e controtrasnfert può essere quindi lo stabilirsi di un'atmosfera benevola e non passionale, quale
presumibilmente era quella prima del trauma. Sulla base di questi principi generali bisogna cercare di applicare in
ogni singolo caso il parallelo dell'allenamento catartico”.
Attraverso la lettura del diario clinico non possiamo vedere proprio in presa diretta la natura di queste interazioni
nello scambio presente transfert e controtransfert, che hanno come finalità la possibilità di accettare la realtà del
trauma e attraverso questo processo di accettazione poterlo collocare nella dimensione del ricordo e non nella
direzione della dimensione della ripetizione.

Simpatia → capacità di sperimentare insieme al paziente il contenuto emotivo della risposta alla situazione traumatica. Quiindi
non basta accettare il trauma, ma bisogna accettare il trauma all'interno di una dimensione di soccorrevolezza. Quindi il punto
di arrivo è la sostituzione della dimensione passionale e angosciosa legata alla ripetizione traumatica dell'esperienza primaria
con una accettazione che si svolge all'interno di un clima di benevolenza e di considerazione dei propri limiti. Quindi anche di
una franca ammissione dei limiti e della non onnipotenza della figura del terapeuta nei confronti del paziente.
Addirittura in un altro brano del diario clinico ferenczi parlerà di certe situazioni in cui l'analista e il paziente si trovano insieme
come due fratelli piccoli che cercano di darsi diversi reciprocamente sostegno, quando sono terribilmente spaventati da
qualcosa. Quindi di fatto porterà questo tema della reciprocità a una dimensione molto simmetrica → nel testo del 31 gennaio
lui dice che “la possibilità di far sentire la simpatia e la volontà di aiutare il paziente passa per la comprensione e l'analisi dei
propri personali processi traumatici” → cioè la considerazione della propria personale paura e delle proprie esperienze
personali di disaiuto, che in questo modello ferencziano sono messe al servizio della funzione terapeutica.
Attenzione alla connessione fra clinica e teoria e ai diversi punti in cui il pensiero ferencziana costituisce un
significativo sviluppo delle proposte teoriche che abbiamo iniziato ad analizzare attraverso i testi di Freud, come ci
sono un'evoluzione, un avanzamento, in alcuni casi ripensamento anche importante di alcune considerazioni
freudiane.

Psicoterapia → termine usato per la prima volta per indicare terapia ipnotica, Freud per esempio scrive a proposito dell'uso
della psicoterapia facendo riferimento in questo senso al setting dell’ipnosi così come veniva utilizzata dell'800. Dopodiché la
questione del rapporto tra psicoterapia e psicoanalisi è una questione molto molto articolata → situazione attuale in Italia
(perché la declinazione della posizione della psicoanalisi all'interno dei panorama delle psicoterapie varia nei diversi paesi) in
Italia la formazione psicoanalitica appartiene a tutti gli effetti all'ambito dei psicoterapie. Quindi le scuole che formano gli
psicanalisti rispettano e verificano i criteri formativi che sono riferiti per legge a tutte le altre scuole di psicoterapia e questo è
così all'incirca da una ventina d'anni. Resistenze che hanno a che fare con la questione dell'analisi laica e cioè della possibilità
di considerare in linea di principio, una formazione per analisti che non sia esclusivamente rivolta a medici e laureati psicologia
così come avviene per legge in Italia. Effettivamente ci sono dei paesi in cui la formazione degli psicoanalisti non è riservata
esclusivamente a medici e psicologi.
La psicanalisi ha fatto più fatica rispetto ad altre psicoterapie ad approdare nel mondo della ricerca individuando
degli strumenti che fossero adatti a mettere in luce l'efficacia di questo tipo di trattamento. Ci sono delle difficoltà
metodologiche specifiche perché le psicoterapie psicoanalitiche sono delle terapie lunghe e quindi più un
trattamento è lungo e più manca una sorta di standardizzazione in valorizzazione e manualizzazione del
trattamento più è difficile fare delle ricerche che permettano un’inferenza di tipo sperimentale che possa
documentare l'efficacia di una terapia.
Sforzo di validazione empirica sia di processo cioè legata a come si sviluppano i risultato di una terapia di questo
genere, sia di esito per quanto riguarda questo tipo di impostazione.
Nel DSM 5 come vedrete nei clinica è stato fatto lo sforzo per cercare di distinguere una psicopatologia dipendente
dalla cultura con la definizione di sindrome culturali specifiche per particolari ambiti culturali e per particolare culture
come quelle africane o quelle giapponesi, da una definizione di quadri che potrebbero essere diagnosticati in modo
transculturale.
2 ambiti psicopatologici che Freud ha cercato di riscrivere metapsicologicamente, il secondo è quello della
melanconia, il primo è quello della paranoia cioè il modello connesso al caso clinico del presidente schreber in cui
viene data, attraverso il concetto di narcisismo secondario, una visione metapsicologica di una psicosi paranoide.
Il tema dell'angoscia può essere collegato a tutti e tre i livelli che riguardano l'apparato psichico nella seconda
topica, ossia esiste un’angoscia legata all’irrompere della pulsionalità, quindi legata al rapporto con l'es;
un'angoscia dell’io che è legata soprattutto al rapporto con la realtà e quindi da una parte ai traumi connessi alla
realtà esterna e dall'altra anche diciamo al dimensione legata all’integrità dell’io (che poi è direttamente collegata
alla capacità di mantenere il senso di realtà) e c’è una angoscia di tipo morale che è nel modello classico sul piano
della seconda topica connessa proprio il tema del senso di colpa. Quindi l'angoscia può avere origine a ciascuno
dei livelli del funzionamento descritti nella seconda topica.
Per quanto riguarda questo aspetto dobbiamo ricordare che, mentre nella originaria concettualizzazione freudiana negli scritti
che riguardavano per esempio l'isteria e i primi scritti del 900 → l’'angoscia è connessa sostanzialmente alla rimozione, verso la
fine della vita di Freud sviluppa il concetto di angoscia segnale → cioè l'idea che l'apparato psichico produce angoscia per
attivare le difese dell'io. L’angoscia è il segnale che produce l'innesto dei meccanismi di difesa, mentre nella prima
concettualizzazione l'angoscia era un po' una conseguenza del meccanismo di difesa in particolare, in quel caso si parlava della
rimozione. C’è un riorientamento nella concettualizzazione dell'angoscia.

Melanie Klein è una figura che costituisce una sorta di cardine nella storia della psicologia dinamica e nella storia
della psicoanalisi, perché viene considerata personaggio teorico di riferimento nel passaggio da una
concettualizzazione del funzionamento psichico (che ha come cardine la teoria delle pulsione) a una
concettualizzazione del funzionamento psichico (che viene poi definita in teoria delle relazioni oggettuali) che ha
come cardine la relazionalità e il rapporto con l'oggetto.
Implicitamente molti aspetti di questo riorientamento li abbiamo già scritti all'interno degli scritti ferencziani.
Se pensiamo per esempio alla questione della rivalutazione della teoria del trauma, alla questione della ristrutturazione della
dinamica proprio senso di colpa nella psiche del bambino, ecc → questi sono tutti chiari segni di come la dimensione
relazionale già in Ferenczi sia diventata il cardine della concettualizzazione psicologia dinamica della mente. Quello che è
successo è che successo è che gli scritti ferencziani sono stati oggetto di una sorta di rimozione collettiva, mentre gli scritti di
Melanie Klein hanno avuto risonanza enorme e si sono molto rapidamente costituiti come vero e proprio paradigma.
Alcuni elementi biografici di Melanie Klein → Scritti 1921-1958.
Nella sua biografia → enorme quantità di lutti. Lei nasce a Vienna dalla famiglia non particolarmente agiata ma colta. Nasce in
un gruppo di figli abbastanza numeroso e già all'interno della fratria Melanie incontra questa sua esperienza precoce di lutto.
Infatti quando lei ha solo 6 anni, viene a mancare la sorella Sidonì di 3 anni più grande di lei a cui Melania era legatissima,
perché sembra che questa bambina fosse una specie di genio e dedicavano parte del suo tempo a insegnare a leggere a scrivere a
Melanie.
Quando è un po' più grande, uno dei suoi fratelli a cui era molto legata → Emanuel viene colpito da una malattia cardiaca e
magari questo si iscrive alla facoltà di medicina e Melanie attraverso le frequentazioni del fratello e si avvicina lei stessa
all'ambito medico. Purtroppo all'età di 25 anni anche Emanuel viene a mancare per questa patologia cardiaca e di lì a poco
Melanie sposa un amico del fratello, un ingegnere chimico.
Questo matrimonio in realtà durerà solo per una decina d'anni, perché all'inizio seguirà il marito negli spostamenti legati alla
carriera di un ingegnere, ma molto presto deciderà invece di stabilirsi a Berlino per fare campobasso con i suoi figli che intanto
erano nati nella città tedesca e non seguire più il marito nelle sue peregrinazioni per il mondo. In questo periodo Melanie
subisce una sorta di profonda regressione e malessere connessa alla malattia di sua madre, che era una donna estremamente
autoritaria e possessiva che aveva dominato l'infanzia e la giovinezza di tutta la famiglia. Sulla base di questa problematica
decide di intraprendere la prima analisi che verrà poi svolta con un Sandor Ferenczi. C’è un affiliazione analitica fra loro due.
Ferenczi si accorge rapidissimamente delle qualità assolutamente straordinarie da un punto di vista clinico ed intellettuale della
giovane e la invita a sviluppare le sue intuizioni a proposito della possibilità di svolgere dei trattamenti con i bambini. Siamo
intorno agli anni 20 e tra il 20 e il 25 la Klein comincia a scrivere testi psicoanalitici → viene ammessa alla società
psicoanalitica grazie a questa sua produzione scientifica basata quasi esclusivamente all'inizio sulle sue osservazioni di metodo
e di clinica, legato al lavoro con i bambini piccoli e molto rapidamente entra anche in una sorta di competizione per la
supremazia in questo ambito della psicoanalisi infantile con la figlia di Freud, con Anna Freud. Anna intanto ha seguito anche
lei le orme del padre e si è dedicata allo sviluppo di un modello clinico per la presa in carico dei bambini e degli adolescenti.

Nel 21 la Klein divorzia definitivamente dal marito e decide di intraprendere una seconda analisi con un collega allievo di
Freud, famosa analista dell'epoca che si chiama Karl Abraham. A proposito della questione dei lutti Melanie Klein subisce
anche l'esperienza della morte del proprio analista a cui è legatissima, che muore circa dopo 2 anni di analisi con la Klein. Il
periodo diciamo della fine degli anni Venti, il 26 27 → è il periodo in cui la Klein raggiunge la fama internazionale come
analista di bambini, che viene diciamo consacrata definitivamente quando Ernest Jones le chiede di trasferirsi a Londra per
andare ad insegnare e fondare una linea di formazione di analisti, all'interno della società psicoanalitica britannica (dal 36
accoglie anche la famiglia Freud → che lascia Vienna).
Quindi all'interno della società psicanalitica britannica si crea questa sorta di situazione molto particolare dominata
dalla antagonismo di queste due donne. Ci sono delle differenze teoriche molto importanti nella Concezione della
psicoanalisi infantile della Klein e di Anna Freud. Queste differenze teoriche rischiano in qualche maniera di
spaccare in due la società psicoanalitica britannica che prima della Seconda Guerra Mondiale è attraversata da una
sorta di competizione nemmeno troppo strisciante, per definire quale sia diciamo il modello psicoanalitico tra più
rappresentativo dell'ortodossia freudiana e che sostanzialmente mette in discussione la liceità degli insegnamenti
della Klein e la possibilità che lei stessa venga espulsa dalla società psicoanalitica britannica.

Questa vicenda delle tensioni fra la Kein e la Anna si intreccia poi con una dimensione anche personale della vita
della Klein, che all'interno della società psicoanalitica britannica si trova a fronteggiare fra i suoi maggiori oppositori
la figlia Melitta che intanto è diventata a sua volta psicoterapeuta, che stata in analisi con Glover che è
annafreudiano. Melitta si trova in una situazione di contrasto nei confronti della madre.
Relazione ha come punto di caduta è la morte del figlio di Melanie di 18 anni, che cade durante una escursione in
montagna e muore precipitando. Melitta accusa la madre di essere stata la causa del suicidio del figlio.Questa
dimensione di tensione all'interno della società psicoanalitica britannica è però la prima situazione di un contrasto
teorico nel dominio della psicanalisi, che non si è risolto attraverso una scissione o attraverso l'espulsione di uno dei
contendenti dalla società stessa.
Infatti nel 1940 in piena Guerra Mondiale la società psicoanalitica britannica prende l'iniziativa di organizzare una serie di
dibattiti pubblici che vengono ricordati come le “controversial discussion” → in cui le due signore si guardano bene dal
prendere parte in prima persona a queste discussioni, ma delle allieve della Klein e di Anna Freud si incaricano di svolgere una
discussione pubblica dei fondamenti della teoria kleiniana → alla fine della quale arriva una sorta di verdetto salomonico, cioè
che si decide che la formazione psicoanalitica Kleiniana deve essere ammessa all'interno della società britannica. E si
costituiscono tre diversi gruppi di analisti a Londra → i cosiddetti Anna freudiani, i kleiniani e il gruppo degli indipendenti
britannici → che avrà un'importanza enorme, perché all'interno di questo troveremo forse le più importanti personalità
dell'ambito analitico della seconda parte del 1900 e segnatamente Wilfred Binot e Winnicott. Non si sono voluti schierare né
con Anna Freud né con la Klein. Questa controversia così feroce tra due donne poi non finisce in una scissione, ma in una
organizzazione della società che resiste ancora. Da allora ad oggi a struttura della società psicoanalitica britannica si è proprio
completamente stabilizzata su questo modello, che forse ha costituito una sorta di campo base anche per la riorganizzazione del
pensiero psicoanalitico a livello internazionale.

Il modo con cui la Klein concettualizza la psicoanalisi infantile parte dall'idea che i cambiamenti al dispositivo analitico e al
metodo che sono necessari per adattare il metodo psicoanalitico al lavoro con i bambini, devono essere ridotti al minimo e che
fondamentalmente devono essere dei cambiamenti che si concentrano sul fatto che il bambino → utilizza oltre al linguaggio
verbale, una serie di altri canali per esprimere le caratteristiche del proprio conflitto interiore e del proprio mondo interno. I
canali fondamentali che la Klein individua sono il gioco simbolico (il gioco con gli oggetti a fare finta dì) e il disegno.
Dopodiché una volta postulata la possibilità di utilizzare l'espressione libera del gioco, che quindi si svolge in una stanza in cui
bambino arriva e a disposizione una grande scatola che contiene i suoi giochi, che lui può utilizzare come vuole nel corso della
seduta (molto spesso si svolge anche a terra sul tappeto i bambini sono anche molto piccoli e che poi vengono riposti nella
scatola con il suo nome). Una volta appurato che il modo di espressione del mondo esterno del bambino non è limitato
all'espressione verbale, ma include anche queste sorte di rappresentazioni agite, che possono essere colte nel gioco simbolico e
nel disegno → secondo la Klein l'adattamento della Tecnica alla giovane età del bambino deve essere minima.
In particolare un punto fondamentale che la Klein sottolinea, riguarda la centralità dell'interpretazione come
strumento e intervento analitico per ridurre l'angoscia del paziente. Klein ritiene che ci sia una sorta di gradazione
nel modo con cui bambino esprime la sua angoscia attraverso le tre modalità del gioco simbolico del disegno e del
linguaggio verbale. Nel senso che quando l'angoscia è più pressante e vivida, il metodo di espressione è
prevalentemente motorio e è rappresentato dal gioco simbolico. Ma mano che l'angoscia diminuisce, si accede a
una modalità già un po' più simbolica che è quella del disegno e infine già in età molto precoce è necessario che il
bambino arrivi a poter esprimere il suo malessere e il suo disagio nella forma verbale, perché è solo la forma
verbale che diciamo la vera forma di simbolizzazione dei contenuti profondi che consente l'accesso completo di
questi contenuti alla coscienza.

Quindi la Klein ritiene che l'intervento fondamentale di adattamento della tecnica della psicoanalisi infantile riguardi
l'introduzione del gioco e del disegno, come analoghi delle libere associazioni, ma che in buona sostanza fatto
questo e considerata la necessità di rivolgersi al bambino con un linguaggio che sia adeguato alla sua età e al
livello di comprensione della sua età, non siano necessarie particolari adattamenti del dispositivo quando si ha un
paziente che come nel caso della Klein non poteva essere anche un bambino di meno di 3 anni.
Su questi aspetti Anna Freud aveva una concezione completamente diversa. Intanto lei dava moltissima importanza al fatto che
il bambino non va da solo in terapia ma portato dei genitori e quindi riteneva che la situazione di traslazione che è tipica
dell'analisi degli adulti → potesse essere resa più complessa (non eliminata) da ruolo e dalla presenza che i genitori carne ed
ossa svolgono nei confronti del bambino.
Questa considerazione la portava anche (in linea con una teoria dello sviluppo psichico classicamente legata a
quella del padre, Freud) a considerare del tutto inadatti all'analisi dei bambini prima dell'età della latena. Quindi
riteneva che potessero essere trattati analiticamente dei bambini soltanto dell'età della latenza in poi,
presupponendo che il tramonto del complesso edipico fosse una precondizione per la possibilità di sviluppare una
nevrosi di transfert e investire di investire di transfert la figura dell'analista.
Inoltre riteneva che proprio in virtù di questa complessità relazionale, in cui si trova ad essere il bambino in età
prescolare e scolare, fosse necessario far precedere l'attività classicamente analitica, da una lunga fase di grande
disponibilità emotiva ed affettiva dell'analista nei confronti del bambino che serve a creare un clima di fiducia, per
potere poi solo successivamente strutturare un percorso in cui si vanno ad interpretare i conflitti latenti e gli aspetti
profondi della psiche del bambino.
Il punto più controverso di tutti e che sta alla base del carattere veramente così innovativo poi della teoria kleiniana e anche
della sua capacità di lavorare con i bambini piccoli riguarda le motivazioni che la Klein adduce per spiegare come mai lei
riteneva possibile analizzare dei bambini addirittura in alcuni casi che non avevano compiuto nemmeno tre anni. Quindi come
fosse possibile considerare che lo sviluppo psichico di un bambino potesse essere già completo in un'età così precoce.
Chiaramente questa concettualizzazione è diversa dalla concettualizzazione dello sviluppo psichico freudiano. E qual è la
motivazione empirica che la Klein fornisce per sostenere in buona sostanza che a due anni e mezzo d'età il complesso edipico è
già bello che è tramontato → lei ritiene che lo sviluppo psichico dell’individuo o la strutturazione di apparato psichico si
completa entro i 3 anni. Lei pone alla base di questa sua osservazione un dato che secondo me è inoppugnabile → e cioè che se
noi compiamo delle osservazioni sul comportamento dei bambini intorno a 3 anni, possiamo ravvisare in maniera assolutamente
chiara ed esplicita che i bambini di 3 anni sono dotati di una capacità di distinguere il bene dal male → nel senso che provano
senso di colpa e rimorso per le condizioni in cui pensano di aver compiuto una cattiva azione o di essere stati cattivi.
Quindi in linea con il modello di formazione del super-io, la presenza del senso di colpa implica l’interiorizzazione di una
identificazione con l'autorità e quindi lo sviluppo di un super-io precoce. Quindi il primo dato teorico fondamentale che
distanzia da lo sviluppo della concettualizzazione kleiniana da quello di Freud è questa affermazione → che secondo la Klein
ha una base empirica inoppugnabile.
Lei non parte da una concettualizzazione teorica, ma parte dall'osservazione dei bambini e cioè il fatto che i
bambini così piccoli mostrano chiaramente di avere una considerazione di ciò che è buono e cattivo, di che cosa
significa essere buoni ad essere cattivi per esempio nei confronti dei genitori e che quindi abbiano una struttura
psichica in cui il super io è già ampiamente stabilizzato.

La Klein fa un lavoro estremamente attento di analisi delle sequenze di gioco e le ricollega anche a una serie di
tematiche che troviamo caratteristicamente rappresentante all'interno delle favole per i bambini piccoli.
Dalle quali si evince l’esistenza di un mondo di fantasia precoce, che secondo la Klein originariamente sono delle fantasie
connesse ai contenuti del corpo della madre → che è caratterizzato da tinte estremamente forti. Pervasivo nelle favole il tema
del mangiare e del essere mangiati → la Klein ritiene che la presenza così pervasiva di questa tematica nel mondo delle favole
→ segnali una sorta di chiara derivazione della struttura del super io dalla fase orale. Quindi lei ritiene che il super-io porti dei
segni assolutamente che non possono essere misconosciuti di una origine connessa al sadismo della fase orale.
Se ci riconnettiamo alla fase orale vuol dire che stiamo parlando di una dimensione dello sviluppo psichico che
percorre sostanzialmente il primo anno e mezzo di vita, quindi la Klein sta dicendo che dal suo punto di vista la
strutturazione del super Io avviene all'interno della fase orale e quindi è sostanzialmente conclusa quando il
bambino supera l'anno, anno e mezzo di età.
A due anni e 7 mesi - 2 anni e 9 mesi la struttura psichica del bambino è sostanzialmente non differente da quella
dell'adulto, dal punto di vista metapsicologico e quindi bambino è assolutamente capace di investire la figura del
terapeuta attraverso una relazione di transfert. Grande mistero : come avviene lo sviluppo psichico che abbiamo
conosciuto se questo deve essere sostanzialmente/completamente sviluppato all'interno della fase orale? Che cosa
significa che il bambino è coinvolto nel superamento del complesso edipico, quando ha 10 mesi 14 mesi o più?

Ci stiamo spostando verso la rilettura che ci porterà diciamo a concettualizzare il complesso edipico in una forma
che sicuramente non è a prima vista la stessa a cui ci siamo abituati negli autori analizzati.
La latenza è il periodo che si trova fra l’inizio dell’età scolare delle elementari e l'ingresso nella pubertà → nella
concettualizzazione freudiana è un'età in cui si ha una prima rimozione dei contenuti del complesso edipico e che poi con la
pubertà e a causa di rinnovarsi dell'intensità anche a livello morale degli stimoli fisici dello sviluppo della sessualizzazione del
corpo del ragazzo, dell'adolescente → viene ad essere riconfrontata con tutta la complessità della situazione edipica attraverso
la riedizione di questa situazione in adolescenza.
C'è un salto non indifferente → da una parte si parla dell'età della latenza e dell'adolescenza e dall'altra la Klein si dice che i
giochi sono fatti dalla fine del primo anno di vita.
Le favole sono prodotte dagli adulti, ma i bambini giocano costantemente fin da piccoli mettendo in scena delle attività con
carattere sadico → legato a tutte le forme fisiche del sadismo (mordono, rompono) → cioè nel gioco svolgono tutta una serie di
aggressioni degli oggetti di gioco, che secondo la Klein testimoniano della centralità di una dimensione aggressiva all'interno
del mondo di fantasia dei bambini piccoli.

Teoria della Klein può risultare per certi aspetti anche abbastanza fastidiosa. L’accostare queste dimensioni del
sadismo alla visione della primissima infanzia dava molto fastidio.
Ci sono degli elementi legati alla soprattutto alla concettualizzazione di quella che poi vedremo è la posizione schizoparanoide,
la posizione depressiva nel pensiero della Klein → sono proprio secondo lei due tappe dello sviluppo mentale → ma che poi
abbiamo riconosciuto come due modalità fondamentali del funzionamento psichico anche negli adulti → che sono delle
dimensioni talmente pervasive e talmente predittive dal punto di vista della clinica, che richiedono di fare lo sforzo di
comprensione e cercare di avvicinarci a questo tipo di teoria e a questo tipo di concettualizzazione con attenzione e interesse.
Seguire inizialmente La teoria dello sviluppo psichico Kleiniano per come lei l'ha descritta alla fine della sua vita attraverso una
sorta di percorso diacronico, che riprende le tappe dello sviluppo psichico dalla nascita alla metà del secondo anno di vita.
Questa descrizione della teoria non è il modo con cui la teoria è stata sviluppata dalla Klein → lei ha lavorato al contrario ha
descritto prima nei suoi scritti diciamo i funzionamenti più tardivi e poi all'indietro gli elementi che secondo il suo punto di
vista e il tipo di lavoro che andava facendo i bambini piccoli caratterizzano il funzionamento psichico nei bambini a partire dai
3 mesi di vita. Però dal punto di vista della chiarezza espositiva è sicuramente molto più conveniente procedere in senso
cronologico.
Iniziare discussione seguendo una sorta di teoria standard dello sviluppo psichico kleiniano a partire dalla nascita e
arrivare fino a metà del secondo anno di vita.

Un punto fondamentale di distinzione fra la concettualizzazione kleiniano dello sviluppo psichico e quella di Freud è
questa sorta di anticipazione veramente robusta della dimensione epica e del completamento dello sviluppo
psichico alle prime fasi di vita del bambino. La seconda differenza che la Klein stessa riconoscere nei suoi scritti
riguarda il fatto che la Klein postula insieme a Glover l'esistenza di un io fin dalla nascita.
Cioè ritiene che il bambino nasca avendo in dotazione un apparato psichico che ha già un io, e che questo io è in relazione con i
propri oggetti sin dalla nascita. Nel modello kleiniano non c'è nessuna menzione del narcisismo primario così come viene
descritto da Freud. Il bambino nasce dotato di un io primitivo che fin dall'inizio si relaziona con i proprio oggetti → oggetti che
però non delle figure che possiamo individuare nella persona dei genitori, ma nel modello kleiniano sono prevalentemente delle
funzioni e delle parti del corpo della madre. Cioè i primi oggetti dell'investimento dell’io primitivo sono sostanzialmente il seno
e il corpo della madre → in realtà il primo oggetto fondamentale è il seno. Quindi bambino nasce con un io primitivo che come
oggetto di investimento si rivolge al seno materno.
Qui interviene un punto fondamentale che la Klein ritiene essere perfettamente coerente con teoria freudiana.
Mentre Anna Freud riteneva che anche questo aspetto fosse qualche in modo travisato e accentuato in maniera
impropria negli scritti della Klein.

La Klein riteneva di essere assolutamente in linea con le formulazioni freudiane dell'ultima fase della vita di Freud. La Klein
assume come postulato di base dello sviluppo psichico, l’idea che la psiche umana alla nascita si confronta con un problema
universale → questo è il padronamento dell'angoscia che deriva dalla estroversione (quinta rivolgere verso l'esterno e quindi
verso l’oggetto che è l'unica cosa con cui primitivo è in contatto) della pulsione di morte. Lo sviluppo della Klein parte con un
problema cioè il problema di contenere l'angoscia che nel modello della Klein è immediatamente attiva fin dalla nascita a causa
della presenza della pulsione di morte. Questo vuol dire che lo sviluppo psichico in questo modello è dominato dal problema di
contenere l’angoscia. Cioè se la teoria freudiana è una teoria che si basa sostanzialmente sulla questione del rapporto dello
psichico al piacere al desiderio, la teoria Kleiniana secondo alcuni in maniera non sorprendente viste le caratteristiche della sua
biografia è invece una teoria incentrata sul tema di padroneggiare l'angoscia. Peraltro la Klein è la prima analista ad avere
codificato il metodo della cosiddetta “infant observation” → cioè dell'osservazione psicoanalitica dell'interazione madre-
bambino nei primi sei mesi di vita.
Quindi quando lei parla di angoscia del bambino piccolo sta parlando esattamente delle crisi di angoscia che si possono
osservare quando un bambino che piange disperato → cioè non è una angoscia metafisica, è l'angoscia che noi osserviamo
quando il bambino piange disperatamente. Quindi la Klein attraverso l'analisi di bambini diciamo di 2-3 anni e due anni e
mezzo tre ritiene di essere riuscita a raggiungere una specie di interpretazione sulle esperienze dell'angoscia precoce, che il
bambino prova nei primissimi mesi di vita e ha costruito la sua teoria psicanalitica proprio su questo. è una teoria psicoanalitica
che ha dei fondamenti osservazionali, ma anche una fortissima tendenza speculativa.

Quindi il bambino nasce dotato di un io e questo io può mettere in atto meccanismi di difesa. La Klein dice che è un io
primitivo e questo vuol dire che mette in atto difese primitive e qui c’è la prima concettualizzazione del funzionamento psichico
a partire dai 3 mesi di vita del bambino che poi costituisce la base dei funzionamenti mentali primitivi che noi osserviamo negli
adulti o in una forma estrema anche nelle condizioni della psicopatologia grave della psicosi. La Klein ritiene che la difesa
psichica fondamentale che io primitivo ha a disposizione per fronteggiare queste angosce originarie → è la scissione.
Scissione → vuol dire che l'esperienza di rapporto con il seno viene vissuta in due modalità completamente antitetiche. Cioè
esiste un tipo di esperienza in cui il seno è completamente soddisfacente, sempre presente e rappresenta una sorta di immagine
di tutto ciò che c'è di desiderabile al mondo ed è l'esperienza del seno che presente → del seno buono. Quando il bambino è in
rapporto con il seno buono si sente buono anche lui e in qualche modo introietta nell’io questa esperienza di seno buono.
Quando però il bambino è alle prese con una quota di angoscia endogena alta o un'angoscia che proviene dall’assenza del seno
o dalla frustrazione dei suoi bisogni da parte dell'ambiente → allora il bambino sperimenta una condizione psichica che la Klein
chiama relazione con il seno cattivo. Il seno cattivo è sostanzialmente il seno assente.
L'intuizione clinica fondamentale della Klein è stata quella di capire che queste due modalità di rapporto → col seno buono e
con seno cattivo, sono due modalità completamente separate di rapporto con la realtà.
il bambino o sta benissimo quando ha il rapporto con seno buono o sta malissimo quando entra in rapporto con
seno cattivo.

Peraltro quando è in rapporto col seno cattivo, siccome l'unica cosa che lui può fare è proiettare la sua aggressività sul seno o
introiettare il rapporto col seno cattivo, il seno cattivo diventa qualcosa che ha anche un’esperienza interna. Klein è molto brava
nel descrivere attraverso per esempio le sequenze di gioco dei bambini, tutto un mondo di rappresentazioni psichiche in cui le
sensazioni corporee che possono essere per esempio legate a disturbi fisici, dei disagi, delle tensioni → vengono figurate come
aggressioni da parte di persecutori interni. Esempio penso alla fame, nel linguaggio corrente noi utilizziamo i morsi della fame
per dire che abbiamo fame, quindi attribuiamo alla fame il carattere di un oggetto persecutorio che ci morde lo stomaco questo
è esattamente il nucleo dell'idea che ha la Klein del modo con cui bambino piccolo vive i segnali di angoscia che provengono
dal funzionamento del suo corpo. Psichicamente li percepisce sotto forma di oggetti interni cattivi che lo aggrediscono
dall'interno → questo è linguaggio che lei utilizza per descrivere questo tipo di situazione. Dolori corporei → ci sentiamo
perseguitati da ciò che ci fa male.
Secondo la Klein questa è la classica condizione psichica che corrisponde alla dimensione di rapporto con un
oggetto cattivo. Oggetto che si trasforma in un persecutore interno, può essere un dolore corporeo, ma può essere
esperienza legata all'assenza dell'oggetto invece che ci protegge che ci tutela che ci consola o che ci contiene.

Nello psichismo di una persona adulta → penso a situazioni di gruppo, in cui all'interno del gruppo si può strutturare una
situazione o dimensione che costituisce un ideale assoluto e tutto ciò che non corrisponde all'ideale è visto come male assoluto.
Nel gruppo si vedono molto bene questi fenomeni primitivi di polarizzazione, per cui il rapporto con la realtà passa attraverso la
costruzione di una dimensione che viene totalmente idealizzata e a scapito di tutto il resto che invece viene totalmente svalutato
o ancora peggio sentito come relazione persecutoria.
La Klein utilizza il termine oggetto parziale per riferirsi originariamente a una parte del corpo della madre che può
essere oggetto di un investimento da parte dell’io primitivo. Quindi l'oggetto parziale fondamentale è il seno che il
bambino piccolo sperimenta questa doppia modalità di rapporto con il seno buono e di rapporto con il seno cattivo.
Siccome nel momento in cui sperimenta angoscia ha solo a disposizione la relazione con il seno per proiettare all'esterno questa
angoscia e quindi per non soccombere completamente all’angoscia, secondo la Klein insieme alla scissione l'altro meccanismo
fondamentale che costituisce il nucleo del funzionamento primitivo della mente è la proiezione. Quindi il seno cattivo da una
parte è cattivo perché non soddisfa, ma dall'altra secondo la klein in maniera forse ancora più radicale e fondamentale diventa
un seno cattivo, perché è il ricettacolo delle proiezioni delle componenti ostili dello psichismo del bambino che sono una una
parte inevitabile del funzionamento psichico, perché determinate endogenamente dall'attivazione della pulsione di morte.
Quindi è come se ci dicesse che questa ostilità che il bambino nella sua crisi di angoscia ha, non può rivolgersi altro che verso
l'unica realtà psichica con cui bambino è in relazione ossia il seno. E quindi il rapporto con si seno cattivo si struttura anche
nella condizione in cui la realtà esterna, l'accudimento è molto favorevole → perché qualunque bambino anche più amato e
meglio accudito del mondo deve padroneggiare il suo rapporto con l'angoscia primitiva.

La Klein è molto netta nel sostenere che il seno cattivo è comunque una componente della realtà psichica del bambino piccolo,
perché l'attivazione della pulsione di morte produce una tensione aggressiva che viene indirizzata verso l'unico oggetto con cui
il bambino è in relazione → quindi con il seno. è questa componente di angoscia endogena che viene a creare l'oggetto cattivo
→ è come se volendo provare a raffigurarlo con una sequenza presa da un'età più adulta → il bambino che si sente arrabbiato
dice ala madre “tu sei cattiva”, al posto di dire “io sono arrabbiato” e dopodiché dicendo “tu sei cattiva” si sente cattivo anche
lui.
Questo sarebbe il processo per cui il seno cattivo è un oggetto esterno, ma diventa anche una componente dell’io.
L'angoscia è un sentimento interno innato perché dovuta l'attivazione della pulsione di morte.
La Klein ritiene che lo sviluppo psichico dell'essere umano si gioca sul fatto che l'amore deve prevalere sull'odio e
che la sanità mentale deriva da un processo psichico in cui faticosamente si arriva alla condizione in cui l'amore
prevale sull'odio.
Questo funzionamento psichico primitivo che la Klein colloca fra il terzo e il sesto mese di vita si chiama posizione
schizoparanoide, perché i due funzionamenti fondamentali che l’io mette in atto sono la scissione (il termine
schizzo) e la proiezione (quindi paranoide). Usa il termine posizione e non fase, perché come questo tipo di
funzionamento può ritornare in qualunque momento della vita e quindi non è una frase che viene superata una volta
del tutto, ma è una sorta di assetto e modello del funzionamento mentale ed è la prima descrizione del
funzionamento mentale primitivo della mente.
Termine posizione che sostituisce quello di fase del modello Freudiano proprio perché la Klein ci farà vedere che
questi modelli del funzionamento sono modelli del funzionamento mentale con cui noi ci confrontiamo per tutta la
vita.

Abbiamo definito un modello dello sviluppo del bambino che nel pensiero della Klein viene anticipato in maniera
estremamente significativa rispetto al modello pulsionale freudiano. Perché la Klein sulla base delle osservazioni sulle
caratteristiche del comportamento dei bambini in età ampiamente prescolari (3-5 anni), ritiene di poter osservare un senso
morale e una capacità di distinguere il buono dal cattivo nei bambini già in un'età così precoce e di conseguenza prende questa
dimensione come segno dell'avvenuta interiorizzazione delle norme → ovvero dell'avvenuta interiorizzazione del complesso
edipico, quindi della rimozione delle dinamiche del complesso edipico e della costruzione del super-io.
Quindi nel modello kleiniano parliamo molto spesso dell'esistenza di un super-io precoce, che tende ad essere
rappresentato attraverso la presenza di modalità istintuali che hanno a che fare con il funzionamento della fase
orale.
Il bambino piccolo mostra di avere nel suo comportamento la capacità di distinguere buono e cattivo e un'esperienza psichica
di se stesso come buono o come cattivo. Per quanto riguarda la dimensione così precocemente la dinamica psichica alla fase
orale si tratta dell'analisi delle caratteristiche soprattutto dei disegni e delle produzioni di gioco precoci dei bambini, che fanno
vedere che il loro mondo interno è il dominato da questo tema della dimensione orale → l'aggressione orale all'oggetto o della
paura di essere fondamentalmente a propria volta oggetto di un'aggressione di tipo orale.
Superata la fase orale per Freud si osserva la fase anale e poi la fase fallica ed è soltanto diciamo alla fine della
fase Fallica e con l'ingresso nell'età della latenza noi osserviamo il tramonto del complesso edipico e la della fase
fallica che con l’ingresso nella età della latenza osserviamo il tramonto del complesso edipico e formazione di
queste strutture normative (nel modello freudiano).
L’idea che Klein cerca di veicolare → cioè cìè da una parte una sensazione di essere in rapporto col seno cattivo quando il seno
è assente o quando il seno è frustrante, ma d'altro canto secondo il modello kleiniano c'è una sorta di esigenza di base che non
può essere comunque elusa che è quella di contenere questa dimensione endogena aggressiva, che viene proiettata sul seno in
quanto oggetto parziale con cui il bambino è in relazione e lo rende corrispondente a un'esperienza di seno cattivo.

L'utilizzo che fa la Klein del termine scissione (trovato all'interno dei testi di metapsicologia freudiana e ne abbiamo
parlato a proposito nel testo lutto e melanconia quando si parla dell'identificazione con l'oggetto d’aiuto. Poi nei testi
ferencziani quando si parla di l'introiezione dell'aggressore che diventa quindi una componente dell’io stesso quindi
nel processo cosiddetto di identificazione con l'aggressore).
Nella Klein la scissione precoce, caratteristica della posizione schizoparanoide, è primariamente una polarizzazione
dell'esperienza con l'unico oggetto con cui bambino è relazione che in realtà non è soltanto il seno, ma l'esperienza
del seno viene vista come l'esperienza determinante della vita psichica del bambino.
Quindi avviene è questa sessione tramite una polarizzazione molto intensa ed estrema fra la dimensione positiva e
la dimensione negativa persecutoria. Quindi c’è sia la separazione del buono dal cattivo, che il processo di
introiezione e proiezione delle componenti aggressive che caratterizzano la formazione del seno cattivo. Però una
cosa importante che è che nella Klein la scissione è prima di tutto una scissione fra l'esperienza totalmente positiva
e quella totalmente negativa.
Avevo fatto un accenno ai gruppi perché nei gruppi o osserviamo spesso queste polarizzazioni. Pensare per esempio a un
gruppo organizzato attorno a un'idea dominante e molto investito pulsionalmente → ciò che è a favore della squadra è buono,
ciò che è contro la squadra il cattivo. Cioè una logica di cui parlava la Klein è → chi non è con me contro di me. Quindi in
questo senso c'è questa scissione tra un'esperienza totalmente positiva e un’esperienza totalmente negativa.

Esempio : esperienza quando si arrabbia moltissimo con una persona cara per capire cos’è comparsa del seno cattivo →
reazione che uno può avere nel momento in cui apprende o sospetta che una persona amata l'abbia tradito. In quella fase si
trasforma in modo quasi istantaneo in un mostro, in un persecutore.
Il seno cattivo prende completamente il posto del seno buono, quindi la relazione da una relazione ragionevole o
anche affettuosa idealizzata in senso positivo si trasforma immediatamente/istantaneamente una relazione con un
oggetto mostruoso e persecutorio.
Una delle componenti interessanti del modello kleiniano è che la Klein si rende perfettamente conto che questo oggetto cattivo,
quindi per esempio il fidanzato che ha tradito la fiducia della fidanzata, diventa in grado di annientare e minacciare fino anche
ad annientare → l’oggetto buono interiorizzato. La delusione e il sentimento che esplode nel momento in cui si apprende del
tradimento spazza completamente ciò che di buono si è depositato dentro di noi nella relazione con quella particolare persona.
Quindi in termini Kleiniani → l'oggetto cattivo interiorizzato attacca e annienta l'oggetto buono ideale interiorizzato.
Quindi questa scissione, che noi vediamo nel funzionamento della posizione schizoparanoide, ha anche una sorta di funzione di
conservazione → cioè è come se la Klein ci dicesse che nella psiche precoce del bambino o quando in atto andato nella nostra
vita dei funzionamenti primitivi (e cosa che secondo lei avviene costantemente anche negli adulti) è fondamentale tenere
separate le esperienze cattive da quelle buone, perché le mettiamo troppo contatto → allora la dimensione cattiva aggredisce e
annienta la dimensione buona della nostra esperienza.
A qualche livello si tratta di funzionamenti che alterano il contatto con la realtà.

Altro esempio : immaginiamo semplicemente una situazione in cui uno aspetta un amico che gli deve dare un
passaggio da qualche parte, questo amico sta ritardando senza avvisare. Può esserci una sorta di fase in cui si
transita per una demonizzazione di questo comportamento e dell'amico, ma che entro certi limiti si può anche
pensare che ragionevolmente uno ha continui a ricordarsi anche tutte le cose buone e positive nel rapporto con
questo amico. Allora nel linguaggio della Klein un comportamento di questo genere corrisponde a situazione in cui
la scissione tra esperienza buona e esperienza cattiva non è così estrema, ma permette di mantenere il contatto
con qualcosa anche dell'altra relazione.
Quando la scissione invece è totale effettivamente siamo in presenza di una alterazione significativa del contatto con la realtà,
perché perdiamo totalmente di vista per esempio ciò che di buono c'è all'interno di una relazione e ci focalizziamo → entriamo
in sintonia esclusivamente con la componente negativa e distruttiva.
Scissione diventa patologica quando è strettamente persistente nel tempo. Tutti transitiamo per degli stati d'animo molto
polarizzati, il punto è che di solito dopo un po' questa polarizzazione viene meno perché rientriamo in contatto anche con gli
altri aspetti dell'esperienza (ci ricordiamo le cose positive). Diventa patologica nel momento in cui diventa anche estremamente
dura → una dimensione difficilmente superabile.
Alte aspettative sono un segnale che noi siamo in rapporto con un oggetto interiore idealizzato → cioè non tanto con
un'esperienza buona ma ragionevole, ma con un'esperienza ideale. Quando noi sentiamo la presenza di questa componente
fortemente idealizzata nel modello kleiniano → questo è un segnale di una forte polarizzazione dal punto di vista positivo,
quindi il seno ideale è diverso dal seno buono e tendenzialmente e un seno le cui capacità positive. (Seno → esperienza con una
certa realtà, relazionale o anche di altro tipo). Alte aspettative significa che siamo in presenza non di un seno buono ma di un
seno ideale → può essere un oggetto molto persecutorio (cadere da un gradino molto alto → ci si fa più male).

La persona adulta o comunque una persona che ha un io maggiormente integrato e coeso, è come se resistesse a
questa scissione o a questa polarizzazione e quindi tende a tenere insieme in modo doloroso le due componenti.
Quindi è l’io che non resiste alla polarizzazione che determina questa sensazione di forte lotta e che poi la Klein
identifica come la ambivalenza emotiva che era componente cruciale dello sviluppo psichico che lei sta
descrivendo. Però se vogliamo pensare la polarizzazione dobbiamo pensare a quella che è la reazione istintiva che
uno può avere nel primo momento in cui viene ad apprendere la notizia (per dire).
Qui stiamo parlando di meccanismi preventivi di difesa e potremmo dire a questo punto che ciò da cui ci si difende nella
posizione schizoparanoide è l'ambivalenza emotiva verso l’oggetto → cioè la presenza di elementi buoni e cattivi nella stessa
esperienza. Quindi non è che noi teniamo separati o non separati a nostra volontà → stiamo descrivendo meta psicologicamente
una fenomenologia legata alle esperienze in cui compare questa componente aggressiva o ostile. Ma possiamo leggere una
maggiore capacità di tenere insieme aspetti positivi e negativi di una certa esperienza, come indice di una maggiore coesione
dell’io, perché l'io primitivo è meno coeso e si scinde.
In ambito clinico si osservano delle situazioni in cui succede che più è forte il legame emotivo con un certo oggetto,
più la reazione può essere violenta addirittura distruttiva. Quindi secondo me clinicamente la variabile che fa la
differenza, non è tanto l'intensità del legame ma il grado di coesione dell'io. Un Io più coeso regge una maggiore
ambivalenza nei confronti dell'oggetto d'amore, un Io più immaturo o meno coeso invece no.

Concetto che ha portato più conseguenze, più ampliamento della teoria e della conoscenza in ambito psicoanalitico di tutti i
tempi (più impatto)→ proposto dalla Klein e relativo a un ulteriore meccanismo di difesa della posizione schizoparanoide che si
chiama “l'identificazione proiettiva”.
Il testo a cui si fa riferimento universalmente per l'introduzione di questo concetto è uno scritto del 1946 pubblicato
sull'international Journal of psychoanalysis, che si chiama “Note su alcuni meccanismi schizoidi” che è in assoluto
l'articolo più citato di tutta la letteratura psicodinamica (questo anche al giorno d'oggi).
Il portato così innovativo di questo concetto di identificazione proiettiva. Fondamentalmente la Klein dopo aver
descritto questi meccanismi di scissione e proiezione individua una ulteriore modalità con cui l'io primitivo e
l'apparato psichico immaturo del bambino, può fare fronte e cercare di gestire le sensazioni di angoscia.
è una fantasia di potere mettere dentro un'altra persona le parti cattive di sé e far trovare a quella persona le
opzioni e le sensazioni sgradevoli che noi stessi non siamo in grado di tollerare.
Quindi il bambino per esempio può proiettare nella mamma la paura e l'angoscia → la mamma ha due possibilità nel momento
in cui riceve questa proiezione : può cercare di elaborare questa angoscia e restituirla al bambino in una forma più accettabile e
di più digeribile oppure viceversa soccombere completamente rispetto all'evoluzione ed elaborazione di questi sentimenti e di
conseguenza riproiettarli in maniera violenta → quindi fare una contro identificazione proiettiva nei confronti del bambino.

Allora facciamo un esempio concreto sempre relativo alla situazione infantile → bambino sta giocando e cade dall'altalena, si fa
male e corre piangendo dalla mamma → questo bambino è in preda al dolore e al panico e attraverso il comportamento (urla)
trasmette / veicola l'angoscia che lui stesso sta provando nei confronti del suo caregiver. Allora la mamma che si attiva, si rende
conto che il bambino spaventato a sua volta si spaventa (si rende conto di essere spaventata), però mantiene un contatto con la
realtà e quindi si attiva anche per consolare, per disinfettare e porre rimedio, per minimizzare, per tranquillizzare → è una
mamma che sta ricevendo di identificazione proiettiva del bambino e la sta restituendo in una forma matura ed elaborata.
La mamma che va in escandescenze e si mette a strillare ancora più forte del bambino o peggio ancora lo aggredisce perché si è
spaventata della ferita del bambino stesso → è una mamma che reagisce alla proiezione del bambino, come una contro
proiezione = gli rimanda le emozioni e i contenuti emotivi che il bambino sta cercando di proiettare, di fornire alla madre
perché possa essere tranquillizzato in una forma assolutamente amplificata.
è un meccanismo di difesa bipersonale → punto per cui peter è diventato famoso, prima volta nella storia della psicologia
dinamica in cui noi assistiamo al fatto che un meccanismo di difesa non avviene all'interno dell'apparato psichico di un
individuo → ma avviene nella relazione tra due persone. Quindi è il lavoro in cui si rompe il guscio della struttura psichica
individuale freudiana e ci si apre in maniera sostanziale alla dimensione multipersonale del funzionamento psichico (in
particolare nella Klein ancora bipersonale del funzionamento psichico).
Si chiama identificazione perché? I sentimenti che vengono proiettati e le esperienze emotive che vengono proiettate nell'altro
→ mantengono comunque anche un forte legame/ strutturano un forte legame psicologico tra le due persone coinvolte in
questa situazione.

Esempio → ci sono persone che reagiscono quando vengono aggredite mantenendo una apparente calma serafica e di solito
questa mancanza di reazione all'interno di una situazione di rabbia, finisce con generare una sensazione di rabbia ancora
crescente nella persona che è coinvolta in questo conflitto (non c'è niente che ci può fare arrabbiare di più che non arrabbiarsi
con una persona che non si arrabbia → perché tendenzialmente pensiamo che quello lo sta facendo apposta per farci arrabbiare
ancora di più → mi ha tirato gli schiaffi dalle mani = una controparte metaforica dell'esperienza dell'identificazione
proiettiva).
Esperienza in cui ci sentiamo forzati a sperimentare un certo tipo di sentimento. Nei confronti dei pazienti certe
volte può avvenire di provare un sentimento ostile che magari il terapeuta non si riesce nemmeno tanto a spiegare,
ma è come se dovesse continuamente lottare con qualcosa che lo forza ad essere, per esempio molto più
assertivo, molto più diretto, molto più rigido nei confronti di un determinato paziente. C’è proprio una sensazione
chiarissima di qualcosa che ti forza ad adottare un certo tipo di comportamento.
Quando si verificano queste dinamiche interpersonali poi le persone rimangono molto legate perché è come se si perdesse i
confini fra quello che è mio e quello che è il tuo → cioè tu stai provando un'emozione, ma quella ha un'origine psichica che non
è dentro di te, ma dentro di me.
Quindi la parte identificativa del rapporto deriva dal fatto che c’è passaggio di un elemento della vita psichica da
una persona all'altra, ma questo impedisce poi la separazione e crea un legame che che altera la separazione delle
individualità psichica delle due persone.
→ le coppie in crisi sono coppie che non riescono a stare insieme, nemmeno a separarsi → uno agisce degli elementi che
appartengono alla vita dell'altro e quindi è impossibile, se non si riesce a lavorare all'interno di questa dimensione delle
identificazioni proiettive, arrivare a una reale separazione delle due persone.

Questi concetti e queste difese della teoria kleiniana sono inquadrabili con il tipo di lettura che noi diamo in generale
in ambito psicodinamico di tutti i processi di difesa. Si tratta del fatto che la differenza fra la soluzione
psicopatologica e la soluzione invece “adattativa”, non è di ordine qualitativo ma quantitativo.
Si tratta non del fatto che le persone fra “normali” non usano l’identificazione proiettiva, anzi la usano eccome → il problema è
che in presenza di una psicopatologia grave come una sindrome psicotica questi meccanismi sono perversi e costanti, quindi
possono portare anche alla sensazione di essere in contatto con dei persecutori. Cioè nella paranoia il senso di essere ispirati e
perseguitati che viene ad essere proiettato su una particolare relazione, molto spesso finisce con causare nei comportamenti che
sono del tutto coerenti con questo tipo di proiezione (lotte fra vicini).
pensa alle piscine e a quelle circostanze quelle notte vicini Si concludono col fatto che uno spara l'altro Si tratta di
una difesa che è tipica della produzione scritta paranoide, (oltre a scissione e la proiezione) è la difesa
fondamentale dal punto di vista della novità nella descrizione del funzionamento primitivo della mente che per la
Klein viene utilizzata originariamente dal bambino per gestire le angosce primitive, ma poi diventa un metodo
generale con cui cerchiamo di padroneggiare i nostri stati d'animo all'interno delle relazioni interpersonali. Quindi ha
avuto un tale impatto nella storia della psicologia dinamica perché rappresenta il primo meccanismo di difesa che
viene descritto da una relazione fra due menti e non come un funzionamento interno all'apparato psichico. Ha una
comparte fenomenologica molto rilevante, sia nella vita di tutti i giorni che poi in modo particolare anche nel setting.
Nella clinica contemporanea l'identificazione proiettiva è diventata addirittura come una sorta di dimensione della
comunicazione inconscia del paziente nei confronti del terapeuta → quindi ha assunto un ruolo assolutamente fondamentale,
cioè viene utilizzata per leggere le componenti reggettate della vita psichica del paziente.

Come tutte le difese anche l'identificazione ha una parte che è sostanzialmente inconscia (quello che percepiamo è
una sorta di relazione persecutoria). Quello che noi possiamo sperimentare consapevolmente è il senso di
pressione ad agire certe emozioni, ma non abbiamo nessun tipo di cognizione esplicita del fatto che queste
emozioni potrebbero non originare dentro di noi.
Altro esempio un esempio : ragazzo che durante un percorso di psicoterapia psicoanalitica si accorge che una componente
fondamentale di ciò che lo attrae in una possibile fidanzata → veniva dal percepibile in questa ragazza un carattere dipendente
e bisognoso e fragile. Anche se poi nella relazione finisce con essere profondamente disturbato proprio da quegli elementi
inizialmente mi hanno attratto.
Questa situazione poi nel corso della terapia si è evoluta attraverso la possibilità di giungere a riconoscere che questo ragazzo
utilizzava le fidanzate per metterci dentro le sue parti bisognose e dipendenti → rimaneva legato a queste fidanzate bisognose e
dipendenti da lui che però in qualche modo creavano una situazione di conflitto proprio a causa del motivo per cui lui le aveva
scelte. Fin quando non è stato possibile elaborare dentro la psicoterapia i suoi bisogni (sentirsi fragile, bisognoso dell’altro) →
non si riusciva a svincolarsi da questa relazione (poi è riuscito a riprendere in sé queste componenti).
Identificazione proiettiva → frequente all'interno di una relazione asimmetrica però può venire anche nel gruppo che può essere
nel suo complesso un contenitore delle identificazioni proiettive dei suoi membri.
Anche all'interno per esempio delle relazioni fraterne.
Nella Klein viene descritta primariamente in una situazione asimmetrica che è quella relativa alla psiche infantile, che si
rapporta alla psiche del caregiver → però poi in realtà noi sappiamo che ha una dimensione di pervasività molto più ampia.

Nella Klein anticipo qualcosa che verrà poi ad essere discusso da Bion. In lei l’identificazione proiettiva ancora molto l'aspetto
di un evacuazione, cioè mi devo liberare da contenuti mentali insopportabili e quindi è una difesa in questo senso. Ma nel corso
del tempo nella letteratura psicodinamica ha assunto sempre di più anche il carattere di una modalità comunicativa. “Lo faccio
così perché è l'unico modo con cui posso raggiungerti per comunicarti questi stati interni che non sono in grado di
padroneggiare”. Per cui nel corso della letteratura abbiamo assistito a una sorta di evoluzione molto marcata → da un ambito in
cui l’identificazione proiettiva è vista con un meccanismo di evacuazione a una dimensione in cui viene letta anche come una
tentativo di comunicare qualcosa di incomunicabile.

Qual è secondo la Klein modalità evolutiva con cui si esce dalla posizione schizoparanoide al modo di funzionamento
successivo → che è la posizione depressiva.
Ricominciamo dalla formulazione della teoria nei termini e classici con cui ne parla la Klein quando descrive una teoria
genetica. Lei sostiene che la posizione schizoparanoide si instaura all'incirca intorno al terzo mese di età del bambino e
prosegue per circa sei mesi. Quando si arriva all' epoca in cui comincia la dentizione quindi comincia comincia lo svezzamento
→ comincia a rapportarsi alla realtà non solo nel rapporto con il seno, ma anche per esempio essendo nutrito in altri modi
comincia ad entrare in relazione anche con altri oggetti attorno a sè → nel corso del tempo l’Io procede verso una maturazione.
Questa maturazione fa sì che la dimensione di scissione che è così caratteristica dell’Io primitivo del pensiero della Klein →
venga piano piano ad essere attenuata. Lei dice anche in modo esplicito “le scissioni avvengono a distanze sempre minori” →
questo vuol dire nel nostro linguaggio che io permango della condizione di seno cattivo per un tempo minore e poi riesco a
collegarmi anche all'esperienza di seno buono.
“In più, il rapporto con l'oggetto esterno, soprattutto se questo oggetto esterno è un oggetto (che modula che accudisce che
accoglie per esempio l'identificazione proiettiva), finisce col mitigare gli aspetti persecutori che sono propri della posizione
schizoparanoide e questo produce a un certo produce un passaggio evoluzione psichica che ha un'importanza fondamentale”.
Cioè a un certo punto il bambino riconosce che il seno buono e il seno cattivo non sono due realtà alternate e parallele, ma sono
due aspetti dello stesso oggetto e quindi di fatto che cosa fa → riesce a tollerare che nella relazione con il seno ci possono
essere contemporaneamente esperienze buone ed esperienze cattive, sentimenti buoni e sentimenti cattivi.
Cioè la Klein sostiene che un Turning Point dell'evoluzione della vita psichica dell'uomo, avviene nel momento in cui
riusciamo a tollerare che nella stessa relazione ci possano essere cose buone e cattive.
Questo implica una riduzione della idealizzazione quindi non è tanto il seno ideale e il seno persecutorio che vengono ad essere
riconosciuti come aspetti di una stessa esperienza → ma il seno buono e quello cattivo. Quindi in un certo senso l'evoluzione
psichica riguarda anche la possibilità di rinunciare a rifugiarsi in una realtà eccessivamente idealizzata.

Questo comporta che nel momento in cui si raggiunge la possibilità di tollerare l’ambivalenza emotiva nei confronti dello stesso
oggetto, l'oggetto può essere percepito come un oggetto totale = l'oggetto della realtà. Perché la madre non è nel seno buono
seno cattivo. finchè siamo della condizione di essere in contatto con la realtà attraverso le modalità della posizione
schizoparanoide → noi potremmo dire anche in altri termini di non essere in contatto con la realtà ma di essere in contatto con
le nostre proiezioni di esperienze buone totalizzanti e di esperienze cattive persecutorie. Quando riusciamo a tollerare
l'ambivalenza emotiva che è insita di qualunque relazione, finalmente noi possiamo dire di essere in contatto con la realtà e con
l’oggetto.
Perché nella realtà non esiste niente che sia totalmente buono o cattivo, esistono solo relazioni che hanno dentro elementi buoni
e cattivi. Quindi il superamento della posizione schizoparanoide e superamento della relazione con gli oggetti parziali che sono
al seno il seno (buono e cattivo, le parti del corpo della madre) permette di accedere per la prima volta ad un rapporto con la
realtà nella sua evidenza completa che è appunto descritto in termini keniani come la scoperta dell'oggetto total → che è la
madre vera e non è né completamente buona né completamente cattiva, che può anche temporaneamente assente ma anche
lungamente presente senza che una di queste esperienze debba necessariamente cancellare l'altra.
Questo passaggio (quindi questa scoperta dell'oggetto totale) è veramente il Turning Point della dello sviluppo psichico umano
→ perché da questo punto in poi lo psichismo del bambino entra veramente in contatto con l'oggetto e con la realtà. Prima è
come se fosse completamente dominato da questi funzionamenti primitivi non un io che è irreale, l’io scisso non è un io che è
in contatto con la realtà.
L'oggetto si chiama oggetto totale → oggetto che può esistere all'interno di una relazione che accoglie una certa quota di
ambivalenza emotiva. Questa posizione in cui il rapporto diventa rapporto con l'oggetto totale, la Klein la chiama posizione
depressiva.

Secondo la Klein nel momento in cui si accede alla posizione depressiva e quindi si prende consapevolezza dell'esistenza di
sentimenti ambivalenti verso i propri oggetti d'amore, la psiche deve fare i conti con insorgenza immediata di un fortissimo
senso di colpa. Nel senso che nel momento in cui noi percepiamo di avere sentimenti di odio e di amore contemporaneamente
verso i nostri oggetti d'amore, abbiamo immediatamente un enorme paura di averli danneggiati con il nostro odio e quindi
sperimentiamo un “senso di colpa depressivo”, cioè passiamo dalla percezione dell'oggetto cattivo come persecutore, alla
percezione di un oggetto esterno che invece può essere danneggiato e addirittura distrutto dalle nostre componenti aggressive
→ quindi il quadro psicologico si modifica completamente e nella posizione depressiva compare la preoccupazione per l'altro.
Cioè è un po' quello che tornando all'esempio del litigio tra fidanzati noi sperimentiamo quando a un certo punto
durante questo litigio ci vengono in mente per esempio un sacco di cose buone che la persona amata ha fatto per
noi e ci accorgiamo di aver esagerato e ci sentiamo dispiaciuti perché abbiamo detto delle cose che in realtà non
pensiamo e siamo portati a chiedere perdono e andare verso la riconciliazione.
Questo chiedere perdono significa mostrare preoccupazione per l'integrità dell'oggetto d'amore ed è una componente della vita
psichica che richiede molta maturità e che richiede la capacità di sperimentare i sentimenti di colpa nella relazione d'amore →
ossia una sorta di salto evolutivo che consiste nell'accettare che nella relazione d'amore ci si può anche fare molto male, ma non
solo nel senso dell'altro mi fa soffrire, ma anche nel senso che posso essere io a far soffrire una persona che amo moltissimo.

Questa è un’esperienza non è affatto semplice da tollerare (difficile per un genitore tollerare la sensazione di avere danneggiato
il proprio figlio). Non riuscirci → significa che non accede alla posizione depressiva e continua a trattare la realtà attraverso
quelle polarizzazioni estreme. Viceversa accedere alla posizione depressiva significa da una parte riuscire a mettere in atto dei
meccanismi riparativi, che secondo la Klein sono la base di tutti i comportamenti prosociali.
Quindi i comportamenti prosociali nel modello Kleiniano hanno una matrice nella posizione depressiva e quindi nel
senso di colpa che noi sperimentiamo una volta superata la posizione schizoparanoide, nel momento in cui
accettiamo di avere noi stessi dei moti ostili nei confronti dei nostri oggetti d'amore. Non è un passaggio di poco
conto.
Quindi il senso di colpa viene definito persecutorio della posizione schizoparanoide e si percepisce sostanzialmente
con una paura di essere puniti dall'oggetto cattivo e si dice “senso di colpa riparativo” nella posizione depressiva.
Questa distinzione tra le due diverse esperienze del senso di colpa è un portato della teoria kleiniana che ha avuto
uno sviluppo empirico notevolissimo. Cioè al giorno d'oggi abbiamo molta ricerca empirica che ci mostra come le
conseguenze psicopatologiche siano molto più significative a fronte del senso di colpa persecutorio e invece le
situazioni in cui il senso di colpa ha questo carattere depressivo (e quindi tendono alla riparazione) siano quelle
hanno una dimensione evolutiva molto più marcata.

L'oggetto totale è un oggetto verso il quale noi possiamo accettare di provare sentimenti sia d'amore che di odio.
Quindi è un oggetto con il quale noi siamo in relazione attraverso una quota di dimensione di ambivalenza emotiva
(è essere in relazione con l’oggetto vero).
Uso del termine depressivo che è un po' diverso da quello di Freud → viene dal fatto che noi nel momento in cui accettiamo di
avere questi sentimenti anche di odio nei confronti dei nostri oggetti d'amore, sperimentiamo il senso di colpa depressivo.
Cioè sperimentiamo il senso di colpa per avere danneggiato l'oggetto d'amore con il nostro odio e lo elaboriamo
nel senso di mettere in atto dei meccanismi riparatori.
Il senso di colpa persecutorio è quello che sperimenta all'interno della posizione schizoparanoide.
Esempio del bambino piccolo che dice “Mamma tu sei cattiva” e quindi poi si sente cattivo perché dice così.
Nel “mamma tu sei cattiva” c’è la percezione di essere in contatto con un oggetto che ci vuole fare del male, quindi il senso di
colpa della posizione schizoparanoide è legato alla paura della punizione o paura dell'aggressione → in questo senso l'oggetto è
un oggetto persecutorio e il senso di colpa è persecutorio.
Quando parliamo del senso di colpa conscio quello per cui noi siamo rammaricati di aver compiuto un'azione è quello è il caso
senso di colpa depressivo. Nella posizione schizoparanoide non la sentiamo in termini la colpa, ma la sentiamo come esperienza
di essere in contatto con qualcosa che ci perseguita, perché c'è sotto la proiezione → quindi non sono io che sono cattivo ma sei
te che mi stai aggredendo.
Nella dimensione riparatoria si cerca di rimediare e ricostruire l'oggetto d'amore danneggiato.

Un altro esempio → fra la situazione persecutoria e quella riparatoria. Legato all'esperienza con i bambini quando i bambini si
ammalano, uno può avere un senso di colpa persecutorio che corrisponde al fatto che genitore che si sente in colpa perché
magari pensa di non aver badato sufficientemente al bambino → invece di cercare di rimediare e di proteggere ulteriormente il
bambino o sostenerlo nella sua malattia → lo aggredisce e gli dici “ancora colpa tua, che ti sei ammalato perché ti avevo detto
di non stare fuori”.
Quella è una situazione in cui una dimensione persecutoria prende il posto di un senso di colpa.

Nella dimensione della posizione depressiva ci sono delle difese psichiche specifiche che sono quelle di ordine maniacale → il
controllo onnipotente e la negazione maniacale.
Se io non sono in grado di accettare il senso di colpa depressivo e di muovermi nella direzione della riparazione (che secondo la
Klein) è la dimensione fondamentale dello sviluppo psichico, posso difendermi dal senso di colpa per avere danneggiato
l'oggetto creando una fantasia onnipotente relativa al fatto che quell'oggetto non può essere danneggiato e questa è la negazione
maniacale → quella a cui assistiamo nelle persone che si rifiutano di pensare per esempio di poter essere un pericolo per gli
altri in questa situazione di pandemia (costruisco un mondo in cui è sicuro che tu non ti puoi fare male).
Un'altra dimensione il controllo onnipotente come quei genitori che gestiscono le loro incertezza nei confronti dei figli e i sensi
di colpa nei confronti dei figli ipeproteggendoli → che si sentono in colpa perché non stanno sufficientemente tanto con loro →
nel momento in cui stanno con loro si comportano in maniera iperprotettiva. Un altro dei portato psicologici fondamentali della
transizione alla posizione depressiva è la possibilità di assumersi la responsabilità. La responsabilità prima di tutto dei propri
stati interni che poi è la precondizione della responsabilità verso le proprie azioni. Le due modalità della posizione
schizoparanoide e della posizione depressiva sono veramente due assi portanti del funzionamento psichico e nello sviluppo
della persona,
la posizione depressiva è una tappa fondamentale.
Anche la posizione depressiva deve essere superata → questa ha dentro un elemento di carattere onnipotente, cioè il pensiero
che noi siamo legati all'oggetto totale da una relazione in cui la sopravvivenza, il bene e il male del nostro oggetto d'amore
dipende sostanzialmente dalla relazione con noi.
è come se ci fosse nella posizione depressiva una sorta di sopravvalutazione dell’odio e dell’amore nei confronti di quella
persona. Quindi l’evoluzione della posizione depressiva → fondamentale perché consiste a rinuncia all’onnipotenza e ad
accettare il fatto che una persona può essere integra e danneggiata anche al di là del rapporto con noi.
Quindi il superamento della posizione depressiva corrisponde a un verso riconoscimento dell'alterità dell’altro → elemento
fondamentale di separazione fra lo psichismo di una persona e dell’altra, che significa anche riconoscere che tu vivi e muori
anche indipendentemente da me. Quindi noi ci troviamo all’interno di una visione del funzionamento psichico in cui ci sono
come due modalità in cui un primo passo fondamentale di adattamento e accettazione della realtà è nel passaggio da posizione
schizoparanoide a depressiva.
Però anche nella posizione depressiva ci sono caratteri legati a fantasia interna/inconscia (che l’oggetto dipenda dalla relazione
con te) → anche posizione depressiva deve essere elaborata (secondo la prof).
La Klein ritiene che la finalità di una percorso di psicoanalisi sia quello di favorire un'elaborazione delle angosce
connesse alle due posizioni, che quindi possa conclusa nel momento in cui mi posso

Glen Gabbard → raccolta di scritti : amore e odio nel setting analitico. Esponente contemporaneo della psicoanalisi americana,
uno psichiatra e psicanalista che ha lavorato molto alla intersezione di questi due domini e a creazione di una nosografia
psichiatrica di derivazione psicanalitica.
Testo è molto centrato sulla tecnica e in particolare si sposa molto bene con la nostra prospettiva relativa alla
dimensione della attenzione alla relazione terapeuta paziente, perché tratta in modo approfondito di una
espressione estremamente vivida di sentimenti di odio da parte del paziente nei confronti del terapeuta durante il
percorso psicoanalitico.

(Domande) Il controtransfert appartiene alla teoria della tecnica e quindi implica la risposta emotiva dell'analista ai
contenuti psichici portarti dal paziente, mentre l'identificazione proiettiva è un meccanismo di difesa che utilizza la
mente dell'altro per depositare certi contenuti.
Concetto di identificazione proiettiva è diventato uno dei concetti cardine della Tecnica psicoanalitica
contemporanea, nel senso che il terpeuta può leggere alcuni elementi della relazione attraverso un'analisi delle
proprie risposte emotive in seduta (lo vedremo meglio parlando di Bion che è l'autore che ha proprio modificato la
concettualizzazione della identificazione proiettiva).

Il testo si compone di un'introduzione teorica e poi di un materiale che è esemplificazione clinica (da pag 141).
Partire dall’esemplificazione clinica a pagina 141.
Gabard chiama Il paziente in questione H che è proprio l'iniziale della parola inglese hate che vuol dire odio.
Sig H è un ventottenne divorziato che venne in analisi dopo due anni di terapia con un altro analista, esperienza interrotta a
causa del trasferimento dell’analista in un’altra città. Fase iniziale dell’analisi → rapidamente si sviluppò parte di odio di
transfert.
Tratto borderline → ha a che fare con una condizione di pazienti che hanno fortissima instabilità emotiva e tendono ad essere
aggressivi nei ocnfronti dei treapeuti soprattutto se si sentono trascurati o delusi.
H è un paziente ostile, che esprime ostilità fin dal primo contatto → sembra quasi una qualcosa di automatico.
Dopo due settimane di analisi è insolito che abbia una reazione così. Di solito relazione di traslazione comincia in modo più
graduale. Gabard inizia questo trattamento con un assetto classico cioè l’assetto nel quale l’analista tiene Il setting, conclude la
seduta quando è ora di concluderla → non ha assolutamente una dimensione simile a quella ferencziana. Ci presenta un
paziente che reagisce con molto veemenza a degli elementi che costituiscono dei limiti, che sono quelli classici dell'assetto di
un'analisi freudiana, tradizionale.
Paziente andava in terapia con l'intento di mettere da qualche parte tutto questo rancore e tutto questo odio.
Non sembra concepire possibilità che certi stati mentali e certi sentimenti originino dentro di lui, ma li descrive come reazione a
una dimensione esterna → suoi sentimenti sono causati in maniera coerente per come lo
Gabard tentava di spostare la quota di questa ostilità nei suoi confronti all’altro analista, ma non riuscendoci.
“Quando non rappresentavo l'oggetto interno odiato venivo idealizzato ma questa circostanza non faceva che aumentare il suo
odio a causa dell'invidia che suscitava”. In questo passaggio = processo kleiniano di proiettare e introiettare rapidamente oggetti
buoni e cattivi → si vede bene oscillazione fra la polarizzazione positiva e quella negativa della realtà. Cioè nel momento in cui
compare l'idealizzazione e cioè il paziente vede tutti i libri e quindi istantaneamente pensa a quante cose debba sapere l’analista
→ questa idealizzazione non è mantenuta, ma viene immediatamente soppiantata da una svalorizzazione, da un attacco che fa
sentire la persona rabbiosa fino a voler fare a pezzi gli scaffali.
Si tratta proprio di una situazione che è caratterizzata da una fortissima presenza di sentimenti ostili che al momento
sembrerebbero proiettati dal paziente sull’analista → che lo vive come un persecutore e occasionalmente come una figura è
idealizzata. Nel momento in cui c'è questo passaggio per l’idealizzazione, immediatamente dopo segue questa oscillazione e
l'analista torna ad essere un oggetto detestato.

Analista si rende conto di avere a che fare con un funzionamento molto polarizzato e primitivo, per evitare di essere tutto il
tempo in questa posizione di scontro frontale contro paziente → ogni tanto cerca un'alleanza o di fare il gruppo con lui per
deviare l'ostilità verso nemico esterno → questa operazione fallisce miseramente perché il paziente dice che lo fa per deviare su
qualcun altro le proprie colpe ed errori.
Sequenza → ci fa vedere come nella psicoanalisi contemporanea → l'attenzione del terapeuta non è rivolta solo al contenuto
verbale della comunicazione del paziente, ma tutto quello che avviene nella stanza d'analisi entra dentro il campo analiticoed è
oggetto delle riflessioni e dell'attenzione del terapeuta.
Anche se spesso queste osservazioni molto spesso si rivolgono a delle cose, delle sequenze che possono sembrare
completamente prive di significato o lontane dal fornire una comprensione di qualche elemento profondo della relazione
terapeutica. (spesso quando se la prendeva con me… → pugno alla parete)

“Allora lei mi odia! Non può trattarmi! Sono troppo duro! Provo un senso di trionfo su di lei, sento di essere l’unico
suo paziente che non migliorerà e non cambierà nel modo che lei”.
Questa persona cerca in tutti i modi di farsi odiare. Gabard si sente messo alle strette → qualcosa che ci deve ricordare la
questione dell'identificazione proiettiva, di essere forzati a sentire e sperimentare certi sentimenti. alle strette Ecco questo
mettere alle strette o quantomeno si dice che lui si sente messo alle strette è proprio Freudianamente → paziente ha un qualcosa
che ci dovrebbe ricordare la questione dell'identificazione → un’enorme carica di ostilità e potremmo inquadrare questo
comportamento come una reazione terapeutica negativa. Odio serve a protezione di qualcosa.
Dalla sequenza sembra che tutta l'interazione che il paziente porta in seduta abbia come unico scopo quello di
arrivare a dimostrare di essere oggetto di questo esorbitante odio da parte dell'analista.
C'è anche il desiderio di non ammettere di potere dipendere da un oggetto dal quale possiamo ricevere qualcosa di
buono. Paziente almeno dal punto di vista esplicito non sembra essere in grado di riconoscere e ricevere alcunché
di buono, ma perchè va in terapia? Lui ci va tutti i giorni e quindi possiamo immaginare che gli costi molto la terapia.
Paziente intrattabile lo rende diverso dagli altri e speciale in qualche modo → punto che emergerà.
Commento in cui si intravede uno spiraglio per l’introduzione e la possibilità di accennare a qualche elemento di
relazione positiva all'interno di un cornice relazionale che al momento sembra completamente dominata dalle
ostilità e dall'odio.

Pensava di non essere in grado di trattarlo e di odiarlo (Gabard) → paziente non voleva il suo aiuto. (pag 143)
Identificazione proiettiva → per Klein condizioni mentali in cui noi abbiamo dei sentimenti o delle esperienze che non possono
essere contenute dentro la nostra mente e la mente si difende da questo facendo la fantasia di poterle scaricare nella mente di
qualcun altro. Questo è esattamente quello che ci sta dicendo il paziente utilizzando anche un linguaggio molto kleiniano →
esattamente il tipo di sensazione che il paziente sta sentendo durante questa terapia : il bisogno di scaricare dentro l'altro
quest'odio e questa rabbia inaccettabile. A proposito della questione di come l'altro riceve se il paziente riesce a fare arrabbiare
l'analista e quindi a sentirsi odiato → la sua identificazione proiettiva riesce, cioè lui si sente effettivamente alleggerito di tutti
questi sentimenti ostili che lo ingombrano dall'interno, perché riesce a scaricarle nell'altro. Ma se invece l'analista non si
arrabbia e quindi praticamente gli manda tutto, allora lui è senza speranze, perché si deve ringoiare tutto quello che ha cercato
di buttargli addosso.
Questo è il quadro dal punto di vista Kleiniano in una situazione in cui analista non sta facendo l'analista, perché il
paziente sente che gli viene rimbalzato addosso tutto quello che cerca di scaricare all'interno del terapeuta.
Il tema dell'autenticità come ce l'aveva presentato ferenczi → cioè nel momento in cui l'analista invece che rimanere fedele alle
reazioni che gli suscitava questo paziente cercava qualche modo di sforzarsi a empatizzare, il paziente se ne accorgeva e lo
riteneva poco autentico.
Riusciamo a cogliere l’aderenza di questa clinica con la concettualizzazione teorica dell'identificazione proiettiva per
come la pensa Melanie Klein. Riuscire a seguire questa sorta di interpretazione di questa situazione terapeutica
all'interno della cornice kleiniana.
Tutte queste difficoltà che ha descritto nell'ultimo paragrafo sarebbero una situazione in cui questa capacità di
elaborare i sentimenti del paziente apparentemente fallisce e cioè che il paziente percepisce è di sentire tornare
indietro tutto quello che ha cercato di evacuare nella mente del terapeuta.
Ciò che le menti sentono è profondamente interdipendente → ciò che passa nella mente di un altro/ il sentimento provato
dall’uno ha quasi istantaneamente una conseguenza che impatta solamente sulla mente dell'altro.

Questione dell'essere legati in una specie di corpo a corpo fatto di questa ostilità → queste persone sono aggrovigliate in questo
momento. Una dimensione evolutiva di questa situazione si andrà sviluppando in occasione di una separazione → quindi la
questione dell'identificazione gioca un ruolo importantissimo, questi due si rimpallano l’odio ad un livello talmente primitivo
da essere completamente ingarbugliati mentalmente l’uno nell'altro. Quindi la consegna della separazione comincerà a giocare a
breve un ruolo importantissimo nel cercare di diciamo districare questa matassa.
Gabard ci introduce a un'altra sequenza in cui succede qualcosa → però l'azione che da avvio a questa sequenza non parte dal
paziente, ma parte del terapeuto stesso.
Spostare la sua seduta del mercoledì → paziente non voleva, trapaeuta carico di risentimento e fantasticava sul fatto di
andarsene = una sorta di resa totale della possibilità di vedere se stessi come terapeuti.
Nel momento in cui stai dentro la situazione terapeutica e pensi che potresti fantasticare a quale azione fare per fare in modo
che il paziente non venga più → questo fa vedere quanto anche la dimensione terapeutica dell'azione del terapeuta sta dentro
questa dinamica transfert e controtransfert.
Questa sensazione che lui si sente manipolato e del ribaltamento dei ruoli : sono tutti elementi che fanno parte di
quella dinamica identificazione proiettiva - controidentificazione proiettiva.

Qui arriva il famoso momento della separazione → vacanza di due settimane, paura di dover tornare a lavoro.
Sogno dell'analista in cui sogna paziente → oggi lo chiamiamo sogno di controtransfert, perché è un sogno che aiuta il
terapeuta anche a capire la sua posizione nel rapporto con questo paziente (pag 144).
Da analista fa autoanalisi del sogno (freudiana) → cercare di capire cosa gli sta dicendo il sogno con paziente. Si rende conto
che c'aveva un intenso nei confronti del paziente e questo poteva essere una proiezione, ma c'è un secondo elemento
fondamentale”i miei desideri sadici di controllarlo” → desiderio di controllo è cosa sua, il fatto che lui si renda conto di avere
questi desideri di controllo nei confronti del paziente ha un effetto straordinario sulla natura di questa relazione. Desideri sadici
di controllo, Gabard li riconosce come una cosa che hanno origine dentro di lui → si accorge di fare delle operazioni di difesa,
perché questi desideri sadici di controllo non emergono alla coscienza.

“Mia presentazione del cambiamento di orario come una scelta poteva essere interpretata come una formazione reattiva contro
questi intensi desideri che si agitavano dentro di me” → si accorge che trattava il paziente più delicatamente di quanto era
solito fare, perché altrimenti in altre circostanze avrebbe semplicemente comunicato che doveva spostare la seduta del
mercoledì. Questo perché aveva bisogno di garantirsi che non trasparissero quest desideri suoi desideri sadici, violenti e di
controllo nei confronti del paziente stesso.
Il fatto che analista abbia potuto fare questo salto di comprensione che si manifesta attraverso un sogno di controtransfert → è
connesso a un cambiamento totale del clima emotivo dentro la seduta, perché cambia addirittura il clima narrativo nella
descrizione del caso.
Nasce una preoccupazione → lui è preoccupato di avere danneggiato quello che per la prima volta può essere riconosciuto
come un oggetto d'amore e non soltanto un oggetto di proiezioni ostili. Sulla base di questa compresenza di sentimenti positivi
e negativi → si vede bene senso di colpa kleiniano e siamo al passaggio alla posizione depressiva. Qui Gabard descrive che
cosa succede quando la coppia transita all'assetto della posizione depressiva e le persone possono cominciare a vedersi al di là
di questa nebbia furibonda di proiezioni che caratterizzano la posizione schizoparanoide. Chiama “apertura dello spazio
analitico” la possibilità di avere un reale riconoscimento l'uno dell'altro (pag 145).
Interpretazione kleiniana nella sua forma più pura → c’è la preoccupazione, l'ambivalenza emotiva e c'è la difficoltà a rendersi
conto della necessità ineluttabile di tenere insieme sentimenti così distanti.
L’evoluzione non è solo nella figura del paziente, ma è nella diade paziente-terapeuta e nella qualità del loro
legame.

Autoanalisi ferencziana → Gabard si rende conto di qual è il suo contributo all'anpas della relazione terapeutica. Gabard è
analista freudiano, quindi queste cose non le dice apertamente al paziente però in qualche modo il cambiamento di clima è
chiarissimo a tutte e due.
Il desiderio di controllo era una sua difesa reattiva, dovuto alla sensazione di non riuscire più a fare bene l’analista,
cioè di essere stato diciamo alla strette dalle proiezioni del paziente e lui reagiva a questo desiderio di controllo
attraverso una eccessiva gentilezza (chiesto di cambiare orario). Un desiderio di controllo sadico onnipotente che
l'analista lo riconosce come una cosa che è dentro di lui, non che sia l'effetto di una proiezione, mentre l'odio in
qualche modo sta un po' più a metà.
2 lati di H → rappresentazione di sé preoccupato (capace di amare) e una rappresentazione dell’oggetto amato (capace di essere
ferito) → suoi aspetti scissi.
Come finisce una terapia psicanalitica kleiniana → questo lavoro di recuperare e questa capacità di tenere insieme le
componenti scisse della posizione schizoparanoide.

Paura di spostare la seduta era legata alla paura di essere rimpiazzato da qualcun altro.
“Paura più grande era che dopo la fine dell'analisi non mi sarei ricordato di lui” (146).
Gabbard ci ha parlato solo del qui e ora del suo rapporto con il paziente → nel modo di lavorare dell'analista kleiniano l’analista
è l'oggetto, non è un qualcosa su cui si proiettano le relazioni che prima furono le relazioni con gli oggetti primari → ma per
una grande parte della relazione terapeutica semplicemente l’analista è l'oggetto del rapporto relazionale del paziente. Solo
dopo una lunga elaborazione è possibile introdurre la dimensione genetica, cioè cominciare a capire come quel tipo di relazione
che si è strutturata nel qui e dove del legame fra paziente e terapeuta, possa essere una riproposizione di aspetti di una relazione
infantile. Questo compare alla fine del lavoro analitico nel modello kleiniano. Quindi lui alla fine si accorge che era possibile
portare del materiale genetico, cioè dei ricordi di infanzia, che aveva scrupolosamente evitato per tutto il corso dell’analisi →
rabbia nei confronti del padre, che se n'era andato → desiderio di vendicarsi del padre ma anche della paura di averlo respinto
col suo odio.
“Nella vita continuò a comportarsi come se gli altri non potessero evitare di accorgersi di lui”.
“Suo odio serviva a mascherare i suoi sentimenti di dolore all'idea di perdermi”.

La gratitudine è un'altra dimensione fondamentale della diciamo psicologia kleiniana, perché è intesa proprio come la capacità
di uscire dalla condizione depressiva ed entrare nella logica del dono → cioè in una dimensione in cui si riceve perdono e non
perché si prende o si sottrae qualcosa al proprio oggetto d'amore.
è una dimensione estremamente importante dell'evoluzione dell’assetto psichico che la Klein ha descritto in un
saggio pubblicato nel 1956 che si chiama “invidia e gratitudine”.
Breve lettura che ci riporta sulla questione della fine dell'analisi → “l'obiettivo della conclusione con questi pazienti non è
estirpare il loro odio solo morderarlo con l'amore” alla fine dell'analisi H ancora mi odiava , mi disse anche che ero la prima
persona che lo avesse mai ascoltato e che gli sarei mancato.”
Sentire la mancanza da proprio l'idea della concretezza e della profondità del legame che si è creato all'interno di
questo percorso terapeutico.
Nella fine dell'analisi in un certo senso ricompare l'odio, ricompare la paura di allontanarsi, ma ciò che è possibile è la
separazione → resa possibile la separazione perché i ricordi delle parti buoni del legame possono sopravvivere alla
separazione. Questo è il nucleo della teoria kleiniana sulla separazione, ci si separa quando siamo in grado di portare con noi le
parti buone del legame.
si capisca molto bene la finalità della psicanalisi : elaborare l'angoscia delle due situazioni delle due posizioni e Nel modello
kleiniano il lutto può essere elaborato non nel momento in cui come diceva Freud, avviene la rinuncia al proprio oggetto
d'amore (lutto e melanconia) che la realtà deve prevalere e quindi l’oggetto d'amore deve essere elaborato → ma nel modello
kleiniano il lutto si risolve nel momento in cui l’oggetto d'amore non è perso, ma è ritrovato come oggetto d'amore interno.
Questa è quella frase conclusiva in cui Gabard dice “sono certo che io gli mancherò e di certo lui mi mancherà” → la
possibilità di ritrovare l'oggetto come oggetto d'amore nel proprio mondo interno, è questo che consente sia l'elaborazione del
lutto che la separazione. è un concetto è fondamentale che noi dobbiamo alla Klein perché è molto profondo e molto coerente,
non so da un punto di vista metapsicologico, ma proprio anche con la fenomenologia → cioè con il modo con cui noi siamo in
grado di elaborare il lutto nel momento in cui siamo in grado di riconnetterci agli aspetti vitali e anche gioiosi del rapporto con
la persona perduta.

La figura di Bion è considerata una figura fondamentale per lo sviluppo della teoria del pensiero e questo suo
contributo, in qualche modo non si limita esclusivamente alla dimensione psicoanalitica, perché riguarda una
visione più generale del funzionamento mentale quasi a livello filosofico. L’epistemologia è proprio quella area della
ricerca filosofica che si occupa di indagare i metodi validi per la conoscenza valida.
Fondamentale contributo che Bion ha una dato al rinnovamento delle teorie epistemologiche. Quando si nominare
di processi di conoscenza e metodi di conoscenza dovrebbe pensare immediatamente ai procedimenti induttivi e ai
procedimenti deduttivi. Sono due modelli del ragionamento logico : il processo deduttivo e il processo induttivo ,
sono alla base del metodo scientifico dal punto di vista dei fondamenti della teoria scientifica. I processi di
conoscenza sono divisi in queste due classi che corrispondono a processi che partono da principi assiomatici verità
generali, date assodate e da queste attraverso dei procedimenti validi (per esempio la logica), estraggono tutte le
possibili conseguenze. Questa è la classe dei procedimenti deduttivi, si parte da principi generali e da questi si
derivano le conseguenze. I sistemi logico deduttivi per esempio la matematica la geometria euclidea sono
chiaramente costruiti su questo modello di ragionamento.

La ricerca empirica invece ha per larga parte una struttura di tipo induttivo cioè si parte dall'osservazione di una
serie di fenomeni particolari ed da questi si cerca di estrarre delle invarianti che siano valide per una classe più
ampia di fenomeni per costruire in maniera induttiva delle conclusioni di carattere generale. Quindi potremmo dire
semplificando nel metodo induttivo il procedimento di il procedimento di conoscenza procede dal particolare verso il
generale, mentre nel metodo deduttivo succede esattamente l’opposto. Il metodo induttivo e metodo deduttivo sono
le due modalità classiche del ragionamento logico che noi conosciamo, fin dall’epoca della filosofia e della logica
aristotelica. Il primo contributo innovativo di Bion alla epistemologia ha a che fare proprio con questo ambito, cioè
con l’immaginare una nuova modalità per concepire l'origine della conoscenza e anche l'origine del pensiero (poi
questo è il motivo per cui BIon all'epoca dei suoi primi volumi affronta proprio queste tematiche di base della
filosofia).

Fondamentalmente la formazione di Bion era venuta ad Oxford all'interno di un contesto che è caratterizzato da una
forte propensione verso e sulla base di questa cultura filosofica Bion si interessa soprattutto delle condizioni che
permettono alla mente di sviluppare dei pensieri a partire da una esperienza di dati elementari e grezzi della realtà.
Fondamentalmente il punto di partenza è una conoscenza sensoriale di alcuni elementi che fanno parte di una
scena che noi dobbiamo in qualche maniera cercare di rappresentare mentalmente.
Per fare un esempio Bion fa riferimento a quella che può essere la costruzione di una rappresentazione mentale in un bambino,
la prima volta bambino piccolo in cui esposto all'esperienza di vedere un animale → non ha una conoscenza pregressa di quella
realtà e fondamentalmente si può supporre che la sua mente riceva delle impressioni sensoriali. Queste impressioni sensoriali
possono appartenere al registro visivo, al registro uditivo o registro tattile e costituiscono nell'insieme una serie “sensazioni
grezze”, che non sono ancora una vera e propria percezione unitaria. A certo punto, nel processo di sviluppo di un concetto
secondo Bion interviene una dimensione esterna che consente di riconoscere che tutta una classe di esperienze - dati grezzi
appartengono a un'unica entità. Secondo Bion l'elemento che unifica una serie di esperienze in un'unica entità, viene ad essere
acquisito dall'esterno e per esempio nella maggior parte dei casi è un nome. Quindi il bambino potrebbe apprendere dal suo
contesto di vita che tutta quella serie di esperienze sensoriali a cui è stato esposto corrispondono a un qualcosa che si chiama
cane per esempio.
Qual è il punto fondamentale della ragionamento bioniano è quello di aver conosciuto che nel momento in cui una serie di dati
grezzi sono legati insieme all'interno di una struttura stabile nella nostra mente, che è caratterizzata appunto dall'individuazione
poi di un qualcosa a cui si può dare un nome, si crea una condizione della vita mentale che BIon chiama “contenitore” e da quel
momento in poi la persona può fare esperienza di che cosa è un cane → cioè vale a dire ha generato una sorta di contenitore
mentale, in cui può andare ad assumere e a depositare tutte le sue conoscenze relative a quella classe di fenomeni.
Il punto fondamentale che distingue questo modo di pensare da i 2 modelli precedenti della logica induttiva e della
logica deduttiva? Allora se voi pensate alla logica deduttiva è una logica in cui il sistema di ragionamento può solo
estrarre delle conoscenze che sono già implicite nella dimensione degli assiomi e dei punti di partenza del
ragionamento, quindi di fatto potremmo dire che non può scoprire niente che non sia già implicitamente contenuto
nelle premesse. Nella logica di tipo invece induttivo il processo di costituzione di questi concetti generali è un
processo in cui avviene una perdita di informazione. Ossia una serie di dettagli individuali, specifici delle varie
esperienze, cui si vanno dimenticando e viene fatta una rappresentazione generale che comunque, dal punto di
vista informativo è molto meno ricca, che non l'esperienza reale di partenza.

Nel modello bioniano Invece noi abbiamo la costituzione di un contenitore, che ci permette di andare incontro alla scoperta del
nuovo, ossia Bion propone un modello di funzionamento mentale in cui la costruzione dei concetti è una costruzione aperta →
vale a dire = nel momento in cui il bambino piccolo nella sua mente costruisce il contenitore relativo alla scoperta del cane o
alla scoperta di cos'è avere un fratello -> quando riesce a creare dentro di sé un contenitore mentale, è in grado di creare dentro
di sé una struttura che gli permette da quel punto in poi di fare un'esperienza matura e mai satura di quel tipo di fenomeno.
Cioè questo vuol dire che mentre nel metodo induttivo e nel metodo deduttivo, la rappresentazione di un concetto è una
rappresentazione chiusa, che contiene un certo tipo di informazione o data a priori o astratta dal processo di conoscenza, l'idea
dell'esistenza bioniana di un contenitore mentale è la prima proposta teorica, che ci fa pensare che la caratteristica fondamentale
di una struttura mentale che deve aprirsi al nuovo e andare incontro alla conoscenza dei fenomeni che sono sempre variabili →
è necessariamente una struttura per l'appunto aperta. Il termine che viene utilizzato per definire questa sua idea di che cos'è un
contenitore mentale è insaturo, cioè la sua idea è che noi utilizziamo per pensare delle rappresentazioni che non sono compiute,
ma sono insature. Cioè non chiuse e non completate rappresentando delle modalità all'intento delle quali possiamo andar ad
organizzare la nostra esperienza di certe classi di fenomeni.

Allora, questo discorso è già molto interessante nel momento in cui noi lo applichiamo a una teoria di come si formano i
concetti relativa a delle realtà materiali e esperibili, ma dal punto di vista psicoanalitico Bion è interessato soprattutto allo
studio di quei fenomeni che non hanno una controparte materiale immediatamente evidente, ma sono i fenomeni della vita
psichica → quindi per esempio, come facciamo a comprendere che all'interno di una certa esperienza sociale c'è una
componente di invidia o di paura? o che ciò con cui ci troviamo a che fare in una seduta è un sentimento di odio o di amore?
Nessuno di questi contenitori mentali corrisponde a qualcosa di concreto e fisico, come può corrispondere qualcosa di concreto
e fisico un concetto come quello di tavolo o come quello di cane. Tuttavia secondo Bion lo psicologo ha necessità proprio di
interessarsi a fenomeni che appartengono alla vita psichica. Quindi di pone tutta una questione che è alla base dello sviluppo del
pensiero secondo Bion, che è quella di uscire a costituire dei contenitori mentali che ci permettono di fare esperienza della
nostra vita psichica.
Per capire qual è il modello di riferimento che Bion intende proporre a proposito della costruzione di questi
contenitori per fare esperienza della nostra vita mentale, Bion si riferisce prevalentemente alla teoria della scoperta
scientifica che è stata proposta dal fisico matematico Jules Henri Poincaré, è stato grande metodologo della
scienza, vissuto tra la fine dell'800 e i primi anni Venti del 1900. Jules Henri Poincaré ha insegnato per molto tempo
matematica all'università di Palermo, è considerato il padre di una area della filosofia della scienza che si chiama
“intuizionismo”. Come ha dichiarato nei suoi saggi teorici, non era interessato ad esplorare quella parte della Ricerca
Scientifica che ha un carattere deduttivo (cioè quella in cui si parte dall'ipotesi e si cerca attraverso alcuni processi di tipo
verificazionista, di convalidare o rigettare delle ipotesi = questi sono dei procedimenti scientifici che però riguardano solo una
dimensione della processo della scoperta scientifica → quella che avviene quando noi già abbiamo un'ipotesi, questo vuol dire
che c'è venuta un'idea, e dobbiamo verificare se l'ipotesi è coerente con i dati oppure no).
Ciò a cui Jules Henri Poincaré e Bion sono interessati è ciò che sta a monte nel processo verificazionista e cioè
come faccio io a farmi venire un'idea nuova? Come faccio a fare una scoperta? Come faccio a trasformare
qualcosa di non noto in un elemento noto o nuovo nella mia vita mentale? Questo si chiama il problema della
scoperta scientifica.
Jules Henri Poincaré che è stato un genio della fisica matematica, racconta in grande dettaglio qual è la sua
comprensione del modo con cui si procede nel tentativo di trovare la soluzione di un problema matematico che per
esempio fino a un certo momento della storia non è stato mai risolto da nessuno. Descrive una dinamica nella quale
si attraversa una prima fase in cui gli elementi del problema appaiono confusi, contraddittori, c'è un senso di non
essere in grado di capire quale sia il punto da cui iniziare a muoversi, c’è un senso di nebulosità e confusione
rispetto agli elementi del problema.
La sensazione a cui loro due puntano come sensazione di partenza del processo della scoperta scientifica è esattamente quel tipo
di sgradevole condizione in cui uno pensa di non capire assolutamente nulla. Questa condizione ha delle caratteristiche proprio
persecutorie, perché noi abbiamo la sensazione di vedere non l'insieme del problema, ma dei pezzi → questi pezzi sono instabili
e il tutto si realizza all'interno di una sensazione di grande confusione che può essere molto penosa da sopportare.

Secondo Bion il punto fondamentale da cui procede il pensiero è la capacità di rimanere sufficientemente a lungo a
contatto con queste sensazioni sgradevoli, cioè non arrendersi ma fare un investimento fiducioso sul fatto che da
tutta questa confusione qualcosa emergerà. Jules Henri Poincaré che fa i suoi esempi a partire dalla dimensione in cui
uno si trova appunto di fronte a un problema matematico mai risolto prima e cerca di arrabattarsi con delle idee per capire come
procedere per proporre una soluzione → afferma che ciò che avviene quando le cose vanno per il verso giusto è che a un certo
punto, nella mente del ricercatore si seleziona un particolare, una caratteristica, un sottogruppo di dati del problema che per un
motivo che non è nemmeno tanto facilmente esplicitabile alla mente stessa del ricercatore → sembrano costituire un punto di
partenza per provare ad elaborare una soluzione. In altri termini : in tutta la classe di dati confusi che ci troviamo a disposizione
emerge quello che lui chiama “un fatto scelto”, cioè un dato che ha la caratteristica di attirare la nostra attenzione (il fatto scelto
emerge anche se poi è scelto perché noi stessi ci accorgiamo della sua rilevanza) che ci sembra poter costituire l'inizio di un
processo ordinatore. Da quel punto in poi, una volta che noi osserviamo l'emersione del fatto scelto possiamo cominciare a fare
delle ipotesi e a verificare se questa direzione di sviluppo della nuova idea della nuova soluzione è promettente oppure no.
Allora il punto fondamentale da cui parte Bion per organizzare la sua teoria del pensiero è quello di generalizzare il
modello che Jules Henri Poincaré ha proposto per la scoperta scientifica, a tutte le condizioni in cui noi facciamo
l'esperienza di una realtà sconosciuta e da questa dobbiamo essere in grado di generare un contenitore mentale e
quindi un concetto.

E Bion che aveva una formazione Kleiniana fa propone che il pensiero si strutturi attraverso non tanto una semplice transizione
da una fase all'altra, ma un'oscillazione costante fra due modalità che corrispondono al prima e il dopo dell'emersione del fatto
scelto, che guarda caso Bion chiama “oscillazione SP e D” → due sigle che stanno per i concetti keniani di schizoparanoide e
depressivo. Questo vuol dire che Bion ritiene che la rappresentazione kleniana della posizione schizoparanoide e la transizione
fra schizoparanoide e depressivo, non sia semplicemente una evoluzione della personalità, ma sia una specie di oscillazione, di
battito cardiaco che sta alla base del funzionamento della vita psichica.
Cioè per avere un'idea nuova, per estrarre un concetto che ci permetta di capire che cosa ci sta succedendo all'interno di una
certa situazione di vita o durante un esame o durante un litigio → abbiamo bisogno di sostare all'interno di una condizione di
caos e confusione che ha carattere anche persecutorio, che Bion individua come condizione schizoparanoide del funzionamento
mentale → nell'attesa che emerga un elemento che consenta la transizione verso l'emergere di un contenitore mentale e se
questo contenitore mentale si rivela particolarmente adatto a descrivere e contenere l'esperienza che noi stiamo provando verso
la formazione di un concetto. Quindi la teoria Kleiniana della transizione dalla fase schizoparanoide alla fase depressiva diventa
nel modello di Bion : il cardine della teoria del pensiero. Il punto che rappresenta che cosa significa pensare.
Farvi notare elemento fondamentale che ci permette di vedere quanto poi questo modello bioniano sia in realtà
anche vicino alla radice stessa della psicoanalisi freudiana. Nello spiegare questa oscillazione spesso fa riferimento
alla questione freudiana del rapporto con la frustrazione, ossia dice che affinché possa emergere il pensiero e cioè
l’emergere nella nostra vita psichica un contenitore mentale che ci permetta di apprendere dall'esperienza, cioè
depositare dentro di noi e costruire/conoscere l'esperienza che facciamo a contatto con la realtà (sia la realtà
esterna che la nostra realtà psichica è necessario sostanzialmente riuscire a tollerare un’esperienza di frustrazione
e anche di dolore psichico.
La frustrazione corrisponde fondamentalmente alla condizione del funzionamento schizoparanoide. La dimensione
che corrisponde alla transizione verso il funzionamento depressivo, ha che fare in maniera un pochino più sottile col
fatto che nel momento in cui emerge un fatto scelto, noi di fatto usciamo da una sorta di condizione di totale
onnipotenza in cui potenzialmente qualunque idea potrebbe emergere e qualunque concetto potrebbe essere
formulato, per entrare in una dimensione in cui scegliamo di seguire una via e a quel punto di sottoporci alla verifica
che deriva dal rapporto con la realtà.
C’è una connessione molto forte con la teoria Kleiniana, ma c'è anche una connessione molto forte con la
psicanalisi freudiana.

Frustrazione ha a che fare sostanzialmente con la possibilità di sostare nella posizione schizoparanoide, cioè di tollerare di avere
a che fare con una realtà che è frammentaria, confusa, in alcuni aspetti inconoscibile, può essere minacciosa, può essere densa
di contenuti che noi sentiamo che ci sovrastano. Questo secondo Bion è il nucleo del rapporto con ciò che non è noto ed è il
cuore del problema del rapporto. Non può essere ciò che noto perché ciò che noto già dato, ma sposta l’attenzione del discorso
psicoanalitico al rapporto con la scoperta di qualcosa che non è noto, può essere anche un pensiero che non è stato mai
formulato, qualcosa che non è stato mai pensato (come nel caso della scoperta scientifica a cui fa riferimento Carè). Quindi la
frustrazione è la capacità di sostenere il rapporto con una realtà che non ci gratifica (quando noi l'esercizio non lo sappiamo fare
non siamo gratificati, ma è come se Bion ci dicesse che fare esercizi che sappiamo già fare è tempo perso → la partita
veramente importante si può giocare soltanto nel rapporto con l'ignoto, il noto è qualcosa da cui non possiamo apprendere per
definizione assolutamente nulla).
Diversità dello stile espositivo dei testi bioniani rispetto a un modello anche didattico, a cui noi siamo abituati in maniera
abbastanza sistematica nella nostra cultura occidentale → e cioè noi siamo abituati a considerare come virtù massima di un
testo la sua chiarezza espositiva. Quello che Bion ci propone è esattamente l’opposto → cioè l'idea è l'unica cosa di cui la pena
di parlare e ciò che non for dummies, perché soprattutto non è ancora conosciuto. Questo è un po' alla base di quella fatica e
peculiare esperienza che si fa nel leggere i testi bioniani dove Bion parla di cose che lui stesso ha solo cominciato a conoscere e
non fa un'operazione a cui invece noi tutti siamo abituati, che è quella di mettere la polvere sotto il tappeto e cioè di nascondere
tutti gli elementi che sono non chiari o non coerenti di un concetto o di un'idea anche scientifica che lui sta cercando di
dimostrare.

Lui dice continuamente “di questa cosa, questo è quello che io ho capito fino a questo momento, ma non è quello che c'è da
capire → è quello che io posso mettere a vostra disposizione perché voi possiate andare avanti a pensare su questa realtà”.
Quindi anche il suo stile di scrittura è uno stile profondamente insaturo esattamente come la sua idea di
contenitore mentale. Non ci dice niente di più di quello che lui non pensi di avere potuto comprendere fino a un
certo punto del suo ragionamento. Leggere un testo bioniano significa sopportare una specie di posizione
schizoparanoide alla quale siamo sollecitati dalla presenza degli elementi della sua teoria.
Lettura in cui fondamentalmente è come se Bion ci dicesse : “non sentire quello che io ti dico in astratto, ma cerca
di fare esperienza di ciò di cui io ti parlo in concreto, osservando le sensazioni e le reazioni che avvengono nei tuoi
pensieri, mentre cerchi di avvicinarti a un'idea, a un contenuto o a un'esperienza della realtà psichica”. Quindi è una
cosa veramente innovativa.
Un'altra caratteristica freudiana è quella di costruire la teoria della Tecnica dell'intervento terapeutico, in maniera del
tutto speculare rispetto alla teoria del pensiero. In effetti Bion fa la stessa cosa. Perché dice che “quella che per
Jules Henri Poincaré è la teoria della scoperta scientifica e per un filosofo potrebbe essere la teoria di come si
formano i concetti, per uno psicanalista è la teoria dell'interpretazione”.
Cioè l'interpretazione psicoanalitica (che è il contributo fondamentale in questo modello che l'analista dà al paziente nel corso
del lavoro analitico della coppia) è qualcosa che nella sua dinamica non si distingue da qualunque altra classe di scoperta.
Questo vuol dire che analista e paziente devono tollerare insieme di stare lungamente a contatto con la sensazione di non capire
assolutamente nulla di ciò che sta succedendo durante la seduta→ ossia devono stare all'interno di una di una dimensione
schizoparanoide affinchè possa emergere qualcosa o fatto scelto che consente di cominciare a muoversi nella direzione di una
interpretazione di quello che sta succedendo.

Freud ha costruito la teoria del setting psicoanalitico sulla teoria del sogno (analogia fra il movimento regressivo, la mancanza
di stimoli esterni, la riduzione della motricità e la costruzione del dispositivo dell'analisi freudiana classica con l'uso del lettino,
il terapeuta posto alle spalle del paziente) → allo stesso modo Bion costruisce sulla teoria del pensiero una “teoria
dell'interpretazione”.
L'analista che non sta capendo niente, a un certo punto ha un'attività mentale (caso del signor h → analista fa un sogno ed
emerge qualcosa che prima non era noto,che consente di iniziare a dipanare la questione di che cosa stesse succedendo nella
relazione terapeutica tra paziente e analista). Nell'esempio di Gabbard → punto dirimente è il sogno cosiddetto di
controtransfert, nel quale l'analista riconosce la presenza del suo desiderio sanico di controllare il paziente.

Nel modello bioniano la caratteristica nucleare del pensiero, punto in cui pensiero comincia a crearsi nell'esperienza psichica
passa sempre attraverso un'immagine → la formazione di un'immagine. Questo pure è un concetto freudiano →Freud dice che
processo primario è un processo che genera sostanzialmente immagini mentali : le cosiddette rappresentazioni, sono sempre
rappresentazioni oniriche o oniroidi (se appartengono al mondo della fantasia) che hanno questo carattere di essere
sostanzialmente visive.
Questo di nuovo è un altro elemento della teoria bioniana che si riconnette a una matrice freudiana → cioè l'idea che il primo
spunto / il primo passaggio della costruzione di questo concetto nuovo / di questa idea nuova, corrisponda alla creazione di
qualcosa che ha un carattere di immagine mentale.
A questo punto per mettere le cose in ordine → introduzione a un linguaggio specifico che Bion ha proposto nella sua trilogia
epistemica per cercare di parlarci di come lui andava comprendendo lo sviluppo del pensiero. Inizialmente nei primi 15-20 anni
della sua attività di teorico Bion ha provato ad utilizzare un linguaggio di tipo matematico, perché riteneva che le parole che
hanno un significato concreto sono già impregnante di un alone di contenuto che le rende poco adatte a veicolare qualcosa che
invece è nuovo. Ha utilizzato dei termini presi in prestito dalla matematica per parlare di questi concetti nuovi della teoria del
pensiero.

Per Bion avere una vita psichica significa oscillare fra queste due modalità. Se io non frammento, non disintegro le
strutture stesse che si vanno formando nella mia vita mentali mi condanno a diventare un fossile, niente può essere
vivo se non è continuamente costruito, dal punto di vista del funzionamento del della libertà di pensiero.
L'oscillazione SPD è veramente il battito cardiaco della vita psichica e quindi questo sostare nella condizione schizoparanoide
(che chiama capacità negativa che è la capacità di stare all'interno della confusione del caos, del non noto) → è la condizione
fondamentale di qualunque sviluppo psichico, di qualunque idea nuova e anche di qualunque processo di conoscenza. è anche
una condizione di scoperta di qualcosa di nuovo che c'è in ogni momento della nostra vita. Se noi vogliamo vivere e cioè
evolvere psichicamente dobbiamo accettare di stare all'interno di queste dimensioni.
Il sostare nella posizione schizoparanoide è caratterizzato anche da un andamento fluttuante e soprattutto per
quanto riguarda la genesi di idee che emergono spontaneamente in questa struttura fluttuante del pensiero è stato
connesso al default Mode network e al default mode del funzionamento neuronale (per come lo conosciamo
adesso).
Il fatto scelta ha prevalentemente la caratteristica di un'immagine mentale.
Linguaggio insaturo che Bion ha coniato a partire dall'utilizzo termini matematici.
Condizione di partenza → un esempio siamo tutti qui davanti al computer in attesa che inizi la lezione viene si sente qualcuno
che parla, non si sa chi è, non si sa se io ci sono.
Siamo al cinema c'è buio ma il film non parte → cosa avviene nella nostra mente? sensazioni, elementi, perplessità, dubbi, un
po' di tensione, un senso di attesa che può essere fastidioso o paziente → una serie di elementi che corrispondono secondo
questo modo di cominciare a descrivere le cose = all’entrare in contatto con sensazioni grezze e frammenti di esperienza ancora
non codificati. Queste sensazioni grezze che e quindi non ci sono andate a depositare ancora in un contenitore, nè hanno dato
origine a un concetto Bion li chiama elementi Beta → quindi gli elementi Beta sono ciò che noi riceviamo attraverso i sensi
dall'esterno o anche osservando con la nostra coscienza, ciò che ci viene dal nostro stesso mondo interiore → elementi grezzi
che stanno alla base del contatto con la realtà. Questi elementi Beta secondo Bion possono avere due destini : possono essere o
in qualche modo elaborati, metabolizzati, aggregati fra loro e trasformati in qualcosa che ha il carattere di un seme di
un'immagine visiva (che è una trasformazione che va dal sensoriale verso la vita psichica) e quindi trasformati in elementi alfa
oppure possono essere eliminati ed espulsi. Come equivalente di questo processo → la digestione, lui proprio parla molto
spesso di questa analogia fra il pensiero e la digestione. La realtà ci viene incontro così come qualcosa che noi mangiamo e
quando noi mangiamo, ciò che mangiamo può essere assimilato e diventare un elemento che poi costituisce un motore per i
nostri processi organici (e questa sarebbe la trasformazione da Beta in Alfa) o può essere espulso quando per qualche motivo è
indigesto e viene ad esempio vomitato.

Quando noi siamo in grado di tollerare la fatica della digestione o di tollerare la fatica della posizione schizoparanoide, noi
possiamo andare verso la trasformazione in Alfa. Altrimenti gli elementi beta → cioè questi frammenti dell'esperienza che noi
percepiamo sensorialmente a contatto con la realtà devono essere espulsi e possono essere espulsi attraverso degli agiti o
attraverso la produzione ad esempio di sintomi.
Bion chiama Beta : le sensazioni grezze che noi abbiamo quando siamo a contatto con una certa realtà che
dobbiamo conoscere con una scelta realtà nuova.
L'esempio della situazione di incertezza quando sta per arrivare il film o quando capisce che succede durante la lezione eccetera
→ tutte le sensazioni che possono essere visive, uditive, relative al nostro stato interno → nel momento in cui non ha ancora
assunto la forma di un concetto su quello che ci sta succedendo lo chiama elemento Beta.
Elemento alfa è l'elemento in cui si trasforma una sensazione grezza nel momento in cui viene elaborato
inizialmente da questa dimensione elaborativa che corrisponde a una sorta di digestione psichica, che in maniera
poco originale Bion chiama funzione Alfa.

Klein → noi abbiamo già disponibile un modello per questo processo che è l'identificazione proiettiva. La trasformazione da
elemento Beta a elemento alfa del processo psichico di formazione del pensiero bioniano è costruita sulla base del modello
dell'identificazione proiettiva della klein. La funzione Alfa originariamente non è una funzione che noi svolgiamo da soli →
quando noi impariamo a pensare da piccoli, il nostro stato mentale induce nel caregiver / nella madre (quello che per noi fa la
funzione di contenitore della nostra vita psichica) = l'emergere di una comprensione, di una dimensione raffigurativa → che
può essere poi riveicolata al bambino stesso. Quindi la funzione Alfa = cioè la capacità di trasformare l'esperienza da esperienza
grezza e senza nome in una dimensione dotata di senso e che costruisce un contenitore mentale per continuare per l'appunto a
fare esperienza di quella realtà → è originariamente una dimensione bipersonale, ossia non si può imparare a pensare da soli.
Bion per rappresentare questa forma di pensiero sognante, che entra in contatto con i dati grezzi dell'esperienza psichica di
un'altra persona, utilizza e conia un termine che è preso dal francese che vuol dire sogno il termine reverie.
Reverie è questa capacità sognante della psiche che originariamente si esercita nella coppia madre-bambino, la
reverie la madre che significa l'esperienza psichica del bambino e nel corso dello sviluppo diventa poi una funzione
mentale dell'individuo.
Questo vuol dire che la meta psicologia bioniana a differenza di quella freudiana è una metapsicologia
strutturalmente bipersonale, cioè avere una mente non è un fatto di una persona, per avere una mente ce ne
vogliono almeno 2.
Oltre al caregiver nella nostra esperienza quello che funziona come contenitore è il gruppo. Quando siamo a
lezione e a qualcuno viene un'idea quest'idea bionanamente parlando sarebbe vista come un pensiero senza
pensatore che si va momentaneamente a depositare nella mente di qualcuno che lo riferisce al gruppo. Quindi il
contenitore mentale del bambino è la madre ,ma dell'individuo molto spesso è il gruppo (Bion parla del processo di
formazione psicodinamica dei gruppi).
Nella coppia madre-bambino → all'inizio il bambino sperimenta una realtà che non riesce a decifrare che ha questo carattere
spaventoso e persecutorio, che può essere anche una cosa gioiosa che non si riesce a decifrare. La madre elabora qualcosa di
queste percezioni e le restituisce al bambino dotate di significato. Questa funzione Bion la chiama Reverie perché secondo lui la
trasformazione di elementi Beta in elementi Alfa (che sono il grado Zero dell'attività psichica) è un analogo di ciò che noi
vediamo accadere continuamente nel sogno.
Infatti Bion ho presupposto l'esistenza di una funzione della mente che lui chiama “pensiero onirico di veglia” che
sarebbe questa sorta di digestione dell'esperienza, che produce immagini e spunti visivi di ciò che noi stiamo
sperimentando.

Letto pezzo : “Nello stato mentale di assunzione rilassata, che è necessario per potere fare delle osservazioni,
l'individuo è in grado grazie ai suoi sensi di stabilire un contatto con l'ambiente circostante è consapevole delle
proprie sensazioni e sarebbe in grado se glielo si chiedesse di scriverle. Come io per esempio sarei in grado di
descrivere il colore della carta su cui scrivo, la mano che tiene la penna e così via. Analogamente tu lettore potresti
fare delle osservazioni sulla tua esperienza mentre leggi le parole stampate su questa pagina.
In questa mia ricerca non prenderò in considerazione l’individuo portatore di una difettualità tale da impedirgli di
sperimentare soltanto questo grado di contatto con l’ambiente, ma invece l'individuo che è capace di un contatto
sensoriale, ma sembra del tutto incapace di apprendere dall'esperienza. Perché un paziente di questo tipo mi
permette di osservare una catena più usuale di eventi, della quale potrei altrimenti rimanere inconsapevoli. Questa
catena di eventi per quanto mi riesce di è più o meno così : supponiamo che io stia parlando con un amico e che
questi mi chieda dove mi propongo di passare le vacanze. Mentre me lo chiede che io visualizzato la piazza di una
piccola cittadina non lontana dal villaggio in cui propongo di soggiornare. La cittadina è importante perché possiede
la stazione ferroviaria più vicina al villaggio. Prima che l'amico che ha finito di parlare nella mia mente si è formata
una nuova immagine. L'immagine della chiesa si è stabilita In qualche occasione precedente, ma non saprei dire
quando, ma la sua evocazione nella situazione che sto descrivendo non dovrebbe sorprendere nessuno, solo
quello che vorrei aggiungere potrebbe essere controverso. Infatti io propongo che l'esperienza di questa particolare
conversazione con il mio amico e di quel particolare momento della conversazione, e non soltanto le sue parole, ma
la tonalità di quel momento e di quella esperienza, viene da me percepito sensorialmente e convertito nell'immagine
di quella particolare chiesa di campagna.

Non so che cos'altro possa succedere anche se sono sicuro che avvengano molte più cose di quante io non ne sia
consapevole, ma la trasformazione delle mie impressioni sensoriali in quell'immagine visiva fa parte del processo di
assimilazione mentale. Le impressioni dell'evento vengono rimodellate come immagine visiva di quella particolare
chiesa e in quel modo vengono tramutate in una forma idonea ad essere immagazzinata nella mia mente.
Per contro un paziente potrebbe avere la stessa esperienza, le stesse impressioni sensoriali eppure non essere
affatto capace di trasformare l'esperienza, in maniera da poterla immagazzinare mentalmente. L'esperienza rimane
invece come un corpo estraneo, sentita come una cosa totalmente mancante della qualità che di solito attribuiamo
al pensiero o alla sua espressione verbale. Al primo di questi prodotti, quello del lavoro del sogno o elemento alfa,
propongo di dare il nome appunto di elemento alfa. Al secondo cioè l'impressione sensoriale non assimilata, di
elemento Beta.
Ci si potrebbe chiedere perché mai senta il bisogno di considerare gli elementi Beta in questa mia indagine sul
metodo scientifico, se esso sono una caratteristica di una personalità disturbata. La mia risposta è che se è vero
che sono stato portato ad osservare gli elementi Beta durante il trattamento di pazienti disturbati, d'altra parte è
anche vero che essi si incontrano costantemente al di là del loro uso da parte di individui disturbati, come spero di
potervi mostrare fra poco”.
L'immagine della Chiesetta che compare nella mente, secondo Bion non è semplicemente l'emergere di un ricordo,
ma è qualcosa che sta significando un aspetto fondamentale del rapporto che si sta svolgendo in quel momento fra
lui e il suo amico. Non è un ricordo, è la creazione di un'immagine che significa qualcosa di sostanziale
dell'esperienza emotiva che lui e il suo amico stanno condividendo in quel momento.
Questa è la reverie → è la capacità di trasformare un'esperienza non nota in un'immagine mentale.
Gli elementi Beta e gli elementi Alfa del modello hanno poi una caratteristica sostanzialmente diversa, perché gli elementi
Beta, cioè quelli grezzi, tendono a non aggregarsi fra loro o quando si aggregano che rappresentano qualcosa di completamente
indigesto, qualcosa che deve essere assolutamente espulso e si aggregano in una dimensione che ci ostruisce il rapporto con la
realtà → questa dimensione Bion la chiama “schermo beta” = cioè quando siamo troppo carichi di un'esperienza non elaborata
(troppo stanchi per studiare)→ tutti questi contenuti non elaborati fanno da schermo verso la conoscenza, verso il contatto con
la realtà (e lui la chiama schermo Beta).
Viceversa gli elementi Alpha, che Bion chiama “Mobilia del sogno” ciò che arreda i nostri sogni ciò che li li rende abitabili →
gli elementi Beta si legano fra loro in una struttura che Bion chiama “barriera contatto” e che a differenza dello schermo Beta è
un filtro che ci permette di entrare in contatto con ciò che della realtà deve essere conosciuto.

Sono state suscitate delle sensazioni, queste sensazioni hanno permesso l'emergere proprio di quella immagine
mentale, che chiaramente deve avere delle caratteristiche secondarie che sono connesse alla possibilità di
esprimere proprio quelle sensazioni.
Nel momento in cui si forma l'immagine mentale (per esempio emerge immagine della chiesa di montagna) questa immagine
funziona come filtro (→ questo è il concetto di barriera di contatto) un filtro che distingue ciò che di quella esperienza di
relazione, di rapporto con l'amico arriverà alla coscienza e ciò che invece rimarrà inconscio. Quindi la barriera di contatto
funziona come un filtro che separa il conscio dall’inconscio.
è un modello che è costruito su tutto quello che è stato detto dai grandi teorici della psicoanalisi prima di Bion da Freud e dalla
Klein → ma riformulato in termini innovativi.

Lettura del brano che è preso dalla raccolta di temi e note bioniane che si chiama cogitationes → immagine che si forma nella
mente relativa alla chiesa al paese di campagna sarebbe stata diversa nel corso di una relazione di un colloquio con un'altra
persona? Bion lascia intendere di sì → l'immagine mentale che si forma nella reverie, porta dentro non solo un elemento del
ricordo, ma un elemento che riguarda il presente il qui ed ora della relazione.
Pensiero onirico di veglia → l'idea che Bion che la mente svolga continuamente un'attività di trasferire contenuti da un ambito
frammentato e non rappresentabile all'ambito della rappresentazione psichica.
Questo corrisponde esattamente al lavoro della funzione alfa e rappresenta una visione del funzionamento mentale e un modello
metapsicologico in cui insieme degli elementi che costituiscono il contenuto di un'immagine, rappresentano
contemporaneamente sia il contenuto di un'esperienza, che anche una funzione di filtro che permette di separare gli elementi di
una certa esperienza materiale che stiamo vivendo fra quelli che devono arrivare alla coscienza e quelli che invece rimangono
inconsci. Questo è il funzionamento dell'insieme degli elementi alfa che Bion chiama “barriera di contatto” cioè l'idea è che
queste immagini mentali costituiscano un filtro fra ciò che di una certa esperienza può essere accessibile alla coscienza e ciò
che invece rimane sullo sfondo, rimane inconscio → quindi è modello metapsicologico del funzionamento psichico che ha
delle caratteristiche importanti. In un certo senso inconscio e conscio si creano contemporaneamente, l'immagine che appare
nella reverie è sia il contenuto conscio dell'esperienza, che il filtro che separa il conscio dall’inconscio.

L'altra volta abbiamo parlato prima degli elementi Beta poi della trasformazione degli elementi beta in elementi Alfa
che sono elementi visivi che compaiono all'interno di queste immagini mentali create dalla reverie.
Gli elementi Beta possono essere trasformati e allora si crea una barriera di contatto che sia l'accesso di un'immagine alla
coscienza, ma possono essere anche espulsi. Freudianamente diremo che Bion ritiene che se non c’è tolleranza della
frustrazione, se non c’è capacità negativa e se non c'è possibilità di rimanere a contatto con un’esperienza non formulata / con
un'esperienza frammentata (com'è quella da cui inizia qualunque processo di avvicinamento al nuovo) → Allora l'apparato
psichico che Bion chiama “apparato per pensare pensieri” → può entrare in una condizione che somiglia un po' a
un’indigestione → cioè essere sovraccaricato da stimoli che non riescono a creare un contenitore, che non riescono quindi ad
essere contenuti da questo contenitore e non riescono a diventare elementi della vita psichica.
Allora che cosa ne è questo sovraccarico di tensioni che non hanno preso la via verso la significazione o verso il
senso?
Bion ritiene che l’apparato psichico oltre a funzionare nella direzione dell'assimilazione e quindi della creazione di contenuti
mentali → possa funzionare anche nella direzione evacuazione, cioè abbia un sistema per eliminare questi elementi in
sovraccarico. Lo fa fondamentalmente attraverso quella che chiama “inversione della pulsione Alfa”. Lui ci propone sulla base
di una clinica che molto spesso è la clinica dei pazienti gravi (quindi degli psicotici) una possibilità, che i nostri organi di senso
siano visti non solo come elementi che funzionano perché portano la realtà verso il mondo interno (la realtà esterna verso il
mondo della nostra vita psichica) → ma possano anche funzionare come sistemi che evacuano i contenuti della vita psichica,
che liberano l'apparato psichico da contenuti indigesti. Questo ci fa pensare ovviamente alle allucinazioni → alla teoria delle
allucinazioni = cioè che l'apparato psichico possa proiettare all'esterno dei contenuti che sono ritenuti indigeribili o
insopportabili.

Infatti Bion ha sviluppato nel testo che si chiama “analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico” → una teoria della
sofferenza psichica grave soprattutto nella schizofrenia che si basa proprio su questo concetto dell'inversione della pulsione
Alfa. Bion utilizza un'idea che è molto originale, anche poco intuitiva → cioè quest'idea che gli organi percettivi possono essere
utilizzati non solo per prendere informazioni dall'esterno, ma per scaricare dei contenuti psichici attraverso processo di
allucinazione o dispercezione verso l'esterno.
Esempio → di una situazione un po' meno grave di una situazione psicotica relativa a questo tipo di processo, una situazione di
una tranche di un lavoro clinico in cui mi è capitato di trovarmi a contatto con un'esperienza che mi faceva proprio pensare a
questo tipo di funzionamento → durante fase di avvio di percorso terapeutico (prime settimane) paziente aveva uno strano
sintomo di visivo = vedeva tutte le cose attorno a sé non solo animate da una particolare brillantezza dei colori, ma da una che
si concentrava soprattutto sul rosa.
Paziente vedeva rosa erano dei rosa che lei diceva sono di un brillante che non si può immaginare, per lei era
talmente forte la sensazione di essere esposti a questi rosa smaglianti che era andata a farsi visitare da tre diversi
oculisti in tre settimane e tutti e tre questi oculisti le avevano detto che il disturbo che lei lamentava non
corrispondeva a niente che fosse stato clinicamente descritto in medicina.

Cioè non c'era nessun disturbo organico che corrispondente al fatto di vedere i rosa più accesi e più brillanti. Lei diceva che
questa cosa la disturbava terribilmente anche nelle sue attività quotidiane. Questa che è una dispercezione → alterazione della
percezione visiva, è praticamente scomparsa nel momento in cui durante la nostra terapia, è stato possibile collegare questa
percezione dei rosa brillanti al mio nome e lavorare sul fatto che per qualche motivo (connesso alla sua storia personale e al
modo con cui questa paziente mentalmente elaborava la sua vita psichica in quella fase iniziale della terapia) per lei era proprio
impossibile pensare di essere a contatto con qualcuno che aveva una caratteristica di brillantezza. Lei eliminava questa
esperienza (Io mi chiamo Rosa di nome) → eliminava l'esperienza di dipendere da un oggetto con caratteristiche brillanti e
quindi anche molto vitali = eliminava psichicamente l'esperienza di dipendere di trovarsi in relazione con un oggetto vitale,
trasformando in rosa vivido il colore che lei percepiva fuori di sé. Quindi seppure all’interno di un funzionamento che non era
sicuramente il funzionamento di una personalità gravemente disturbata, in questa fase iniziale del trattamento questa paziente è
transitata per un periodo relativamente breve in cui ha funzionato secondo questo modello bioniano dell’inversione della
funzione Alfa. Una volta notato questa cosa è rimasto tutto il grande di lavoro per noi di capire perché per lei fosse così difficile
essere a contatto con una situazione così carica di vitalità.

L’idea di Bione è che vengono eliminate proprio quelle rappresentazioni che potrebbero contestualmente diventare
talmente forti da dominare tutta la rete neurale, quindi non sono eliminati gli stimoli che sono poco rilevanti, ma
sono eliminati gli stimoli che sono potenzialmente tanto rilevanti da dominare completamente un'area di
connessioni.
L'idea bioniana è che l'eliminazione degli elementi Beta possa causare sia la sostanziale radice dei sintomi psicologici e dei
disturbi psicologici → cioè l'idea che la sofferenza psichica si manifesta nel momento in cui una certa esperienza non può
essere assimilata e quindi non può essere vissuta e viene evacuata verso l'esterno attraverso un meccanismo di proiezione, che
lui chiama.inversione degli elementi Alfa.
L'eliminazione degli elementi Beta nel caso della psicopatologia grave, nel modello B può avere un carattere
esplosivo. Bion ritiene che alcune caratteristiche della psicopatologia grave, possano essere spiegabili se noi
consideriamo che nell'espulsione di certi contenuti legati all’inversione della pulsione Alfa, ci sia la fantasia di
espellere insieme i contenuti, anche intere proprie parti della personalità.
Bion per esempio interpreta il fatto che alcuni pazienti sentano di essere spiati dagli oggetti o attraverso gli oggetti → questa in
psichiatria è una fenomenologia comune. Bion chiama oggetto bizzarro che viene costruito quando una funzione della mente
nel tentativo di liberarsi di certi contenuti viene espulsa e attribuita a un pezzo della realtà esterna (quindi uno scaldabagno che
origlia nel modello bioniano è un oggetto Bizzarro che contiene contemporaneamente un contenuto non desiderabile, ma allo
stesso tempo pure la funzione mentale che permette di percepire quel contenuto).
Nella descrizione bioniana degli oggetti Bizzarri troviamo invece anche proprio una sorta di espulsione esplosiva
della personalità e di funzioni mentali che vengono ad essere appannaggio di elementi inanimati della vita del
mondo reale. Quindi si tratta di una visione della patologia grave, in cui sono proprio le parti della funzione mentale,
le parti della personalità che vengono espulse e distribuite sui pezzi del mondo esterno.

La paziente percepisce qualcosa di estremamente vitale nella relazione con me-terapeuta, che per altro mi chiamo di nome Rosa
o questo pezzo di nome, per paziente risulta insopportabile l'esperienza psichica e essere in contatto e secondo me anche di
essere essenzialmente dipendente da oggetto vitale → invece di sperimentare questa esperienza di essere dipendente da un
oggetto molto vitale, quindi invece di sperimentare la sensazione di dipende da un oggetto di tale o dipendere da un oggetto per
la propria vitalità → la paziente non esperisce niente di tutto questo nel suo mondo interiore nella sua vita e trasforma questa
esperienza in una situazione in cui i colori rosa che lei vede attorno a sé, sono troppo vividi.
Si libera nella potenziale esperienza di essere in contatto con un oggetto vitale rendendo più vividi i colori Rosa nella
percezione esterna → nel momento in cui tutto questo è stato in qualche modo elaborato e lei è l'idea di questo rapporto con
questo oggetto vitale è stata formulata nel corso della nostra terapia con un linguaggio che per lei fosse accettabile e che non la
facesse sentire diciamo un oggetto che per la propria vita e vitalità dipende da qualcun altro → non c'è stato più bisogno di fare
questa operazione e sintomo è andato.
Si è creata una barriera di contatto attraverso un'azione reciproca durante la terapia della coppia al lavoro, che in
questo caso io non vi posso esemplificare nei termini di una singola immagine mentale o di una singola espressione
specifica. Sicuramente un'esperienza che non era in alcun modo accettabile e digeribile è diventata un'esperienza
della sua sensazione in seduta.
Nel momento in cui in modo quasi immediato questa paziente sperimenta qualcosa nella relazione con me che la rimanda a una
dipendenza potente, evidentemente qualcosa di tutto questo risulta intollerabile, quindi la fa immediatamente questa operazione
di trasformazione, invece di sperimentare anche semplicemente una paura della dipendenza o l'inquietudine per una possibile
dipendenza → fa immediatamente quest'operazione.

Questa prima del modello della formulazione dei pensieri → cercare di spiegarvi un momento dove si colloca rispetto alla
dimensione con cui siamo abituati a trattare i pensieri, che è quella che parte dai concetti.
Di solito se ne trattate per esempio in un'ottica di tipo filosofico o epistemico, di solito si parla della formazione dei
concetti. Allora il mio punto di vista sull’opera di Bion è che lui abbia cercato proprio di mettere un riflettore su una
parte fondamentale del funzionamento mentale : che è quella che sta a monte della formazione dei concetti.
Prendere ancora un pochino di tempo per spiegare in maniera sistematica in questa teoria del pensiero come ci arriva alla
formazione del concetto e tutta questa elaborazione fa parte ancora del periodo cosiddetto sistemico perché Bion cerca
tantissimo di strutturare questa sua descrizione della formazione del pensiero in termini analoghi alla descrizione di una teoria
scientifica. Quindi il primo livello di contatto con la realtà dello psichico, con l’apparato psichico percepisce queste sensazioni
grezze che vengono chiamate elementi Beta. C'è la possibilità di tollerare la posizione schizoparanoide e di stare quindi a
contatto con questa situazione in cui ciò che è presente è non noto la funzione → la funzione Alfa o individualmente o
attraverso una relazione con un altro (quindi in uno spazio intrapsichico di dialogo con un altro o relazione molto al gruppo) →
è in grado di trasformare questi elementi Beta in qualcosa che ha la caratteristica degli elementi Alfa.
Gli elementi Alfa non sono dei concetti ma solo dei precursori, qualcosa che sta molto a monte della formazione di
un concetto. Gli elementi Alfa si possono concatenare fra loro e produrre un livello di pensiero che secondo Bion è
quello tipico dei sogni, dei miti e di tutte quelle rappresentazioni ideative, che hanno la caratteristica di potere
cominciare ad essere definite secondo una consequenzialità.
Quindi il singolo elemento alfa produce un'immagine, ma è un'immagine mentale del tipo di ciò con il quale si può creare un
sogno un mito o un racconto → quindi il primo livello del pensiero è la creazione di questa sorta di sostrato immaginativo
sognate della mente che poi dentro di sé ha comunque una sorta di coerenza che ci permette di raggiungere il livello successivo
che è quello che Bion chiama “ipotesi definitoria” o “preconcezione”.

Nel caso della paziente che ho raccontato, la preconcezione potrebbe essere stato il punto in cui nella mia mente si è affacciata
idea che ciò con cui avevamo a che fare in quel momento con la paziente poteva essere l'emergere di una dipendenza
intollerabile. Prof ha pensato → c'è un eccesso di vitalità, che è proprio un tentativo un tentativo di definire qualcosa che può
essere sottoposto a verifica. Cioè a partire da questa possibilità che comunque ha una sua testa e una coda (perché non siamo
più nella posizione schizoparanoide) → prof si è concentrata su dimensione unica e ha proposto interpretazione alla paziente.
Da quel punto in poi nel dialogo terapeutico, ci si muove attorno alla possibilità di vedere che cosa si sviluppa a partire da
questa ipotesi definitoria o da questa preconcezione. è una sorta di punto di partenza per vedere se quello che abbiamo tirato
fuori nella parte più intuitiva della mente corrisponde o no a come la paziente sente e a come la coppia sente che si svolgono le
cose durante la seduta. Quindi da questo punto in poi lo preconcezione so incontra con i dati dell’esperienza → cioè quello che
sta succedendo corrisponde a questa preconcezione? le cose tornano e si incastrano l'una con l'altra? Se c'è questa
corrispondenza e nel linguaggio bioniano si dice “se la preconcezione incontra la sua realizzazione, cioè l’esperienza fitta con
questa ipotesi definitoria → allora si crea un concetto, un'idea, un qualcosa che ho una testa e una coda ed è un'unità della vita
psichica.”

Quindi il pensiero unico di veglia è una funzione sognante della mente che sta a monte della possibilità di esprimere dei
concetti nuovi. Esprimere un concetto nuovo vuol dire avere un'idea su qualcosa che si sta sperimentando, che esiste in questo
momento.Dopodiché nel modello bioniano i concetti si possono legare fra loro in catene di modelli sul funzionamento della
realtà e Il passo successivo è la formazione dei sistemi logico deduttivi. Un sistema logico deduttivo è una teoria, nel nostro
caso → in termini bioniani abbiamo costruito un sistema logico deduttivo o ossia una teoria. Le teorie secondo Bion sono poi a
loro volta formalizzabili.
Bion ritiene che ci sia un ultimo grado che è quella della trasposizione dei processi di pensiero, in una versione
totalmente comunicabili, che sarebbe quella della loro formalizzazione in termini matematici.
L'ultimo livello di questa relazione è il livello dei cosiddetti sistemi algebrici.
Quanto è forte questa analogia che Bion cerca di sviluppare per tutta la prima parte del suo lavoro scientifico del
suo lavoro anche come terapeuta come psicoanalista : fra il problema della scoperta scientifica e il problema della
terapia. Cioè è come se lui dicesse che si tratta esattamente dello stesso problema e cioè di come fa la mente a
stare in contatto con ciò che non è noto. Lui fa uno sviluppo del pensiero che fondamentalmente coglie un'analogia
profonda tra la dimensione della scoperta scientifica e quello che noi facciamo costantemente per pensare.

La fase conclusiva, quindi del processo di pensiero si ha nella ricerca scientifica che nel pensiero in qualunque situazione
sarebbe la costruzione di una teoria → cioè una rappresentazione logico-deduttiva su come è fatto il mondo che noi stiamo
vivendo in un certo momento. Questa oltre ad essere una teoria del pensiero è anche una teoria dell’azione terapeutica durante
un processo di psicoanalisi → come se Bion ci dicesse che si fa esattamente la stessa cosa quando si pensa, si fa scienza,
quando si lavora psicoanaliticamente.
Infatti quello che trova in comune è il metodo → quello che utilizziamo per formare i nostri pensieri.
è una teoria del della Ricerca Scientifica in un certo senso, in cui il problema fondamentale non è tanto nella fase di
verifica, ma è proprio nello stare a contatto con una realtà non nota per raggiungere il livello della reverie della
formazione dell'immagine mentale e quindi della preconcezione e dell'ipotesi definitoria.
Perché se volessimo provare a introdurre ora la questione della Resistenza in termini freudiani. è lì che le cose
possono andare male. Cioè idea nuova può non nascere perché produce delle resistenze e questo può essere vero
clinicamente l'abbiamo visto nell'esempio + nel terzo capitolo di paradigmi metapsicologici Bion fa un discorso
interessante sulla cosiddetta psicologia della Scienza, cioè anche sul fatto che anche rispetto alle idee scientifiche
c'è una condizione di accettabilità contestuale. Per esempio lui ricorda la questione delle teorie eliocentriche o
anche la scoperta del fatto che la Terra è rotonda.
Questi due dati cioè l'esistenza di una visione dell'universo in forma eliocentrica e la scoperta / addirittura il calcolo della
dimensione della sfera terrestre → erano dei dati che erano già noti all'epoca della Scienza tra → delle conoscenze che avevano
in età ellenistica. famosi pensatori e filosofi e matematici dell'epoca ellenistica avevano tratto corrette conclusioni su questi
argomenti. Ma perchè abbiamo dovuto aspettare Copernico per arrivare ad accettare queste dimensioni? Bion racconta del fatto
che molto probabilmente certe idee non possono attecchire perché fanno troppa pressione sui contenitori istituzionali, cioè sono
troppo destabilizzanti rispetto ad altre idee e ad altre concettualizzazioni che possono essere presenti o nella mente di un
individuo o a livello culturale nella cultura di un certo tempo.
Quindi secondo lui il problema del progresso scientifico e il problema della resistenza all'interno di un contesto psicoanalitico,
sono sostanzialmente riportabili allo stesso ordine di dinamiche. Le idee nuove fanno pressione sul sistema di teorie che noi
abbiamo nella nostra mente e quindi per poter scoprire qualcosa di nuovo noi dobbiamo in qualche maniera disposti a sostenere
questa pressione e a fare spazio → questo ci porta direttamente all'ultima parte dell'evoluzione del pensiero bioniano = the late
Bion.

Perché nel cercare di studiare le condizioni che consentono all’aprirsi nei confronti dell’idea nuova (di essere ricettivi verso
l’emergere di questo qualcosa e abbiamo visto descritto attraverso appunto il risultato di una reveli o di un sogno → come
vedete è qualcosa che arriva, non è qualcosa che può essere materialmente imposto o costruito) → Bion nell'ultima parte della
sua vita riformulerà completamente la teoria dell'assetto dell'analista durante la seduta (ultimi capitoli paradigmi
metapsicologici).
Poi arriverà a formulare idea secondo la quale l’analisi talvolta in assenza di memoria e di desiderio.
Può sembrare una frase paradossale però è molto conseguente con questo sviluppo del pensiero che abbiamo seguito anche
insieme attraverso questi esempi e attraverso il tentativo di mettere in relazione questi esempi con il materiale clinico. Cioè si
tratta dell'idea che secondo Bion : tutto ciò che c’è da osservare durante la seduta, sta dentro la seduta stessa e se noi ci
ingombriamo la mente con conoscenze precostituiti anche teorie, questa presenza di informazioni precostituite può occludere
completamente la nostra capacità di osservare qualcosa di nuovo. Perché lui parla di assenza di memoria e desiderio? Perché la
memoria riguarda le conoscenze su fatti che sono già accaduti e quindi se una cosa è già accaduta e io l'ho già memorizzata →
Bion dice che non c’è niente di ignoto nella memoria da apprendere. Il desiderio riguarda qualcosa che già bramato e futuro, ma
di nuovo e qualcosa di già noto perché io so che desidero esattamente quello → quindi di nuovo nel desiderio (anche il
desiderio di guarire il paziente) → ci può essere qualcosa che fa schermo alla possibilità di stare in ascolto di quello che c'è di
non noto nell'unico luogo e nell'unico tempo in cui questo non noto ci viene incontro = cioè nella seduta psicoanalitica.

Pezzo di pagina 69 di paradigmi metapsicologici : frammento:«Nella seduta mi occupo di quello che non so. La
seduta è l’unico momento in cui posso entrare in contatto con quello che non so; in qualsiasi altro momento posso
soltanto entrare in contatto, o pensare a, fenomeni che credo – a torto o a ragione – di aver già osservato. Ma nella
seduta posso entrare in contatto con fenomeni che non ho ancora osservato o che ho osservato soltanto
parzialmente. E’ un'opportunità da non perdersi, perché, se la si perde, non la si potrà mai ripetere (...): E’
l’esperienza emotiva appropriata all’osservazione di una serie di fatti apparentemente non correlati che l’analista
ritiene siano in relazione in maniera significativa si tra di loro che con lui stesso.» (Bion, 1992; trad.it. 1996: 218). E’
questo tipo di esperienza,che Bion ricollega alla definizione freudiana dello stato di benevola neutralità richiesto
all’analista, una sorta di attenzione libera e fluttuante, ad essere denotato con il termine ‘le Posizioni’. Un altro
esempio di questo stato mentale sarebbe quello fornito da Poincaré (Poincaré, 1902; Poincaré, 1908; Poincaré,
1995) quando descrive il suo anelito ad un assorbimento completo in processi logici mentali che se non matematici
in sé stessi, per lo meno esitano in una formulazione matematic.

Questo stato mentale chiama le posizioni, questo stato mentale perché fa riferimento alla teoria delle posizioni
paranoide e depressiva definita dalla Klein.
Sulla base di questa sua intuizione, di poter svolgere il lavoro terapeutico in questa condizione di assenza di memoria e
desiderio che significa essere totalmente immersi nella realtà emotiva del momento di ciò che può essere osservato nel
momento durante la seduta → Bion arriva a formulare l'ultima fase dello sviluppo della teoria che possiamo riassumere
attraverso questa espressione “il passaggio dall’apprendimento allo sviluppo” → passaggio che riguarda addirittura abbandono
del concetto di conoscenza.
Il primo testo citato “apprendere dall'esperienza” → l'apprendimento è un termine che noi utilizziamo per lo strutturarsi di
conoscenze e tutto quello che abbiamo visto finora, nello sviluppo della teoria epistemica bioniana va nella direzione di
consentire la trasformazione di un contatto con la realtà in un'esperienza psichica. Nell'ultima fase della vita di Bion → lui fa un
salto epistemico fondamentale e cioè comincia a elaborare sul fatto che quando noi siamo in contatto con un'altra mente e
quindi con una entità (che è un soggetto di vita psichica), ma proprio il termine conoscenza a non essere adatto a descrivere ciò
che può accadere. Cioè la conoscenza sarebbe un tipo di relazione con la realtà esterna che è adatta quando noi siamo in
contatto con cose che non sono vive e non sono viventi e che non hanno una vita psichica.
Mentre quando noi stiamo cercando di condividere l'esperienza emotiva che c'è durante una seduta, secondo Bion non possiamo
utilizzare la categoria di conoscenza → l’analista conosce o svela un aspetto della vita mentale del paziente. Ma un'esperienza
psichica può essere soltanto condivisa.

Al termine conoscenza si sostituisce l'idea dello sviluppo → cioè paziente e terapeuta insieme realizzano uno sviluppo
psichico, ma non c'è più quella dimensione che viene conosciuta e descritto qualcosa.
Bion utilizza la teoria delle trasformazioni matematiche per cercare di veicolare questa sua idea di come avviene il contatto fra
due menti e usa questa l'espressione → il termine “at one ment” che sarebbe una ritrascrizione allitterata della parola inglese
attunement che vuol dire sintonizzazione.
Lui ritiene che nel corso di un processo analitico, ma anche in generale nel corso di un contatto emotivo significativo fra cui
personalità e due menti ci siano delle occasioni in cui si ha questa netta sensazione di stare sperimentando lo stesso tipo di
situazione psichica, di stare dentro qualcosa → ma questo qualcosa (questo è il contributo fondamentale) non è qualcosa che
può essere destituito in termini di conoscenza, perché è qualcosa che implica una trasformazione in ciò che si conosce in un
certo senso.
Quando si raggiunge si tocca qualcosa durante la seduta, si tocca ciò che si è, si diventa ciò che si è → questa è un'espressione
di Claudio Neri che ha usato riprendendo la famosa frase dell'oracolo di Delfi.
Questa è l'idea dello sviluppo e Bion ha chiamato anche nel testo trasformazioni (che insieme ad attenzione e interpretazione
sono i due saggi più corposi teorici, in cui si fa sviluppando le premesse di questa svolta concettuale così importante nella teoria
del pensiero bioniana) → Ecco in quanti testi si sviluppa l'idea della cosiddetta trasformazione in O.

Cioè che esista una condizione fondamentale dell'esperienza, che è ciò che è successo veramente ciò che è accaduto → la realtà
in sé. Lui utilizza termine kantiano per descrivere questa condizione “la cosa in sé” → che di per sé è inconoscibile, non può
essere conosciuta ma può essere divenuta. Cioè nel corso della relazione la comprensione diventa non tanto un processo di
svelamento o un processo conoscitivo, ma un processo in cui il terapeuta e il paziente per un momento transitano nel
condividere una condizione che non è del registro della conoscenza, ma è del registro dell'essere. Per cui ho questa esperienza
psichica di base che non può essere conosciuta, ma può essere soltanto divenuta → Becoming of = diventare ciò che è
presentein quel momento. Questa esperienza è un'esperienza che è condivisa contemporaneamente dal dal terapeuta e dal
paziente. Riconosciuta 'è anche una radice orientale → in questa forma di pensiero, perché è una forma di pensiero che va oltre
la distinzione fra soggetto e oggetto. Ci dice che fondamentalmente l'armamentario classico della cultura occidentale che è
basato sulla distinzione di un soggetto che conosce un oggetto → va bene fondamentalmente quando c'è un soggetto animato
che conosce qualcosa di inanimato e di non psichico, ma va assolutamente male da costituire una specie di condizione delirante
→ quando noi pensiamo di poter conoscere una cosa che è una mente e che è viva psichicamente, con gli stessi metodi che
possiamo pensare di utilizzare quando trattiamo la conoscenza di una molecola o di una roccia. Bion arriva a dire che c’è un
carattere psicotico nel non distinguere ciò che è vivo da ciò che non lo è, ciò che è dotato di vita psichica da ciò che non lo è e
che talvolta anche scientificamente “noi ci poniamo in un regime di pensiero psicotico, quando pensiamo di poterci
impossessare della vita mentale degli altri attraverso un processo di conoscenza”. Quindi si vede quanto è radicale questa sorta
di visione e di rivoluzione epistemica che si va sviluppando attraverso gli scritti Bioniani.
Per dare idea della trasformazione in O → Bion all'inizio del testo attenzione e interpretazione fa un esempio che è diventato
poi famosissimo nella storia della letteratura psicoanalitica → immaginare di andare al museo e vedere in un quadro il campo
campo di papaveri. Voi avete davanti a voi formazione visiva di qualcosa che è una trasformazione artistica dell'esperienza
psichica il pittore ha avuto nel momento in cui si è trovato immerso nella natura e ha sentito il desiderio di dipingere campo di
papaveri. Che cos'è che ci fa riconoscere che il quadro che noi stiamo vedendo dice qualcosa di vero sulle esperienza originaria
che il pittore ha provato quando ha deciso di dipingere quel quadro? Secondo Bion il fatto che ci sono delle invarianti, cioè
delle cose che non sappiamo dire quali sono esattamente, ma che ci fanno sentire che c’è una coerenza di fondo, che c'è
qualcosa che si trasmette attraverso la pittura del quadro a noi osservatori, dell'esperienza originaria del pittore.
Quando noi sentiamo di entrare in risonanza con quella esperienza per come arriva a noi attraverso tutta la serie di
trasformazioni → nel momento in cui comunque a noi arriva qualcosa che noi riconosciamo emotivamente connessa a questa
esperienza fondamentale, avviene appunto questa dimensione della trasformazione in O. Cioè dentro di noi si presentifica quel
qualcosa, ma punto fondamentale è che questo processo non rientro nel dominio della conoscenza → cioè noi non possiamo
onestamente dire guardando il quadro del campo di papaveri di poter conoscere che cos’era l'esperienza psichica che ha fatto il
pittore che l'ha portato a dipingere quel quadro (anche perché in ciò che noi troviamo c’è tutta una quota che riguarda noi).
L'unica cosa che possiamo dire che si è creato questa sintonizzazione, attunement che ci fa pensare di vivere qualcosa in quel
momento che è direttamente connesso all'esperienza originaria di O.
Di per sè è qualcosa di inconoscibile intrinsecamente. è come se Bion a un certo punto si fosse reso conto che il
canale con cui si trasmette la condivisione dell'esperienza psichica, non viaggia sulla dimensione della conoscenza,
ma viaggia sulla dimensione di un'altra gamma di fenomeni che hanno a che fare non con l’apprendere, ma con la
crescita, con lo sviluppo.

Quindi cambia completamente il paradigma e cambia anche il paradigma di come noi intendiamo l'azione terapeutica → non è
più un processo volto a svelare qualcosa di non noto, ma è un processo volto a creare le condizioni che garantiscono lo sviluppo
psichico. Prima il punto di partenza è stato quello di riconoscere come precondizione necessaria l'assistenza di memoria e
desiderio → in quest'ultima parte della sua vita lui parlerà molto di due dimensioni = il rispetto della vita e l'amore della verità
quando.
Secondo lui sono le condizioni fondamentali che garantiscono lo sviluppo psichico nel senso di cui lui sta cercando
di parlarci in quest'ultima fase del suo pensiero. Il “rispetto della vita” vuol dire il non dimenticare mai questa
distinzione sostanziale essenziale proprio fra ciò che è dotato di una vita psichica e di ciò che non è dotato di una
vita psichica. Dice brevemente ciò che vivo e ciò che non lo è, perché trattare cose vive come se fossero cose
morte è caratteristico del pensiero psicotico, quindi è una formazione costante non una formazione che va incontra
alla realtà
“L'amore della verità” e la seconda dimensione perché secondo Bion la verità (che vuol dire l’andare incontro all’esperienza di
O) → sta allo sviluppo come l'apprendimento sta alla conoscenza. La verità è come il cibo della mente, senza il quale
l'esperienza di verità non può esserci sviluppo. Questo secondo me è anche un concetto molto ferenciziano → ciò detto a
proposito del danno legato alla disconferma della verità psichica → ecco questo concetto bioniano dell'amore della verità anche
se attraverso una via completamente diversa va esattamente in quella direzione, di dire che per lo sviluppo tipico è
fondamentale il rispetto della verità.

Bion stesso dice che il suo punto di partenza di tutto il suo pensiero è stata la teoria Kleiniana della posizione schizoparanoide e
posizione depressiva, e a chi è nell'ultima fase della sua vita lo accusava di aver è completamente stravolto la sua teoria
epistemica → non l’ha stravolta ma è stato l'insieme di passaggi concettuali che mi ha permesso di arrivare a pensare quello che
io penso nell'ultima fase della mia vita → quindi non è che lui la rinnega ma la rappresenta come una condizione che ha
permesso l'apertura della comprensione di un certo modo di lavorare in seduta come analista (quindi l'assenza di memoria e
desiderio), che a sua volta gli ha consentito di fare quest'ultimo salto concettuale fondamentale dalla conoscenza alla
trasformazione in O.
In un certo senso questo passaggio assomiglia un po' alla rivoluzione ferencianza legata alla scoperta di un assetto mentale
dell'analista che poi permette a Ferenczi di comprendere ciò che riguarda a proposito della dinamica dell'abuso, quindi di
riconoscere nuovi fattori terapeutici. C’è qualcosa che rimanda, però sicuramente diciamo la posizione di Bion ha un respiro
anche sul piano proprio filosofico-culturale veramente molto ampia → è proprio un modo diverso di pensare all'essenza della
vita psichica.
Negli ultimi suoi scritti lui ha cercato di riproporre l'esperienza di questo contatto con la vita psichica uscendo dal
modello della descrizione scientifica. Cioè se la vita psichica non può essere conosciuta ma solo divenuta, allora
forse scrivere un saggio teorico clinico non è il modo migliore per parlare della vita psichica.
QUindi lui fa un tentativo di riproporci questi suoi contenuti attraverso un metodo comunicativo per totalmente nuovo che è
quello di creare questo dialogo fittizio fra parti viventi di sè → cosa che è stata presa come una cosa di una stranezza terribile,
difficile leggere questi testi → tentativo a trasformare la psicoanalisi in una cosa viva. La trilogia fantastica mira questo a
descrivere la psiche come una cosa viva e non come l'oggetto di una descrizione teorico concettuale.
Termine O ha ciclicità → anche ricollegato al suono fondamentale che crea l'universo l’Ohm.
Il tao te ching (libro consigliato). Mondo orientale e cultura psicoanalitica → cinque concetti prestati alla psicoanalisi, libro che
spiega alcune dimensione dell’assetto psicoanalitico attraverso 5 concetti tipici dell’assetto mentale del saggio nella tradizione
cinese, confucianesimo.

Su Moodle → documento che riguarda un caso clinico (tema delle reverie bioniana), fornisce un esempio estremamente preciso
della questione di come la reverie può essere utilizzata all'interno del contesto terapeutico, quindi in un certo senso è una
evoluzione del modello tecnico che avete visto applicato da Gabbard nello studio clinico sul paziente H. In questo caso si tratta
di una psicoterapia psicodinamica di una paziente abbastanza grave che ha avuto uno scompenso psichiatrico, che viene seguita
in tandem dallo psicoterapeuta e da uno psichiatra. Il testo presenta un esempio molto importante di come una comunicazione
dell'analista a proposito delle sue immagini e fantasia durante la seduta possa essere utilizzata in termini di facilitare l'accesso
del paziente alla comprensione di certe aree di angoscia e anche di certi stati mentali dissociati. è un esempio unico
estremamente vicino alla teoria bioniana della reverie.

Inquadramento concettuale del contributo importantissimo di Winnicott a una teoria genetica dello sviluppo mentale. Lui è un
autore che si presta moltissimo a dei fraintendimenti → molti tendono a dare una visione estremamente semplificata, se non
banalizzata della teoria dello sviluppo psichico di Winnicott. Perdendo di vista in maniera sostanziale i punti invece
estremamente profondi e innovativi del suo pensiero che ne fanno uno degli autori che hanno dato un contributo sostanziale al
profondo rinnovamento della teoria e della pratica di psicoterapia psicoanalitica nella seconda metà del Novecento.
In particolare viene considerato l'autore che per primo ha posto un'attenzione straordinaria alla cosiddetta questione della “realtà
dell'oggetto” → Cioè a ciò che materialmente l'oggetto dell'investimento, in questo caso parliamo dell'età evolutiva, quindi
dell'investimento del bambino, quindi il caregiver → fa o dice nei confronti del bambino stesso. E è allargato la questione della
dipendenza del bambino dei propri oggetti d'amore a una visione molto più equilibrata e molto più articolata, che riguarda una
dipendenza generale del bambino dall'ambiente.Questa dipendenza viene diciamo letta in termini strettamente psicoanalitici,
cioè come Bion, anche Winnicott è interessato a sviluppare una teoria del pensiero e una teoria della formazione dell'apparato
psichico → quindi il suo non è un contributo di psicologia dell'età evolutiva anche se è un autore molto frequentato nei testi di
psicologia dell'età evolutiva. Ma è un contributo che ha una matrice psicoanalitica, quindi mira a una descrizione della
costruzione dell'apparato psichico.

Il suo punto di partenza è peculiare → infatti diciamo uno dei testi fondamentali che raccoglie la prima parte della produzione
attuale di Winnicott è stato tradotto in italiano con il titolo “dalla pediatria alla psicoanalisi”. Questo perché Winnicott, che
appartiene al gruppo degli analisti indipendenti della società psicoanalitica britannica (quindi quel gruppo che si forma come il
terzo gruppo dopo la separazione dei due processi formativi di matrice Anna Freudiana e Kleiniana all'interno della società
psicoanalitica britannica nel dopoguerra a Londra) → arriva all'interesse per la psicoanalisi dopo un lunghissimo periodo di
pratica come pediatra. Per tutta la sua vita anche quando era diventato famoso psicoanalista e aveva ottenuto la presidenza della
società psicoanalitica britannica e tanti ruoli di grandissimo spessore in ambito psicoanalitico → continuava regolarmente anche
a lavorare come pediatra.
è il primo analista che ha una consuetudine con la diade madre-bambino completamente stabile, costante = una
vicinanza quotidiana con le osservazioni della relazione madre-bambino.
Lui era talmente convinto che fosse necessario riformulare il punto di vista e il focus della teoria psicodinamica sulla teoria di
madre-bambino e non sul bambino da solo, che affermava che in realtà non esiste niente come un Infant da solo. Esiste soltanto
la diade, ponendo l'attenzione sul fatto che un bambino separato da un ambiente di sostegno / caregiver / dalla madre
semplicemente non esiste per un lungo periodo della sua vita. Quindi dobbiamo partire da questo dato → la teoria di Winnicott
si fonda sulla osservazione costante all'interno di un setting specifico, che è quello della visita pediatrica, dell' interazione
madre-bambino e dell'interazione tra la madre e il bambino e questo terzo oggetto presente nell’ambiente, che è la figura del
terapeuta o pediatra a seconda di quale veste vogliamo maggiormente enfatizzare.

Dal punto di vista della tecnica anche Winnicott un po' come Ferenczi è considerato un innovatore → perché non solo ha
utilizzato la tecnica del gioco klenianamente intesa e quindi una vasta gamma di oggetti che potevano essere impiegati dal
bambino fin dalla tenerissima età, ma si è spinto a fare osservazioni anche con bambini molto piccoli di un anno di età o ancora
meno di un anno → ingaggiando il bambino in una sequenza di gioco, con degli oggetti semplici che si trovano allo studio.
Primo fra tutti un esempio è la questione dell'abbassalingua, come il bambino si comporta rispetto al desiderio di afferrare o
prendere un oggetto luccicante (questo bastoncino di metallo luccicante), che attrae la sua attenzione e come è in grado di
negoziare la sua possibilità di andare spontaneamente verso questo oggetto che lo incuriosisce rispetto all'atteggiamento
abilitante o invece limitante che può avere la madre in quelle circostanze.
Quindi lui ha fatto delle osservazioni libere ma anche delle osservazioni all'interno di condizioni predeterminate,
facendo come dei piccoli test comportamentali che gli hanno permesso di avere un'interazione clinica anche con
bambini veramente molto piccoli (sotto l'anno di età).

Ha poi a lavorato moltissimo anche con dispositivi insoliti, per esempio le visite familiari con bambini e ai loro
familiari che abitavano lontani da Londra e che si potevano dislocare una o due volte nel corso di un trimestre e
quindi la terapia poi si poteva svolgere in parte per via epistolare. Insomma una grande libertà di adattare la
modalità di presenza del terapeuta alle diverse esigenze delle famiglie con cui lui entrava in contatto.
Dal nostro punto di vista quello che è veramente importante comprendere è la riformulazione della teoria dello sviluppo
psichico, che WInnicott arricchisce moltissimo con questo sguardo sulla realtà dell’interazione fra il bambino e la madre. Poi
una dimensione del funzionamento psichico → quella dell'oggetto transizionale che è una modalità di contatto e compresenza
tra la realtà e la fantasia che costituisce un concetto teorico originale introdotto da Winnicott che ha proprio aperto alla lettura di
un'ampia gamma di fenomeni e forse anche a una riformulazione di che cos'è il contesto della psicoterapia psicoanalitica e di
che cos'è il transfert.
L'oggetto transizionale è un classico esempio di quell'operazione di semplificazione impropria che spesso viene fatta degli
scritti di Winnicott → perché l'oggetto transizionale viene identificato (con la coperta di Linus), con una sorta di oggetto che ha
potere rassicurante. Sicuramente l'oggetto transizionale è anche questo, però Winnicott analizza in un modo straordinariamente
profondo le implicazioni dal punto di vista del rapporto con la realtà, che l'emergere del funzionamento dell'oggetto
transizionale mettono in luce.

Il concetto di oggetto transizionale e l'altro concetto di “madre sufficientemente buona”, sono due concetti che
hanno avuto grande successo nella psicologia dell'età evolutiva, però proprio perché molto diffusi rischiano anche
di essere massicciamente e profondamente fraintesi e in questo fraintendimento anche spogliati del grande valore
invece di scoperta e di apertura a una comprensione nuova sempre da un punto di vista psicoanalitico di alcuni
aspetti del funzionamento mentale.
Winnicott primo a considerare lo sviluppo psichico del bambino non a partire dalla nascita o da pochi mesi dopo la nascita
come ha fatto per esempio la Klein → ma a partire dalla situazione della gravidanza, e dall'osservazione del cambiamento
mentale che avviene nella madre nell'ultimo trimestre / nell'ultimo periodo della gravidanza. Lui ritiene che in una gravidanza
che procede fisiologicamente= cioè nella quale c'è un buon investimento della madre nei confronti del nascituro e anche una
buona possibilità per la madre di cominciare a elaborare delle fantasie pensieri e dei desideri sul nascituro che si fanno
normalmente sempre più frequenti man mano che si va verso la data del parto → si assiste a una sorta di ritiro a un certo punto
degli interessi della madre dal mondo circostante e un assorbimento sempre più intenso e sempre più profondo nelle questioni
che riguardano la preparazione al parto e l'arrivo del nascituro.
Questo assorbimento che Winnicott chiama “preoccupazione materna primaria” ha un carattere talmente radicale → che
secondo lui è equiparabile a una psicosi benigna, perché altera temporaneamente in modo radicale il rapporto della madre.
Altera per esempio l'interesse di investimento nei confronti degli altri figli, può alterare gli interessi nei confronti del lavoro,
della vita di relazione, del partner.
è un vero e proprio ritiro narcisistico che secondo Winnicott ha l'importanza fondamentale di preparare la psiche
della madre alla costruzione di questa diade totalmente simbiotica, che si struttura nell'ultima fase della gravidanza.
Quindi la preoccupazione materna primaria è la condizione psicofisiologica ideale all'instaurarsi del legame madre-
figlio nei mesi finali della gravidanza e poi al momento del parto e subito dopo la nascita.
Da questo punto chiaramente la teoria dello sviluppo genetico prende in considerazione anche la condizione psicofisica del
bambino → è un bambino in carne ed ossa, un bambino osservato da un pediatra che quindi ha a una contenzza precisa delle
realtà e della materialità del rapporto fra il bambino appena nato e la madre.

E ciò che Winnicott e moltissimi analisti prima di lui, immediatamente riconosce → è la condizione di dipendenza che lui
chiama “dipendenza assoluta”, in cui si trova il bambino nei primi mesi di vita nei confronti della madre. Condizione di
dipendenza assoluta che riguarda non solo la dipendenza materiale → cioè non sopravvive il bambino se non viene nutrito
protetto accudito. Ma è una fusione psichica assoluta che da un punto di vista strettamente psicoanalitico comporta la
sensazione da parte del bambino di essere completamente lui l'artefice della realtà oggettiva con la quale si trova in contatto
In altri termini → è talmente immediata la risposta della madre ai bisogni emotivi del bambino, che il bambino può vivere
queste prime fasi della sua vita nell'illusione di essere lui stesso il creatore del proprio soddisfacimento, quindi una teoria che
richiama un po' la teoria freudiana del narcisismo primario (che è una condizione di totale autarchia del bambino appena nato a
patto di includere in questo modello le cure materne)

Quindi durante la dipendenza assoluta il bambino secondo anche secondo Winnicott sperimenta questa illusione di essere lui
l'artefice che delle realtà dell'oggetto con cui si trova in relazione, il tipo di relazione con l'oggetto che si sperimenta in queste
condizioni Winnicott la chiama “relazione con un oggetto soggettivo” proprio perché è una relazione in cui l'oggetto viene
illusoriamente percepito come direttamente creato dal bambino stesso. Contemporaneamente a questa dimensione quindi vista
dal punto di vista della descrizione di che cosa succede nella mente del bambino → Winnicott però fa anche delle osservazioni
su che cosa succede attorno alla mente del bambino e cioè su quelle che sono delle azioni psichiche, che devono essere messe in
atto perché il bambino possa procedere nella prima tappa / nel primo compito evolutivo che si trova ad affrontare alla nascita →
che è quello che Winnicott chiama “l'integrazione psichesoma” o detto con un termine molto poetico “l'innesto dell’anima (lo
psichico) nel corpo” = il corpo da una realtà oggettiva diventa una realtà animata, da una psiche/ da una consistenza psichica
che è quella della nascente personalità del bambino.
Lui ritiene che affinché sia possibile questo sostanziale originario momento di integrazione della psiche e del corpo → è
necessario che l'ambiente e il caregiver compiano delle attività col bambino → attività che vanno effettivamente fatte, cioè non
rientrano in registro di una rappresentazione mentale, ma sono vere e proprie operazioni che vanno fatte. Sono 3 : l’handling
(maneggiamento), l’holding (contenimento, tenere in braccio), l’object presenting.

l'handling è il maneggiamento del corpo del bambino da parte del caregiver, che avviene quando il bambino viene proprio
spupazzato → preso, sollevato, girato, mosso nello spazio → facendogli assumere tante pose diverse e movimenti rapidi. Per
Winnicott sono essenziali → perché il bambino acquisisca una sorta di considerazione di essere un tutt'uno da un punto di vista
del proprio corpo : di avere gambe e braccia, una postura → qualcosa che lo rappresenta unitariamente dal punto di vista della
funzionalità del corpo.
Mentre viceversa l’holding → definizione originaria di Winnicott significa tenere in collo collo o in braccio,
è un'operazione in cui il bambino può sperimentare un senso della sua struttura all'interno di qualcosa che lo sorregge (quindi
che gli dà anche una centratura, un'asse, fisicamente una disposizione stabile nello spazio) e allo stesso tempo lo protegge.
Quindi il contenimento che originariamente nel rapporto col bambino piccolo è il contenimento fisico del bambino → diventa
poi concetto fondamentale di un contenimento anche psicologico. L'objet presenting è quella facoltà che ha il caregiver di
portare il mondo al bambino = la presentazione dell'oggetto al bambino ed la funzione di mediazione il caregiver nel momento
in cui favorisce il contatto del bambino con gli oggetti della vita reale intendiamo proprio completamente (i sonagli, il
passeggino, giochi).
Cioè tutta una modalità in cui il caregiver in maniera fondamentale media le possibilità di contatto fra il bambino e
gli oggetti reali e concreti che sono intorno a lui.
A proposito di mediazione è assolutamente fondamentale che il caregiver nel corso di queste operazioni garantisca
che la modalità del contatto con il mondo esterno sia sufficientemente rispettosa dei bisogni e delle caratteristiche
del bambino.
Handling → maneggiamento del genitore o del caregiver che corrisponde a una propriocezione del bambino di essere
maneggiato / manipolato → la sensazione che il bambino prova quando viene manipolato e mosso nello spazio attivamente dal
caregiver, che contribuisce in maniera fondamentale alla creazione di questo innesto sostanziale dello psichico nel fisico e
quindi la creazione di una dimensione integrata mente-corpo che per esempio è quella che noi vediamo messa sotto scacco nella
psicopatologia grave (nella psicosi per esempio). Quindi queste funzioni originarie hanno molto a che fare col rapporto mente-
corpo e Winnicott ha anche delle posizioni abbastanza radicali su questo punto → perché dice che se in un bambino molto
piccolo si vede che c'è una mente, allora qualcosa è andato storto nel suo sviluppo, cioè insiste moltissimo sul fatto che il
bambino è un essere psicofisico, in cui le due componenti devono essere talmente integrate da non essere distinguibili. La
mente è un po' come già una sorta di proiezione / intellettualizzazione che implica che qualcosa non è andato nel verso giusto in
questa fase iniziale di integrazione così sincronica e profonda.

Il caregiver ha anche la funzione di regolare la modalità del contatto con l'ambiente, in modo che questo sia funzionale alla
possibilità integrativa del bambino e non sia invece un impatto eccessivo / qualcosa che fa una pressione eccessiva sui bisogni
del bambino, che anche interviene in maniera molto brusca rispetto a quella aria dell'illusione, dell'onnipotenza originaria che vi
avevo appena nominato. Per definire appunto questa pressione eccessiva della realtà su questa area dell’illusione → Winnicott
usa termine “impingement”, cioè qualcosa che spinge e dà un'impronta. Ecco il caregiver deve in qualche maniera modulare
l'impingement, l’impronta che la realtà esterna fa inevitabilmente con tutti gli elementi di disturbo di sorpresa che potete
immaginare nel nascente psichico del bambino.
Il bambino secondo Winnicott è una unità mente-corpo, non deve essere mai eccessivamente registrabile l'aspetto fisico e
l'aspetto psichico del comportamento del bambino. I bambino è un'unità psicofisica in cui la mente è totalmente incarnata →
azioni, loro gesti siano perfettamente sincronici e perfettamente espressivi di certi contenuti psichici, al punto che questi
contenuti tecnici sono totalmente indistinguibili dalle azioni stesse.

Rispetto quindi da questa fase di dipendenza assoluta, nel corso dei primi mesi di vita deve avvenire una sorta di
possibilità da parte della madre di potere in qualche maniera tornare a rivolgere il proprio interesse anche agli altri
aspetti della vita, quindi in un certo senso la madre deve fare quello che Winnicott chiama un “deaccomodamento”
rispetto al bambino. Cioè piano piano uscire da questa sorta di simbiosi diadica completamente funzionale che fa sì
che il bambino non possa distinguere nemmeno il proprio desiderio dalla risposta materna, e cominciare a mettere
uno scarto. Questa cosa avviene fisiologicamente, perché man mano che il bambino è un po' più grande (la
mamma sarà in grado di farlo aspettare qualche minuto in più quando piange la notte prima di andare in cameretta).
Man mano che il mondo diventa più variegato è chiaro che le occasioni di distanziamento fra le attese i desideri e
quindi le fantasie di creazioni onnipotente del mondo del bambino e la realtà di quello che gli viene proposto,
diventano sempre più frequenti.
Quindi il deaccomodamento è una fase proprio fisiologica fondamentale per evitare di rimanere incastrati struttura
di tipo funsionale, che però pone il bambino in una condizione molto delicata, che è quella di scoprire in un certo
senso di essere dipendente e bisognoso del rapporto con il suo caregiver, la madre o l’oggetto d’amore. Quindi in
un certo senso il deaccomodamento da parte della madre produce una perdita di questa illusione di onnipotenza
del bambino, che però è ancora molto piccolo e fragile rispetto alla sua capacità di sostenere per esempio l’assenza
della madre.
è proprio in questa fase chiamata da Winnicott → la “fase della dipendenza relativa” che orientativamente va intorno a 6 mesi 8
mesi → quando il bambino piano piano incomincia a gattonare e a muoversi, quindi comincia a sperimentare anche un senso di
aggentilità e di autonomia maggiore.
è in questa fase per l'appunto che si sviluppa il funzionamento dell' oggetto transizionale.
Da un punto di vista della teoria psicoanalitica che cos'è questo funzionamento se l'oggetto transizionale?
È vero che si tratta di qualcosa che corrisponde molto bene all'immagine della coperta di Linus coperta di Linus,
qualcosa di morbido che ha una consistente un profumo che in qualche modo sembra ricordare qualcosa della
intimità e della fisicità del rapporto con la madre.
Questo oggetto in una certa fase della vita del bambino sembra essere un oggetto che realizza una garanzia fondamentale →
cioè grazie alla presenza dell'oggetto transizionale il bambino è in grado di tollerare l’assenza della madre.
La prima cosa che ci può venire in mente di pensare è che l'oggetto transizionale sia semplicemente qualcosa che
ricorda al bambino la relazione con la madre o che lo aiuta a rappresentarsi la presenza e l'esistenza della madre
quando la madre è fisicamente assente e sicuramente questo è vero.
Però sicuramente non è esaustivo e se si osservano i bambini nei confronti per esempio con l’oggetto transizionale → non sta
affatto nel ruolo della madre, ma il bambino può giocare con questo oggetto mettendo se stesso al posto del caregiver e
usandolo come un’immagine di sé stesso. Per esempio come quando il bambino cerca di cullare e addormentare un orsetto.
L’oggetto transizionale non può essere semplicemente rubricato nei termini di “cosa che ricorda o rappresenta un genitore o la
madre” → è una entità molto più complessa, che rappresenta talvolta il genitore, rappresenta talvolta il bambino in rapporto
con il genitore e talvolta sembra rappresentare il legame tra loro due.

Quindi questa è la funzione dell'oggetto transizionale, ma il punto più interessante per noi è come si crea un oggetto
transizionale? Cioè com'è possibile che a un certo punto uno strofinaccio diventi qualcosa di così fondamentale che
sembra che il bambino non possa vivere se non ha quel particolare strofinaccio?
Cioè cos'è che crea questa unicità e questa caratteristiche assolutamente insostituibile e individuale che lega il bambino al
rapporto con quello specifico oggetto che non può essere sostituito nemmeno da una cosa analoga?Ci possono essere delle
proprietà fisiche di quell'oggetto→ la morbidezza un certo tipo di consistenza, l'odore. Però Winnicott è molto netto nel
dichiarare che oltre alla caratteristiche fisiche dell’oggetto, c'è un'azione psichica del bambino che trasforma un dato oggetto nel
suo oggetto transizionale → solo che nè caratteristiche fisiche da sole, nè caratteristiche dell'azione psichica del bambino da
sole, sono sufficienti per spiegare l'origine di questo oggetto transizionale.

Winnicott nel presentare questo concetto teorico molto spesso ricorre una formulazione paradossale, cioè dice che l'oggetto
transizionale non può essere descritto per le sue proprietà, ma deve essere descritto attraverso dei dividendi e in particolare di
sono due cioè : “dell'oggetto transizionale non è lecito chiedere chi lo abbia creato” → questa domanda non si può fare sull'
oggetto transizionale, è come se fosse una domanda che non rientra nelle regole del gioco. è qualcosa rispetto al quale non è
lecito chiedere chi lo abbia creato, deve essere anche accettato così com'è e come appare nella vita del bambino. Se i genitori e
l'ambiente si mettono a fare troppe questioni sul perché e per come della coperta del pupazzo → l'oggetto transizionale non può
funzionare come tale chiedere.
Il secondo punto è che : “deve essere presente per essere creato” → vuol dire che l'oggetto transizionale è un oggetto fisico
della realtà esterna, quindi deve esistere, non si può creare un oggetto transizionale con la fantasia, deve esserci qualcosa di
concreto di materiale che esiste fuori dalla mente del bambino. Ma questo essere presente , reale e oggettivo fuori dalla mente
del bambino è la precondizione per cui su questo oggetto si possa esercitare questa funzione creativa e del tutto spontanea della
psiche del bambino stesso. Quindi è una realtà paradossale che sta a metà fra una realtà oggettiva e una realtà soggettiva.
Winnicott ritiene che sperimentare la relazione con gli oggetti transizionali, sia una condizione fondamentale perché
la psiche possa sviluppare le sue capacità creative.

Quali sono le condizioni, a che secondo voi si possono collegare in maniera più diretta a questo funzionamento
transizionale? Quali altre attività e realtà dell’essere umano possono essere collegate al funzionamento dell'oggetto
transizionale?
Una relazione può avere una natura transizionale nel momento in cui a partire da un dato reale poi viene investita di un
significato che può essere costantemente di rinegoziato, da questo punto di vista anche la relazione terapeutica può essere
interpretata transizionale. Nel gioco del rocchetto prevale dimensione ripetitiva (questione dell’angoscia e ripetitività) →
mentre Winnicott è più interessato a mettere in luce la natura molto creativa e produttiva del rapporto con l’oggetto
transizionale, con cui i bambino può giocare e mettere in scena delle sequenze e scene molto creative.
Infatti nella società umana secondo Winnicott, le aree delle attività umane che corrispondono al funzionamento
transizionale sono sostanzialmente l'area del gioco e l'area della cultura, dell'arte, della produzione artistica.
Winnicott fa riferimento al gioco e all'arte perché fondamentalmente, nel gioco la parte di realtà esterna viene ad essere
costituita dalle regole, dopodiché all'interno di un sistema di regole fisse, la persona che gioca può sviluppare una sua
costruzione libera e creativa. Quindi secondo lui la capacità dell'uomo di giocare a tutte le età (da bambino e poi anche da
adulto) e quindi di sperimentare e sviluppare attraverso il gioco la sua capacità creativa → è una diretta conseguenza
dell'esistenza di questi fenomeni transizionali e così la produzione dell'oggetto artistico. L’artistico è un oggetto materiale,
perché l’opera d’arte esistere qualche concretezza materiale, si crea con materiale che viene dal mondo esterno → però allo
stesso tempo il senso significato unico e assolutamente soggettivo che l'artista impone a quel materiale, rende quell'oggetto
qualcosa che va ben oltre supera, supera e proprio trasfigura la sua essenza materiale stessa.

Secondo lui il gioco è un altro esempio di fenomeno transizionale, perché è una dimensione in cui la realtà esterna
esterna oggettiva e materiale è data dal sistema delle regole del gioco. A partire da queste regole però poi una
persona può sviluppare qualcosa che corrisponde alla creazione di una dimensione in cui esprime qualcosa di
unico e individuale.
Gli adulti devono rispettare lo spazio transizionale → cioè non entrare a disquisire chi è cosa o cosa sta facendo (rispettare il
divieto, il riconoscimento dell'esistenza e della valenza fondamentale per la creatività per l'elaborazione di quello che Winnicott
chiama il “gesto spontaneo” → l'espressione spontanea dello psichismo individuale del bambino.
Secondo Winnicott i fenomeni transizionali hanno origine nella vita molto precoce attraverso queste sequenze di gioco, ma poi
accompagnano costantemente la vita dell'essere umano garantendo un'area di creatività, che secondo lui è una dimensione
assolutamente fondamentale per la salute psichica → cioè la possibilità che uno possa esprimere qualcosa che lo caratterizza,
che lo rende unico, che lo rende diverso da qualunque altro individuo. Winnicott → è stato il primo autore che ha posto
attenzione al tema del se sottolineando che ciascun individuo viene al mondo con una sorta di dotazione quasi fisiologica di
base, che corrisponde a quello che lui chiama il “suo vero sè” che è una dimensione che l’ambiente deve in qualche modo
rispettare ed accogliere. Perché se invece avviene che Ferencizamente veniva citato che l'ambiente fa delle richieste di
iperadattamento al bambino, il bambino invece di poter sviluppare il suo vero sè, sviluppa una specie di personalità mimetica
che si adatta alle richieste ambientali e che Winnicott chiama il “ falso sè”.

Cioè una difesa per proteggere la sua vera natura e mostrare però all'esterno qualcosa che viene sentito come più
accettabile e ritenuto più legato alle richieste dell'ambiente stesso.
Quindi questa teoria della creatività, della spontaneità → in Winnicott si raccorda in modo del tutto naturale a questo concetto :
che lo sviluppo psichico, non è soltanto la costruzione di un apparato psichico normativo che deve avere per esempio un buon
equilibrio fra io es e super io oppure una buona elaborazione delle angosce della posizione depressiva e della posizione
schizoparanoide.
No, un buono sviluppo psichico è uno sviluppo che consente a ciascuno di esplicitare le proprie capacità creative e
manifestare nel mondo esterno qualcosa che lo caratterizza in modo unico ed essenziale.
C’è questo nuovo elemento in più che forse in controluce era presente in alcuni temi ferencziani, però probabilmente non questa
chiarezza → cioè questa questione della necessità che l'ambiente rispetti questa unicità e questo nucleo inattingibile e
assolutamente prezioso di unicità, che caratterizza ciascun individuo.
Quindi la creatività, il gesto spontaneo, la creazione dell’oggetto transizionale → sono tutti aspetti in cui la persona può
esplicare qualcosa che appartiene a lui in maniera unica e irripetibile e che come tale deve essere riconosciuta e rispettata
dall'ambiente.

Questa fase dello stato transizionale secondo Winnicott è proprio una sorta di periodo intermedio (un po’ come nel modello
ferencizano c’era da fase di attribuzione dell'onnipotenza ai genitori) dello sviluppo del senso di realtà → nel senso che il
bambino parte con questa illusione della creazione soggettiva dei propri oggetti d'amore (quindi dell'oggetto soggettivo) →
attraverso lo sviluppo della fase dell'oggetto transizionale,
piano piano approda a una condizione in cui può concettualizzare la possibilità di essere in una relazione di dipendenza da un
oggetto esterno. Per Winnicott la dipendenza non è qualcosa che appartiene al mondo dell'infanzia, ma è qualcosa che
appartiene al mondo delle relazioni umane. Tanto è vero che lui la fase più avanzata dello sviluppo psichico, non la chiama
Indipendenza → ma “fase verso l'indipendenza”, proprio per sottolineare che per l'essere umano non esiste proprio la
condizione di indipendenza, noi siamo sempre dentro delle relazioni di interdipendenza e di dipendenza reciproca .Che cosa
cambia nel tempo?
Cambia la possibilità di riconoscere sempre di più l'alterità e la diversità e la soggettività del nostro oggetto, l'alterità
dell'altro e quindi creare un equilibrio sempre diverso fra una dimensione più di fantasia e una dimensione di
contatto con la realtà esterna.
Ecco cosa interessante del pensiero di Winnicott è che l'azione materiale concreta del caregiver, il modo con cui si rapporta e
ciò che fa con il bambino → ha un carattere determinante per garantire questo sviluppo.

Questione della madre sufficientemente buona → è un concetto che ha a che fare con la fase del accomodamento, cioè che la
madre non può essere nè perennemente presente e nè perennemente devota nei confronti del bambino, ma nemmeno passare da
una condizione di simbiosi e di diade a una condizione di assoluto disinvestimento e disinteressamento. Deve avere un grado di
presenza, che le consente di essere percepita non più come un oggetto ideale, ma come un oggetto sufficientemente buono,
dove in questo sufficiente c'è da una parte una sorta di garanzia, di una sicurezza di base, di una presenza, di una relazione
affidabile con l'oggetto, ma dall'altra anche possibilità di sperimentare delle fratture, dei momenti di rottura degli
allontanamenti, delle separazioni e questo ha un carattere strutturante il percorso psichico evolutivo del bambino verso
l'indipendenza.
E se in una prima fase dello sviluppo conta moltissimo proprio questa dimensione dell'essere sufficientemente buona come
madre → successivamente quando lui considera l'età per esempio dell'adolescenza, lui arriva a dire che la funzione dell'oggetto
in queste fasi dello sviluppo psichico del ragazzo e dell'adolescente può essere addirittura quella di poter farsi distruggere e di
sopravvivere alla distruzione da parte dell'adolescente. Cioè valorizza molto un senso costruttivo dell'odio, della rabbia ed
aggressività nei confronti degli adulti da parte dei ragazzi, come una sorta di tentativo di mettere alla prova la sopravvivenza del
legame anche nei confronti dell'odio (questo potremmo vedere forse un concetto di derivazione kleiniana).
Winnicott ha lavorato molto anche nell'ambito della devianza, nell'ambito del lavoro con gli adolescenti nelle comunità di
recupero per adolescenti che avevano commesso reati e poi ha valorizzato molto la questione della lettura costruttiva
dell'aggressività, che caratterizza certe fasi della vita dei ragazzi e l’importanza che gli oggetti possano riconoscere questa
aggressività senza avere un atteggiamento di carattere ritorsivo → sopravvivere come oggetto d'amore significa che se tu mi
attacchi, io mi posso ripresentare a te mantenendo il mio ruolo di genitore. Winnicott ritiene quindi che lo scopo / la funzione
evolutiva del rapporto con il caregiver → deve essere testimoniare (in questo caso al ragazzo) che l'oggetto sopravviva nella sua
funzione di oggetto d'amore anche al di là e oltre l’aggressività.

La connotazione da cui promana questa dimensione di unicità e creatività nel modello di Winnicott la chiama il sè. Mentre l’io
nella teoria psicoanalitica non è una caratteristica peculiare unica di un individuo, cioè tutti dobbiamo avere un io → ma l’io
non esprime la le caratteristiche di individualità, perché è un funzionamento psichico che appartiene all'apparato psichico e ce
lo dobbiamo avere tutti. Secondo Winnicott essendo presente la fase dell’oggetto soggettivo, in realtà se le cose vanno come
devono andare quindi c'è un pieno accoglimento per le dimensioni dei bisogni del bambino piccolo, ci sarebbe un'espressione
quasi totale della fantasia e del desiderio del bambino piccolo e che poi piano piano si deve un po' si deve mitigare in funzione
del rapporto con la realtà.
Questo io si forma attraverso questa fase di insediamento psichico nel corpo, Winnicott dice che deve esserci una
processualità qualcosa che deve accadere perché si possa formare questa integrazione psichesoma.

Fin dalla nascita e forse fin dall’età uterina esiste questa unicità, questa sorta di dimensione molto in potenza → il vero sè è
qualcosa che si può esplicare soltanto del tempo attraverso lo sviluppo di tutte le potenzialità creative di quella singola
personalità. Ecco quindi forse potremmo dire che all'origine esiste il vero se e l’io in qualche modo come altri analisti hanno
sottolineato (Winnicott sarebbe più in continuità col modello freudiano che con quella della Klein) → verrebbe a costituirsi
attraverso un fase in cui poi è necessario che il bambino riceva un certo tipo di attenzione, ma anche un certo tipo di operazioni
e cose che devono essere fatte perché si possa raggiungere questa primaria integrazione.
Winnicott distingue molto come due ordini di bisogni rispetto a questa primitiva integrazione dello psichesoma. Cioè alcuni
bisogni, che sono quelli che vi ho presentato riguardo handling, holding e object presenting → hanno in realtà che fare con il
rapporto con il caregiver in quanto persona.
Però Winnicott mette in luce che c’è un’altra forma del rapporto con il mondo che il bambino ha dalla nascita che lui chiama →
rapporto con la “madre-ambiente”. Concetto importante nel lavoro clinico con i pazienti gravi.

Allora che cos'è la madre ambiente? è un concetto, non una persona all'interno del quale si collocano tutte quelle funzioni
regolative dell'ambiente, che non hanno a che fare con un contatto diretto / materiale da persona a persona → lui nota che un
bambino molto piccolo ha bisogno di una regolazione ambientale molto sottile → cioè ha bisogno che gli venga garantito un
ambiente per esempio in cui la tipologia dei suoni a cui viene esposto non superi un certo tipo di caratteristiche.
Ha bisogno di questa regolazione ambientale almeno tanto quanto ha bisogno di un rapporto diretto e personale
con un oggetto che può essere anche un oggetto dei suoi investimenti. E che quindi ci ricorda in maniera molto
pressante che non esiste solo il rapporto con l'oggetto, quindi con la madre oggetto (oggetto dell'investimento,
dell’interesse e dell'amore) ma esiste il rapporto con la madre ambiente.
Importante nella psicopatologia grave → perché ci sono dei pazienti soprattutto di pazienti psicotici, schizofrenici che per
lunghe fasi della loro terapia per esempio mostrano di non riuscire a tollerare assolutamente il rapporto con l’oggetto, cioè il
terapeuta può essere una persona che entra in rapporto con loro → perché si è totalmente invasi, trasparenti e colonizzati da una
persona, da qualcuno che porta un pensiero che porta un punto di vista diverso dal loro mente. Incapace di entrare in contatto
con un oggetto che sia persona, mentre hanno un estremo bisogno di entrare in contatto con un oggetto che sia ambiente →
cioè con un analista che lavori soprattutto una sorta di Tuning sottile della costruzione delle condizioni relazionali ambientali,
che permettono a queste persone di sentire di potere sopravvivere e non essere distrutte nel rapporto del mondo esterno.

Quindi il rapporto con la madre ambiente → importante anche nella costruzione del setting, perchè tutti gli elementi che
definiscono la continuità, la stabilità, la coerenza, la prevedibilità, l'ambiente interno della stanza d'analisi relativamente stabile,
con poche variazioni, la disposizione costante della coppia analitica al lavoro → tutti questi sono elementi che in maniera muta
e silente però si indirizzano a una sorta di nutrimento di questa funzione della madre-ambiente e hanno un'importanza che nella
psicopatologia grave (schizofrenia → la sofferenza proprio della rapporto della psiche con il corpo, perché nella schizofrenia
viene proprio meno questo senso della naturalità dell'evidenza fenomenica del mondo→ alterazione del rapporto fra lo
psichesoma). Questa funzione di presenza in quanto ambiente e non in quanto oggetto è una dimensione che ha un valore
terapeutico straordinario → resi conto che per molti pazienti primi periodi della loro terapia dopo un breakdown psicotico → la
separazione tra mondo interno e mondo esterno è talmente labile, che la sensazione di essere in contatto con un'altra personalità
con un'altra mente può avere un effetto talmente devastante e quindi in qualche modo è importante che questa altra mente (del
terapeuta), sappia in qualche maniera mantenersi in oggetto di sfondo, quasi qualcuno che crea un dispositivo sincronico con le
caratteristiche fisiche dell’ambiente di cura. Deve avere più una funzione come garantire un riscaldamento e una vitalizzazione
di base della relazione, sempre molto rispettosa delle possibilità di contenimento dell'esperienza emotiva che in questi pazienti
possono essere veramente molto minime.

Bisogna imparare a veicolare questi elementi vividi della relazione di cui il paziente grave ha un bisogno assoluto, in
una modalità che sia rispettosa di questa sottilissima consistenza psichica che caratterizza il funzionamento dei
pazienti gravi per alcune fasi della loro condizione psichica.
Concetto madre-ambiente → Winnicott lo ha praticato soprattutto a partire dalle prime settimane e mesi del bambino e dello
sviluppo psichico del bambino, po com’è successo in altri casi ha rivelato la vera sua potenza euristica e predittiva all'interno
del contesto della presa in carico di situazioni psicopatologiche nella fattispecie soprattutto di psicopatologie gravi dell'aria di
disturbi schizofrenici.

Lezione di oggi → del modello di presa in carico dei pazienti con il cosiddetto narcisismo vulnerabile che è un contributo
fondamentale dello psicanalista americano Heinz Kohut alla teoria del narcisismo e il primo modello specificatamente orientato
psicanaliticamente per la presa in carico di pazienti con disturbo di personalità narcisistica. Ce ne sono stati altri, Kohut stesso è
stato per lungo tempo impegnato in una polemica con Otto Camberg, è un altro famoso teorico e clinico psichiatra vivente
americano che si è occupato molto del tema del narcisismo. Però secondo me il modello di Kohut anche importante
arricchimento sulla lettura della relazione terapeutica e dell'interazione terapeuta paziente e quindi ha un contributo anche
importante nella nostra prospettiva di questo corso incentrata sul tema della relazione.
Temi Kohutiani → due brevi estratti da un testo che si chiama “narcisismo e analisi del sé”, insieme al secondo volume che si
chiama invece “introspezione ed empatia” → sono i due testi che raccolgono in italiano i più importanti contributi concettuali di
Kohut. Lui è stato un autore che ha avuto un ruolo di primo piano nella In analisi statunitense, effettivamente è il primo autore
che vi nomino ti appartiene al contesto culturale americano e non europeo. Come molti degli analisti che hanno avuto un
pensiero particolarmente creativo e fertile, anche con Kohut che pure è stato Presidente dell'international Association, quindi
dell'associazione che riunisce a livello mondiale gli analisti di formazione freudiana → nell'ultima parte della sua vita, anche lui
ha avuto un certo distacco (ma non frattura) e comunque il suo sistema di pensiero viene identificato con una nomenclatura
specifica che lui stesso ha definito “psicologia del sé”.
Leggere stralci della prefazione di narcisismo e analisi del sé perché secondo me Kohut è veramente bravissimo ed
estremamente chiaro nel fugare ogni possibilità di confusione e farci capire in modo molto ben definito, in che modo
questo nuovo costrutto teorico del sé (che è alla base della sua teoria del narcisismo) deve essere considerato
rispetto ai costrutti che costituiscono l'apparato psichico classico della psicoanalisi freudiana e cioè l’io, l’es e il
super-io.
Il sè di Kohut ha a che fare con alcune dimensioni che coesistono rispetto al funzionamento e al modello
metapsicologico freudiano e soprattutto di conseguenza non va confuso con l’io. In questa prefazione (il testo
narcisismo e analisi del sè nella versione originale americana è del 59), lui fa riferimento ad altri teorici che hanno
dato un contributo alla definizione di questa nuova area di indagine che lui poi chiama il sè.

Terzo paragrafo della prefazione → “Un progresso ingannevolmente semplice, ma decisivo e che ha aperto nuove strade alla
metapsicologia psicoanalitica: la separazione concettuale del Sé dall'lo (proposta per primo da Hartmann che è allievo di Anna
Freud); l'interesse per l'acquisizione e il mantenimento di una "identità", e per i pericoli a cui questo contenuto mentale
(pre)conscio sarebbe esposto (Erikson); la graduale cristallizzazione di un'esistenza psicobiologica separata al di fuori della
matrice dell'unione madre-figlio (Mahler → teorica della simbiosi madre-bambino e dell’evoluzione dell’individuo a partire da
questa condizione simbiotica); e alcuni particolareggiati e importanti contributi degli ultimi anni, formulati in chiave
psicoanalitica, dal punto di vista clinico-teorico (Yacobson) e clinico (A. Reich): tutto ciò testimonia il crescente interesse degli
psicoanalisti per un argomento che era stato in qualche modo spinto in secondo piano dalla vastità del materiale relativo
all'investigazione del mondo degli oggetti (cita esplicitamente la grande fioritura del mondo kleniano e post-kleniano), cioè
all'investigazione delle vicissitudini dinamiche ed evolutive delle imagines (è il plurale della parola latina imago) o — per
esprimerci in maniera più coerente con una posizione centrale dei processi conoscitivi dell'lo, piuttosto che delle pulsioni nel
contesto dell'Es — all'investigazione delle rappresentazioni degli oggetti. Una delle difficoltà che s'incontrano quando ci si
avvicina ai problemi teorici del narcisismo — difficoltà divenuta prevalente rispetto alla precedente diffusa confusione tra
investimento del Sé e investimento delle funzioni dell'Io — è il presupposto frequentemente sostenuto che l'esistenza di rapporti
oggettuali escluda il narcisismo (posizione che sembra mutuata dall’idea kleiniana → che non cita mai nella teoria kleiniana il
narcisismo, ma identifica il narcisismo con l'interiorizzazione di un oggetto buono ideale).
Al contrario, come verrà dimostrato nelle pagine seguenti, alcune delle più intense esperienze narcisistiche si
riferiscono a oggetti adoperati al servizio del Sé e del mantenimento del suo investimento pulsionale, oppure
esperiti essi stessi come parti del Sé. Mi riferirò a questi ultimi come a oggetti-Sé. (oggetto sè)”.
Kohut si riferisce al fatto che nella teoria psicanalitica si era già affacciata l’idea che la relazione di oggetto potesse essere
utilizzata in funzione di una rafforzamento dell'equilibrio narcisistico. Freud definisce innamoramento su base narcisistica →
per un oggetto che con interessa per il tipo di ritorno che la relazione produce su l nostro senso di valore, grandiosità e
benessere. Kohut si sta muovendo nella direzione di estendere questo concetto e quindi di dimostrare che l’oggetto può essere
utilizzato non solo come oggetto d’amore in sè. ma come oggetto che fornisce funzioni vicarianti al soggetto stesso e alla sua
immagine di sè. Però specifica meglio qual è il rapporto tra questo concetto di sè che lui va sviluppando e la teoria psicanalitica
basata sul modello tripartito io, es e super-io.
“Prima d'iniziare bisogna fare alcune fondamentali chiarificazioni concettuali. Le nozioni di Sé da una parte, di Io, di
Super-io e di Es dall'altra, così come quelle di personalità e di identità, sono astrazioni che appartengono a livelli
differenti di formazione concettuale (come se lui ci dicesse che sono concetti che rappresentano livelli diversi di
astrazione rispetto a quello che è il livello di fenomeni che noi osserviamo nella seduta clinica);
lo, Es e Super-io sono elementi costitutivi di un'astrazione specifica della psicoanalisi che si riferisce a un livello
elevato, cioè lontano dall'esperienza: l'apparato psichico (descrizione molto astratta e generale).
Il concetto di personalità, invece, benché sia spesso utilizzabile in senso generale, così come quello d'identità, non
è originario della psicologia psicoanalitica, ma appartiene a un diverso contesto teorico che si adatta maggiormente
all'osservazione del comportamento sociale e alla descrizione dell'esperienza (pre)conscia dell'interazione tra sé e
gli altri, che emerge anche alle osservazioni della psicologia del profondo.”
Quindi la personalità e l’identità sono dei livelli che sono più vicini all'esperienza e in particolare a quell'esperienza che
riguarda la vita sociale dell’individuo → cioè il suo modo di reagire e produrre rappresentazioni psiche nel momento in cui si
trova confrontato nella relazione con gli altri.

“Il Sé poi emerge nell'esperienza psicoanalitica ed è concettualizzato come contenuto dell'apparato mentale (è un contenuto
psichico), sotto forma quindi di un'astrazione psicoanalitica di livello relativamente più basso, cioè relativamente più vicino
all'esperienza. (questo vuol dire che l’immagine di noi stessi che quindi Kohut sta cercando di definire come sé → istanza
autopercepita).
Esso quindi non è un'istanza psichica, ma è una struttura interna della psiche perché è investito di energia pulsionale e possiede
una continuità nel tempo, cioè è duraturo (immagine di sè non è un'istanza, ma non è un contenuto mentale effimero che va e
viene → ma è un qualcosa che ha una sua stabilità, è investita passionalmente → ha un valore ed è oggetto di un investimento,
poi ha una sua costanza ed espressione nel tempo).
Essendo una struttura psichica, il Sé ha inoltre una collocazione nella psiche. Per essere più precisi: varie e spesso
contrastanti rappresentazioni del Sé sono presenti non solo nel-l'Es, nell'lo e nel Super-io, ma anche all'interno di
ogni singola istanza psichica. Così ad esempio rappresentazioni del Sé i consce e preconsce contraddittorie —
come di grandiosità e d'inferiorità — possono coesistere l'una accanto all'altra, occupando localizzazioni delimitate
all'interno del campo del-l'lo, oppure posizioni settoriali in quel campo della psiche in cui Es e lo formano un
continuum. Il Sé quindi, proprio come le rappresentazioni degli oggetti, è un contenuto dell'apparato mentale, ma
non è uno dei suoi componenti, non è cioè una delle istanze della psiche.”

Quindi quando parliamo di psicologia del sè non parliamo di una psicologia in cui è presente una quarta istanza
psichica diversa dall'io, l'es e super-io. Ma parliamo di una sorta di contenuto mentale che rappresenta un'immagine
di sè per come viene percepita ai diversi livelli dell'apparato psichico.
La clinica del narcisismo vulnerabile che è il tipo di situazione clinica che sta alla base poi della necessità di
sviluppare questo tipo di concettualizzazione.
Lui si è interessato a una gamma di pazienti che non sembravano rientrare nella classica categorizzazione che noi abbiamo visto
negli autori classici del periodo originario della psicanalisi, che separa l'ambito delle psiconevrosi dall'ambito delle psicosi,
quindi le patologie di ordine nevrotico dalle patologie gravi che sono caratterizzate da una forte alterazione del rapporto dell’io
con la realtà. Questi pazienti arrivano a fare una richiesta di aiuto sia perché sono afflitti da dei vissuti chei hanno un carattere
molto difficile da tollerare, perché sono dei vissuti di vuoto, di mancanza, di energia, di difficoltà a mantenere un impegno e
un'attività costante e attraverso uno sforzo di volontà. Talvolta sono pazienti che arrivano al terapeuta perché sono stati
coinvolti in questioni che hanno a che fare con la depressione → cioè possono occasionalmente mettere in atto dei
comportamenti perversi, come per esempio Il voyeurismo e possono essere indirizzati al terapeuta, perché è venuto fuori in
qualche momento loro vita questo comportamento voyeuristico e questo ha allertato e messo in difficoltà il loro contesto
familiare. Oppure possono essere i pazienti che talmente si sentono talmente in difficoltà nel rapporto con gli altri, rispetto alla
possibilità di mantenere un minimo grado di autostima nel momento in cui le persone con cui sono in contatto dimostrano una
disattenzione o una mancanza nei loro confronti → da essere costretti a vivere in una condizione di ritiro e di separazione dal
rapporto con gli altri talmente forte, che a un occhio poco accorto questi pazienti potrebbero sembrare pazienti con un
temperamento schizoide → Quindi con un disturbo della personalità molto molto grave e con una difficoltà sostanziale
nell’entrare in contatto con gli altri.
Kohut nel corso della sua esperienza clinica ha sviluppato un modello sia per comprendere il tipo di sofferenza che
può essere visto previsto alla base di questa fenomenologia, sia per strutturare un modello di accoglienza di questo
tipo di pazienti con una tecnica che è stata sviluppata in maniera specifica proprio per questa situazione.
Per spiegare qual è il nucleo della concettualizzazione dello sviluppo del sé nel modello di Kohut → vorrei utilizzare una
prospettiva genetica come abbiamo fatto con la Klein per esempio. Cioè partire da quella che secondo Kohut è la definizione
degli aspetti della personalità che hanno a che fare con l'equilibrio narcisistico. La sua idea di partenza è molto semplice → è
quella di considerare che così come c'è uno sviluppo genetico dell'investimento dell'oggetto (e noi potremmo dire che finora
tutto quello che abbiamo visto nella teoria è una teoria genetica del rapporto con l'oggetto) → allo stesso modo Kohut ritiene
che sia utile considerare una prospettiva genetica separata e autonoma per la dimensione dell'aspetto narcisistico della
personalità.
E in particolare descrive una parte dello sviluppo del bambino che è una fase non precocissima come quella del narcisismo
primario freudiano, ma è una fase che noi possiamo assolutamente ben identificare → cioè quella fase in cui il bambino è
oggetto di un'ammirazione incondizionata da parte dei genitori e da parte del suo ambiente = quindi in età prescolare dalla
nascita fino ai 2-3 anni. Ogni cosa che fa viene accolto dall'ambiente con una ovazione di ammirazione. Freud in qualche modo
aveva colto l'esistenza di questo iperammirazione e iperinvestimento del bambino quando aveva parlato di his majestic baby nel
testo su narcisismo.

Kohut si rifà a questa concezione, cioè al fatto che esista una fase evolutiva in cui noi siamo oggetto di
un'ammirazione incondizionata da parte del nostro ambiente di riferimento e dei nostri caregiver.
Dovremmo essere oggetto → Kohut chiama questa fase “una dimensione di narcisismo appropriato alla fase”, con ciò
supponendo che questa fase in cui noi siamo come bambini piccoli oggetto di questa grande ammirazione da parte dell'ambiente
di riferimento e dei caregiver → deve avere una traiettoria evolutiva naturale e piano piano lasciare il passo a una condizione in
cui il bambino viene valutato secondo dei parametri maggiormente. Quando bambino esce dal contesto familiare e va all'asilo in
qualche modo (pur all'interno di una cornice che tende ad essere ancora molto molto giustamente estremamente valorizzante per
le produzioni del bambino) entra anche un dominio in cui la valutazione del suo comportamento ha dei caratteri un pochino più
realistici. Fase di narcisismo che in qualche modo deve essere equilibrata piano piano nel tempo, nello sviluppo attraverso la
presenza di un apprezzamento che si fa via via meno idealizzato e più realistico.

Ma che succede se per qualche motivo, durante la fase in cui il narcisismo sarebbe appropriato, l'ambiente non fornisce
assolutamente questa gratificazione esagerata e portata all'estremo e lascia una sorta di mancanza di questa esperienza di
ammirazione e di accettazione totale che Kohut riene così basilare e così strutturante per lo sviluppo della personalità? Secondo
lui quello che succede, è che si sviluppa una personalità in cui l'individuo vive nel costante bisogno di sperimentare questa
ammirazione e questa approvazione totale da parte del suo ambiente, per colmare una lacuna che si è creata nelle prime fasi
evolutive della sua struttura narcisistica. Cioè l'idea di Kohut è che se noi non abbiamo fatto questo rifornimento di
ammirazione e di gratificazione narcisistica nell'età in cui era appropriato farlo e ricevere → la nostra personalità svilupperà
una condizione in cui ci sarà costantemente in maniera anche spropositata e impropria un bisogno di un rifornimento
narcisistico da parte dell'ambiente. Quindi la sua idea è che i pazienti chiamati con vulnerabilità narcisistica, sono pazienti che
hanno un senso del proprio sé profondamente deprivato e mancante di questa pienezza, che viene ricercata attraverso una
dipendenza assolutamente esagitata dall'attenzione e dalla gratificazione dell'altro.

Per darvi un'idea di quanto può essere esagerata rispetto a degli standard abituali e quanto può essere quindi vulnerabile il
narcisismo di questi pazienti → vi vorrei fare presente che per un paziente con queste caratteristiche di personalità, una ferita
narcisistica grave può derivare anche dal fatto che per esempio terapeuta abbia guardato l'orologio prima della fine della seduta,
cioè non si tratta di una regolazione che va su gravi disattenzioni o gravi mancanze di rispetto → no, è una cosa molto sottile. è
una struttura che si sente impattata anche da mancanze che hanno un carattere minimo (ritardo di 3 minuti).
L'ordine di grandezza della sensibilità rispetto al rifornimento della conferma narcisistica da parte dell'ambiente, da
parte degli oggetti in questo tipo di pazienti è di questa dimensione
→ quindi una vulnerabilità narcisistica talmente forte che dice Kohut giustamente il paziente si ritrae, perché è molto difficile
stare in un rapporto con con un altro quando si è esposti a una simile variabilità. c'è una pelle talmente sottile che anche un
soffio di vento lascia una traccia violenta.
Questo aspetto che io ho raccontato rappresenta anche un po' quella è la fenomenologia, cioè il modo con cui si
presentano e stanno nella relazione i pazienti con narcisismo vulnerabile.
Molto spesso la sintomatologia voyeuristica è vista come una risposta a una mancanza di attenzione, come se il paziente
reagisce clinicamente al sentire di non essere visto, mettendo in atto una Ipervisione → cioè come puoi vedere allora io a te
oggetto (in senso lato) ti guardo quando tu non vuoi essere guardato.
Una delle dimensioni fondamentali della clinica di questi pazienti è riuscire a mettere in relazione gli agiti, i sintomi e le loro
difficoltà emotive alla esperienza di queste apparentemente minime e in giudizio generale poco significanti → ferite
dell'equilibrio narcisistico. Cioè questi pazienti possono essere aiutati a riconoscere quanto il disagio o il loro comportamento
sia determinato da situazioni in cui loro percepiscono un venir meno di questa costante gratificazione narcisistica di cui hanno
bisogno dall'esterno.
Questo è esattamente quel concetto che prima aveva accennato di oggetto sé → cioè l'oggetto per esempio il terapeuta per un
paziente con queste caratteristiche, non è un oggetto d'amore equiparabile a quello che poteva essere un terapeuta per un
paziente con una caratteristica di personalità isterica o erotica (oggetto di un innamoramento anche durante la traslazione di
Freud o di un investimento ostile come quello di cui ha parlato Gabbard) → ma l’analista funziona e viene percepito solo in
quanto oggetto che fornisce un rifornimento narcisistico al sè. Quindi è più visto come una funzione che come una persona con
la quale si entra in rapporto.

Il contributo fondamentale e molto discusso di Kohut alla tecnica del lavoro con i pazienti con narcisismo vulnerabile è stato
quello affermare che per una lunga fase della terapia, il terapeuta si deve prestare a questa funzione completamente → cioè
deve capire (chiaramente con molta delicatezza e all'interno di un rispetto assolutamente rigoroso della struttura del setting e
della psicoterapia) e aderire a questo bisogno di gratificazione narcisistica del paziente. Cioè nel modello teorico di Kohut è
presente una funzione di riparazione (repair) dell’equilibrio narcisistico che in qualche maniera dice qualcosa di nuovo e di
diverso rispetto al classico modello dell'analisi per freudiana e kleiniana, in cui l’azione terapeutica è fondata sulla
interpretazione. Qui nella cura di questi pazienti, se da una parte c’è dimensione di interpretazione per esempio del portare alla
luce la connessione fra certi sentimenti e certi comportamenti e le eventuali ferite narcisistiche che inevitabilmente si
determinano in qualunque rapporto (perché il livello di gratificazione narcisistica richiesto da queste persone non è sostenibile
da nessun essere umano).
Ecco questa dimensione di base deve essere in qualche modo attivamente riparata attraverso una fase in cui all’interpretazione
viene ad associarsi una disposizione alla gratificazione dei bisogni. Il bisogno narcisistico è una componente che è diversa dal
desiderio. La posizione di Kohut è molto netta → i bisogni devono essere gratificati, soddisfatti e quando si manifestano nella
terapia psicoanalitica hanno bisogno di essere accolti con una modalità che non è quella basata sulla semplice lettura e
interpretazione che abbiamo imparato a conoscere nel modello freudiano il cui un ruolo centrale ce l'ha il desiderio.

Cosa vuol dire che il terapeuta deve disporsi a una gratificazione dei bisogni narcisistici?
Per capire cosa vuol dire noi dobbiamo uscire dalla componente genetica ed entrare nella componente strutturale
della teoria. Kohut è uno psicanalista e quindi anche lui fa una descrizione in termini delle dimensioni fondamentali
di una teoria psicoanalitica. Componente strutturale è la dimensione che ci descrive le attivazioni di queste strutture
dell'apparato psichico che hanno la funzione di regolare l'equilibrio narcisistico. Come si entra in contatto con
queste strutture? Lui ritiene che queste strutture devono essere derivati da un'osservazione di tipo psicoanalitico,
cioè la ferita narcisistica del paziente vulnerabile è qualcosa di cui non possiamo essere direttamente consapevoli,
perché è un evento che accade dentro la clinica nel rapporto con quella persona, ma la componente strutturale del
suo funzionamento deve essere invece inferita attraverso un'osservazione di tipo psicoanalitico.
Com’è che noi psicoanaliticamente possiamo entrare in contatto con questa dimensione narcisistica della personalità?
Attraverso la scoperta dell’esistenza dei modelli di transfert di tipo narcisistico → è proprio una bella innovazione rispetto per
esempio alla posizione freudiana nella quale si riteneva gli aspetti del narcisismo non potessero essere colti nell'analisi, perché
non coinvolti nel fenomeno del transfert.
Kohut che è stato il primo dato una definizione e una lettura della dimensione del transfert narcisistico e ha descritto
in realtà due diverse modalità del transfert narcisistico che si capiscono molto bene. Si chiamano “transfert
gemellare o speculare” e l'altro si chiama “imago parentale idealizzata”.
La seconda rimanda a qualcosa allo scritto di Ferenczi → fai introduttive di senso di realtà, quello in cui si parla della fase di
idealizzazione dei genitori. Kohut ritiene che il transfert narcisistico si possa presentare in una di queste due modalità : nella
prima modalità la rappresentazione interiorizzata della coppia paziente terapeuta, è vista come qualcosa che potremmo
descrivere a parole “siamo la coppia più bella del mondo, siamo una coppia fantastica, siamo grandiosi, niente ci potrà di male
ci potrà succedere, vinceremo su tutto”.
L’esperienza che viene veicolata nel transfert è quella di trovarsi di fronte un oggetto che è capace di un
rispecchiamento totale, che ha una grandiosità condivisa e un senso di potenze onnipotente di invincibilità.
Nel transfert gemellare, secondo Kohut si riattiva una struttura arcaica cioè legata all'infanzia, che si chiama
“Il sè grandioso”, che è quella immagine di sé che ha il bambino e che deve avere il bambino, nel momento in cui è oggetto di
questa ammirazione e di questa gratificazione narcisistica totale. Si potrebbe dire che quella fase di ammirazione /
gratificazione narcisistica totale mira proprio allo strutturarsi di una dimensione di sè grandiosa. Questo sè grandioso
nell'evoluzione fisiologica piano piano dovrebbe essere maturato in una dimensione meno esagerata. Nel momento in cui questa
maturazione non avviene o nel momento in cui il soggetto è invece sottoposto a una carenza del suo rifornimento narcisistico, si
sviluppa una struttura arcaica del sè grandioso che è un bisogno di grandiosità e onnipotenza nella persona matura → che si
manifesta attraverso la costruzione di questa immagine grandiosa gemellare, che unisce in un'unica coppia straordinaria : la
dimensione del paziente e terapeuta. Ha una risonanza molto forte che appartiene alla coppia terapeuta paziente, quindi in
qualche maniera kohutianamente il terapeuta per un lungo periodo deve stare dentro questa coppia grandiosa. Esempio, quindi
una una coppia in cui terapeuta e paziente a un certo punto si erano convinti che casualmente loro fossero in grado di abbinare i
colori del loro abbigliamento in maniera magica e assolutamente infallibile e quindi quando analista apriva la porta al paziente
tutti e due ridevano tutti contenti perché erano costantemente convinti di essersi vestiti in maniera appaiata.

Seconda modalità del transfert che invece il mago o parentale idealizzata, che corrisponde a una sensazione
invece di dipendere da un oggetto onnipotente e grandioso. Quindi in questo caso è la figura del terapeuta ad
essere idealizzata e ad essere percepita con questa dimensione di grandiosità e onnipotenza. Il paziente fa proprio
fatica a permettersi di entrare in contatto con delle dimensioni che possono mettere in corrispondenza o in crisi
questa sua immagine idealizzata del terapeuta. Quindi il sè grandioso corrisponde al transfert gemellare o
speculare e il sè grandioso è una dimensione arcaica della personalità.
L’imago parentale idealizzata che è l'altra dimensione arcaica della personalità, dal punto di vista del narcisismo,
corrisponde a una condizione in cui nel transfert è la figura dell'analista ad essere idealizzata.
Un punto fondamentale che Kohut descrive e si trova nel primo capitolo di narcisismo e analisi del sè, è che la
presenza del transfert narcisistico si realizza nella consapevolezza del terapeuta, inizialmente non attraverso
l'esplicitazione di questi fenomeni che vi ho descritto (cioè della idealizzazione della coppia o della idealizzazione
del terapeuta), ma soprattutto attraverso l'emergere di alcuni sogni tipici che secondo Kohut sono la dimensione
che ha un vero valore diagnostico, cioè che permette di capire che il paziente funziona in una modalità di transfert
narcisistico ed in una relazione di oggetto sè. In questi sogni il paziente non è in relazione con un'altra persona, ma
è in relazione con qualcosa che ha un carattere non personale.
Esempio 1 : “ il paziente è dentro un razzo che gira attorno al Globo, lontano dalla terra. Egli è tuttavia protetto da
un incontrollata caduta nello spazio (questo secondo lui sarebbe l'esperienza della psicosi) dall’invisibile ma
potenzialmente efficace attrazione della terra, ossia l'analista investito di libidio narcisistica, cioè la traslazione
narcisistica e questo lo tiene in equilibrio verso il centro della sua orbita.”

Quindi vedete che l'equilibrio narcisistico della personalità è fondamentale per tenere la personalità Integrata e quindi per
evitare una dimensione psicopatologica che è come una sorta di minaccia di fondo nei pazienti con narcisismo vulnerabile, cioè
la paura di una rottura, di una disintegrazione della personalità e quindi di una frammentazione psicotica. La dimensione del sé
in Kohut ha un'importante caratteristica che è quella della coesione → cioè dell'integrità, della coerenza → deve essere di
immagine coesa. E la ferita narcisistica è sentita soprattutto come una minaccia alla coesione del sé, però è importante
considerare che anche se i pazienti con narcisismo vulnerabile possono occasionalmente passare degli stati di confusione
mentale
(per esempio dei momenti della separazione o nei momenti in cui sperimentano dei disturbi della traslazione narcisistica
sull’analista) → queste fasi sono sempre molto sono transitorie, sono occasionali, sono benigne. Queste temporanee perdite di
coesione dello stato mentale, di contatto con la realtà dello stato mentale del paziente possono essere facilmente ricondotte al
disturbo dell’investimento narcisistico del paziente.
Spostare o un ritardo della seduta → conduce anche all'emergere di fenomeni dissociativi di una certa importanza dentro la
seduta. (situazione in cui elemento di confusione si manifesta, per esempio in cui paziente esce dalla seduta e non riesce
assolutamente a ricordare dove ha parcheggiato la macchina. Quindi rientra dopo aver vagato e prima ancora di avere il proprio
nell'edificio prima ancora di avere un contatto visivo con il terapeuta, ha un senso di connessione e riesce a ricordarsi).
è una sintomatologia che può avere un carattere che transita per una dimensione dissociativa, ma che ha un
carattere benigno e non prognostico che potrebbero avere in una personalità di tipo schizoide o paziente psicotico.

“Sogno 2 : La paziente è su un altalena che dondola avanti e indietro, sempre più in alto, eppure non c'è un vero
pericolo che possa essere spazzata via o che l’altelenza compia un giro intero senza controllo.”
Il primo sogno (quello del razzo) fu sognato in maniera pressoché identica da due pazienti che non sono
ulteriormente menziaonati in questo lavoro.
Il secondo sogno fu sognato dalla signorina F. in un momento in cui si sentiva angosciata dalla stimolazione
derivante dal suo intenso esibizionismo arcaico mobilitato dal lavoro analitico. La traslazione narcisistica protesse i
primi due pazienti dal pericolo di una potenziale perdita permanente del Sé (cioè dalla schizofrenia), pericolo insorto
in conseguenza della mobilitazione durante la terapia delle fantasie grandiose arcaiche.
Nel secondo caso la traslazione narcisistica (andare su e giù con l’altalena) protesse la paziente da una
sovreccitazione dell'Io potenzialmente pericolosa (cioè dal cadere non nella schizofrenia ma in uno stato
[ipo]maniacale), minaccia che si era presentata in conseguenza della mobilitazione della libido narcisistica arcaica
nel corso della terapia. Il rapporto di traslazione con l'analista raffigurato in questi sogni è in tutti i casi di natura
impersonale (l'attrazione impersonale della una gravità; l'unione della paziente con il centro dell'altalena), ossia
un'efficace raffigurazione del carattere narcisistico del rapporto.”

Kohut è un autore che ha una raffinatezza clinica straordinaria, ha una capacità di seguire proprio i movimenti
psichici del paziente. Lui ha addirittura teorizzato l'importanza di questa sintonizzazione sottilissima sul sogno
narcisistico del paziente, coniando il termine appunto di “introspezione vicariante”, cioè assumendo il punto di vista
secondo quale l'analista per una lunga parte della terapia deve guardare agli accadimenti dell'equilibrio psichico del
paziente con la stessa precisione con cui qualcuno potrebbe fare un'introspezione di se stesso. Quindi deve
vicariare la capacità introspettiva del paziente. Altro es : paziente che viveva la sua condizione come se tutte le sue
esperienze avvenissero all'interno di un ambito protetto che era la telecabina.
In questi sogni la presenza del legame con qualcuno o qualcosa di materiale ma non umano, che è presente in
quanto svolge una funzione concretamente protettiva, è ciò che consente di diagnosticare la fusione narcisistica
della traslazione.
Sono sogni proprio patodiagnostici, che permettono di individuare che ciò che in atto è una traslazione narcisistica.
Molto spesso gli ostacoli che perturbano l’equilibrio narcisistico sono poi rappresentati come un aereo che rischia di
cadere oppure trovarsi su una cosa che sta per precipitare, così via i sogni.
Questi sogni rappresentano una sorta di autodiagnosi offerta al terapeuta della condizione della traslazione
narcisistica che a sua volta in questi pazienti regge l'equilibrio narcisistico della persona.
è quella nuova modalità di leggere il sogno che Kohut ha introdotto, che è diversa dalla modalità che voi avete visto
nell’interpretazione dei sogni di Freud, in cui il sogno viene qualche modo raccolto il messaggio di
rappresentazione, quindi di diagnostica, da una parte sullo stato del sè, ma anche sullo stato della relazione di
traslazione narcisistica, quindi sullo stato dell'equilibrio tra il sé e proprio oggetto sè. Chiaramente nella relazione
terapeutica si assume che l'oggetto importante debba diventare il terapeuta.
Questa clinica vulnerabile è un esempio dell’ampliamento del modello teapreutico Classico di derivazione
psicanalitica e di adattamento di questo modello nei confronti di una nuova analogia nuova e diversa, quindi è un
esempio di come la tecnica della relazione ferencianzamente si adatta al bisogno e alle caratteristiche nuove, che
possono presentare certi tipi di pazienti. La dimensione narcisistica della personalità e quindi la presenza eventuale
di queste imago idealizzate (sia del sè grandioso che dell’imago parentale) è una caratteristica di tutte le
personalità.
Solo che nelle personalità vulnerabili queste imago non hanno avuto quello smorzamento verso un apprezzamento
più realistico di sé e degli oggetti da cui si dipende, che dovrebbe essere caratteristico di uno sviluppo armonioso
della personalità. Quindi il modello dell'intervento terapeutico in questo caso non è solo un modello interpretativo,
ma lo è a un livello estremamente raffinato (perché l'analista deve essere in grado di segnare veramente queste
minime disregolazioni della traslazione narcisistica e dell’equilibrio narcisistico del paziente), ma è anche una
condizione in cui questo equilibrio narcisistico deve essere mantenuto, quindi l’analista deve imparare a lavorare in
una condizione in cui lungo tempo sta dentro il ruolo di sostegno narcisistico che in maniera così spontanea così
immediata e così trasparente che attraverso i sogni gli attribuisce all’inizio della terapia.

Storicamente c’è stata una discussione molto vivida sul tema del narcisismo fra Kohut e Otto Camberg
→ per esempio nell'ottica di Kohut questi tratti grandiosi e anche per certi aspetti quasi antisociali, che noi poi abbiamo
classificato con il disturbo narcisistico di personalità → vengono attribuiti a una sorta di fissazione o regressione alla
dimensione del sé grandiosa, ma in particolare mentre sè grandioso come condizione appropriata alla fase rappresenta una
espansione narcisistica del bambino, che tutto sommato l'ambiente sostiene, quando in questo ritorno al sé grandioso riguarda il
recupero di una struttura arcaica che è una sorta di turno a una grandiosità infantile per sostenere delle difficoltà narcisistiche
della personalità adulta → allora questo sé grandioso prende una caratteristica molto persecutoria cioè non è una grandiosità
benevola come quella del bambino espansiva funzionale vitale, ma è una grandiosità che prende un carattere persecutorio.
Kohut vede una continuità tra questa dimensione del sé grandioso arcaico e l'emergere proprio della grandiosità
paranoide, cioè del delirio di grandezza che c'è nel paziente psicotico, quindi è come se ci fossero due polarità del
sé grandioso : un se grandioso arcaico espanso e sullo sfondo un se meschino e fondamentalmente nella sua teoria c'è come
una polarità. Cioè nei pazienti che noi abbiamo visto descritti con narcisismo vulnerabile è più evidente, più vicina → la
coscienza, la dimensione del sé meschino e sottostante o rimossa c’è questa dimensione di un se grandioso che può essere
appunto remota o può essere addirittura mai stata sviluppata.

Manuale di Giorgio Concato (→ collega di psicologia dinamica) è stato un raffinato analista junghiano e secondo me ha
realizzato nel suo manuale un'introduzione e una chiarificazione del pensiero Jung.
Video su youtube → è un documentario : dal profondo dell’anima. Data l'importanza dell'immagine nella concettualizzazione
junghiana l'occasione di poter attraversare questi manufatti e queste pitture fatte da Jung attraverso questo documentario è
veramente fondamentale.
Grande pensatore e analista, lo abbiamo citato nel suo ruolo di psichiatra di Zurigo che si avvicina a una conoscenza del
modello psicoanalitico freudiano. Ha temperamento diverso da Freud, figlio di un pastore protestante, caratterialmente un
bambino particolare → ha stati dissociativi che scrive nei suoi testi autobiografici e sente molto forte l’attrazione per una
dimensione di profondità psichica che ha un carattere quasi spirituale. Per poter coniugare questa sua aspirazione a una
dimensione anche professionale, decide dopo gli studi di medicina, di avviarsi verso la formazione psichiatrica e appunto come
lui stesso ci racconta a quell'epoca a Zurigo essere psichiatra era di molto vicino all'essere una specie di stregone. Addirittura le
figlie di Jung nel documentario raccontano che a scuola le madri delle altre bambine si preoccupavano che le figlie potessero
diciamo frequentare delle ragazze che erano in contatto con un personaggio così particolare.

Effettivamente gli interessi di Jung per la psichiatria sono veramente radicati e si espandono, a una visione della
psiche che diciamo sfiora l’area che noi oggi chiamiamo l'area della parapsicologia e in effetti la sua tesi di laurea
con il titolo “psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti”, vede il giovane medico studiare e discutere da
un punto di vista psicologico (che è già assolutamente brillante e originale), gli esperimenti di una giovane Medium
(sua cugina) e descrivere i fenomeni di presentazioni di personalità alternative a quella che la medium presenta da
sveglia di questa ragazza, attraverso una prima concettualizzazione della psiche come una caratterizzata
fondamentalmente da una dimensione di complessità. Quella che Jung chiama “psiche complessa”, nella quale
l'accento viene messo sul fatto che i contenuti ideativi della vita psichica possono in qualche maniera distaccarsi da
un'integrità, da una totalità e acquisire un carattere che visto dall'esterno sembra quasi quello di una personalità
alternativa. Quindi già dall'epoca della tesi di laurea in un momento in cui Jung ancora non aveva assolutamente
avvicinato la teoria psicoanalitica, lui aveva già intuito una sorta di dimensione intrinseca, molteplice e complessa
della profondità della vita psichica.
Peraltro Jung è stato l'ideatore del termine complesso il termine complesso, che troviamo nel complesso di Edipo,
nel complesso paterno e materno. è una intuizione junghiana di una seconda fase della sua ricerca che è
immediatamente successiva alla stesura della tesi di specialità, in cui Lui comincia a lavorare all'Ospedale
burgholzli che è questo ospedale psichiatrico residenziale che si trova sulle colline di Zurigo che all'epoca era
considerato uno dei Templi della psichiatria a livello mondiale, un ospedale all'avanguardia per la presa in carico di
pazienti psichiatrici.
All'interno di questo contesto Jung comincia a sviluppare delle tecniche empiriche che sono basate sull'utilizzo di
una metodologia che all'epoca era stata introdotta in psicofisica, cioè la metodologia dei tempi di reazione.
Jung fa gli esperimenti associativi che sono quelli che poi trovate descritti all'interno del famoso film “A Dangerous
Method”, all'inizio nella prima fase in cui lui fa questi esperimenti con la sua famosa paziente russa Sabine spielrein
che poi diventerà uno dei grandi amori della sua vita.

Questi esperimenti sono strutturati secondo principio stimolo-risposta. Lo sperimentatore produce una parola stimolo e chiede
alla partecipante di rispondere con la prima associazione mentale-verbale che gli viene in mente e contemporaneamente alla
registrazione del contenuto della risposta, vengono registrati i tempi di latenza, con l'idea che l'allungarsi dei il tempo di latenza
rispetto alla risposta → stia a significare un particolare investimento e una particolare densità energetica di un'area semantica
collegata alla parola stimolo. Quindi in questa fase precedente all'incontro con Freud → Jung ha elaborato il concetto di
“complesso a tonalità affettiva”. Andando a vedere i risultati delle sue ricerche dell'epoca, c'è un materiale assolutamente
straordinario, perché praticamente Jung ha avuto l'intuizione di lavorare con questo metodo delle associazioni verbali non solo
sui singoli pazienti, ma anche su tutti i membri di una stessa famiglia.
Cosa ha scoperto? Immaginate di utilizzare come parole stimolo : una sequenza di 30 parole, sempre le stesse e di
presentare queste parole stimolo per esempio ai quattro membri di una stessa famiglia. Lui ha scoperto che i profili
dei tempi di reazione hanno una riconoscibilità che può essere riprodotta da diversi membri di una stessa famiglia,
non sempre ma in presenza di situazioni psicopatologiche nella famiglia questo succede. Come se la tonalità
affettiva di risposta a certe aree e questo profilo dei tempi di risposta nel test di associazione verbale ha una
riproducibilità interpersonale. Questa è una scoperta straordinaria e che ci dice che c'è qualcosa che si trasmette
all'interno delle famiglie. Quanto più è costante la fissità di questo profilo non ha famiglia, tanto più è alto l'indice di
psicopatologia presente all'interno dei membri di questa famiglia.
Il complesso a tonalità affettiva è un'area di significati e in questa fase della riflessione junghiana, Jung individua
all'interno dei complessi che fanno parte della psiche, un complesso particolarmente importante che lui chiama
“complesso dell’io”.

Quindi vedete quanto è forte il radicamento in questa idea che la psiche è una dimensione complessa.
L’io stesso (che come come avete visto nella psicoanalisi di derivazione freudiana poi assume un po' questa
dimensione di stanza che rappresenta l'integrazione della personalità) nel modello di Jung è soltanto uno fra i
complessi della psiche.
Dopo questa parte di ricerche che si svolgono appunto a cavallo della specializzazione in psichiatria→ entriamo nella fase in
cui viene a contatto con le idee freudiane, all'inizio è una folgorazione perché Jung vede nel metodo della psicanalisi freudiana
come una sorta di possibilità assolutamente non eguagliata prima, di penetrare all'interno della profondità della psiche umana.
In particolare rimane straordinariamente affascinato dalla comprensione dei sogni e inizia un lavoro sistematico, in cui
raccoglie i sogni dei pazienti e sono solo i sogni ma anche i contenuti dei deliri e delle produzioni artistiche dei pazienti che
sono ricoverati all'ospedale.
Quindi attraverso un ascolto psicoanalitico di questi pazienti gravi, è sicuramente / cronologicamente fra i primi
analisti a penetrare all'interno della profondità psichica di pazienti che sono profondamente disturbati, molto più
gravi e soprattutto sono pazienti psicotici. In questa sua frequentazione dei prodotti del sogno e dell'immaginazione
dei pazienti psicotici fa quella che è la sua fondamentale scoperta e che poi li porterà a cominciare ad entrare in
conflitto con il punto di vista freudiano sul funzionamento psichico. Più che in conflitto Jung lo dobbiamo leggere
come qualcuno che ha indagato un'area della psiche che non è del tutto corrispondente all'area sulla quale ha
posto l'attenzione Freud. è come uno straordinario allargamento del campo di teorizzazione su che cos'è lo
psichico, non andare oltre la dimensione che stata scoperta.
E fondamentalmente Jung riconosce assolutamente la pertinenza della concettualizzazione freudiana per alcuni
aspetti del funzionamento psichico, solo che ne vede anche degli altri e poi comincia a sviluppare dopo gli anni
della prima adesione entusiastica alla psicoanalisi, anche una critica alla teoria pulsionale di Freud.
Fondamentalmente questa critica è legata al fatto che a Jung non piaceva un modello in cui le fonti pulsionali fossero
caratterizzato qualitativamente → cioè che ci fosse uno sviluppo di una pulsionalità orale, anale e fallica. Lui riteneva che visto
l'andamento generale delle teorie scientifiche del 900, fosse necessario per la psicologia, approdare ad un modello unitario in
cui la dimensione che per Freud è una dimensione libidica (quindi che ha una molteplicità di declinazioni), → fosse invece da
ricondurre a un disegno e a un modello unitario, in cui la libido rappresenta semplicemente il nome con cui chiamiamo un unico
costrutto che è quello dell'energia psichica, quindi un'unica energia e il tentativo di costruire un modello a partire da un
energetica psichica (parlando di un'energia psichica con la stessa modalità con cui nella scienza del 900 usa il concetto di
energia per unificare le teorie fisiche della natura).
A Jung le andava bene che ci fossero più tipologie di pulsioni, l'altra questione è che le pulsioni del modello
freudiano sono centrate sul corpo come entità biologica, mentre Jung ha una visione del concetto di energia
psichica che non è così banalmente riconducibile alla questione del corpo, ha una dimensione che ha un carattere
più generale e quasi metafisico.

Jung oltre a essere uno psichiatra era un uomo dotato di un'enorme curiosità e di una grande facilità nell'analizzare
fonti di dati che provenivano da ambiti diversi. Soprattutto sulla base dei contenuti dei sogni e dei contenuti delle
fantasie e dei disegni dei pazienti che seguiva all'ospedale burgholzli.
Lui aveva fatto questi studi che poi condusse per tutta la vita anche relativi a un ambito (oggi detto di antropologia culturale e di
storia delle religioni) e si era proprio appassionato allo studio della simbologia soprattutto nelle immagini, che è caratteristica
delle religioni primitive arcaiche un po' in tutte le parti del mondo e aveva fatto uno studio comparativo dei temi presenti nei
deliri e nelle immagini dei pazienti psicotici e delle rappresentazioni anche mitologiche e artistiche e figurative → che si
trovano nelle produzioni culturali e nelle produzioni relative alle diverse religioni presenti in svariati parti del mondo.
Lui si appassionò moltissimo a questa ricerca antropologica e fece anche dei viaggi in Africa per studiare personalmente ed
entrare a contatto con queste culture. Si convinse abbastanza rapidamente del fatto che nella produzione grafica artistica
figurativa, ma anche nei sogni e nelle fantasie dei pazienti psicotici → ci sono dei temi che proprio identici a dei contenuti che
troviamo alla base però delle raffigurazioni culturali e soprattutto mitologiche delle più svariate culture umane.

Quindi l'osservazione di base, che poi chiaramente è il fondamento empirico della sua concettualizzazione dell'inconscio
collettivo, si basa su questi studi estremamente approfonditi e per i quali lui si è avvalso della collaborazione dei più grandi
antropologi e studiosi di storia della religione del suo tempo, uno fra i vari testi è “Prolegomeni allo studio scientifico della
mitologia”, scritto con antropologo Kerényi. Questo è il più accreditato studioso di mitologia del 900. In questo studio per
esempio Jung fa vedere come la struttura dei miti, è una struttura invariante che si ripete in tutte le culture → quindi il mito non
è una narrazione occasionale o una produzione caratteristica per esempio di una cultura greca piuttosto che romana. Ma è una
struttura invariante che si ritrova in tutte le culture e che ha delle caratteristiche di complessità, che la rendono in qualche modo
risonante con la dimensione complessa del funzionamento psichico.
Perché uno studio scientifico della mitologia? perché in questo testo loro individuano le forme che acquisiscono i contenuti i
mitici e stanno vedere, che queste forme sono invarianti attraverso diverse tipologie di culture, che appartengono anche ad
epoche completamente distinte e che non hanno avuto necessariamente nessun tipo di contatto diretto che possa far pensare a
una trasposizione di questi contenuti da una cultura all'altra. Quindi Jung si convince che diciamo la produzione dei miti così
come la produzione dei deliri e delle fantasie, nonché dei prodotti raffigurati via dei pazienti psicotici, siano dei fenomeni che
appartengono a un'unica radice → cioè un'unica forma di espressione di contenuti psichici universali che è invariante, cioè
rimane costante attraverso epoche e culture diverse. Quindi non potendosi spiegare con un contatto (quindi come con un
trasferimento di contenuti culturali) deve inevitabilmente essere l'effetto di una produzione che si ripete e si sviluppa secondo le
stesse modalità, in tutte le società umane e in tutte le culture. Quindi sulla base di questo studio estremamente approfondito e
dettagliato, e anche sulla base di un'esperienza personale. Perché dopo la rottura con Freud legata proprio al fatto che Jung
intorno al 1908-1910 comincia a pubblicare degli scritti in cui presenta la sua idea dell'energia psichica e la presenta senza tante
mezze parole, come una sorta di avanzamento e progresso rispetto alla psicanalisi freudiana → e chiaramente questo porta a
una rottura con Freud che sperava di fare Jung il suo erede. Jung reagisce alla rottura con Freud, con una crisi personale
gravissima una crisi che ha un carattere depressivo di ritiro.
Si ritira dalla vita pubblica, lavora soltanto in solitudine in ospedale occupandosi dei suoi pazienti e che lo porta a
scoprire una modalità di autocura attraverso la produzione di manufatti ed immagini.
In particolare in questi anni, che lui chiama gli anni della sua malattia creativa → Jung realizza una serie cospicua di disegni
che hanno un carattere fantastico, immaginifico a cui dedica moltissimo tempo e attenzione e che poi saranno raccolti nel
cosiddetto “libro rosso” che è un testo in cui Jung raccoglie le riproduzioni di questo suo periodo, le produzioni grafiche e
psichiche → che insieme agli studi teorici concettuali di storia delle religioni, di antropologia culturale e insieme allo studio
comparativo dei disegni e delle produzioni grafiche (nonchè dei deliri dei pazienti psicotici), lo porta alla fine come come via
d'uscita dalla sua malattia creativa → alla possibilità di presentare in maniera radicale alla sua nuova visione del
funzionamento psichico. Si arriva così a quella che Jung ha sempre definito la grande scoperta della sua vita, ossia la
rappresentazione del concetto scientifico di inconscio collettivo.

Per avvicinarci a questo modello dell'inconscio collettivo, che è una delle cose che vengono sistematicamente travisate. Voglio
partire da quella che è una mia personale visualizzazione di questo concetto dell'inconscio collettivo. Allora prima di tutto, voi
dovete pensare che l'inconscio collettivo nel modello junghiano si affianca all'inconscio personale → cioè Jung mantiene l'idea
e ci sia tutta una parte di funzionamenti psichici in cui i complessi sono ancorati all'esperienza della vita individuale di ciascuno
di noi, che è nato all'interno di un particolare storico e ha avuto delle vicissitudini di sviluppo legato ai rapporti con i familiari,
col suo ambiente di vita e così via. Quindi tutto ciò fa parte di quell'area dello psichico che si deposita sulla base dell'esperienza
personale - postnatale e che funziona un po' come ha descritto Freud secondo il registro del conflitto nevrotico e della
rimozione. Ma sottostante quest'area, c'è una dimensione ulteriore → da cui la psiche attinge la profondità della sua dimensione
energetica. E l'idea di della psiche si basa su un immagine che è quella del vulcanesimo → cioè voi dovete immaginare che
ciascuna psiche individuale secondo Jung è come un vulcano. Cioè ha un punto di emersione all'esterno, sulla superficie
terrestre - sulla superficie della psiche (quindi verso la coscienza direbbe Jung), ma ha una radice sotterranea → la “psiche
profonda” che è in contatto con un serbatoio energetico a cui attingono la totalità degli psichismi individuali.

Cioè la psiche individuale non è un'entità chiusa, in cui i vari psichismi individuali sono separati gli uni dagli altri e non è
nemmeno un'entità che si apre all'altro per uno scambio di materiale, come in un certo senso c'ha insegnato a riconoscere la la
concettualizzazione kleiniana. Ma qui si tratta di una cosa molto più radicale, cioè si tratta del fatto che quello che noi
percepiamo come una psiche individuale, in realtà non è altro che l’emersione individuale di un'energia e una dimensione che è
assolutamente impersonale, collettiva e universale → così come magma che emerge da un vulcano non appartiene a quel
vulcano, ma è l'espressione individuale, specifica, localizzata nel tempo e nello spazio di qualcosa che ribolle costantemente e
perennemente al centro della terra. Quindi lo psichismo individuale nella parte profonda è uno psichismo aperto → questo è il
punto fondamentale della concettualizzazione dell'inconscio collettivo.
è rivoluzionaria → perché è come se ci dicesse che non esiste una psiche individuale, ma esiste la psiche e ciascuno di noi nella
nella propria vita, secondo una dimensione temporale, fa prima o poi esperienza dell'emergere di questa psiche profonda.

Sulla porta di casa di Zurigo, Jung aveva fatto scrivere la frase “vocatus atque non vocatus deus aderit”, che potremmo tradurre
“chiamato o non chiamato il dio verrà”. Vuol dire che il Dio che nella terminologia junghiana è il contenuto della psiche
profonda, sia che sia chiamato, sia che sia ricercato da noi, sia che non sia ricercato, un giorno verrà → cioè che tutti noi prima
o poi nel corso della nostra vita dovremmo fare l'esperienza di entrare in contatto con questi contenuti psichici profondi della
nostra interiorità, perché la psiche è una e quindi non è che c'è modo di mettere il tappo sul vulcano.
Se noi costruiamo attraverso la parte cosciente della nostra vita (perché nel modello junghiano questa dimensione inconscia si
deve relazionare con la coscienza, che è proprio la coscienza per come ne parlano gli scienziati cognitivi, cioè quella parte che
ha una rappresentazione cosciente sia del mondo esterno che di fenomeni psichici) → Ecco questi contenuti della vita inconscia
hanno una dimensione energetica talmente sovrastante, la dimensione energetica su cui funziona la coscienza, che il problema
del rapporto tra la psiche profonda e la coscienza è considerato il problema cardine dell'equilibrio psichico dell'essere umano e
la psicosi, quindi la malattia grave dell'essere umano.
La malattia mentale più grave dell'essere umano è considerata da Jung condizione in cui i contenuti psichici
profondi emergono, irrompono e travolgono la coscienza dell'individuo. Ed è per questo nelle rappresentazioni e nel
deliri degli psicotici si trovano gli stessi temi. L'origine di queste immagini è secondo Jung completamente e
direttamente connessa ai contenuti della vita psichica profonda.
Qui arriviamo a un altro concetto, che anche questo è direttamente connesso al concetto di inconscio collettivo e fonte di
fraintendimenti. Questa psiche profonda, questa camera magmatica universale da cui deriva l'energia psichica che noi
percepiamo e sviluppiamo nel corso della nostra vita, nella nostra personale dimensione psichica individuale nel modello
junghiano è vista come un generatore di immagini ossia → porta costantemente in superficie delle rappresentazioni, che sono
quelle che noi ritroviamo invariabilmente nel materiale degli psicotici e nei miti, che sono attorno ai grandi temi universali della
vita umana : la nascita, la morte, la sessualità, la guerra, la malattia, la guarigione, la salvezza, l'integrazione della vita psichica.
Questa immagine profonde parlano sostanzialmente della natura della psiche stessa. E Jung ritiene che nella
psiche profonda ci siano dei principi generatori di queste immagini universali che lui chiama “archetipi” e li definito
come “modi tipizzati del conoscere”. Il conoscere è un'attività che pertiene alla coscienza.
è come se ci dicesse che nel momento in cui la coscienza entra in contatto con le produzioni di queste dimensioni psiche
profonde, ciò con cui si trova ad avere a che fare ha una sorta di coerenza e una gamma di tematiche di base, solo che → a
causa della incommensurabilità fra la dimensione energetica della psiche profonda e la dimensione energetica (che può essere
sostenuta dalla coscienza), la coscienza non può mai, senza incorrere nella psicosi, cogliere direttamente i contenuti della vita
psichica profonda, ma entra in contatto con questi contenuti attraverso queste produzione intermedie che Jung chiama
“immagini archetipiche”.

L'archetipo è il principio generatore inconoscibile. Mentre ciò con cui la coscienza entra in contatto sono le diverse immagini
archetipiche. Gli archetipi solo questi temi generali della cultura → l’archetipo della grande madre, l'archetipo del se
(dimensione fondamentale del funzionamento psichico), l'archetipo del guaritore. L'archetipo→ modo tipizzato del conoscere
ed è questo un principio generatore di immagini archetipiche, che di per sé è inconoscibile → cioè come se fosse un nucleo
tematico profondo che riguarda una dimensione fondamentale della vita umana che poi ritroviamo nella cultura di tutti i tempi e
nelle rappresentazioni anche che si ritrovano nelle varie storie delle religioni. è un principio generativo.
La coscienza entra in contatto con queste dimensioni profonde accogliendo delle immagini archetipiche che sono le
rappresentazioni relative a queste aree del funzionamento profondo della psiche, che poi noi possiamo rintracciare
nei disegni, nei deliri, nelle raffigurazioni artistiche e così via.
Quindi andando a vedere il documentario→ troverete rappresentate delle dimensioni fondamentali di questi archetipi attraverso
per esempio i disegni che ha fatto lo stesso Jung nel libro rosso.

La comparsa di un'immagine archetipica nella coscienza, attraverso un sogno per esempio → Jung chiama i sogni che
contengono temi archetipici “i grandi sogni” per differenziarli dai sogni abituali, che sono quelli che hanno a che fare con i
desideri e gli elementi contingenti della nostra vita (secondo il termine proprio il modello freudiano). E segna un momento in
cui la coscienza si apre a questi contenuti profondi e qui Jung comincia a rappresentare un nuovo modello anche della
sofferenza psichica → ossia al di là della sofferenza strettamente nevrotica legata alle vicende della vita personale, lui ritiene
che la personalità dell'uomo debba prima o poi fare i conti con le spinte, che vengono da questi contenuti profondi e che
esigono una sorta di adeguamento a delle esigenze e a delle le modalità dello sviluppo psichico umano che sono universali e
costanti in tutti i tempi e in tutte le epoche. é come se io non ci dicesse che noi come esseri umani a un certo punto della nostra
vita faremo l'incontro con qualcosa di profondo e universale, che non può essere bypassato, se non a una fronte dell'emergere di
una sofferenza psichica. E quindi Jung dà una definizione della crisi ( che può essere anche il momento di crisi psicologica che
un individuo può avere della sua vita) che è interessantissima e molto diversa da quella che noi abbiamo conosciuto in altri
ambiti clinici → cioè l'idea di Jung è che uno vada in crisi psicologicamente, nel momento in cui un certo adattamento che ha
retto fino a un certo punto della sua vita, viene messo per l'appunto sotto pressione dall'emergere di contenuti nuovi, che devono
essere ancora sviluppati. Vedete quanto questa raffigurazione della sofferenza psichica e della malattia mentale anche, è diversa
da quella classica della psicologia clinica.
Cioè noi siamo portati nella psicologia clinica e anche nella psichiatria, che legge la sofferenza mentale come un deficit o come
un disturbo, a pensare al conto che la condizione di disagio sia una condizione in cui l'equilibrio mentale si disallinea e
attraverso la terapia debba essere in qualche modo ricostituito e nuovamente raggiunto. Jung ha una visione radicalmente
diversa di che cos'è il significato della Sofferenza mentale e ritiene che noi ci ammaliamo psichicamente non a causa di
qualcosa che appartiene al passato della nostra vita psichica (cioè alla nostra infanzia a quelle che sono state le dimensioni della
nostra vita personale e individuale) → ma ci ammaliamo psichicamente in funzione del fatto che entriamo in contatto con
qualcosa che comincia ad emergere e che non riguarda il nostro passato, ma riguarda il nostro futuro.
Cioè ci ammaliamo quando noi entriamo in contatto con qualcosa che rappresenta ciò che noi dobbiamo divenire, è
ciò che nel nostro sviluppo psichico profondo sta cominciando l'emergere e ci spinge verso un al di là, verso
qualcosa di nuovo di futuro che appartiene allo sviluppo della vita psichica profonda.
E qui Jung ha una una posizione chiarissima → prima o poi questo avviene per tutti : lui dice scoprirai chi sei nella seconda
parte della tua vita, perché collega l’entrare in contatto con questi contenuti della vita psichica profonda alla crisi di mezz'età,
quella che avviene intorno ai 35-40 anni in cui uno ha raggiunto degli equilibri e dei traguardi nella propria esistenza e in
qualche maniera può cominciare a porsi delle domande, se ciò che è diventato corrisponde veramente alla sua propria essenza,
ciò che egli sente o sperava/ sentiva di essere.

Quando si arriva a questo momento di crisi → e alternative sono due : o la coscienza riesce in qualche modo ad aprirsi e ad
accogliere questi contenuti della vita psichica profonda attraverso un allargamento e una trasformazione radicale, che
soprattutto permette di mettere sullo sfondo / di abbandonare quello che è l'identificazione con l'io (quindi con quello che noi
pensiamo consapevolmente di essere e quello che consideriamo essere la nostra modalità classica che abbiamo conosciuto della
nostra prima parte della vita per strutturare il rapporto con la realtà esterna e con la realtà psichica) → quindi o in qualche modo
siamo in grado di superare l'io e allargare la coscienza alla possibilità di entrare in contatto con queste dimensioni psichiche
profonde e questo = è il “superamento dell'io” e “l'emergere del se”, lo chiama che è la totalità della vita psichica
individuale, quando c'è una integrazione nella vita psichica in questi aspetti profondi, questo è l'archetipo del sé che
lui considera raffigurato per esempio nelle varie culture con le immagini come quelle del Mandala.

O c’è questa integrazione oppure i contenuti psichici profondi per questa loro incommensurabile dimensione energetica rispetto
alla coscienza, sono destinati a dominare completamente la nostra vita, ma come la dominano? in un maniera molto particolare,
lui ritiene che ciò che non è ciò che della vita profonda non è accolto nella coscienza, si costella nella vita reale → cioè noi
mettiamo, in pratica, in atto nella vita reale quei contenuti psichici profondi che non siamo in grado di accogliere nella nostra
coscienza. Li agiamo, li materializziamo nella vita reale. E allora qui c'è una questione : perché questo è così problematico?
cioè che ci sarebbe di male nell’incarnare nella vita reale dei contenuti della vita psichica profonda?
Il punto per cui questa cosa invece è pericolosissima è il fatto che gli archetipi hanno una struttura polare, bipolare hanno una
struttura bipolari → cioè hanno un polo positivo e uno negativo. E questo è un altro assunto di base della teoria junghiana.
Faccio un esempio “l'archetipo della grande madre” → ha un polo positivo e viene rappresentato da tutte le immagini in cui la
grande madre è rappresentata come la terra che nutre, come la radice che dà fondamento, come il sostegno come la fonte
dell'energia psichica profonda e del nutrimento psichico, ma ha anche un polo negativo in cui la grande madre è rappresentata
come il nulla che ci può inglobare, cioè è l'origine della vita ma è anche la morte la grande madre. è qualcosa che può essere un
oceano che ci sommerge, un tutto che ci annienta. E le due polarità quella vitale e quella mortifera sono assolutamente
inscindibili dell'archetipo.

Allora che cosa succede? noi nella vita con la coscienza siamo tendenzialmente spinti a orientare questa finestrella che è la
nostra coscienza, in direzione delle componenti positive dell'archetipo e a rigettare le implicazioni che riguardano le
componenti negative. Allora lui sostiene che le componenti negative che vengono rigettate dalla coscienza si costellano nella
vita reale e noi che coscientemente per esempio vorremmo così incarnarci in questa madre ideale, che sostiene, che nutre →
all'atto pratico diventiamo una figura mortifera che ingloba e che affonda.
Un altro esempio un archetipo che riguarda il tema punto della della guarigione / del percorso di guarigione è chiamato
“l'archetipo del guaritore ferito” e il guaritore ferito che nella sua polarità positiva raccoglie in sé quella di dimensione di
contatto con la sofferenza che può essere messa a disposizione degli altri nel processo terapeutico, ha una polarità negativa che
è costituita dalla figura del ciarlatano e del falso profeta. Che cosa vuol dire? che se noi per esempio come terapeuti nella nostra
coscienza, ci sentiamo molto più inclini e a nostro agio con un'immagine profonda della dimensione terapeutica, che sentiamo
dentro di noi che è interamente positiva e rifiutiamo di entrare in contatto con delle componenti che ci possono sembrare
aggressive, legate allo sfruttamento, legate alla tendenza ad imporre agli altri dei nostri miti personali, le nostre credenze
personali → ci rifiutiamo di fare i conti con questa altra dimensione negativa che c'è all'interno della dimensione positiva
dell'aspirazione ad essere terapeuti, noi finiremo con l'essere dei terapeutiche nella coscienza si identificano con il guaritore, ma
all'atto pratico /nell'agire rischiano di comportarsi da ciarlatani e da falsi profeti.

L'archetipo si costella : vuol dire che c'è un rischio enorme che ciò che viene rifiutato dalla coscienza domina la realtà esterna e
questo è un concetto fondamentale che Jung ha sviluppato attraverso un’idea straordinaria che è quella “dell'archetipo
dell'ombra” → secondo il quale ciascuno di noi ha una dimensione oscura, che rappresenta tutto ciò che noi rifiutiamo, perché
non ci piace, perché la coscienza non lo vuole vedere,
della nostra stessa essenza e della nostra personalità. Jung ritiene che se l'uomo non riesce a fare i conti con la propria
dimensione d'ombra nella propria coscienza e a integrarla ad accoglierla nella propria coscienza e ad entrarci in contatto →
l'ombra poi domina la società e la storia e crea fenomeni sociali devastanti che (il nazismo, Il terrorismo). Tutte queste forze
distruttive sono forze che nel modello junghiano rappresentano un costellarsi nella realtà di aspetti d'ombra, che l'uomo per la
sua piccolezza e per il suo attaccamento all’io e cioè ha un'immagine infantile percostituita di ciò che desidera essere →
pericolosamente sono abbandonati e sguinzagliati nella realtà esterna.
Com'è che noi entriamo in contatto con gli aspetti d'ombra? sostanzialmente attraverso l'analisi, attraverso diciamo
l'apertura al contenuto dei nostri sogni, della nostra vita onirica, delle nostre fantasie, attraverso la assunzione di
una dimensione di ascolto verso i contenuti della psiche profonda che secondo Jung corrisponde alla attivazione di
una funzione tipica primaria che lui chiama “funzione trascendente”.
La funzione trascendente è una funzione psichica che permette di costituire un ponte tra i contenuti della coscienza
e i contenuti della vita psichica profonda.

Vorrei cercare di farvi capire perché quest'operazione di entrare in contatto con contenuti psichici è così difficile → cioè non si
tratta soltanto del fatto che questi contenuti psichici molto spesso hanno a che fare con roba che la nostra coscienza rigetta e
quindi con regolarità negative degli archetipi. Ma c'è proprio questa questione della differenza e della incommensurabilità
strutturale → cioè la coscienza è nel modello junghiano è focalizzata indirizzata e limitata, mentre la personalità nel suo
complesso ha una struttura che ovviamente è rappresentata bene dal Mandala. Cioè voi dovete immaginare la differenza tra la
coscienza e la personalità nel suo complesso (che appunto rappresentata dalla archetipo del sè), come se la totalità della nostra
personalità inclusiva e della psiche profonda, fosse questo straordinario e magnifico mandala → del quale la coscienza riesce a
vedere soltanto un piccolissimo spicchio alla volta, una finestrella.
Ma Jung dice che non possiamo di rispettare la coscienza, perché la coscienza è l'unica finestra che noi abbiamo
su questa psiche profonda, non possiamo essere raggiunti altro che attraverso la coscienza.

E quindi che cosa dobbiamo attraverso appunto un percorso che si svolge nella seconda parte della vita e che Jung chiama
“percorso di individuazione” → sviluppare una consapevolezza che noi non corrispondiamo al nostro io, e che la nostra vera
essenza è qualcosa di infinitamente più ampio più generale e più universale di quello che noi abbiamo imparato a conoscere di
noi stessi. E quindi dice “consentire all’io di cedere il passo al sè”. Però mentre l’io è un contenuto limitato della vita psichica,
che noi possiamo accogliere nella nostra coscienza → il sè se non lo è e quindi questo passaggio dell'individuazione, che
richiede secondo Jung il massimo di conoscenza individuale di sè per raggiungere il massimo di universalità della conoscenza
di sé→ (cioè noi ci dobbiamo riconoscere come individui per cogliere attraverso la nostra individualità, l'universalità della
nostra vita psichica), significa in qualche maniera una modalità dell'esistenza che non è più dominata dall'idea di poter
conoscere tutto attraverso la coscienza stessa, ma è più su un registro dell'essere, su unregistro dell'apertura ai messaggi che
vengono alla coscienza dalla psiche profonda.
Il modo con cui questi messaggi ci raggiungono : da una parte sono appunto i sogni le immagini archetipiche e
dall'altra solo l'emergere dei simboli. Il concetto di “simbolo” in Jung è di nuovo una concettualizzazione che si
distingue molto dal concetto di simbolo in Freud. L'attivazione e la funzione trascendente ha molto a che fare con
l'emergere del simbolo ed è sicuramente un altro concetto che è difficile da veicolare.
Partire da un esempio clinico → Jung dice che durante per esempio una terapia analitica con il paziente, è necessario mettere a
disposizione del paziente degli strumenti anche di tipo culturale, per permettergli di decifrare i contenuti che compaiono per
esempio nella sua vita onirica. E a un certo punto il paziente potrebbe fare un sogno in cui compare un simbolo universale.
Mi è capitato di recente un paziente che ha sognato una bandiera fatta in un certo modo, che è in tutte le varie
epoche è stata associata alla figura di San Giovanni (una bandiera bianca e rossa con una certa campitura) per
altro il paziente si chiama Giovanni. In termini junghiani il fatto che uno faccia un sogno in cui compare un simbolo
così universale, implica che all'interno della sua struttura psichica è avvenuta una trasformazione.
Cosa rappresenta l'emergere di quel simbolo rispetto all'equilibrio psichico di una persona? Il simbolo si porta
dentro una quantità di elementi, che non possono essere né descritti e saturati completamente, nè rappresentati in
una forma più efficiente di quella che è rappresentata dal simbolo stesso.

Cioè voglio dire che se vi andate leggere che cosa rappresenta lo stendardo bianco e rosso di San Giovanni → potete leggere
delle descrizioni che sono lunghissime, dettagliate, ma l'idea di Jung è che anche se voi vi provate a descrivere a parole tutto
quello che c'è nel simbolo, che rappresenta una sorta di trasformazione da una modalità dell'esistenza di un'altra (San Giovanni
era il Santo che annunciava l'arrivo del Cristo), è come se Jung ci dicesse che per quanto noi ci sforziamo di descrivere a parole
quella che è l'attribuzione concettuale della simbologia dello stendardo di San Giovanni → questa descrizione sarà sempre in
difetto rispetto alla potenza evocativa del simbolo stesso. Cioè è come se ci dicesse che l'emergere nel sogno di questa bandiera,
di questa rappresentazione dello stendardo di San Giovanni : significa che è avvenuta una trasformazione psichica, che è ciò di
cui parla quel simbolo, ma ne parla con un livello di potenza e di completezza che non potrà essere mai eguagliato da nessuna
descrizione verbale del simbolo.
Lui ritiene che il simbolo sia una macchina per le trasformazioni psichiche e che l'emergere del simbolo alla coscienza
rappresenta il compimento della trasformazione psichica, quindi è il punto di arrivo di una trasformazione psichica, ma allo
stesso tempo → è il segnale di ciò verso cui lo psichismo si sta muovendo. Pensatelo come se ci fossero diciamo due coni che
rappresentano la totalità del passato e la totalità del futuro, il punto in cui si toccano questi due coni è l'emergere del simbolo
alla coscienza.
Questa è la funzione trascendente → cioè la possibilità che avvenga questo tipo di processo, una trasformazione psichica per
cui una dimensione che appartiene al passato viene trasformata nel segnale di qualcosa che si svilupperà nel futuro. è una
dimensione fondamentale del funzionamento psichico che secondo Jung appartiene al simbolo in tutte le sue declinazioni. Cioè
sia alla dimensione individuale che a quella collettiva e sociale.

Il simbolo non è mai una creazione della singola psiche individuale, ma è una creazione della psiche profonda, però allo stesso
tempo nel momento in cui si manifesta nella vita psichica e onirica di un singolo paziente o di una singola persona →
rappresenta in maniera assolutamente individuale e personale qualcosa che appartiene alla trasformazione psichica in atto in
quel momento, in quell'individuo nella sua unicità e nella sua individualità, irripetibile.
Vi anticipo brevemente, nel suo saggio che si chiama “energetica psichica”, a proposito del simbolo / della formazione del
simbolo dice che il simbolo : “è la macchina psicologica che trasforma l'energia psichica, intendo qui la differenza tra un
simbolo reale e un segno” = Cioè lui dice che il simbolo nell’accezione freudiana è qualcosa che sta per qualcos'altro, nel
modello dell'interpretazione dei sogni un borsellino sta per una vagine. “il simbolo non è un segno” → lui fa riferimento in
questo testo ha una tribù wacandi che compie un ritodi fertilità in cui vengono scavate delle buche nel terreno e durante una
danza rituale, gli uomini della tribù i ficcano delle lance nel terreno e questo è un rito di fecondazione della terra. Jung spiega
che non è che in questo modo viene rappresentata una configurazione solo metaforica, ma è proprio che durante il rito viene
posto in atto un'azione psichica.
Quindi lui dice “il buco scavato nella terra dai wacandi, non è un segno che sta per il genitale della donna,
ma un simbolo che raffigura l'idea della madre terra da fecondare. Scambiandolo con una femmina umana si
interpreterebbe il simbolo semioticamente e di conseguenza ti turberebbe fatalmente il valore della cerimonia.
è per questo che durante la cerimonia è proibito ai danzatori guardare una donna. La concezione semiotica
distruggere te la macchina esattamente come se si distruggesse la condotta forzata che porta alla turbina, poiché
dopotutto è soltanto una cascata d'acqua molto naturale quella che si ottiene alterando le condizioni naturali.” Lui
sta facendo la rappresentazione della trasformazione psichica che avviene per esempio attraverso un rito. “Il
vantaggio che deriva da questa cerimonia magica è che l'oggetto così investito, la Madre Terra, riceve la possibilità
di agire in riferimento alla psiche. Grazie al suo valore, acquisito durante il rito, esso agisce determinando e
formando rappresentazioni psichiche così che lo spirito nel risulta attratto e occupato per un periodo piuttosto lungo.
Ne risultano delle azioni perlopiù delle attività ritmiche, che vengono compiute costantemente sull’oggetto magico.”
Il modo fondamentale con cui avviene l'integrazione della funzione della psiche profonda nella coscienza è
attraverso l'attivazione della funzione trascendente che è questa capacità di accogliere nella coscienza, la
comparsa e la raffigurazione del simbolo.

Dell'inconscio collettivo → ci sono delle situazioni in cui lui sembra fare riferimento a qualcosa che ha molto a che fare con
l'universalità del biologico, delle situazioni in cui lui ritiene che questa dimensione psichica profonda abbia a che fare con la
spiritualità e delle situazioni in cui lui dichiara in maniera molto radicale che non esiste nessuna differenza fra queste due
interpretazioni.
Jung conia una descrizione della natura dello psichismo profondo che chiama “archetipo psicoide” o “natura psicoide
dell'archetipo” che si basa proprio su quest'idea, che il funzionamento archetipico sia al di là della distinzione fra materiale e
spirituale → cioè rappresenti una dimensione in cui la distinzione tra psiche e materia è annullata. Questo è un concetto molto
interessante e molto contemporaneo → ci alcune connessioni che ci sono fra delle teorie correnti per esempio in meccanica
quantistica e queste intuizione junghiane sulla necessità di una descrizione della realtà che prescinda dalla distinzione fra
psichico e materiale, quindi non frammentale e organico, ma proprio una cosa ancora più profonda fra psichico e materiale. E
l'archetipo ha una dimensione che nel modo più corretto di discuterlo che è contenuto in un volume che si chiama “sulla natura
dell'inconscio”, rappresenta una modalità della realtà che è al di là della distinzione fra psichico e reale.

Secondo Jung il numero è la più semplice forma di archetipo ed è una esemplificazione potente della natura
psicoide dell'archetipo. I numeri appartengono alla realtà o appartengono alla mente? sono delle attrazioni e
appartengo alla mente, ma se appartengono alla mente come è possibile che la matematica sia un oggetto così
assolutamente intrinseco alla descrizione dei fenomeni fisici? tanto intrinseco che molto spesso gli oggetti
matematici sono dei precursori di scoperte fisiche. I numeri nella loro essenza matematica, ma anche universale
cosa sono?
Sono degli oggetti della materia, sono degli oggetti della mente o sono degli oggetti che appartengono a una realtà
che non è riducibile né al lato materiale né al lato psichico dell'esistenza?
Domande che in realtà nella fisica contemporanea siamo costretti a porcele di in maniera molto radicale, perché ci
sono tutta una serie di problemi sui fondamenti della meccanica quantistica che ci portano a confrontarci con
questo tipo di questioni. Questo riguarda da una parte la questione dell'archetipo e dall'altra un'altra questione
fondamentale che è quella legata a un altro concetto della terapia e della psicologia analitica che il concetto di
“sincronicità” che ha a che fare con il tema del modello causale, di qual è il modello causale che funziona nella nella
vita psichica profonda.

Leggere con voi una serie di passaggi dal scritto “anima e morte”, che in realtà la trascrizione di un'intervista fatta
da Jung negli anni trenta, in cui veniva interrogato proposito di un suo punto di vista sul rapporto e la raffigurazione
della morte nell'inconscio.
Nel modello freudiano il tema di pulsione della morte non è rappresentabile dal punto di vista della raffigurazione
inconscia, perché nell'inconscio c’è questa coincidenza degli opposti, per cui la morte come fenomeno rimane
sempre ancorata ad altri significati e nell'inconscio secondo il modello dell’'interpretazione dei sogni di Freud non è
nemmeno possibile rappresentare la negazione.
Jung ha fatto una riflessione sulla prospettiva della morte dal punto di vista del suo modello che oltre a chiamarsi psicologia
analitica si chiama la psicologia del profondo. Ho pensato di riferirmi a questo, perché secondo me ci fa vedere in modo molto
chiaro qual è la classe di fenomeni, il livello di osservazione / di attenzione, che Jung riferisce come specifico della sua
prospettiva, → cioè ciò a cui guarda la psicologia analitica.
Quindi anche se ho scritto non si parla direttamente di archetipi, questo scritto però fa riferimento a una dimensione
universale della vita umana, a qualcosa che ci riguarda tutti e con cui tutti dobbiamo entrare in relazione e quindi
secondo me è un'ottima chiave di lettura per avvicinarci alla dimensione degli archetipi.
ciò di cui si parla è ciò che in qualche modo è allo stesso tempo profondamente umano, ma anche profondamente
universale.
La sua concezione energetica della psiche profonda → da testo “anima e morte” (pagina 21)

“La vita è un fluire di energia. Ma ogni processo energetico è irreversibile per principio e quindi diretto in modo
univoco verso una meta: e tale meta è uno stato di riposo.….
La fine di ogni fluire è una meta. Ogni fluire è come un corridore che si adopera col massimo sforzo e con tutto
l'impegno a raggiungere il traguardo. Ardore giovanile rivolto al mondo e alla vita e al compimento di tese speranze
e di mete lontane, questo è l'esplicito finalismo della vita, che si tramuta in angoscia, in resistenze nevrotiche, in
depressioni e fobie ogniqualvolta essa rimanga in qualche modo fissata al passato o indietreggi di fronte a quei
rischi senza i quali le mete prefissate non possono essere raggiunte. Pervenuto alla maturità e al vertice della vita
biologica, che coincide all'incirca con la metà della sua durata, il finalismo della vita non viene meno per questo.
Con la stessa intensità e irresistibilità con cui esso tirava in salita nella prima metà, ora esso trascina in discesa,
ché il traguardo non sta nel vertice, ma nella valle dove era iniziata l'ascesa.
La curva della vita è come la traiettoria di un proiettile. Tolto dal suo stato iniziale di quiete, il proiettile sale, per ritornare
scendendo allo stato di quiete. La curva della vita psicologica non vuole tuttavia adattarsi a questa legge naturale. Le
discordanze possono cominciare ben presto, anche durante l'ascesa. Il proiettile sale biologicamente, ma esita psicologica-
mente. Uno rimane indietro rispetto ai propri anni, conserva la propria infanzia, come se non potesse staccarsi dal suolo;
trattiene la lancetta e immagina che con ciò il tempo si arresti. E se alla fine è giunto con qualche ritardo alla cima, torna a
fermarsi anche lì, psicologicamente; e quantunque sia evidente che sta già scivolando dall'altra parte, si aggrappa — non fosse
altro con lo sguardo che persiste a volgersi indietro — all'altezza già raggiunta. Come la paura lo tratteneva prima di fronte alla
vita, così essa lo trattiene ora di fronte alla morte. Inoltre, essendosi attardato in salita per paura della vita, pretenderebbe ora di
trattenersi sulla cima raggiunta per indennizzarsi del ritardo. Si è reso conto che la vita, nonostante tutte le resistenze (di cui ora,
ahimè quanto, si pente) l'ha spuntata su di lui, ma ciò nonostante tenta ancora di fermarla. Con ciò la psicologia di quest'uomo
perde il suo terreno naturale (della psiche) la sua coscienza rimane sospesa nell'aria, mentre sotto di lui la parabola scende con
moto accelerato. Il terreno da cui trae nutrimento l'anima (termine con cui chiama la psiche, si riferisce anche a dimensione che
fa da ponte fra coscienza e inconscio → immagine di figura femminile per l’uomo e figura maschile per la donna nei sogni) è la
vita naturale. Chi non la segue rimane disseccato e campato in aria. Perciò molti uomini s'inaridiscono con l'età: si volgono
indietro, con una segreta paura della morte nel cuore. Si sottraggono, almeno psicologicamente, al processo vitale; simili alla
mitica statua di sale si rivolgono ancora vivacemente ai ricordi della giovinezza, ma perdono ogni vivente contatto col presente.
Nella seconda metà dell'esistenza rimane vivo soltanto chi, con la vita, vuole morire. Perché ciò che accade nell'ora segreta del
mezzogiorno della vita è l'inversione della parabola, è la nascita della morte. La vita dopo quell'ora non significa più ascesa,
sviluppo, aumento, esaltazione vitale, ma morte, dato che il suo scopo è la fine. "Disconoscere la propria età" significa
"ribellarsi alla propria fine". Entrambi sono un "non voler vivere"; giacché "non voler vivere" e "non voler morire" sono la
stessa cosa. Divenire e passare appartengono alla medesima curva. La coscienza fa quel che può per non accogliere questa
verità pur incontestabile. In genere si resta attaccati al proprio passato, fermi nell'illusione di restar giovani. Essere vecchi è
estremamente impopolare. Non ci si rende conto che il "non poter invecchiare" è cosa da deficienti, come lo è il non poter
uscire dall'infanzia. Un uomo di trent'anni che è ancora infantile viene compatito; ma un settantenne giovanile viene considerato
"delizioso". Eppure sono entrambi perversi, senza stile e psicologicamente deformi. Un giovane che non lotta e non vince, si
lascia sfuggire la parte migliore della giovinezza; un vecchio che si rifiuta di dare ascolto al mistero del torrente che scroscia
dalle cime verso le valli, è dissennato, è una mummia spirituale e quindi null'altro che un passato cristallizzato. Egli se ne sta
fuori della propria vita e non fa che ripetersi meccanicamente fino alla più stucchevole sazietà. Che razza di civiltà può essere
quella che ha bisogno di simili fantasmi?”
Idea di classe di fenomeni e di sofferenza psicologica, che deriva dal non riuscire ad essere in sintonia con la
natura dei processi psichici che è sua vita è legata alla natura dei processi vitali.
Da pagina 28 Jung parla della questione che gli era stata posta e cioè di come queste dimensioni venissero
recepite nell'inconscio e se lui avesse visto qualcosa relativo a questi temi nei sogni e nelle terapie con questi suoi
pazienti.
“Lo voglia o no, l’uomo che invecchia si prepara alla morte. Penso perciò che la natura stessa provveda a una
preparazione in vista della fine. Di fronte a ciò è indifferente, da un punto di vista obiettivo, quello che pensi
dell'argomento la coscienza individuale.”
Questo rapporto fra una dimensione universale sovrapersonale e le caratteristiche del singolo individuo, la
coscienza individuale.
Però lui dice : “soggettivamente fa una gran differenza se la coscienza vada di pari passo con l'anima oppure si
abbarbichi a pensieri che il cuore ignora. Giacché il non prendere posizione di fronte alla morte come scopo è
nevrotico quanto il reprimere durante la giovinezza le fantasie rivolte all'avvenire.”
Questa è la dimensione teleologica o finalistica della psicologia junghiana → cioè l’idea che per capire i processi psichici non
dobbiamo solo concentrarci sul mondo delle cause, degli stati e delle condizioni da cui deriviamo e quindi per esempio
sull'infanzia (come ha fatto la psicologia di derivazione freudiana e come fa molta della psicologia sperimentale
contemporanea). Il modello di Jung è invece è modello profondamente finalistico e teleologico, cioè dice che il funzionamento
psichico, va anche inteso anche guardando alla direzione verso la quale si muove la processualità psichica → quindi non ciò da
cui veniamo, ma ciò verso cui ci muoviamo. Jung ritiene che l’inconscio nella psiche umana abbia una “funzione
compensatoria”. Cioè, mentre la coscienza si occupa di una certa classe di dati, l'inconscio vede / percepisce e anticipa degli
elementi che alla coscienza sono sconosciuti e in qualche maniera cerca di allargare la visione psichica della nostra coscienza,
manifestando e portando dentro la coscienza l’eco di queste dimensioni profonde.

Continua a leggere da pagina 29 : “Nella mia non breve esperienza psicologica io ho fatto una lunga serie di
osservazioni su persone di cui ho potuto seguire l'attività psichica inconscia fino all'immediata prossimità della
morte. In genere la fine vicina veniva indicata con i simboli con cui anche nella vita normale si allude a mutamenti di
stato psicologico: simboli di rinascita, mutamenti di luogo, viaggi e simili. Parecchie volte ho potuto seguire, in
lunghe serie di sogni, per più d'un anno, gli accenni alla morte prossima: e ciò anche quando la situazione esteriore
non giustificava pensieri di tal genere. Il mo-rire cominciava dunque assai prima della morte effettiva. Ciò si rivela
del resto, anche più sovente, con un tipico mutamento di carattere, che può precedere di molto la morte. In genere
fui sorpreso nel vedere quanto poco conto l'anima inconscia facesse della morte. La morte dovrebbe quindi essere
un qualche cosa di relativamente inessenziale, oppure la nostra anima non si cura affatto di quel che accade
all'individuo. Pare invece che l'inconscio si preoccupi assai più del modo come si muore: e cioè se l'atteggiamento
della coscienza corrisponda o no al morire.”
Questa è un'altra esemplificazione fondamentale di quella integrazione della vita psichica profonda e della
coscienza che è una condizione ineliminabile della Salute psichica e dell'equilibrio della personalità nel modello
junghiano. Cioè la coscienza per potere raggiungere un equilibrio psichico deve in qualche modo sforzarsi di
superare la sua limitatezza, la sua focalizzazione e aprirsi ai contenuti che sono presenti nella radice profonda della
psiche. Quindi la cosa che è importante è se l'atteggiamento della coscienza corrisponda o no al morire che è
questa dimensione a cui si apre nella vita psichica inconscia nella seconda parte della vita.

“Ebbi così una volta in cura una signora di 62 anni, ancor florida e piuttosto intelligente. Non le mancava la capacità
di comprendere i suoi sogni; era invece fin troppo evidente che, ahimè, non voleva capirli (cioè la coscienza può
chiudersi). Erano sogni molto chiari, ma altrettanto sgradevoli. Essa si era messa in capo di essere una madre
modello, ma i figli non erano di quell'opinione e anche i sogni testimoniavano di un giudizio del tutto opposto. Dopo
qualche settimana di lavoro infruttuoso fui costretto a sospendere il trattamento perché richiamato in servizio
militare (si era al tempo della guerra). Nel frattempo la paziente si ammalò di un male incurabile, che la condusse in
pochi mesi a uno stato grave, che poteva significare la fine ad ogni istante.
Per la maggior parte del tempo quella signora era in preda a una specie di delirio o di sonnambulismo, e riprese
spontanea-mente in quella situazione spirituale particolare il lavoro analitico precedentemente interrotto. Prese a
parlare dei suoi sogni, riconoscendo tutto ciò che mi aveva prima tenacemente negato. Quel lavoro autoanalitico
durò sei settimane per qualche ora al giorno. Alla fine di quel periodo essa si acquietò come un malato in
trattamento normale, e quindi morì.
Questa e altre esperienze simili m'inducono a ritenere che quanto meno il morire dell'individuo non sia indifferente
alla nostra anima; l'impulso a raddrizzare tutti i torti, tanto frequente nei moribondi, è un'indicazione in tale senso…..
..La coscienza si muove fra strette barriere, tese entro un breve tratto di tempo, dall'inizio alla fine; e anche quel
tempo resta accorciato di circa un terzo per il sonno periodico. La vita del corpo dura un poco di più: infatti inizia
prima e spesso cessa più tardi della coscienza. Principio e fine sono gli aspetti inevitabili di ogni processo. Tuttavia
esaminando le cose più dappresso, riesce estremamente difficile indicare dove una cosa incominci e dove abbia
termine; giacché fatti e processi, inizi e termini, costituiscono a rigore un continuo indivisibile. Noi dividiamo i
processi per distinguerli e riconoscerli, pur sapendo che in fondo ogni separazione è arbitraria e convenzionale.
Con ciò non pregiudichiamo la continuità dell'universo, poiché "inizio" e "fine" sono soprattutto necessità del nostro
cosciente processo di conoscenza. Possiamo però affermare con sufficiente certezza che una coscienza
individuale è per noi giunta al termine; ma che sia interrotta con ciò anche la continuità del processo psichico,
rimane dubbio; giacché oggi non ci sentiamo di sostenere con altrettanta sicurezza come soltanto cinquant'anni fa
che la psiche sia prigioniera del cervello. Occorre che la psicologia finisca di digerire certi fatti parapsicologici: ciò
che essa non ha neppure incominciato a fare.
Pare infatti che la nostra psiche inconscia possieda proprietà che gettano una nuova e strana luce sui suoi rapporti
con lo spazio e col tempo”.

Ultime frasi dello scritto in cui Jung afferma che mettersi in contrasto con la nostra coscienza, con queste
dimensioni vere e profonde della psiche umana è una delle radici fondamentali della nevrosi.
Dice “Chi invece, per scetticismo o per ribellione alla tradizione per mancanza di coraggio o per superficialità di
esperienza psicologica o per spensierata ignoranza, non traesse questa conclusione, avrebbe per sè non sono una
piccolissima probabilità statistica di diventare un pioniere dello spirito, ma anche la certezza di mettersi in
contraddizione con le verità del suo sangue”.
“Uscire delle verità del sangue provoca una irrequietezza nevrotica di cui dovremmo già essere sazi. L’irrequietezza
crea assurdità e l’assurdità della vita è una malattia dell'anima che il nostro tempo non ha ancora compreso in tutta
la sua estensione e in tutta la sua portata” (1934)

Vita psichica profonda è in una dimensione atemporale, lo psichico ha un rapporto con lo spazio e con la materia
che è completamente diverso da quello materialistico in cui noi viviamo nella nostra visione più positivistica.
Dimensione universale del funzionamento dell’animo umano.
In Jung sembra che la coscienza abbia un orecchio ai contenuti del mondo interno, della vita psichica → anche dal punto di
vista delle verità profonde ci possono essere elementi difficili da metabolizzare per la coscienza.
In questo scritto Jung parla molto del fatto che dal punto di vista delle rappresentazioni che si vedono nei sogni → la morte è
rappresentata come una transizione, non come una fine (con temi dello spostamento e viaggio). Che si pone in contrasto con
questa verità profonda, cioè con questa rappresentazione della morte come un passaggio, si pone in contrasto come dice lui con
le verità del sangue. Psiche profonda e sangue sono viste come una l'equivalente dell'altra (pregnanza della dimensione
biologica).

Oggi → comprensione della dimensione archetipica e del modo con cui poi questa si manifesta all'interno per esempio dei
contesti della terapia. Ora qui in questo scritto non si parla materialmente del singolo archetipo, ma questa considerazione
sull'universalità del processo vitale di fatto rimanda proprio a questa dimensione della psiche profonda e ciò che essa contiene.

Affrontare con voi la questione dell'accompagnamento psicoterapico e della visione, che in coerenza con questa riformulazione
della natura dello psichismo umano → che Jung propone per la terapia psicoanalitica.
Freudiani a un certo punto hanno accusato Jung di parlare di cose che avevano una connotazione spirituale religiosa e poco
rilevanza rispetto alla psicopatologia e gli junghiani hanno accusato loro di avere un modello riduttivo e troppo deterministico
dello sviluppo psichico, che non teneva conto di queste dimensioni più spirituali universali e profonde → la cosa è andata
avanti così per decenni soprattutto a causa della frattura nel rapporto personale che avvenuta a un certo punto tra Freud e Jung.
Capire quali sono le differenze nella prospettiva con cui un analista junghiano, partendo da quello che abbiamo
visto oggi e quindi dalla considerazione che il problema è un problema sostanzialmente di adeguamento di apertura
della coscienza ai contenuti della vita psichica profonda, soprattutto per quella parte di questi contenuti che stride /
che fa contratto (che oppone all'immagine di noi stessi che vorremmo mantenere nella nostra consapevolezza.
Vediamo a partire da questo quali sono poi gli strumenti che Jung ha proposto e utilizzato per accompagnare i
pazienti.

Molti di questi strumenti sono frutto anche dell’esperienza che lui ha fatto nel periodo della sua malattia creativa. Quindi anche
se la psicoterapia psicoanalitica junghiana, per larga parte è indistinguibile da una psicoterapia psicoanalitica di altra matrice
(sedute non ad alta frequenza e dialogo quasi socratico) → ci sono degli elementi di differenza che derivano : uno dal fatto che
nella psicoterapia junghiana si utilizzano mezzi espressivi che vanno oltre quello della parola = nel senso che siccome Jung che
riteneva che le immagini attraverso il sogno o attraverso le fantasie fossero la via principale con cui contenuti profondi si
manifestano alla coscienza (che in realtà abbiamo detto che solo l'immagine archetipica raggiunge la coscienza, perché
l’archetipo come principio generatore di queste diciamo ha un'intensità energetica tale che non può essere accolto nella
coscienza) → quindi sulla base di questo vengono utilizzate anche delle tecniche figurative che possono essere legate alle arti
tradizionali, il disegno, la pittura, collage. Ma anche a delle dimensioni che sono state sviluppate anche poi e approfondite dagli
analisti junghiani come per esempio le “tecniche della sabbia”, le sabbiere. Questo è un tipo di lavoro che è stato creato da una
collega con cui Jung ha condiviso molto lavoro, che si chiama Dora Kalff. è un lavoro che ci fa capire bene bene l'assetto del
terapeuta junghiano. Il lavoro con la sabbia è un lavoro che si può svolgere sia con i bambini che con gli adulti e prevede che
l'analista abbia a sua disposizione nello studio due cassette di legno, contenenti entrambi sabbia più o meno delle dimensioni 70
x 70 cm, che corrispondono alle dimensioni in cui può essere posta l'attenzione sul campo visivo. Oltre a queste due cassette è
necessario avere una quantità il più ampia possibile di piccoli oggetti che possono essere usati per disegnare e fare delle
composizioni sulla sabbia, quindi non so figurine, ma anche oggetti presi dalla natura, sassi, raffigurazioni di animali →
qualunque tipo di oggetto che può essere utilizzato per rappresentare una scena su queste sabbiere. E in più nel modello è
prevista anche la disponibilità di un rubinetto di un lavandino e di due brocche che possono svuotate nelle sabbiere.

Fondamentalmente il lavoro con le sabbiere è un lavoro in cui si chiede al paziente di disegnare / di utilizzare queste sabbiare
esattamente con lo stesso spirito con cui noi disegniamo sulla sabbia quando siamo al mare, quindi per rappresentare qualcosa
che evidentemente può avere urgenza di venire rappresentato in quel momento e in quella situazione della nostra vita. La cosa
importante è che l'analista durante questo percorso accompagna il lavoro del paziente (che non è nemmeno obbligato ad usare le
sabbiere → a sua discrezionalità), l'analista non interpreta esplicitamente il significato della sabbiera al paziente, ma riverbera
dentro la sua mente l'intuizione simbolica di tutti gli elementi che il paziente compone nella sabbia.
Questo per chi ha una formazione analitica tradizionale all'inizio è abbastanza sconcertante, cioè che
l'interpretazione non è mai comunicata al paziente. Quindi l’analista osserva ed interpreta nella propria mente ciò
che viene portato in superficie attraverso il gioco della sabbia, eventualmente fotografando la sabbiera alla fine
della seduta può elaborare i contenuti anche simbolici che in essa sono rappresentati studiando il valore dei simboli
e valore degli elementi che il paziente ha inserito nella sabbiera.

Questa è un'altra differenza e cioè che oltre alle competenze di tipo psicologico e analitico, per lavorare in questo modo è
necessario dotarsi di una competenza di tipo oggettivo per il riconoscimento dei simboli. Questo vuol dire che Jung attinge
moltissimo a una dimensione universale per il significato dei simboli, che se da una parte può avere un valore solo perché si
presenta materialmente nella seduta con quel paziente e in quel momento, dall'altra per essere riconosciuta si avvantaggia molto
di una conoscenza proprio culturale. Quindi analista junghiano deve formarsi sui miti, sulle storie, sulle immagini delle storie
delle religioni, sulle immagini culturali di varie popolazioni → molto spesso ha un interesse per l'antropologia o per
l’etnografia. Insomma indaga anche un mondo di emergenze culturali che vanno oltre l'idea che la produzione del paziente in
quella seduta abbia a che fare solo ed esclusivamente con qualcosa che riguarda il suo universo di significati specifici e
contingenti.
Peraltro questa impostazione poi conduce un po' a una differenza sia nell’interpretazione dei simboli che nell'interpretazione dei
sogni, rispetto per esempio al metodo freudiano, perché nel metodo junghiano un po' come si diceva anche per la psicologia del
se → i contenuti dei sogni vengono letti per ciò che essi rappresentano. Cioè non c'è quel l'idea di spostamento, condensazione
che fa parte del modello del processo psichico onirico nella psicologia freudiana. ma si ritiene che il punto di partenza della
interpretazione del sogno debba essere il suo contenuto manifesto per quello che porta.

Un'altra connessione coerente con la teoria, riguarda questa idea per cui le sabbie e sogni non si interpretano attivamente al
paziente stesso, riguarda il fatto che nel modello junghiano, fondamentalmente l'emergere del singolo è già il completamento di
un processo psichico. Quando il paziente sogna e sogna per esempio una spirale o una figura che ha un particolare valore
simbolico, come potrebbero essere quelle che hanno la struttura circolare come il mandala che sono simbolo universale
dell'integrazione della totalità della personalità → secondo Jung a quel punto la trasformazione psichica profonda è già
avvenuta, perché questa è segnalata alla coscienza dall'emergere del simbolo. (Connessione con il modello bioniano →) che di
per sè è un’entità instaura, cioè dice qualcosa nel modo più completo in cui questo qualcosa può essere detto, ma parla un
linguaggio che non è il linguaggio saturo e conchiuso della coscienza, rimanda a una dimensione che supera l'estensione della
coscienza e in quanto tale non può essere materialmente detta, non può essere esplicitata meglio di quanto non faccia la
contemplazione dell'immagine simbolica stessa.
Esempio sabbiere → nel momento in cui il paziente ha disegnato / ha realizzato la sabbiera, è come se l'analista junghiano
sapesse che non c'è altro che lui può aggiungere.
Il paziente nella modello della terapia analitica junghiana per essere posto nelle condizioni di entrare in contatto con qualcosa,
ma che non è qualcosa su cui lui lavora, ma qualcosa a cui può porgere orecchio → cioè la posizione della coscienza rispetto
all’emergere dei contenuti inconsci, è molto più passiva.
A un certo livello può essere anche lacerata la coscienza dall'emergere di questi contenuti inconsci.

Esempio sabbia → cure palliative al Mayer. Il lavoro di accompagnamento che lei aveva fatto ad alcuni bambini nati da madri
sieropositive e si erano ammalati di AIDS in Italia in età molto precoce → anche morti, avevano accompagnamento
psicologico per tutta la fase della malattia fino alla morte.
Fatto vedere le sabbie che si andavano componendo nei vari periodi di malattia di questi ragazzi, da cui si vedeva
in modo chiaro lo strutturarsi della loro consapevolezza.
L’analista mette a disposizione la qualità psichica, la materia psichica dell'esperienza, quindi lavora molto più in
maniera consapevole sulle condizioni (più che sui contenuti), condizioni dell’emergere di certe dimensioni della vita
psichica profonda nella coscienza del paziente.
Non interpreta però per esempio fornisce chiarimenti e elementi a proposito della natura delle immagini che il paziente produce
o realizza nelle sabbiere. Quindi si dice che l'atteggiamento dell’analisi junghiana è un atteggiamento di tipo ermeneutico,
perché è volto a creare le condizioni per un emergere di significati, che però non hanno un'interpretazione rispetto a un qui ed
ora come succede nella terapia relazionale dello scambio tra terapeuta e paziente → il terapeuta è più una presenza di sfondo
che accompagna il paziente nel faticoso lavoro di apertura della coscienza ai contenuti della vita psichica profonda.
Si lavora in una modalità che non è la stessa con cui ci siamo confrontati.

Un altro esempio → leggere il materiale che Giorgio Concato va distribuendo nella sua discussione teorica dei contenuti della
teoria junghiana.
La formulazione più completa di questa dimensione tipicamente junghiana dell'apertura della coscienza alla vita
profonda sia in quello che si chiama “il processo di individuazione” e anche nell'accompagnamento analitico al
processo di individuazione.
Autore della teoria psicoanalitica della psicosi : Gaetano Benedetti che è un analista italo-svizzero, il testo si chiama alienazione
e apersonazione → uno dei più importanti clinici che hanno elaborato un metodo di lavoro psicoterapeutico con i pazienti
psicotici gravi schizofrenici → tenendo insieme alcune dimensioni della psicologia analitica junghiana con altre della
psicoanalisi contemporanea.
Esemplificazione veramente potente della capacità di accompagnare i movimenti della coscienza a trovare piano
piano dei punti di repere e degli appigli anche quando come nella psicosi, i contenuti psichici sono debordanti e
invadono completamente il piccolo specchio e la piccola luce / lume della coscienza.
Volevo parlare di come questo modello di accompagnamento psicoterapico si struttura in quello che è il percorso, la finalità più
importante dal punto di vista della psicologia analitica di Jung che è il “processo di individuazione”. Il processo di
individuazione è il momento cardine della vita di una persona, in cui la coscienza deve abbandonare la propria identificazione
con l'io (che rappresenta un complesso di contenuti, è un complesso a tonalità affettiva → insieme di rappresentazioni di cui
siamo consapevoli) -- secondo Jung a certo punto della vita l’io in qualche maniera deve cedere il passo al sè. Il sè modello
junghiano ha una connotazione specifica, perché rappresenta l'integrazione e la totalità dell'esperienza psichica umana, (è un
archetipo) e quindi la riunione della personalità in tutti i suoi aspetti. Dal punto di vista dell'immagine archetipica il sè viene
rappresentato attraverso l'immagine del Mandala, che è una struttura che ha questa dimensione circolare e rappresenta il centro,
il centro della personalità.
La scoperta del sè, non è un’operazione neutra o speculativa, una dimensione filosofica o conoscitiva verso cui uno
si vuole muovere perché intende esplorare una dimensione spirituale della propria esistenza.
Secondo Jung il problema è di natura diversa → Il problema è che a un certo punto della vita dell'uomo,
i contenuti che la psiche profonda cominciano a premere e qui si ha una duplice possibilità o in qualche modo sia questa
apertura ai contenuti della psiche profonda → che vuol dire anche una lacerazione e una sorta di messa in croce dell’io, perchè
il sè qualcosa che sovrasta che è molto più ampio, che è personale, ma è anche universale → che quindi mette in scacco una
centralità dell'io per come non ce la siamo immaginata per esempio nella nostra cultura occidentale.

Quindi o si ha questo porgere dell'attenzione e dell'ascolto alla psiche profonda e quindi in qualche modo nella vita si fa posto a
questa dimensione, rispetto alla quale noi con la nostra coscienza siamo quasi degli spettatori, oppure se la coscienza rimane
abbarbicata alla sua visione personale idiosincratica e quindi all’io la persona va incontro al uno sviluppo rovinoso che può
riguardare situazioni come non riuscire ad essere in sintonia con la propria natura profonda e quindi trasformare la propria
esistenza in qualcosa di superficiale se non addirittura mostruoso (pensate a certe immagini grottesche di figure per esempio
sottoposte a una quantità di interventi di chirurgia plastica), oppure avviene la costellazione del mondo reale → cioè quelle
dimensioni che la persona non accoglie nella propria coscienza si realizzano, si concretizzano nelle relazioni con gli altri e la
sofferenza che l'individuo dentro di sè non vuole sperimentare (la sofferenza integrativa) in qualche modo si riverbera, in
maniera anche potenzialmente molto distruttiva, sul sistema delle relazioni e sui rapporti con gli altri.

Per darvi anche un'idea di che cos'è il processo di individuazione ho messo a vostra disposizione una “favola inwit”
preso dal libro di Clarissa pinkola estes, il libro si chiama “donne che corrono coi lupi”.
Clarissa sudamericana o centroamericana, che ha dedicato tutta la sua vita a raccogliere favole e miti delle più varie aree
culturali del mondo per illustrare sostanzialmente la dimensione dello sviluppo psichico profondo soprattutto (in questo testo in
relazione) alle dimensioni dell'animo femminile. Nel testo lei esplora una dimensione che diciamo lei chiama l’archetipo della
donna selvaggia, che rappresenta di fatto una sorta di dimensione naturale profonda e luminosa della psiche femminile. Però
all’interno questa raccolta di favole ce ne sono alcune che noi conosciamo anche attraverso una riedizione che le rappresenta in
temi che sono molto vicini alle nostre dimensioni culturali → l'equivalente della favola di Barbablù, Baba Jagà che è la
versione brutta della nostra Cenerentola. Ma quella che vi ho selezionato che si chiama “pelle di foca, pelle d’anima” è una
favola che a quale livello rappresenta il tema dell'individuazione e del rapporto dell’io con la psiche profonda. Il tema della
favola → quelle delle nozze barbare, si ritrova in tante culture diverse che

Lettura musicologia e psicologica di alcune fra le più famose opere liriche → seminario con Stefano Taddei. Riflettevamo sul
significato passaggi sia dal punto di vista proprio della fruizione musicale e dal punto di vista dell'interpretazione dei processi
psichici rappresentati.
Dopo aver fatto una discussione di questo materiale junghiano e di questa favola, ci siamo trovati al seminario
legato all'opera lirica Madama Butterfly e abbiamo potuto constatare in diretta che la struttura della storia di
Madama Butterfly è nella sostanza un analogo occidentale della rappresentazione della situazione che corrisponde
alla favola inwit pelle di foca. Queste due rappresentazioni, quindi che ci lasciano pensare che alla base ci deve
essere qualcosa che ha una connotazione archetipica.
Si può riconoscere che queste due versioni della stessa storia possono → rappresentare nel caso della favola eschimese una
rappresentazione psichica di un processo di individuazione ben riuscito, che si completa con la costituzione di una nuova entità
psichica, che Jung chiama lo spirito, che ciò che emerge quando l’io cede il passo al sè.
Viceversa nel modello della Madama Butterfly possiamo un processo di individuazione che invece conduce al fallimento.
Rispetto alla lettura di questo materiale, un punto fondamentale da tenere presente nel lavoro junghiano sui miti e sulle favole, è
che tutti i personaggi che sono presenti nella favola → sono da considerare come delle parti o delle sfaccettature della
personalità unica e dell'individuo. Quindi è la psiche che in qualche modo racconta le sue vicende attraverso la favola → quindi
mentre noi nella nostra lettura occidentale delle favole ci identifichiamo con il protagonista, nella lettura junghiana tutte le varie
figure che sono rappresentante all'interno della favola sono viste come aspetti della psiche nel suo complesso. Quindi le favole
sarebbero insieme ai miti, una rappresentazione materiale della dimensione complessa della psiche, in cui le varie dimensioni
sono rese in una forma plastica che prende la l'immagine del personaggio all'interno della storia.
Nella scena finale sia della favola che della Madama Butterfly compare uno stesso oggetto, un pugnale solo che nella Madama
Butterfly questo è il pugnale con cui Madame si suicida e quindi è lei che cede alla posizione predominante di quest'uomo,
abbandona e porta via il figlio → rappresenta l’io che si pone nei confronti dell' anima / della psiche profonda in un
atteggiamento di rapina.

Ecco nella favola → compare alla fine un coltello che questa madre mitica, foca che il pescatore in qualche modo lega a sè per
un certo periodo e che poi però vuole tornare a vivere nella profondità delle acque, regala al figlio affinché possa tenere traccia
del fatto che questa madre mitica è realmente esistita e questo figlio di questa coppia costituita da un uomo e da questa donna
magica / foca (che appartiene al mondo di sopra e di sotto, che è una raffigurazione dell'anima proprio nella dimensione classica
junghiana) → questa madre si rifiuta di cedere il figlio al marito umano e marito umano l'abbandona e quindi nella favola
l’anima può prendere il bambino e portarlo con sé in un viaggio magico nel mondo sottomarino, dal quale il bambino emerge
essendo diventato uno sciamano e un cantore delle cose profonde. Quindi nella favola inwit il processo di individuazione e cioè
l'iniziazione della coscienza alle dimensioni profonde della psiche ha successo e ciò che emerge è una psiche medianica, uno
spirito, un fanciullo che può cantare e descrivere le cose profonde. Nella favola rappresentata in Madama Butterfly, l’io ha un
atteggiamento di rapina rispetto al mondo delle cose profonde e questo porta a un dramma e a una involuzione.
Altro modello di lavoro junghiano → utilizzo di favole per indagare dimensioni della vita psichica del paziente.

Tops della discesa agli inferi → Jung ne parla e lo connette la dimensione del percorso di individuazione che essendo percorso
che va verso l'unificazione e il completamento della personalità, e considerato che nella sua visione questo completamento è
ostacolato dal fatto che la coscienza respinge e allontana i contenuti profondi sgraditi → ecco per iniziare il percorso della
individuazione è proprio una fase in cui si entra in contatto con questa dimensione infera. Catabasi, favola inwit.
Nella favola : da una parte la questione della psiche complessa, cioè entrare nell’ottica che tutti i personaggi di
questo racconto sono elementi, parti e aspetti della psiche stessa e la struttura del percorso di individuazione.

Jung permane molto in senso della dismisura, della incommensurabilità fra i contenuti a cui la coscienza può
accedere e quindi che possono essere totalmente padroneggiate dalla coscienza e la vastità e soprattutto la
potenza dal punto di vista energetico dei processi inconsci.
In Jung per quanto riguarda il processo di individuazione è veramente forte la consapevolezza, che in un certo
senso l'apertura a questi contenuti profondi implica una vera e propria sconfitta, se non addirittura un ritiro della
dimensione dell’io. Nella favola si vede come pescatore che rappresenta la parte della personalità con cui
inizialmente è totalmente identificata la coscienza, a un certo punto fugge e abbandona madre e figlio. Quindi si
ritira rispetto alla vicenda iniziatica, che appartiene al principio di individuazione.
Però è anche vero che lui ha sempre considerato l'espressione dei miti come una delle dimensioni fondamentali
attraverso le quali noi entriamo in contatto con le immagini archetipiche, non con gli archetipi sono di per sé
inconoscibili, ma con ciò che essi generano.
E inoltre Jung che ha lavorato molto e anche in ambito antropologico aveva una visione molto chiara come di
dispositivi culturali siano in realtà dei dispositivi che conducono a trasformazioni psichiche. Quindi da questo punto
di vista mi sembra coerente l'idea che anche un dispositivo culturale come quello della tragedia greca per esempio
possa funzionare come un simbolo, cioè come qualcosa che indirizza l'energia psichica su certe trasformazioni e su
certi contenuti profondi.

Paragone fra gli iscritti dell'ultimo Bion in particolare con quello stile espositivo della Trilogia fantastica e le
concezioni junghiane sul funzionamento della psiche.
è qualcosa che rimanda al tema della psiche complessa, anche molto presenti nella psichiatria dell'800. Riguarda o
richiama questa dimensione di drammatizzazione della scelta formale degli scritti dei tre volumi della trilogia
fantastica.
Abituarci a leggere i personaggi delle favole come rappresentazioni di diversi aspetti di un'unica psiche, mentre noi
nella nostra mentalità occidentale abbiamo la tendenza ad allinearci col protagonista.
La favola si apre con una bellissima rappresentazione di questo uomo molto solitario che vive fra i ghiacci, un pescatore (vive
della pesca). Questo una notte in ritorno dalla caccia vede queste figure fantastiche che danzano alla luce della luna prima
dell'alba su uno specchio di acqua ghiacciata e sono delle donne bellissime che danzano nude alla luce della luna e ridono,
scherzano in maniera incantevole. Si accorge che un po' come delle vesti lasciate cadere in terra, si accorge che c sono delle
pelli di foca e preso da un istinto / da gesto di rapina → ruba la pelle di foca. Quando arriva l'alba queste donne cercano
ognuna di indossare la propria pelli di foca, si rivestono, riprendono la loro natura animale e si immergono nell'acqua → tutte
tranne una, quella cui la pelle è stata sottratta dal Pescatore. Lei è disperata perché senza la pelle di foca non può scendere
sott'acqua per raggiungere le sorelle e il pescatore a un punto l’avvicina e gli dichiara la sua solitudine, la sua disperazione e la
prega di restare con lui di sposarlo ed essere sua moglie. Lei gli risponde che questa cosa può essere, ma non può essere per
sempre e che se lui è d'accordo lei è disponibile a rimanere con lui ad essere sua moglie per 7 anni. Il Pescatore accetta, loro
vanno a vivere nell’igloo e in questi sette anni la donna vive come una donna accanto al Pescatore e hanno un bellissimo
bambino.
Solo che man mano che si avvicina la scadenza del tempo, questa donna comincia ad appassire. Si rovina la pelle,
le cadono i capelli, sta peggio e rischia di morire e si lamenta / chiede di avere indietro la sua pelle.
Pescatore si arrabbia moltissimo r l'accusa malamente di essere una traditrice che se riavesse la pelle lo
abbandonerebbe e lei gli ricorda il fatto che non appartiene a quel mondo e il loro patto era chiaro.

A questo punto lui prende la pelle di foca con se e li abbandona nella notte arrabbiatissimo, se ne va e lascia la madre morente e
il bambino. Qui compare sulla scena un altro gruppo di personaggi che è costituito dai nonni / le foche enormi del piccolo
bambino, cioè i genitori di questa donna dalla doppia natura. Che nella notte chiamano con una voce assolutamente misteriosa
che viene da lontanissimo, il nome del bambino che si chiama Oruk e questo bambino seppure terrorizzato accanto la madre
morente capisce che in qualche modo deve seguire questo richiamo e si avvia verso il mare. Verso il mare a un certo punto
seguendo sempre il richiamo di questa voce, che poi è la voce di sua nonna, trova un fagotto buttato via in cui rintraccia la pelle
della madre. Allora capisce che è quello di cui la madre ha bisogno per riprendere possesso della sua doppia natura → gliela
porta ed effettivamente la madre torna alla vita una volta che può indossare la sua pelle di foca. Porta il figlio e lo presenta in
qualche modo ai nonni e decide che prima di separarsi dal figlio (e qui vedete la differenza sostanziale fra il rapporto con
l'uomo che di fronte alla minaccia dell'abbandono non accetta di mescolarsi con la natura infera della moglie ma l’abbandona, e
il bambino che invece si fida della madre). In maniera magica la madre soffia un flatus dell'aria tuffandosi con lui nell'acqua e
lo porta a scoprire il mondo subacqueo → il mondo degli Dei degli inwuit, che risiedono sotto il ghiaccio. sono degli Dei
acquatici. Questo bambino viene iniziato ai segreti di questo mondo sottomarino fi cui impara le meraviglie, le stranezze e miti
→ dopo 7 giorni anche per lui è ora di tornare in superficie e quindi la madre i nonni lo accompagnano definitivamente alla
separazione dal mondo infero a cui lui non appartiene e la favola si conclude con l’indicazione che Il piccolo Oruk, avendo
fatto quest'esperienza diventa uno sciamano e un cantore, una persona che con i tamburi e con i canti racconta alla sua gente e
alle persone del suo mondo superficiale,
i misteri del mondo infero e della psiche profonda.
Il pescatore rappresenta la posizione originaria della psiche prima dell'individuazione che nella prima parte della vita è
identificata con l’io, in questa favola Il Pescatore rappresenta l’io che pensa di poter e conquistare le cose possedendole. L’io ha
questo carattere possessivo, però ha anche l’intuito, perché tutto il processo di individuazione parte attraverso il fatto che l’io si
sente solo e con questo desiderio → va verso questi suoni sconosciuti che sono un eco del mondo profondo, costituiti dal riso e
dalla musica delle donne che ballano prima dell'alba → e ruba la pelle. Quindi è vero che io ha questo istinto di possesso e di
rapina, però come sempre nel modello junghiano noi dobbiamo comprendere che la psiche non è mai unidirezionale. Quindi
quello che sembra male da un verso è bene dall'altro → perché attraverso questo momento di rapina inizia il processo di
individuazione, cioè l'avvicinamento della parte della con cui inizialmente si identifica la psiche (cioè la coscienza) alla
dimensione della psiche profonda. La figura della donna questa favola rappresenta l'anima, cioè quella parte dello psichico
individuale che è a cavallo e messaggera della psiche profonda e dei contenuti della psiche profonda.

Quindi il matrimonio tra il pescatore e la donna foca rappresenta un esempio di quelle che Jung chiama la ierogamia, cioè le
nozze sacre → cioè una configurazione mitica in cui si assiste a un tentativo di integrazione della componente della coscienza
con i contenuti della psiche profonda. La prima dimensione di questa ierogamia, di questo punto di contatto è rappresentata
proprio dal matrimonio. Senonché l'anima per essere florida (in questa favola l'anima si depaupera) non può stare sempre a
contatto con l’io.
Cioè questo è quel tema che vi volevo proporre della incommensurabilità che c'è nel modello junghiano, cioè l'anima non può
vivere nelle ristrettezze della dimensione limitata della coscienza, può farlo temporaneamente ma non per sempre. Ha bisogno
di tornare liberamente a nutrirsi del contatto con gli altri elementi della psiche profonda e quindi qui si crea la tensione, nella
quale l’io soccombe. Solo quando l'io soccombe e quindi in un certo senso la coscienza si ritira rispetto soprattutto alla sua
pretesa di poter dominare, controllare e conoscere completamente queste dimensioni misteriose → è possibile la catabasi, cioè
possibile che non l’io, ma il figlio dell'unione della donna con il pescatore = il bambino, che rappresenta lo spirito, quindi una
dimensione evolutiva della coscienza, può scendere ed entrare in contatto con queste realtà profonde.
Anche lui non ci può rimanere per sempre, perché di nuovo c'è questa incommensurabilità di fondo, però lo spirito canta → lo
spirito può cantare e raccontare di queste esperienze.
Fondamentalmente Jung riteneva che la somiglianza dei temi e fosse la dimostrazione che questi temi sono
generati da una matrice comune, che è l'archetipo. Quindi non potendoci essere un trasferimento dell'informazione,
la sua idea è che semplicemente questi temi venissero generati in tutte le culture in maniera spontanea, perché
connessi alla radice della psiche profonda che è unica ed eterna per l’uomo in qualunque condizione di vita esso si
trovi.

In questa favola la madre lascia al figlio un coltello con il quale lei aveva raschiato le pelli e fatto i lavori di casa quando si
trovava nell’igloo → glielo lascia dicendo di conservarlo per avere un segno tangibile che lei è esistita. Mentre nella Butterfly
in cui fondamentalmente la Madama Butterfly soccombe perché l'ufficiale di Marina che la sposa per scherzo e la lascia col
bambino, salvo poi tornare dopo 7 anni a prendersi il bambino essendosi lui sposato con una donna americana. Anche lì
nell'ultima scena c'è un coltello, però il pugnale con cui lei si suicida. Quindi anche se la struttura tematica è veramente la stessa
di questi due narrazioni, nella favola inuit si assiste a un coronamento del processo di individuazione, mentre nella Madama
Butterfly ha il suo fallimento, perché il la figura dell'ufficiale costringe Madama Butterfly al suicidio e le porta via il figlio che
quindi crescerà una madre che non condivide la sua natura in una Terra straniera.
Jung stesso parla di una matrice biologica, però questa matrice biologica è resa nelle forme in cui è percepita
psichicamente, quindi non è biologica semplicemente nel senso con cui viene descritta la biologia da un biologo,
ma è una biologia per come viene percepita a livello psichico. Non è facile perché Jung rifiuta poi di distinguere
questi questi livelli, quindi è una biologia che punta all’essenza.
Jung tende a superare la distinzione fra psichico Il materiale. Infatti per chiamare questa dimensione dell'archetipo
lui lo usa il termine psicoide, proprio per definire una dimensione che non è in sé psichica nè materiale.
il bambino rappresenta quello che noi chiamiamo lo spirito, cioè una dimensione che è da una parte frutto della coscienza che è
stata iniziata ai misteri della psiche profonda e dall'altra è frutto di un'anima che si è tuffata pienamente nella materialità
dell'esistenza e infatti la cosa che ci contraddistingue lo spirito è che lo spirito compie le opere → cioè fa delle cose trasforma
la realtà materiale del mondo.
Quindi nè la coscienza nè l'anima da sole possono quello che può lo spirito. il figlio quanto spirito può entrare in contatto sia
con la psiche profonda che quella coscienza, mentre l'anima può entrare in contatto solo con la psiche profonda e la coscienza
per poco tempo. Lo spirito è un aspetto della vita psichica allo stesso modo con il quale lo è la coscienza, con il quale lo è l’io,
con il quale lo è la psiche profonda (cioè la dimensione dell'anima) → sono tutte figure della psiche.
Lo spirito è ciò che si ottiene al compimento del processo di 'individuazione, quindi quando la personalità raggiune
la sua completezza. è come se la coscienza che si apre al contatto con la psiche profonda evolve, matura, sviluppa
una dimensione di carattere spirituale. Questo è quello che Jung chiama lo spirito e lo spirito ha questo carattere
trasformativo, cioè opera nel mondo.
Dimensione proprio transculturale che hanno questi concetti junghiani.
Affinché la psiche individuale possa sviluppare questa dimensione spirituale è necessario che la coscienza e quindi
originariamente l’io si possa aprire al contatto con la psiche profonda. Jung chiama anima quella raffigurazione
dell'operazione ponte. L'anima è la parte della nostra essenza, che appartiene alla psiche profonda, ma con cui noi
poi ci identifichiamao, perché questo poi rappresenta il matrimonio.
Quindi secondo Jung è anche comunque una parte della personalità, certe volte lui la chiama la personalità
profonda o la seconda personalità.

Jung e le questioni legate alla dimensione di epica → le riteneva come una sorta di armamentario mitico che riguarda le
caratteristiche dell'inconscio individuale, quindi non è che ha dato una lettura diversa. Considera l’edipo come tutti gli altri miti
in qualche modo lo mette in contatto con la dimensione dello sviluppo individuale. “i simboli della trasformazione” che è
quello rispetto al quale poi Freud ha preso le distanze e cioè che secondo lui Freud si rifiutava di vedere che il tema dell'incesto
è anche un tema che appartiene il topos della storia delle religioni. Diceva che Freud ne dava una visione troppo ancorata al
solo punto di vista biologico individuale e si rifiutava di cogliere l'universalità del tema dell'incesto come tema però del registro
del religioso, dello spirituale e infatti effettivamente è così, in molte culture c'è questa dimensione dell'incesto presente.
Rifiuto da parte di Freud, di considerare la valenza invece simbolica spirituale di questa dimensione per come si
veniva a trovare nella storia delle religioni e diverse culture.
Dimensione archetipica che è veramente l'elemento cardine insieme al processo di individuazione, del nuovo modo
di concepire la psiche profonda di Jung.

Come ultimo elemento rispetto a questa dimensione così diversa e innovativa io volevo citare la questione della sincronicità.
Questione molto complessa e dibattuta, è un modello di una causalità diversa dalla causalità lineare a cui noi siamo abituati
nella cultura occidentale in generale e nel nostro ragionamento scientifico in particolare. La sincronicità è anche un concetto
che Jung ha sviluppato al’interno di una cornice relazionale molto particolare, perché per circa vent'anni lui ha avuto come
paziente il famoso fisico Wolfgang Pauli che è stato uno dei padri della meccanica quantistica. Quindi questo concetto di
sincronicità ha anche una pertinenza specifica con l'epistemologia di base che è all'origine poi della rivoluzione della fisica
teorica del Novecento e il carteggio Jung-Pauli che è una raccolta di oltre 300 lettere, in cui loro discutono e la questione del
rapporto fra la visione della meccanica quantistica e la visione della psiche profonda proposta nel modello della psicologia
analitica junghiana. è stato edito e pubblicato integralmente → negli ultimi dieci vent'anni è un testo a cui si è spesso tornato.
Recentissimo sviluppo della interpretazione della meccanica quantistica che è una teoria fisica che ha un successo strepitoso dal
punto di vista della validità e delle applicazioni, perché in il nostro mondo dell'Elettronica si basa sulle predizione della
meccanica quantistica e dell'ottica, ma fondamentalmente ci sono sempre i dibattiti su che cosa significhi, qual è
l’interpretazione delle dimensioni di fondo di questa teoria fisica. “Cubism” → contrazione di Quantum bayesianism, che è
un'interpretazione statistica della meccanica quantistica, che parte dall'idea che l'unico modo per dare senso alla meccanica
quantistica è quello di considerare che le leggi della meccanica quantistica non descrivono stati fisici del mondo, ma descrivono
stati mentali di chi cerca di conoscere il mondo. Quindi c'è un vero e proprio salto al dì la della distinzione psiche e materia.
Avvicinarmi alla question di nuova modalità di immaginare la causalità psichica attraverso la lettura di una parte
dell’introduzione all'edizione in inglese, di questo libro sapienziale che si chiama I Ching, il libro dei mutamenti, che
è un testo di divinazione molto antico cinese. Jung aveva scoperto attraverso la sua frequentazione di un famoso
senologo che si chiama Richard William e che lo aveva affascinato moltissimo fino al punto da perorare l’impresa di
organizzare una traduzione in inglese di questo volume e confrontarsi con largo compito di avvicinare questo modo
di pensare così diverso alla nostra mentalità occidentale e al mondo della scienza.
è un metodo di divinazione che inizia attraverso un gesto, quello tradizionale è di lanciare in aria 49 steli di millefoglie e da
questo lato diciamo di questi steli si leggono e questi tre numeri vengono messi in relazione con 64 esagrammi, che sono delle
raffigurazioni → ideogrammatiche alle quali corrisponde un titolo quello e ad ogni Esagramma è associato un interpretazione
di tre parti di questo Esagramma e dell'esagramma nel suo complesso. Quindi in buona sostanza la divinazione avviene
attraverso una prima fase che quella in cui si lanciano gli steli di millefoglie, da questi steli si desumono i numero che vengono
messi in corrispondenza con uno dei sessantaquattro esagrammi e a quel punto il saggio / sapiente che conosce il libro dei
mutamenti può comunicare alla persona che va a interrogare questo saggio della divinazione → il contenuto dell’esagramma
selezionato. Ciò che interessa soprattutto a Jung è di cercare di spiegare il senso di questa operazione, perché sulla base di quale
logica questa cultura cinese può ritenere che la forma che prendono sul tavolo 49 steli di millefoglie buttati all'aria abbia
qualcosa di così sostanziale da rappresentare l’essenza del momento in cui viene posta la domanda. Questo è il punto in cui
Jung ravvisa esattamente questa dimensione e questo principio della sincronicità su cui poi lui si è molto molto interrogato.

Prefazione, pagina 16 “ insegnò molte cose ancora. Io non conosco il cinese e non sono mai stato in Cina. Posso
assicurare il lettore che davvero non è molto facile trovare il giusto accesso a questo monumento del pensiero
cinese, così infinitamente diverso dai nostri modi di pensare. Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro
è imperativo buttare a mare certi pregiudizi della mentalità occidentale. È curioso che un popolo dotato e intelligente
come i cinesi non abbia mai prodotto ciò che noi chiamiamo « scienza ». La nostra scienza, però, si basa sul
principio di causalità, e la causalità è considerata verità assiomatica (almeno fino alla meccanica quantistica della
metà del Novecento il principio di causa-effetto di derivazione aristotelica era considerato un caposaldo indiscutibile
della logica e del pensiero scientifico).
Ma un grande cambiamento è ormai avviato. Ciò che la Critica della ragion pura di Kant non ha potuto fare, lo sta
facendo la fisica moderna. Gli assiomi della causalità sono scossi nelle loro fondamenta: ora sappiamo che quelle
che noi chiamiamo leggi di natura non sono altro che verità statistiche, costrette perciò ad ammettere delle
eccezioni. Non abbiamo tenuto abbastanza conto del fatto che, per dimostrare la
validità invariabile delle leggi di natura, abbiamo bisogno del laboratorio con le sue incisive restrizioni.
Se lasciamo che la natura faccia da sé, vediamo un quadro ben differente: ogni processo subisce interferenze
parziali o totali ad opera del caso, e in misura tale che in circostanze naturali un corso di eventi che si conformi in
tutto e per tutto a leggi specifiche rappresenta quasi un'eccezione.
La mentalità cinese, quale io la vedo all'opera nell'I Ching, sembra preoccuparsi esclusivamente dell'aspetto
accidentale degli eventi (punto fondamentale da cui si parte). Ciò che noi chiamiamo coincidenza sembra essere la
cosa della quale questa peculiare mentalità s'interessa principalmente, mentre ciò che noi adoriamo come causalità
passa quasi inosservato.

Dobbiamo ammettere che qualche cosa si possa dire in favore dell'immensa importanza del caso. Una quantità
incalcolabile di sforzi umani è rivolta a combattere e limitare i danni o i rischi rappresentati dal caso. Spesso le
considerazioni teoriche su causa ed effetto appaiono pallide e polverose a paragone degli effetti pratici del caso. Va
benissimo dire che il cristallo di quarzo è un prisma esagonale; è proprio vero — fintanto che si immagina un
cristallo ideale. Ma in natura non si trovano due cristalli esattamente' uguali, benché tutti siano palesemente
esagonali. La forma reale, tuttavia, sembra sollecitare il saggio cinese ben più di quella ideale. La confusa congerie
di leggi naturali che costituisce la realtà empirica contiene per lui un significato ben più importante che non una
spiegazione causale di eventi, che poi devono di regola essere separati l'uno dall'altro prima che si possa
discuterne in maniera appropriata. Il modo in cui Ching tende a considerare la realtà implica un giudizio poco
favorevole per i nostri procedimenti causalistici. L'istante che sta sotto osservazione appare all'antica visione
cinese, più come un colpo di fortuna che come il risultato ben definito di catene causali concorrenti.
Ciò che interessa sembra essere la configurazione che gli eventi accidentali assumono al momento
dell'osservazione (cioè lancio degli steli di millefoglie), e niente affatto le ragioni ipotetiche che apparentemente
rendono conto della coincidenza. Mentre la mentalità occidentale pone ogni cura nel vagliare, pesare, scegliere,
classificare, isolare, l'immagine che il cinese si fa del momento racchiude ogni cosa fino al più minuto e assurdo
particolare, perché l'istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti.”
Visione profondamente olistica, ciò che viene osservato è solo il tutto, non si può osservare solo una parte.

“Accade così che quando si gettano le tre monete o si contano i quarantanove steli di millefoglie, questi dettagli
causali entrano nel quadro dell'istante d'osservazione formandone una parte: una parte insignificante per noi
(occidentali), eppure colma di significato per la mentalità cinese. Per noi sarebbe un'affermazione banale e quasi
senza senso (almeno in apparenza) dire che qualunque cosa avvenga in un dato momento possiede
inevitabilmente la qualità peculiare di quel momento. Questo non è un argomento astratto, anzi è un argomento
assai pratico. Vi sono certi esperti che dall'aspetto, gusto e comportamento di un vino sanno dedurre il sito della
sua vigna e il suo anno di origine. Vi sono antiquari ai quali basta un'occhiata per indicare con un'esattezza quasi
stregonesca l'epoca, la provenienza e l'autore di un oggetto d'arte o di un mobile.
E vi sono persino astrologi che sanno dire, senza nessuna previa informazione, quale fosse la posizione del sole e
della luna, nonché il segno zodiacale che sorgeva all'orizzonte, al momento della nascita di un individuo. Di fronte a
simili fatti bisogna ammettere che i momenti possono lasciare tracce di lunga durata.
In altre parole, l'inventore dell'i Ching, chiunque sia stato, era convinto che l'esagramma elaborato in un dato
momento coincideva con questo momento anche nella qualità, e non soltanto nel tempo. Per lui l'esagramma era
l'esponente del momento in cui si realizzava — più ancora di quanto potessero esserlo l'ora segnata dall'orologio o i
dati risultanti dal calendario — in quanto l'esagramma era concepito come un indicatore della situazione essenziale
prevalente al momento della sua origine.

Questa teoria implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità, un concetto che formula un punto
di vista diametralmente opposto a quello della causalità. Quest'ultimo, essendo una verità meramente statistica e
non assoluta, è una specie di ipotesi di lavoro sul modo in cui gli eventi evolvono l'uno dall'altro, mentre la
sincronicità considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, scorgendovi
qualche cosa di più che il mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come pure
tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell'osservatore o degli osservatori. L'antica mentalità cinese
contempla il cosmo in una maniera paragonabile a quella del fisico moderno, il quale non può negare che il suo
modello del mondo sia una struttura decisamente psicofisica. L'evento microfisico include l'osservatore esattamente
come la realtà che forma il sostrato dell'i Ching abbraccia le condizioni soggettive, ovvero psichiche, nella totalità
della situazione momentanea. Come la causalità descrive la sequenza degli eventi, così per la mentalità cinese la
sincronicità considera la loro coincidenza.”
Se noi prendiamo l’emergere nel disegno sulla sabbia come un evento di tipo sincronico si capisce bene dire
quando si dice che non è necessaria un'interpretazione, che l'apparire del simbolo della figura sulla sabbia
rappresenta ciò che deve essere detto.

Afferrare la differenza sostanziale che c'è rispetto alla nostra mentalità, che divide che separa e che mira al
controllo e questa dimensione che invece è chiaramente la dimensione olistica che mira ad entrare in contatto con
l’insieme.
Jung ritiene sostanzialmente ritiene che la sincronicità la osserviamo nel momento in cui avvengono degli episodi che hanno un
carattere materiale e che però noi riconosciamo come portatori in senso ineludibile di un significato psichico. Faccio un
esempio : seminario ci ha raccontato che erano tantissimo tempo che cercava di recuperare un vecchio libro che lui aveva da
qualche parte una vecchia edizione degli scritti di Winnicott pediatra e che in questa grande serie di scaffali non riusciva
assolutamente a ricordarsi → la mattina prima del seminario è inciampato e ha fatto il libro che cercava → esempio di
sincronicità.
Altro esempio di Jung famosissimo che è quello in cui lui stava parlando di una civiltà egizia con una sua paziente a Zurigo di
invero, sotto la neve e a un certo punto si sente la botta sulla finestra → uno scarabeo che però si manifesta alla finestra in quel
preciso momento.
Sincronicità → condizione in cui ci sono punti di contatto fra la dimensione psichica e una dimensione materiale che mettono in
crisi la nostra mentalità classica occidentale, che tende a separare le catene di causalità psichica da quelle materiali.
La sincronicità è qualcosa che Jung descrive come una scoperta ed è qualcosa che avviene, tendenzialmente quando uno si
trova di fronte a un evento che ha questo carattere di poter essere percepito come una sincronicità che detto in termini nostri è
una coincidenza straordinaria→ la psiche è molto attivata da queste coincidenze, ci colpiscono al punto che ci dispongono a
un'attenzione verso questi eventi.
è una delle dimensioni a cui diciamo la coscienza deve aprirsi per entrare in contatto con queste dimensioni della psiche
profonda. Non si può progettare una sincronicità, ma avviene → coincidenza degli eventi.

Connessioni con la fisica quantistica → info che riguarda una dimensione della meccanica quantistica, la sua spiegazione al
momento è un po' al di là della cornice classica di comprensione del mondo costituita dalla teoria relativistica di Einstein. Un
aspetto della meccanica quantistica che viola la relatività e viola anche le leggi causali perché di fatto implica l'esistenza di
un'interazione a distanza in tempi nulli. Materia e anima?
Idea che anche nella meccanica quantistica ci sia una modello di causalità olistica, cioè che si estende su tutto il
sistema e non in maniera consequenziale da un punto all'altro del sistema stesso.
è stata dato di interpretazione cognitiva del fenomeno dell’entanglement → si basa su idea che la funzione d'onda non
rappresenta affatto la natura, ma rappresenta la nostra conoscenza dei fenomeni.
Questa teoria interpreta la funzione d'onda non come la descrizione matematica di un fenomeno naturale ma come
la descrizione matematica il fenomeno congiuntivo, cioè assume che noi dobbiamo abbandonare l'idea che le leggi
di natura descrivere la natura e passare all’idea che le leggi di natura descrivono dei processi cognitivi, ossia i nostri
processi di conoscenza del mondo.
è un tema assolutamente in qualche maniera ci fa vedere come anche oggi psicologia e fisica sono due discipline che ha un
qualche livello sembrano avere una dimensione di rimando molto profonda e molto sostanziale. Dopo 70 anni gli scritti di Jung
sulla sincronicità degli anni 50 → ci troviamo con delle teorie che sembrano proprio un'evoluzione specifica in questo tipo di
intuizione.

RIPASSO

Sperimentata e in rivalutata la concezione della traslazione nei gruppi


Nell’accezione tradizionale i contenuti della traslazione sono inconsci, quindi transfert dovrebbe riguardare alcuni
aspetti della relazione terapeuta paziente che non sono immediatamente condivisi e percepiti, è vero che con la
svolta nella psicoanalisi relazionale degli anni 70 e nella dimensione contemporanea l'estensione dell'utilizzo del
termine transfert e controtransfert è andata un po' nell'ottica di includere anche la componente più fenomenologica,
cioè la dimensione più vicina alla nostra percezione e quindi si è un poì estesa a considerare totalità di sentimenti
consci e inconscia che riguardano la relazione paziente-terapeuta.
Se noi ci riferiamo invece una teoria classica, la dimensione di base è inconscia.
Si va da chi ritiene che non sia non sia facile per niente estendere il concetto di transfert alla dimensione di gruppo,
ma questa è una posizione che sei andata sempre più marginalizzando, a chi ritiene che il transfert nel gruppo
abbia una molteplicità di oggetti che possono essere investiti. Cioè il gruppo spesso può essere oggetto di transfert.
Anche il gruppo in sé diventa un oggetto di traslazione.
Jung non considera assolutamente il dispositivo di gruppo, i gruppi funzionano secondo lui in relazione a seconda
di come funziona l'individuo e quindi l'unica cosa di cui ha veramente importanza occuparsi è il singolo individuo.
Nello sviluppo poi nelle varie tecniche attive che hanno una matrice junghiana l'utilizzo del gruppo si è andato costituendo in
maniera significativa ai giorno i nostri → delle tecniche di drammatizzazione (Moreno), cioè quello che si chiama lo
psicodramma ad orientamento psicoanalitico junghiano, è un dispositivo in cui si usano delle vere e proprie sequenze di
drammatizzazione → cioè sequenza in cui ci si comporta per esempio dando voce a personaggi di una trama immaginaria.
Nella drammatizzazione ciò che viene visto e una messo in scena in parti o componenti della psiche complessa.
La traslazione sul terapeuta di relazioni con oggetti primari. Jung accetta pienamente la concezione freudiana della traslazione,
cioè i contenuti dell'inconscio personale (che secondo Jung può essere diciamo identificato con quell'aspetto del funzionamento
inconscio che ha indagato Freud) realizzano una dimensione di traslazione che può essere interpretata come la intendeva Freud.
Questo ci permette di dire che Jung aveva un'idea del suo contributo non tanto come qualcosa che dovesse scardinare i
fondamenti della psicoanalisi freudiana, ma che dovesse correggere alcuni ipotesi e soprattutto ampliare il campo di
osservazione a dei fenomeni che Freud non aveva considerato. Jung riteneva che i contenuti delle relazioni primarie e potessero
assolutamente essere osservati attraverso il transfert sull'analista, in più correggeva in qualche modo questa osservazione
ritenendo che elementi della vita psichica del paziente dovessero essere comunque interpretati anche prospetticamente→ cioè
in relazione allo sviluppo che la vita psichica del paziente manifesta non in funzione dello stato da cui proviene ma in funzione
della direzione verso cui si sta muovendo soprattutto la dimensione profonda del suo assetto psichico.

Collegare l’uso dell’oggetto transizionale allo sviluppo della creatività.


Bambino che sceglie come oggetto una copertina→ il sostrato materiale può essere anche minimo ma dopodiché è proprio
l'investimento dei desideri, delle fantasie e delle immagini creative del bambino che trasforma quell'oggetto in qualcosa che poi
può diventare una specie di incarnazione vivente di tutta la sua diciamo vita interiore. L'oggetto transizionale non è è qualcosa
che sta per la madre, ma sta praticamente per tutte le declinazioni possibili del rapporto con la madre.
In ciò si esprime una dimensione che è profondamente creativa, perché il pezzo di realtà esterna su cui si appoggia
questa attività è fondamentale che ci sia e questo discrimina la creatività dalla fantasia onnipotente, perché la
creatività usa elementi della realtà esterna per esprimersi così come lo fa nel contesto artistico o culturale. Però c’è
una forza trasformativa enorme che viene posta in essere nel rapporto con l'oggetto transizionale, perché nei vari
momenti questo oggetto può oscillare e diventare cose sempre nuove.
La creatività messa in atto rispetto all'oggetto transizionale è una quasi un'esplosione direi di creatività da parte
della psiche del bambino.

Rilettura del ruolo dell'aggressività nello sviluppo psichico è un contributo importantissimo che ha dato Winnicott
anche proprio a una riformulazione della nostra visione anche dello sviluppo dei bambini prima e degli adolescenti
dopo.
Nel pensiero della Klein l'aggressività ha una matrice primaria, cioè è legata a l'estroversione dell'attivazione della
pulsione di morte, che è un elemento inevitabile e per non essere autodistruttiva nel modello kleiniano deve essere
in qualche modo messa in gioco nel rapporto con l'oggetto.
Per Winnicott la questione dell'aggressività → inizialmente l'aggressività è una reazione a quel fenomeno impingement, che è
la pressione che la realtà esterna fa sulla psiche. La cosa che fa pressione, perché le cose non sono semplicemente strutturabili a
partire dalle nostre fantasie e dei nostri desideri.
Innovazione di Winnicott. Idea che torna molto all'idea freudiana che l'investimento sia sostanzialmente sempre e
soltanto un investimento positivo alla prima idea freudiano della della libido. E rilegge invece l'aggressività come
una forma reattiva al contatto fra la dimensione psichica e la realtà esterna. Questo vuol dire che l'ambivalenza / il
campo di gioco in cui l'aggressività si sviluppa è proprio questo : il rapporto fra la dimensione psichica e la realtà
esterna, quindi l'aggressività non è primaria ma è reattiva anche se è reattiva in un senso che è ineliminabile.
Perché se noi non negoziamo questo rapporto con la realtà esterna non possiamo nemmeno transitare dalla
dimensione dell'oggetto soggettivo alla dimensione dell'oggetto transizionale.

La sopravvivenza dell'oggetto. Un altro concetto fondamentale di Winnicott, la sopravvivenza agli attacchi in


fantasia o anche materiali dell'oggetto, testimonia che l'oggetto ha un'esistenza reale che è indipendente dalla vita
psichica del bambino e quindi questo sopravvivere alla distruzione da parte del bambino o da parte dell'adolescente
non è solo un fatto che ha un carattere di tutela della qualità del rapporto e anche quasi educativo (cioè il fatto di
riuscire a capire che la propria ostilità può stare dentro una relazione d'amore).
In Winnicott c’è in più un elemento che è profondamente psicoanalitico e cioè che l'oggetto d'amore può iniziare ad
essere percepito come un oggetto esistente oggettivamente nella realtà esterna solo dopo questo processo di
distruzione. Se io lo attacco lo distruggo e lo anniento nella mia fantasia e poi me lo ritrovo davanti prima o poi sarò
costretto ad ammettere che l'oggetto esiste indipendentemente da me.
Questo meccanismo diciamo prende il posto nel modello di Winnicott dell’intuizione fondamentale freudiana che
l'oggetto d'amore può essere solo ritrovato e di per sé è un oggetto perduto, che si crea come oggetto della vita
psichica, nel momento in cui non è più realmente presente. Quindi a distruzione dell'oggetto ha che fare con la
costituzione dell'oggetto psichico in quanto oggetto reale ed esterno.
Quindi l'aggressività ha un'importanza veramente vitale, sia l'aggressività sia la necessità di sopravvivere, perché se invece
l'oggetto reale soccombe insieme all'oggetto di fantasia agli attacchi del bambino o dell'adolescente → questo fondamentale
passaggio non si può fare oltre a derivare un senso di colpa enorme.

La madre ambiente non è un oggetto, mai percepita come tale, ma è una modalità di entrare in contatto con la
madre non personale. Nella funzione di madre ambiente non è presente l'identificazione della madre come oggetto,
quindi in un certo senso dobbiamo dire che l'evoluzione da oggetto fusionale quindi sono completamente
soggettivo, transizionale e e oggetto oggettivo non riguarda la relazione con la madre ambiente e la madre
ambiente appunto è quel resto di relazione in cui non c'è una percezione di un rapporto con qualcosa che è che poi
diventa un qualcuno, è solo la percezione di essere immersi in un contesto.

L’io in buona sostanza in Winnicott è figlio diretto della concezione dell'Io di Freud e della Klein, cioè un'istanza regolativa, è
una dimensione dell'apparato psichico che regola quindi di conseguenza i rapporti con la realtà esterna e con le pressioni
endogene che vengono dall'inconscio profondo dell’es, quindi desideri e pulsioni e del super-io (cioè dalle regole delle leggi
morali). Fondamentalmente dalla Klein in poi l'io è il regolatore delle difese, cioè quello che tiene l'equilibrio psichico del
nell'apparato psichico attraverso la messa in atto dei meccanismi di difesa. Come conseguenza di questo è anche il luogo che
consente di dire io sono, perché per avere un pensiero centrato e una capacità di andare in maniera coerente nel rapporto con il
mondo e con la realtà esterna (un senso della propria memoria e della propria identità, quindi di tutte quelle aree di
funzionamento che sono libere da da conflitto). → perché tutto questo sia possibile ci deve essere una regolazione
dell'equilibrio psichico e un sistema perennemente attivo di funzionamento delle difese psichiche, se le difese cedono e l’io
crolla e si ha una psicosi. Quindi questa è la dimensione classica dell’io che lui eredita dai suoi predecessori

Il Se invece è una produzione originale di Winnicott e ha fare con il tema dell'unicità, cioè che vuol dire che l’io è
qualcosa che ci abbiamo tutti, è un insieme di funzionamenti, che tutti possediamo e che fa parte di un modello
dell'apparato psichico, un modello metapsicologico per l'altro quindi è un’astrazione.
Il sé è un altro ordine di astrazione, che però fa parte di ciò che rende unico un essere, secondo lui ha un carattere
profondamente biologico. Quindi è un nucleo che ha una radice fortemente ancorata al corpo, ma che poi diciamo
costituisce ciò su cui si costruisce per sviluppare la propria individualità che ci rende diversi dagli altri, perché ciò
che ci fa stare bene può essere unico e specifico e assolutamente idiosincratico per ciascuno di noi. Quindi se l’io in
qualche modo regola quella parte di processi che tengono su il nostro equilibrio e che sono a comune fra tutti gli
esseri umani, il Se invece rappresenta quel nucleo ineliminabile che ci rende diversi da tutti gli altri. è il nucleo che
può essere o non essere messo in gioco nel rapporto con l'ambiente (pensare a Ferenczi e al bambino mal
accolto).

LA questione della teoria del pensiero in Bion, se vi ricordate come si passa dai dati caotici alla formazione di un contenitore.
Questione fondamentale è l'emergere del fatto scelto, la dinamica del fatto scelto → all'esempio di Puoin Care, che parla della
soluzione di un nuovo problema matematico. Quindi l primo passo fondamentale è il fatto che se un po' resiste sufficientemente
a lungo alla immersione in questa sensazione di stare a contatto con una situazione caotica e frammentaria e quindi esercita
quella che Bion chiama la capacità negativa → è una capacità di stare lì e non fare assolutamente nulla e sopportare quindi
queste sensazioni spiacevoli del contatto con l'incertezza, con la frammentazione → se si sta sufficientemente in quella
condizione a un certo punto emerge il fatto scelto che è l'osservazione di una elemento qualsiasi del problema o del contesto in
cui si ritrova immersi, che improvvisamente prende le caratteristiche di una dimensione che può assumere un'importanza
particolare e che noi sentiamo che comincia a permetterci di aprire una strada nei confronti di una qualche iniziale
riorganizzazione e sistematizzazione dell'esperienza. Quindi prima dimensione : l'emergere del fatto scelto. Seconda
Dimensione è la possibilità di legare insieme una classe di dati attraverso un nome, cioè quella che Bion chiama fare un'ipotesi
definitoria. Cioè faccio un esempio una situazione clinica pare confusa e a un certo punto emerge una parola : paura.
Allora diciamo alcuni alcune affermazioni e sensazioni che sono state provate in seduta trovano un legame fra loro attraverso
un'ipotesi che potremmo formulare “ma vuoi vedere che si tratti di paura?”. A quel punto paura diventa un contenitore mentale
che può allocale sia una serie di dati i precedenti tutto quello che noi sappiamo sulla paura in quel contesto, ma anche dare una
possibilità che quello che sta avvenendo in quel momento in seduta si depositi in una struttura mentale e quindi si crea un
contenitore mentale dell'esperienza che in atto in quel momento nella seduta. Quindi direi che i due passaggi fondamentali
sono l'emergere del fatto scelto e la funzione legante, che viene ad essere fornita da una parola / da un nome → questa funzione
legante struttura poi il passaggio all'esistenza del contenitore mentale che secondo Bion è fondamentale perché da quel punto in
poi si può fare esperienza. Cioè in altri termini si può cominciare a capire che cosa significa e che cosa succede quando per
esempio la paura interviene all'interno di quella relazione terapeutica o di quel contesto terapeutico.
Quando si crea il contenitore si entra nella fase depressiva, perché la creazione di un contenitore implica una
rinuncia e una distruzione delle altre ipotesi potenzialmente possibili. Quindi per cominciare a pensare in una
direzione bisogna rinunciare a pensare in tutte le altre e quindi c'è una riorganizzazione del campo che Bion
identifica come l'oscillazione SPD, quindi non si esce ma si entra nella fase depressiva.

Caratteristica fondamentale e del pensiero psicotico (presente già in maniera abbastanza chiara nella distensione di Freud fra
rappresentazione di cose e rappresentazione di parola) → esempio di fatto è come se collassasse completamente la capacità che
hanno le parole di riferirsi alle cose anche attraverso la metafora, attraverso la traslazione. Momento che una paziente che aveva
avuto un'allucinazione durante la seduta una momento di disallineamento → questione dei soldi e lei sosteneva che non
riusciva a capire quello che io le dicevo perché non aveva con sé dei soldi in tasca, cioè la parola in quanto parola per lei era
inaccettabile perché non la poteva mettere in relazione. Con la transizione psicotica non riusciva a separare la parole dalla
materialità dell’oggetto. Non si distingue più fra pensiero e azione per esempio o fra la parola e il suo riferimento materiale. Vi
faccio un esempio di da Matte Blanco → paziente che aveva delle crisi di terrore quando veniva aperta la porta e tanto tempo si
era riuscito a capire che lui collegava l'apertura della porta all'apertura della bocca, cioè la porta si apre e come si apre anche la
bocca, a quel punto queste due operazioni diventavano indistinguibili e lui aveva paura di essere mangiato dalla porta che si
apriva. Quindi diciamo stabiliva delle connessioni che non gli permettevano di distinguere le diverse aree semantiche e dei
significati che appartengono al mondo verbale. Lui percepiva queste due azioni come due azioni indistinguibili e quindi gli
veniva una crisi terribile di paura nel momento in cui ci si riferiva alla porta che si apre anche solo verbalmente, lui aveva paura
di essere mangiato. Quindi sono queste forme lì funzionamento del pensiero che sono tipiche del funzionamento psicotico.

Identificazione proiettiva normale e quella patologica per Bion.


Quella patologica diciamo è talmente esplosiva che fondamentalmente non consente una reverie, cioè non comunica per
esempio una quota di angoscia tale che l’analista non riesce ad elaborarla e non con molta fatica, dopo molto tempo. Quella
invece che è utile alla terapia è quella che può portare poi a una trasformazione. Esempio nel caso della paziente F → riportate
alcune sedute e l'analista dice un certo punto che a posteriori in maniera molto sorprendente si è reso conto che nella
trascrizione della seduta lui aveva dimenticato completamente di trascrivere il momento in cui la paziente aveva espresso delle
fantasie di suicidio. Questa Francesca F era una paziente che aveva tentato già una volta di suicidarsi.
Il fatto che il terapeuta si possa dimenticare una cosa così clamorosa è proprio un esempio di una situazione in cui c'è un
fallimento del contenimento emotivo, cioè la proiezione dell'angoscia è stata talmente forte che c’è stato blackout e poi questa
cosa viene elaborata di fatto nelle sedute successive, attraverso poi finalmente l'emergere di un'immagine di una reverie → dà
una possibilità elaborativa di tutte queste dimensioni di angoscia.
Passaggio dal legame K alla trasformazione in O → è uno dei contributi più radicali nello sviluppo del pensiero di Bion, che
nella prima parte dei suoi studi (soprattutto mi riferisco al testo gli elementi della psicoanalisi), aveva individuato una sorta di
modello di un legame specifico fra due menti (che lui chiama appunto il legame K), che doveva essere quello caratteristico
della situazione psicoanalitica → cioè un legame che è strutturato non solo per l'odio per l'amore (legame L e legame H), ma
per andare nella direzione della conoscenza.
L'aspetto interessante del legame K è che Bion afferma che esiste una possibilità che il legame k si trasforma in meno K, cioè
due menti possono legarsi tra loro sia per andare verso la conoscenza, sia per allontanarsi, cioè per difendersi → questa sarebbe
la trasformazione di K e meno K. Quindi non è che perché noi ci relazioniamo a qualcun altro, abbiamo la garanzia che
attraverso il dialogo la situazione evolva nella direzione di farci avvicinare a dei contenuti non noti ma anche potenzialmente
spaventosi.
La questione per Bion è sempre quella del dolore psichico, cioè a come andare incontro a contenuti non noti che
hanno carattere terrificante spaventoso o anche fortemente innovativo / destabilizzante.
Quindi originariamente la sua prima osservazione è che il legame fra due menti può andare nella direzione di K ma può andare
anche nella direzione di meno K. Successivamente attraverso la sua elaborazione della necessità di svolgere le sedute di analisi
in assenza di memoria e desiderio. Quindi a un certo punto elaborando e cercando di comprendere quali sono le condizioni che
consentono un avvicinamento verso questa ipotetica conoscenza che una resistenza quindi un allontanamento dal nuovo e da ciò
che può essere conosciuto in seduta → Bion comincia a teorizzare questa questione dello svolgimento della seduta in assenza di
memoria e desiderio. Cioè del fatto che sostanzialmente l'analista è responsabile di mantenere un campo che sia quanto più
possibile libero e rivolto a ciò che sta emergendo in quel momento della seduta.

Quello che poi ci spiega è che lavorando in questo modo, con questa apertura molto rigorosa rispetto al qui ed ora della seduta
che quindi implica una disciplina del terapeuta che deve fare proprio mente libera e non essere ingombrato dalle sue teorie da
solo ricordi e nemmeno dai suoi desideri sull'andamento della terapia → lui dice che lavorando in questo modo a un certo punto
si è reso conto che è proprio il concetto di conoscenza che è inadatto a descrivere ciò che avviene nel corso della seduta
psicanalitica e si è spostato dall'assetto centrato sulla conoscenza (che da quel punto e poi lui ritiene essere valido soltanto
quando l'oggetto che noi conosciamo non è un oggetto vivo e non è dotato di una mente di una personalità) → alla idea dello
sviluppo. Cioè che quello che avviene nel corso della seduta non può essere descritto come una un processo di conoscenza, ma
nella seduta le cose si sviluppano avvengono e quindi ciò che l'analista e paziente insieme possono fare è un'esperienza diretta
di qualcosa che avviene, ma che non può essere conosciuto con lo stesso tipo di oggettivazione con cui noi conosciamo i
fenomeni della vita naturale. Questa dimensione lui la chiama trasformazione in O → cioè è un superamento delle difese che in
qualche maniera ci danno la sensazione di essere al contatto con qualcosa di vitale, di veridicoo e di condiviso che l'analista e il
paziente sperimentano nel corso della seduta e che ha un effetto trasformativo e produce uno sviluppo della personalità di
entrambi. Quindi è una esperienza profondamente trasformativa e lui con il termine o indica l'essenza di questa esperienza, di
essere a contatto con questa dimensione della cosa in sé, che in generale è la base di tutte le dimensioni trasformative creative.

Se vi ricordate che ho fatto l'esempio famoso che lui pone all'inizio del primo capitolo dello scritto trasformazioni, dove dice
“anche se io guardo un quadro di papaveri c'è un O del pittore, cioè l'esperienza primaria di quella cosa che poi può essere solo
condivisa nella sua trasformazione con me che sto guardando quel quadro, quel giorno della mia vita, col mio stato d'animo”.
Quindi la trasformazione in O sposta completamente l'affetto epistemico della seduta e mette fuorigioco la dimensione della
conoscenza → è un cambiamento veramente radicale nel modo di intendere i rapporti interpersonali e ciò di cui ha bisogno la
mente per svilupparsi. Al posto della conoscenza entrano delle dimensioni che sono la verità e la vita, sono le dimensioni
fondamentali di cui ha bisogno la mente per svilupparsi.
Processi di proiezione e scissione attengono solo a seguito dell' angoscia? No, effettivamente anche se il concetto di
identificazione proiettiva è stato tirato in ballo per liberarsi di contenuti sgradevoli, in realtà poi la Klein produce questo
modello di questa dinamica interno-esterno che può riguardare anche contenuti idealizzati. Secondo la Klein tutti quegli stati
che sono stati descritti attraverso la teoria del narcisismo, sono stati in cui invece uno è in relazione con un oggetto idealizzato
esterno o con un oggetto idealizzato interno. L'oggetto idealizzato esterno può essere idealizzato → perché appunto noi
mettiamo in quell'oggetto le parti più preziose di noi stessi, quindi questo può succedere per esempio in un innamoramento in
cui inconsapevolmente noi utilizziamo il nostro partner come contenitore delle parti più preziose e più idealizzate di noi stessi.
O viceversa nella situazione in cui noi ci sentiamo chiusi in una sorta di stato inaccessibile e autosufficiente che corrisponde
abbastanza bene al modello classico del narcisismo Freudiano, ma in realtà possiamo stare in questa condizione.
Questo erché siamo dentro di noi in contatto con un oggetto idealizzato che prima era esterno, quindi detto altri
termini diciamo io potrei secondo il modello kleiniano apparire chiusa nel mio narcisismo, perché sono fusa con
l'immagine di figlia ideale di mia madre. Quindi anche gli aspetti idealizzati possono entrare nella dinamica della
identificazione proiettiva, non solo quelli persecutori.

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