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Lo stato giuridico del docente

127. Lo stato giuridico nato dalla legge n. 477/1973

Lo stato giuridico di una categoria di soggetti di diritto pubblico (gli insegnanti, i


dirigenti scolastici, i dipendenti pubblici in generale) ne definisce la posizione:
> in rapporto alla pubblica amministrazione;
> in rapporto alla collettività/ai singoli cittadini.
E Legislazione e normativa scolastica 95
Lo stato giuridico è il presupposto per l’applicazione di determinate norme, per
l’attribuzione della titolarità di diritti e di doveri, per la determinazione della capacità
di agire, cioè di porre in essere atti legittimi, per l’imputazione delle responsabilità
ecc. Conoscere lo stato giuridico dell’insegnante significa quindi conoscere le ragioni
della sua professionalità, le regole del suo agire, le responsabilità che si assume
relativamente alle persone affidate.
La legge 30 luglio 1973, n. 477, fu la risposta dello Stato all’emergenza sociale e
sindacale della scuola, dopo gli sconvolgimenti del Sessantotto. Essa conteneva delega
al Governo per l’emanazione di nuove norme su:
> lo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente;
> la partecipazione alla gestione della scuola tramite gli organi collegiali;
> la sperimentazione nella scuola e l’aggiornamento del personale scolastico.
In attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 477, il 31 maggio 1974 furono
emanati i quattro “decreti delegati” per antonomasia:
> il DPR n. 416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna,
elementare, secondaria ed artistica”;
> il DPR n. 417 “Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed
ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato”;
> il DPR n. 419 “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e
professionale ed istituzione dei relativi istituti”;
> il DPR n. 420 “Norme sullo stato giuridico del personale non insegnante statale
delle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche”.
Le norme del 1974 sono state novellate nel Testo Unico della scuola (D. Lgs. n.
297/1994). Numerose di esse sono state modificate o abrogate a seguito di leggi
successive:
il Testo, quindi, non è più “unico”, dovendo l’operatore ricorrere oggi a una
pluralità di fonti.

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128. La libertà d’insegnamento degli insegnanti, il diritto all’apprendimento
degli alunni, il diritto di scelta educativa della famiglia

Lo stato giuridico degli insegnanti italiani emanato con DPR n. 417/1974 è ancor oggi
vigente. Esso è strutturato su sette parti (Titoli), tali da normare l’intero arco della
vita professionale (dal reclutamento alla pensione), inquadrandone nel contempo
l’esercizio delle funzioni, dei diritti e dei doveri. Il primo dei diritti consiste nella
libertà di insegnamento:
> Art. 33 Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”;
> Art. 1 dello stato giuridico: “Nel rispetto delle norme costituzionali e degli
ordinamenti della scuola stabiliti dalle leggi dello Stato, ai docenti è garantita la libertà
di insegnamento.
L’esercizio di tale libertà è inteso a promuovere attraverso un confronto aperto di
posizioni culturali la piena formazione della personalità degli alunni. Tale azione di
promozione è attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni stessi”.
96 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave
La libertà d’insegnamento consiste nel garantire il docente contro ogni costrizione
o condizionamento da parte dei pubblici poteri. La sua espressa formulazione
nella Costituzione deriva dalla tragica esperienza nell’Europa della prima metà del
XX secolo, quando i sistemi totalitari asservirono l’individuo allo Stato, la cultura
alla propaganda, la scienza alle politiche di dominio, la scuola all’indottrinamento
ideologico.
La libertà d’insegnamento si riferisce alle più alte elaborazioni dell’uomo, non alla
veicolazione nella scuola di ogni e qualsiasi pensiero soggettivo. Il corretto esercizio
della libertà d’insegnamento si integra con altri diritti, pure di rango costituzionale,
che fanno capo ad altri soggetti. Infatti la libertà d’insegnamento è finalizzata alla
realizzazione delle libertà e dei diritti dei discenti: anzitutto del diritto
all’apprendimento.
Esso è anzitutto:
> diritto di accedere liberamente al sistema scolastico: “La scuola è aperta a tutti” (art.
34, 1º c. Cost.);
> diritto all’eguaglianza dei punti di partenza: “È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale che, (…) impediscono il pieno sviluppo
della persona umana (…)”(art. 3, comma 2, Cost.).
Infine, la libertà d’insegnamento rispetta la libertà di scelta educativa della famiglia
perché:

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> essa è “società naturale fondata sul matrimonio”: donde l’assoluta autonomia del
nucleo familiare (società nella società) nei confronti dello Stato (art. 29 Cost.);
> i genitori hanno primariamente “dovere e diritto” di “mantenere, istruire ed educare i
figli, anche se nati fuori dal matrimonio” (art. 30 Cost.).
Si noti che:
> il consueto ordine nella sequenza diritto-dovere è invertito, a segnare, in capo ai
genitori, la pregnanza del dovere;
> il compito dello Stato democratico non è quello di educare ma quello di mettere le
famiglie in condizione di educare i figli fornendone le opportunità in regime di
sussidiarietà;
> alla scuola è dato il compito di elaborare la proposta educativa e didattica.

129. Il contemperamento dei diritti costituzionali nella scuola

Nella scuola spetta all’intera comunità la promozione dei diritti costituzionalmente


tutelati: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento
e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di
interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona
umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche
specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo (…)” (DPR
n. 275/1999, art. 1). Il contemperamento nella scuola dei diritti costituzionali è compito
precipuo del dirigente scolastico: “Il dirigente scolastico promuove gli interventi (…) per
l’esercizio della libertà di insegnamento (…), per l’esercizio della libertà di scelta
educativa delle famiglie e per l’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli
alunni” (art. 25 D. Lgs. n. 165/2001).
E Legislazione e normativa scolastica 97

130. La funzione docente

Lo stato giuridico del 1974, dopo aver esordito con il principio della libertà
d’insegnamento (art. 1), all’art. 2 delinea la nuova identità della connessa funzione.
Essa viene anzitutto declinata come esplicazione dell’attività di:
> trasmissione della cultura;
> contributo alla elaborazione di essa;
> impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e
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critica della loro personalità.
Mediante la trasmissione della cultura a opera dell’insegnante, i giovani interiorizzano
il patrimonio di conoscenze e di valori elaborati dalle generazioni che li hanno
preceduti e si inseriscono attivamente in tale processo. Ricordiamo le parole di Ignazio
di Antiochia (II secolo dopo Cristo): “Si educa con ciò che si dice; di più, si educa con
ciò che si fa; ancor più si educa con ciò che si è”. Nel CCNL del comparto scuola l’art. 27
così delinea il profilo professionale del docente.
“Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze
> disciplinari
> psicopedagogiche
> metodologico-didattiche
> organizzativo-relazionali
> di ricerca
> documentazione
> e valutazione
tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare
> dell’esperienza didattica,
> dell’attività di studio
> dell’attività di sistematizzazione della pratica didattica.
I contenuti della prestazione professionale del personale docente si definiscono nel
quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale di istruzione e nel
rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell’offerta formativa della scuola” (art. 27).
Dalla lettura dell’art. 27 del CCNL, le competenze dell’insegnante appaiono riferibili
a tre aree:
> l’area delle competenze disciplinari, da aggiornare con l’attività di studio, così che
il docente sia in grado di collocare finalità e obiettivi di apprendimento della propria
disciplina all’interno delle finalità del sistema scuola;
> l’area delle competenze psico-pedagogiche e relazionali, così che il docente sia in
grado di individuare i diversi stili e ritmi di apprendimento e di gestire costruttivamente
le relazioni all’interno della classe, nella consapevolezza che i messaggi di
“contenuto” sono sempre messaggi di “relazione” e che la comunicazione non è
centrata su “quello che io voglio dire”, ma su “quello che l’altro capisce”;
> l’area delle competenze organizzative, così che il docente sia in grado di costruire
il progetto educativo nella collegialità e attuarlo nel contesto dato, seguendo le regole
e lo stile di lavoro della scuola pubblica.
98 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave

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131. Il periodo di prova del docente e la sua valutazione

Il personale assunto con contratto a tempo indeterminato è tenuto a sostenere il


periodo di prova (art. 2096 cod. civ.). Per gli insegnanti il periodo di prova dura un
intero anno scolastico (almeno 180 gg.: art. 438 del TU). Dal 1982 (L. 270, art. 2) l’anno
di prova è divenuto percorso assistito di formazione in servizio tramite:
> lo svolgimento di 40 ore di attività seminariali guidate da un tutor esterno, nella
seconda parte dell’anno scolastico;
> l’assistenza professionale all’interno della scuola tramite docente nominato dal
capo d’istituto su designazione del collegio dei docenti all’inizio dell’anno scolastico;
> la discussione a fine anno con il comitato per la valutazione del servizio di una
relazione finale sull’esperienza vissuta (tema assegnato dal dirigente scolastico).
Alla valutazione del servizio provvede il comitato per la valutazione del servizio sulla
base di relazione del dirigente scolastico. La valutazione è motivata tenendo conto
delle qualità intellettuali, della preparazione culturale e professionale, della diligenza,
del comportamento nella scuola, dell’efficacia dell’azione educativa e didattica,
delle eventuali sanzioni disciplinari, dell’attività di aggiornamento, della partecipazione
ad attività di sperimentazione, della collaborazione con altri docenti e con gli
organi della scuola, dei rapporti con le famiglie, nonché di ogni altro elemento utile
a delineare le caratteristiche e le attitudini personali, in relazione alla funzione docente
(art. 448 TU).
Al termine dell’anno di formazione il dirigente scolastico, sentito il parere del comitato
di valutazione, dispone il decreto di conferma in ruolo con decorrenza dal
primo settembre dell’anno scolastico successivo. Se il periodo di prova non è stato
superato per esito sfavorevole, il dirigente scolastico, sentito il parere del comitato
per la valutazione del servizio, può:
> disporre la proroga per un altro anno per acquisire maggiori elementi di valutazione;
> procedere alla dispensa (cioè al licenziamento) o alla restituzione al ruolo di
provenienza (se il personale proviene da altro ruolo docente).
Con il 1° settembre dell’a.s. successivo il docente confermato in ruolo raggiunge la
sede definitiva di titolarità, che gli è stata assegnata a seguito di domanda presentata
nell’ambito della mobilità annuale.

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132. Esclusività del lavoro pubblico

“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” (art. 38 Cost.). Ne deriva il
principio generale dell’incompatibilità tra l’impiego pubblico e il contestuale
svolgimento di altre attività lavorative. Il principio di esclusività, in tutela del pubblico
interesse, è infatti ribadito nelle norme che si sono susseguite nel tempo e che hanno
adeguato le nuove regole all’evoluzione del rapporto di lavoro tra la pubblica
amministrazione e i suoi dipendenti.
L’art. 60 del DPR n. 3/1957 dispone che l’impiegato non può esercitare il commercio,
l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di
privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di
E Legislazione e normativa scolastica 99
cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo
intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente. L’art. 53 del D. Lgs. n. 165/2001
conferma tale incompatibilità per tutti i dipendenti pubblici. Per assumere particolari
incarichi da parte di enti pubblici o di privati, il dipendente deve essere
preventivamente autorizzato. L’eccezione rispetto al criterio costituzionale
dell’esclusività del lavoro pubblico è costituita dalla scelta del part time non superiore
al 50%. Infatti i dipendenti delle PA possono esercitare le libere professioni o svolgere
altra attività purché optino per il regime di part time con prestazione lavorativa non
superiore al 50% rispetto a quella prevista per il tempo pieno (art. 53, c. 6, D. Lgs. n.
165/2001).
La norma introduce una significativa attenuazione del dovere di esclusività per chi
opta per l’orario di lavoro non superiore alla metà di quello ordinario: la regola da
applicare in questi casi è che la doppia attività è consentita, mentre il diniego ha
carattere residuale (attività in conflitto di interessi con la specifica attività di servizio
svolta dal dipendente). Il dipendente è tenuto a presentare alla propria
amministrazione di servizio la richiesta di autorizzazione allo svolgimento del secondo
lavoro.
Esistono, inoltre, norme particolari per i docenti, che derogano dal criterio assoluto
dell’incompatibilità. Previa autorizzazione del dirigente scolastico e previa verifica
della compatibilità con l’orario di insegnamento e di servizio, il docente può:
> esercitare libere professioni che non siano di pregiudizio alla funzione docente
(art. 508 TU);
> impartire lezioni private ad alunni di altri istituti (non del proprio);
> accettare incarichi di docenza entro il limite di 6 ore settimanali (art. 35 CCNL).

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133. La contrattazione nel pubblico impiego

Fino al 1993 i contratti di lavoro nel settore privato e nella pubblica amministrazione
erano disciplinati in modo diverso:
> nel settore privato, il rapporto di lavoro era regolato dal codice civile tramite il
contratto di lavoro;
> nel settore pubblico, ilm rapporto di lavoro era normato da atti di diritto pubblico
(il contratto di lavoro veniva “concesso” ai dipendenti pubblici a seguito
dell’emanazione di un provvedimento autoritativo - Decreto del Presidente della
Repubblica, DPR - che recepiva i contenuti della contrattazione).
Nel 1993 entrò in vigore il D. Lgs. n. 29, emanato in attuazione della delega conferita
al governo dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Da allora “i rapporti di lavoro
dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del
capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa”.
Oggi il Testo Unico del pubblico impiego è rappresentato dal D. Lgs. 30 marzo 2001,
n. 165, “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni”.
Nella contrattazione collettiva la parte pubblica è rappresentata dall’Agenzia per
la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (A.Ra.N.) la quale:
100 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave
> ha la rappresentanza legale delle P.A. (raggruppate in comparti) ed esercita le attività
inerenti le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva;
> ha funzioni consultive in materia di interpretazione dei contratti;
> ha funzione di raccolta dei dati in materia di voti e deleghe ai sindacati che debbono
essere ammessi alla contrattazione.
La parte sindacale è rappresentata dalle organizzazioni sindacali ammesse alla
contrattazione collettiva nazionale. A tal fine occorre che abbiano nel comparto una
rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il
dato associativo e il dato elettorale:
> il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei
contributi sindacali;
> il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle
rappresentanze unitarie del personale (RSU).
L’ARAN sottoscrive i contratti collettivi quando le organizzazioni sindacali che
aderiscono all’ipotesi di accordo rappresentano nel loro complesso:
> almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel
comparto o nell’area contrattuale;
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> almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.

134. La contrattazione integrativa: nazionale, regionale e di istituto

La contrattazione collettiva nazionale, come previsto dall’art. 40 del D. Lgs n.


165/2001, prevede altri livelli di contrattazione:
> il Contratto Collettivo Nazionale Quadro: stabilisce le regole della contrattazione;
> il Contrattato Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL): regolamenta il rapporto di
lavoro in un comparto o in un’area della Pubblica Amministrazione;
> il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI): riguarda materie specifiche
già previste dal CCNL;
> il Contratto Integrativo Regionale (CIR): riguarda materie specifiche già previste
dal CCNL per il livello regionale;
> la Contrattazione Integrativa di Istituto.
Quest’ultima si svolge al livello di singola istituzione scolastica. La parte pubblica è
rappresentata dal dirigente scolastico. La parte sindacale è rappresentata:
> dall’organismo di rappresentanza unitaria del personale dell’istituto (R.S.U.);
> dai rappresentanti territoriali delle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto
il CCNL.
La R.S.U. è eletta ogni tre anni con procedure di esclusiva competenza sindacale.

135. Le materie oggetto di contrattazione integrativa d’istituto nel


CCNL scuola

L’art. 6 del CCNL 29 novembre 2007 (il vigente contratto) pone su tre distinti livelli
le materie oggetto di relazioni sindacali a livello di istituzione scolastica.
E Legislazione e normativa scolastica 101.
Il primo livello è quello dell’informazione preventiva: riguarda una serie di materie
fra cui la formazione delle classi, gli organici, le risorse complessive per il salario
accessorio. Il secondo è quello dell’informazione successiva: riguarda i nominativi
del personale utilizzato nelle attività retribuite con il Fondo d’istituto e la verifica
dell’attuazione della contrattazione collettiva sull’utilizzo delle risorse. Il terzo livello
è quello della contrattazione vera e propria. Secondo l’art. 6 del CCNL essa verte
sull’organizzazione del lavoro, sui diritti sindacali, sul Fondo d’Istituto. Tuttavia,
nel 2009 la legge 4 marzo, n. 15, ha delegato il Governo a emanare provvedimenti
finalizzati a migliorare la produttività e l’efficienza delle pubbliche amministrazioni.
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La delega è stata esercitata con l’emanazione del D. Lgs n. 150/2009:
> gli ambiti della contrattazione collettiva sono stati limitati a “i diritti e gli obblighi
direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni
sindacali”;
> sono state escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti
all’organizzazione degli uffici e quelle afferenti alle prerogative dirigenziali.
Ponendo freno alla deriva sindacale, si è data applicazione al dettato costituzionale
(art. 97) il quale stabilisce che l’organizzazione dei pubblici uffici è riserva di legge.
Nella scuola con “organizzazione degli uffici” si intende anzitutto l’organizzazione
del lavoro degli insegnanti e quindi:
> l’assegnazione dei docenti alle classi, ai plessi e alle sezioni staccate;
> l’orario delle lezioni.
L’esercizio di queste prerogative del dirigente scolastico avviene normalmente sulla
base dei criteri proposti dal collegio dei docenti e deliberati dal consiglio d’istituto:
volendosene discostare, il dirigente ha l’obbligo della motivazione. Le materie oggetto
di contrattazione, ai sensi dell’art. 6 del CCNL, sono quindi ridotte a:
> applicazione dei diritti sindacali;
> attuazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro;
> criteri per la ripartizione del fondo d’istituto e per l’attribuzione dei compensi
accessori;
> i criteri per l’individuazione del personale nelle attività retribuite con il fondo di
istituto.
In sostanza: la principale materia della contrattazione è, oggi, quella relativa al

136. Il Fondo dell’istituzione scolastica (FIS)

Il F.I.S. riconosce compensi accessori al personale docente e non docente, al fine


di sostenere l’autonomia scolastica: in particolare, la qualificazione e l’ampliamento
dell’offerta formativa. Esso è calcolato per ogni istituto sulla base di:
> una quota fissa per ciascun plesso/sede staccata;
> una quota da moltiplicare per il numero dei posti in organico di diritto.
Nell’appiattimento retributivo del personale scolastico, il FIS offre la possibilità di
incentivazione il personale riconoscendo il maggior impegno nella realizzazione del
102 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave
POF. Quindi, in sede di contrattazione, il criterio di utilizzo del Fondo non può essere
quello della “distribuzione a pioggia” perché:
> la citata legge n. 15/2009 (art. 5) prevede la valorizzazione del merito nonché i
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principi di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera e nel
riconoscimento degli incentivi;
> per la direzione della scuola il FIS costituisce una leva importante per sollecitare le
collaborazioni e guidarle verso gli obiettivi prioritari dell’amministrazione scolastica.
Per i docenti vanno riconosciuti prioritariamente:
> i compensi ai collaboratori del dirigente scolastico (di norma due, aumentabili per
esigenze riconosciute in sede di contrattazione: ad. es. un maggior numero di sedi
staccate);
> le attività aggiuntive di insegnamento, consistenti nello svolgimento, oltre l’orario
obbligatorio e fino a un massimo di sei ore settimanali, di interventi didattici
volti all’arricchimento dell’offerta formativa, di corsi di recupero e di potenziamento;
> prestazioni connesse a particolari forme di flessibilità dell’orario;
> attività aggiuntive di programmazione (commissioni del collegio dei docenti,
compiti di progettazione, incarichi di responsabilità per i laboratori, la sicurezza
ecc.);
> compensi per ogni altra attività deliberata dal consiglio d’istituto nell’ambito del
POF.
I compensi, anche forfettari, vanno definiti in sede di contrattazione. Altre attività,
oggetto di contrattazione di istituto, sono finanziate con voci specifiche del Fondo di
istituto:
> funzioni strumentali conferite a personale docente (incarichi attribuiti ai docenti
individuati dal Collegio per specifici progetti attuativi del POF);
> incarichi specifici conferiti a personale ATA;
> personale impegnato su progetti in “aree a rischio” (ad es.: situazioni di diffusa
devianza sociale, emarginazione scolastica, forte processo immigratorio).
Tutti gli incarichi vanno conferiti con atto del dirigente scolastico, nel quale sono
specificati i compiti assegnati e il compenso riconosciuto dalla contrattazione.

137. I diritti sindacali: assemblea e sciopero

L’art. 8 del CCNL scuola riconosce al docente il diritto di partecipare alle assemblee
sindacali retribuite, quindi in orario di lavoro, fino a 10 ore pro capite nell’a.s. Esse
sono indette:
> dalle organizzazioni sindacali rappresentative;
> dalla RSU dell’istituto.
La durata è di due ore, collocate all’inizio o alla fine dell’orario delle lezioni. La
convocazione e l’ordine del giorno vanno recapitati al dirigente scolastico almeno 6
10
giorni prima. Il dirigente scolastico:
E Legislazione e normativa scolastica 103
> raccoglie le adesioni con atto scritto;
> sospende le lezioni nelle sole classi i cui docenti hanno dichiarato di voler partecipare;
> registra, tramite la segreteria, il monte ore utilizzato da ciascun dipendente.
Per quanto riguarda il diritto di sciopero ricordiamo che esso:
> è previsto dall’art. 40 della Costituzione;
> nel pubblico impiego è regolato dalla legge n. 146 del 1990;
> nella scuola è stato ulteriormente regolato dall’appendice (rubricata “Attuazione
della legge n. 146/90”) al CCNL del 29 maggio 1999.
In occasione dello sciopero, spetta al capo d’istituto garantire con correttezza la
pluralità di diritti e interessi in atto, in questo caso configgenti fra di loro:
> il diritto degli alunni e delle famiglie al servizio scolastico;
> il diritto di lavorare per chi non aderisce allo sciopero;
> il diritto di scioperare per chi vi aderisce.
È fondamentale il rispetto delle regole e delle procedure per consentire a ciascuna
delle parti l’esercizio dei propri precipui diritti. Entro 10 giorni dallo sciopero il
dirigente invita il personale a rendere comunicazione volontaria circa l’adesione allo
sciopero. Sulla base delle dichiarazioni ricevute, il dirigente scolastico formula l’orario
sostitutivo per il giorno dello sciopero, facendo conto esclusivamente sui docenti
che hanno dichiarato di essere in servizio. Entro 5 giorni dall’effettuazione dello
sciopero comunica alle famiglie, classe per classe:
> l’orario delle lezioni assicurato per la giornata;
> la sospensione delle lezioni nel caso in cui nessun docente abbia comunicato la non
adesione allo sciopero.
138. La contrattazione sull’esercizio dei diritti sindacali
Abbiamo visto che l’applicazione dei diritti sindacali è materia di contrattazione. In
particolare: vanno concordati i contingenti di personale previsti dall’accordo di
attuazione della legge n. 146/1990 per assicurare i servizi minimi essenziali. Essi vanno
sempre garantiti nei seguenti casi:
> effettuazione di scrutini ed esami;
> vigilanza sui minori durante il servizio di refezione nel caso in cui il servizio sia stato
eccezionalmente mantenuto;
> vigilanza degli impianti e delle apparecchiature il cui funzionamento non possa
essere interrotto senza pericolo per le persone o le apparecchiature stesse;
> cura e allevamento del bestiame nelle aziende agrarie annesse agli istituti
professionali;
> pagamento degli stipendi al personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
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Può presentarsi, in caso di sciopero o di assemblea sindacale, il caso in cui:
> il personale non docente aderisce nella sua totalità;
> alcuni docenti dichiarano invece di non aderire: pertanto le loro classi faranno
regolarmente attività didattica.
104 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave
Tramite la contrattazione, occorre individuare i criteri con cui il personale non
docente possa garantire:
> i servizi minimi di segreteria (assistenti amministrativi);
> i servizi minimi di vigilanza/assistenza alle classi presenti (collaboratori scolastici).
La quantificazione di questi contingenti è diversa in relazione all’ordine di scuola:
i bambini della scuola dell’infanzia hanno necessità diverse e maggiori rispetto agli
studenti della scuola del secondo ciclo.

138. La contrattazione sull’esercizio dei diritti sindacali

Abbiamo visto che l’applicazione dei diritti sindacali è materia di contrattazione. In


particolare: vanno concordati i contingenti di personale previsti dall’accordo di
attuazione della legge n. 146/1990 per assicurare i servizi minimi essenziali. Essi vanno
sempre garantiti nei seguenti casi:
> effettuazione di scrutini ed esami;
> vigilanza sui minori durante il servizio di refezione nel caso in cui il servizio sia stato
eccezionalmente mantenuto;
> vigilanza degli impianti e delle apparecchiature il cui funzionamento non possa
essere interrotto senza pericolo per le persone o le apparecchiature stesse;
> cura e allevamento del bestiame nelle aziende agrarie annesse agli istituti
professionali;
> pagamento degli stipendi al personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
Può presentarsi, in caso di sciopero o di assemblea sindacale, il caso in cui:
> il personale non docente aderisce nella sua totalità;
> alcuni docenti dichiarano invece di non aderire: pertanto le loro classi faranno
regolarmente attività didattica.
Tramite la contrattazione, occorre individuare i criteri con cui il personale non
docente possa garantire:
> i servizi minimi di segreteria (assistenti amministrativi);
> i servizi minimi di vigilanza/assistenza alle classi presenti (collaboratori scolastici).
La quantificazione di questi contingenti è diversa in relazione all’ordine di scuola:
i bambini della scuola dell’infanzia hanno necessità diverse e maggiori rispetto agli
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studenti della scuola del secondo ciclo.

139. L’orario di insegnamento degli insegnanti

L’art. 28 del CCNL, al comma 5, contrattualizza gli obblighi orari di insegnamento:


> 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia;
> 22 ore settimanali nella scuola primaria, con l’aggiunta di 2 ore da dedicare, anche
in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi
in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con
l’orario delle lezioni;
> 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria e artistica, distribuite
in non meno di cinque giornate settimanali.
L’ora di lezione si intende della durata di 60 minuti; il “Regolamento dell’autonomia
scolastica” (art. 4) dà facoltà di deliberare l’adozione di unità temporali di durata
diversa;
in tal caso insorge l’obbligo del recupero delle “residue frazioni di tempo” (CCNL, art.
28, comma 7). Quando invece la riduzione della durata oraria è dovuta a cause di forza
maggiore, non grava sui docenti l’obbligo di recupero delle frazioni orarie non lavorate.
Tali cause sono riconducibili ad “accertate esigenze sociali degli studenti”, quindi:
> insuperabili difficoltà dei trasporti;
> effettuazione dei doppi turni.
Tutta la materia è regolamentata minuziosamente dalla C.M. n. 243 del 1979. È
noto che la responsabilità dell’orario di lavoro del personale fa capo al dirigente
scolastico, anche nella forma di responsabilità patrimoniale per i danni eventualmente
subiti dal pubblico erario.

140. Le attività non di insegnamento dei docenti

L’attività dell’insegnamento è sostenuta da una parallela e intensa attività di


preparazione, programmazione, valutazione, riunioni collegiali. La materia è definita
dall’art. 29 del CCNL che ne individua quattro ambiti, che possiamo accorpare nelle
due categorie degli atti dovuti non quantificabili e delle attività programmate.
Nella prima computiamo:
> gli adempimenti individuali dovuti e non quantificabili
– la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni
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– la correzione degli elaborati
– i rapporti individuali con le famiglie
> lo svolgimento degli scrutini e degli esami, compresa la compilazione degli atti relativi
alla valutazione.
E Legislazione e normativa scolastica 105
Nella seconda computiamo:
> le attività “fino a 40 ore annue”, finalizzate alla partecipazione alle riunioni del
Collegio dei docenti, inteso
> nella sua dimensione assembleare;
– nelle sue articolazioni, in sede di programmazione e verifica di inizio e fine anno;
– nella sua funzione di raccordo e informazione alle famiglie sui risultati degli
scrutini intermedi e finali.
> la partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di
intersezione, quantificate con la formula “fino a 40 ore annue” e programmate
secondo criteri stabiliti dal collegio dei docenti.
Le attività degli insegnanti non riconducibili all’insegnamento sono programmate
con il piano annuale delle attività. Esso è direttamente collegato al POF, ne costituisce
la condizione per la concreta realizzazione e consiste nella programmazione e
calendarizzazione degli impegni di lavoro dei docenti nel corso dell’anno scolastico.
Procedura di approvazione (CCNL art. 28, comma 4):
> il piano è predisposto dal dirigente scolastico prima dell’inizio delle lezioni;
> è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione
didattico-educativa.

141. Gli incarichi che qualificano la collaborazione degli insegnanti

Il docente può ricevere incarichi particolari per la collaborazione con il dirigente


scolastico o per il coordinamento di attività previste dal collegio docenti in funzione
del POF. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative,
il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali può delegare
specifici compiti (D. Lgs. n. 165/2001, art. 25, c. 5). Il contratto del comparto
scuola per il quadriennio 2002-2005 (art. 30 bis) ne ha limitato il numero a due.
A uno di essi il dirigente può delegare la funzione vicaria. Il docente vicario, a
fronte di determinate quantità di classi, può fruire dell’esonero o del semiesonero
dall’insegnamento.
Il contratto integrativo d’istituto, in presenza di motivate necessità (ad es. istituto
scolastico su più plessi o sedi staccate), può stabilire che il dirigente assegni incarichi
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di collaborazione ad ulteriori docenti determinandone il compenso. La retribuzione
di tali docenti è determinata in sede di contrattazione.
I compiti delegabili sono solo di natura “organizzativa e amministrativa”: infatti le
competenze del coordinamento didattico fanno capo alle figure elette dal collegio
docenti. Tali incarichi, ben distinti da quelli di collaborazione conferiti direttamente
dal dirigente scolastico, sono assegnati a docenti disponibili e competenti, individuati
dal collegio dei docenti per seguire specifici progetti o attività previste dal piano
dell’offerta formativa.
Il collegio identifica le funzioni con propria delibera, definendone criteri di attribuzione,
numero e destinatari. La retribuzione di tali docenti è determinata in sede
di contrattazione, sulla base di uno specifico finanziamento nel FIS. Esempi di compiti
assegnati alle funzioni strumentali:
106 Le Avvertenze generali in 150 punti chiave
> progettazione del POF;
> progetti di accoglienza; integrazione degli alunni disabili/con disturbi specifici di
apprendimento/stranieri;
> orientamento scolastico e professionale; continuità tra diversi ordini di scuola;
> coordinamento delle attività relative alle prove INVALSI e, in generale, al
monitoraggio d’istituto;
> responsabilità del progetto per la qualità del servizio scolastico;
> progettazione e gestione dei corsi di formazione per i docenti;
> attivazione e aggiornamento del sito internet dell’istituto/dei registri on line;
> attuazione di progetti a livello territoriale con enti esterni all’istituto.
E15 La promozione della ricerca, della sperimentazione e dell’innovazione nella scuola

142. L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo

L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (art. 6 del DPR n. 275/1999)


consente alle istituzioni scolastiche, “singolarmente o tra loro associate”, di
corrispondere
meglio alle esigenze delle realtà locali. Ciò può essere realizzato curando, tra l’altro:
> la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
> la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
> l’innovazione metodologica e disciplinare;
> la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
> la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
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> gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
> l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d’intesa con i
soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la
formazione
professionale.
Le istituzioni scolastiche sono stimolate a sviluppare e potenziare scambi di documenti
e di informazioni con collegamenti reciproci e con altri Enti Pubblici,
università e altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca. Sono
possibili anche “modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare”,
per le quali le istituzioni scolastiche, singole o associate, possono proporre al Ministero
“iniziative finalizzate alle innovazioni”, seguendo le modalità indicate dall’articolo 11.
Le Iniziative finalizzate all’innovazione (di cui all’art.11 del Regolamento
dell’autonomia) sono equiparabili a quelle che in precedenza erano regolate dall’art. 3
del DPR n. 419/1974, vale a dire le “sperimentazioni di ordinamento e strutture” per le
quali non era sufficiente la delibera del collegio docenti e la approvazione del consiglio
di circolo/istituto, ma occorreva una più lunga e complessa procedura, culminante
nell’autorizzazione con apposito Decreto Ministeriale.
E Legislazione e normativa scolastica 107
La delibera del collegio docenti e l’approvazione del consiglio di circolo/istituto
erano richieste per realizzare una “sperimentazione metodologico-didattica” che non
implicasse modifiche di ordinamento o struttura, a norma dell’art. 2 del citato DPR n.
419/1974. Ora questo tipo di sperimentazione è completamente assorbito nelle
“ordinarie” competenze del collegio docenti, sempre in relazione al consiglio di circolo/
Istituto, in quanto promotore e promulgatore del POF, documento-base dell’attività
educativa e didattica dell’istituzione scolastica.
Il Ministero mantiene la facoltà di promuovere (a livello nazionale, regionale e locale,
con eventuale sostegno finanziario se disponibile in bilancio) dei progetti “volti
a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro
articolazione e durata, l’integrazione fra sistemi formativi, i processi di continuità e
orientamento”. Il Ministero può altresì riconoscere “progetti di iniziative innovative
delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli studi quali
disciplinati ai sensi dell’art. 8”, su parere del Consiglio nazionale della pubblica
istruzione. Per quanto riguarda tali progetti:
> devono avere una durata predefinita;
> devono indicare con chiarezza gli obiettivi;
> gli obiettivi attuati devono essere sottoposti a valutazione dei risultati;
> agli studi compiuti dagli alunni nell’ambito delle iniziative attuate è riconosciuta
piena validità, secondo criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro;
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> in base ai risultati si può giungere a ridefinire, con le procedure di cui all’articolo
8, nuovi curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi.
Le istituzioni scolastiche che “si caratterizzano per l’innovazione nella didattica e
nell’organizzazione” possono essere “riconosciute”.

143. Il diritto-dovere all’aggiornamento culturale e professionale

La definizione dell’aggiornamento come “diritto-dovere” è contenuta nel DPR n.


419/1974 “Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e
professionale ed istituzione dei relativi istituti” all’art. 1. Tali disposizioni sono poi
confluite nel T.U. del 1994, il cui art. 283 così recita: “L’aggiornamento è un diritto-
dovere fondamentale del personale ispettivo, direttivo e docente”. Esso è declinato
come:
> adeguamento delle conoscenze allo sviluppo delle scienze per singole discipline e
nelle connessioni interdisciplinari;
> approfondimento della preparazione didattica;
> partecipazione alla ricerca e alla innovazione didattico-pedagogica.
L’aggiornamento si attua sulla base di programmi annuali nell’ambito dell’istituto,
di reti di scuole, con iniziative promosse sul piano regionale e nazionale. Il diritto
all’aggiornamento da parte del personale dipendente si traduce, per la parte datoriale
pubblica, in dovere. Infatti il T.U. del pubblico impiego (D. Lgs. n. 165/2001)
sottolinea la doverosità della cura della formazione e dell’aggiornamento del
personale, la cui qualificazione è una delle principali risorse a disposizione di qualsiasi
organizzazione del lavoro. L’art. 7 “Gestione delle risorse umane” (c. 4) così recita: “Le
amministrazioni pubbliche curano la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi
compreso
quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l’adeguamento dei programmi
formativi, al
fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione”.
Nella scuola, sistema nazionale dell’istruzione, la crescita culturale e professionale
degli insegnanti è la principale leva che assicura la qualità della formazione dei giovani.

144. Formazione e contratto scuola

Nei decenni successivi all’emanazione dei decreti delegati, l’istituto dell’aggiornamento


è stato variamente declinato nelle norme e nei contratti che si sono succeduti.
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Nel mondo della scuola, e degli insegnanti in particolare, la passione civile e
professionale suscitata dall’emanazione dei decreti delegati è andata sempre più
stemperandosi.
Nel settore dell’aggiornamento le richieste rivolte al corpo docente sono passate dalla
statuizione di obblighi significativi alla sempre più generica enunciazione di un dovere,
privo però di prescrizioni e di sanzioni. Il punto più alto dello sforzo cogente è stato
toccato con la stagione contrattuale 01.01.1994/31.12.1997:
il CCNL sottoscritto il 4 agosto 1995 aveva parzialmente subordinato gli automatismi
degli scatti economici agli obiettivi della formazione in servizio, quantificata in 100
ore nel sessennio (art. 27, c. 2). Il tentativo di imporre la formazione per contratto
non ebbe buona accoglienza: tanto è vero che il successivo CCNL, sottoscritto il 26
maggio 1999, operò la disattivazione di ogni obbligo di attuazione del “dovere” di
aggiornarsi. Di fatto, nel vigente CCNL:
> l’art. 29 “Attività funzionali all’insegnamento” colloca fra gli “impegni”
dell’insegnante anche quelli relativi ad “aggiornamento e formazione”;
> l’art. 63 dichiara che:
– “la formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo
professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento,
per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane”;
– “l’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che
garantiscano la formazione in servizio”;
> l’art. 66 impegna il collegio dei docenti ad attivare “il Piano annuale delle attività di
aggiornamento e formazione destinate ai docenti coerentemente con gli obiettivi e i
tempi del POF, considerando anche esigenze ed opzioni individuali”.
Tuttavia il CCNL (art. 64) si limita a ribadire che “la partecipazione ad attività di
formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto
funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”, senza
fare alcun cenno al “dovere” di investire sulla propria professionalità.
Il CCNL offre agli insegnanti la possibilità di fruire di permessi retribuiti per il migliore
esercizio del diritto all’aggiornamento professionale:
> cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di
formazione;
> analogo diritto alla fruizione dei cinque giorni e/o all’adattamento dell’orario di
lavoro per i docenti impegnati in qualità di formatore in iniziative di formazione.
E Legislazione e normativa scolastica 109
Le predette opportunità di fruizione di cinque giorni per la partecipazione ad iniziative
di formazione come docente o come discente non sono cumulabili (art. 64, c.
7, del CCNL).
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