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Il Ministero della Pubblica Istruzione fu istituito per la prima volta nel 1847 da Carlo
Alberto e nel tempo ha ricevuto varie denominazioni. Con il riordino dei Ministeri nel 1999
(D.Lgs. 300/1999), il Ministero della Pubblica Istruzione fu accorpato al Ministero
dell’Università e della Ricerca scientifica per diventare Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca (MIUR). Il MIUR, organo di amministrazione centrale, è
suddiviso in Dipartimenti e aree. Il Ministro ha il compito fondamentale di promuovere
l’istruzione sociale e pubblica e di sovrintendere al corretto andamento dell’intero sistema
scolastico (e universitario). Il Ministro, nominato dal Presidente della Repubblica, è l’organo
di direzione politica del Ministero.
Il MIUR è articolato, a livello periferico, in Uffici scolastici regionali. In ciascun capoluogo
di regione ha sede un Ufficio scolastico regionale, che si configura alla stregua di un ministero
regionale con poteri autonomi poiché persegue lo scopo di vigilare sull’attuazione degli
ordinamenti scolastici, sui livelli dell’efficacia formativa e sull’osservanza degli standard
programmati. Ogni ufficio scolastico regionale è a sua volta organizzato in Uffici scolastici
provinciali (USP) che operano a livello provinciale.
La Riforma della “Buona scuola” (L. 107/2015) dispone che i ruoli del personale docente
sono articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione,
classi di concorso e tipologie di porti. La loro ampiezza è inferiore alla Provincia o alla Città
metropolitana.
L’accertamento della disabilità è disciplinato nella normativa dalla legge quadro n. 104/1992,
con le modifiche apportate dal decreto n. 66/2017 e dal suo correttivo, il decreto n. 96/2019.
La procedura ha inizio con la domanda per l’accertamento e si conclude con la sua
certificazione necessaria per l’inclusione scolastica. Essa è stata semplificata con il decreto n.
66/2017 con l’introduzione di un unico documento, il Profilo di funzionamento, che
sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale. La domanda, come previsto
dai decreti, deve essere corredata di certificato medico a cura della ASL e poi presentata
all’INPS. Le commissioni mediche esaminano la domanda ed effettuano l’accertamento della
condizione di disabilità in età evolutiva. Tale accertamento è propedeutico alla redazione del
Profilo di funzionamento, a cui seguirà il PEI, facente parte del Progetto individuale.
PROFILO DI FUNZIONAMENTO: redato da un’Unità di valutazione multidisciplinare
del SSN, contiene indicazioni relative alla tipologia delle misure di sostegno e delle risorse
strutturali utili ai fini dell’inclusione. Alla sua redazione collaborano i genitori dell’alunno,
con la partecipazione del DS oppure di un docente di sostegno. Esso viene aggiornato a ogni
passaggio di grado di istruzione e in caso di sopravvenute condizioni di funzionamento della
persona. I genitori dell’alunno disabile inviano il Profilo di funzionamento alla scuola ai fini
della predisposizione del PEI.
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (PEI): rappresenta il progetto di vita
scolastica di ogni alunno con disabilità, nel quale sono contenuti i diversi interventi didattico-
educativi, riabilitativi e di integrazione predisposti in favore dell’alunno. In base all’art. 7 del
D.Lgs. 66/2017, modificato dal decreto n. 96/2019, il PEI individua obiettivi educativi e
didattici, strumenti e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento. Al suo interno
sono esplicitate le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di
sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, nonché gli interventi di
assistenza igienica e di base. Il documento viene elaborato e approvato dal Gruppo di Lavoro
Operativo per l’inclusione, composto dai docenti o dal Consiglio di classe, con la
partecipazione dei genitori e delle figure professionali specifiche. Inoltre, è assicurata la
partecipazione attiva dell’alunno. Esso viene redatto in via provvisoria entro il mese di giugno
e in via definitiva non oltre il mese di ottobre. Il PEI è redatto a partire dalla scuola
dell’infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove condizioni di funzionamento della persona.
Sulla base dei PEI di ogni alunno, infine, ogni scuola, nell’ambito del PTOF, predispone il
Piano per l’inclusione nel quale sono definite le modalità per l’utilizzo delle misure di
sostegno al fine del superamento delle barriere e dell’individuazione dei facilitatori del
contesto di riferimento. Per elaborare un PEI efficace occorre sapere cosa l’alunno sa fare,
cosa non sa fare e cosa potrebbe fare (potenzialità). L’insegnante di sostegno deve cercare di
avvicinare gli obiettivi individuali a quelli di classe e individuare i metodi, gli strumenti, le
strategie e i tempi funzionali allo scopo. La valutazione dell’allievo con disabilità deve fare
riferimento agli obiettivi indicati nel PEI.
LA COSCIENZA
La ricerca sui processi di coscienza svolta nei laboratori di psicologia sperimentale alla fine
dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento era spesso fondata sul modello
dell’introspezione. Gli scienziati chiedevano ai soggetti sotto osservazione di interrogarsi e
“guardare dentro se stessi” mentre percepivano un oggetto o richiamavano dalla memoria una
traccia. Il metodo introspettivo era strettamente legato alla consapevolezza da parte del
soggetto del lavoro psichico che egli stava eseguendo. Secondo i comportamentisti, però, il
metodo introspettivo non era da considerarsi scientifico perché poco attendibile. Per molti
ricercatori contemporanei la coscienza viene invece concepita nei termini di un sistema di
controllo attenzionale delle operazioni mentali, per il quale sarebbe necessario il
funzionamento dei lobi prefrontali. Un’ulteriore area di ricerca attuale in psicologia
cognitiva riguarda la distinzione tra processi cognitivi consci (manifesti) e processi cognitivi
LA MEMORIA
JEAN PIAGET
Per il periodo che va dalla nascita fino ai tre anni, Piaget ha applicato l’osservazione
sistematica, consistente nello studio continuo di determinati comportamenti del bambino; per
il periodo dai quattro anni all’adolescenza, si è servito del metodo critico, laddove, dopo aver
JEROME BRUNER
LE NEUROSCIENZE
Il linguaggio è uno dei caratteri peculiari dell’essere umano, per il quale svolge un ruolo di
primaria importanza, sia nelle interazioni sociali, sia nel funzionamento cognitivo.
LA TEORIA DI SKINNER: secondo Skinner un soggetto impara a parlare in modo del
tutto simile a quello con cui apprende ogni altra tipologia di comportamento, cioè mediante
le sue interrelazioni con l’ambiente, quindi tramite rinforzi e punizioni. Egli ritiene che i
bambini imparino a parlare correttamente perché “rinforzati” circa l’utilizzo del linguaggio.
La teoria di Skinner ha ricevuto molte critiche in quanto considera il bambino un soggetto
passivo, capace solo di rispondere agli impulsi stimolativi e ai rinforzi esterni.
LA TEORIA DI CHOMSKY: massimo esponente della teoria innatista del linguaggio, in
base alla quale gli esseri umani sono predisposti fin dalla nascita allo sviluppo del linguaggio,
Chomsky sostiene che la linguistica debba essere considerata una parte dell’indagine
psicologica. Formula l’innovativa ipotesi secondo cui il procedimento di acquisizione di una
lingua è frutto di una facoltà per la maggior parte innata, in quanto comporta, già nel
bambino, la conoscenza di un insieme di regole molto complesse. Di conseguenza l’indagine
della linguistica deve partire dallo studio della grammatica mentale, presente nel soggetto già
dalla nascita. Lo studioso americano distingue tra: competence, intesa come la capacità di
generare e comprendere l’insieme di frasi di una lingua; performance, corrispondente alla
capacità di costruire concretamente le possibilità offerte dalla competence, quindi le reali
manifestazioni linguistiche del soggetto. La manifestazione del linguaggio avviene in seguito
alla maturazione di un meccanismo specifico a base innata, cosicché il momento della sua
comparsa è predeterminato nel patrimonio genetico del soggetto.
LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO PER PIAGET E VYGOTSKJ: lo sviluppo del
linguaggio è un punto cruciale di divergenza tra Vygotskij e Piaget. Secondo Piaget, lo
sviluppo del linguaggio si evolve dall’interno verso l’esterno, secondo la seguente scansione:
linguaggio autistico, linguaggio egocentrico, linguaggio sociale. Il linguaggio del bambino,
intorno al secondo anno di vita, è un linguaggio di tipo autistico, volto a soddisfare i bisogni
essenziali all’Io; con il passaggio allo stadio pre-operatorio, diventa egocentrico, incentrato
sul proprio punto di vista; poi, intorno al settimo anno, col raggiungimento dello stadio
operatorio concreto, il linguaggio diventa sociale, quindi comunicativo. Vygotskij al
contrario sostiene che il linguaggio del bambino sia già in origine di tipo sociale perché viene
assorbito in modo inconscio in famiglia e nell’ambiente circostante. All’inizio esso assolve
solo una funzione sociale ma, progressivamente, compare un uso intrapsichico che svolge
una funzione interpersonale. Dai due ai sei anni il linguaggio si espande e si articola in due
L’ADOLESCENZA
GLI ASILI DI APORTI: in Italia la maggior parte delle prime attuazioni dell’educazione
popolare si deve all’iniziativa degli ambienti ecclesiastici in una sorta di missione cristiana
per contrastare l’allontanamento della fede. A intraprendere questo percorso è stato il
religioso FERRANTE APORTI, il quale concentra il suo studio sull’educazione
dell’infanzia, concependo l’asilo non solo come forma di assistenza, ma anche come
un’opera di prima educazione dei bambini. Infatti, nell’asilo, il piccolo avrebbe dovuto
raggiungere lo sviluppo armonico della sua personalità con un percorso articolato in tre
aspetti: fisico, intellettuale ed etico-religioso. Egli afferma, inoltre, che le lezioni dovrebbero
essere svolte in modo chiaro e vario, e che si accompagnino sempre al concetto di amore,
ossia un misto di comprensione, simpatia e indulgenza. I punti critici di questo approccio
riguardano: la mancata comprensione della psicologia infantile; lo scarso rilievo accordato
al gioco; l’apprendimento di preghiere troppo lunghe e difficili poiché in latino.
L’ORATORIO DI DON BOSCO: alle precarie condizioni di vita delle classi popolari,
rivolge la sua attenzione il prete GIOVANNI BOSCO. A Torino egli costituisce il primo
nucleo dell’oratorio che funzionerà come una casa annessa, simile a un pensionato. Ottenuta
l’approvazione vaticana nel 1869, la Congregazione di don Bosco si allarga in tutto il
territorio italiano, e successivamente anche all’estero. L’oratorio è un luogo dove prevale il
gioco sotto l’assistenza costante degli educatori. Infatti don Bosco individua nel gioco una
delle possibilità per attrarre i bambini ed educarli in un ambiente a loro misura. In questo
contesto, l’educatore diventerà una sorta di genitore, capace di guidarli e correggerli. Don
Bosco sostiene che l’allievo deve essere lasciato libero. Perciò l’autorità dell’educatore deve
presentarsi all’alunno come espressione della ragione. L’educazione religiosa teorizzata da
don Bosco segna una svolta profonda nella pedagogia cristiana, superando la prassi educativa
fondata sulla severità e sugli obblighi, appellandosi invece alla ragionevolezza dell’allievo.
FERRIERE E LE SCUOLE NUOVE: nelle “scuole nuove”, sorte in Europa e in America
a fine Ottocento, l’educazione viene intesa come formazione della personalità autonoma
dell’allievo. ADOLPHE FERRIERE rappresenta la figura di riferimento fondamentale
dell’attivismo pedagogico europeo. Nel 1899 fondò l’Ufficio internazionale delle scuole
nuove al fine di stabilire rapporti di reciproco aiuto tra le varie “scuole nuove”.
LA MOTIVAZIONE: per far sì che l’apprendimento si realizzi, occorre che l’individuo sia
motivato. Con il termine motivazione si intende la causa o il fattore che determina un
LA RELAZIONE EDUCATIVA
La relazione può essere definita come il rapporto esistente tra persone, cose o fenomeni. I
motivi per i quali le persone si relazionano tra loro sono molteplici e la spinta a stabilire delle
relazioni è insita nella natura stessa dell’uomo. Ogni relazione implica uno scambio,
un’interazione.
WATZLAWICK E BAUMAN: è impossibile separare la relazione dalla comunicazione.
PAUL WATZLAWICK ha dichiarato, infatti, che non si può non comunicare. La
L’attenzione verso i Bisogni Educativi Speciali (BES) si è sviluppata nel nostro Paese con
la Direttiva ministeriale del 27-12-2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni
Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Attraverso
questo documento, la scuola italiana ha recepito l’apporto fornito dal modello diagnostico
ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che ha permesso di
individuare i cosiddetti BES. Nell’area dei BES sono comprese tre grandi sotto-categorie: 1)
quella della disabilità; 2) quella dei disturbi evolutivi specifici; 3) quella dello svantaggio
socioeconomico, linguistico, culturale. I BES, quindi, non sono necessariamente relativi a
condizioni permanenti più o meno invalidanti, ma spesso sono conseguenza di stati che un
alunno attraversa, con continuità o per determinati periodi, per ragioni fisiche, fisiologiche o
anche di natura psico-sociale, e che richiedono adeguata risposta. Nel testo della Direttiva
ministeriale si legge che, per “disturbi evolutivi specifici” si intendono, oltre ai disturbi
specifici dell’apprendimento, anche i deficit: del linguaggio, delle abilità non verbali, della
coordinazione motoria, dell’attenzione, dell’iperattività. Il funzionamento intellettivo
limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. Si
tratta spesso di problematiche che, non certificabili dalla legge 104/1992, non determinano
per l’alunno il diritto all’insegnante di sostegno. Ciononostante, la normativa prevede che:
“Le scuole possono avvalersi per tutti gli alunni con BES degli strumenti compensativi e delle
misure previsti dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010”. Ciò significa che tali
strumenti devono essere introdotti anche in assenza in una certificazione medica rilasciata dal
servizio sanitario. In assenza di diagnosi o certificazione clinica, la normativa prevede che il
consiglio di classe motivi, verbalizzandole, le decisioni prese, condividendole con la famiglia.
Quindi i BES includono:
- DISABILITA’ (certificata dalla L. 104/1992), che si articola in: disabilità psico-
motoria; disabilità sensoriale; disturbi neuropsichici; pluridisabilità. È previsto
l’insegnante di sostegno.
- DISTURBI EVOLUTIVI SPECIFICI, che si articolano in: DSA (normati dalla L.
170/2010); deficit del linguaggio; ADHD; DOP; altri disturbi evolutivi (D.M. 27-12-
2012).
- SVANTAGGIO (D.M. 27-12-2012 e C.M. 8/2013), che si articola in: svantaggio
linguistico; svantaggio socioeconomico; svantaggio socioculturale; disagio
comportamentale relazionale.
Di fronte ad alunni con bisogni speciali, l’orientamento normativo è quello di elaborare
percorsi specifici con la possibilità per la scuola di stilare un Piano Didattico Personalizzato
(PDP) allo scopo di definire, monitorare e documentare le strategie di intervento più adatte e,
allo stesso tempo, fissare i criteri di valutazione degli apprendimenti.
Con DSA si usano indicare tutte quelle condizioni in cui l’individuo, in particolari situazioni,
non apprende in misura adeguata alla propria età. Sul piano legislativo, la Legge 170/2010 ha
riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici
di apprendimento, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in
assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una
limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana, soprattutto per
l’apprendimento scolastico. Sin dalla scuola dell’infanzia è possibile rilevare alcuni
comportamenti considerati come predittori di DSA. La legge n. 170 tutela il diritto allo studio
in maniera diversa dalla legge 104/1992, concentrando l’attenzione su interventi didattici
personalizzati e su strumenti compensativi, su misure dispensative e su adeguate forme di
verifica e valutazione. Con il D.M. del 12-7-2011 viene rafforzato l’invito a adottare proposte
di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non
coinvolte nel disturbo.