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Approfondimento legislazione scolastica

GLI ORDINAMENTI DIDATTICI

Le norme attualmente in vigore riguardanti gli ordinamenti didattici includono:

 Riordino della scuola dell'infanzia e del primo ciclo (DPR 89/2009; DLGS 65/2017)
 Coordinamento delle norme per la valutazione degli alunni (DLGS 62/2017)
 Riordino delle scuole del secondo ciclo (DPR 89/2010; DLGS 61/2017)

La scuola dell'infanzia, precedentemente chiamata "scuola materna", è stata disciplinata dal Decreto del
Presidente della Repubblica n. 89 del 2009, che fa parte della riforma Gelmini. Questo tipo di scuola ha una
durata di tre anni e la frequenza non è obbligatoria. Il numero minimo di sezioni è 18, mentre il massimo è
26. Se in classe è presente uno studente con disabilità, il numero massimo di alunni scende a 20. L'orario
settimanale è di 40 ore, ma può essere esteso fino a 50.

La scuola primaria è il primo ciclo di istruzione obbligatorio e si compone di due percorsi scolastici consecutivi:

 Scuola primaria, con una durata di 5 anni


 Scuola secondaria di primo grado, con una durata di 3 anni La scuola primaria, precedentemente
chiamata "scuola elementare", è regolata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009.
È suddivisa in un primo anno, che costituisce il continuo della scuola dell'infanzia, e due periodi
didattici biennali. Al termine di questi ultimi, l'alunno passa alla scuola secondaria di primo grado. La
frequenza è obbligatoria per adempiere all'obbligo di istruzione stabilito dal DM 139/2007. Il numero
minimo di alunni per classe è 15, mentre il massimo è 26. In caso di pluriclassi, il numero minimo è 8
e il massimo è 18. Se è presente uno studente con disabilità, il numero massimo di alunni per classe
scende a 20, come previsto dal DLGS 66/2017, attuativo della Buona Scuola in materia di inclusione
scolastica. I bambini che compiono 6 anni entro il 31 dicembre possono essere iscritti alla scuola
primaria. È possibile iscrivere anche i bambini che compiono 6 anni entro il 30 aprile, in base
all'anticipo di iscrizione. L'orario settimanale va dalle 24 alle 30 ore, o 40 ore nel caso del tempo
pieno. Il tempo pieno prevede due insegnanti titolari sulla stessa classe e un progetto formativo
integrato specifico, attivabile in base alla disponibilità di organico assegnato all'istituto. Il tempo
scuola ordinario della primaria si basa sul modello dell'insegnante unico di riferimento, attivabile su
richiesta delle famiglie. In realtà, l'insegnante non è mai veramente "unico", perché è sempre
accompagnato da altri colleghi specializzati. Pertanto, si parla di "insegnante prevalente".
L'insegnante unico è stato reintegrato dalla Legge 169/2008. Le discipline di studio obbligatorie sono:
italiano, storia, geografia, inglese, cittadinanza e costituzione, matematica, scienze, musica, arte e
immagine, educazione fisica e tecnologia. Per chi lo richiede, sono previste 2 ore settimanali di
religione cattolica. Nel settembre 2019 è entrata in vigore la Legge 20-08-2019 n. 92, che ha
introdotto l'insegnamento scolastico dell'educazione civica. La sua applicazione è stata rinviata
all'anno scolastico 2020-2021.

La Scuola Secondaria di Primo Grado, che conclude il primo ciclo di istruzione, era precedentemente
conosciuta come Scuola Media. La frequenza è obbligatoria e le classi possono ospitare dai 18 ai 27 alunni,
con un limite massimo di 20 se c'è un disabile presente. L'orario annuale prevede 990 ore di lezione, pari a

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29 ore settimanali, mentre nel tempo prolungato si raggiungono le 36 ore settimanali. Inoltre, sono previste
33 ore annuali per approfondire le materie letterarie, portando il totale a 30 ore settimanali.

La scuola secondaria di secondo grado rappresenta il secondo ciclo d'istruzione secondo la Legge 53/2003
della Riforma Moratti e ha lo scopo di preparare gli studenti per l'università e per il mondo del lavoro. La
Legge 20 del 2 aprile 2007 riconosce la stessa importanza ai percorsi del sistema dell'istruzione secondaria
superiore (licei, istituti tecnici e professionali) e dell'istruzione e formazione professionale, in cui si attua il
diritto-dovere all'istruzione e alla formazione del DLGS 76/2005. Ci sono 6 licei, istituti tecnici con 11 indirizzi
e istituti professionali con 11 indirizzi (DLGS 61/2017). Con la Riforma Gelmini, i quadri orari delle lezioni sono
stati alleggeriti del 10-15% in media. La normativa stabilisce un massimo di 30-32 ore per l'orario settimanale
(35 per l'istruzione artistica).

Il quadro normativo che disciplina i licei è rappresentato dal Decreto Legislativo 17 ottobre 2005 n. 226 e dal
Decreto del Presidente della Repubblica marzo 2010, n. 89. Tutti i percorsi dei licei hanno un monte ore
annuale obbligatorio:

 891 ore per ciascun anno del biennio;


 990 ore per il secondo anno del biennio e l'ultimo anno, che viene prolungato a 1023 nel secondo
biennio e nell'ultimo anno del liceo classico, al fine di rafforzare l'area matematico-scientifica e la
conoscenza della lingua straniera. L'orario annuale prevede attività e insegnamenti obbligatori per
tutti gli studenti, nonché insegnamenti eventualmente previsti dal Piano Triennale dell'Offerta
Formativa (PTOF). Tutti i percorsi liceali hanno una durata quinquennale, suddivisa in:
 il primo biennio, anche conosciuto come vecchio ginnasio;
 il secondo biennio;
 il quinto anno. Il percorso si conclude con l'esame di Stato. Le tipologie di liceo sono: artistico,
classico, linguistico, musicale/coreutico, scientifico e delle scienze umane.

Il LICEO ARTISTICO, come specificato dal DPR 89/2010 all'articolo 4, si concentra sullo studio dei fenomeni
estetici e sulla pratica artistica. Si suddivide nei seguenti indirizzi a partire dal biennio: arti figurative,
architettura e ambiente, design, audiovisivo e multimediale, grafica, scenografia. L'orario prevede 1122 ore
nel primo biennio (34 ore settimanali), 759 ore nel secondo biennio (23 ore settimanali) e 693 ore nel quinto
anno (21 ore settimanali).

LICEO CLASSICO: Secondo l'articolo 5 del DPR 89/2010, il Liceo Classico si concentra sull'apprendimento della
civiltà classica e della cultura umanistica. L'orario prevede 891 ore nel primo biennio, corrispondenti a 27 ore
settimanali, e 1023 ore nel secondo biennio, corrispondenti a 31 ore settimanali.

LICEO LINGUISTICO: L'articolo 6 del DPR 89/2010 prevede che il Liceo Linguistico sia indirizzato
all'apprendimento di più sistemi linguistici e culturali. Nel primo biennio, l'orario prevede 891 ore,
corrispondenti a 27 ore settimanali. Nel secondo biennio e nel quinto anno, invece, l'orario prevede 990 ore,
corrispondenti a 30 ore settimanali. A partire dal primo anno del secondo biennio, viene insegnata una
disciplina non linguistica in lingua straniera, mentre dal secondo anno del secondo biennio viene insegnata
un'altra disciplina non linguistica in una lingua straniera diversa.

LICEO MUSICALE E COREUTICO: L'articolo 7 del DPR 89/2010 stabilisce che il Liceo Musicale e Coreutico si
concentri sull'apprendimento tecnico-pratico della musica e della danza e sul loro ruolo nella storia e nella
cultura. L'orario prevede 594 ore nel primo biennio, nel secondo biennio e nel quinto anno, corrispondenti

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a 18 ore settimanali, e ulteriori 462 ore per ogni sezione musicale e coreutica, corrispondenti a 14 ore
settimanali.

LICEO SCIENTIFICO: l'art. DPR 89/2010 prevede lo studio del legame tra cultura scientifica e tradizione
umanistica. È possibile scegliere l'opzione scienze applicate che fornisce competenze avanzate in ambito
scientifico-tecnologico e sportivo. Orario: 891 ore nel primo biennio - 27 ore settimanali; 990 ore nel secondo
biennio - 30 ore settimanali.

LICEO SCIENZE UMANE: l'art. 9 DPR 89/2010 prevede lo studio delle teorie che spiegano i fenomeni legati
alla costruzione dell'identità personale e delle relazioni umane e sociali. È possibile scegliere l'opzione
economico-sociale, con studi in ambito giuridico, economico e sociale. Orario: 891 ore nel primo biennio - 27
ore settimanali; 990 ore nel secondo biennio e nel quinto anno - 30 ore settimanali.

Gli istituti tecnici, disciplinati dall'articolo 10 del DPR 89/2010, sono suddivisi in due settori: tecnologico ed
economico.

Nel settore tecnologico, sono presenti i seguenti indirizzi:

 Aerospaziale, Meccanico ed Elettronico, di cui all'art. 12, con un orario di 1080 ore annue nel primo
biennio e 990 ore annue nel secondo e quinto anno, con un totale di 32 ore settimanali nel secondo
biennio e 30 ore settimanali nel quinto anno;
 Chimica, Materiali e Biotecnologie, di cui all'art. 13, con un orario di 1080 ore annue nel primo
biennio e 990 ore annue nel secondo e quinto anno, con un totale di 32 ore settimanali nel secondo
biennio e 30 ore settimanali nel quinto anno;
 Informatica ed Telecomunicazioni, di cui all'art. 14, con un orario di 1080 ore annue nel primo biennio
e 990 ore annue nel secondo e quinto anno, con un totale di 32 ore settimanali nel secondo biennio
e 30 ore settimanali nel quinto anno;
 Trasporti e Logistica, di cui all'art. 15, con un orario di 1080 ore annue nel primo biennio e 990 ore
annue nel secondo e quinto anno, con un totale di 32 ore settimanali nel secondo biennio e 30 ore
settimanali nel quinto anno.

Nel settore economico, invece, sono presenti i seguenti indirizzi:

 Amministrazione, finanza e marketing, di cui all'art. 16 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 891
ore annue nel primo biennio e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale
di 27 ore settimanali nel primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno;
 Turismo, di cui all'art. 17 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 891 ore annue nel primo biennio
e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale di 27 ore settimanali nel
primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno;
 Sistemi informativi e gestionali, di cui all'art. 18 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 891 ore
annue nel primo biennio e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale di
27 ore settimanali nel primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno;
 Relazioni internazionali per il marketing, di cui all'art. 19 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di
891 ore annue nel primo biennio e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un

 totale di 27 ore settimanali nel primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto
anno;

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 Agraria, di cui all'art. 20 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 891 ore annue nel primo biennio
e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale di 27 ore settimanali nel
primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno;
 Trasporti e logistica, di cui all'art. 21 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 891 ore annue nel
primo biennio e 1023 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale di 27 ore
settimanali nel primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno;
 Agricoltura e ambiente, di cui all'art. 21 del DPR 15/03/2010: prevede un orario di 837 ore annue nel
primo biennio e 963 ore annue nel secondo biennio e nel quinto anno, con un totale di 27 ore
settimanali nel primo biennio e 31 ore settimanali nel secondo biennio e nel quinto anno.

Gli istituti professionali sono istituti di istruzione secondaria superiore che preparano gli studenti alla
professione, fornendo una formazione pratica e specifica in un determinato settore. Di seguito sono elencati
i 11 indirizzi degli istituti professionali:

 Elettronica ed elettrotecnica: Art. 39 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio
e 1089 ore annue nel quinto anno.
 Chimica, materiali e biotecnologie: Art. 40 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo
biennio e 1089 ore annue nel quinto anno.
 Turismo: Art. 41 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio e 1089 ore annue
nel quinto anno.
 Agraria: Art. 42 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio e 1089 ore annue nel
quinto anno.
 Amministrazione, finanza e marketing: Art. 43 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo
biennio e 1089 ore annue nel quinto anno.
 Industria e artigianato: Art. 44 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio e 1089
ore annue nel quinto anno.
 Servizi per la sanità e l'assistenza sociale: Art. 45 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel
primo biennio e 1089 ore annue nel quinto anno.
 Servizi commerciali: Art. 46 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio e 1089
ore annue nel quinto anno.
 Servizi per la ristorazione e l'ospitalità alberghiera: Art. 47 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore
annue nel primo biennio e 1089 ore annue nel quinto anno.
 Servizi per la moda: Art. 48 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo biennio e 1089
ore annue nel quinto anno.
 Servizi per l'ambiente e il territorio: Art. 49 del DPR 15/03/2010, orario di 990 ore annue nel primo
biennio e 1089 ore annue nel quinto anno.

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La continuità didattica e l'orientamento degli studenti

Il percorso formativo degli studenti deve essere basato sulla continuità didattica, che mira alla conoscenza
dell'alunno e alla valorizzazione delle sue potenzialità umane, culturali e sociali. La continuità didattica
considera l'alunno nella sua complessità e unicità, consentendo uno sviluppo progressivo e coerente del suo
percorso di apprendimento. Essa è verticale, ovvero si estende dai primi anni dell'istruzione fino al diploma,
e orizzontale, poiché si propone di integrare gli apprendimenti in tutte le materie. Inoltre, l'orientamento
degli studenti rappresenta un aspetto fondamentale per garantire una continuità didattica efficace, in grado
di favorire lo sviluppo delle loro competenze e di indirizzarli verso scelte formative e professionali
consapevoli.

La continuità verticale connette ordini di scuola e classi interne all'istituto per costruire un percorso unitario
che eviti frammentazioni. Si sviluppa in tre ordini: infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Nel
passaggio agli istituti superiori, la continuità verticale si traduce in attività di orientamento. Il sistema scuola
si caratterizza come un insieme di esperienze che favoriscono la formazione armonica della persona
attraverso l'alfabetizzazione culturale, con la scuola media-secondaria di I grado come scuola disciplinare per
eccellenza. La continuità si realizza attraverso una successione non traumatica di esperienze e la creazione di
condizioni operative educative per un positivo sviluppo della persona nella conoscenza e nella formazione.
La riforma 0-6 DLGS 65/2017 punta a promuovere la coerenza educativa tra nido e scuola dell'infanzia e
valorizzare il ruolo delle sezioni primavera sperimentali che diventano realtà ordinarie.

La continuità orizzontale favorisce la comunicazione e lo scambio tra le varie agenzie educative coinvolte nel
processo formativo: scuola, istituzioni, famiglia e territorio. Gli obiettivi della didattica sono:

• prevenire la dispersione scolastica;

• garantire un percorso formativo coerente ed organico;

• promuovere l'attitudine degli insegnanti alla continuità. Continuità significa creare le condizioni
educative per lo sviluppo armonico della personalità dell'alunno, evitando richieste eccessive o inadeguate
(adultocentrismo) o una fissità puerocentrica. Come si realizza? Attraverso il costruire relazioni tra scuola,
famiglia ed enti territoriali e istituzioni come musei, biblioteche, ecc. La continuità orizzontale comprende tre
fattori:

1. stili relazionali (analisi della relazione tra il bambino e la figura parentale da parte dell'educatore);

2. spazio e materiali (è fondamentale che il bambino si senta a proprio agio nello spazio scolastico e
possa portare un oggetto a cui si sente legato);

3. gestione della routine (l'insegnante dovrebbe conoscere la routine di ogni bambino, ad esempio l'ora
del pasto o del sonno). La scuola e la famiglia dovrebbero stipulare un patto educativo.

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GLI ISTITUTI COMPRENSIVI

A partire dal 2011-2012 la Legge 111/2011 (articolo 19 comma 4) ha reso obbligatoria l'aggregazione delle
scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado in istituti comprensivi. Questo ha creato le
condizioni per una scuola unitaria di base che si prende cura dei bambini a partire dai 3 anni fino alla fine del
primo ciclo d'istruzione. Negli istituti comprensivi è prevista l'unificazione degli organi collegiali dei tre ordini
di scuola: un unico consiglio d'istituto e un unico collegio dei docenti articolato in sezioni. Inoltre, il Decreto
65/2017 che ha istituito il Sistema integrato 0-6 anni ha disposto la costituzione di poli dell'infanzia anche
presso direzioni didattiche o istituti comprensivi del sistema nazionale di istruzione e formazione (articolo 3).

Nel passaggio dalla scuola del primo ciclo a quella del secondo ciclo, la continuità verticale si realizza
attraverso attività di orientamento. Attualmente, l'orientamento è considerato un diritto di ogni individuo, a
prescindere dall'età, ed è inteso come l'insieme di tutte quelle attività finalizzate a permettere ad un
individuo di gestire e pianificare il proprio apprendimento e le proprie esperienze lavorative in coerenza con
i propri obiettivi di vita. L'orientamento deve accompagnare ogni individuo lungo l'intero arco della vita, in
un'ottica di Lifelong Learning. Esistono diversi tipi di orientamento: educativo, formativo, informativo e
personale.

Organizzazione e autonomia delle istituzioni scolastiche - V ciclo TFA sostegno

L’autonomia scolastica e l’offerta formativa


Principi costituzionali e riforme della scuola
Nella costituzione Italiana sono presenti i seguenti articoli dedicati all’istruzione:

Art. 9, comma 1 : La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e


tecnica.
Art. 33, comma 1 : L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica
detta le
norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati
hanno il
diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Art. 34, comma 1 : La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto
anni, è
obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi
più alti degli studi.
Nel primo comma dell'articolo 33 della Costituzione, la libertà di insegnamento si applica alla "scienza" e
all'"arte" in senso ampio, includendo ogni manifestazione del pensiero compatibile con l'insegnamento.
Questa libertà si traduce nella possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero tramite ogni mezzo di
diffusione, professare tesi o teorie, e insegnare adottando il metodo ritenuto opportuno. L'autonomia

didattica del docente è un aspetto importante della libertà nell'insegnamento, come stabilito dall'articolo 1
del Testo Unico dell'Istruzione (D.Lgs. 297/1994), che garantisce la libertà di insegnamento come espressione
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culturale del docente. Questa libertà deve essere esercitata con l'obiettivo di promuovere la piena
formazione della personalità degli alunni attraverso un confronto aperto di posizioni culturali.

Tuttavia, l'insegnamento deve sempre essere svolto nel rispetto delle norme costituzionali, degli ordinamenti
della scuola, delle regole di buon comportamento e dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, e nella
salvaguardia della coscienza morale e civile degli alunni.

La libertà della scuola è la libertà dell'insegnamento. Nonostante l'istruzione sia di competenza dello Stato,
l'articolo 33 della Costituzione garantisce il diritto ad enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione
senza oneri per lo Stato. Esistono due tipi di scuole: quelle statali e quelle non statali. La possibilità per le
scuole private di parificare ed equiparare gli studi a quelli delle scuole statali è legata a precise valutazioni
tecniche e viene concessa solo alle scuole che ne facciano richiesta in base alla legge dello Stato che ne fissa
i diritti e gli obblighi. La legge sulla parità scolastica del 10 marzo 2000 riconosce e istituisce un sistema
nazionale di istruzione a carattere misto costituito da scuole statali e da scuole paritarie gestite da privati o
enti locali.

Il diritto alla libertà di insegnamento è legato alla libertà d'istruzione e al dovere dello Stato di istituire scuole
di ogni ordine e grado. Il diritto dei cittadini, compresi gli inabili e i minorati, ad accedere liberamente al
sistema scolastico è garantito dall'articolo 34 della Costituzione, che afferma che la scuola è aperta a tutti. Il
diritto all'istruzione si identifica come potere-dovere di ogni cittadino di frequentare i gradi dell'istruzione
obbligatoria e gratuita, nonché di accedere ai gradi più alti degli studi anche se privi di mezzi ma capaci e
meritevoli. Questo diritto si definisce come diritto allo studio, e la Costituzione garantisce l'estensione
dell'offerta d'istruzione a tutti con elargizioni, aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi con
assegni, borse di studio, ecc. In questo modo, la Costituzione realizza la vera eguaglianza sociale sancita
dall'articolo 3.

L'articolo 34, comma 1 della Costituzione stabilisce che l'istruzione inferiore, impartita per almeno 8 anni, è
obbligatoria e gratuita. Il Decreto Legislativo n. 76 del 15 aprile 2005, in attuazione della Riforma Moratti,
partiva dal presupposto che l'obbligo scolastico potesse essere ridefinito e ampliato come diritto
all'istruzione e formazione, con un dovere di almeno 12 anni. In questo modo, la fruizione dell'offerta
dell'istruzione e formazione diventa un diritto soggettivo per tutti i minori, compresi quelli stranieri nel
territorio dello Stato, e un dovere sociale, sanzionato ai sensi dell'articolo 4, comma 2 della Costituzione. Un
diritto/dovere di formazione concepito in questo modo diviene una sorta di diritto di cittadinanza sociale.

Con la Legge n. 296/2006, l'obbligo scolastico previsto dalla Costituzione è stato innalzato di due anni,
portandolo a 10. In questo modo, fino al sedicesimo anno di età è obbligatorio frequentare la scuola e il
legislatore ha previsto un meccanismo sanzionatorio per eventuali inadempimenti al dovere di istruzione e
formazione. I responsabili sono i genitori del minore o coloro che a qualsiasi titolo ne hanno fatto le veci, con
l'obbligo per entrambi di iscrivere i minori alle istituzioni scolastiche o formative. La vigilanza
sull'adempimento spetta al Comune (in particolare al Sindaco) in cui hanno residenza i giovani, alla scuola
presso la quale sono iscritti i ragazzi o dove hanno fatto richiesta di iscrizione e ai servizi per l'impiego in
relazione alle funzioni di loro competenza a livello territoriale.

Attualmente, l'obbligo di istruzione riguarda la fascia compresa tra i 6 e i 16 anni e i genitori hanno il diritto-
dovere di iscrivere i propri figli a scuola. Diverso è invece l'obbligo formativo, che è il diritto-dovere dei giovani
maggiori di 16 anni che hanno assolto l'obbligo scolastico e che non vogliono proseguire gli studi nel sistema
dell'istruzione scolastica, di frequentare attività formative fino ai 18 anni.
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Il diritto all'istruzione e il diritto allo studio sono distinti tra loro. Il diritto allo studio trova fondamento negli
articoli 34, co. 3 e 4 della Costituzione, i quali sanciscono il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di
mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi, nonché il dovere della Repubblica di garantire
questo diritto tramite borse di studio, assegni alle famiglie, e altri interventi a favore degli studenti. Tali
interventi possono riguardare sia la scuola che l'università.

Per quanto riguarda la scuola, il D.Lgs. 63/2017 prevede l'esonero dal pagamento delle tasse scolastiche per
gli studenti del quarto e quinto anno della scuola secondaria di secondo grado in base alle fasce ISEE. Un altro
intervento recente è il D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 63, che attua la Buona Scuola e si prefigge di garantire
l'effettività del diritto allo studio degli alunni del sistema nazionale di istruzione e formazione, statale e
paritario, fino al completamento di tutto il percorso di istruzione secondaria di secondo grado su tutto il
territorio nazionale. Il decreto prevede prestazioni per il sostegno allo studio, come borse di studio, sussidi
digitali, potenziamento della Carta dello studente e servizi per gli alunni ospedalizzati o per i quali è richiesta
l'istruzione domiciliare. A tal fine, è stato istituito il Fondo unico per il welfare dello studente per il diritto allo
studio.

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LE PRINCIPALI RIFORME DELLA SCUOLA DEGLI ULTIMI ANNI:

• LEGGI BASSANINI: Franco Bassanini, ministro della funzione pubblica, promosse una riforma del
sistema amministrativo volta a creare amministrazioni più efficienti, snelle e in grado di fornire servizi di
maggiore qualità. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso le linee di semplificazione amministrativa e
federalismo amministrativo.

• RIFORMA MORATTI: legge 53/2003, ha ridefinito l'organizzazione della formazione e degli studi,
suddividendoli in scuola dell'infanzia (non obbligatoria e anticipabile), primo ciclo (composto da scuola
primaria di 5 anni e scuola secondaria di 3 anni, con esame di Stato alla fine del ciclo), e secondo ciclo
(composto dal sistema dei licei, con durata di 5 anni, e dal sistema dell'istruzione e della formazione
professionale 3+1), con esame di Stato. Sono stati istituiti nuovi licei, come quelli economico, tecnologico,
musicale, linguistico e delle scienze umane. Inoltre, la riforma ha valorizzato il sistema dell'istruzione e della
formazione professionale attraverso l'alternanza scuola-lavoro per i giovani tra i 15 e i 18 anni. La qualità
dell'istruzione è stata valorizzata attraverso l'Istituto nazionale di valutazione (INVALSI), che monitora la
qualità dell'offerta formativa e i livelli degli apprendimenti degli studenti. In sintesi, la riforma Moratti si è
caratterizzata per il principio della "personalizzazione", che ha sottolineato la centralità della persona nel
percorso educativo, facendo del diritto all'istruzione un dovere sociale e un diritto soggettivo.

• RIFORMA GELIMINI: Durante il periodo compreso tra il 2008 e il 2011, è stata attuata la riforma
Gelmini, che ha comportato una riorganizzazione complessiva del sistema scolastico. Questo processo ha
avuto inizio con un piano di razionalizzazione delle risorse umane, contenuto nel Decreto Legge 112/2008 e
successivamente convertito nella Legge 133/2008, che ha permesso una revisione completa del sistema
scolastico. Le principali innovazioni introdotte dalla riforma includono la reintroduzione del maestro unico
nella scuola primaria, la reintroduzione dei voti da 1 a 10 nel primo ciclo di istruzione, l'innalzamento
dell'obbligo scolastico fino ai 16 anni e l'introduzione delle Indicazioni nazionali degli obiettivi specifici di
apprendimento. Queste ultime, mirano a definire le linee guida delle conoscenze fondamentali che lo
studente dovrebbe possedere al termine del proprio percorso di studi, individuando i nuclei fondamentali di
ogni disciplina e rappresentando un riferimento per l'insegnante. La riforma ha inoltre comportato un
riordino degli istituti professionali, istituti tecnici e licei.

• RIFORMA DELLA BUONA SCUOLA: La legge della Buona Scuola (L. 13-7-2015, N 107) ha introdotto
disposizioni che riguardano diversi aspetti della scuola, tra cui la programmazione triennale dell'offerta
formativa con il nuovo Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF), il rafforzamento del collegamento tra
la scuola e il mondo del lavoro attraverso la durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli
ultimi 3 anni della scuola secondaria di secondo grado, e l'adozione del Piano Nazionale Scuola Digitale
(PNSD).

La legge prevede anche l'Organico dell'Autonomia costituito dai posti comuni, per il sostegno e per il
potenziamento dell'offerta formativa, che viene assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno risultante

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dal PTOF. È stato istituito un piano straordinario di assunzioni del personale docente, che ha riguardato tutti
gli idonei del concorso 2012 e iscritti nelle graduatorie ad esaurimento.

Inoltre, è stata istituita l'azienda simulata, un'azienda virtuale animata dagli studenti che svolge un'attività di
mercato in rete e fa riferimento ad un'azienda reale che costituisce il modello di riferimento da emulare in
ogni fase o ciclo di vita aziendale. Questa metodologia didattica utilizza il problem solving, il learning by doing,
il cooperative learning ed il role playing, costituendo un valido strumento per l'acquisizione di competenze
spendibili nel mercato del lavoro.

Infine, è stato istituito il Portale Unico dei Dati Aperti della scuola, che raccoglie i dati relativi ai bilanci della
scuola, al Sistema Nazionale di Valutazione, all'Anagrafe degli Studenti, ai provvedimenti di incarico docenza,
ai Piano dell'Offerta Formativa e ai dati dell'Osservatorio Tecnologico. Questo portale rappresenta uno
strumento importante per la trasparenza e la valutazione del sistema scolastico italiano.

Cos’è l’OST?

L'Osservatorio Tecnologico è un'organizzazione che si occupa di trasferimento tecnologico dall'ambito


dell'Information e Communication Technology (ICT) alla scuola, al fine di creare un legame stabile tra mondo
accademico, ricerca, imprese della net-economy e scuola. L'organizzazione è stata fondata in forma
sperimentale nel 2000-2001 e l'Ufficio scolastico Regionale per la Liguria MIUR ha stipulato una convenzione
con l'Università degli Studi di Genova per l'ampliamento dell'attività nel 2002-2003. Attualmente, la sede e il
laboratorio dell'Osservatorio Tecnologico si trovano presso l'Ateneo genovese.

Gli obiettivi dell'Osservatorio Tecnologico per le scuole sono vari: monitorare le linee di tendenza delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione, realizzare un supporto di rete per le scuole sui problemi
di gestione delle risorse tecnologiche, fornire esempi di soluzioni adottate ed adottabili e fornire un servizio
di raccolta e diffusione in rete del software libero. L'Osservatorio Tecnologico è stato creato per supportare
la comunità professionale dei docenti del "livello C".

L'Osservatorio Tecnologico è finanziato dal Servizio Automazione Informatica e Innovazione Tecnologica-


MIUR e produce e diffonde in rete approfondimenti, recensioni, linee guida e novità sull'ICT. È un servizio
telematico, disponibile solo su Internet. L'Osservatorio Tecnologico non fornisce consulenza diretta on-site
alle singole scuole, né offre alfabetizzazione informatica di base. L'organizzazione è realizzata interamente
mediante cooperazione a distanza da un gruppo di ricercatori, professionisti ed insegnanti impegnati nell'ICT,
dislocati sul territorio nazionale. Tutti gli studi, le ricerche e l'attività dell'Osservatorio Tecnologico sono
pubblicati sotto licenza Creative Commons.

La L. N 107 del 2015 ha maggior significato quando si considera la piena attuazione dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche, basata sull'art. 21 L. 59/1997, al fine di raggiungere obiettivi come l'aumento delle
competenze degli studenti, la prevenzione e il recupero dell'abbandono scolastico, la garanzia del diritto allo
studio per tutti gli studenti e l'educazione permanente per tutti i cittadini. Il comma 5 dell'art. 1 della L.
107/2015 prevede l'istituzione dell'organico dell'autonomia nelle scuole, che si occupa di soddisfare le
esigenze e le necessità formative/didattiche e di ampliare i progetti della scuola, in base alle esigenze
didattiche, organizzative e progettuali. L'organico dell'autonomia comprende anche quello di potenziamento
e rappresenta l'organico complessivo della scuola.

Il Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF) è legato all'attuazione della piena autonomia scolastica e
sostituisce il vecchio Piano dell'Offerta Formativa (POF), che veniva predisposto ogni anno scolastico. Il
documento rappresenta il progetto educativo della scuola per il triennio, che viene considerato come un
insieme omogeneo. Esso contiene la progettazione curricolare e la programmazione delle attività formative

10
Approfondimento legislazione scolastica

per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), nonché la definizione del fabbisogno di
risorse umane e materiali necessarie in base alla quantificazione prevista per le istituzioni scolastiche. Il PTOF
può essere rivisto ogni anno.

Il Collegio Docenti elabora il PTOF sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti
dal Dirigente Scolastico (DS). Il consiglio di Circolo o d'istituto approva il documento, che viene pubblicato sul
sito web della scuola. Il DS deve tener conto delle proposte formulate dalle associazioni dei genitori e dagli
studenti per le scuole secondarie superiori, nonché delle risultanze del Rapporto di Auto-Valutazione (RAV).
Il RAV è un rapporto di autovalutazione, che fornisce una rappresentazione della scuola attraverso un'analisi
del suo funzionamento e costituisce la base per individuare le priorità di sviluppo verso cui orientare il piano
di miglioramento. Il prospetto viene compilato dal Dirigente Scolastico e dal Nucleo di Valutazione, un gruppo
di docenti scelti per tale compito. La direzione dovrebbe essere quella della collaborazione e del confronto
tra le varie anime della scuola, al fine di disegnare un quadro completo della condizione complessiva
dell'istituzione. Inoltre, il DS deve tenere in considerazione le esigenze provenienti dal territorio, le risorse
dell'organico dell'autonomia e l'individuazione della mission corrente della scuola sul territorio.

Il comma 28 della Legge 107/2015, nota come Buona Scuola, introduce il concetto di curriculum dello
studente. Le scuole secondarie di secondo grado possono includere insegnamenti opzionali durante gli ultimi
due anni di corso, anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità. Tali insegnamenti vengono
inseriti nel curriculum dello studente, il quale viene associato a un'identità digitale che raccoglie dati utili per
l'orientamento, l'accesso al mondo del lavoro, le competenze acquisite e le eventuali scelte degli
insegnamenti opzionali, nonché le esperienze formative e le attività svolte in ambito extra-scolastico. Le
modalità di individuazione dello studente, la gestione dei dati personali e la loro trasmissione al Ministero
sono stabilite da un decreto del MIUR.

La legge della Buona Scuola prevede anche l'alternanza scuola-lavoro, che può essere svolta presso soggetti
come ordini professionali, musei e istituti pubblici e privati operanti nel settore del patrimonio culturale,
tramite apposite convenzioni. È prevista anche la definizione di una Carta dei diritti e dei doveri degli studenti
in alternanza, con la possibilità per lo studente di esprimere una valutazione sulla coerenza del percorso con
il proprio indirizzo di studio. La scelta delle imprese con cui stipulare le convenzioni è affidata al Dirigente
Scolastico.

Il comma 127 della Legge sulla Buona Scuola prevede la possibilità per il Dirigente Scolastico di attribuire un
bonus ai docenti di ruolo, in base ai criteri stabiliti dal Comitato per la valutazione dei docenti istituito sulla
base dell'articolo 11 del Testo Unico dell'Istruzione. Tuttavia, tale Comitato è stato interamente sostituito dal
comma 129 dell'art. 1 della stessa Legge 107/2015. Il Comitato valuta i docenti sulla base della qualità
dell'insegnamento, del miglioramento apportato alla scuola e dei risultati ottenuti in relazione alle
competenze degli alunni, all'innovazione didattica e alla collaborazione alla ricerca, nonché della
responsabilità assunta nel coordinamento organizzativo. Dopo la nomina di ruolo, il docente effettua un anno
di prova ai fini della conferma, che in caso di esito sfavorevole può essere ripetuto al massimo per una sola
volta.

APPROFONDIMENTO:
11
Approfondimento legislazione scolastica

Il 7 aprile 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente i Decreti Legislativi che riguardano la
scuola italiana, dopo mesi di discussioni e dibattiti tra vari soggetti. Questi provvedimenti sono stati
successivamente firmati dal Presidente della Repubblica Mattarella il 16 maggio 2017 e pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale il 31 maggio dello stesso anno. In totale, sono stati approvati otto decreti attuativi che
riguardano diverse tematiche:

• D.Lgs n. 59 del 13 aprile 2017 "Sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella
scuola secondaria" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera b

• D.Lgs n. 60 del 13 aprile 2017 "Promozione della cultura umanistica, valorizzazione del patrimonio
culturale e sostegno della creatività" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera g

• D.Lgs n. 61 del 13 aprile 2017 "Revisione dei percorsi dell'istruzione professionale" Articolo 1, commi
180 e 181, lettera d

• D.Lgs n. 62 del 13 aprile 2017 "Valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami
di Stato" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera i

• D.Lgs n. 63 del 13 aprile 2017 "Effettività del diritto allo studio attraverso la definizione delle
prestazioni" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera f

• D.Lgs n. 64 del 13 aprile 2017 "Disciplina della scuola italiana all'estero" Articolo 1, commi 180 e 181,
lettera h

• D.Lgs n. 65 del 13 aprile 2017 "Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla
nascita sino a sei anni" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera e

• D.Lgs n. 66 del 13 aprile 2017 "Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con
disabilità" Articolo 1, commi 180 e 181, lettera c

La riforma della Buona Scuola, composta da 12 punti cardine, prevede diversi aspetti. Uno dei quali sono
proprio gli 8 decreti attuativi sopra citati, gli altri 11 sono i seguenti:

• Autonomia Scolastica;

• Il PTOF;

• Il curriculum dello Studente;

• Alternanza Scuola-Lavoro;

• Innovazione digitale e didattica laboratoriale;

• Organico dell'Autonomia;

• Il Superpreside;

• Piano da 100.000 assunzioni;

• Carta del Docente;

• Agevolazioni Fiscali;

• Edilizia scolastica;

12
Approfondimento legislazione scolastica

• Autonomia Scolastica

Il principio fondamentale che ha guidato la stesura della legge 107 sulla Buona Scuola è indubbiamente
l'autonomia scolastica. L'obiettivo della riforma è quello di concedere alle scuole gli strumenti necessari dal
punto di vista finanziario ed operativo per consentire loro di riorganizzare in modo autonomo l'intero sistema
dell'istruzione. Gli articoli iniziali della legge sono dedicati alla definizione dell'autonomia, nonché alla figura
del Dirigente che deve garantire la riorganizzazione autonoma delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche
e materiali della scuola.

L'articolo 3 descrive il Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF), che viene definito come il documento
fondamentale che rappresenta l'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche. Esso esplicita la
progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano
nell'ambito della loro autonomia.

Il PTOF o il nuovo POF, devono essere coerenti con gli obiettivi educativi delle diverse tipologie di indirizzo di
studio presenti sul piano nazionale. In altre parole, il PTOF deve dare visibilità alle proposte della scuola
rispetto all'utenza e al territorio, rendere facile il riconoscimento delle condizioni culturali e organizzative
della scuola, stabilire finalità educative, rispettive metodologie e criteri di valutazione.

Il Piano Triennale dell'Offerta Formativa rappresenta uno strumento di informazione al servizio delle famiglie
e uno strumento operativo per i docenti. In sintesi, il PTOF rappresenta un documento fondamentale per la
definizione dell'identità culturale e progettuale della scuola, che ha l'obiettivo di fornire informazioni
importanti agli studenti, alle famiglie e ai docenti sulle finalità educative, le metodologie e i criteri di
valutazione adottati dalla scuola.

Il curriculum degli studenti: Nelle scuole superiori, sebbene le risorse siano limitate, verranno attivati
insegnamenti specifici nei tre anni finali, basati su due principi fondamentali: autonomia e flessibilità. Tali
insegnamenti permetteranno agli studenti di personalizzare il proprio percorso scolastico in base alle loro
esigenze, passioni o preferenze, con l'obiettivo di gettare le basi solide per la costruzione di una carriera
futura dopo la scuola.

La Buona Scuola ha adottato misure per combattere la diffusa dispersione scolastica che l'Italia
costantemente affronta, mediante l'alternanza tra scuola e lavoro. Negli ultimi tre anni, sono stati con
successo implementati percorsi di alternanza scuola-lavoro specifici per i diversi indirizzi scolastici. Questi
percorsi includono percorsi di 400 ore per gli istituti tecnici e professionali, e di 200 ore per i licei. Una
caratteristica distintiva di questi percorsi di alternanza scuola-lavoro è la loro flessibilità, poiché possono
essere eseguiti durante le pause didattiche come le vacanze estive, di Natale o di Pasqua.

La legge 107 mira anche a rinnovare l'approccio didattico attraverso l'innovazione digitale e la didattica
laboratoriale. A tal fine, sono stati destinati 30 milioni di euro da distribuire alle scuole sulla base del numero
di classi e alunni. L'obiettivo è quello di modernizzare l'insegnamento, senza abbandonare le materie
tradizionali, ma ponendo una maggiore attenzione alle competenze digitali, che rappresentano un ponte tra
passato e futuro. In questo modo si vuole "svecchiare la didattica scolastica" e preparare gli studenti alle
sfide del mondo moderno.

L’ "Organico dell'Autonomia" consente ad ogni istituzione scolastica di richiedere risorse umane per il corpo
docente, al fine di implementare in modo efficace l'azione educativa delineata nel Piano Triennale
dell'Offerta Formativa. Questa richiesta è limitata ai precari iscritti nelle graduatorie provinciali a

esaurimento e ai vincitori dei concorsi più recenti. Si prevede un aumento medio di circa 7 docenti per
ciascuna scuola.
13
Approfondimento legislazione scolastica

La figura del dirigente scolastico, o "Superpreside" come viene definito nell'articolo, è sempre stata molto
importante all'interno del sistema scolastico italiano. Tuttavia, la sua figura è stata spesso oggetto di critiche
e dibattiti, soprattutto per quanto riguarda le competenze e i poteri che gli sono stati attribuiti.

L'articolo 9 prevede un incremento di poteri e libertà per il dirigente scolastico, in modo da conformarli alle
sue responsabilità e garantirgli un maggior margine di manovra. Tra i poteri previsti, ci sono la possibilità di
scegliere i neoassunti dagli albi territoriali, formare la squadra di collaboratori (10% del personale docente),
decretare il risultato dell'anno di prova dei neoassunti e premiare i docenti migliori.

Tuttavia, è importante sottolineare che il Superpreside sarà valutato ogni tre anni e la sua retribuzione di
risultato dipenderà dall'esito della valutazione. Questo significa che il dirigente scolastico dovrà dimostrare
di aver svolto il proprio lavoro con efficienza e professionalità, cercando di raggiungere gli obiettivi prefissati
e migliorare il livello di istruzione all'interno della propria scuola.

In definitiva, l'articolo 9 rappresenta un tentativo di valorizzare la figura del dirigente scolastico, fornendogli
maggiori competenze e poteri per svolgere il proprio lavoro. Tuttavia, è importante che queste competenze
vengano esercitate in modo responsabile e che il dirigente scolastico sia sempre valutato sulla base dei
risultati ottenuti, in modo da garantire la massima qualità dell'istruzione offerta dalla scuola.

Il Piano di assunzione da 100.000 insegnanti rappresenta un importante passo avanti nella lotta al precariato
nella scuola italiana. Tuttavia, le modifiche apportate dal governo alla versione originale del Piano potrebbero
avere delle ripercussioni sull'efficacia dell'iniziativa.

Inserire i neoassunti negli albi territoriali potrebbe limitare la loro mobilità geografica e rendere più difficile
la loro assegnazione in scuole dove c'è maggior bisogno di personale. Inoltre, potrebbe essere difficile
garantire un'equa distribuzione dei docenti tra le diverse regioni e province italiane.

Tuttavia, è importante notare che l'inserimento dei neoassunti negli albi territoriali rappresenta comunque
una possibilità in più per i dirigenti scolastici di assumere personale docente qualificato e motivato. Inoltre,
potrebbe essere un'opportunità per i neoassunti di farsi conoscere dai dirigenti scolastici della loro zona e di
creare contatti utili per il loro futuro professionale.

In ogni caso, è importante continuare a monitorare l'efficacia del Piano di assunzione e valutare la necessità
di eventuali modifiche o integrazioni in futuro. La lotta al precariato nella scuola italiana richiede un impegno
costante e coordinato da parte di tutte le parti coinvolte.

La carta del docente è un bonus annuale di 500 € a disposizione degli insegnanti per sostenere le spese
relative all'aggiornamento professionale, alla formazione e a tutto ciò che può essere considerato fonte di
cultura. Questo include l'acquisto di libri, manuali, biglietti teatrali e biglietti di musei

Esistono delle agevolazioni fiscali, come lo school bonus e la detrazione fiscale, per i genitori che iscrivono i
figli nelle scuole paritarie. Queste agevolazioni sono state introdotte per contrastare l'aggravarsi delle
disuguaglianze tra le scuole ricche e quelle meno abbienti. Tuttavia, l'argomento ha generato forti scontri tra
maggioranza ed opposizione.

Edilizia scolastica: La sicurezza delle scuole italiane è un tema di primaria importanza. Saranno stanziati
finanziamenti per un totale di 4 miliardi di euro per migliorare la sicurezza di 36.000 scuole italiane. Gli
interventi saranno eseguiti in base alle "indagini diagnostiche sugli edifici scolastici" al fine di prevenire,
eliminare o almeno ridurre al minimo gli incidenti per insegnanti e alunni. Un'altra misura importante
riguarda il fatto che il 75% delle scuole italiane è stato costruito più di 30 anni fa; per questo motivo, il governo
ha stabilito che in ogni regione deve essere presente almeno una scuola innovativa.

14
Approfondimento legislazione scolastica

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Approfondimento legislazione scolastica

VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE DELLE SCUOLE

Esistono diverse forme di valutazione, tra cui:

• Valutazione strettamente didattica, che si concentra sui processi e sui risultati dell'apprendimento;

• Valutazione d'istituto, che ha l'obiettivo di valutare le caratteristiche del servizio scolastico offerto;

• Valutazione del sistema scolastico, che mira a comprendere le tendenze, il rapporto tra costi e qualità
e i macro-indicatori di riferimento. Inoltre, la valutazione può essere interna, coinvolgendo i soggetti stessi
che svolgono un'attività e che sono chiamati ad autovalutarsi, oppure di sistema, condotta da soggetti esterni
e finalizzata a verificare il raggiungimento degli obiettivi definiti per il sistema scolastico.

Il DPR 28-3-2013 n. 80 ha introdotto il SNV (Sistema Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo)
che prevede un duplice sistema di controllo della qualità delle prestazioni e del funzionamento del sistema
scolastico rispetto agli standard nazionali. La valutazione esterna è condotta da organismi nazionali, mentre
l'autovalutazione è affidata alle singole istituzioni scolastiche. Il DLGS 19-11-2004, n. 286 ha istituito il Servizio
Nazionale di Valutazione (SNV), che si occupa di valutare il sistema educativo e di formazione in modo
articolato.

Il DPR 28-3-2013 regola attualmente il sistema educativo italiano, che è suddiviso in tre livelli.

1. L'INVALSI, ovvero l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo e di Istruzione e di
Formazione, è responsabile di proporre protocolli di valutazione e programmi di visite alle scuole, di definire
gli indicatori di efficacia ed efficienza per individuare le scuole in difficoltà e gli indicatori per valutare i
dirigenti scolastici, e di redigere un rapporto periodico sul sistema educativo nazionale. L'INVALSI è
sottoposto alla vigilanza del MIUR ed è anche un ente di ricerca che si occupa di effettuare verifiche
periodiche sulla qualità dell'offerta formativa delle istituzioni d'istruzione e formazione professionale
attraverso le prove INVALSI. Inoltre, l'INVALSI svolge attività di ricerca, studia le cause di insuccesso e
dispersione scolastica, promuove rilevazioni nazionali, formula proposte al Ministero dell'Istruzione per la
piena attuazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici, monitora il sistema di valutazione,
predispone strumenti e modalità oggettive di valutazione degli apprendimenti, predispone prove a carattere
nazionale per gli esami di Stato, svolge attività di ricerca per valorizzare il merito e fornisce supporto e
assistenza tecnica alle Regioni e agli enti territoriali.

2. INDIRE: Il compito dell'ISTITUTO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE, INNOVAZIONE E RICERCA


EDUCATIVA è quello di fornire supporto per i processi di miglioramento e innovazione educativa, la
formazione del personale scolastico, la documentazione e la ricerca didattica. Essendo il più antico ente di
ricerca del MIUR, INDIRE è diviso in 3 nuclei territoriali con sedi a Torino, Roma e Napoli e collabora con le
Regioni. Le competenze dell'ente riguardano la formazione del personale docente e non docente, l'impiego
delle nuove tecnologie per l'innovazione didattica, lo sviluppo della collaborazione internazionale delle
istituzioni scolastiche ed universitarie, il monitoraggio dei fenomeni del sistema scolastico italiano e la
documentazione delle esperienze di innovazione. INDIRE si occupa anche dell'aggiornamento costante delle
scuole e dei membri del personale sulle iniziative di cambiamento e innovazione del sistema scolastico. Infine,
ha il compito di istituire piani di miglioramento per l'offerta formativa.

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Approfondimento legislazione scolastica

3. Il contingente ispettivo, che gode di autonomia e indipendenza, ha il compito di valutare le scuole e


i Dirigenti Scolastici.

Il ruolo degli organi del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) è definito dal regolamento n. 80/2013.

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Approfondimento legislazione scolastica

PROCESSO DI VALUTAZIONE E AUTOVALUTAZIONE DELLE SCUOLE

Il sistema di controlli e valutazioni imposti alle istituzioni scolastiche costituisce il contrappeso dell'autonomia
scolastica. Questo processo di valutazione esterna e autovalutazione è finalizzato a verificare l'efficacia ed
efficienza delle azioni della scuola. L'autovalutazione, in particolare, consente alla scuola di valutare in modo
autonomo l'efficacia del proprio intervento formativo. Il processo di valutazione si articola in tre fasi:

1. La prima fase del processo di valutazione delle scuole è l'autovalutazione. Tutte le scuole sono tenute
ad elaborare un Rapporto di Autovalutazione (RAV) in formato elettronico, utilizzando un quadro di
riferimento predisposto dall'INVALSI, e a formulare un piano di miglioramento. La gestione del processo di
autovalutazione è affidata al Dirigente Scolastico.

RAV (RAPPORTO DI AUTOVALUTAZIONE) → Il primo processo di valutazione delle istituzioni scolastiche è


l'autovalutazione, che si effettua attraverso la compilazione del RAV. Il suo scopo è fornire una descrizione
della scuola e del suo funzionamento, che costituisce il punto di partenza per l'individuazione delle priorità
di sviluppo su cui fondare il piano di miglioramento. Il RAV deve essere compilato da tutte le istituzioni
scolastiche, sia statali che paritarie. Il RAV è curato dal dirigente scolastico, responsabile della gestione del
processo di miglioramento, e dal NIV, il Nucleo Interno di Valutazione, che può essere formato da tutti i
docenti in servizio presso la scuola, purché in possesso della casella di posta istituzionale. I membri del NIV e
del DS operano sul RAV in maniera paritetica. Il RAV è costituito come una versione semplificata del modello
INVALSI CIPP (Contesto-Input-Processi-Prodotti). Ci sono tre diverse aree di analisi: esiti, contesto, processi.
Il RAV è composto da cinque sezioni:

• Contesto e risorse → la scuola esamina il contesto socio-economico in cui opera, le opportunità che
esso offre e i punti di debolezza, evidenziando la popolazione scolastica, il territorio, il capitale sociale, le
risorse economiche, materiali e professionali.

• Esiti degli studenti → si analizzano i risultati scolastici degli studenti, come quelli delle prove
standardizzate, il raggiungimento delle Competenze-chiave europee e di cittadinanza e i risultati a distanza
di tempo, come l'inserimento nel mondo del lavoro.

• Processi messi in atto dalla scuola → si analizzano le pratiche educative e didattiche attuate nella
scuola, lo stato degli ambienti di apprendimento, eventuali metodologie innovative, metodologie relazionali,
processi di inclusione e differenziazione e pratiche gestionali e organizzative della scuola.

• Processo di autovalutazione → si esaminano i metodi effettuati per l'autovalutazione, le persone


coinvolte, ad esempio, l'analisi dei soggetti che fanno parte del NIV.

• Individuazione delle priorità → si individuano i traguardi che si intendono raggiungere o gli obiettivi
di processo con l'elaborazione del piano di miglioramento.

• La compilazione del RAV avviene attraverso la riflessione sulle domande che servono da guida per
ciascuna area, dalle quali si giunge ad un giudizio complessivo e all'assegnazione di un livello. Le sezioni
contengono degli indicatori utili a collocare la scuola in un contesto nazionale, regionale e provinciale, mentre
la rubrica di valutazione fornisce descrittori analitici nei quali la scuola deve posizionarsi. Questi descrittori
non sono tassativi e fungono da guida per la collocazione della scuola nella scala di valori che vanno da 1 a 7,
a seconda della situazione in cui si trova.

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Approfondimento legislazione scolastica

• Terminata la fase di valutazione, si individuano le priorità generali del programma di miglioramento,


a partire dalle quattro aree degli esiti, tra cui i risultati scolastici nelle prove standardizzate nazionali. Per le
scuole dell'infanzia, la compilazione del RAV è facoltativa e ha carattere sperimentale, secondo la nota MIUR
27-1-2016 n 829. Il RAV va pubblicato nella sezione del portale 'Scuola in chiaro' dedicata alla valutazione. Il
processo di compilazione del RAV è curato dal DS responsabile della gestione del processo di miglioramento
e dal NIV, il Nucleo Interno di Valutazione, composto dai docenti in servizio presso la scuola in possesso della
casella di posta istituzionale.

Il PIANO DI MIGLIORAMENTO (PDM) è la fase successiva al RAV (RAPPORTO DI AUTOVALUTAZIONE) e


rappresenta il percorso che la scuola intende intraprendere per raggiungere i traguardi definiti come priorità
nel RAV. Il PDM è curato dal DS e dal NIV ma è fondamentale coinvolgere tutta la comunità scolastica.
L'INDIRE fornisce un modello di PDM basato su interventi educativi, didattici, gestionali ed organizzativi. Il
PDM si articola in quattro sezioni: la scelta degli obiettivi di processo, l'individuazione delle azioni necessarie
per raggiungere gli obiettivi, la pianificazione degli obiettivi e la valutazione condivisione e diffusione del
lavoro svolto dal NIV. Per costruire un PDM efficace si può adottare una scelta operativa basata sulla
definizione di priorità strategiche, obiettivi di miglioramento e traguardi di lungo periodo. Il PTOF (PIANO
TRIENNALE DELL'OFFERTA FORMATIVA), documento fondamentale della scuola, non può prescindere dal
PDM e deve integrarlo definendo priorità, traguardi e obiettivi di processo.

2. La valutazione esterna consiste nel verificare la situazione delle scuole che presentano difficoltà sulla
base degli indicatori forniti dall'INVALSI, e le visite dei nuclei di valutazione portano alla ridefinizione dei piani
di miglioramento in base ai risultati delle analisi effettuate. La Conferenza per il coordinamento funzionale
del Sistema nazionale di valutazione è responsabile della valutazione esterna e adotta protocolli di
valutazione e il programma delle visite delle scuole, formula anche proposte in merito all'individuazione delle
priorità strategiche della valutazione. La valutazione esterna ha come obiettivo il miglioramento delle qualità
dell'offerta formativa e degli apprendimenti, la riduzione della dispersione e delle differenze tra scuola e aree
geografiche, il rafforzamento delle competenze di base degli alunni e la valorizzazione degli esiti a distanza.
La valutazione esterna è affidata ai NUCLEI DI VALUTAZIONE ESTERNA (NEV) costituiti da ispettori iscritti in
appositi albi. Ha come punto di partenza il processo di autovalutazione effettuato dalla scuola. Come il PDM,
anch’esso trova punto di partenza nel RAV. La valutazione esterna si compone di tre fasi: la lettura dei
documenti da parte del NEV, una visita di tre giorni con incontro iniziale con il DS e il NIV, la visita degli spazi
scolastici e la raccolta di interviste, e la formulazione del giudizio. Il NEV formula un giudizio collegiale per
ciascun ambito di valutazione con attribuzione di un livello da 1 a 7. Dopo la visita, il NEV predispone un RVE
(RAPPORTO DI VALUTAZIONE ESTERNA) che viene inviato alla scuola, che dovrà tenerne conto per la
compilazione del PDM.

3. Tutte le scuole, comprese quelle supportate dall'INDIRE, devono attuare azioni di miglioramento.

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Approfondimento legislazione scolastica

SCUOLA DELLE COMPETENZE

Il concetto di competenza si riferisce all'insieme di conoscenze, abilità e atteggiamenti che permettono a un


individuo di adattarsi con successo ai propri ambienti significativi, e che si traduce nella capacità di affrontare
e risolvere le sfide della vita attraverso l'uso di abilità cognitive e sociali. Esistono tre tipologie di conseguenze:

• le conseguenze cognitive, che riguardano l'acquisizione di concetti;

• le conseguenze metacognitive, che riguardano la consapevolezza e il controllo dei processi di


apprendimento;

• le conseguenze trasversali, che permettono di affrontare e risolvere problemi in modo efficace.

Il concetto di competenza è stato introdotto nel contesto scolastico a partire da diverse fonti normative, tra
cui il Regolamento relativo al nuovo esame di stato dell'art. 1 del 1998, la legge di riforma Berlinguer/De
Mauro del 2000, la Legge di riforma 53 del 2003 art 2 e il Profilo educativo, culturale e professionale dello
studente (Dlgs 19 febbraio 2004 n. 59 attuativo del 1° ciclo), che specifica le competenze che uno studente
dovrebbe acquisire al termine del primo ciclo di istruzione.

In base a queste fonti, un ragazzo viene considerato competente quando è in grado di esprimere la propria
individualità e di condividere le proprie idee, risolvere i problemi, riflettere su se stesso, comprendere i
sistemi simbolici e culturali, sviluppare un senso estetico e dare un senso alla propria vita.

Successivamente, in seguito alla Raccomandazione europea del 2006, le competenze sono state integrate nel
sistema scolastico italiano attraverso le indicazioni nazionali.

L'Italia è uno Stato membro dell'Unione Europea e insieme ad altri paesi dell'UE si è impegnata a raggiungere
obiettivi comuni per garantire un livello uniforme di ricerca e istruzione per tutti. Tuttavia, gli Stati membri
hanno ancora la sovranità in materia di istruzione e formazione, mentre l'UE svolge un ruolo di sostegno alle
politiche nazionali. A livello europeo, l'autonomia scolastica del nostro sistema di istruzione riflette il
processo mediante il quale la comunità europea contribuisce all'aumento della qualità dell'istruzione nel
rispetto delle diversità culturali degli Stati membri. L'articolo 126 del Trattato sull'Unione Europea stabilisce
che la comunità europea contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione
tra gli Stati membri.

Nel Vertice di Lisbona del 2000, si è ribadito l'importanza di migliorare il livello formativo generale, e si sono
evidenziati gli obiettivi da raggiungere entro il 2010. La Commissione europea ha proposto una Strategia per
l'Europa denominata Europa 2020 il 3 marzo 2010, che rappresentava la prosecuzione della Strategia di
Lisbona. Europa 2020 si concentra su tre ambiti chiave per migliorare la collaborazione tra l'UE e gli Stati
membri e rilanciare l'economia dell'UE. La Commissione ha identificato tre motori di crescita dell'UE: crescita
intelligente attraverso la promozione dell'istruzione, crescita sostenibile attraverso la maggiore efficienza
delle risorse produttive europee, e crescita inclusiva attraverso l'acquisizione di competenze e la lotta alla
povertà.

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Approfondimento legislazione scolastica

La Strategia di Lisbona 2000 aveva come obiettivo la trasformazione del sistema economico europeo in un
sistema competitivo e dinamico basato sulla conoscenza entro il 2010. Al fine di garantire l'accesso alle
competenze di base, sono state definite le competenze chiave che ogni alunno doveva acquisire al termine
dell'istruzione obbligatoria. Nel dicembre 2006, l'UE ha invitato gli Stati membri a sviluppare strategie per
assicurare l'acquisizione di competenze chiave per l'apprendimento permanente, tra cui l'acquisizione di
competenze di base durante l'istruzione iniziale e la possibilità di aggiornare le competenze lungo tutta la
vita (lifelong learning).

Le otto competenze chiave individuate dalla Raccomandazione 2006 sono: comunicazione nella madrelingua,
comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica e di base in scienza e tecnologia, competenza
digitale, competenze sociali e civiche, imparare ad imparare, spirito di iniziativa e imprenditorialità, e
consapevolezza ed espressione culturale. L'Italia si è uniformata alle indicazioni della Raccomandazione
europea del 2006 nelle attuali Linee guida per tutti gli ordini e gradi di scuola, ma si ricorda che queste
raccomandazioni non sono vincolanti per gli Stati membri. Il decreto 22 agosto 2007 n. 139 ha inoltre
individuato le competenze chiave dei cittadini, tra cui l'abilità di apprendere, progettare, comunicare,
collaborare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni,
e acquisire ed interpretare informazioni.

Il 22 maggio 2018 il Consiglio dell'Unione Europea ha approvato una nuova Raccomandazione sulle
competenze chiave per l'apprendimento permanente, che rinnova e sostituisce la precedente del 2006. Pur
non avendo vincolo di legge, questo documento fornisce agli Stati membri delle linee guida per promuovere
maggiori competenze imprenditoriali, sociali e civiche. Il primo principio del Pilastro europeo dei diritti sociali,
adottato dall'UE il 17 novembre 2017 a Goteborg, sancisce il diritto di ogni persona all'istruzione. In questo
contesto, lo sviluppo delle competenze rappresenta uno degli obiettivi per creare uno spazio europeo
dell'istruzione in grado di sfruttare le potenzialità dell'istruzione e della cultura come forze motrici per
l'occupazione e la giustizia sociale. Tuttavia, numerose indagini internazionali hanno rilevato che un'ampia
percentuale di adolescenti e adulti presenta competenze base insufficienti. Per questo motivo, l'UE sta
investendo sempre di più nelle competenze di base, che non possono essere considerate come statiche, ma
devono essere in grado di evolversi lungo tutto il corso della vita dell'individuo.

La nuova Raccomandazione definisce le Competenze come una combinazione di conoscenze, abilità e


atteggiamenti, in cui:

• La conoscenza è composta da fatti e cifre già stabiliti.

• Per abilità si intende il saper fare e l'essere capaci di eseguire processi e applicare conoscenze
esistenti.

• Gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire.

Le competenze chiave si sviluppano in un'ottica di apprendimento permanente, dalla prima infanzia fino alla
vita adulta. Sono considerate tutte ugualmente importanti e sono otto:

• Alfabetizzazione funzionale.

• Multilinguismo.

• Matematica, scienze, tecnologia e ingegneria.

• Competenza digitale.

• Competenze personali, sociali e di apprendimento.

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Approfondimento legislazione scolastica

• Competenze in materia di cittadinanza.

• Competenze imprenditoriali.

• Competenze in materia di consapevolezza ed espressioni culturali.

Gli Stati membri sono poi invitati a:

• Sostenere il diritto all'istruzione, formazione e apprendimento.

• Assicurare a tutti l'opportunità di sviluppare le competenze chiave.

Il 17 gennaio 2018, il Consiglio europeo ha adottato la Raccomandazione sulla promozione di valori comuni,
di un'istruzione inclusiva e della dimensione europea dell'insegnamento per rafforzare la coesione sociale e
contrastare il populismo, la xenofobia e le fake news. Indagini dell'UE hanno evidenziato un basso livello di
conoscenza dell'Unione europea tra i suoi cittadini, pertanto è necessario promuovere l'identità europea
attraverso l'istruzione e la cultura.

Con il DM del 31 luglio 2007, l'Italia si è adeguata alle direttive dell'UE del 2006 e ha garantito maggiore
autonomia alle scuole nella progettazione educativa, emanando nuove indicazioni per il curricolo per la
scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione. L'obiettivo principale era quello di preparare i giovani al
futuro e alla vita adulta, fornendo loro le competenze indispensabili per essere protagonisti nella realtà socio-
economica in cui vivranno.

Le indicazioni nazionali del 2012 confermano il tema delle competenze, assumendo come orizzonte di
riferimento il quadro delle competenze chiave per l'apprendimento permanente definito dal Parlamento
europeo e dal Consiglio dell'UE. Il termine "competenze" rimanda a un'idea di apprendimento attivo, a
qualcosa che rimane negli alunni anche al di fuori della scuola. La didattica per le competenze viene promossa
e gli apprendimenti attesi vengono definiti come "traguardi per lo sviluppo di competenze". La valutazione è
"formativa" e non deve giudicare ma stimolare. Le prove Invalsi non devono condizionare la didattica, ma
raccogliere ed elaborare dati utili per il miglioramento della didattica.

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Approfondimento legislazione scolastica

OFFERTA FORMATIVA E PROGRAMMAZIONE

Il PTOF (Piano Triennale dell'Offerta Formativa) rappresenta l'autonomia didattica delle scuole, che si esplica
attraverso la creazione della propria offerta formativa e l'approvazione dell'atto di pianificazione. In passato,
il POF (Piano dell'Offerta Formativa) sostituiva i vecchi programmi ministeriali, affidando a ogni scuola il
compito di definire la propria identità culturale e progettuale, rispettando le indicazioni nazionali e le linee
guida. Tuttavia, con la Legge 107/2015 (Buona scuola), il POF è stato sostituito dal PTOF, il quale prevede che
la progettazione guardi al triennio, anche per le risorse finanziarie. Il PTOF rappresenta la carta d'identità
della scuola e deve essere adeguatamente pubblicizzato per garantire la trasparenza. Per una corretta
elaborazione dell'offerta formativa, ci sono due documenti fondamentali da tenere in considerazione: il RAV,
che individua i punti di forza e di debolezza dell'istituto, e il PDM (Piano di Miglioramento), che monitora
l'offerta formativa e stabilisce gli obiettivi di crescita. Inoltre, il PEI (Progetto Educativo d'Istituto) costituisce
un impegno per l'intera comunità scolastica, contenendo le scelte educative e organizzative delle risorse. Il
DPCM 7 giugno 1995 specifica che il PEI deve essere incluso tra i documenti di cui la scuola deve dotarsi.

La predisposizione del PTOF avviene entro il mese di ottobre dell'anno scolastico precedente al triennio
formativo e viene elaborato dal Collegio docenti sulla base delle scelte di gestione e amministrazione definite
dal DS, tenendo conto delle proposte delle associazioni di genitori e degli studenti. Il PTOF viene approvato
dal Consiglio di Circolo e d'Istituto ed è pubblicato sul sito della scuola. Gli ambiti di intervento del PTOF
riguardano la predisposizione del curricolo verticale, la progettazione di attività didattiche curricolari ed
extracurricolari, l'individuazione del fabbisogno del personale, la promozione di iniziative, la pianificazione di
attività e l'attuazione dei principi di pari opportunità. Le iniziative da incrementare con l'offerta formativa
devono scaturire anche dalle risultanze del Rapporto di autovalutazione RAV e dal relativo Piano di
Miglioramento, allegato al PTOF.

Il PTOF è strutturato in quattro parti principali:

1. La prima parte descrive le fonti che riguardano la situazione attuale dell'istituto, l'esperienza
pregressa e le prospettive future di sviluppo.

2. La parte centrale del PTOF riguarda le offerte e i programmi didattici dell'istituto.

3. Il regolamento disciplina i diritti e i doveri dei docenti e degli alunni.

4. La valutazione riguarda i metodi, le modalità e i criteri di verifica e valutazione delle attività


didattiche.

Per apportare modifiche al PTOF durante l'anno, è possibile farlo entro il 30 ottobre. Gli obiettivi formativi
del PTOF sono stabiliti dalla Legge 107/2015, indicati sulla pagina 78. Il MIUR ha fornito indicazioni operative
e orientamenti per la redazione del PTOF, sempre nel rispetto dell'autonomia delle scuole e affinché sia
coerente con il procedimento di valutazione, tramite la Nota 11-12-2015 n. 2805. Inoltre, il PTOF deve essere
coerente con l'autovalutazione RAV. La procedura per rinnovare il PTOF al termine del primo triennio di
vigenza e a valere per il triennio 2019-2022 è stata indicata dal MIUR tramite la Nota 16-10-2018 n. 17832, e
un'apposita area applicativa SIDI è stata predisposta per le istituzioni scolastiche che possono modificare il
modello.

Il Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF) consente alle scuole di definire il curricolo obbligatorio per i
propri studenti (art. 8 DPR 275/1999). Questo percorso è il curricolo, che viene elaborato dal Collegio Docenti
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Approfondimento legislazione scolastica

in collaborazione con famiglie, componenti civili e sociali del territorio, e che ha come scopo il successo
formativo degli studenti. Il curricolo può essere strutturato in modo verticale per definire le tappe per
raggiungere gli obiettivi dell'istituto per gli studenti, o in modo orizzontale tra le varie discipline, al fine di
evitare la frammentazione dei saperi.

La scelta del curricolo è a discrezione della scuola, ma deve essere elaborato nel rispetto del monte-ore
stabilito a livello nazionale. Esso è composto da una quota obbligatoria di attività e discipline definite a livello
nazionale e da una quota autonomamente definita da ogni istituto, come ampliamento dell'offerta formativa.
Ogni scuola predispone il curricolo rispettando le finalità, i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli
obiettivi stabiliti dalle indicazioni nazionali.

Il curricolo si articola attraverso campi di esperienza nella scuola dell'infanzia, discipline nella scuola di I ciclo,
l'individuazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento.

Dopo aver definito il curricolo, la scuola procede alla programmazione delle attività, che si articola in tre
momenti cruciali:

1. La programmazione di istituto, elaborata dal Consiglio di Istituto;

2. La programmazione educativa, elaborata dal Collegio Docenti, che si riferisce agli obiettivi di sviluppo
della personalità degli studenti nelle aree sociale, cognitiva, motoria ed affettiva;

3. La programmazione didattica, elaborata e approvata dal Consiglio di intersezione, interclasse e


classe, che delineano il percorso formativo della classe e degli studenti, adattando gli interventi operativi alle
loro esigenze.

Il lavoro del Consiglio di Istituto o del Collegio Docenti viene coordinato dal Consiglio di Classe, il quale ha il
compito di analizzare in modo realistico la situazione iniziale degli studenti, verificando i prerequisiti e le
abilità acquisite, al fine di individuare gli interventi didattici mirati.

La programmazione didattica consiste in una serie di operazioni svolte dagli insegnanti per organizzare il
proprio lavoro didattico in un determinato periodo di tempo, trasformando gli obiettivi educativi in attività
da svolgere in classe per raggiungere i traguardi prefissati.

Il Piano Annuale delle Attività dei Docenti ha il suo fondamento nel Piano dell'Offerta Formativa, come
stabilito dall'articolo 28 comma 4 del CCNL 2006-2009, ed è redatto all'inizio dell'anno scolastico dal Dirigente
Scolastico. Esso stabilisce gli obblighi di lavoro dei docenti complementari e le attività funzionali
all'insegnamento, ed è deliberato dal Collegio dei Docenti. Il Piano -dell'Offerta Formativa si inserisce nella
Macroprogettazione, il primo livello di progettazione, che precede la Microprogettazione, ovvero la
progettazione di dettaglio. La progettazione è esplicitata attraverso la creazione di tutti i documenti necessari
per formalizzare e pubblicizzare le strategie didattiche. La programmazione è un obbligo di legge e
rappresenta la massima espressione dell'autonomia didattica delle scuole. La Macroprogettazione precede
la Microprogettazione, che comprende la programmazione annuale e anche la singola lezione. I docenti
elaborano la programmazione didattica individualmente per le discipline che insegnano e collettivamente
nell'ambito dei Collegi Docenti e dei Consigli di Classe. I principali riferimenti della Microprogettazione sono
il Piano dell'Offerta Formativa, le Indicazioni Nazionali e le Linee Guida, le peculiarità culturali del territorio
di riferimento e le esigenze formative della comunità in cui si opera, nonché le caratteristiche socio-culturali
e cognitive degli studenti.

LA GOVERNANCE DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI

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Approfondimento legislazione scolastica

La Pubblica Amministrazione comprende tutte le amministrazioni statali, con il Ministero che costituisce
l'amministrazione centrale e dipendono da essa i vari uffici, dipartimenti ed enti pubblici che costituiscono
l'amministrazione periferica dello Stato. Il MIUR (ministero dell’istruzione, dell’università, e della ricerca) è
un ente di governo centrale che si occupa dell'istruzione, dell'università e della ricerca, suddiviso in
dipartimenti e aree che a loro volta sono suddivisi in direzioni generali. I capi Dipartimento svolgono compiti
di coordinamento, direzione e controllo degli uffici e gli USR dipendono da loro per le specifiche materie da
trattare. Il Ministero si avvale degli Uffici di Diretta Collaborazione, come l'ufficio di gabinetto e la segreteria
del Ministero, per lo svolgimento delle proprie funzioni di indirizzo politico-amministrativo.

Secondo il TU istruzione (Dlgs 279/1994), il Ministero ha il compito fondamentale di promuovere l'istruzione


sociale e pubblica e di sovrintendere all'andamento dell'intero sistema scolastico. Il Ministro rappresenta
l'organo di direzione politica del Ministero ed è responsabile di diverse attività, tra cui: definizione degli
obiettivi, individuazione delle risorse umane/materiali/economico-finanziarie, definizione dei criteri e
parametri per l'organizzazione della rete scolastica, valutazione del sistema scolastico, assegnazione delle
risorse finanziarie dello Stato al personale e alle istituzioni scolastiche e funzioni relative ai conservatori di
musica, alle Accademie delle belle Arti ecc. Inoltre, i capi dei dipartimenti, i dirigenti preposti agli uffici di
livello dirigenziale generale compresi nei dipartimenti e i dirigenti titolari degli Uffici scolastici regionali si
riuniscono in una conferenza per discutere delle attività dei rispettivi uffici e per formulare proposte al
Ministro.

Altri organismi collegati all'amministrazione centrale includono:

• CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione): istituito nell'aprile 2015, è un organo collegiale
di supporto tecnico-scientifico composto da 36 membri, tra cui rappresentanti delle scuole e del mondo
culturale. Il suo compito principale è quello di formulare proposte al Ministro sull'orientamento e le politiche
da perseguire nell'ambito dell'istruzione pubblica.

• Osservatorio dell'edilizia scolastica: promuove iniziative di studio e ricerca riguardanti la


manutenzione e l'edilizia delle scuole, al fine di migliorare l'efficienza e la funzionalità degli edifici scolastici.

• Invalsi e Indire: sono entrambi organismi di ricerca e sviluppo nell'ambito dell'istruzione. Invalsi
(Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) è incaricato di valutare
la qualità del sistema educativo, mentre Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca
educativa) ha il compito di promuovere l'innovazione e la ricerca nel campo dell'istruzione.

• Gli USR (Uffici regionali scolastici): rappresentano la governance della scuola a livello periferico,
sostituendo i precedenti Provveditorati agli studi. Il MIUR è articolato a livello periferico in 18 Uffici Scolastici
regionali, presenti in ogni capoluogo di regione, tranne che in Valle d'Aosta e Alto Adige a causa del basso
bacino di popolazione studentesca. L'USR ha poteri autonomi simili a quelli di un ministero regionale e vigila
sul rispetto delle norme generali sull'istruzione, sui livelli essenziali delle prestazioni, sull'attuazione degli
ordinamenti scolastici e sull'efficacia dell'azione formativa, sia per le scuole statali che paritarie. Ogni URS è
dotato di due organi collegiali: uno a composizione mista e l'altro il consiglio regionale dell'istruzione. Inoltre,
ogni URS è organizzato in Uffici scolastici provinciali (USP), che supportano le scuole a livello provinciale.

La riforma della Buona Scuola, introdotta con la legge 107/2015, ha definito la composizione dell'organico
scolastico e ha stabilito il meccanismo per la sua ripartizione tra le regioni, gli ambiti territoriali e le singole
istituzioni scolastiche. Secondo il comma 66 della legge, i ruoli del personale docente sono regionali e
articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni per ogni grado d'istruzione, classe di concorso e tipologie

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Approfondimento legislazione scolastica

di posti. La dimensione degli ambiti territoriali è inferiore alla provincia o alla città metropolitana, tenendo
conto della popolazione scolastica, della prossimità delle scuole e delle caratteristiche del territorio.

La nota ministeriale 726/2016 ha stabilito che gli ambiti territoriali devono avere una dimensione sub-
provinciale e non includere scuole di province diverse. Inoltre, devono comprendere scuole sia del primo che
del secondo ciclo per garantire un'ampia offerta formativa e non possono avere una popolazione scolastica
superiore a 40.000 alunni o inferiore a 22.000 alunni. Tuttavia, nelle aree metropolitane, la popolazione
scolastica può raggiungere fino a 70.000 alunni.

Abbiamo spiegato che sebbene lo Stato sia l'ente pubblico principale con competenza sull'intero territorio
nazionale, ci sono vari enti territoriali che agiscono all'interno di un territorio specifico per perseguire fini
istituzionali pertinenti a tale territorio. Tra questi, l'articolo 114 della Costituzione riconosce diverse categorie
di enti territoriali, tra cui:

• Regioni: alle quali l'articolo 117 della Costituzione attribuisce la competenza legislativa esclusiva in
materia di istruzione per quanto riguarda le norme generali, nonché la competenza legislativa esclusiva sul
sistema di istruzione e formazione professionale. Le Regioni devono inoltre garantire i livelli essenziali di
prestazione, tra cui il rispetto degli standard formativi minimi. Per quanto riguarda l'istruzione scolastica,
Stato e Regioni condividono alcune competenze legislative.

• Province: le quali hanno competenze in materia di istruzione solo per quanto riguarda le scuole
secondarie, tra cui l'istituzione, la fusione e la soppressione delle scuole, la fornitura di edifici, arredi e
strumenti per le scuole superiori, la cura della rete dei trasporti scolastici, il supporto organizzativo per gli
alunni con disabilità, ecc.

• Comuni: i quali hanno competenze principalmente in materia di istruzione per adulti, orientamento
scolastico e professionale, supporto alle strategie di continuità verticale e orizzontale, attuazione delle pari
opportunità di istruzione, prevenzione della dispersione scolastica, servizio mensa, fornitura di arredi e
attrezzature per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo.

• Città metropolitane.

• Gli organi collegiali e il dirigente scolastico hanno il compito di governare gli istituti scolastici. Secondo
l'articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 297/1994, l'istituzione degli organi collegiali a livello
scolastico ha lo scopo di favorire la gestione condivisa dell'istituzione, evitando di isolare l'istituzione
scolastica e coloro che ci lavorano.

Con la legge n. 477/1973 si è superato il modello gerarchico inizialmente strutturato, con il Ministero a livello
nazionale, i Provveditorati agli Studi a livello provinciale e i Presidi a livello scolastico, in cui i genitori e gli
studenti non avevano alcun ruolo istituzionale. Sono stati quindi istituiti il Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione (CNPI), destinato ad affiancare il Ministro, il Consiglio Scolastico Provinciale (CSP), che

affianca il Provveditorato agli Studi, e il Consiglio di Circolo o d'Istituto, che affianca in ogni scuola il dirigente
scolastico.

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Approfondimento legislazione scolastica

In seguito al DLGS 297/1994, il territorio regionale venne diviso in distretti scolastici, chiamati DISTRETTI
SCOLASTICI, la cui estensione non superava quella provinciale. Ogni ordine e grado di scuola (esclusi
università, conservatori di musica e Accademia delle belle arti) doveva essere presente all'interno del
distretto scolastico. Il CONSIGLIO SCOLASTICO DISTRETTUALE era l'organo di governo del distretto scolastico.

In seguito, a seguito della legge 59/199/ che delegava il potere esecutivo al Governo per la riforma degli
organi collegiali territoriali della scuola, il DLGS 30 GIUGNO 1999 N 233 venne emanato per rinnovare
l'articolazione territoriale. La riforma prevedeva che la partecipazione e la rappresentanza della vita
scolastica avvenissero non solo a livello di singola istituzione, ma anche a livello centrale, regionale e locale.

La struttura partecipativa della scuola, originariamente disegnata dal Decreto del Presidente della Repubblica
(DPR) 416/1974 e successivamente adottata dal Testo Unico dell'istruzione (DLGS 297/1994), si basa sui
consigli collegiali operanti a livello di circolo e di istituto. Secondo gli articoli 5 e successivi del Testo Unico, i
consigli sono i seguenti:

• Consiglio di intersezione nella scuola dell'infanzia: composto dagli insegnanti delle sezioni dello
stesso plesso, dai docenti di sostegno e da un rappresentante eletto dai genitori. Il preside della scuola è il
presidente del consiglio.

• Consiglio di interclasse nella scuola primaria: composto dai docenti dei gruppi classe parallele o dallo
stesso ciclo o dello stesso plesso, da un rappresentante eletto dai genitori per ciascuna delle classi interessate
e dai docenti di sostegno. Il preside della scuola è il presidente del consiglio.

• Consiglio di classe negli istituti di istruzione secondaria: composto dai docenti di ogni singola classe,
inclusi quelli di sostegno, e si occupa dell'andamento generale della classe. Il preside della scuola è il
presidente del consiglio. Le competenze riguardanti la valutazione periodica e finale degli alunni spettano al
consiglio senza la presenza dei genitori e degli alunni. Questi organi hanno una composizione differenziata in
relazione alle varie attribuzioni conferite dalla legge. Altre competenze comprendono la deliberazione
sull'accoglimento delle domande di alunni che chiedono di trasferirsi all'istituto nel corso dell'anno; nella
scuola secondaria, possono anche disporre sanzioni disciplinari agli studenti con una sospensione non
superiore a 15 giorni.

• Collegio dei docenti: i consigli sopra elencati devono formulare al collegio dei docenti proposte in
ordine all'azione educativa e didattica e iniziative di sperimentazione, nonché agevolare ed estendere i
rapporti reciproci tra docenti, genitori e alunni. Il collegio dei docenti è un organo collegiale composto
esclusivamente dal personale insegnante. La sua formazione è automatica e comprende anche gli insegnanti
di sostegno che assumono la contitolarità delle classi del circolo o istituto. Il presidente del collegio è il preside
della scuola e il suo voto prevale in caso di parità a una deliberazione. Il collegio si insedia all'inizio di ogni
anno scolastico e si riunisce ogni qualvolta il preside ne ravvisi la necessità o quando almeno un terzo dei
componenti ne faccia richiesta, almeno una volta ogni trimestre o quadrimestre. Le riunioni hanno luogo
durante l'orario di servizio in ore non coincidenti con le lezioni e compatibilmente con gli impegni di lavoro
dei componenti.

Il Collegio Docenti ha diverse competenze che riguardano l'aspetto tecnico-didattico dell'istituto scolastico.
In particolare, il Collegio esercita poteri deliberativi, ovvero delibera su tutto ciò che riguarda il
funzionamento didattico, tra cui l'elaborazione del PTOF, la scelta dei libri di testo, la suddivisione dell'anno
scolastico in periodi e la valutazione degli alunni. Inoltre, il Collegio ha poteri di proposta nei confronti del
dirigente, come la composizione delle classi e la formulazione dell'orario scolastico, e ha poteri propulsivi per
promuovere iniziative di aggiornamento per i docenti e il sostegno degli alunni disabili.
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Approfondimento legislazione scolastica

Il Collegio Docenti ha anche poteri di valutazione, valutando l'andamento complessivo dell'azione didattica e
proponendo eventuali misure per il miglioramento dell'attività scolastica. Inoltre, il Collegio ha poteri di
indagine per esaminare eventuali casi di scarso profitto o comportamento irregolare degli alunni. Infine, il
Collegio ha poteri consultivi, formulando pareri al dirigente in merito alla sospensione del personale docente.

Tuttavia, è importante sottolineare che il Collegio Docenti rimane sottoposto al Consiglio di Istituto, che ha il
potere decisionale finale su molte delle questioni affrontate dal Collegio.

• Il Consiglio di Circolo o di Istituto e la Giunta Esecutiva, in base all'art. 10 del TU istruzione, sono
responsabili della gestione economica e finanziaria della scuola. Il Consiglio è formato da 14 membri per le
scuole con una popolazione scolastica fino a 500 alunni e da 19 membri per quelle con una popolazione
superiore a 500 alunni. Tra i membri del Consiglio ci sono rappresentanti del personale docente e non
docente, dei genitori degli alunni e degli studenti nella scuola secondaria, nonché il Dirigente Scolastico. Il
presidente del Consiglio è scelto tra i rappresentanti dei genitori degli alunni e la funzione di segretario è
affidata a un membro del Consiglio. L'organo ha una durata di tre anni scolastici, mentre i rappresentanti
degli studenti vengono eletti annualmente. Il Consiglio delibera sull'organizzazione e la programmazione
della vita e dell'attività della scuola e ha un ruolo fondamentale nell'individuazione degli obiettivi che la
scuola si propone di raggiungere. Inoltre, il Consiglio approva il PTOF, il bilancio preventivo e il conto
consuntivo, adotta il Regolamento di Istituto, il calendario scolastico e i criteri per la programmazione o
l'attuazione della attività para-extra e interscolastiche. Il Consiglio promuove anche contatti con altre scuole
e adotta iniziative per l'educazione della salute e la prevenzione delle tossicodipendenze. L'attività consultiva
del Consiglio riguarda l'andamento generale didattico e amministrativo del circolo o istituto. La Giunta
Esecutiva, composta da DS, DSGA, un docente, un non docente, due genitori (ma solo un genitore e uno
studente nell'istituto di istruzione secondaria e artistica), viene eletta internamente al Consiglio ed ha una
durata di tre anni. Il Regolamento di Istituto, disciplina le attività quotidiane della scuola, comprese le norme
riguardanti la vigilanza sugli alunni, il loro comportamento, i ritardi, le uscite, le assenze e le giustificazioni,
l'uso degli spazi comuni, dei laboratori, della mensa, dei viaggi di istruzione, ecc. e viene emanato dal
Consiglio di Istituto.

• Il Comitato per la valutazione dei docenti, come stabilito dalla L.107/2015 comma 129, ha sostituito
integralmente l'articolo 11 DLGS 297/1994. Tale comitato è costituito da tre docenti, di cui due scelti dal
Collegio docenti e uno dal consiglio di istituto; due rappresentanti dei genitori, uno per l'infanzia e il primo
ciclo e uno per il secondo ciclo, scelti dal Consiglio di istituto; un rappresentante degli studenti e un
rappresentante dei genitori del secondo ciclo, scelti sempre dal Consiglio di istituto; e infine un componente
esterno scelto dall'USR. Il compito del comitato è quello di esprimere il proprio parere sul superamento del
periodo di formazione e di prova del personale docente ed educativo.

• Le assemblee studentesche e dei genitori sono una prerogativa della scuola secondaria superiore,
secondo l'articolo 12 del Testo Unico. Le assemblee dei genitori possono essere di classe o di istituto e
prevedono la partecipazione di un genitore per le assemblee di classe e anche per quelle di istituto. Per
quanto riguarda l'infanzia, ci sono invece le assemblee di sezione. Tali assemblee possono svolgersi sia
all'interno che all'esterno dei locali del circolo o dell'istituto. L'assemblea viene convocata su richiesta dei
genitori eletti nei consigli di intersezione, interclasse o di classe, e la sua autorizzazione è necessaria da parte
del dirigente scolastico.
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Approfondimento legislazione scolastica

Con la RIFORMA DELLA BUONA SCUOLA, il ruolo del DIRIGENTE SCOLASTICO ha acquisito un'importanza
fondamentale. La legge 25 Dlgs 165/2001 (TU sul pubblico impiego) stabilisce che il DS debba garantire la
gestione unitaria dell'istituzione, assumendosi la responsabilità della gestione delle risorse umane,
finanziarie e strumentali, dell'organizzazione dell'attività scolastica e delle relazioni sindacali. In pratica, il
dirigente diventa un datore di lavoro pubblico e si trova ad assumere un ruolo simile a quello di un
imprenditore nella gestione dell'azienda scuola.

Il dirigente può avvalersi di docenti individuati da lui per svolgere compiti specifici e può contare sul supporto
del DSGA (Dirigente Scolastico con funzioni amministrative). Questi collaboratori sono due unità di personale
docente che possono essere retribuite in sede di contratto di istituto con i finanziamenti a carico del fondo
per le attività aggiuntive FIS previste per le collaborazioni con il DS.

Il dirigente può anche scegliere un Collaboratore Vicario (il vecchio vicepreside) che possa sostituirlo in caso
di assenza o impedimenti brevi. In questo caso, il docente che sostituisce il DS non ha altre competenze se
non quella di esercitare tutto o in parte i poteri dell’organo primario impossibilitato ad agire.

Il DS può inoltre avvalersi di docenti collaboratori da lui individuati ai quali possono essere delegati compiti
specifici. È così nato lo Staff di Dirigenza o Presidenza. La Legge 107/2015 prevede che il DS possa individuare
fino al 10% dei docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo-didattico all'istituzione
scolastica.

Le funzioni strumentali corrispondono a quelle che una volta erano le funzioni di obiettivo. In base all'articolo
33, comma 2 del contratto nazionale, vengono individuate dal Collegio docenti in coerenza con il Piano
dell'Offerta Formativa che definisce anche i criteri per l'assegnazione dei numeri e dei destinatari. Qualsiasi
docente può richiedere di svolgere una funzione strumentale, che sarà retribuita con un trattamento
accessorio. Tuttavia, chi svolge un incarico in collaborazione con il DS non può ricoprire
contemporaneamente un ruolo di funzione strumentale poiché il compenso non è cumulabile.

Il DSGA è un organo che supporta il nucleo operativo attraverso l'uso di procedure tecniche e analisi. Ha la
responsabilità di gestire il personale ATA e si occupa di due principali aree di competenza: i servizi generali,
che organizzano il lavoro del personale non docente come collaboratori scolastici e assistenti tecnici, e i
servizi amministrativi, che sono erogati dalla segreteria e comprendono attività quali la gestione della
didattica e della contabilità.

LA CULTURA DEL RAPPORTO SCUOLA – TERRITORIO

Il concetto di territorio esprime l'unità decisionale di tipo amministrativo e giurisdizionale, in cui si trovano
Enti di riferimento come comune, provincia e regione. Il territorio rappresenta un potenziale laboratorio, un
luogo di partecipazione e un ambiente in cui si concretizzano forme di convivenza. Tuttavia, oggi si sta
assistendo a un'ibridazione tra la cultura locale, che riguarda specificità definite, e la cultura globale, che mira

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Approfondimento legislazione scolastica

alla standardizzazione. In questo contesto, la scuola assume un ruolo centrale, cercando di mediare tra
queste due tendenze.

Il regionalismo è un processo che ebbe inizio negli anni '70 in Italia, con la costituzione delle Regioni. Questo
processo ha portato ad un'articolazione del territorio all'interno dello Stato-nazione, rimasto
sostanzialmente integro. Con la legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, l'articolo 11 della Costituzione
è stato modificato per quanto riguarda la materia dell'istruzione. In particolare, la potestà legislativa è
concorrente tra lo Stato - al quale spetta la determinazione delle norme generali e dei principi fondamentali,
nonché dei livelli essenziali per la fruizione del diritto allo studio - e le Regioni.

Il principio di sussidiarietà ha avuto la sua prima elaborazione nella dottrina sociale della Chiesa cattolica,
enunciato nell'Enciclica Quadragesimo Anno del 1931. Esso afferma che non si devono togliere ai singoli
cittadini attributi che possono acquisire di propria iniziativa e con i propri mezzi per trasferirli alla comunità.
Questo principio è basato sulla visione gerarchica della vita sociale e stabilisce che gli enti di ordine superiore
devono aiutare e promuovere lo sviluppo di quelli minori, come la famiglia e altri "corpi intermedi", che si
trovano tra il singolo cittadino e lo Stato. Se questi corpi intermedi svolgono una funzione sociale, lo Stato
deve sostenerli anche finanziariamente.

Il concetto giuridico di sussidiarietà è stato introdotto nell'Unione Europea nella seconda metà degli anni '80,
come parte del Trattato di Maastricht, che prevede che l'ente sovraordinato svolga una funzione sussidiaria
rispetto a quello più vicino al cittadino. Nell'ordinamento italiano, il principio di sussidiarietà è stato accolto
nella modifica del Titolo V della Costituzione attraverso la legge n. 3 del 2001. La Costituzione italiana già
riconosceva alle regioni funzioni amministrative e potestà legislativa in alcune specifiche materie, il che ha
favorito l'introduzione del principio di sussidiarietà.

La Legge Bassanini del 1997 segnò l'inizio della discussione sulla sussidiarietà, poiché il Parlamento italiano
cercava di attuare il massimo regionalismo avanzato senza modificare la Costituzione. In questo contesto, fu
introdotto l'articolo 118 della Costituzione italiana, il quale stabilisce che le funzioni amministrative sono
affidate ai Comuni, salvo che siano delegate alle Province, Città metropolitane, Regioni o allo Stato per
garantirne l'esercizio unitario, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Comuni, Province e Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle delegate
con leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze. La legge statale regola anche forme di
coordinamento tra lo Stato e le Regioni nelle materie indicate nell'articolo 117, secondo comma, lettere b) e
h), e regola le forme di intesa e coordinamento per la tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni incoraggiano l'iniziativa autonoma dei cittadini, singoli
e associati, per svolgere attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà. Questo principio
stabilisce che le funzioni amministrative devono essere esercitate al livello di governo più vicino ai cittadini,
considerando le dimensioni e le potenzialità degli enti locali.

L'articolo 118 della Costituzione italiana è parte del processo di attuazione di uno Stato funzione, in grado di
sostituirsi allo Stato persona. L'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche si inserisce in questo

nuovo disegno del sistema dell'istruzione, evidenziando la relazione funzionale tra i diversi soggetti, come il
Ministero, gli USR e le istituzioni scolastiche stesse. Ciò implica un coordinamento tra di loro, come
sottolineato dall'articolo 3 del DPR 309/2003.

Quali sono gli obiettivi della sussidiarietà?

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Approfondimento legislazione scolastica

La sussidiarietà ha diversi obiettivi, tra cui:

1. Apertura: la sussidiarietà richiede che le istituzioni scolastiche spieghino in modo accessibile le loro
decisioni e le loro azioni.

2. Partecipazione: la sussidiarietà promuove l'interesse dei cittadini attraverso forme di collaborazione


e partecipazione.

3. Responsabilità: la sussidiarietà richiede che l'amministrazione e la professione siano responsabili.

4. Efficacia: la sussidiarietà mira a garantire l'efficacia delle politiche scolastiche.

5. Coerenza: la sussidiarietà richiede la coerenza delle politiche dei vari soggetti.

Nel sistema scolastico, la sussidiarietà si applica in modo orizzontale e verticale. A livello orizzontale, la Legge
sulla parità scolastica del 2002 ha consolidato la sussidiarietà nell'istruzione attraverso la libera scelta delle
famiglie tra le scuole pubbliche e private. A livello verticale, la sussidiarietà si riconosce su quattro livelli:
nazionale, regionale, territoriale e singola scuola.

PRINCIPALI FORME DI COLLABORAZIONE INTERISTITUZIONALE

Le principali forme di collaborazione interistituzionale includono i partenariati educativi. Questi partenariati


vedono le istituzioni scolastiche lavorare per realizzare accordi formativi educativi sul territorio, attraverso
partenariati locali tra soggetti istituzionali o misti, come le associazioni. L'integrazione tra la scuola e le istanze
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Approfondimento legislazione scolastica

locali è supportata dall'articolo 8 del Regolamento sull'autonomia scolastica (DPR 275/1999). L'articolo 9 del
DPR 275/1999 richiama esplicitamente l'integrazione tra la scuola e il territorio, affermando che:

1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o consorziate in rete, promuovono ampliamenti dell'offerta


formativa coerenti con le proprie finalità, a beneficio dei propri alunni, della popolazione giovanile e degli
adulti.

2. I curricoli definiti in base all'articolo 8 possono essere arricchiti con attività facoltative e discipline
che le istituzioni scolastiche programmano in accordo con le Regioni e gli Enti locali, per realizzare percorsi
formativi integrati.

3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e partecipare a convenzioni o accordi stipulati a livello


nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di progetti specifici.

4. È possibile realizzare iniziative a favore degli adulti attraverso la progettazione di percorsi formativi
personalizzati e di autoformazione. Nel processo di ammissione ai corsi e nella valutazione finale, si possono
considerare i crediti formativi acquisiti sul lavoro e le esperienze di autoformazione documentate. Le
istituzioni scolastiche valutano tali crediti per personalizzare i percorsi didattici, eventualmente modificandoli
o riducendoli.

5. Nell'ambito delle attività per gli adulti, possono essere promosse specifiche iniziative di informazione
e formazione rivolte ai genitori degli studenti. La creazione di reti di scuole è spesso realizzata attraverso la
stipula di protocolli d'intesa, convenzioni, accordi o consorzi.

Le forme di partenariato educativo coinvolgono diversi soggetti, come enti locali, Camere di Commercio,
organismi di partecipazione decentrata sul territorio, associazioni culturali, musei, al fine di sviluppare un
progetto educativo.

L'articolo 7 del DPR 275/1999 prevede la possibilità di stipulare "accordi" tra scuole che desiderano
condividere percorsi formativi diversi, in base ad affinità strutturali o per finalità comuni, al fine di migliorare
il servizio erogato agli studenti. È possibile creare diverse tipologie di reti, come reti di libero scambio, reti
locali di scuole, reti di servizi, reti nazionali e di progetti. Tra gli organi coinvolti nella stipulazione delle reti
nelle istituzioni scolastiche, il Collegio dei docenti predispone il progetto da realizzare e richiede la
collaborazione di altre scuole. È necessario confrontarsi con il Dirigente Scolastico, che propone ad altre
istituzioni scolastiche di realizzare la rete di scopo definita dal punto di vista didattico dopo aver elaborato
uno studio di fattibilità. L'accordo viene deliberato dal Consiglio di circolo o istituto. Con l'introduzione della
legge "Buona Scuola" (legge 107/2015), sono state costituite reti di scuole a livello

territoriale, chiamate reti di ambito, all'interno delle quali è possibile individuare una scuola capofila e diverse
scuole polo, come ad esempio scuole polo per la formazione o l'inclusione.

• Il Piano Educativo Territoriale è un accordo collaborativo tra diverse istituzioni presenti sul territorio,
che includono la scuola, le famiglie, gli enti locali, le ASL, le agenzie e le associazioni. Il documento sottoscritto
attesta l'identità progettuale del territorio e integra l'offerta formativa delle istituzioni scolastiche con le
risorse presenti sul territorio. La famiglia è l'interlocutore privilegiato.

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Approfondimento legislazione scolastica

• Il Patto Educativo di Corresponsabilità nasce come parte di un provvedimento che mira ad aumentare
le misure sanzionatorie previste per gli allievi autori di illeciti. Il Patto richiama le famiglie all'assunzione delle
proprie responsabilità nell'educazione dei propri figli. Si tratta di un contratto tra la comunità scolastica e le
famiglie, che si firma all'atto di iscrizione per definire la condivisione della responsabilità. Il Patto prevede
una precisa enunciazione dei doveri da rispettare sia per gli insegnanti, le famiglie che per gli studenti.

• Il Contratto Formativo ha lo scopo di codificare il reciproco impegno che docenti e discenti assumono
a fronte delle finalità e degli obiettivi che si debbono perseguire e realizzare in un percorso formativo. Il DS
e i docenti dichiarano ed esplicitano l'offerta formativa, mentre le famiglie e gli allievi riconoscono il Curricolo
d'istituto ed esprimono il loro parere e collaborano alla sua realizzazione.

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