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16 CAPITOLO 1

QUADRO 1.1.

I dialetti italiani

Non è nostro compito tracciare qui un profilo approfondito dei dialetti ita-
liani. Il problema delle suddivisioni dialettali del nostro paese è del resto molto
complesso e le classificazioni dei dialetti italiani sono state spesso assai diverse
tra loro. Una delle più fortunate è la Carta dei dialetti italiani, approntata da
Giovan Battista Pellegrini nel 1977 soprattutto sulla base dei dati raccolti, tra
il 1919 e il 1928, nell'Atlante Italo-Svizzero (a questa carta si ispira, con alcune
significative innovazioni, quella tracciata da Francesco Sabatini nel 1997, ripro-
dotta, con qualche ulteriore modifica, nella fig. 1). Pellegrini ha elaborato anche
il concetto di italo-romanzo, con riferimento al complesso delle parlate dialetta-
li della nostra penisola e delle isole a essa adiacenti che riconoscono come lingua
di cultura (lingua guida o lingua tetto) l'italiano.
Sul piano dialettologico la prima fondamentale distinzione è quella tra i dia-
letti settentrionali, parlati nelle zone a nord di quella che viene definita come
linea La Spezia-Rimini, che corre grosso modo dal Tirreno all'Adriatico lungo
l'Appennino tosco-emiliano, e i dialetti centromeridionali, parlati a sud di questa
linea. Tra i dialetti settentrionali possiamo poi ulteriormente distinguere: i dialetti
gallo-italici, parlati nelle zone anticamente abitate da popolazioni celtiche, e cioè
in gran parte del Piemonte, in Liguria, in Lombardia e in Emilia-Romagna, oltre
che, in seguito ad antichi fenomeni migratori, in alcune «isole ling u istiche» della
Basilicata e della Sicilia (un dialetto ligure è usato anche in due centri della Sarde-
gna sudoccidentale, Carloforte e Calasetta), e i dialetti veneti, parlati nelle zone
anticamente abitate dai Veneti, e cioè nel Veneto, nel Trentino e nella Venezia
Giulia; nei dialetti settentrionali rientrerebbero anche quelli parlati in Istria, al
di fuori dei confini nazionali e dunque ormai esterni al territorio italo-romanzo.
All'insieme dei dialetti centromeridionali appartengono invece: i dialetti toscani,
parlati appunto in questa regione; i dialetti còrsi, parlati nella Corsica, politica-
mente francese (e che pertanto Pellegrini esclude dal dominio italo-romanzo); i
dialetti mediani, parlati nelle altre regioni dell'Italia centrale (in particolare a sud
della linea Roma-Ancona e cioè nelle Marche centrali, nell'Umbria e nel Lazio a
est del Tevere e nell'Abruzzo aquilano; quelli a nord della linea Roma-Ancona,
detti «mediani di transizione», sono privi di alcune caratteristiche fondamentali
dei dialetti mediani e hanno invece tratti in comune con i dialetti toscani); i dialetti
(alto)meridionali, parlati nelle estremità meridionali delle Marche e del Lazio,
in gran parte dell'Abruzzo, nel Molise, in Campania, in Basilicata, nella Puglia
(esclusa la penìsola salentina), nella Calabria settentrionale; i dialetti meridionali
estremi, parlati nel Salento, nella Calabria centromeridionale e in Sicilia. Mentre i

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