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Gennaro Schiano
APPUNTI
09/03/2022
Nei testi che andremo a studiare troveremo come temi come temi sia le battaglie,
sia le identità culturali. Si può anche notare come le culture precedenti l’Impero
Romano, condizionano molto anche il modo di regnare di quest’ultimo. Infatti, in
Spagna, c’era una tradizione celto-iberica che viene dominata dai Romani, ma che
esisteva già in un periodo precedente, da questo possiamo notare come esistono
alcuni elementi che restano nel tempo.
Nel 133 a.C. EST e OVEST risultano già essere due provincie differenti.
La provincia di ESPANA era la provincia spagnola conquistata dai Romani.
460 inizio dominazione Visigota (tutte le province romane subiscono le invasioni
barbariche), viene fatto combaciare orientativamente anche l’inizio del Medioevo
Spagnolo.
I Visigoti durano poco perché tra 711 al 721 sarà conquistata dagli Arabi.
711 avviene una delle battaglie più importanti, quella di Guadalete.
La RICONQUISTA avviene nell’anno 1000 Processo di ripresa di indipendenza dei
cattolici dalla dominazione Araba e termina nel 1492 con la presa di Granada.
1492 La Spagna diventa il primo punto di contatto con le Americhe. Viene fatta
combaciare, orientativamente, la fine del Medioevo Spagnolo.
Tra 1031 e 1100 primo testo CANTAR DE MIO CID. Rodrigo (il protagonista) si
troverà coinvolto tra i dissapori Spagnoli. Non dobbiamo immaginare, infatti, regni e
stati moderni (come quello della regina Elisabetta) ma un regno in cui il Re era
intoccabile.
Nel medioevo avviene una sperimentazione di Potere e tende a scomparire il
rapporto Feudale.
1000/1100 La parola letteratura in Spagna ancora non esiste, ma è sostituita dal
termine LETRADURA, ovvero tutte le materie adatte ai chierici (scienze, arte, ecc.).
Le materie sono quindi studiate e vigilate (la chiesa controlla siano “giuste”).
1200 Il termine LETRADURA diventa una materia che rimanda alla Corte, sempre
controllata dalla chiesa.
PRIMA META’ DEL 1300 con Juan Manuel il termine LETRADURA significa
produzione culturale che ha funzione educativa.
XV secolo Da LETRADURA si passa al termine LITERATURA, che comprende
aspetti materiali dei testi, funzioni grammaticali, saperi trasmessi grazie alla
struttura non necessariamente in latino.
La concezione di Letteratura non era uguale a quella che abbiamo noi oggi; infatti,
molti critici parlano di PRODUZIONE VERBALE e non di letteratura.
I termini “autore” e “singolarità” ancora non esistevano e non erano intesi con il
significato che abbiamo oggigiorno.
L’obbiettivo degli scrittori dell’epoca era quello di plasmare una materia già
esistente.
Dato che le opere erano rappresentate in pubblico, un elemento fondamentale era
che il pubblico fosse partecipe; quindi, che già conoscesse la vicenda narrata.
Fin dall’antica Roma, mescolare l’utile al dilettevole era molto importante, ecco
perché diventa materia che deve dare un insegnamento.
GENERI LETTERARI Sono legati alla modalità di trasmissione.
MESTER DE JUGLARIA (ARTE DEI GIULLARI) figure prettamente europee che
trattavano la letteratura tramite parole poetiche e musica. L’arte giullaresca fu il
primo embrione di Letteratura.
I giullari avevano una cultura popolare che si opponeva a quella dei Chierici, ovvero
al MASTER DE CLERICIA (ARTE DEI CHIERICI) In questa ci furono le prime
versificazioni, inoltre, le sillabe dovevano essere uguali tra i versi.
I CHIERICI PRENDONO DALLA CULTURA GIULLARESCA.
10/03/2022
In Spagna si contrappongono da sempre il NEOTRADIZONALISMO e
l’INDIVIDUALISMO.
INDIVIDUALISMO Vedono nella poesia epica l’opera di un poeta colto legato alla
vita ecclesiastica e rielabora la materia (dei fatti narrati) dopo molto tempo
dall’accaduto.
NEOTRADIZIONALISMO epica medioevale, ovvero l’autore è vicino ai fatti. Viene
scritto attraverso testimonianze popolari vicinanza ai fatti e attivazioni di diverse
storie. L’importanza del pubblico è fondamentale, perché risulta essere coautore
della storia.
L’opera del CID crea molti problemi, l’autore è probabilmente una persona colta.
CANTAR DE MIO CID composto probabilmente nel 1140 o fine 1100 inizio 1200,
riusciamo a datarlo per alcuni fenomeni della lingua e diversi dati della storia, questi
dati ci fanno capire la datazione più probabile sia tra 1140 e 1190.
Ci arriva in un unico manoscritto, ora conservato alla biblioteca di Madrid.
MANOSCRITTO DE VIVAR: è il nome del manoscritto. Al suo interno non
troviamo solo il Cid ma, anche, altre opere epiche (altri cantar de geste). Si
chiama “De Vivar” perché è stato conservato per molto tempo nel monastero
di Vivar.
IL MANOSCRITTO HA:
72 fogli, chiamati “Carte” fatte di recto e verso (ovvero, avanti e dietro)
3778 versi
Ogni verso è tra le 14 e le 16 sillabe
Il manoscritto è del 1330, come riusciamo a datarlo? Tramite i modi di scrittura e le
carte di un certo tipo di materiale.
Pér Abath (o padre Abath) ha copiato la parte del Cid. Troviamo, infatti, alla fine
della copia del Cid la sua firma, per molto si è pensato che fosse lui il vero autore.
Data anche la sua copia, scrivendo di averla copiata nel 1207.
Tra XII e XIII secolo c’è l’origine del “cantar de mio Cid”
Il CODICE DE VIVAR (il manoscritto) viene dopo la copia di Pér Abath.
La storia del personaggio già al tempo ebbe un’attenzione enorme.
STRUTTURA Numerosi versi irregolari, non isosillabici, assonanti (asonantadus).
Divisa in 3 diverse cantares, legate alle 3 diverse tematiche:
1. Cantar de destriero (tematica dell’esilio)
2. Cantar delle nozze delle figlie del Cid
3. Cantar de Corpes (l’oltraggio a Corpes)
La suddivisione in 3 cantares è dovuta alla produzione orale, i giullari, infatti, si
dividevano le parti.
Tutto parte dal tema fondamentale, l’esilio, infatti si apre con la scena d’addio.
RAPPORTO TRA REALTA’ E FINZIONE Ci sono dei dati reali, Cid è realmente nato,
realmente in esilio (ma non da Alfonso VI), davvero ai servizi dei mussulmani di
sarayola(?), era, infatti, condottiero dei nemici, prende realmente Valencia e muore
nel 1099 come signore di Valencia.
Cid è etichettato come campione della cristianità contro gli arabi, rappresenta un
certo tipo di nobiltà che lotta CONTRO il più alto regno. Questo tipo di nobiltà era di
tipo rurale, che lotta contro la nobiltà più vicino alla corte, il vero motivo per cui Cid
viene esiliato.
COME VIENE SCRITTOGli autori usano spesso la tecnica Comodines. Lo stile è
formulario, legato con altre tradizioni epiche, ed alcune formule sono riprese da altri
cantar de geste.
15/03/2022
OPERA DEL MESTER DE JULGARIA: EL CID Il Cid è un’opera importantissima sia
per il canone, sia per la cultura sia per la letteratura spagnola.
Vi sono diverse questioni legate all’opera, come:
-Trasmissione testuale, cioè come l’opera arriva fino ai giorni nostri.
-Ruolo del manoscritto de Vivar (o codigo de Vivar), questo manoscritto del 1300:
conserva l’unica copia che c’è rimasta del Cid
-Chi ha copiato l’opera? Per Abat (perché c’è la sua firma nel manoscritto).
-Struttura: divisa in 3 cantares differenti.
Tematiche dei cantares:
1. Cantar del destrerro (esilio)
2. Cantar delle nozze delle figlie del Cid: Elvira e Sol
3. Cantar ‘’afrenta de corpes’’
La sua struttura è legata quasi sicuramente alla sua oralità, in quanto vi erano 3
giullari diversi che legavano o recitavano la storia.
ELEMENTO IMPORTANTE: Vi è un apporto tra realtà e fiction (fra dato storico e dati
storici): ci sono dati storici da cui partire (ogni messaggio letterario rimanda a
referenti nel mondo reale. Queste storie hanno un referente: la storia reale). L’epica
del Cid non è un’epica trionfale, non è connotata con ideali vincenti e dominanti di
una nazione. Il Cid ha delle caratteristiche particolari: Il narratore si sofferma:
sulla vita privata (il tema dell’esilio, perché è un’esperienza politica che
condiziona la vita del personaggio)
Materia intima: I rapporti con le figlie
Sono tematiche che ritroviamo nell’epica, ma nel Cid hanno un’importanza
nevralgica. Sono le tematiche che vengono tramesse maggiormente da una
letteratura che riprende piccole parti del Cid (come il marchese di Santillana, che
riprende una parte della materia del Cid).
LO STILE DEL CID È un testo che presenta elementi che rimandano dimensione
orale, elementi che ci dicono che questo testo fosse recitato o letto in pubblico:
lo stile formulare
la ripresa dei comodines (jolly).
Un dato fortissimo è che nel ‘300 il Cid è ancora letto.
JUAN LUIS (ARCIPRESTE DE HITA)Hita: provincia di Guadalajara, in Castillia la
Mancha.
È autore di un’opera emblematica della poesia del 1300. L’opera per cui è noto è ‘’El
libro de buen amor’’ (MESTER DE CLERECIA). Quello che sappiamo di quest’autore ci
proviene dalle sue opere. É vissuto nella prima metà del ‘300 e forse è davvero
l’arciprete di Hita (ci sono dati di parrocchie, cattedrali che ci riportano alla vita di
un’eventuale presenza di un’arciprete). L’argomento del libro buen amor:
l’argomento è ‘’tutti gli uomini sono trascinati dal sentimento dell’amore, facile, e
anche l’autore si dichiara peccatore’’. É un’opera basata sull’amore. É un’opera
moraleggiante, che ci fa capire che l’autore ha una posizione molto particolare
(autore narratore). Si dichiara peccatore (l’amore è o può essere peccaminoso). Tutti
i capitoli del libro sono scanditi dalle esperienze d’amore, spesso quasi sempre
dolorose, del protagonista (che è anche il narratore).
-Autore anche narratore: spesso avviciniamo chi narra all’autore, anche se non è
sempre così.
-É anche il protagonista: è quindi un’opera autobiografica (o almeno finge di essere
autobiografica perché nelle pagine del libro siamo convinti le esperienze raccontate
sembrano essere state vissute dal narratore).
Il libro racconta 13 avventure amorose del protagonista.
TEMA DELL’AMORE Amore cortese o visto come amore fisico?
Nel libro del buen amor l’amore cortese viene rappresentato come esperienza
dolorosa, che sta insieme al possedimento fisico. La maggior parte delle esperienze
vissute dal protagonista sono legate al possedimento fisico. Ritroviamo gli schemi
dell’amor cortese (anche se non sono espressi nelle modalità trobadoriche come
nella letteratura italiana).
LE FONTI Le fonti sono varie ed eterogenee. (non prendono da un solo autore o
una sola opera). Il libro del buen amor è’ fatto di molte fonti e auctoritates a cui
Juan Luis fa riferimento. Una di queste è il Phanfilus (novella elegiaca scritta nel 12°
secolo). Questa fonte sembra essere il testo attraverso il quale Juan Luis costruisce
l’episodio di Doña Endrina, l’unica esperienza amorosa che ha successo (che si
compie). In tutta l’opera il protagonista chiede consigli d’amore alle guide.Tutta
l’elaborazione dei consigli d’amore è presa dall’Ars amandi di Ovidio (fonti più vicine
al 12° secolo e lontane come Ovidio). Ma come capita a tanti autori Spagnoli, (che
conoscono l’arabo e la tradizione Araba), tra le fonti del libro del buen amor, ci sono
anche gli apologhi e le favole di provenienza Araba. La cultura Araba (tradizione
della narrativa breve come le mille e una notte) ha un grande influsso su quella
spagnola. Alle fonti eterogenee corrisponde una struttura che va avanti per
affastellamento (non vi è una struttura lineare). Gli episodi sono affastellati
(sembrano non avere un inizio e una fine) hanno una struttura confusionaria. Al di là
della confusione tra fonti, episodi, argomenti, temi, c’è l’esperienza autobiografica,
che è l’unico elemento omogeneo dell’opera.
ESPERIENZA AUTOBIOGRAFICA Concetto di autobiografia oggi: un racconto in cui
l’autore, narratore e personaggio principale coincidono.
Concetto di autobiografia dell’arciprete: Rimanda ad un autobiografismo sociale,
esemplare (non è importante la mia esperienza in quante tale, ma l’insegnamento
che posso trarre dall’esperienza. Non sto raccontando la mia vita, ma la vita di tutti.
Dato che si comincia a sentire Dante nella letteratura spagnola di questo periodo, la
cosa che conosciamo di più è il rapporto tra dante poeta e dante personaggio.
Non è solo Dante che si perde nella selva, ma tutta l’umanità, concetto ripreso nel
Buen Amor.
Non solo Dante, ma molte poesie sembrano raccontare i fatti delle persone, ma in
realtà raccontano dei tipi umani.
Tutta la poesia trobadorica e l’amor cortese è fatta di esperienze tipizzate (ad
esempio l’amore narrato non è detto che fosse stato provato da tutti i poeti, ma è
un tipo di amore che rimanda ad una forma sociale di subordinazione legata alla
società del tempo).
Tutto l’autobiografismo di questa poesia, in tutta Europa, è legato a questo
concetto: non inteso come esperienza individuale, empirica.
Con Petrarca le cose cambiano:
I referenti ci fanno capire che qualcosa ad Avignone era successo e Petrarca è
un modello enorme per la Spagna.
Quell’esperienza sta iniziando ad avere dei referenti non solo della biografia
dell’autore, ma anche di luoghi, di memorie, di ricordi che possono essere
ricostruiti in qualche modo.
Non siamo più di fronte a Guinizzelli, cavalcanti e lo stilnovismo.
ESEMPLARITA’ L’esemplarità è sempre legata all’insegnamento.
Il libro del buen amor è stato definito dai critici ‘’opera polisemica’’.
Polisemia: ci sono più significati che si nascondono dietro un significato superficiale.
(significato letterario).
La polisemia indica anche che questi significati possono stare insieme in unico testo
(della polisemia ne facciamo ampia esperienza anche quando parliamo, poiché le
parole che usiamo hanno spesso+ significati).
Juan Luis (volendo o non volendo) ha costruito un’opera in cui si legge da una parte
la compresenza di una volontà didattica moralizzante ed esemplare, dall’altra una
voglia di raccontare (con sfondo autobiografico) delle vicende non esemplari.
METRO DELL’OPERA Versi alessandrini (di 14 sillabe). Vi è grande controllo della
versificazione (è un autore che compone molto bene i versi. Elabora una poesia
comprensibile. Elabora il mester de clerecìa, distanziandosi quindi dai giullari).
LA PROSA La prosa si sviluppa già nel periodo del Medioevo e del Basso
Medioevo.
Che tipo di prosa è?
Le prime prose scritte sono istituzionali, alchimistiche (cioè i primi che scrivono testi
in prosa lo fanno per mestiere nelle istituzioni: le annales del regno per creare la
memoria della casa reale, leggi che devono essere messe per iscritto e lette). Non c’è
prosa di finzione.
Cosa cambia il rapporto con la prosa?
Diverse questioni culturali:
Presa di Toledo nel 1085 (tenuta dagli Arabi per 10-30 anni) influsso arabo
per secoli. Il contatto con la cultura araba porta alla traduzione di opere
dall’arabo: sono opere innanzitutto filosofiche. Aristotele, ad esempio, è
conosciuto dalla Spagna e dall’Europa grazie alle traduzioni Arabe. Opere
filosofiche e opere letterarie (riferimento alla narrativa breve araba, come
opere che vengono in contatto con la narrativa spagnola dell’11° secolo. Prosa
di finzione di matrice araba).
Tra i primi prosisti Spagnoli abbiamo un Re, Alfonso X el Sabio, che scrive
opere storiche (essendo un re, conosce bene i fatti storici).
Scrive una Historia de España e altre opere particolari, tra cui: Las Tablas
Alfonsies (tavole alfonsine): si tratta di tavole astronomiche.
Alfonso X el Sabio è uno dei primi che ragiona sull’astronomia (grazie anche
all’influenza araba). Scrive prosa storica, prosa scientifica (poiché le tavole sono
accompagnate da spiegazioni in prosa) e scrive una monumentale opera
legislativa.
Alfonso VI è il nemico del Cid.
Con Alfonso VII inizia la dinastia Borgoña: Alfonso X el Sabio è uno dei re di questa
dinastia.
Questo albero genealogico arriva fino a Felipe VI, attuale re di Spagna.
JUAN MANUEL Con Juan Manuel iniziamo ad occuparci di autori che sono
concretamente protagonisti della realtà politica del tempo (che sono vicinissimi alla
corte e ai giochi della corte). Si tratta di autori che tengono insieme la loro
personalità politica e la loro personalità intellettuale (topos dell’intellettuale
impegnato politicamente, ma che ha anche una cultura oltre quella politica).
Juan Manuel si muove in uno dei tanti periodi di transizione della corona spagnola
(ogni successione del re, soprattutto quelli di Castiglia, porta scompensi politici
enormi. Ci sono tanti infantes che vogliono salire al potere, che hanno qualche
diritto per salire al potere).
Chi sono gli infantes?
È la figura giuridica della famiglia reale: si tratta di eredi.
Non sono principi, perché in teoria non possono salire al potere (siccome solo i primi
figli maschi potevano).
Gli infantes sono dunque tutti gli altri figli.
Se però c’è un infantes che non sale in potere in Aragona o Cataloña, spera di salire
in Castiglia, perché lì ci sono movimenti monastici.
Gli infantes cominciano ad essere personaggi fondamentali della vita politica di
questi anni (già ai tempi del Cid ci sono regni che si fanno la guerra: Aragona e
Cataluña contro Castiglia e Leòn, mentre Navarra fa da bilancia tra questi conflitti.
Sono conflitti che dureranno tantissimo, fino all’unificazione dei territori Spagnoli
grazie ai re cattolici unificazione dei regni di Castiglia e Aragona).
Juan Manuel appartiene alla famiglia reale: è figlio di uno dei fratelli di Alfonso el
Sabio , e ha diversi ruoli, siccome Alfonso XI è troppo piccolo per occuparsi del
regno.
Juan Manuel prenderà molto da Alfonso el sabio, poiché anche lui scriverà molte
opere storiche, tra cui una cronaca abbreviata che prende la Historia de España
scritta da Alfonso.
Da Alfonso prende anche l’approccio laico alla cultura, che non si traduce
nell’impegno civile di Alfonso el sabio, ma oltre a coltivare interesse per la Historia
de España e la vita della famiglia reale, ha anche delle velleità (motivo per cui è
scrittore di prosa).
Egli comincia ad esercitarsi nella scrittura finzionale e narrativa.
Juan Manuel è uno dei primi che nei suoi testi fa riferimento alla preoccupazione
della trasmissione integra delle sue opere: ciò rimanda al concetto di autorialità.
Egli è cosciente di essere autore di queste opere e in quanto tale, non vuole che altri
autori modifichino le sue opere. Non vuole che chi copia faccia errori.
È uno dei primi sostenitori del ‘’ne varietur’’, uno dei concetti legati alla filologia per
quanto riguarda la trasmissione dei testi.
Molto spesso i filologi italiani stessi fanno riferimento a Juan Manuel, perché è una
delle prime attestazioni della preoccupazione della copia corretta.
Le opere di Juan Manuel, nonostante quest’avanguardismo, rimandano a
didatticismo, esemplarità e come tematiche correnti come l’autobiografismo (come
vedremo nel conde Lucanor), inteso come per il libro del buen amor.
L’OPERA- LIBRO DE LOS EJEMPLOS DEL CONDE LUCANOR L’opera più importante
è il ‘’Libro de los ejemplos del conde Lucanor’’ scritto negli anni ’30 del ‘300 (1335
circa). É composta da due prologhi e cinque parti (la parte che ci interessa di più è la
prima, che contiene 50 esempi o ejemplos (o exempla).
Questi ejemplos hanno valore letterario: sono degli aneddoti racconti che hanno
valore esemplare.
TRAMA: Il conte Lucanor chiede un consiglio al suo consigliere (Patronio), che gli
delle soluzioni concretizzate e rese comprensibili (sia per il conte che per i lettori)
attraverso degli exempla.
Nella prefazione dell’opera leggiamo:
TEMI:
Didatticismo
Esemplarità: l’autore non fa solo una lezione su come si dovrebbero
comportare gli uomini, ma dietro agli insegnamenti c’è anche un significato
sociale e concreto, cioè hanno una funzione reale. Non è insegnamento
morale o polisemico: non si dice cosa è giusto o sbagliato, ma insegnamenti
derivati da comportamenti reali e concreti.
Sia i problemi che pone il Conte, sia le risposte del consigliere, sono di argomento
spicciolo, basso: sono tutti esempi, cose e comportamenti di vita reale. Le opere
letterarie a inizio ‘300 cominciano a rappresentare una fetta di realtà più reale
rispetto a quella precedente (Juan Manuel ha una percezione maggiore della
realtà rispetto ai suoi predecessori).
Dalla sua opere capiamo che egli conosce il mondo e ha intenzione di esprimerla
ai suoi lettori in maniera reale.
Un tipo di esemplarità e autobiografismo in maniera così concreta, in un’opera
letteraria (che si leggeva in tutte le classi sociali), ci dice che è cambiato lo
sguardo sul reale: resta sempre l’utilità della letteratura , ma vi è maggiore
prospettiva e molto più problematica.
DUE ELEMENTI IMPORTANTI:
La cornice
La struttura didattica: come fa Juan Manuel a raccontare il reale e a dare
insegnamento a chi legge.
LA CORNICE (NELLA PROSA): La cornice da’ base alla storia ed è parte della struttura
e della trama principale.
La cornice dell’opera è esile: el conde Lucanor chiede sempre qualcosa a Patronio
(consigli).
Non si ha maggiore relazione tra i protagonisti, non si sa cosa i due fanno, chi siano ,
se hanno un carattere ecc.. ( a differenza ad esempio del Decameron, dove il lettore
sa tutto dei 10 protagonisti e infatti le tematiche sono scelte in base alle loro
caratteristiche).
Secondo i critici, Juan Manuel adotta questo tipo di cornice per scelta.
Ci troviamo davanti ad un autobiografismo tipizzato, dove le esperienze vengono
raccontate per essere universali, e per questo le due personalità della cornice
devono essere piatte, perché il lettore deve affidarsi al conde Lucanor, al suo
maestro e non deve conoscere le loro personalità.
L’obiettivo dell’autore è quello di dare insegnamento (non teorico), ma pratico,
creando dei tipi facilmente comprensibili (che non hanno dunque una profondità).
La linea orizzontale della cornice deve semplicemente presentare l’episodio o il
capitolo che il lettore legge.
STRUTTURA DIDATTICA: È divisa in 3 elementi:
1. la petición de un consejo durante la situación vital
2. relato del exemplum
3. formulación de una sentencia
Gli exempla e i capitoli sono tutti costruiti in questo modo. L’insegnamento
didattico che vuole dare Juan Manuel è costruito attraverso questi 3 momenti che
ritroviamo schematicamente in ogni capitolo.
CUENTO V: DE LO QUE OCURRIO’ A UN RAPOSO CON UN CUERVO QUE TENIA UN
PEDAZO DE QUESO EN EL PICO
Tema: la favola della volpe e del corvo (Esopo)
Cornice: esile
Otra vez fablava el conde Lucanor con Patronio, su consejero, et díxol’ assí:
–Patronio, un omne que da a entender que es mi amigo, me començó a loar mucho,
dándome a entender que avía en mí muchos complimientos de onra et de poder et
de muchas vondades. Et de que con estas razones me falagó cuanto pudo, movióme
un pleito, que en la primera vista, segund lo que yo puedo entender, que paresçe que
es mi pro.
Et contó el conde a Patronio cuál era el pleito quel’ movía; et como quier que
paresçía el pleito aprovechoso, Patronio entendió el engaño que yazía ascondido so
las palabras fremosas. Et por ende dixo al conde:
Señor conde Lucanor, sabet que este omne vos quiere engañar, dándovos a entender
que el vuestro poder et el vuestro estado es mayor de cuanto es la verdat. Et para
que vos podades guardar deste engaño que vos quiere fazer, plazerme ía que
sopiésedes lo que contesçió a un cuervo con un raposo.
Questione: c’è qualcuno che loda in modo massiccio il conte Lucanor quest’ultimo
vuole sapere cosa si nasconde dietro queste lodi. Patronio gli risponde dicendogli
che questo qualcuno sta lodando il conte molto più di quanto si merita e quindi c’è
qualcosa che non va. Per dare credito a quanto dice, gli racconta una storia: la storia
della volpe e del corvo.
En cuanto el cuervo assí estava, passó el raposo por el pie del árbol, et desque vio el
queso que el cuervo tenía, començó a cuidar en cuál manera lo podría levar de’l.
LODI DELLA VOLPE AL CORVO
Et por ende començó a fablar con él en esta guisa:
-Don Cuervo, muy gran tiempo ha que oí fablar de vós et de la vuestra nobleza, et de
la vuestra apostura.
Et porque veades que non vos lo digo por lesonja, también como vos diré las
aposturas que en vos entiendo.
Todas las gentes tienen que la color de las vuestras péñolas et de los ojos et del pico
et de los pies et de las uñas.
Otrosí, el vuestro pico et las vuestras manos et uñas son fuertes más que de ninguna
ave tanmaña como vós.
Et pues Dios me fizo tanta merçet que vos veo, et sé que ha en vos más bien de
cuanto nunca de vos oí
Et vós, señor conde Lucanor, como quier que Dios vos fizo assaz merçet en todo,
pues beedes que aquel omne vos quiere fazer entender que avedes mayor poder et
mayor onra o más vondades de cuanto vós sabedes que es la verdat, entendet que lo
faze por vos engañar, et guardat vos de’l et faredes como omne de buen recabdo.
Al conde plogo mucho de lo que Patronio le dixo, et fízolo assí. Et con su consejo fue
él guardado de yerro.
Et porque entendió don Johan que este exiemplo era muy bueno, fízolo escrivir en
esto libro, et fizo estos viessos, en que se entiende avreviadamente la entención de
todo este exiemplo. Et los viessos dizen así:
Alla fine, troviamo due versi che sintetizza l’insegnamento appreso dal capitolo
(morale).
Qui te alaba con lo que non es en ti,
sabe que quiere levar lo que as de ti.
Significato: chi loda e fa dei complimenti a ciò che non hai, vuol dire che vuole avere
ciò che hai.
Situaciòn vital del capitulo V: El conde Lucanor chiede il consiglio a Patronio
Relato del exemplum: Patronio prima gli dà un esempio
Formulacion de una sentencia: poi alla fine gli dà un insegnamento (morale).
16/03/2022
Fino all’epoca Barocca il concettismo avrà molta influenza nella politica.
Nel 400 la nobiltà assume un enorme potere, periodo in cui le famiglie nobiliari
condizionano di gran lunga le scelte dei re.
Ci troviamo con della conflittualità tra i regni cattolici, questo ferma per molti anni il
processo di riconquista (riprende, infatti, a fine 400).
I nobili cominciano ad essere gli esponenti maggiori delle corti.
Inoltre, in Spagna, iniziano ad entrare i modelli culturali italiani.
ELEMENTI PIU’ IMPORTANTI Tra i modelli acquisiti dagli Spagnoli c’è anche
Dante, nel 1428 abbiamo la prima traduzione della Divina Commedia da Enrique de
Iena.
Tra fine 300 e inizio 400 Francisco Imperiale, Banditore e Poeta, viaggia molto e
conosce altrettanti poeti della cultura italiana e li recita in Spagna.
Quindi, Dante diventa Argomento culturale della Spagna del tempo.
POSSIAMO DIVIDERE IL 400 LETTERARIO IN 3 PERIODI
1. Reinado di Juan Segundo (1406-1454) periodo del suo regno.
2. Enrique IV (1454-1474)
3. Re cattolici (1474-1516)
Nel 1516, infatti, avviene la morte di Fernando il Cattolico.
EL MARQUES DE SANTILIANA (IÑIGO LÓPEZ DE MENDOZA) Il titolo gli verrà
regalato dal re di Castiglia per i meriti militari.
Era molto vicino ai reali D’Aragona, era lì perché conosce tantissimi autori catalani:
straordinari poeti d’amore cortese, tra cui Ausia Marq e Geordie De S. Geordi
Attraverso questi poeti conosce anche il canone italiano.
Non conosce il latino, non ha una preparazione classica solida, ma conosce
CATALANO, ITALIANO e FRANCESE. Scrive opere sia in prosa sia in versi.
Scrive uno testo considerato tra i primi testi di critica spagnola: CARTA O PROEMIO
AL CONTESTABLE DON PEDRO DE PORTOGALO.
Una specie di dedica.
Santiliana manda delle sue poesie nella lettera di dedica, inoltre, aggiunge delle sue
considerazioni sulla lettera stessa.
Ha un’idea Aristotelica della poesia, ovvero, per lui esiste:
Poesia sublime: fa riferimento ai modelli italiani.
Poesia mediocre
Poesia infima
La poesia popolare/tradizionale spagnola per Santiliana non ha valore, è una poesia
che viene scritta con metro e su materia spagnola. Anche se lui stesso scrive poesie
che potremmo definire così.
Lui scrive tre tipi di poesie:
1. Poesia di influenza italiana
2. Poesia didattico morale
3. Poesia trovadoresca: una poesia d’amore modellata sull’amore cortese,
possiamo aggiungerci anche una parte di poesia popolare.
La 1 è di tipo italiano e di stampo allegorico, non a caso Dante è uno dei modelli del
Marchese.
I VERSI PIU’ IMPORTANTI octosillabo: usato per la poesia popolare endecasillabo:
usato per versi più colti.
Si nota l’influenza di Dante in un poemetto narrativo e allegorico: LA COMEDIETA DE
PONZA.
Parte da un fatto storico: La sconfitta di Alfonso D’Aragona (detto “El magnanimo”) a
Ponza. Momento in cui sta provando a conquistare il regno di Napoli ma viene
sconfitto.
La commedia parla di come lui e i suoi fratelli siano imprigionati, e viene raccontata
attraverso la regina madre che parla con le mogli di questi, le quali si lamentano
della prigionia dei 3 e ne parlano, addirittura, a Boccaccio.
Abbiamo poi la personificazione della Fortuna, la quale dice che Alfonso riuscirà a
prendere il regno.
La chiama “commedieta” perché, proprio come la commedia di Dante, inizia male e
finisce bene.
Comprende 43 sonetos fechos all’italico modo (sonetti costruiti alla maniera
italiana): sonetti MORALI, AMOROSI, POLITICI, RELIGIOSI.
Molti sonetti possono essere definiti di circostanza: morti o nascite dei reali che
venivano immortalate con le poesie, anche le entrate reali (soprattutto quelle del re
in persona) nella città.
In Santiliana c’è l’influenza del Canzoniere di Petrarca e, dal punto di vista
strutturale, c’è l’influenza della Vita Nova di Dante.
Non è la migliore produzione di Santiliana, infatti c’è un problema con i versi non
aveva ben capito come funzionasse l’endecasillabo. Anche perché la lingua spagnola
non si presta a questo tipo di verso.
SONETTO I (dispensa)È un prosimetro (versi + prosa).
C’è la spiegazione dei versi prima del sonetto.
L’argomento principale lo troviamo nella parte in prosa.
Paragona la crudeltà della donna che non lo ricambia con le figure più crudeli di
sempre.
Thereo: mitologico marito di Progne, che violenta Filomela (la sorella di Progne) e le
taglia la lingua per non farla parlare. Si vendicano dandogli in pasto il figlio.
Achilla & Potino: consiglieri di Tolomeo Re d’Egitto, gli consigliano di cacciare
Cleopatra, è così che si avrà la fine di Tolomeo e del Regno D’Egitto stesso.
Abbiamo la personificazione delle stelle, come una cosa fantastica ma allo stesso
tempo crudele, quasi la donna più crudele della storia.
Loda la natura perché ha fatto nascere quella donna ma allo stesso tempo si
lamenta della sua crudeltà.
La donna ha, dunque, una duplice natura.
L’ultima terzina è la conseguenza del Dolore che prova.
SONETTO II (dispensa) Parte con una prosa più particolare.
ACTOR FABLA CON EL NOMBRE DE LA REINA DE CASTILIA: il poeta, definito come
ACTOR da voce ad altri personaggi, quindi non sempre l’io poetico è quello
dell’autore, in questo sonetto è della Regina di Castiglia.
La Regina non può piangere la morte del fratello, essendo nemico di suo marito e
della sua patria e sta male per questo.
NOTIAMO CHE le prime due quartine sono dedicate al lamento di Urraca (Maria
D’Aragona racconta la storia di Urraca che ha vissuto la sua stessa situazione)
Urraca punirà colui che ha ucciso suo fratello Sancho.
Nonostante la logica e la razionalità le due donne piangono per i loro fratelli ma non
potrebbero, soprattutto la regina.
Le voci delle due donne, nel sonetto, risultano essere quasi simili, non si capisce, ad
un certo punto, se sia il lamento di Urraca o di Maria D’Aragona.
La sfortuna della casa reale è simile alla sfortuna dei reali del secolo prima, questo fa
sì che possa essere paragonata a Tebe (i 7 contro Tebe)
Tutto nasce da Cadmo e Europa.
Europa viene violentata da Zeus e Giunone, gelosa, chiede a Cadmo (fratello di
Europa) di vendicarsi, ma lui non lo farà e, per questo motivo, Giunone manderà una
maledizione su Tebe
Un’altra cosa che possiamo confrontare:
Antigone combatterà perché uno dei suoi fratelli non potrà essere sepolto in città,
essendo un nemico della patria.
TEMA PRINCIPALE È QUINDI LO SCONTRO TRA AFFETTI E RAGIONI POLITICHE.
Nomina nel sonetto ATROPO una delle tre parche greche: Maria D’Aragona chiede
che il filo della sua vita sia tagliato se la guerra non si arrestasse.
22/03/2022
JUAN DE MENA Nato a Cordova (ambiente andaluso). Come il marqués de
Santillana (anche di più) è interno alle dinamiche reali in quanto è vicino a Juan II.
Diventerà cronista reale, scriverà la storia della corona mentre essa si sta
compiendo, ricostruisce la storia passata.
Juan ha una solida cultura classica: conosce bene il latino, infatti, prima di diventare
cronista, era “segretario de cartas latinas” di Juan segundo (curava la
corrispondenza in latino del re).
A lui si deve una traduzione sintetica dell'Iliade, non è integra ma egli crea una
versione non totalmente rispettosa dell’originale.
Juan de Mena si occupa sia di poesia spagnola tradizionale e sia di poesia
italianizzante.
La poesia spagnola si divide sempre tra quelli che seguono la poesia italiana, e quelli
che si rifanno di tematiche e metro spagnolo.
arte minor → componimenti tradizionali o di origine spagnola (ottosillabo).
arte major → componimenti italianizzanti (endecasillabo).
LABERINTO DE FORTUNA È la sua opera più nota. Ha un successo enorme, viene
pubblicata e avrà tante copie nell’epoca delle copie a stampa.
Trama: Genere del “poema della visione” molto popolare nel Medioevo. Il lettore
moderno riconoscerà somiglianze con l'Inferno di Dante, anch'esso un poema di
visione (visione del poeta che viene rapito e portato nel palazzo della fortuna).
Mena stesso è il narratore. Apre la poesia con un lamento sui “casos falaçes” della
Fortuna (cose sfortunate che accadono alle persone). Chiede di vedere il palazzo di
Fortuna per capire meglio come funziona. Dopo essere stato portato via da un carro
trainato da un drago, viene guidato attraverso la dimora di Fortuna dalla Divina
Provvidenza (allegorizzata come un personaggio femminile). Là vede tre ruote che
rappresentano: il passato, il presente e il futuro; ognuno è composto da una serie di
cerchi governati da diversi pianeti (si ispira a Dante, sia per la visione che per
l’ordinamento per cerchi).
I cerchi contengono esempi di personaggi storici virtuosi e non virtuosi.
Nel settimo cerchio, incontra solo una figura: Álvaro de Luna, che è visto come un
cavaliere che domina Fortune, un cavallo selvaggio.
Dopo aver terminato il suo tour della casa di Fortune, il narratore chiede alla
Provvidenza una profezia sul re Juan II. La Provvidenza promette grande gloria per il
re, ma prima che offra dettagli la visione finisce. Il narratore conclude ammonendo il
re a adempiere la profezia della Provvidenza e chiedendosi se la visione fosse solo
un sogno.
Qual’è l’obiettivo dell'opera?
Quello di ragionare sull’azione della fortuna → tema topico e ricorrente della poesia
del tempo (non solo spagnola).
Che vuol dire ragionare sulla fortuna?
Vuol dire che i comportamenti virtuosi possono combattere contro le azioni della
fortuna.
Fin dove l’azione virtuosa dell’uomo può combattere contro il caso, visto che la
fortuna è un’azione che condiziona le vite degli uomini a caso. Juan De Mena
ragiona su quali sono le virtù che gli spagnoli e i castigliani devono seguire ma allo
stesso modo, ci dice che: nonostante queste virtù e il fatto che possano seguire gli
esempi degli uomini virtuosi del passato, la fortuna avrà sempre un ruolo
preponderante= vincerà sempre → ecco perché la figura di Juan II a cui è dedicato il
testo arriva come salvatore degli spagnoli.
Se la fortuna ha una forza preponderante sul destino degli uomini e se gli uomini
spagnoli non hanno compreso qual è il modello di vita da seguire, c’è un re che può
risolvere le sorti della Castilla → Juan II.
C’è l’ascendenza dantesca: cosmologia, il personaggio protagonista ha le
somiglianze di Dante personaggio che vive queste esperienze. Ci sono due elementi
che egli prende da Dante:
1. Il programma moraleggiante o moralizzatore. Ha un’idea chiara di quale sia il
bene che va perseguito. C’è un bene che va perseguito e ciò va fatto attraverso una
coscienza politica e civile legata a delle figure esemplari. Questo va fatto al di là della
fortuna che ha sempre un ruolo predominante (a differenza di Dante che crede nella
provvidenza e non nella fortuna).
2. Il discorso sulla lingua (De vulgari eloquentia): Vuole nobilitare il Castigliano
(momento di transizione tra latino/spagnolo e i vari spagnoli, Castigliano= lingua
parlata maggiormente nella penisola). Vuole dimostrare come anche il volgare possa
parlare di materie complesse come ha fatto fino ad ora il latino.
Se paragoniamo l’opera: “laberinto de fortuna” alla “comedieta de ponza”, notiamo
che hanno in comune:
Sono due poemetti dedicati una direttamente l’altra indirettamente a due re.
Ma sulla tematica politica, l’idea che predicano il futuro all’interno delle
pagine delle loro opere, fa emergere il loro ideale politico → vogliono dei
monarchi forti che riunificano il territorio spagnolo.
L’ideale unitario che porterà l’unione politica e religiosa è già presente in queste
opere in quanto: gli autori cercano delle figure che possano unificare i territori
spagnoli.
ENRIQUE IV (cuarto) Periodo diverso, più oscuro rispetto a Juan II, è il periodo che
va dal 54 al 74.
Enrique sale al potere, ma dall’altro lato c’è Isabella la cattolica (sua sorella) che
pretende di andare al trono in quanto ha tantissime famiglie nobili importanti dalla
sua parte= tra cui i Manrique.
I MANRIQUEFamiglia ricchissima e potentissima della nobiltà spagnola.
Il padre di Jorge Manrique è Rodrigo Manrique= egli fa parte di uno degli ordini
militari religiosi (= ordini religiosi che hanno un esercito, qualche secolo prima
facevano le crociate e poco dopo divennero forze armate al servizio di alcune
famiglie nobiliari che comandano questi ordini) più importanti di spagna, egli è
cavaliere dell'ordine di Santiago.
Rodrigo Manrique è così potente che osa schierarsi contro Alvaro de Luna (nobile
fortissimo, vicino a Juan II).
I manrique saranno dalla parte di Isabella la cattolica, difatti, quando salirà al potere
Enrique IV, avranno molti problemi in quanto hanno scelto l'altra erede al trono.
Saranno esiliati, perderanno le loro terre, ma torneranno proprio grazie a Isabella, la
cattolica che diventa regina. Godranno poco del regno dei re cattolici in quanto
Rodrigo muore nel 76, Jorge nel 79.
Jorge segue le orme del padre, infatti sarà inserito nelle dinamiche politiche della
corona di Castiglia, diventerà maestro dell’ordine di Santiago.
Le opere di Manrique si dividono in 3 sottogeneri:
1. Poesie di tipo amoroso.
2. Poesie di tipo burlesco.
3. Poesie di tipo dottrinale.
La sua poesia è per la Spagna, una delle poesie in cui il rapporto tra esperienza e
poesia inizia a cambiare = dietro alle tematiche (anche quelle amorose e non solo
quelle politiche/belliche) riusciamo a leggere l’esperienza di Manrique.
Es: Petrarca= è uno dei primi poeti che ci racconta la sublimazione dei sentimenti,
parte sempre da un autobiografismo che noi conosciamo= Avignone, Laura e
l’esperienza chiusa = amore/morte, questo viene definito “autobiografismo
empirico”: il lettore fa esperienza di questo autobiografismo.
É un percorso lungo che parte dalla lirica sociale: l’amore cortese, tutti provano gli
stessi sentimenti che sono non ripetitivi, arriviamo a questo autobiografismo fino
all’800.
Le tematiche nei suoi testi sono legate all’amor cortese (sentimento e codice
amoroso più in voga di questo periodo).
Elementi dell’amor cortese:
Lode.
Dedizione.
Divinizzazione della donna.
Nobiltà del cuore.
Sofferenza (amore non corrisposto).
Animismo (anima dilaniata dagli spiriti).
Queste tematiche sono presenti in tutta la poesia spagnola.
Nei poeti di quest’età, l'amore cortese è molto più tragico dei poeti precedenti= il
sentimento è vissuto come sentimento dilaniante.
Abbiamo un esempio già con il Marqués De Santillana, che per spiegarci il suo dolore
di un amore non ricambiato, fa riferimento ad una crudeltà che appartiene ai
personaggi storici più crudeli mai esistiti.
COPLAS POR LA MUERTE DE SU PADRE Elegia alla morte del padre, l’opera per cui
è più noto.
È un poemetto di 480 versi e 40 strofe, un’opera elegiaca, riflette e racconta la
morte di Don Rodrigo dedicata al padre (tema centrale).
Siamo su una poesia di rielaborazione (i poeti guardano sempre prima di loro chi ha
fatto quello che loro stanno per fare).
Fa riferimento a tre i generi:
“Plantos” (compianti): testi in cui si compiange qualcuno, si ricorda qualcuno
che è morto.
“De Funciones”: canti funebri.
“Le Visiones”: macrogenere che racconta in modi differenti un viaggio
immaginario; un sogno.
Esempio: la divina commedia, il De Republica di Cicerone e del sogno di Scipione:
sogno o viaggio immaginario in cui si presenta una personalità che predice qualcosa
al protagonista. In questo caso Cornelio Scipione predice la vittoria contro i
cartaginesi.
Parte dal compianto (lamento funebre) per il padre, ma porta ad una riflessione
molto complessa sulla morte, che, come l’amore, è una tematica tipica della poesia
di quel tempo.
Manrique fa riferimento a due tradizioni, che hanno riflettuto e riflettono su questo
tema della morte:
1. Tradizione di matrice biblico cristiana: tradizione che vede nella morte il
compimento della vita. Tutto quello che riguarda la vita reale non va bene,
mentre l’unica vita a cui bisogna aspirare è quella ultraterrena= tutte le azioni
dell’uomo non hanno valore se non viste in relazione all’aldilà. Il mondo è
vanità, tutta la dimensione terrena è vana, le azioni degli uomini non servono.
2. Tradizione di matrice classica/storica: lo storico aspetta saggiamente la
morte senza preoccupazioni, affronta la morte senza paura.
Le prime 13° strofe → sono una riflessione filosofica sulla morte: parlano del trionfo
della morte sulle ambizioni umane.
Da 14° a 24° → Manrique rappresenta delle vicende esemplari di questa riflessione
sulla morte. L’argomento è: la vita è vana e la morte vince sulle speranze umane. Le
vittorie della vita, tutto ciò che realizziamo nella vita è vano.
Da 25° a 34° → entra il personaggio di Don Rodrigo Manrique (che ancora non parla)
ma Jorge (figlio) presenta la figura del padre e ci fa capire come sia una figura
esemplare, virtuosa.
Come rende le qualità del padre?
Attraverso dei riferimenti ad altre figure storiche esemplari: “É buono come questo
imperatore … è forte come questo personaggio … è un condottiero come questo
cavaliere…”
Da 34° a 40° → incontro di Don Rodrigue che parla e la morte.
La morte parla con Don Rodrigo e gli enuncia: “Non temere per quello che stai per
affrontare, perché la vera vita non è quella che hai vissuto ma è quella a cui stai per
accedere e questa vita si può guadagnare solo con azioni virtuose o religiose, con le
guerre giuste e cavalcando gli ideali giusti”. In queste prime strofe in cui la morte
parla, abbiamo una relazione tra vita terrena come specchio di quello che sarà,
come connessione totale con la vita eterna e condanna tutte le azioni che non sono
virtuose.
Tre versi, i più famosi: “Sulle nostre vite i fiumi, che vanno a dare nel mare, che è il
morire”.
La vita come un passaggio, l’idea dei fiumi che vanno verso il mare → èun'immagine
biblica.
È questa l’idea: la vita solo come passaggio che porta alla vita vera (ultraterrena).
Manrique riprende questa visione ma le virtù e le qualità che elenca e rappresenta
in quest’opera ci fanno capire che dietro i “trabajos, las aflicciones, las oraciones”
c’è un ideale etico e civile (molto più moderno della semplice “retta via”).
C’è un concetto che rappresenta l’idea della morte livellatrice che annulla tutte le
differenze della vita.
La morte riconcilia, livella: tutti i fiumi vanno al mare, i più grandi e i più piccoli,
nonostante la differenza d'acqua che ogni fiume contiene.
Altro topos: “Ubi sunto?” è una domanda: “dove sono quelli che furono in questo
mondo prima di noi?” Che ne è stato dei personaggi, degli eroi, dei miti?
Ragionare sulle persone che hanno vissuto prima di noi ci consente di paragonare le
nostre vite alle loro.
Manrique ragiona partendo da questo topos sulle figure della storia di Spagna e le
mette a confronto con le qualità del padre.
C’è una duplice carrellata degli episodi del passato:
Ci spiega perché la vita è vana e perché le azioni degli esseri umani
spariscono con la morte
Figure esemplare (ubi sunto?) dove sono tutti i personaggi del passato ultimo
elemento importante:
Jorge rielabora la materia che viene prima di lui ma non in modo servile, non segue
in tutto e per tutto le fonti da cui egli prende.
I plantos e tutti i generi che raccontavano la morte avevano spesso un tono
macabro (spesso la morte veniva rappresentata con la falce, con lo scheletro che
arrivava spesso con delle fattezze un po’ comiche).
Nonostante egli si rifaccia ai plantos, non prende questa visione della morte come il
genere a cui egli si rifà.
Egli non rappresenta la morte in questo modo, per lui la riflessione sulla morte è
seria, epica, anche la morte parla con un tono solenne.
Dal punto di vista metrico, il metro delle Coplas di manrique è: la “copla de pie
quebrado” detta anche “Coplas de Jorge Manrique”.
I primi due versi sono ottosillabi (8 sillabe), il terzo e il sesto verso sono tetrasillabi (4
sillabe).
Il verso o la forma metrica delle coplas è la doppia sestiglia del pie quebrado, in arte
minor.
Lo stile si capisce già dalla prima strofa: usa spesso lo stile dei sermoni, vuole far
capire con delle spiegazioni chiare ciò che sta raccontando e molto spesso alla fine
delle strofe mette delle sentenze.
prima strofa → si riferisce al lettore o da indicazioni su quello che dovrà succedere.
Nota 1: “recuerde”, viene adattato a questo esordio all’esortazione di san Paolo
“destati tu che dormi e sorgi dai morti”: qui Manrique prende da una frase biblica.
“Sorga l’anima assopita, si vesti e ravvivi il senno”: comincia da questo invito a far
risorgere l’anima assopita dagli affanni della vita, inizia una riflessione: su “como se
pasa la vida, como se viene la muerte tan callando” → come la morte arriva in modo
silenzioso.
Nel verso 7: “Cuán presto se va el placer; cómo después de acordado da dolor” ,
nella nota è presente Inferno canto V → Dante chiede a Francesca di spiegargli come
si è innamorata di Paolo e lei gli risponde che non c’è nessun dolore più grande di
ricordarsi dei tempi felici nella sfortuna.
Qui Manrique cita il V canto dell’inferno e dice come rapidamente il piacere se ne va
e come fa male quando ce lo ricordiamo nel tempo di sfortuna.
Nelle prime riflessioni sulla morte parte da una citazione biblica e una di Dante.
C’è sempre una sentenza: “cualquiera tiempo pasado fue mejor” → “ogni tempo
passato sia meglio di quello che ci resta da vivere”
- Dà delle spiegazioni,
- contempla come si fa qualcosa
- e poi dà una sentenza.
Seconda strofa Nadi-nadie: Fenomeno metrico = apocope.
C’è una relazione tra presente, passato e futuro.
C’è una citazione tra le “confessiones” di Agostino → riflessione più grande sul
tempo dell’esistenza.
Altra sentenza posta a fine strofa che rimanda al tema del passaggio della vita:
“porque todo ha de pasar por tal manera”.
terza strofa strofa della morte riconciliatrice/ livellatrice: citazione biblica.
“Nuestras vidas son los rios” = “tutti i fiumi scorrono a mare, ma il mare non
trabocca mai”.
Tutti i fiumi scorrono verso l’eternità: è ciò che dice la bibbia. Egli cita questa frase
biblica e la collega alla tematica della morte livellatrice.
Fa anche riferimento ai ricchi e ai poveri, a coloro che sono più potenti e a coloro
che lo sono meno.
Ritorna nella seconda sestina il riferimento dei fiumi “li sempre nel mare, ci vanno i
fiumi principali, ma anche i torrenti, i più piccoli, una volta arrivati giunti sono
uguali”.
Nelle strofe ci sono due tradizioni filosofiche sulla morte.
Quinta strofaRappresentazione della morte dalla parte degli storici (vedere la
morte senza affanno/ peso/ preoccupazione).
Ottava strofa C’è un ideale di morte cristiano in cui tutte le azioni sono vane.
C’è la condanna di tutto quello che è mondano, il mondo terreno è traditore rispetto
all'eternità.
Come Jorge costruisce gli esempi che dimostrano ciò che ha detto sulle prime strofe
sulla morte (l’idea di morte che ci dà è che tutte le azioni sono vane, non possiamo
far altro che affrontare la morte con coraggio, la morte ha diverse caratteristiche:
tutte le nostre vite sono un fiume).
Cosa ci dice Manrique?
“Però non vi racconto cose di storie troppo antiche, poiché queste storie sono
troppe lontane da noi. Io vi racconto storie che sono vicine ai nostri tempi”.
Non fa riferimento a mitologie/ storie passate ma ad avvenimenti vicini alla nostra
storia.
Strofa 15Ragioniamo su ciò che è successo ieri, dato che lo stiamo dimenticando
così come abbiamo dimenticato quei fatti antichi.
C’è la volontà da parte di Manrique, di parlare della storia vicina ai suoi temi, poiché
vuole dire al lettore come la pensa su determinate storie.
Strofa 16Parte dalla vita dei reali e poi va su elementi di vita quotidiana. Fili
d’erba che vengono spazzati dall'aratro o dal vento, cose futili. Paragona le esistenze
dei grandi di Spagna a dei fili d’erba. Fa riferimento alle zolle di terra “eras” (che
significa sia zolle di terra su cui si coltiva sia dove si svolgevano i tornei), le vite di
questi signori sono svanite così come il terreno che ha ospitato e tessuto le loro
gesta.
Strofa 25 Ingresso di Rodrigue: inizia a narrare le gesta del padre.
Strofa 26 Inizia la lode delle qualità di Don Rodrigo.
Strofa 27 Queste qualità vengono rappresentate dai personaggi della storia.
Dialogo tra la morte e don Rodrigo → risposta di Don rodrigo.
Strofa 38Don Rodrigo accetta la morte, ma tiene insieme le due concezioni di
morte. Accetta storicamente la morte, senza temere la morte, ma la accetta con
coraggio come volontà di Dio.
Dopo aver accettato il suo destino, si presenta a Gesù Cristo e chiede di essere
perdonato dei suoi peccati.
Partendo dal fatto che Gesù Cristo ha incontrato la materia dell’uomo peccaminosa,
quella mondana e l’ha resa divina.
Strofa 40 don Rodrigo lascia la sua anima.
La strofa si conclude con “memoria” = l’obiettivo di Manrique.
23/03/2022
Re Cattolici: Isabella di Castilia e Ferdinando D’Aragona.
3 fase: fine 1400 inizi 1500.
Con l’unione dei due regni, Aragona e Catalona, ci sarà un’unione territoriale nel
1479 e, nel 1492, la conquista di Granada. Ci sarà, inoltre, anche una cessione dei
territori nel 1493 e delle annessioni nel 1512. Così si comincia a instaurare una
condizione di potere più moderna.
Avremo, poi, l’unificazione religiosa e, nel 1480, la creazione dell’Inquisizione.
Nel 1492 abbiamo la scoperta dell’America e la cacciata degli Ebrei da uno stato
molto più intollerante e una nuova cultura religiosa.
INNOVAZIONI CULTURALI I re avranno un ruolo enorme nello sviluppo delle
innovazioni.
1. L’utilizzo della cultura per la gestione di potere (propaganda di corte e
condizione di potere)
2. Nobiltà grande e piccola va acculturata.
3. Università Spagnole avranno personalità importanti come ANTONIO DE
NEBRIJA
4. Stampa come un’industria più strutturata. Opere di alto livello, ma, con il
tempo, stamperanno di tutto.
5. Il continuo utilizzo dell’oralità.
6. 1480 Cortes di Toledo consente (?) la stampa di opere straniere. Verranno
stampate delle antologie poetiche (Cancioniero/cancionieri) antologie dei
testi poetici con temi d’amore di ispirazione cortese. Letta per
intrattenimento della corte fatto per gente colta.
1470-1500 la concezione di cancionieri diventa più complessa, virtuosissimi concetti
linguistici.
La tematica cortese diventerà la cancioneria che si basa sui giochi di immagini e di
parole.
Erano già presenti Cancionieri Spagnoli copiati a mano ma questa pratica “esclusiva”
diverrà un’attività diversa per via della stampa dei Cancionieros, queste opere
saranno commercializzate.
IL CANCIONIERO GENERAL RECOPILADO POR ERNANDO DE CASTILIAFatto da
Cristabol Koffma emperasor di Valencia 1511.
Per circa 20 anni raccoglie le migliori poesie del tempo.
Vari copisti copiano le poesie passandole ad altri copisti, aggiungendo altre poesie.
Quindi collettiva l’opera general.
Ci sono 3 tipo di argomentazioni:
1. Autore
2. Genere metrico
3. Matrice
Da vero 55 a 65 parla dei criteri.
L’ordine (cose di devocion e moralidad) e poi opere burlesque. Dichiara i criteri di
materia religiosa e burlesca, non rispetta le decisioni sulle raccolte, confondendosi,
trovando opere burlesque negli autori.
Quest’opera avrà un successo enorme, verrà ristampata molte volte e in città
differenti. Ernando De Castilia fa le prime 5 versioni (1527/1535) verranno aggiunte
le coplas di Manrique, anche se avevano già avuto successo, ma, diffondendole con
la stampa, le figure retoriche utilizzate nell’opera erano sfruttate nel tempo come
uso ingegnoso.
Per i nobili cercavano la moda che la verità di esperienze, se erano accadute o no,
quindi erano una moda asociale, solo per i nobili.
LA METRICA Canciones, Romances, impresiones letra de Gustadores.
Canzone a strofa singola- Cancion de copla esparsa ma non sono maggioritari, con
versi in ottosillabi (di utilizzo e lettura per spagnoli).
Poi strofa in dodiciottonari divisa in 3 momenti:
1. Cabeza
2. Medonza
3. Vuelta |Verso da 0 a 10 pag 71|
Concetti positivi e la iterazione da costruzioni parallele e polistato (stessi lessemi
sono usati con una flessione differente).
Abbiamo le Glosas che sono:
1. Testi che incorporano dei versi di altre poesie.
2. Testi che partano da poesie preesistenti e ne seguono la struttura metrica.
3. Motti (morali e sentenziosi).
4. Domande e risposte tra poeti.
5. Invenciones come Imprese, testi ricavati sui vestiti delle dame di corte, sulle
armi e sulle bandiere.
6. Villancicos, un genere popolare senza tempo. Ci fa notare:
Tra le forme di intrattenimento più innovative ci sono temi e generi di
origine più popolare.
Le classi nobiliari mostrano interessi di questo genere popolare
Raccolta e conservazioni di testi popolari.
Molti poeti colti imitano i generi e temi popolari, poeti che imitano solo
temi e personaggi ma con una lingua più elevata.
24/03/2022
Negli stessi anni in cui viene stampato il Cancioniero General si genera il
manoscritto: Cancioniero musical di palacia, racconta tutto il repertorio musicale
della corte in spagna. Infatti, nel manoscritto, troviamo anche quali note
accompagnavano le parole.
Troviamo all’incirca 150 musiche di canzoni popolari: dal punto di vista musicale
venivano suonate in molte occasioni.
TESTO 4 (dispensa) l’ottosillabo cadenza la musica: ogni sillaba corrisponde ad un
tono.
La strofa viene costruita dall’autore.
Su un argomento costruisce un Villancicos: prendere le vecchie canzoni, incorporarle
e avere un testo nuovo. Suona come una canzone popolare per via delle note.
La materia popolare entra nel genere colto.
Villancicos e altri testi che ricordano i generi popolari non sono divulgati solo con il
cancioniero, ma anche in altri modi.
Li troviamo nei Pliegos Suertos, erano piccoli opuscoli, fatti di un solo foglio e
piegati. Erano anche chiamati Pliegos De Corde, perché venivano messi su delle
corde per essere venduti. Costavano poco e, di lì a poco, diventeranno la prima
forma di stampa intesa in termini di periodismo.
Le canzoni popolari le troviamo anche in altre opere letterarie. Ci sono intere scene
dove i personaggi le cantano.
POPOLARE NON VUOL DIRE FATTA DAL POPOLO.
Sono fatte da persone che hanno un minimo di cultura, ma, sono accessibili a tutti e
parlano di argomenti popolari (del popolo).
Si trasmette oralmente, quindi le versioni possono cambiare. Esistono, infatti, tante
versioni diffuse, sia dei Villancicos sia delle canzoni.
Perché le classi più colte si interessano alla cultura popolare?
Dato che la poesia concionerie diventa una specie di codice, la poesia popolare
diventa una nuova moda che cambia vecchi codici.
Abbiamo l’ordine immaginario/filosofico con Margitte Frank che definisce l’Anelo lo
Natural.
ANELO A LO NATURALCi dice che l’elite culturale tende a ricercare le radici della
cultura spagnola. Per questo la materia popolare era perfetta per recuperare quelle
radici.
Negli ultimi del 400 e gli inizi del 500 è ancora un processo che si sta generando
(infatti ce ne sono pochissimi).
A metà 500 i poeti colti faranno dei veri e propri testi popolari.
ROMANCERO/ROMANCES (raccolta di romanzi=romancero) Sono di genere
popolare.
Rimandano a un altro tipo di poesia, la poesia narrativa antica.
Genere poetico fatto di ottosillabi che rimandano in assonanze con versi pari.
ORIGINI: affinità con l’epica, tanti studiosi ritengono che siano estrapolati dai
Cantares de geste, presi e trasmessi separatamente. Per altri sono produzioni
indipendenti.
Temi:
Storici e noticierius (notiziero), raccontano eventi storici, quando questi sono
vicini al testo (alla data) vengono chiamati noticieros.
Epicos, di materia epica.
Liricos o novelescos
Stile: essenziale senza ornamenti retorici
Naturale (linguaggi semplici).
Drammaturgico (dialogo).
Intemporali (può essere successo in una qualsiasi epoca della storia) come se
fossero legati ad un contesto senza tempo.
La narrazione inizia in medias-res (nel mezzo della storia).
Spesso utilizzavano un linguaggio formulare.
Romancero Viejo (nel cancioniero general si copia una parte del romance e
scrivevano le Glosas):
Romances antigus tradicionales
Glosados o imitados
Romancero Nuevo: Artisticos de autor.
Il primo Cancioniero de Romance pubblicato a stampa viene pubblicato ad Anversa
1547.
Costruito da Martin Mucho.
Come ci arrivano?
Cancioniero manoscritti o cancioniero a stampa, soprattutto nei pliegos suertos.
FOTOCOPIA (c’è nella dispensa ma al prof non piace la disposizione dei versi)
Tutto il romance è un dialogo. Romanzo storico che possiamo datare nel 27 giugno
1431 (per date situazioni narrate).
Juan II (segundo) affiancato dal suo alleato moro e vedono per la prima volta
Granada.
Romanzo del confine con la cultura Araba.
La ripetizione di “Abenamar” ci fa capire che c’è qualcuno che si rifersce a qualcun
altro insistentemente.
(vv 1-20) Scambio complimenti tra Juan e Abenamar. Gli arabi per la cultura
cristiana del tempo sono i mentirosos (non dicono la verità) perché credono in un
Dio che non esiste. Ma Abenamar disse a Juan che lui era stato cresciuto da madre
cristiana.
Seconda parte prospettiva straordinaria di Granada attraverso le domande del re
e le risposte di Abenamar. Quest’ultimo ne sottolinea soprattutto il valore.
Il meccanismo di domande e risposte innesca la conseguenza del re di conquistare la
città.
Dicendo Abenamar la verità, essendo cresciuto da madre cattolica, il re si innamora
della città.
Ultima parte Il re si riferisce direttamente alla città. Granada in quel momento è la
personificazione di una donna. Il re, nel romanzo, le fa una vera e propria proposta
di matrimonio rispettando i canoni dell’amore cortese. Granada, però, risponde in
modo negativo, dicendo che lei è sposata al moro (il popolo arabo) che la amava, la
ama e la amerà sempre.
“I romances sono la storia che arriva ad essere arte” Leo Spitzel
29/03/2022
LA CELESTINA:
Autore di quest’opera è Fernando De Rojas.
FERNANDO DE ROJASUno studente, che si trova a Salamanca, per l’università, e
che studia legge. Nel 1497 si imbatte in un manoscritto anonimo.
Non è il solito topos del manoscritto ritrovato, ma succede per davvero.
Il manoscritto in questione era di una commedia, anonima, che narrava la storia
d’amore tra Calisto e Melibea, due giovani di classi sociali abbastanza simili.
La commedia parla del loro amore e si interrompe nel momento in cui una
“ruffiana” sta intercedendo peer farli incontrare.
RUFFIANA Ovvero Celestina.
La ruffiana (o mezzana) è un mestiere: una persona che combina matrimoni. Viene
chiamata spesso da nobili famiglie per unire giovani che non si sono ancora sposati.
Nel momento in cui lei entra in scena si interrompe la storia, infatti, il manoscritto,
ha un solo atto. Fernando De Rojas continuerà a scrivere da quel punto in poi.
In giovane età, a fine 400, De Rojas, si trasferisce da La Puebla Del Monte Alban (suo
paese di origine) a Salamanca, dove segue corsi universitari di legge.
Salamanca, in quel momento, era il centro culturale spagnolo, ed aveva una delle
università più famose d’Europa. In questa università insegnava anche Antonio de
Nebrija (la grammatica). Uno degli insegnanti più importanti di quest’università era
Martines De Madrigal detto El tostado. Lui teneva un corso di poesia ed era il
teorico di una delle più importanti teorie amorose del tempo.
Quella che piace di più è la teoria amorosa del naturalismo, che vede l’amore come
sentimento naturale dal quale non si può sfuggire.
L’università comincia ad ospitare anche intellettuali stranieri.
LE CONOSCENZE CHE AVEVA UNO STUDENTE QUALSIASI FOSSE IL SUO PERCORSO DI
STUDI (quindi anche Fernando):
Commedie di Terenzio e Plauto, utilizzate per far apprendere il latino.
Alcuni dei classici Europei, tra cui Petrarca (non con il Canzoniere, che era
un’opera che poteva essere letta per diletto, ma con il DE REMEDUS che
veniva usato per l’apprendimento)
La Fiammetta di Boccaccio
Historia de dos amantes di Enea Silvio Piccolomini
La letteratura di quel tempo comprendeva:
Il libro de Buen Amor
La poesia di Juan De Mena
La poesia d’amore cancionerie
Il De amor di Carcel (?)
Nel 1508 Fernando de Rojas, dopo la laurea come avvocato, si trasferisce a Talavera
De La Reina, dove si sposa con Eleonor Álvares di Montalbán.
Nel 1541, muore. Lascia in eredità alla moglie la sua biblioteca, dove c’è una sola
copia della Celestina. Da questo particolare, possiamo capire che per lui questo libro
era un diletto, una cosa giovanile.
CELSTINAOpera drammatica (teatrale, non sappiamo se è stata davvero
rappresentata, divisa in atti. Mette in scena il tema tipico del romanzo sentimentale,
che però solitamente era in prosa), come se creasse un genere ibrido.
Questo mix lo troviamo anche in altri generi:
Commedia Latina, una delle fonti più importanti
Commedia umanistica italiana, che imitava le commedie latine.
Delle antologie di proverbi e citazioni, infatti troviamo continuanamente
citazioni di Aristotele, Seneca ecc.)
Altre 2 opere fondamentali:
1. De Amore di Andrea Cappellano.
2. Il libro De Buen Amor.
Ultimo testo a cui fa riferimento è: Tratado De Cómo Al Hombre Es Necesario Amar
di El Tostado.
Questi sono tutti i contenuti culturali che utilizza per portare a termine il
manoscritto.
STORIA: l’amore tra Calisto e Melibea. Calisto è innamorato di Melibea ma lei lo
respinge. Allora, Calisto decide di seguire il consiglio di Sempronio, un suo servo, e di
affidarsi ai servizi di questa persona che era famosa per le sue arti. Si propone di
pagare molti soldi a questa signora per avere il suo aiuto.
Celestina, appena entra in scena, fa subito capire di riflettere la descrizione che si ha
di lei nei primi capitoli. In pochissimi atti riesce a mettere su una trama e non sbaglia
un colpo (meno che uno prima di morire).
Per poter lavorare però ha bisogno anche dell’appoggio di Pármeno, alto servo di
Calisto, che la conosce molto bene e ripeterà in continuazione che Celestina è
inaffidabile.
Alla fine, ottiene l’appoggio di Pármeno, come fa?
1. Lui è stato cresciuto da Celestina
2. Innamorato di Areúsa.
AREúSA E ELICIAProstitute al servizio di Celestina, anche se la chiamano madre,
come se fossero le sue figlie.
Celestina promette a Pármeno, innamorato di Areúsa, di dargliela.
Sempronio, invece, ha una storia con Elicia, ecco perché conosce Celestina.
Riesce a convincere Calisto che le cose andranno bene, ma, il vero capolavoro si avrà
con Melibea. Il suo rifiuto, infatti, si trasforma in innamoramento.
Alla fine della commedia, infatti, Melibea dirà al padre: “Quella signora mi ha
cacciato il sentimento dal petto” le ha cacciato l’amore per Calisto dal cuore.
Celestina, infatti, crea un piano d’astuzia per far credere che l’uno sia innamorato
dell’altro.
ATTO 12 Si ha il primo incontro tra i due protagonisti, hanno delle discussioni
profonde e si danno appuntamento per un secondo incontro.
Pármeno e Sempronio capiscono che Celestina è riuscita nel suo intento e che
Calisto le darà una ricca ricompensa. Questo fa diventare Pármeno e Sempronio
gelosi, quindi, si dirigono da Celestina per prendersi la ricompensa, ma in quel
momento lei dirà che loro due non hanno fatto nulla per meritarsela. Di
conseguenza, uccidono Celestina, per fuggire, si lanceranno dalla finestra e
moriranno.
ATTO 14 Calisto non sa che fine hanno fatto i suoi servi e va con altri due da
Melibea, in quest’atto giace con lei.
Per andare via metterà male un piede e muore per essere caduto dalle scale.
Melibea, disperata, decide di suicidarsi, ma, prima di farlo confessa tutto al padre.
ATTO 16 Plantus di Pleberio, ovver, tutto l’atto si basa sul pianto del padre.
Le cose del mondo e del cielo sono ordinate gerarchicamente dal cielo e dagli astri
fino alla terra, le cose della terra sono legate a quelle trascendenti ma in modo
gerarchico, le cose umane sono elemento che arriva fino ai cieli.
L’immanenza legata in modo stretto alla trascendenza.
C’è sempre la presenza della provvidenza ma le cose del mondo esistono nel mondo,
in una scala più bassa ma porteranno lo stesso a Dio.
12/04/2022
SONETTO 8 Contestualizziamo il passo del Cortegiano, perché, se lo cita, ne vuole
fare un uso particolare.
In questo passo ci viene spiegata la teoria Neoplatonica dell’amore, facendone
parlare a Bembo. Lo fa attraverso il neoplatonismo, il quale aveva come concetto
base la connessione tra terra e cieli come un legame gerarchico.
Il rapporto tra idea e realtà, trascendenza e immanenza, lo dobbiamo portare
sull’amore.
Nel IV libro del Cortegiano si discute su “è appropriato se un cortigiano si innamore
essendo ancora giovane?” Per rispondere si discute su amore e felicità.
Castiglione fa enunciare a Bembo i 5 stadi dell’amore:
1. Desiderio sensuale della bellezza, nei corpi e nei volti degli uomini.
2. Desiderio della bellezza astratta, si allontana dall’oggetto sensibile ma mira a
desiderare la bellezza in sé.
3. Desiderio della bellezza universale.
4. Desiderio della bellezza che non va cercata fuori di sé, ma dentro, che si vede
con gli occhi della mente.
5. Desiderio della bellezza divina, l’unica vera bellezza, la cui contemplazione
comporta il raggiungimento della felicità.
Il testo a cui Garcilaso si rifà sta raccontando questa teoria.
Ma cosa fa Garcilaso? Si ferma ai primi due stadi raccontati, ma che, secondo
Bembo, nel libro, sono quelli da evitare. Quindi gli elementi della teoria amorosa
neoplatonica che Garcilaso riprende sono quelli negativi. Ma, nel testo di Garcilaso
questi aspetti diventano in qualche modo positivi.
Passando alla terza fase della produzione di Garcilaso troviamo le Egloghe.
Nel momento in cui le scrive aveva già scritto un po’ di sonetti.
COS’É UN EGLOGA? Rientra in un enorme genere letterario definito come
bucolico. Hanno fonti classiche sia latine sia greche (Teocrito e Virgilio). Parlano
soprattutto della vita dei pastori. Questa idea di base di luogo, in qualche modo
separato dalla vita reale, viene elaborata.
Alla base della vita dei pastori, di questo mondo paradisiaco e tranquillo, l’amore è
una delle forze più accecanti e distruttive.
Inoltre, sono larghi componimenti poetici di metro vario. Quella latina è quasi tutta
in esametri, mentre nel periodo dell’umanesimo e del rinascimento l’endecasillabo è
il verso più utilizzato.
Nel 1504 con L’ARCADIA di Sannazaro abbiamo la rappresentazione perfetta di
come era nel periodo umanistico e rinascimentale.
INNOVAZIONI:
1. Crea un’opera strutturata in modo omogeneo.
2. Riduzione della componente Satirica e Politica.
3. Liricizzazione del genere con i modelli classici, ma anche con il modello di
Petrarca. (A questo si rifarà maggiormente Garcilaso). Grazie a questo c’è un
ruolo preminente che viene dato alla tematica amorosa e all’io lirico che la
canta.
Il momento di contenuto più forte di Garcilaso si ha con l’egloga in volgare, quando
è a Napoli, proprio in quel momento si ha il ritrovamento dei testi in volgare,
soprattutto dell’arcadia.
Garcilaso riflette sul rapporto tra vita interiore e canto (poesia). Abbiamo, infatti, un
rapporto differente tra vita e letteratura. Le egloghe sono la rappresentazione
compiuta di un mondo interiore.
LE TRE EGLOGHE
1. Protagonista, Salicio, che si lamenta per disamore da parte di Galatea. In una
seconda parte troviamo, invece, Nemoroso che piange per la morte della sua
amata.
2. Il pastore Albanio piange per l’abbandono di Camila, un tempo sua amica e
compagna di avventure, ne parla proprio a Salicio e Nemoroso. Nemoroso sta
cercando una soluzione per il dolore di Albanio.
3. Riflessione sul trapporto tra i mali e gli ozi delle poesie, poi passa alla storia di
4 ninfe che stanno intrecciando una tela lungo il fiume Tago.
PRIMA EGLOGAStrutturata in strofe o stanze di canzone (prende la struttura della
canzone Petrarchesca). 30 strofe, composte da 14 versi, 420 versi totali. Le strofe
alternano gli endecasillabi ai settenari.
La prima parte viene chiamata fronte, l’ultima Sirima o coda, tra le due c’è la chiave,
verso che riporta l’ultima rima del fronte.
Frate Agostiniano e monaca carmencina San Juan De La Cruz e Santa Teresa Di Gesù,
lei è il personaggio più importante della mistica 500esca.
La sua vita viene raccontata tra storia e leggenda. Si parla dell’infanzia caratterizzata
dalla transvertebrazione: esperienza di mistica. Viene raffigurata da una freccia di un
angelo che colpisce il petto.
Tra i suoi allievi troviamo S. Juan De La Cruz.
S. Juan studia a Salamanca e a Medina, dove incontra S. Teresa, da qui inizierà un
sodalizio religioso.
Ha una personalità controversa, morirà in malo modo allontanato dai suoi
insegnanti.
Scrive due tipi di testi:
Poesia tradizionale spagnola, sia tradizionale sia italianizzante. La così detta
poesia profana
La poesia mistica
I suoi testi più importanti sono:
Noche Obscura De Alma
Cantos individual
Llama de amor viva
La fonte ideologica e teologica di S. Juan è S. Teresa, ma la fonte per la stilistica è
Garcilaso De La Vega.
In questi anni è Sebastian De Cardova rende A Lo Divino tutta la produzione di
Garcilaso, uno dei testi a cui, appunto, fa riferimento S. Juan De La Cruz.
Per vedere in che modo si può divinizzare bisogna leggere la canzone II (273). Qui la
voce femminile diventa l’anima e l’amato diventa Dio.
Le prime 4 strofe hanno un tono incalzante, c’è ansia di raggiungere l’oggetto.
L’ambientazione della notte che deve conservare il segreto viene ripreso.
Strofa 5: non più racconto ritmato di quello che accade, descrizione del percorso di
avvicinamento.
Strofa 6-7-8 abbiamo un ritmo più pacato.
Topos Epitalanio, genere poetico che racconta la prima notte di matrimonio. Sta
giocando e trasformando questo tipo di scena.
27/04/2022
CANCION SEGUNDA di S. Juan De La Cruz Esempio perfetto di testo A Lo Divino.
Una giovane innamorata che lascia la propria casa di notte per incontrare il proprio
amato.
Come viene transcodificata A Lo Divino? La donna amata diventa l’anima, mentre,
l’amato, diventa Dio.
Prime 4 strofe Hanno un ritmo ansioso, trepidante, incalzante.
S. Juan De La Cruz trasforma A Lo Divino il genere che racconta della prima notte di
nozze.
Quello che sarebbe un “post-coitum” della prima notte d’amore, diventa un “post-
estasi” ovvero: dopo l’estasi mistica dell’incontro che ci viene descritta nella quinta
strofa, si arriva gradualmente all’unione dei due protagonisti del testo, addirittura
una trasformazione dell’amata nell’amato e viceversa. C’è un’unione totale tra i due
amati che in questo caso sarebbero l’anima e Dio.
ULTIME TRE STROFEQui abbiamo un’aria molto più pacata che rimanda alla
quiete dopo la tempesta.
Quindi abbiamo visto come funziona il porre A Lo Divino.
La transcodificazione funziona sul valore che acquisisce la notte, la notte furtiva
dell’amata diventa percorso di peccato, errore, quella di S. Juan assume un altro
significato, un valore positivo.
Cosa c’è dietro la concezione della notte di S. Juan? Per capirlo torniamo a Garcilaso
(pag. 144) essendo lui la sua guida stilistica.
Torniamo quindi ai pastori e al loro dolore diverso per la morte o per l’addio della
propria amata.
Nella strofa 23 della I egloga, dove parla Nemoroso, che piange la morte di Elisa,
bisogna tener conto del ruolo che Garcilaso dà alla notte.
Nemoroso si rivolge sempre alla sua amata e lo fa riferendosi alla NOCHE OBSCURA
che lo ha colpito, che rimanda al suo essere rimasto da solo dopo che la sua amata è
morta. Lui non riesce nemmeno più ad appropriarsi del luogo da quando lei è morta,
essendo lei andata via.
Garcilaso, nella sua concezione della notte, fa riferimento, come quasi sempre, a
Marsilio Ticino e i neoplatonici. Per i neoplatonici, la notte è uguale alla vita umana,
la vita umana è paragonabile alla notte, perché viene definita Ombra De Dios
(ombra di dio). Secondo i neoplatonici il mondo umano sarebbe in ombra fino a
quando non arriva alla luce divina, quindi, restano nell’ombra finché non arrivano
alla contemplazione della luce divina che da un senso a tutto. Dietro questo
rapporto tra luce e ombra troviamo altre cose: Dio da senso a tutto, trasforma le
cose, riesce a far comprendere agli uomini come veramente quelle cose erano fatte
durante la loro vita ma loro non se ne accorgevano. L’uomo arriva a sollevarsi dalla
condizione umana quando arriva a Dio e acquisisce consapevolezza del suo essere
solo arrivando a Dio.
La notte sarebbe, per i neoplatonici e anche per Garcilaso, un percorso che porta
alla trascendenza. Quindi, in questa strofa, Nemoroso fa riferimento a questa
concezione della notte, ma, come accade sempre nelle egloghe, questa concezione
viene declinata sull’amore, ovvero: per arrivare a incontrare nuovamente Elisa dovrà
lasciarsi alle spalle questa notte e la notte in cui ha lasciato la sua amata. Dovrà
straniarsi da questa notte e acquisire consapevolezza per legarsi nuovamente alla
sua amata.
Riprende esattamente il concetto di abbandonare la condizione umana, l’ombra di
Dio, e arrivare alla luce di Dio, luce di Dio che per lui, ovviamente, rimanda
all’amata. Cioè il suo abbandonare la notte, condizione di sofferenza, equivale a
ritrovare la sua amata.
In questa strofa l’amore per Elisa diventa amore caritas, amore che equivale a Dio.
Arrivare all’alba, al giorno, in un certo modo, equivale ad arrivare a Dio.
L’amore per Elisa, in questa strofa, si divinizza del tutto.
Che rapporto ha S. Juan con questa notte che è il mezzo per arrivare a Elisa? Lo
capiamo da questo testo in prosa, in cui commenta la seconda canzone e i versi che
stiamo provando a comprendere. Ci dice che, dato che l’anima deve avvicinarsi a
una cosa divina, conviene che deve diventare molto più leggera, alleggerirsi dai pesi
mortali e passare una fase di purgativa contemplacion.
Ci spiega, poi, proprio quello che succede nella sua poesia, ci spiega che l’anima, per
arrivare ad incontrarsi con Dio, deve attraversare un percorso e deve rendersi molto
più leggera. Deve attraversare un percorso che la rendi fuori da sé, in pena, quindi
passare un percorso di sofferenza per arrivare alla contemplazione. Esce fuori di sé e
tutte le cose che ha visto, fino a quel momento, al buio, arrivando alla luce, le
sembrano e cominciano ad esserle concrete, conoscibili.
Lui vuole spiegarci che l’amata sta per l’anima e che l’amato sta per Dio. C vuole
spiegare come la notte è un percorso in cui l’anima deve attraversare die gradi per
arrivare a Dio, e questi, rimandano a un percorso che lui condivide con S. Teresa,
ovvero: secondo S. Teresa e secondo la mistica del tempo l’anima, per arrivare a Dio,
doveva seguire 3 stadi di percezione.
Lo Stadio purgativo, in cui doveva alleggerirsi delle cose mortali.
Lo stadio illuminativo, in cui si fa prendere e illuminare dalla luce di Dio.
Lo stadio unitivo, in simbiosi a Dio
Per seguire questi 3 stadi, in questa prosa, S. Juan ci dice che l’anima deve, in
qualche modo, straniarsi e uscire fuori dalla sua condizione normale (o mortale).
Deve lasciare tutte le cose che le sono sempre sembrate comuni e deve accedere
all’altra dimensione.
L’elemento che prende perfettamente da Garcilaso e lo declina verso una
dimensione religiosa, teologica, complessissima. In questo caso, la notte che
abbiamo descritto di Nemoroso, si declina su questo percorso di formazione
dell’anima.
Entrambi i personaggi, l’anima e Nemoroso, devono straniarsi dal mondo per
arrivare alla luce.
Nemoroso, per arrivare nuovamente a Elisa, deve lasciare il proprio Locus Amenus,
come abbiamo già visto. Deve lasciarsi alle spalle la notte, come ombra di Dio e
quindi la sua vita.
L’anima di S. Juan fa esattamente la stessa cosa, attraverso il triplice stadio.
Le due notti hanno in comune quelle dimensioni di passaggio, il momento di
straniamento, ma, hanno anche una differenza molto forte: per Garcilaso la notte è
tenebrosa ed è legata alla morte della persona amata, quindi, unicamente, ad
un’esperienza che è negativa. La sua amata è morte (di Nemoroso) ed ha questo
sentimento trascendentale di unirsi a lei. La notte di S. Juan, invece, ha qualcosa di
piacevole, diventa amable, considerando la strofa 5, e, soprattutto, non ha una
connotazione unicamente negativa, la notte è anche una notte fortunata, perché è
un percorso che già ha il godimento della percezione di Dio. La sofferenza di
quest’anima in pena è già una parte del godimento della luce di Dio.
La notte di S. Juan ha comunque un’ambiguità di connotazione: è negativa perché
rappresenta la condizione disperante di non trovare la luce di Dio, ma, al tempo
stesso, diventa piacevole, perché il percorso per arrivare a Dio, semplificando ciò
che dice S. Juan, è piacevole tanto quanto la contemplazione.
Riprendendo Garcilaso Noi sappiamo che a lui dobbiamo l’inizio di un enorme
movimento culturale: quello della mutuazione, della ripresa di modelli, della poesia
italiana nella poesia spagnola.
Garcilaso e Boscan sono i primi che cominciano questo discorso, ed è un discorso
che continuerà lungo tutto il 500 ed anche il 600.
Tutte le opere che andremo a studiare, infatti, avranno come origine o confronto i
modelli classici italiani e l’italianismo petrarchesco di Garcilaso.
Nel 1569 viene pubblicata la prima edizione indipendente delle sue opere, a
Salamanca. Non è un caso che proprio nel’69, e proprio a Salamanca, vengono
ripubblicate e poi tutti si rifanno a Garcilaso.
Nel’74, il Brochenses pubblica un’altra edizione delle opere di Garcilaso, ma, questa
volta, è un’edizione commentata. Ci spiega quindi quello che vuole dire il poeta in
diversi punti e ricostruisce le fonti.
Spesso ai commenti dobbiamo anche i testi, perché per commentarlo prendono i
testi e, a volte, correggono alcuni punti. Così come accade per la commedia di
Dante, anche per Garcilaso i commenti sono importanti. Prima di tutto perché
vengono aggiunti testi che non ci sono nella prima edizione di Boscan.
Nel 1580, a Siviglia, abbiamo un’altra edizione importante, ad opera di Hernando De
Herrera: Obres De Garcilaso De La Vega Con Annotaciones De Hernando De Herrera.
Queste edizioni non ci dicono solo che c’è un interesse per Garcilaso, ma ci dicono
anche che Garcilaso viene trasformato in un classico, in pochissimo tempo, e la
gente discute sui suoi versi.
Le riflessioni ed il confronto degli intellettuali erano proprio sui suoi testi.
Quindi, Garcilaso si trasforma in un classico, si converte in una delle opere più
copiati e imitati.
A Salamanca l’ambiente culturale esprime soprattutto poesia religiosa, mentre
l’intorno sivigliano è ambiente molto più aperto e pagano. Abbiamo visto quali sono
le voci di Salamanca e ora ci sposteremo a Siviglia.
Siviglia è il centro economico fondamentale, qui si trova il porto più importante,
probabilmente, di tutta l’Europa, tutte le navi che partono per le Americhe passano
per Siviglia e tornano a Siviglia, questa è una cosa fondamentale perché tutto ciò che
arriva dalle Americhe passa per Siviglia, questo la rende una delle città più
importanti del tempo.
A Siviglia si crea una delle scuole di grammatica e humanidades più importanti di
Spagna, ed il grammatico che proviene da questa scuola è proprio Brochenses, a lui
dobbiamo la scuola grammatica retorica humanidades Sivigliana che formerà la
maggior parte degli scrittori del circolo Sivigliano. La personalità più importante di
questo circolo sarà proprio Hernando De Herrera, è il più riconosciuto come maestro
e colui al quale vengono dedicati la maggior parte dei testi.
Il primo incontro si svolge in casa di Juan De Malara, da questi incontri ufficiosi nasce
uno dei circoli letterali più importanti del tempo.
I Sivigliani sono molto vicino alla corte, e sono molto calati nel racconto della
grandezza della corona e ce ne accorgiamo nella battaglia di Lepanto.
BATTAGLIA DI LEPANTO 7 ottobre 1571, è una battaglia fondamentale che vede
scontrarsi l’esercito cristiano e, ancora una volta, l’esercito dei turchi.
Lepanto è una penisola che affaccia sullo ionio, qui i cristiani ottengono una vittoria
straordinaria contro i turchi che erano in ripresa.
È una vittoria importante che però non ha avuto l’esito che ci viene raccontato.
I turchi erano in condizioni pietose.
Questa vittoria viene innalzata al momento culminati della battaglia tra cristiani e
arabi. La vittoria di Lepanto rappresenta la fine del mondo arabo.
Alla battaglia partecipa anche Cervantes.
Perché questo rapporto che hanno i letterati con la corona risulta essere
importante? Ci troviamo in un periodo in cui è già esistente una forma di stampa
che viene pubblicata saltuariamente e che racconta anche i fatti storici. Non
scrivono solo i giornalisti di professione ma anche i letterati. Tutti raccontano questa
enorme battaglia vinta dai cristiani, che risulta essere un racconto condizionato e
condiziona l’immaginario collettivo.
Il circolo sivigliano partecipa a questo discorso, le opere, le dediche che vengono
fatte ai personaggi del tempo, sono tutte legate a questo trionfo della corona, e lo
coltivano, lo costruiscono, a loro volta. Siamo però di fronte ad un processo simile a
quello che oggi noi chiamiamo fake news, e dietro questo processo ci sono gli
intellettuali più importanti del tempo.
Dietro il circolo sivigliano, c’è quindi questa Siviglia, punto centrale dell’Europa e
dell’economia del tempo e dietro Herrera e i suoi c’è questo ambiente.
Perché Herrera diventa una delle figure più importanti? Perché quest’opera sarà
fondamentale per tutta la letteratura successiva (l’opera del 1580).
Perché questo testo cambia la letteratura del tempo? Nel commento, Herrera
raggiungerà dei livelli mai raggiunti prima. Non solo sarà più preciso degli altri.
Basandoci sulle annotazioni (del sonetto VIII) possiamo notare che ci sono delle
parole o delle frasi che vengono riprese sotto al testo e vengono spiegate. Le parole
che Herrera ritiene più importanti per comprendere il senso del testo vengono
riprese e spiegate.
Ad un certo punto mette un suo testo e ci dice che anche lui ha “detto” una cosa
simile a ciò che ci vuole dire Garcilaso. Inoltre, ci spiega anche come Petrarca ha
detto la stessa cosa che sta dicendo Garcilaso.
L’idea di Herrera non è solo commentare il testo o farci capire Garcilaso, lui è come
se volesse farci capire una teoria sulla letteratura, come dovrebbe funzionare la
letteratura, la poesia come dovesse essere formata. Ci sono questioni tematiche,
poetiche, retoriche, è un discorso vero e proprio sulla letteratura.
Le annotaciones di Herrera rimandano quindi ad un concetto chiaro: quello della
prima teoria di letteratura.
Dove riscontriamo questa ansia di spiegare la letteratura? Spesso nelle sue
annotaciones riporta delle discussioni che venivano fatte nel circolo Sivigliano. La
storia che raccontava quei tempi, infatti, emerge anche dalle annotaciones.
A confermarci che ci sia una riflessione continua delle cose in letteratura, spesso, lo
stesso Herrera si corregge. Nelle edizioni successive, infatti, risulta cambiare idea su
alcune considerazioni che aveva fatto nelle precedenti dopo averci posto degli studi
approfonditi.
Questo, inoltre, ci fa anche capire che la discussione sulla letteratura, in questo
circolo, era una cosa seria. Quindi, si doveva studiare la letteratura, ma questa, era
comunque legata anche alla pratica.
Dalle annotaciones sappiamo qual era la teoria nella letteratura del circolo
sivigliano, capeggiato da Herrera, e dalle loro opere capiamo che, dietro questo
lavoro di riflessione, i componenti del circolo iniziavano anche a scrivere, seguendo
la riflessione teorica che ricostruiamo dalle annotaciones, tra l’altro, scrivono in
versi.
I loro testi rimandano ad una chiara idea di letteratura, una chiara idea di come si
costruiscono determinate forme poetiche, c’è un’attenzione enorme alla pratica
oltre che alla teoria.
COSA SCRIVE HERRERALe sue opere sono pubblicate nel 1582, due anni dopo le
annotaciones su Garcilaso.
Il titolo è Algunas obras de Fernando (O HERNANDO) De Herrera
Le opere poetiche, anche se non hanno una struttura omogenea, come quella del
canzoniere petrarchesco, ne imitano la struttura. In qualche modo prova a creare un
discorso tra diverse poesie e diversi sonetti.
Scrive quest’opere dopo la morte della sua amata, e molti componimenti sono in
morte della sua amata. Alla tematica amorosa, però, si accompagna anche la
tematica politica ed altri.
Quella amorosa si declina in:
Momenti di sofferenza amorosa
Momenti di estasi o godimento
Lamento nostalgico dei momenti trascorsi con la sua amata
Anche in Herrera abbiamo una contrapposizione tra passato e presente, tra quello
che è stato l’io lirico nel passato e quello che è nel presente, ma, il rapporto tra
presente e passato è molto differente.
Per chiudere il discorso e vedere in che modo egli faccia qualcosa di differente
confrontiamo i due testi in fotocopia (Petrarca: Voi ch’ascoltate in rime sparse il
suono, Herrera: Sonetos I)
Petrarca: si riferisce ad un pubblico che ha esperienza, ritroviamo l’opzione a chi può
capire ciò che lui sta provando, vuole che le persone sappiano bene la sofferenza di
cui stia parlando, lo perdonino e abbiano pietà di lui (la sofferenza è legata ad un
passato dove l’io lirico non si riconosce più). Il passato con il giovanile errore non è
riconosciuto dall’io lirico del presente, c’è un sentimento di vergogna o pentimento,
uno degli elementi più importanti, leggendo questo componimento, capiamo bene
che tutta l’esperienza del canzoniere è un’esperienza di pentimento che arriva in
ritardo perché le terzine ci dicono che è, appunto, tardi. C’è, inoltre, la condizione
pubblica: l’io lirico sa che per tutto il mondo non può liberarsi da ciò che è stato e
questa condizione gli fa capire (nella terzina finale) che tutto ciò che riguarda
l’umana condizione è vano e resta in una condizione effimera, dura pochissimo.
Herrera: il suo primo sonetto fa riferimento a quello di Petrarca, c’è un’omogeneità
totale. Basterebbero le ultime due terzine a farci capire che in fondo c’è un testo
differente anche se nella parte iniziale comunica con Petrarca.
PETRARCA, RVF, 1 HERRERA, SONETOS I
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono Osé y temí; más pudo la osadía
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core tanto, que desprecié el temor cobarde.
in sul mio primo giovenile errore Subí a do el fuego más me enciende y
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ arde
sono, cuanto más la esperanza se desvía.
Gasté en error la edad florida mía;
del vario stile in ch’io piango et ragiono ahora veo el daño, pero tarde,
fra le vane speranze e ’l van dolore, que ya mal puede ser que el seso
ove sia chi per prova intenda amore, guarde
spero trovar pietà, nonché perdono. a quien se entrega ciego a su porfía.
Tal vez pruebo -mas, ¿qué me vale?-
Ma ben veggio or sì come al popol tutto alzarme
favola fui gran tempo, onde sovente del grave peso que mi cuello oprime;
di me medesmo meco mi vergogno; aunque falta a la poca fuerza el hecho.
Sigo al fin mi furor, porque mudarme
et del mio vaneggiar vergogna è ’l
no es honra ya, ni justo que se estime
frutto,
tan mal de quien tan bien rindió su
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
pecho
che quanto piace al mondo è breve
sogno
Questi problemi sono sintetizzati con domande a cui il romanzo risponde sono
differenti, “come è possibile rappresentare il mondo?” questa è una domanda a cui
prova a rispondere il romanzo nel tempo,il grande problema della lirica era io con il
rapporto del mondo, i sentimenti, invece questa prosa del mondo che si sviluppa
dalla narrativa antica fino al romanzo antico si chiede come è possibile far entrare
tutto ciò che ci circonda in pagine, “come è possibile rappresentare la realtà?” “La
vita umana?” altra domanda che ci interessa è cosa bisogna rappresentare in
letteratura e cosa no, queste sono domande che le origini del romanzo antichissime
già provano a fare e scrivere dei romanzi e abbiamo un esempio in uno dei nuclei da
cui pare abbia origine il romanzo, analizzando il punto del “sesto libro dell’Iliade”.
n questi punto c’è un personaggio che spiega a Glauco qual è il destino degli uomini
sulla terra e spiega la metafora degli uomini e delle foglie e dice Diomede “così
come è la stirpe delle foglie, così quella degli uomini, le foglie e il vento le riversa per
terra..così le stirpi degli uomini, una cresce l’altra declina” questa metafora ci dice
che gli uomini sono come le foglie, ci dice che semplicemente il destino degli uomini
è quello di nascere e morire quindi gli uomini sono effimeri come le foglie
soprattutto sono in serie, i destini degli uomini, le vite sono effimere e tutte uguali,
anche i destini sono uguali, siamo in una dimensione dell’epica antica in cui gli
uomini hanno questo destino, sono come le foglie perché gli dei e gli eroi invece
hanno un destino differente, gli eroi e le divinità sono destinati ad un destino
eterno.
Cosa interrompe la fugacità tipica degli uomini? La letteratura narrando le gesta
degli eroi li rende immortali e ci salva dall’oblio, questo ci dice omero in questo
episodio, le gesta cantate delle voci dei narratori di tutti i tempi rendono gli uomini
immortali, gli permettono di sopravvivere alla loro mortalità, alcuni problemi sono
già presenti nell’antichità, il percorso del romanzo è il tentativo di narrare le storie
delle foglie, la poesia di tutti i tempi che aveva provato ad eternare eroi e
personaggi storici, il romanzo parte dalla prospettiva di narrare le storie degli
uomini, di rendere questa serialità delle foglie in qualche modo interessante,
arriveranno a fine 800 ma il percorso inizia qui, con personaggi che si chiedono cosa
ne Sará di loro, qual è la loro dimensione rispetto agli eroi con i quali vivono e dei
quali sanno che avranno vita eterna perché eroi.
Il concetto di rappresentazione del mondo, della vita che i greci riportano al
concetto di “minesi”, che è proprio il concetto di rappresentazione è uno dei
meccanismi che sta alla base.
Per sintetizzare, dietro la narrazione di romanzo c’è una volontà di rappresentare,
imitare il mondo, imitare le vite delle foglie.
Ci sono diverse teorie, alcuni dicono che il romanzo nasce nella cultura orientale,
altri Iliade, odissea altri nel 500 in Spagna perché Lazaro, Pablo sono foglie ovvero
personaggi che non sono eroi e la letteratura del tempo parla soprattutto di eroi e
noi improvvisamente sappiamo la vita di questi, sappiamo quanto erano poveri e
come non riuscivano nemmeno a sopravvivere tanto da dover fare cose
innominabile.
Alcuni dicono che il romanzo nasce in Spagna nel 500, si deve ad un cambiamento
sostanziale, anche da un lungo di vista letterario, per quasi tutti esso nasce del 700
inglese che si deve ad un cambiamento sostanziale grazie alle idee illuministiche e
quindi la società vuole raccontare il vero anche dal punto di vista letterario.
Sicurante il romanzo è espressione di modernità, c’è un rapporto visibilissimo tra la
fine dei dogmi che vanno via con l’antico regime e questa necessità di raccontare
storie che raccoglie il romanzo, quello che noi come conosciamo come transizione
sarebbe spiegato anche dalla nascita del romanzo, scompaiono una serie di storie
raccontate di bocca in bocca ed esplode la narrazione del romanzo, forse gli inglesi
hanno ragione.
Nel 500 troviamo varie definizioni di romanzo, molto circoscritte ad una forma di
narrazione continua ma nell’800 troviamo già definizioni vicine al modo che
abbiamo noi di intendere il romanzo, un modo proteiforme, fatto in varie voci, modi,
quindi ha definizione “eterogenea proteiforme” sono aggettivi per il romanzo.
Nel 500 però sono già visibili alcune genealogie del romanzo, cioè essendo
proteiforme, queste forme dipendono dai generi letterari che piano piano sono
diventati romanzi, se questo avviene vuol dire che questa genealogia di romanzi in
qualche modo hanno costruito questo mezzo contenitore con cui ci confrontiamo
oggi.
Le genealogie: romanzi bizantini o greci é un genere romanzesco che si sviluppa nell’
antica Grecia soprattutto nel periodo ellenistico ripreso nel 500, cioè vengono
tradotti tantissimi romanzi e soprattutto le etiopiche di Eliodoro che sono uno delle
opere bizantine che diventano proprio un modello, le traduzioni sono fondamentali
perché in qualche modo fanno entrare le opere del passato nel circolo culturale del
tempo.
Il tema del divino è fondamentale c’è Dio che prevede che questi due amanti
debbano stare insieme, questo tema lo troviamo anche nel medioevo,nel 500
diventa un genere “best seller”, questa è la prima famiglia genealogica che porta al
romanzo poi romanzi cavallereschi che agli inizi del 500 rielaborano la materia
cavalleresca creano un genere differente da cantares de gesta ecc, terza la narrativa
pastorale, è un genere enorme quello della letteratura bucolica in cui rientrano
egloghe ebbene nel 500 la narrativa pastorale diventa un genere in volta, sono
romanzi fatti sui pastori e sono delle opere importanti, anche Cervantes scriverà
un’opera pastorale e avremo l’opera scritta nel 1559 da Jorge Montemayor “la
Diana”.
Di cosa parla il romanzo pastorale? Pastori, loro vite, loro amori quindi questo sono
le prime 3 famiglie nel territorio del “romance”.
I romance rimandano a delle tematiche meno credibili mentre i novel sono più vicini
alla realtà.
Le genealogie del novel sono:
romanzo espostolare,
romanzi scritti attraverso lettere,
tutte le novelle,
narrativa breve
le scritture dell’io, (autobiografie biografie memorie), narrare le storie
dell’uomo (foglie)
Anche la tipografia dei secoli successivi diventa più e meno credibile, in Italia
abbiamo vari autori, in Spagna l’autore più famoso dell auto fictione é Javier Marias,
grandissimo autore spagnola.
La picaresca rientra nel novel, racconta la realtà bassa sociale (furfanti, imbrogli) ma
per molti teorici rientrerebbero anche nel romance perché la realtà raccontata dalla
picaresca non è reale perché è comica, noi ridiamo e questo rende la realtà meno
verosimile (questione enorme) perché tutti il realismo 5/600esco, le foglie vengono
raccontate comicamente, per renderla interessante bisogna renderla comica per
questo la picaresca è un genere problematico.
Il romanzo nasce dalla con presenza e commissione che rimandano a diverse prose
narrative, come sappiamo che questa finzione corrisponde direttamente alla realtà?
Leggiamo i romanzi, li cataloghiamo ma anche perché abbiamo diverse
testimonianze di persone che ci descrivono proprio questo, ci sono narrazioni che
fanno questo, che narrano di vita di furfanti ecc quindi non è anacronismo
immaginarci i lettori che entrano in libreria (Cervantes y Sancho) dove trovavano
diversi generi.
Siamo arrivati a ragionare su quali erano i generi che un lettore del 500 ha a
disposizione quando entra in libreria, queste rimandano a delle scritture molto
differenti di romanzo, se pensiamo a romance e novel vediamo la differenza
sostanziale che questi testi hanno nel rapporto con gli ideali, il romanzo ragiona per
tutta la vita sul rapporto tra gli uomini e le leggi che in qualche modo regolano le
azioni degli uomini, dovrà arrivare a narrare storie come persone come noi, ci arriva
riflettendo sulle leggi che in qualche modo regolano il mondo, gli amanti casti
devono combattere con le leggi del mondo che devono in qualche modo far
rispettare le leggi dell’ideale cavalleresco e le leggi della giustizia, lealtà.
I pastori fanno riferimento a delle leggi di un mondo altro rispetto a quello umano,
leggi distanzi, un luogo altro, tranquillità, vita campestre e anche i picari in fin dei
conti impongono di ragionare sulle regole scritte, se le regole scritte dicono che i
picari devo essere gli ultimi della sfera sociale, essere bistrattati allora questi picari
vanno contro questi ideali e queste leggi scritte , quindi rapporto con le idee: il
romanzo per narrare la realtà ha bisogno di capire quali sono le idee che regolano
quale realtà si sta raccontando.
Come fa una giovane donna espressione perfetta della pietas Cristiana a vivere in un
uomo di uomini violenti rimanendo fedele a se stessa? Le idee sovrastano i
comportamenti dei personaggi romanzeschi, è un romanzo realista perché Manzoni
ci tiene a farci capire che ci sta raccontando una storia reale, le idee sovrastano i
personaggi che si confrontano con le idee che regolano il mondo, come fa una
famiglia di pescatori a credere in un’economia familiare? Si sfalderà la famiglia dei
Malavoglia ma dietro ci sono le idee, Verga riflette su come degli schemi familiari e i
personaggi possano sopravvivere alla modernità, come una società.
Facendo riferimento ad un minimo episodio, parte minima della trama. noi
ricostruiamo le idee che stanno dietro alle azioni umane del romanzo, se facessimo
lo stesso sforzo leggendo i sonetti di ieri non traspare le idee del mondo, possiamo
ricostruire i sentimenti, i pensieri a parte il caso di P, la lirica non ci fa arrivare il
mondo come fa la prosa perché i personaggi della prosa sono imbevuti delle idee del
mondo che vivono, che regolano il mondo.
RAPPORTO CON LE IDEE, NORME DEL MONDO la differenza tra “modern e novel”
arriva molto più avanti, possiamo dividere le genealogie tra romanzi idealisti e
antidealisti.
Nei romanzi idealisti potremmo includere i cavallereschi, bizantini, pastorali invece
in quelli antidealisti possiamo mettere i picareschi, ricostruiremo la formazione dopo
aver letto testi del Medioevo, né ricostruiremo la formazione di un farabutto che ci
sarà simpatico.
I romanzi o generi idealisti promuovono una concezione celebrativa, ideale o
idealista della vita e dei comportamenti umani, prevede che ci siano ideali positivi da
seguire (cavalieri, coppia predestinata) i secondi hanno una concezione antidealista
della vita, atteggiamento anti-denigratorio verso i comportamenti umani, portano i
lettori in un regno e in un mondo diverso dalla realtà.
ROMANZI IDEALISTI E ANTI-IDEALISTI I romanzi ‘’idealisti’’ sono:
1. Romanzi cavallereschi
2. Romanzi Bizantini
3. Romanzi pastorali
I romanzi ‘’antidealisti’’ sono:
1. I romanzi comici
La distinzione tra romanzi idealisti e antidealisti è una definizione più moderna di
‘’romance’’ e ‘’novel’’.
I romanzi ‘’idealisti’’ promuovono una concezione celebrativa e idealista della vita:
valori POSITIVI.
Sono romanzi che trasportano il lettore in un mondo diverso dalla realtà (un mondo
appunto ideale).
I romanzi antidealisti descrivono un atteggiamento denigratorio dei comportamenti
umani.
Sarà l’idealismo a provocare il disappunto dei critici dei secoli successivi: per questo
il romanzo volgerà ad una letteratura verosimile e vicina alla realtà.
PERCHE’ IL ROMANZO E’ UN GENERE VASTO?
1. Molte scritture coinvolgno in questo unico genere.
2. Le forme letterarie vanno sistematizzandosi attraverso scritti teorici, che spiegano
come fare letteratura
3. Il romanzo è a lungo tempo un genere protiforme (che include molti scritti)
Il romanzo è un tipo di scrittura senza regole. Non ha modelli.
I romanzieri hanno tuttavia degli obiettivi:
1. Piacere al pubblico ciò viene meno quando nel ‘700 nascono le scritture teoriche
sul romanzo, e quando c’è la transizione dall’antico regime al mondo razionale. Il
pubblico vorrà leggere cose aderenti alla realtà. Il romanzo inizierà a narrare la vita
di persone comuni (fine ‘800).
2. Chi scrive romanzi Bizantini narra storie antiche
3. Chi scrive romanzi cavallereschi vuole riportare valori dell’epoca medievale.
Il romanzo è sempre teso tra le idee e le azioni dei personaggi.
Il romanzo cavalleresco è fondamentale perché le azioni degli uomini non vengano
giudicate in situazioni reali, ma poco verosimili.
Nell’ambiente dei romanzi cavallereschi e idealisti, gli ideali sono dati per scontato
(mentre nell’800 nulla è scontato e tutti devono combattere x ottenere qualcosa).
Nel mondo dei cavalieri gli ideali devono essere garantiti, in quanto il non garantirli
fa muovere la trama e i cavalieri per far sì che vengano garantiti.
I personaggi sono guerrieri professionisti e i romanzi parlano delle loro gesta.
I cavalieri seguono valori ideali e soffrono quando questi ultimi non si realizzano.
Per questo sono poco verosimili (credono in modo inverosimile negli ideali e
narrano di un mondo poco credibile. Affrontano le difficoltà in maniera
inverosimile).
DOMANDE CHE SI PONGONO I CAVALIERI
1. Perché l’onestà e la generosità sono violate?
2. Perché non tutti fanno del bene?
Agli occhi dei cavalieri il mondo è imperfetto, e il loro compito è quello di renderlo
vivibile e migliore (i cavalieri si mettono a disposizione del mondo per migliorarlo).
L’ideale cavalleresco resta quindi lo stesso, ma subisce delle modifiche: nel ‘500 c’è
l’ideale del cavaliere perfetto, perché c’è nostalgia del medioevo, di un tempo in cui
non c’era l’economia. Era un mondo perfetto, che tutti volevano recuperare.
In quel periodo, infatti, tutti seguivano l’ideale cavalleresco (tutti si vestivano come
cavalieri).
La materia medievale del XII e XIII secolo torna nel romanzo cavalleresco del ‘500.
I cicli ripresi sono:
1. Ciclo carolingio
2. Ciclo Tebano
3. Ciclo nordico
4. Ciclo Bretone (re Artù e i suoi cavalieri).
Il Ciclo Bretone fu quello ad avere più successo, perché incarna maggiormente lo
spirito del medioevo (spirito politico fatto di tensioni tra signori locali, etc..)
Nel periodo medievale i cavalieri erano una forza armata che doveva controllare e
gestire i territori: nel romanzo troviamo questa tematica, anche se prevale di più
l’ideale cavalleresco.
IDEALE CAVALLERESCO
1. I cavalieri dovevano raggiungere la gloria oscurando i rivali
2. Dovevano essere fedeli ai loro sovrani
3. Dovevano tener fede alla parola data
4. Potevano innamorarsi, ma dovevano seguire l’amore cortese (proteso verso Dio).
5. Se il loro sovrano li tradiva o tradiva gli ideali cavallereschi, i cavalieri avevano il
diritto di ribellarsi.
6. Servizio spontaneo del cavaliere: il cavaliere è a servizio dell’ideale, cioè tutto il
mondo è retto dal servizio dei cavalieri. I cavalieri sono devoti al loro signore, anche
se sono abbastanza forti da poterli sconfiggere.
IL CAVALIERE ERRANTE
Un tipo straordinario di cavaliere è il cavaliere errante (che cerca avventure).
Non è a servizio del re, ma occupato in diverse missioni, che trova di volta in volta.
I suoi compiti sono:
1. Difendere i perseguitati, i deboli, le vedove e gli orfani.
2. Ristabilire la giustizia
Le sue missioni sono avventure.
Una caratteristica del cavaliere è quella di stare in allerta sempre, lanciarsi sempre in
battaglia (lasciando tutto ciò che ha). I cavalieri hanno però delle ricompense:
1. La gloria (la ricompensa più importante): essere ricordati come ‘’eroi’’. La gloria
viene prima di tutto. I cavalieri cercano sempre le missioni in cui possono
dimostrarsi superiori rispetto agli altri, anche rinunciando a ricompense materiali.
2. Possono diventare principi, conquistare terre.
AMADIS DE GAULA
‘’Amadis de Gaula’’ (di Garcia Rodríguez de Montalvo) è un importante romanzo
cavalleresco.
Tratta di un cavaliere che sfida altri 11 cavalieri per dimostrare la sua superiorità.
RAPPORTI COL CAVALIERE MEDIEVALE
L’ideale cavalleresco del ‘500 è un ideale perfetto.
Si prendono alcuni elementi del cavaliere medievale, come il fatto che essi avessero
delle anime ‘’magne’’ (grandi) e curve: la loro magnanimità poteva declinare in
alcuni momenti (come la fedeltà al re, spesso per questioni amorose. Es: Lancillotto
tradisce il sovrano per amore di Ginevra).
Il romanzo del ‘500 riprende l’anima curva del cavaliere e la condanna.
I cavalieri che curvano la loro anima magna sono esclusi dal mondo.
CARATTERISTICHE DELL’AMORE NEL ROMANZO CAVALLERESCO
1. Non deve essere fine a sé stesso, ma al matrimonio
2. È quasi sempre asimmetrico (non corrisposto): l’asimmetria è fondamentale
perché concede alle donne di valutare il sentimento, le virtù, missioni e valori del
cavaliere.
In questi romanzi il rapporto con la fede è nascosto: i cavalieri fanno riferimento a
come i cieli mettono alla prova il loro coraggio, ma i cieli non sono mai formalizzati e
Dio non è mai visibile (anche se è presente).
Dio è una forza incomprensibile e i cavalieri si chiedono perché chi governa le azioni
lo faccia così (perché non c’è la giustizia, il bene, etc..).
Molto presente è la dimensione del soprannaturale (maghi, streghe, nani, oggetti
soprannaturali): ciò è interessante perché esprime la nostalgia per le credenze
medievali. La Controriforma, nel ‘500, esilia le credenze antiche e rende credibili
solo quelle Cristiane.
03/05/2022
Un elemento importante da ricordare è il rapporto tra azioni umane e idee, che
rappresenta il rapporto costruttivo del romanzo. È un elemento che ci servirà per
capire il percorso graduale della rappresentazione della realtà nel romanzo.
Il romanzo, attraverso le sue genealogie, è un genere a che arriva fino a noi, e che
continua a ragionare su problemi come: “come fa la scrittura in prosa a narrare del
mondo?” “quanta realtà c’è nelle pagine che leggiamo?”
ROMANZI CAVALLERESCHI Il romanzo che segna il modello del romanzo
cavalleresco 500esco in Spagna è L’AMADIS DE GAULA, di Garcia Rodriguez de
Montalvo, pubblicato nel 1508.
L’autore riprende la materia e la storia di un romanzo scritto nel 300. Era un
romanzo anonimo che la critica ha definito “l’amadis primitivo”. Prende la storia di
questo romanzo e la rielabora. La storia rimarrà più o meno la stessa, perché
l’autore ne riprende una buona parte (i primi 3 libri li ha solo copiati, mentre il 4 l’ha
scritto lui). Il romanzo ha tantissime edizioni e viene continuato da altri autori;
quindi, ha tantissime continuazioni ed un successo enorme.
Ma come mai? Tutti volevano leggere le storie dei cavalieri e la stampa aveva
raggiunto livelli di grande sviluppo (era in grado di produrre 30.000 o 40.000 copie di
un’opera). Essendo storie non erudite potevano essere lette da tutti e questo
permise di aumentare il numero dei lettori.
Il libro racconta la storia di Amadis, dalla nascita alle sue gesta eroiche da cavaliere.
La nascita di Amadis è una nascita mitologica: nasce da un amore segreto tra il
padre, che è il re Perion de Gaula e Elise de Bretagna. È figlio di un re e non ne ha
idea; infatti, verrà abbandonato in una cesta e verrà cresciuto da un cavaliere.
Come tutti i giovani, si innamora della figlia di un re di nome Oriana e viene fatto
cavaliere dal padre, anche lui inconsapevole sia il figlio.
Ci sarà un problema tra Amadis ed il padre della sua amata, Lisuarte, per cui il terzo
ed il quarto libro sarà concentrato sullo scontro tra Amadis e suo suocero. Amadis e
Oriana avranno anche un figlio, di nome Resplendian, a cui saranno dedicati molti
romanzi a parte.
Ancora oggi non sappiamo quanto l’autore cambi le cose rispetto alla storia originale
a cui si rifà.
Fa riferimento anche ad altri romanzi cavallereschi, uno di questi è Lancillotto in
prosa e, a proposito di elaborazione di altri romanzi, uno degli episodi più
importanti è quello che riguarda il ritiro di Amadis in un bosco isolato.
Montalvo riprende questa materia passata (materia Bretone) e, soprattutto, sa che
sta facendo un’operazione delicata: come succede con tutti i prodotti letterari di
successo, molti critici del tempo criticavano i romanzi cavallereschi del tempo.
Nel 500 ci si inizia a porre un problema, quello che riguarda la verosimiglianza dei
romanzi cavallereschi che erano lontani dalla realtà (lo stesso ideale dei cavalieri era
lontano dalla realtà). Nel 600 questi romanzi saranno proibiti perché portatori di
follia.
Nel 500 le avventure dei cavalieri rimandano più alla favola che alla realtà.
In che modo iniziano a scontentare i lettori più critici? Il mondo razionale
dell’umanesimo va in contrasto con queste narrazioni, anche per le scoperte
geografiche che portano a razionalizzare la realtà.
Anche la politica, la scienza, raggiungeranno una grande razionalità.
A questo mondo razionale, corrisponde il romanzo che, dall’altra parte, racconta
storie inverosimili e questo infastidisce gli intellettuali. L’uomo deve iniziare a capire
come va il mondo e che e frottole raccontate in questi romanzi fanno impazzire i
lettori.
Quando Montalvo scrive questo romanzo, di mondi sconfinati, irreali, è in contrasto
con il mondo reale, razionale.
Nel prologo ci dice di che ci sono 3 tipi di storie o anche 3 modi di rappresentare la
storia della realtà:
1. Gli storici illustri, come Sallustio e Tito Livio, che fanno unicamente ai fatti che
sono accaduti, alla realtà.
2. Quello che racconta sia il vero sia il falso, e, in questo tipo di storia inserisce
anche i poeti omerici.
3. Storie unicamente finte che lui definisce “historias finjidas”, scritte da autori
di basso livello.
TESTO DELLA FOTOCOPIA (PROLOGO) In questa parte del prologo abbiamo
tutti gli elementi che ci fanno capire il lavoro di Montalvo. Fa tantissime
premesse per giustificarsi di ciò che sta facendo, dicendo che, se ci sono cose che
danno fastidio a qualcuno, qualsiasi errore da lui commesso è dovuto dalla
bassezza di ingegno, cioè il suo ingegno non gli ha permesso di scrivere qualcosa
di alto livello.
Questo fa si che lui non possa scrivere storie elevate, ammettendo di aver scritto
storie lontane dalla realtà.
Però, non tiene fede a quanto scrive nel prologo, come ci dimostra lo stesso libro.
Nel terzo e nel quarto libro il romanzo si trasforma in qualcosa di diverso: in un
manuale per perfetti cavalieri e per perfetti cortigiani.
Ci racconta le avventure e, poi, attraverso delle digressioni, momenti in cui la
narrazione si ferma, commenta i comportamenti dei cavalieri.
Queste digressioni vengono chiamate momenti metanarrativi, la domanda che ci
pone in questi momenti è. Che insegnamento possiamo trarre da ciò che stiamo
leggendo? Legame fortissimo tra narrazione e dottrina.
Nella prima parte viene rielaborata la materia cavalleresca, nella seconda si passa
ad una sorta di compendio per il perfetto cavaliere.
Montalvo ci da delle spiegazioni sulla sua narrazione e ci dice che possiamo trarre
insegnamenti anche dai momenti metanarrativi, dove si giustifica che dato che
questa è la storia di Amadigi non può aggiungere storie di altri.
Le parti che riguardano lo scontro lo scontro tra Amadigi e il suocero sono parti in
cui la lotta diventa uno scontro tra cavalleria e corona, scontro tra due ideali
diversi.
L’opera è abbastanza disomogenea. Il prologo e gli interventi danno omogeneità
all’opera, facendocela leggere come un romanzo.
C’era uno studioso che ha problematizzato il rapporto tra finzione e realtà
razionale umanistica-rinascimentale, ovvero MAXIME CHEVALIER: afferma che in
un mondo così antico i lettori trovano nei romanzi idealisti una compensazione
rispetto al loro presente.
Ma perché proprio in questo mondo? Perché un elemento fondamentale che
apportano gli stati moderni è il così detto disciplinamento, cioè seguire degli
ideali e, per questo vivere. Questi fattori inizano a sorgere in questo momento, il
mondo inizia ad essere più noioso e più rigido e trovano nei romanzi
cavallereschi un “rifugio” ed è per questo chehanno così tanto successo.
04/05/2022
Ci spostiamo su una forma di romanzo differente, su un altro emisfero, arriviamo in
un mondo diverso, abbiamo visto che i cavalieri in qualche modo incarnavano un
mondo perfetto passato, restano personaggi esemplari e proprio per questo erano
inverosimili, questi personaggi cominciano ad annoiare e subire critiche dal pubblico
e intellettuali del tempo perché sono inverosimili e cominceranno sempre più a dare
spazio a personaggi che iniziano ad essere credibili, non sono ancora come noi (tipo
800) ma cominciano ad essere personaggi possibili, cioè che in qualche realtà del
mondo è possibile incontrare, siamo partiti dalla metafora degli uomini e foglie, per
rendere interessante la vita degli uomini, inizialmente le forma romanzesche
rappresentano questi uomini, per narrare la vita di questi che in teoria non
dovrebbe essere narrata, all’inizio vengono rappresentati con il filtro dell’ironia,
rappresenta la vita di straccioni che fanno di tutto per sbarcare e lo fa con una
prospettiva classista ovvero quella di autori o voci narrative, quella di nobili che
ridono delle bassezze di questi personaggi, questo è uno dei filtri del romanzo
picaresco, le vite degli uomini normali non sono ancora narrabili in modo serio, la
narrazione seria e dei personaggi bassi arriveranno più in avanti, la narrazione seria
presenterà i personaggi come essere umani tragici, c’è sempre un filtro che in
qualche modo lima la forza negativa dei personaggi, noi ne ridiamo per la maggior
parte come di Lazaro, ma in parte riflettiamo, l’obiettivo dei narratori di questo
momento è di farci ridere perché non possono fare altro perché per ora le vite degli
straccioni non possono essere narrate, le vite delle classi più basse non vanno
narrate.
Cosa c’è dietro la picaresca e perchè si sviluppa proprio in Spagna
Dietro la picaresca e tra i motivi per i quali dobbiamo lo sviluppo di questo genere
c’è la Spagna con le sue contraddizioni, c’è la Spagna trasfigurata con ricchezze non
reali (Sevilla, porto) che crea enormi differenze tra ricchi e poveri e dietro la
picaresca c’è anche la Spagna della controriforma o meglio tutta l’Europa della
controriforma:
riforma protestante, credenza non esistano più, ortodossia unica e la Spagna della
controriforma diffonde e rende incontestabili alcuni valori cioè l’ortodossia religiosa
è unica e la detiene solo una parte del mondo, cristiana (ricordiamo Lepanto con
luce a sinistra e buio della parte musulmana a destra, prospettiva), la verità la
detiene solo la parte del mondo cristiana, tutto il resto è eresia, c’è questa Spagna
che è dilaniata nella differenza tra ricchi e poveri e Spagna delineata dalla
controriforma, che impone una ideologia da cui non si può scappare, perché noi
diciamo che il romanzo picaresco si deve a queste due piccolo enormi condizioni
storico culturali? Vediamo che i “picari amorali” che non si pongono problemi nella
loro azione e quelli morali che ad un certo punto cominciano a pentirsi, la Spagna
dei ricchi e poveri emerge da picari amorali esclusi dalla loro società, trattati
malissimo e vedono differenze enormi rispetto ai ricchi signori e quindi decidono di
far fronte alle ingiustizie, i picari non mangiano per giorni, la fame è un tema
ossessivo, spesso Quevedo ci descrive la fame che non è solo questione di povertà,
ma anche una fame fisica quindi la Spagna con le differenze viene fuori da questi
picari e decidono di far fronte a questa immaginazione, l’amore nel romanzo
picaresco non esiste, non si da di baratto, amore della Celestina che si ritrova anche
in questi romanzi cioè nel lazarillo di tormes l’amore è come diceva Celestina è
barattabile come il denaro e vedremo che sarà una delle chiavi dell’ascendere
socialmente nella storia quindi da un lato i picari esprimono le divisioni sociali in
Spagna e dall’altro i picari morali si pentono e in qualche modo incarnano lo spirito,
il contesto studiato emerge nei romanzi che stiamo provando a leggere.
La picaresca ci offre il ritratto di questa società, ne escono malissimo tutte le classi
sociali e per tornare alla celestina, il picaresco ci dà l’idea di tutti contro tutti,
conferma quello che già annunciavano i personaggi della celestina, li era follia ma in
questo mondo invece era la normalità, in questo mondo oscuro e la lotta di tutti
contro tutti gli ideali sono diventati normalità, nessuno si sorprende del fatto che ci
sia una violenza presente dappertutto, tuti i rapporti sono sotto forma di violenza,
l’altra cosa di normalità della picara è che questo mondo lo conosciamo dagli occhi,
non solo seguiamo e leggiamo le avventure di personaggi indegni di essere
raccontati, tra le peggiori foglie, noi lo leggiamo dagli occhi dei picari, noi vediamo il
mondo dai loro occhi, elemento fondamentale.
Noi leggiamo il mondo attraverso persone che sono ai margini, per il 500 è un
elemento di avanguardia assoluta, questo mondo media le voci che arrivano dai
margini, ovviamente stiamo attenti che questa è una finzione, da voce ma gli autori
non sono i picari, nella finzione quel mondo che stava raccontando la storia
comincia a raccontarci in prima persona le storie di bassa società, in questo mondo
in cui abbiamo visto le azioni umane rette da grandissime ideali, viste in tutta la
letteratura da religiosa amorosa romanzo cavalleresco, mentre c’è questa
letteratura in Spagna emerge questo genere, la letteratura spesso ci racconta cose
che la storia ufficiale non racconta quindi è chiaro che dietro le pagine che
leggeremo c’è una fetta di storia dimenticata dalla storiografia, la letteratura ci dona
fetta di storia che altrimenti sarebbe andata perduta ma ci fa capire che la Spagna
del tempo non era quello splendore dell’impero o almeno era quella ma anche
questa, per questo fantasma mentre c’è un enorme fiducia nella capacità del mondo
c’è anche questa forza enorme che vivevano le classi basse che erano in
maggioranza e i romanzi esprimono, erano la maggioranza cioè tutte le gesta
eroiche erano in minoranza, la maggioranza è questa quindi il fantasma della storia
fino ad un certo punto, forse è la storia vera che emerge, quindi il romanzo
picaresco in qualche modo interrompe quella volontà di narrare storie
compensative, la picaresca ci fa capire che A metà 500 questa volontà di cercare
riparo nei mondi di invenzione, comincia a lasciare spazio alla necessità di conoscere
il mondo così com’è, passiamo da volontà di leggere storie fantastiche alla necessità
di leggere storie vere, é una necessità che non è un passaggio definitivo, cioè
ciclicamente la cultura dell’Occidente denuncia la volontà di leggere di cose reali,
questa volontà e darà da nuclei storici della società che vuole sapete cosa succede
nel mondo, avremo nell’ 800 i moti rivoluzionari e tutto ciò che verrà dopo la
rivoluzione francese porterà al realismo che noi lo conosciamo, al romanzo storico,
prima c’era stato il romanticismo fatto della personalità dello scrittore, fantasia ecc,
ciclico, si va verso funzionalità massima, racconti fantastici e si torna alla storia: 900
le avanguardie e poi guerre mondiali che impongono di tornare alla storia,
neorealismo, questo è un procedimento che ritroveremo e ci fa capire come è una
necessità che torna quando la storia mostra il suo volto preoccupato, periodi storici
di grande crisi o che cambiano il mondo.
Come si traduce questa esigenza di verosimile, realismo, storia? Si traduce con un
procedimento molto semplice, cioè le pagine della storia, le regole di queste pagine
letterarie cominciano a far entrare nel loro interno le regole della nostra vita, cioè
stiamo entrando in un mondo che dovrebbe essere letto dalle regole del mondo
umano, quando diciamo “verosimile, realistico” ci riferiamo a questo, le leggi del
mondo che iniziano ad entrare nella finzione e per rendere credibili queste vite non
è un caso che i primi romanzi picareschi siano delle autobiografie fittizie, cioè queste
storie ci vengono narrate con occhi dei picari c’è un picaro che dice “io sono L. De
Tormes, sono nato..” quindi per fare in modo che le leggi del mondo siano vicine alla
finzione usano questo “io”, la storia comincia ad essere simile alla vita perché è la
storia di una vita, cioè tutta la trama di questo tema si sviluppa su una storia di una
vita raccontata dal protagonista, l’altro elemento fondamentale che rompe la
picaresca è un elemento che abbiamo trovato nel romanzo cavalleresco, cioè che i
destini degli uomini sono dati “a priori” cioè sono decisi già, non c’è possibilità di far
cambiare il destino degli uomini, però quasi tutta la narrativa idealistica è convinta
che i destini degli uomini siano decisi a priori come il destino della coppia
predestinata che deve stare insieme, l’interesse della trama ci fa capire come è con
quale peripezie sono destinati, il loro destino e carattere è dato a priori, non cambia,
mentre la picaresca fa finire questa legge, i destini degli uomini non sono dati a
proprio, possono cambiare, dietro c’è l’idea che questi personaggi possono lottare,
le condizioni sociali cominciano ad essere importanti, l’idea che qualcuno
problematizzare questa idea nella finzione è un fatto nuovo, in Dickens e Zola le
condizioni sociali sono in qualche modo messe in dubbio, i picari hanno una visione
problematica, loro sono adattabili alla società mentre l'anonimo ci fa capire che il
lazarillo era una bomba per la società del tempo.
La picaresca ci dice anche che la letteratura gradualmente comincia a fare spazio agli
umili e comincia in qualche modo a dirci che gli umili hanno diritto ad essere
raccontati, è una polemica enorme tra le letterature europee, quando ci sono
convegni o seminari, questa cosa non va mai affrontata altrimenti si finisce cioè gli
studiosi non hanno una condizione palese sulle leggi del romanzo perché non è
palese quale sia in qualche modo la forma narrativa
La picaresca non cambia solo i personaggi ma mette in dubbio in qualche modo
alcune certezze della letteratura del tempo, la letteratura picaresca impone ai lettori
del tempo un patto narrativo totalmente differente, patto di funzionalità che è un
patto che ogni autore di letteratura stringe con i propri lettori potenziali, il lettore
implicito e il patto funzionale e il patto che l'autore crede di stringere con i lettori
cioè mi aspetto che i lettori crederanno che in questo punto io ho detto questa cosa,
cosa prevede il patto, prevede che l’autore preveda qual è l’immaginario dei lettori
cioè cosa possono credere, il lettore leggendo un romanzo storico si aspetta fatti
reali attente ti alla storia quindi il patto è uno scritto tra autore e lettore che
condividono alcune leggi, se leggo un romanzo già, lo so bene che in quel romanzo
troverò condizioni che mi portano a scoprire chi è l’assassino, se ad un certo punto
non lo trovo, il caso non si risolve, l’autore non sta tenendo fede al patto, questi
signori stabiliscono un nuovo patto con il lettore, quel lettore che si aspetta di
trovare una realtà reale, fatta di funzioni adesso devo trovare un mondo ideale,
quindi il patto è molto differente, mi aspetto vite reali e quindi devo considerare che
iniziò a farmi domande differenti rispetto al picaresco, cosa fa l’autore del lazarillo?
Scrive un’opera di finzione ma ce la fa apparire come vera dall'inizio alla fine, vuole
che noi leggiamo questa storia come se fosse vera, realmente accaduta e per farlo
ce la deve far sembrare possibile e lo fa in vari modi.
L’autore del lazarillo vuole che noi ce la beviamo, rende credibili le condizioni
attraverso le quali si sviluppa la storia, vuole che noi crediamo che la storia sia vera,
stabilisce un nuovo patto di funzionalità con le lettere lascia il lettore nel dubbio e il
dubbio è quello, sarà esistito lazaro o no?
I tre romanzi picareschi che leggeremo sono come se fossero parabole, come il
lazarillo stabilisce un modello con il Guzman 1599 segue il modello e lo porta ad
un'evoluzione sempre più matura e nel 16126 con il Buscon di Quevedo il modello si
è già esaurito cioè il romanzo picaresco e già diventato tutta altra cosa.
Nel 1599 Matteo Aleman autore del Guzmàn de Alfarache non avrà bisogno
dell’anonimato per raccontarci la storia di un picaro, questo ci dice che quello che
doveva mascherarsi dietro tantissime convenzioni, nel 1599 già è narrabile
attraverso meno convenzioni, più liberamente , uno di questi è autore vs anonimo,
ma soprattutto ci fa capire che ormai i lettori hanno accettato la verosimiglianza
come elemento caratteristico della narrazione
cioè non bisogna più far finta che siano vere dicendo forse sono colui che vi sta
raccontando questa storia, questa è una finzione ma in questa si possono raccontare
le cose vere, Aleman è cosciente del fatto che la gente nella finzione può trovare
cose vere, per loro era un elemento di distacco alla letteratura precedente, noi non
facciamo altro che cercare cose reali nelle finzioni, questo è il patto nuovo che
stabilisce l'autore del lazarillo e Aleman lo seguirà, con Quevedo questo modello
(rappresentazione mondo, racconto classi sociali bassi) si è trasformato in una
specie di gioco del linguaggio, Quevedo con il buscon gioca con il modello picaresco
cioè non gli interessa se il protagonista è reale o meno, se le cose che racconta sono
reali o meno, ormai il picaro è diventato un personaggio letterario tanto quanto i
cavalieri, è come si dicesse questi si aspettano la picaresca, quindi ora ci gioco, e non
è più quella di una volta che c’è la volevano far sembrare come vera, troviamo tutti
gli elementi della picaresca sparsi, confusi , gioca con quella rappresentazione della
realtà che avevano inaugurato i due romanzi precedenti, il linguaggio ha un ruolo
fondamentale.
Cioè mentre nei romanzi precedenti erano le azioni dei picari le cose più importanti
quindi noi seguivamo i picari, nel buscon hanno un ruolo fondamentale i racconti dei
personaggi, le parole fanno andare avanti la trama, è un gioco letterario a tutti gli
effetti, una 70ina di anni dopo il lazarillo c’è una parabola, un genere che si impone
con quelle discontinuità e poi c’è una fase intermedia con Guzman dove si possono
raccontare vita dei picari.
Ripartiamo dal “Lazarillo de Tormes” vida de L. De Tormes con sus sfortunas y
adversidades. Come si strutturano All’interno del romanzo, quali sono i elementi
che gli consentono di rappresentare la vita di un picaro, il primo elemento
identificativo del lazarillo è l’autonomia della narrazione, benché sia una specie di
narrazione fatta per trattati non ha una cornice cioè noi ce la aspetteremo (conde
luc) questo testo è autonomo perché non ha bisogno di una cornice, di solito serve
per introdurre argomenti trattati, non ne ha bisogno ora nel prologo vediamo che fa
parte della narrazione cioè già stiamo nella storia, nel lazarillo non abbiamo nessun
discorso del genere, tutte le narrazioni trovate fino ad ora doveva per forza avere
giustificazioni, Fernando de Rojas aggiungerà paratesti per giustificare, il lazarillo è
come se raccontasse senza premesse, come ci sbattesse la storia di questi picari,
anche il prologo che leggeremo all’inizio ci sembrerà giustificare, aldilà non ci sta
giustificando quello che ci sta raccontando ma già sta giocando e dietro questa
autonomia leggiamo quello che ci siamo detti, modo di rivendicare che si può
raccontare di questi temi e lo si può fare senza bisogno di preamboli, se noi non
troviamo qualcuno che ci giustifica cosa ci sta raccontando ed è significativo che la
forma ci dice che questa materia rompa e ci dica che l’autore c’è lo vuole far
arrivare,
Secondo elemento finzione autobiografica, in qualche modo dobbiamo sapere che
l’autore non è Lazzaro perchè é colto infatti nel prologo cita Orazio, cicerone.. già dal
prolgoo vediamo che c’è qualcosa che non va, nuovo patto con il lettore.
Secondo elemento finzione autobiografica , A quel tempo non si poteva parlare di se
stessi, Dante nel conviviò ci dice che sono solo i due motivi per farlo, uno se si deve
discolpare da una colpa cioè giustificare e dall’altro se la propria vita e da esempio
per qualcuno, le cose stanno così anche nel 500 ma ci sono varie modalità di diario
cioè corona che di viaggio che permettevano di parlar di se stessi , i diari sti avevano
come obiettivo scrivere dei posti, altro modo nel raccontare di se era la vita di artisti
cioè gli artisti, ci vorranno secoli per parlare di se ex confessione Russeau, questo
personaggio.
La finzione autobiografica consentiva in qualche modo al narratore e all'autore di
raccontare in modo più efficace la realtà perché tutti pensano che quella vita sia la
vita dell’autore però considerando che non si poteva narrare di se, l’effetto di
rottura era duplice 1 parla di se ,,2 ci racconta di cose reali e scandalose, questa
scrittura si traduce con un modo di narrarci la storia, molto tecnica che ci fa tornare
ai nostri glossari, pacto narrativa metanaracion, heterodiegetico,
autodiegetico,homodiegetico.
narratore herterodietegico non partecipa alla storia che si narra
Autodietegico é narratore e personaggio della storia dice “io” può essere
protagonista o uno dei personaggi
Che tipo di narratore è il narratore di Lazarillo? Autodiegetico
C’è un autore che dice io e ci fa credere che sia la storia della propria vita, vediamo il
terzo dispositivo di rottura del lazarillo che è l’anonimato, non è stato chiarito nei
secoli chi è ma sappiamo che non è Lazzaro, lo sappiamo da determinati elementi
che leggiamo nel testo uno e lo stile due sono le fonti e citazioni che leggiamo e tre
la struttura del romanzo è simmetrica ed artisticamente perfetta, si aprono
chiudono episodi simmetrie straordinarie, ovviamente non sottovalutiamo anche il
fatto che lui non scrive il suo nome ci fa capire che non vuole richiamare di avere
critiche o essere condannato essendo così ente questo autore anonimo che sta
giocando ci gioca in modo molto particolare, a questo gioco già complesso e
innovativo si aggiunge un altro elemento che rompe tutti gli schemi cioè la struttura
epistolare, che genere è il lazarillo? È un romanzo picaresco la cui scrittura si basa
sia sull’ autobiografia e scrittura epistolare, ci descrivere la storia come se fosse nella
vita di Lazzaro ma ci fa credere che sta scrivendo tutta la vita perché la deve
raccontare ad una persona, gioco di elemento con il realismo, altro elemento è
quello della presenza di un destinatario è un ignoto vuestra merced locuzione che si
da di solito ai signori, sappiamo di che classe sociale è e sappiamo che Lazzaro deve
raccontare qualcosa a questo signore, deve chiarire qualcosa a questo signore e per
farlo comincerà a scrivere la storia della propria vita, ci racconta la propria città
perché deve rispondere a qualcuno che chiede informazioni, tutto alla fine vedremo
che si tiene perfettamente e noi dal prologo scopriremo tutto nelle due pag. di
prologo capiremo tutti gli elementi che abbiamo elencato.
05/05/2022
Del genere picaresco le tre opere che leggeremo tracciano in qualche modo la
parabola del genere, 1554 Lazarillo segna un modello, ci fa capire come nasce e si
sviluppa il romanzo picaresco, come si scrive e racconta lo capiamo da questa opera
straordinaria dopodiché a fine 500 il Guzman di A. Ci fa rendere conto che ci sono
altri che scrivono di picari, alcuni delle componenti più importanti, 1154 autore
anonimo che dissimila perché non si può permettere ancora di narrare di vita umile
e a fine 500 l’autore se lo permette, nel 1626 con il Buscon il modello mostra già di
essersi esaurito, con la picaresca c’è un boom di edizioni, copie e poi il genere inizia
a svuotarmi infatti nel 1626 uno degli autori più importanti ci fa capire che il
picaresco è diventata una narrazione di maniera, tutto si tiene sul racconto, giochi di
parole non c’è più esigenza di parlare della vita dei picari.
Il lazarillo è un’opera di cui si parla tantissimo, ci siamo detti quali sono gli
elementi peculiari che rendono quest’opera un modello, abbiamo isolato 4 punti.
Autonomia del testo,finzione autobiografica,anonimato,struttura epistolare.
Autonomia perché non ha bisogno di una cornice, questo testo in qualche modo
entra nei fatti senza porsi il problema, fa finta di giustificarsi.
La questione autobiografica è un momento in cui non si può parlare di se e la
finzione e la struttura si modulano in una struttura narrativa e abbiamo fatto un
rapido resumen su elementi di narratologia (patto narrativo) cambiano le regole del
patto e abbiamo visto le 3 tipologie di narratori con cui ci confrontiamo vedendo la
differenza dei narratori.
Altro elemento importante anonimato, non sappiamo nulla di questo autore e
abbiamo visto che vuol dire che quest’opera sia anonima e abbiamo visto che oltre
che l’autore non voleva farsi riconoscere fa parte anche un po’ del gioco da fuori
testo e testo di questa opera perché pone delle domande, i lettori non sapendo chi è
l’autore si chiede chi sia l’autore, se è davvero il picaro di cui leggiamo le vicende.
Ultimo elemento è fondamentale su cui staremo oggi è quello del destinatario,
struttura anche epistolare, abbiamo un destinatario cioè la storia di L viene
raccontata a qualcuno, vuestra merced e vedremo che il destinatario della struttura
epistolare da senso a tutta la storia, un elemento che dobbiamo tenere a mente,
non sappiamo né chi scrive ne chi riceve il messaggio ma sappiamo che l’autore é
colto però anche il fatto che il destinatario sia di alto rango è significativo,
vossignoria ci dice che il narratore ha bisogno di raccontare questa storia appunto a
qualcuno di alto rango.
Prologo pagina 108
Anzitutto l’io che viene spiattellato in faccia subito, la personalità del narratore
protagonista che in teoria rimanderebbe all’autore è visibile subito, e questo “yo”
mette in chiaro l’interesse dalla materia che sta per narrare, sembra un prologo di
un autore che ci sta narrando la materia, si pone il problema di a chi possa piacere
una materia così e ci dice anche che è interessante perché altrimenti rischia di
essere sepolta dall’oblio, ci dice che se non la narrasse qualcuno rischierebbe di
essere dimenticata e sepolta.
Attenzione alle citazioni Orazio anzitutto concetto del delectare e prodesse, cioè
piacere ed essere di vantaggio, quindi non solo piacere ma anche
vantaggio,insegnamento quindi partiamo con citazione Oraziana subito, “aggrati”
sta sia per gradevole ma qui sta anche per essere di utilità, ci porta subito nella
materia e ci dice perchè bisogna narrare la storia che sta per narrarci, c’è Plinio m
non c’è nessun libro, neanche l’ultimo può avere qualcosa che può interessare a
qualcuno, ancora le epistole di Orazio, non a tutti piacciono le stesse cose, a
qualcuno può piacere la materia che sta per narrare, Lazzaro all’età in cui inizia a
scrivere fa il venditore di vini quindi da queste parole intuiamo che ci vuole vendere
qualcosa o che vuole attirare l’attenzione.
Ultima citazione Cicerone e l’onore alimentano le arti, tutte le arti hanno bisogno
che qualcuno Lodi il lavoro quindi ci sta dicendo che lui non solo ritiene che le cose
che racconta siano utili e che a qualcuno può piacere e a qualcuno no, lui narra
anche di ricevere onori o almeno la lode di vossignoria.
Continua di, qui cosa fa il narratore: fa degli esempi di persone o personaggi che
cercano la lode, sono esempi differenti il primo è il soldato che non metterebbe in
pericolo la sua vita se non cercasse la lode, il secondo esempio è quello che coloro
che vanno per primi su una scala (alla Garcilaso) lo fanno per cercare la gloria,
l’esempio di teologi o preti che fanno sermoni vogliono farsi elogiare quindi dice il
narratore è una specie di vana gloria, i preti dovrebbero essere interessati solo alla
salvezza delle anime, la falsa gloria è l’ultima ed è quella dei giostratori che non si
mostrano coraggiosi ma che vengono in qualche modo trionfalmente portati in
trono da coloro che vedono queste giostre, parla dei principi ebbene capitava che i
principi o le persone di alto rango facevano queste giostre ma molto spesso
cavalcavano male, non sapevano tenere la spada e quindi dice che vana gloria, ci fa
esempi molti diversi di gloria, ognuno la cerca in qualche modo, il soldato in modo
giusto, il prete in un modo più e meno giusto altri che fanno gesta non gloriose
comunque la cercano e la ottengono.
Ci dice che lui cerca la benevolenza del lettore o destinatario, dice il narratore che lui
cerca la gloria narrando cose di poco conto e le racconta con uno stile grossolano,
non affidabile, questo stile “grosero” umile, quotidiano è tipico delle epistole che
era anche uno strumento di comunicazione quindi lo stile delle epistole spesso
riprende il sermo quotidianus della lettera scritte da persone normali, quindi già
comincia a scendere e circoscrivere la materia, ci ha detto che la materia potrebbe
non piacere a qualcuno, che cerca lode nonostante sia materia bassa, inezia e che lui
non la racconti con uno stile perfetto, perché a qualcuno possono piacere le vicende
che sta narrando ovvero leggere un uomo che vive in mezzo alle disgrazie (peripezie
di Lazaro personaggio).
Punto fondamentale del prologo pag 110
Si rivolge a Vuestra Merced, destinatario nominato e come in tutte le epistole gli
chiede di “reciba” questo scritto.
Questo povero servizio, lo avrebbe fatto più ricco se ne avesse avuto opportunità, io
scrivo quello che posso nelle mie facoltà.
Benché vossignoria scriva e racconta il caso per esteso è parso giusto non
riprenderlo dal mezzo ma dal principio, capiamo che il narratore scrive perché il
destinatario gli ha chiesto di scriverla, sappiamo anche che prima ha scritto affinché
gli si scrivesse, V.M ha mandato una lettera a L e gli ha detto di scrivere qualcosa,
chiede a L che gli racconti il caso, “mi racconti questa cosa, caso” ha chiesto
informazioni su questo caso e il narratore racconta questa storia per dare
informazioni a Vuestra Merced, il Lazarillo de Tormes è una risposta a una richiesta,
tutta la storia viene narrata per fornire queste informazioni a V.M.
La forma epistolare viene subito chiarita, anche dal rapporto tra scrittura e risposta,
è uno scambio di epistole anche se non abbiamo la prima epistola ma la possiamo
immaginare.
La parte finale invece ci dice non solo che la storia è una risposta ma che per far
capire bene a V.M ciò che è successo, lui ha deciso di raccontare tutto dall’inizio
perché se V.M vuole informazioni su questo caso bastava scrivere una lettera invece
L per far capire meglio risponde con tutto un intero racconto, ecco perché “sino dal
principio”, in modo da dare tutte le informazioni sul mio conto quindi noi capiamo
che L deve rispondere a una richiesta, tutto il racconto è una risposta e per dare
tutte le info deve raccontare tutta la sua vita, questo si capisce dal prologo.
Aggiunge che raccontando tutta questa storia dal principio, oltre a soddisfare in
qualche modo le richieste di V.M lui fornirà anche una storia che in qualche modo
darà un esempio di come coloro che nascono con i privilegi fanno molta meno fatica
rispetto a coloro che nascono in condizioni povere, ci dice che non solo la storia darà
tutte le info che vossignoria ha chiesto ma che serve anche a far comprendere come
sia diversa la vita dei ricchi e dei poveri, di come chi nasce con privilegi debba fare
molta meno fatica rispetto a chi nasce senza privilegi, e coloro devono per forza
remare per arrivare al buon porto.
A Proposito delle simmetrie di questo romanzo, dopo il prologo leggeremo la parte
finale perché la storia si tiene tra inizio e fine, nel finale sapremo il caso che voleva
sapere vossignoria, è un autore di straordinaria capacità e di certo non è un picaro,
ha usato una struttura perfetta.
Tutto si tiene anche se non c’è una cornice perché già siamo nella finzione, un
autore fa finta, c’è un autore che si è messo al tavolo e ha deciso di descrivere la vita
di un personaggio e deve renderlo più reale possibile, difatti la lettera è il genere
perfetto per una narrativa che non poteva ancora narrare la storia degli uomini,
avevano diritti però di parlare di se nelle epistole, il fatto di impostare tutto il
racconto su una richiesta e risposta epistolare era perfetto e non a caso se andiamo
a pag successiva per capire come la storia sia una risposta vediamo “Pues” quindi
prologo legato, continua e inizia a raccontare straordinariamente la storia di L.
La struttura epistolare torna continuamente nel testo, i lettori non devono perdere
quello che gli è stato letto non prologo cioè L narratore in numerosi luoghi torna e si
riferisce a v. S soprattutto negli episodi che hanno a che fare con fortuna, umili,
poveri “vede vossignoria”, ci sono varie locuzioni.
Quello dell’epistole è un genere di lunghissima durata e nel rinascimento si afferma
come genere letterario cioè le epistole vengono pubblicate come opere, erano 2 le
epistole a cui fa quasi riferimento l’amore del Lazarillo: Epistola grevis et severa, e
spigola seria che riflette su una determinata questione e spesso veniva scritta per
giustificare un determinato atteggiamento o azione e spesso per giustificarsi l’autore
faceva riferimento a episodi di vita, legata al mittente che dovrebbe giustificarsi.
Secondo tipo oziosa o giocosa raccontava di solito episodi che facevano ridere ed
erano sempre allusive facendo riferimento a tematiche un po’ piccanti, amorali.
El lazarillo d.t è una scelta mediana tra questi due tipi di epistole, perché è una
lettera scritta da una persona per giustificarsi raccontando la propria vita ma il tono
resta comico, tanti episodi sono comici anche quando il poveretto ne prende di
santa ragione dai suoi padroni, siamo indotti a ridere perché la sua astuzia soggioga i
valori.
Ancora una volta torniamo sul realismo e comicità, il punto da cui siamo partiti,
romance particolare, umili narrati comicamente anche la struttura epistolare che
sceglie l’autore autonomo mette insieme la volontà di raccontarci la realtà nuda e
cruda con un filtro un po’ comico che in qualche modo sospende l’aria greve, anche
il gioco epistolare rientra nella volontà di rendere la storia quanto più credibile
possibile, questo ci fa capire anche che l’anonimo aveva bisogno di un pretesto,
quindi quando diciamo che non si poteva narrare della propria vita era cosi, Lazaro
per narrare della propria vita doveva avere un pretesto ovvero scrivere una lettera
perché aveva avuto una richiesta quindi il gioco in cui ci porta l’autore è la vita
narrata con un motivo, questa persona doveva discolparsi, giustificarsi o dare
chiarimenti a qualcuno.
Lazaro ci annuncia subito il pretesto qual è, il caso ma non ce lo spiega ma capiamo
subito che c’è un motivo dietro questa scrittura e capiamo subito che per spiegarci il
motivo per cui scrive, L deve raccontarci tutta la sua vita però non sappiamo ancora
di cosa deve dare informazioni.
Dal prologo ci spostiamo sul finale, il romanzo ci racconta la vita di L attraverso le
sue esperienze con diverse guide con cui si confronta, partendo da un cieco che è il
primo padrone, quasi tutti i padroni lo maltrattano e lui dovrà crescere e capire
attraverso diverse azioni come sopravvivere, questi episodi attraversano tutta la vita
di L, nel finale ha 20 anni e in qualche modo si è sistemato e sembra aver trovato
quel buon porto che annunciava all’ inizio, era diventato un banditore di vini a
Toledo, l’arciprete de S. Salvador (diocesi di T) gli chiede di fare da banditore per lui,
troverà anche moglie in quanto l'arciprete gli mette a disposizione anche una
domestica con la quale si sposerà, l'arciprete ha cura per la coppia soprattutto per la
moglie di L, forse troppo interesse tanto che voci maligne avevano messo in giro la
voce di un ipotetico “ménage a trois” tra i tre, il motivo per cui “vossignoria” scrive a
L è questo, vuole sapere cosa sta succedendo tra i tre, conosce l'arciprete e quindi L
per spiegare in che rapporti è con l'arciprete e la moglie deve raccontarci tutta la sua
vita, forse l’arciprete ha scelto L come protetto perché doveva nascondere in
qualche modo il rapporto tra l’arciprete e la domestica, quindi questo buon porto ha
dei limiti.
Da Pag. 218
Prima di tutto anche dal modo particolare in cui L descrive le attenzioni
dell’arciprete capiamo che l’offerta dell’A non è così chiara: regali, feste non gli fa
mancare nulla.
Le voci di popolo cominciano a diffondere una storia, è stato preciso su tutto ciò che
fa l’A ma non ci dice ciò che dicono le persone, non sa nemmeno cosa dicono dice.
Però attenzione ai termini che utilizza per dirci cosa fa la moglie insospettendo le
persone.
Dice “gli va a rifare il letto e gli prepara da mangiare” qui L sta citando il romance
della Mal maritata, lui usa proprio queste parole, questo romance parla di lei che
chiede ad un cavaliere di portarla con se, e dice proprio quelle parole (voci,
memoria, trasmissione orale) citando queste parole si capiva che il personaggio era
una malmaritata, noi capiamo che L sta facendo riferimento ad un rapporto adultero
della moglie che gli altri hanno visto, dietro queste parole c’è una continua
dissimilazione cioè L dice una cosa benché lui sappia benissimo che non è cosi, lui
non è un ingenuo, non è possibile che non abbia capito ciò che sta succedendo ma
lo sta dissimulando a vossignoria.
Dal discorso che fa l’A a L noi possiamo leggere tutta l’etica sovvertita dietro il
Lazarillo de Tormes, L’etica dovrebbe propendere verso il bene, valori ma quella del
Lazarillo è sovvertita cioè i valori in cui credono quasi tutti i personaggi sono
disvalori.
Dice l’A, per scendere socialmente non bisogna credere alle dicerie (che poi sono
vere) l’A sta dicendo a L che se vuole avere successo nella vita deve tralasciare la
realtà delle cose o deve vivere nella menzogna, ipocrisia questa è l’etica sovvertita
cioè il valore è l’ipocrisia.
Il disonore di un tradimento di un rapporto coniugale (1554) diventa un onore,
guadagnarsi l’onore attraverso il tradimento delle persone più vicine e alla fine dice
non badare a quel che possono dire ma cio che ti riguarda, dico al tuo provecho,
profitto.
Quindi potrebbero essere valori positivi, ascendere socialmente cioè raggiungere
con la virtù un obiettivo della propria vita diventa un ascendere socialmente non
guardando il mondo per quel che è, il provecho è diventato una cosa unicamente
egoistica e materiale, stiamo incontrando la parola “provecho” dalla letteratura
didattica religiosa, aveva tutt’altro valore, era di vantaggio ma positivo legato a dei
valori positivi, questo invece è solo materiale, il discorso che dissimula la verità e che
vuole rendere credibile una storia che non lo è, riguarda sia L che l’arciprete ,come
se tutti condividessero la stessa etica.
Pag. 220 “conformes” siamo tutti d’accordo, non c’è niente che non va.
Ritornando a pag. 218, L viene informato che la persona che ha sposato non è delle
più virtuose, e ci dice che la moglie cominciò a piangere, si sente in colpa di averla
accusata, l’etica sovvertita e quella della dissimulazione è condivisa dai tre,
condividono lo stesso modo di stare al mondo antitetico, anti-ideale.
Tre discorsi uno più dissimulatrice dell’altro, nessuno ci dice la verità, L mente
dicendo che è stato chiamato perché bravo, l’arciprete mente anticipando voci che
sarebbero arrivare, la moglie mente perché offesa nel suo essere virtuosa dalle voci
arrivate al marito, si chiude il romanzo in questa enorme lettera fatta di vari capitoli
con l’arrivo al giorno d’oggi cioè quando inizia a scrivere L, pag. 220 carica ancora di
più la virtù, la difende come se si stesse giustificando a vossignoria, gli sta dicendo
che non c’è nessun caso perché sono solo dicerie e in qualche modo qui è come se
volesse mettere fine alla storia, ho riposto a lei perché lei è un signore ma io non
permetto a nessuno di parlare di questa storia, che non se ne parli più e descrive
l’assoluta bontà della moglie, altra coda importante “Hasta el dia” ci dice che fino al
giorno che sta scrivendo, questa caso è chiuso, sulla parte finale è come se L ci disse
anche luogo e data “mismo año” prima di tutto come anno potrebbe essere 1525 o
1538 perché sappiamo che le cortes si fanno a Toledo in uno dei due anni, ci scrive
Toledo e nell'ultima parte ci dice che in questo tempo cioè quando scrive questa
lettera è al massimo della sua fortuna, è all’apice del suo successo.
Perché deve raccontarci tutta la vita, alla domanda di vossignoria non potrebbe
rispondere solo con quell’ultimo capitolo? L deve arrivare a far capire perché gli va
bene la situazione finale, perché si conformano los 3, ci deve spiegare quali sono le
condizioni che lo portano a quel finale e per farlo deve spiegare tutto il passato di
sofferenze che ha subito, ecco perché non risponde con “oggi è successo”, altrimenti
non sarebbe credibili, lui deve dare notizia di tutto quello che è successo perché
deve dare a Vossignoria tutti gli elementi che gli servono per comprendere il caso.
Un elemento interessante è il valore che possiamo dare a questo finale, cioè il valore
che possiamo attribuire a questo massimo successo o buon porto raggiunto da L, è
un buon porto vero? L ce l’ha fatta? Dietro il valore che diamo al finale del L, c’è una
nostra interpretazione di tutta l’opera quindi ci poniamo domande sul romanzo.
Ci siamo detti che uno degli elementi della picaresca che è una forma di
anticipazione dei modi del romanzo è che accoglie le leggi della vita, cioè il romanzo
inizia a mostrare il verosimile, uno degli elementi più importanti nella nostra vita è la
prospettiva con cui guardiamo il mondo, il nostro modo di comportarci dipende
anche dalla prospettiva, intendimento delle cose, prima gli ideali erano dati a priori,
non c’era prospettiva sul loro essere o meno cavalieri, un elemento che mutua è la
prospettiva, le cose possono essere rappresentate in modo relativo e noi vediamo
che tutta la narrazione del L è ambigua dall’inizio alla fine, dal prologo al finale,
dissimula l'anonimo nello scritto iniziale e dissimula i personaggi alla fine, le parole
non significano quello che dicono, elemento realistico.
La nostra vita è piena di dissimulazioni e questo elemento arriva nella finzione e L e
tutta la lettura che possiamo dare al L dipende da questo momento, prospettiva che
rende leggibili le cose in modo differente, ricordiamo L e il narratore cosa vogliono
fare, L ci dà una tesi, chi nasce con i privilegi ha una vita più facile di chi nasce senza,
il Lazarillo de Tormes prova a riflettere sul rapporto tra le condizioni di partenza di
un uomo e la sua fortuna e L ha già una risposta, nel medioevo questa risposta
sarebbe stata da rogo perché in tutto il Medioevo la questione del sangue è
fondamentale, chi ha sangue di un certo tipo può aspirare al successo, contrario non
può (esempio foglie)
Nel 1554 qualcosa sta cambiando, le opere ragionano sul rapporto tra virtù e
fortuna (Ariosto, Machiavelli), non è solo la fortuna che da privilegio agli uomini ma
le virtù possono cambiare minimamente il destino degli uomini, chi fa azioni di
successo può averlo e può cambiare la fortuna.
L in questo rapporto tra sangue e virtù prende posizione e ci dice che ci esercita la
virtù può arrivare ad avere successo, L ci dice che anche se si nasce poveri con la
virtù si può arrivare ad un buon porto, lui dice è arrivato al massimo perché ha
esercitato la virtù, grazie alle sue azioni virtuose è arrivato al “buon porto”,
prospettiva e ambiguità sono fondamentali in questo romanzo, Rico parlerà di
polisemia, nessuno ci dice la verità e sappiamo che a nessuno del tempo del L
sembrerebbe un buon porto un matrimonio “aperto” , che buon porto è? Se
vediamo questo dalle due prospettive medievale e rinascimentale, per entrambe
non è buon porto in quanto per la
medievale L non è asceso socialmente perché il suo sangue è cattivo, è povero e il
suo sangue gli consente di arrivare solo ad un porto che non è buono, nasce povero
e muore povero.
Per la visione rinascimentale che considera che qualcuno possa ascendere
socialmente con la virtù, L non è asceso perché non ha fatto esercizio della virtù
quindi il suo provecho, negrar non sono reali, ha rubato, ingannato, soggiogato.
10/05/2022
La vita d Lazaro da senso alla situazione ambigua della quale chiede notizia
vossignoria, abbiamo visto che i 3 sono d’accordo per quanto il percorso di
formazione si è concluso in una vita che non è sincera, i valori sono disvalori (herra,
provecho, negrar) che vengono visti come valori positivi che in realtà però non sono.
Abbiamo ragionato su questo buon porto e per capire il senso di questo romanzo
bisogna anche riflettere sul rapporto tra realtà e finzione.
Il Lazarillo dimostra che una delle leggi accolta nel romanzo è il relativismo della
prospettiva che hanno gli esseri umani, quella che definiamo come polisemia è uno
dei segni della realtà che entra nel romanzo e che noi troviamo nel Lazarillo hanno
un valore positivo, negativo corrotto o morale; quindi, può assumere diversi
significati e abbiamo detto come questa polisemia renda l’ambiguità insita nel
Mondo.
Partendo da questo presupposto (vedi saggi Rico leggi intero e introduzione L).
Lazaro fin dal prologo dice di volerci dare un esempio, ci dice che troveremo nel
libro la dimostrazione di come si possa ascendere pur partendo da condizioni basse,
questo è il discorso di L. I nobili hanno fatto pochi sforzi, gli avevano gli strumenti
mentre gli altri hanno dovuto fare fatica per arrivare in buon porto, questa è la testi
di L personaggio.
Questo buon porto polisemico come la vita può assumere significati differenti, nel
rinascimento c’è un’idea medievale (sangue decisivo) l’altra invece che abbiamo
detto è quella rinascimentale ci dice che pur nascendo in condizioni di svantaggio
tutti possono ascendere socialmente grazie all’esercizio della virtù.
La fortuna si deve unicamente al sangue visione medievale, la virtù può essere
esercitata anche da chi. Non è nato con un buon sangue, dalla prospettiva di L il suo
medrar è buono, lui arriva ad un buon porto (lavoro, moglie) lo vedremo spesso
all’inizio piangere perché pensava di morire di fame, da quelle condizioni ad un
lavoro capiamo che è ascesso socialmente.
Questa ascesa non è positiva per entrambe le visioni in quanto L avendo un sangue
cattivo, morirebbe con esso e anche per la visione rinascimentale questa ascesa non
è buona perché L non ha esercitato la virtù che deve essere realmente una virtù,
deve prevedere che le azioni devono essere improntate su valori positivi mentre L
concentra le sue azioni sul peccato e in furfanteria (ruba, inganna).
Rico nel finale del saggio ci riporta alla polisemia e ci dice che le due tesi coesistono
perfettamente nella vita di L e l’obiettivo dell’autore anonimo è quello di raccontarci
una vita polisemica, ambigua. Se i voglio fare in modo che tutti credono alla mia
storia allora deve comprendere tutti gli elementi della vita reale, questa storia dei 3
riprende la “voce del popolo”, la sensazione che vuole donarci l’autore anonimo è
tutta studiata, ci sono altri dispositivi narrativi per ingannare e tutto il senso del
romanzo è costruito su questa polisemia, L è virtuoso e non è virtuoso, nel 1554
questo è fondamentale, anche oggi la coniugalità di rapporto a 3 non è legale, non ci
sembra normale. Tornando sulla relatività di questa ascesa, Rico ci dice anche che
l’autore è volo materiale ambiguo ma guardando dagli occhi di L possiamo dire che è
asceso ed è arrivato laddove ottava arrivare uno nato nelle sue condizioni, questa
ascesa è relativa quindi tutte le prospettive e interpretazioni hanno tutte torto ma
anche ragione, ci sono valide interpretazioni di virtù non esercitata. Questa è la
polisemia.
18/05/2022
La distanza tra passato e presente è una differenza non solo nei fatti, ma anche
nell’etica, una differenza nei modi di guardare il mondo.
Questa componente è così importante che, nella seconda parte, la prospettiva
del narratore, ovvero di Guzman Adulto, è un punto di osservazione non solo
sulla sua vita, ma, sulla vita di tutti gli uomini.
Il fatto che la prospettiva morale e quella dei fatti in stiano insieme ce lo dice lo
stesso autore nei due prologhi che dà alla sua opera.
“Non ridere del racconto ma fa buon uso dei consigli” secondo prologo.
C’è un duplice livello che interpretiamo anche dal fatto che sono presenti non
uno ma ben 2 prologhi.
Nel Siglo De Oro le opere sono sempre riferite al lettore di tipo popolare o
discreto (nobili, cortigiani, borghesi), di solito, quando si riferiscono ad un lettore
implicito fanno riferimento o all’uno o all’altro, Matheo Alemann, invece, fa
riferimento ad entrambi.
COSA DICE AL LETTORE POPOALARE (DISPENSA, AL VULGO) Assume una
postura superiore nei confronti del popolo, ha un quadro infamante del popolo.
Matheo prende le distanze dalle letture popolari perché la picaresca era
diventato un romanzo popolare e come una sorta di storiella, e lui non voleva
che la sua opera fosse letta in questo modo.
Le cose tra mondo dei poveri e mondo dei ricchi sono e devono essere separate.
Descrive, inoltre, tutti i difetti del popolo e tutti gli atteggiamenti sbagliati che ha
la società del tempo.
Il quadro che ci dà del popolo è negativo.
Dietro quest’attacco che fa al popolo c’è anche una denuncia delle condizioni del
popolo stesso.
Vuole che in questo romanzo la distanza tra ricchi e poveri sia ben visibile.
Tutta la seconda parte è basata sul fatto che è importante che la classe popolare
si redimi.
A proposito dell’impossibilità del popolo di capire determinate cose: tutto
quello che ha letto e/o studiato lo ha captato come utile, tutto ciò che è la
cultura attuale è stata rovinata dalla loro prospettiva delle cose. Non solo il
popolo si ferma alla parte meno utile ma, come la mosca che fugge dal fiore, si
sofferma su cose futili, che rendono la vita amara. Il popolo si fida solo di quello
che gli dicono le favole. Tutto quello che il popolo farà, se no capirà il concetto
dietro l’opera, essa risulterà lo stesso utile ai signori. Tutte le ferite che farà
leggendo l’opera saranno curate da chi la comprenderà. (sempre nel prologo AL
VULGO).
Anche al lettore discreto dice che se, lui come il popolo, apprenderà solo le parti
divertenti nemmeno lui avrà capito l’opera, di conseguenza risulterebbero lettori
pessimi.
AL DISCRETO LECTOR (SECONDO PROLOGO) Esce dal prologo precedente
come se fosse stato un brutto sogno, tramortito, ha fatto fatica per scriverlo. Ne
è uscito a pezzi perché ha provato ad immaginare il numero di persone che
avrebbero letto la sua opera senza capirne nulla. È stato molto difficile perché ha
dovuto bleffare, fare finta di rivolgersi al popolo.
Continua, poi, scrivendo cosa troverà il lettore discreto.
Sono presenti anche alcune topos modeste, come: “io non sono bravo a scrivere,
anche se il libro sarà malvagio ci si potrà trovare qualcosa di buono” questa è una
palese citazione al prologo del Lazzarillo.
Dà dei consigli, lui non si rifà ad insegnamenti validi perché validi.
Molte cose sono abbozzate ma è sicuro che piaceranno, dice, inoltre, al lettore di
tenere sempre uniti il racconto ed il consiglio.
Non deve fare in modo che i consigli che egli da siano dimenticati, se scaverà
bene troverà delle cose preziose quanto l’oro.
Conclude dicendo che oltre a quest’insegnamento, come ogni favola che si
rispetti, vi troverà qualcosa di piacevole (ci si rivolge agli episodi non morali e le
novelle intercalate).
Dai due prologhi capiamo che ci sono due mondi e due movimenti essenziali.
PENSIERO e AZIONE, TRAMA e CONSIGLIO devono restare sempre uniti.
Ad un certo punto dell’opera, il punto di vista di Guzman Adulto e Guzman
Bambino, il quale deciderà di fare il facchino in modo volontario perché capirà
che non potrà fare lavoro più onorevole che quello, si fonderanno.
Il loro punto di vista inizia, quindi, a coincidere. L’autore ci imporrà sempre di
guardare al Guzman bambino, in modo particolare quando sbaglia, con gli occhi
di Guzman Adulto, per, appunto, giudicare quello che succede. Diventeranno
lezioni per la vita.
Per tutta l’epoca moderna non si poteva raccontare di sé, nella struttura del
Guzman la vita di questo picaro si può narrare perché prova a dare esempio
positivo (attraverso Guzman adulto). L’esempio acontrario, che dobbiamo
comprendere, ci è dato dalle avventure finite male, ovvero, queste ultime, sono
esempi che dobbiamo ricavare al contrario.
Sia l’esemplarità, sia la visione giudicante, viene portata avanti da una specie di
interlocuzione continua, una specie di tu a cui si riferisce l’autore, una specie di
dialogo, come se si riferisse al lettore.
Morale e trama non possono essere separate anche per questo motivo.
Ultimo elemento importante: Alcuni elementi della società del Guzman che non
possono stare insieme comportano un sentimento di esclusione del Guzman
stesso, sia bambino che adulto.
Bambino: escluso perché reietto, compiva azioni contro la legge e la morale, di
conseguenza non era integrato con la società.
Adulto: neanche la redenzione porterà Guzman ad integrarsi con la società, non
trova appigli o un futuro migliore, l’ascesa non è, quindi, possibile, neanche con
la redenzione.
Tutti gli elementi della società trovano conferma in entrambi i Guzman.
EL BUSCON Chiudiamo il percorso picaresco, 1626, programma dell’anno
prossimo infatti non parleremo molto dell’autore.
Quevedo era una delle personalità più importanti del Siglo de oro che decide di
scrivere un romanzo picaresco nel 1626, quando ormai il modello si era
consumato, ovvero ce ne erano così tanti che era diventata una moda.
Il buscon è l’ultima parte e rappresenta la maniera del romanzo picaresco.
Cosa vuol dire scrivere un romanzo che segue la maniera di un modello e farne
quasi una parodia? I modelli che segue sono:
Il Lazzarillo de Tormes
Alcuni rapporti con il Guzman, ovvero riprende la sua staticità
Rapporti con la picaresca Cervantina: Rinconte y Cordarillo.
Pablo Segoya, protagonista, avrà tante avventure, ma, la narrazione si ferma perché
il commento satirico risulta essere più importante, e lo fa con una lingua
potentissima, dietro ad una parola capiamo molteplici cose differenti.
La pesantezza della lingua è utile perché così, alla fine dei capitoli capiamo qualcosa.
Pablos: Nasce da una fattucchiera e da un barbiere, nascita umile che lo segnerà,
verrà deriso dei compagni di scuola con burle grottesche. Crescerà con Don Diego,
personaggio di buona famiglia, e conoscerà diversi personaggi ed una delle figure
più importanti sarà un Hydalgo decaduto: Torillo, che però fa parte di una specie di
banda di picari che si spacciano per nobili. La storia finisce con il rapporto di Pablos
con una prostituta e un viaggio nelle Americhe.
STATICITA’ Abbiamo l’impressione che accadano poche cose a Pablos, ci saranno
interi capitoli a narrare una sola vicenda, alla staticità, però, non corrisponde un
cambiamento di Pablos, l’unico sarà quello di passare da vittima delle burle ad
esserne autore.
Le vicende non formano ne deformano Pablos.
In Lazzarillo, ad esempio, capiamo di capitolo in capitolo che cambia qualcosa, nel
Buscon, invece, no.
Pablos viene sistematicamente scoperto da qualcuno.
Tutto questo ci dice che è un picaresco di maniera. I personaggi non hanno più delle
funzioni fondamentali, come se Quevedo ci vorrebbe raccontare la società del
tempo. Quadro satirico.
I personaggi non vengono più condizionati dalle leggi.
Critica agli arbitristi (in alcune occasioni il re poteva prendere decisioni senza
interpretare i consiglieri perché sarebbero state sicuramente utili).
PARODIA POETICAcritica chi scrive opere lunghissime che non servono a nessuno.
La trama è mossa dalle parole, le azioni restano in potenza.
PAG 319 ultimo rigo. Pablos è entrato in una compagnia teatrale. Il personaggio
grottesco è il marito cornuto.
Le parole risolvono la trama e creano azione ma c’è sempre un quadro satirico
amaro.
19/05/2022
Rapporto del protagonista con la narrazione di altri personaggi: Quevedo racconta la
storia di Pablos ma in mente ha un quadro più satirico.
Importanza dei livelli del linguaggio: i livelli del linguaggio, il concettismo, sono più
importanti della trama. Dà, infatti, un esempio di come il linguaggio sia
fondamentale per portare avanti le azioni.
Un episodio complesso si risolve spesso con una battuta, tutta la trama è tessuta con
il linguaggio, le cose si muovono proprio grazie ad esso.
Che vuol dire picaresco di maniera? Racconta di più o di meno la realtà?
Vediamo le differenze sostanziali:
La vicenda di Pablos non è né un percorso di formazione né di deformazione.
Non partiamo da una condizione e nemmeno arriviamo in un'altra.
Non abbiamo un miglioramento rispetto l’infanzia.
Non abbiamo redenzione
Pablos seguirà alcuni schemi come se la parte del picaro la stesse recitando.
Le condizioni di partenza sono simili a quelle di un picaro ma, il modo in cui vuole
ascendere è totalmente diverso.
Sul finale ci accorgiamo che lui ha coscienza sul fatto che le cose non possono
cambiare, è quasi come se la condizione si perdesse nella storia stessa.
Pablos fa finta di essere un picaro ed è come se tutte le sue avventure fossero di
maniera.
Così come Cervantes fa una parodia dei romanzi cavallereschi, così Quevedo fa
una parodia dei romanzi picareschi.
Questa è una cosa che riusciamo a capire sia all’inizio che alla fine dell’opera.
PROLOGO (PAG. 46)Quevedo dice di avere un desiderio e che lo vuole
raccontare perché ha paura possano farlo altri al suo posto.
Dice che la storia non è neanche molto importante ma che il lettore potrà
trovarci un “non piccolo conforto”, ovvero, che la storia è di puro intrattenimento
e che quindi eviterà di “essere prolisso” perché, infatti, non ci sarà nulla da
spiegare, Pablos non darà nessuna prospettiva sul mondo, anzi, guardiamo al
mondo con gli occhi dell’autore cosa che, invece, prima non ci interessava.
Abbiamo la satira di un autore che vuole prendersela con alcune cose della sua
società che non gli stanno bene.
I valori presenti in questo libro alla fine diventano chiari, netti.
In Lazzaro abbiamo un finale con ambiguità, nel Guzman il protagonista resta
infelice nonostante la redenzione, qui comprendiamo benissimo che il mondo
resta sempre lo stesso.
Lazzaro chiude la storia con un ottimismo quasi iconico, addirittura dice di avere
raggiunto l’apice della sua vita. Guzman, in qualche modo, ha trovato la ragione
della conversione. Hanno ancora speranza che il mondo possa cambiare.
Pablos, invece, ha un pessimismo radicale, abbiamo un finale senza idillio, ci fa
capire che andrà sempre peggio.
FINALE (PAG. 350) Nel finale annuncia una seconda parte del romanzo che,
però, non ci sarà mai.
Dice che è impossibile cambiare vita solo cambiando luogo e che, in teoria,
migliorare il proprio stato sarebbe possibile solo cambiando vita, usi e costumi.
Abbiamo due visioni di questa affermazione:
1. Ci sta dicendo forse che nel Nuovo Mondo proverà di nuovo a cambiare vita
(prof non d’accordo con questa visione)
2. Non è possibile, in nessun caso, cambiare vita, come ci dimostra in tutto il
romanzo.
C’è un pessimismo totale, ovvero non c’è speranza.
A cosa ci porta questo finale disincantato? Le categorie mezzane (borghesi,
cortigiani) non sono più possibili. È impossibile nascondere le proprie origini
(Impieza de sangre è sempre più importante e forte).
Ad esempio: i nati ebrei non possono nasconderlo e quindi saranno detti Giudei, il
povero resta povero, chi è di una religione sarà sempre etichettato per quella
religione, chi è di un’etnia sarà sempre per quell’etnia.
Questo ritorna anche nelle etnie spagnole. Solo i Castigliani cattolici sono i giusti, il
resto sono tutti reietti.
Leggendo l’opera possiamo: lamentarci, ridere, commentare gli avvenimenti, ma
non ci troviamo un insegnamento vero e proprio.
PAGINA 203 L’hydalgo che incontra Pablos gli dà una specie di lezione su come
sopravvivere nel mondo, lo fa presentando una specie di catalogo di quello che fa
con i suoi compagni.
PAGINA 207 Ci parla del loro abbigliamento. Paragona le preghiere con un
momento per rammendarsi. Lui e la sua compagnia risultano essere molto metodici.
PAGINA 211Notiamo che ci sono pagine e pagine di descrizione della sua banda.
Cosa c’è dietro quest’antropologia malsana? I vestiti hanno un’importanza
fondamentale, la società impone delle etichette, ed anche per andare in chiesa
bisognava essere vestiti in un certo qual modo. Loro con i rattoppi riuscivano a
sembrare delle persone per bene.
Per comprendere meglio ci basta pensare alla commedia Miseria e Nobiltà, dove
ritroviamo una pratica simile, ovvero, sfruttano le etichette a loro favore.
Dietro questa descrizione c’è un mondo di finzione. TUTTI recitano una parte (non
solo chi usa i rattoppi).
In questa cappa di cose che si devono fare in un certo modo, questi signori cercano
di trovare una soluzione alla loro povertà.
LE PAROLE E LE COSE (saggio)Il Filosofo Mitchel Foucalt ci dà una chiave della
funzione del linguaggio nella cultura barocca (linguaggio di Quevedo). Ragiona sul
rapporto tra parole e cose.
Il 600 è un secolo in cui il rapporto tra le parole e le cose cambia completamente.
Barocco: tutto somiglia a qualcosa ma rimanda ad altro.
Le somiglianze delle cose non sono più così dirette. Questo ci conferma che El
Buscon è differente rispetto gli altri romanzi.
Bisogna spffermarsi su ogni parola, infatti, Quevedo, utilizza parole che
maggiormente sono ambigue.
CAPITOLO 1 (PAG. 48) Abbiamo lo stesso schema dei romanzi picareschi, l'io del
narratore protagonista e il suo interlocutore "senor" però in questo libro non
vediamo sempre il mondo dal punto di vista del protagonista, alcune volte ci sono
commenti che non sono fatti da Pablos o episodi che lui non conosce neanche.
Quando descrive il padre usa un'ambiguità la parola "cepa" che significa ceppo in
generale o il ceppo di vite cioè non si sa se è di buona classe sociale o se fosse un
ubriacone. Altro elemento comune agli altri romanzi picareschi è partire dalle
genialogie più antiche, egli qui ci chiarisce tutti i dettagli sugli antenati della madre.
Ci sono dubbi sul padre cioè mentre il padre tagliava le barbe ai clienti qualcuno
rubava i loro soldi, c'è un'ambiguità quando dice che il bambino rubava il cuore a
tutti, cioè il padre non si sa se era triste perchè il figlio rubava o perchè aveva perso
il suo scagnozzo.
PAG. 51Non si capisce neanche quando spiega l'uscita del padre dal carcere, se lui
ne esca trionfante o lo picchi perchè " 200 cardenales" significa sia cardinali che
lividi. La madre ebbe una punizione che veniva data alle streghe cioè in pubblico le
cospargevano di miele e riempivano di piume.
PAG. 56Pablos veniva preso in giro per questa cosa e solamente in un momento
perde le staffe quando un ragazzo lo chiama "hijo de puta y fattuchiera" anche se
gliene avevano dette di peggiori è stato il dirglielo così schiettamente che lo ha
portato a lanciargli una pietra in testa.
PAG. 64Pablos dopo le tante burle dei compagni viene trovato pieno di
escrementi, egli dice che le armi che gli restano in questa condizione possono
offendere al massimo le narici, c'è il doppio significato di offendere sia fisicamente
che l'olfatto e mette sullo stesso piano le armi e gli escrementi. In questo episodio si
inizia a rendere evidente il contrasto tra apparenza e realtà, in tutti gli episodi in cui
le persone lo incontrano in condizioni disastrose hanno delle supposizioni non reali
su ciò che gli è accaduto, cioè hanno dei pregiudizi sulle persone come lui.
PAG. 302 Altro episodio che rappresenta la dissoluzione dell'ambiguità è quando
Pablos incontra dopo anni un suo vecchio amico di scuola Don Diego, però lo
ricontra in un momento sbagliato perchè stava per sposarsi con Donna Anna, la
cugina, e quindi Don Diego inizia a indagare su quest'uomo perchè non si fida delle
sue ricchezze e scopre che è povero. Per punirlo dice a degli scagnozzi di aspettarlo e
dargli una lezione, quando i suoi scagnozzi troveranno un uomo che ha il suo
mantello dovranno picchiarlo, oltre da loro verrà picchiato anche dalle persone
attorno donna Anna che hanno scoperto l'inganno. Pablos ha una doppia punizione
in qualità di persona e di picaro, crederà di essere punito quando è travestito da Don
Diego e quando è sé stesso, dietro questo cambio di mantello c'è il traverstirsi da
altri, cambiare la propria situazione e il fatto che anche se cambia vestiti viene
punito lo stesso significa che anche se provava ad essere qualcun altro veniva punito
lo stesso perchè non era possibile cambiare la propria condizione sociale e non era
possibile farlo solo cambiando il mantello. L'opera ci vuole far capire che la vita di
Pablos ci viene presentata come finzione, l'autore ci vuole far entrare nei panni di un
picaro e per farlo fa vivere il protagonista tutto ciò che vive un picaro ma anche
cambiando vestiti la sua condizione non cambia lo stesso.
24/05/2022
Il rapporto tra l’essere e l’apparire è molto importante, si capisce dall’episodio del
mantello. Pablos vuole essere qualcosa, quindi, appare in un certo modo ma non lo
è in realtà.
Un episodio cardine per capire ciò, un punto di non ritorni della deformazione di
Pablos ed anche episodio chiave è quello del RE DEI GALLI.
EP RE DEI GALLI (TERZO CAPITOLO)Usanza del re dei galli, ovvero: un gruppo di
ragazzini impiccavano un gallo come SACRIFICIO, era un’usanza che impegnava tutto
il popolo che tifava per i ragazzi che rincorrevano il gallo per catturarlo e poi
ucciderlo. La squadra che doveva catturarlo aveva un capo, nominato RE DEI GALLI,
doveva essere vestito in modo eccentrico e, di solito, il ruolo si dava al ragazzo più
meritevole (sotto punto di vista scolastico), Pablos viene eletto re dei galli perché è
in una fase in cui la prima formazione scolastica gli sta dando soddisfazioni.
Nel momento in cui cade è un punto di ritorno perché Pablos sarà deluso da tutti.
Il cavallo non era di razza, passando mangia una verza e tutte le fruttivendole
rincorrono pablos, lanciandogli le cose, il cavallo è fuori di sé e l’episodio si conclude
con la caduta di Pablos nello sterco del cavallo e tutti lo vedono e deridono.
Racconta la sua vergogna e ad un certo punto la narrazione si interrompe e Pablos
adulto che parla con vossignoria ci fornisce un elemento in più di comprensione, ci
dice come si sentiva a quel tempo.
PAGINA 64 A cosa serve quest’intervento? Ci dà un chiarimento, di cui forse non
necessitiamo, ci dice che nel momento in cui tiravano cose ha pensato, dato che
indossava delle piume sul sombrero, pablos bambino, pensava che le fruttivendole
lo avessero preso per sua madre. Pensa che l’hanno messo in imbarazzo perché
scambiato per sua madre (fattucchiera, punizione fattucchiere).
L’episodio viene isolato perché il narratore vuole far ridere.
A tal punto Pablos non riesce a spiegarsi che succede e quindi se lo spiega solo col
fatto che crede che per via delle piume stia venendo scambiato per un’altra persona
e che la punizione non fosse per lui.
Elemento che fa ridere però ci dice anche che il narratore ha una specie di reticenza,
ci dice come si è sentito ma solo dopo aver raccontato l’episodio.
Cosa ci fa capire il rapporto delle componenti narrazione-episodio? Pablos adulto
prende subito le distanze, prima ci dice come si è sentito e poi che in quel periodo
era sciocco e giovane e che la paura aveva dato voce all’ignoranza.
A cosa è dovuta l’incomprensione? Abbiamo un doppio significato delle PLUMAS
1. Piume che ha lui nel cappello, che sono piume d’onore.
2. Piume che usa sua madre, piume del disonore.
Doppio significato non più semantico o lessicale, ma, bensì, sociale, questo crea
l’equivoco, ovvero:
lui crede che la gente sostenga le sue piume siano uguali a quelle della madre e
crede le persone credano lui fosse lei.
Lui pensa di essere esattamente sua mamma “poiché porto le piume mi hanno
scambiato per mia madre” sta proprio ad intendere “poiché porto le piume sono
mia madre”. Qui ci vuole far capire che per la società del tempo quelle due piume
hanno lo stesso valore, quelle due piume vanno insieme così come Pablos Adulto ha
due mantelli.
Segnale che ci da traccia di come sarà la vita di Pablos, penserà sempre che tutti lo
ritengano di mala sangre così abbiamo il concetto che ritroviamo nel finale ovvero
che non si può cambiare il proprio stato.
Le piume sono l’APPARIRE mentre Pablos e Aldonza (la madre) l’ESSERE.
PLUMAS INFAMIA e PLUMAS NO INFAMIA APPARECER
PABLOS e ALDONZA SER
Se a livello dell’apparenza infamia e no infamia hanno lo stesso valore allora anche a
livello del ser queste due cose stanno insieme.
Ci fa capire che apparecer e ser hanno un rapporto stretto, apparecer=ser, così tanto
da decidere il destino delle persone fin da bambini.
Il fatto che ci dia questa scusa non richiesta non fa altro che affermare la teoria
appena descritta con più forza.
Leggendo tutto il buscon sappiamo che tutta la narrazione conferma questo
rapporto. La storia di Pablos è una finzione picaresca, la storia deve far soprattutto
ridere ma è un riso amaro sulla società in cui essere e apparire sono la stessa cosa.