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LETTERATURA SPAGNOLA 1 (M-Z) prof.

Gennaro Schiano
APPUNTI
09/03/2022
Nei testi che andremo a studiare troveremo come temi come temi sia le battaglie,
sia le identità culturali. Si può anche notare come le culture precedenti l’Impero
Romano, condizionano molto anche il modo di regnare di quest’ultimo. Infatti, in
Spagna, c’era una tradizione celto-iberica che viene dominata dai Romani, ma che
esisteva già in un periodo precedente, da questo possiamo notare come esistono
alcuni elementi che restano nel tempo.
Nel 133 a.C. EST e OVEST risultano già essere due provincie differenti.
La provincia di ESPANA era la provincia spagnola conquistata dai Romani.
460  inizio dominazione Visigota (tutte le province romane subiscono le invasioni
barbariche), viene fatto combaciare orientativamente anche l’inizio del Medioevo
Spagnolo.
I Visigoti durano poco perché tra 711 al 721 sarà conquistata dagli Arabi.
711  avviene una delle battaglie più importanti, quella di Guadalete.
La RICONQUISTA avviene nell’anno 1000  Processo di ripresa di indipendenza dei
cattolici dalla dominazione Araba e termina nel 1492 con la presa di Granada.
1492 La Spagna diventa il primo punto di contatto con le Americhe. Viene fatta
combaciare, orientativamente, la fine del Medioevo Spagnolo.
Tra 1031 e 1100  primo testo CANTAR DE MIO CID. Rodrigo (il protagonista) si
troverà coinvolto tra i dissapori Spagnoli. Non dobbiamo immaginare, infatti, regni e
stati moderni (come quello della regina Elisabetta) ma un regno in cui il Re era
intoccabile.
Nel medioevo avviene una sperimentazione di Potere e tende a scomparire il
rapporto Feudale.
1000/1100  La parola letteratura in Spagna ancora non esiste, ma è sostituita dal
termine LETRADURA, ovvero tutte le materie adatte ai chierici (scienze, arte, ecc.).
Le materie sono quindi studiate e vigilate (la chiesa controlla siano “giuste”).
1200  Il termine LETRADURA diventa una materia che rimanda alla Corte, sempre
controllata dalla chiesa.
PRIMA META’ DEL 1300 con Juan Manuel il termine LETRADURA significa
produzione culturale che ha funzione educativa.
XV secolo  Da LETRADURA si passa al termine LITERATURA, che comprende
aspetti materiali dei testi, funzioni grammaticali, saperi trasmessi grazie alla
struttura non necessariamente in latino.
La concezione di Letteratura non era uguale a quella che abbiamo noi oggi; infatti,
molti critici parlano di PRODUZIONE VERBALE e non di letteratura.
I termini “autore” e “singolarità” ancora non esistevano e non erano intesi con il
significato che abbiamo oggigiorno.
L’obbiettivo degli scrittori dell’epoca era quello di plasmare una materia già
esistente.
Dato che le opere erano rappresentate in pubblico, un elemento fondamentale era
che il pubblico fosse partecipe; quindi, che già conoscesse la vicenda narrata.
Fin dall’antica Roma, mescolare l’utile al dilettevole era molto importante, ecco
perché diventa materia che deve dare un insegnamento.
GENERI LETTERARI  Sono legati alla modalità di trasmissione.
MESTER DE JUGLARIA (ARTE DEI GIULLARI)  figure prettamente europee che
trattavano la letteratura tramite parole poetiche e musica. L’arte giullaresca fu il
primo embrione di Letteratura.
I giullari avevano una cultura popolare che si opponeva a quella dei Chierici, ovvero
al MASTER DE CLERICIA (ARTE DEI CHIERICI)  In questa ci furono le prime
versificazioni, inoltre, le sillabe dovevano essere uguali tra i versi.
I CHIERICI PRENDONO DALLA CULTURA GIULLARESCA.
10/03/2022
In Spagna si contrappongono da sempre il NEOTRADIZONALISMO e
l’INDIVIDUALISMO.
INDIVIDUALISMO  Vedono nella poesia epica l’opera di un poeta colto legato alla
vita ecclesiastica e rielabora la materia (dei fatti narrati) dopo molto tempo
dall’accaduto.
NEOTRADIZIONALISMO  epica medioevale, ovvero l’autore è vicino ai fatti. Viene
scritto attraverso testimonianze popolari  vicinanza ai fatti e attivazioni di diverse
storie. L’importanza del pubblico è fondamentale, perché risulta essere coautore
della storia.
L’opera del CID crea molti problemi, l’autore è probabilmente una persona colta.
CANTAR DE MIO CID  composto probabilmente nel 1140 o fine 1100 inizio 1200,
riusciamo a datarlo per alcuni fenomeni della lingua e diversi dati della storia, questi
dati ci fanno capire la datazione più probabile sia tra 1140 e 1190.
 Ci arriva in un unico manoscritto, ora conservato alla biblioteca di Madrid.
 MANOSCRITTO DE VIVAR: è il nome del manoscritto. Al suo interno non
troviamo solo il Cid ma, anche, altre opere epiche (altri cantar de geste). Si
chiama “De Vivar” perché è stato conservato per molto tempo nel monastero
di Vivar.
IL MANOSCRITTO HA:
 72 fogli, chiamati “Carte” fatte di recto e verso (ovvero, avanti e dietro)
 3778 versi
 Ogni verso è tra le 14 e le 16 sillabe
Il manoscritto è del 1330, come riusciamo a datarlo? Tramite i modi di scrittura e le
carte di un certo tipo di materiale.
Pér Abath (o padre Abath) ha copiato la parte del Cid. Troviamo, infatti, alla fine
della copia del Cid la sua firma, per molto si è pensato che fosse lui il vero autore.
Data anche la sua copia, scrivendo di averla copiata nel 1207.
Tra XII e XIII secolo c’è l’origine del “cantar de mio Cid”
Il CODICE DE VIVAR (il manoscritto) viene dopo la copia di Pér Abath.
La storia del personaggio già al tempo ebbe un’attenzione enorme.
STRUTTURA Numerosi versi irregolari, non isosillabici, assonanti (asonantadus).
Divisa in 3 diverse cantares, legate alle 3 diverse tematiche:
1. Cantar de destriero (tematica dell’esilio)
2. Cantar delle nozze delle figlie del Cid
3. Cantar de Corpes (l’oltraggio a Corpes)
La suddivisione in 3 cantares è dovuta alla produzione orale, i giullari, infatti, si
dividevano le parti.
Tutto parte dal tema fondamentale, l’esilio, infatti si apre con la scena d’addio.
RAPPORTO TRA REALTA’ E FINZIONE  Ci sono dei dati reali, Cid è realmente nato,
realmente in esilio (ma non da Alfonso VI), davvero ai servizi dei mussulmani di
sarayola(?), era, infatti, condottiero dei nemici, prende realmente Valencia e muore
nel 1099 come signore di Valencia.
Cid è etichettato come campione della cristianità contro gli arabi, rappresenta un
certo tipo di nobiltà che lotta CONTRO il più alto regno. Questo tipo di nobiltà era di
tipo rurale, che lotta contro la nobiltà più vicino alla corte, il vero motivo per cui Cid
viene esiliato.
COME VIENE SCRITTOGli autori usano spesso la tecnica Comodines. Lo stile è
formulario, legato con altre tradizioni epiche, ed alcune formule sono riprese da altri
cantar de geste.
15/03/2022
OPERA DEL MESTER DE JULGARIA: EL CID Il Cid è un’opera importantissima sia
per il canone, sia per la cultura sia per la letteratura spagnola.
Vi sono diverse questioni legate all’opera, come:
-Trasmissione testuale, cioè come l’opera arriva fino ai giorni nostri.
-Ruolo del manoscritto de Vivar (o codigo de Vivar), questo manoscritto del 1300:
conserva l’unica copia che c’è rimasta del Cid
-Chi ha copiato l’opera? Per Abat (perché c’è la sua firma nel manoscritto).
-Struttura: divisa in 3 cantares differenti.
Tematiche dei cantares:
1. Cantar del destrerro (esilio)
2. Cantar delle nozze delle figlie del Cid: Elvira e Sol
3. Cantar ‘’afrenta de corpes’’
La sua struttura è legata quasi sicuramente alla sua oralità, in quanto vi erano 3
giullari diversi che legavano o recitavano la storia.
ELEMENTO IMPORTANTE: Vi è un apporto tra realtà e fiction (fra dato storico e dati
storici): ci sono dati storici da cui partire (ogni messaggio letterario rimanda a
referenti nel mondo reale. Queste storie hanno un referente: la storia reale). L’epica
del Cid non è un’epica trionfale, non è connotata con ideali vincenti e dominanti di
una nazione. Il Cid ha delle caratteristiche particolari: Il narratore si sofferma:
 sulla vita privata (il tema dell’esilio, perché è un’esperienza politica che
condiziona la vita del personaggio)
 Materia intima: I rapporti con le figlie
Sono tematiche che ritroviamo nell’epica, ma nel Cid hanno un’importanza
nevralgica. Sono le tematiche che vengono tramesse maggiormente da una
letteratura che riprende piccole parti del Cid (come il marchese di Santillana, che
riprende una parte della materia del Cid).
LO STILE DEL CID È un testo che presenta elementi che rimandano dimensione
orale, elementi che ci dicono che questo testo fosse recitato o letto in pubblico:
 lo stile formulare
 la ripresa dei comodines (jolly).
Un dato fortissimo è che nel ‘300 il Cid è ancora letto.
JUAN LUIS (ARCIPRESTE DE HITA)Hita: provincia di Guadalajara, in Castillia la
Mancha.
È autore di un’opera emblematica della poesia del 1300. L’opera per cui è noto è ‘’El
libro de buen amor’’ (MESTER DE CLERECIA). Quello che sappiamo di quest’autore ci
proviene dalle sue opere. É vissuto nella prima metà del ‘300 e forse è davvero
l’arciprete di Hita (ci sono dati di parrocchie, cattedrali che ci riportano alla vita di
un’eventuale presenza di un’arciprete). L’argomento del libro buen amor:
l’argomento è ‘’tutti gli uomini sono trascinati dal sentimento dell’amore, facile, e
anche l’autore si dichiara peccatore’’. É un’opera basata sull’amore. É un’opera
moraleggiante, che ci fa capire che l’autore ha una posizione molto particolare
(autore narratore). Si dichiara peccatore (l’amore è o può essere peccaminoso). Tutti
i capitoli del libro sono scanditi dalle esperienze d’amore, spesso quasi sempre
dolorose, del protagonista (che è anche il narratore).
-Autore anche narratore: spesso avviciniamo chi narra all’autore, anche se non è
sempre così.
-É anche il protagonista: è quindi un’opera autobiografica (o almeno finge di essere
autobiografica perché nelle pagine del libro siamo convinti le esperienze raccontate
sembrano essere state vissute dal narratore).
Il libro racconta 13 avventure amorose del protagonista.
TEMA DELL’AMORE Amore cortese o visto come amore fisico?
Nel libro del buen amor l’amore cortese viene rappresentato come esperienza
dolorosa, che sta insieme al possedimento fisico. La maggior parte delle esperienze
vissute dal protagonista sono legate al possedimento fisico. Ritroviamo gli schemi
dell’amor cortese (anche se non sono espressi nelle modalità trobadoriche come
nella letteratura italiana).
LE FONTI Le fonti sono varie ed eterogenee. (non prendono da un solo autore o
una sola opera). Il libro del buen amor è’ fatto di molte fonti e auctoritates a cui
Juan Luis fa riferimento. Una di queste è il Phanfilus (novella elegiaca scritta nel 12°
secolo). Questa fonte sembra essere il testo attraverso il quale Juan Luis costruisce
l’episodio di Doña Endrina, l’unica esperienza amorosa che ha successo (che si
compie). In tutta l’opera il protagonista chiede consigli d’amore alle guide.Tutta
l’elaborazione dei consigli d’amore è presa dall’Ars amandi di Ovidio (fonti più vicine
al 12° secolo e lontane come Ovidio). Ma come capita a tanti autori Spagnoli, (che
conoscono l’arabo e la tradizione Araba), tra le fonti del libro del buen amor, ci sono
anche gli apologhi e le favole di provenienza Araba. La cultura Araba (tradizione
della narrativa breve come le mille e una notte) ha un grande influsso su quella
spagnola. Alle fonti eterogenee corrisponde una struttura che va avanti per
affastellamento (non vi è una struttura lineare). Gli episodi sono affastellati
(sembrano non avere un inizio e una fine) hanno una struttura confusionaria. Al di là
della confusione tra fonti, episodi, argomenti, temi, c’è l’esperienza autobiografica,
che è l’unico elemento omogeneo dell’opera.
ESPERIENZA AUTOBIOGRAFICA Concetto di autobiografia oggi: un racconto in cui
l’autore, narratore e personaggio principale coincidono.
Concetto di autobiografia dell’arciprete: Rimanda ad un autobiografismo sociale,
esemplare (non è importante la mia esperienza in quante tale, ma l’insegnamento
che posso trarre dall’esperienza. Non sto raccontando la mia vita, ma la vita di tutti.
Dato che si comincia a sentire Dante nella letteratura spagnola di questo periodo, la
cosa che conosciamo di più è il rapporto tra dante poeta e dante personaggio.
Non è solo Dante che si perde nella selva, ma tutta l’umanità, concetto ripreso nel
Buen Amor.
Non solo Dante, ma molte poesie sembrano raccontare i fatti delle persone, ma in
realtà raccontano dei tipi umani.
Tutta la poesia trobadorica e l’amor cortese è fatta di esperienze tipizzate (ad
esempio l’amore narrato non è detto che fosse stato provato da tutti i poeti, ma è
un tipo di amore che rimanda ad una forma sociale di subordinazione legata alla
società del tempo).
Tutto l’autobiografismo di questa poesia, in tutta Europa, è legato a questo
concetto: non inteso come esperienza individuale, empirica.
Con Petrarca le cose cambiano:
 I referenti ci fanno capire che qualcosa ad Avignone era successo e Petrarca è
un modello enorme per la Spagna.
 Quell’esperienza sta iniziando ad avere dei referenti non solo della biografia
dell’autore, ma anche di luoghi, di memorie, di ricordi che possono essere
ricostruiti in qualche modo.
Non siamo più di fronte a Guinizzelli, cavalcanti e lo stilnovismo.
ESEMPLARITA’ L’esemplarità è sempre legata all’insegnamento.
Il libro del buen amor è stato definito dai critici ‘’opera polisemica’’.
Polisemia: ci sono più significati che si nascondono dietro un significato superficiale.
(significato letterario).
La polisemia indica anche che questi significati possono stare insieme in unico testo
(della polisemia ne facciamo ampia esperienza anche quando parliamo, poiché le
parole che usiamo hanno spesso+ significati).
Juan Luis (volendo o non volendo) ha costruito un’opera in cui si legge da una parte
la compresenza di una volontà didattica moralizzante ed esemplare, dall’altra una
voglia di raccontare (con sfondo autobiografico) delle vicende non esemplari.
METRO DELL’OPERA Versi alessandrini (di 14 sillabe). Vi è grande controllo della
versificazione (è un autore che compone molto bene i versi. Elabora una poesia
comprensibile. Elabora il mester de clerecìa, distanziandosi quindi dai giullari).
LA PROSA La prosa si sviluppa già nel periodo del Medioevo e del Basso
Medioevo.
Che tipo di prosa è?
Le prime prose scritte sono istituzionali, alchimistiche (cioè i primi che scrivono testi
in prosa lo fanno per mestiere nelle istituzioni: le annales del regno per creare la
memoria della casa reale, leggi che devono essere messe per iscritto e lette). Non c’è
prosa di finzione.
Cosa cambia il rapporto con la prosa?
Diverse questioni culturali:
 Presa di Toledo nel 1085 (tenuta dagli Arabi per 10-30 anni) influsso arabo
per secoli. Il contatto con la cultura araba porta alla traduzione di opere
dall’arabo: sono opere innanzitutto filosofiche. Aristotele, ad esempio, è
conosciuto dalla Spagna e dall’Europa grazie alle traduzioni Arabe. Opere
filosofiche e opere letterarie (riferimento alla narrativa breve araba, come
opere che vengono in contatto con la narrativa spagnola dell’11° secolo. Prosa
di finzione di matrice araba).
 Tra i primi prosisti Spagnoli abbiamo un Re, Alfonso X el Sabio, che scrive
opere storiche (essendo un re, conosce bene i fatti storici).
Scrive una Historia de España e altre opere particolari, tra cui: Las Tablas
Alfonsies (tavole alfonsine): si tratta di tavole astronomiche.
Alfonso X el Sabio è uno dei primi che ragiona sull’astronomia (grazie anche
all’influenza araba). Scrive prosa storica, prosa scientifica (poiché le tavole sono
accompagnate da spiegazioni in prosa) e scrive una monumentale opera
legislativa.
Alfonso VI è il nemico del Cid.
Con Alfonso VII inizia la dinastia Borgoña: Alfonso X el Sabio è uno dei re di questa
dinastia.
Questo albero genealogico arriva fino a Felipe VI, attuale re di Spagna.
JUAN MANUEL Con Juan Manuel iniziamo ad occuparci di autori che sono
concretamente protagonisti della realtà politica del tempo (che sono vicinissimi alla
corte e ai giochi della corte). Si tratta di autori che tengono insieme la loro
personalità politica e la loro personalità intellettuale (topos dell’intellettuale
impegnato politicamente, ma che ha anche una cultura oltre quella politica).
Juan Manuel si muove in uno dei tanti periodi di transizione della corona spagnola
(ogni successione del re, soprattutto quelli di Castiglia, porta scompensi politici
enormi. Ci sono tanti infantes che vogliono salire al potere, che hanno qualche
diritto per salire al potere).
Chi sono gli infantes?
È la figura giuridica della famiglia reale: si tratta di eredi.
Non sono principi, perché in teoria non possono salire al potere (siccome solo i primi
figli maschi potevano).
Gli infantes sono dunque tutti gli altri figli.
Se però c’è un infantes che non sale in potere in Aragona o Cataloña, spera di salire
in Castiglia, perché lì ci sono movimenti monastici.
Gli infantes cominciano ad essere personaggi fondamentali della vita politica di
questi anni (già ai tempi del Cid ci sono regni che si fanno la guerra: Aragona e
Cataluña contro Castiglia e Leòn, mentre Navarra fa da bilancia tra questi conflitti.
Sono conflitti che dureranno tantissimo, fino all’unificazione dei territori Spagnoli
grazie ai re cattolici unificazione dei regni di Castiglia e Aragona).
Juan Manuel appartiene alla famiglia reale: è figlio di uno dei fratelli di Alfonso el
Sabio , e ha diversi ruoli, siccome Alfonso XI è troppo piccolo per occuparsi del
regno.
Juan Manuel prenderà molto da Alfonso el sabio, poiché anche lui scriverà molte
opere storiche, tra cui una cronaca abbreviata che prende la Historia de España
scritta da Alfonso.
Da Alfonso prende anche l’approccio laico alla cultura, che non si traduce
nell’impegno civile di Alfonso el sabio, ma oltre a coltivare interesse per la Historia
de España e la vita della famiglia reale, ha anche delle velleità (motivo per cui è
scrittore di prosa).
Egli comincia ad esercitarsi nella scrittura finzionale e narrativa.
Juan Manuel è uno dei primi che nei suoi testi fa riferimento alla preoccupazione
della trasmissione integra delle sue opere: ciò rimanda al concetto di autorialità.
Egli è cosciente di essere autore di queste opere e in quanto tale, non vuole che altri
autori modifichino le sue opere. Non vuole che chi copia faccia errori.
È uno dei primi sostenitori del ‘’ne varietur’’, uno dei concetti legati alla filologia per
quanto riguarda la trasmissione dei testi.
Molto spesso i filologi italiani stessi fanno riferimento a Juan Manuel, perché è una
delle prime attestazioni della preoccupazione della copia corretta.
Le opere di Juan Manuel, nonostante quest’avanguardismo, rimandano a
didatticismo, esemplarità e come tematiche correnti come l’autobiografismo (come
vedremo nel conde Lucanor), inteso come per il libro del buen amor.
L’OPERA- LIBRO DE LOS EJEMPLOS DEL CONDE LUCANOR L’opera più importante
è il ‘’Libro de los ejemplos del conde Lucanor’’ scritto negli anni ’30 del ‘300 (1335
circa). É composta da due prologhi e cinque parti (la parte che ci interessa di più è la
prima, che contiene 50 esempi o ejemplos (o exempla).
Questi ejemplos hanno valore letterario: sono degli aneddoti racconti che hanno
valore esemplare.
TRAMA: Il conte Lucanor chiede un consiglio al suo consigliere (Patronio), che gli
delle soluzioni concretizzate e rese comprensibili (sia per il conte che per i lettori)
attraverso degli exempla.
Nella prefazione dell’opera leggiamo:

TEMI:
 Didatticismo
 Esemplarità: l’autore non fa solo una lezione su come si dovrebbero
comportare gli uomini, ma dietro agli insegnamenti c’è anche un significato
sociale e concreto, cioè hanno una funzione reale. Non è insegnamento
morale o polisemico: non si dice cosa è giusto o sbagliato, ma insegnamenti
derivati da comportamenti reali e concreti.
Sia i problemi che pone il Conte, sia le risposte del consigliere, sono di argomento
spicciolo, basso: sono tutti esempi, cose e comportamenti di vita reale. Le opere
letterarie a inizio ‘300 cominciano a rappresentare una fetta di realtà più reale
rispetto a quella precedente (Juan Manuel ha una percezione maggiore della
realtà rispetto ai suoi predecessori).
Dalla sua opere capiamo che egli conosce il mondo e ha intenzione di esprimerla
ai suoi lettori in maniera reale.
Un tipo di esemplarità e autobiografismo in maniera così concreta, in un’opera
letteraria (che si leggeva in tutte le classi sociali), ci dice che è cambiato lo
sguardo sul reale: resta sempre l’utilità della letteratura , ma vi è maggiore
prospettiva e molto più problematica.
DUE ELEMENTI IMPORTANTI:
 La cornice
 La struttura didattica: come fa Juan Manuel a raccontare il reale e a dare
insegnamento a chi legge.
LA CORNICE (NELLA PROSA): La cornice da’ base alla storia ed è parte della struttura
e della trama principale.
La cornice dell’opera è esile: el conde Lucanor chiede sempre qualcosa a Patronio
(consigli).
Non si ha maggiore relazione tra i protagonisti, non si sa cosa i due fanno, chi siano ,
se hanno un carattere ecc.. ( a differenza ad esempio del Decameron, dove il lettore
sa tutto dei 10 protagonisti e infatti le tematiche sono scelte in base alle loro
caratteristiche).
Secondo i critici, Juan Manuel adotta questo tipo di cornice per scelta.
Ci troviamo davanti ad un autobiografismo tipizzato, dove le esperienze vengono
raccontate per essere universali, e per questo le due personalità della cornice
devono essere piatte, perché il lettore deve affidarsi al conde Lucanor, al suo
maestro e non deve conoscere le loro personalità.
L’obiettivo dell’autore è quello di dare insegnamento (non teorico), ma pratico,
creando dei tipi facilmente comprensibili (che non hanno dunque una profondità).
La linea orizzontale della cornice deve semplicemente presentare l’episodio o il
capitolo che il lettore legge.
STRUTTURA DIDATTICA: È divisa in 3 elementi:
1. la petición de un consejo durante la situación vital
2. relato del exemplum
3. formulación de una sentencia
Gli exempla e i capitoli sono tutti costruiti in questo modo. L’insegnamento
didattico che vuole dare Juan Manuel è costruito attraverso questi 3 momenti che
ritroviamo schematicamente in ogni capitolo.
CUENTO V: DE LO QUE OCURRIO’ A UN RAPOSO CON UN CUERVO QUE TENIA UN
PEDAZO DE QUESO EN EL PICO 
Tema: la favola della volpe e del corvo (Esopo)
Cornice: esile

Otra vez fablava el conde Lucanor con Patronio, su consejero, et díxol’ assí:
–Patronio, un omne que da a entender que es mi amigo, me començó a loar mucho,
dándome a entender que avía en mí muchos complimientos de onra et de poder et
de muchas vondades. Et de que con estas razones me falagó cuanto pudo, movióme
un pleito, que en la primera vista, segund lo que yo puedo entender, que paresçe que
es mi pro.
Et contó el conde a Patronio cuál era el pleito quel’ movía; et como quier que
paresçía el pleito aprovechoso, Patronio entendió el engaño que yazía ascondido so
las palabras fremosas. Et por ende dixo al conde:
Señor conde Lucanor, sabet que este omne vos quiere engañar, dándovos a entender
que el vuestro poder et el vuestro estado es mayor de cuanto es la verdat. Et para
que vos podades guardar deste engaño que vos quiere fazer, plazerme ía que
sopiésedes lo que contesçió a un cuervo con un raposo.

Questione: c’è qualcuno che loda in modo massiccio il conte Lucanor quest’ultimo
vuole sapere cosa si nasconde dietro queste lodi. Patronio gli risponde dicendogli
che questo qualcuno sta lodando il conte molto più di quanto si merita e quindi c’è
qualcosa che non va. Per dare credito a quanto dice, gli racconta una storia: la storia
della volpe e del corvo.
En cuanto el cuervo assí estava, passó el raposo por el pie del árbol, et desque vio el
queso que el cuervo tenía, començó a cuidar en cuál manera lo podría levar de’l.
LODI DELLA VOLPE AL CORVO
Et por ende començó a fablar con él en esta guisa:
-Don Cuervo, muy gran tiempo ha que oí fablar de vós et de la vuestra nobleza, et de
la vuestra apostura.
Et porque veades que non vos lo digo por lesonja, también como vos diré las
aposturas que en vos entiendo.
Todas las gentes tienen que la color de las vuestras péñolas et de los ojos et del pico
et de los pies et de las uñas.
Otrosí, el vuestro pico et las vuestras manos et uñas son fuertes más que de ninguna
ave tanmaña como vós.
Et pues Dios me fizo tanta merçet que vos veo, et sé que ha en vos más bien de
cuanto nunca de vos oí
Et vós, señor conde Lucanor, como quier que Dios vos fizo assaz merçet en todo,
pues beedes que aquel omne vos quiere fazer entender que avedes mayor poder et
mayor onra o más vondades de cuanto vós sabedes que es la verdat, entendet que lo
faze por vos engañar, et guardat vos de’l et faredes como omne de buen recabdo.
Al conde plogo mucho de lo que Patronio le dixo, et fízolo assí. Et con su consejo fue
él guardado de yerro.
Et porque entendió don Johan que este exiemplo era muy bueno, fízolo escrivir en
esto libro, et fizo estos viessos, en que se entiende avreviadamente la entención de
todo este exiemplo. Et los viessos dizen así:

Alla fine, troviamo due versi che sintetizza l’insegnamento appreso dal capitolo
(morale).
Qui te alaba con lo que non es en ti,
sabe que quiere levar lo que as de ti.
Significato: chi loda e fa dei complimenti a ciò che non hai, vuol dire che vuole avere
ciò che hai.
Situaciòn vital del capitulo V: El conde Lucanor chiede il consiglio a Patronio
Relato del exemplum: Patronio prima gli dà un esempio
Formulacion de una sentencia: poi alla fine gli dà un insegnamento (morale).
16/03/2022
Fino all’epoca Barocca il concettismo avrà molta influenza nella politica.
Nel 400 la nobiltà assume un enorme potere, periodo in cui le famiglie nobiliari
condizionano di gran lunga le scelte dei re.
Ci troviamo con della conflittualità tra i regni cattolici, questo ferma per molti anni il
processo di riconquista (riprende, infatti, a fine 400).
I nobili cominciano ad essere gli esponenti maggiori delle corti.
Inoltre, in Spagna, iniziano ad entrare i modelli culturali italiani.
ELEMENTI PIU’ IMPORTANTI Tra i modelli acquisiti dagli Spagnoli c’è anche
Dante, nel 1428 abbiamo la prima traduzione della Divina Commedia da Enrique de
Iena.
Tra fine 300 e inizio 400 Francisco Imperiale, Banditore e Poeta, viaggia molto e
conosce altrettanti poeti della cultura italiana e li recita in Spagna.
Quindi, Dante diventa Argomento culturale della Spagna del tempo.
POSSIAMO DIVIDERE IL 400 LETTERARIO IN 3 PERIODI
1. Reinado di Juan Segundo (1406-1454) periodo del suo regno.
2. Enrique IV (1454-1474)
3. Re cattolici (1474-1516)
Nel 1516, infatti, avviene la morte di Fernando il Cattolico.
EL MARQUES DE SANTILIANA (IÑIGO LÓPEZ DE MENDOZA) Il titolo gli verrà
regalato dal re di Castiglia per i meriti militari.
Era molto vicino ai reali D’Aragona, era lì perché conosce tantissimi autori catalani:
straordinari poeti d’amore cortese, tra cui Ausia Marq e Geordie De S. Geordi
Attraverso questi poeti conosce anche il canone italiano.
Non conosce il latino, non ha una preparazione classica solida, ma conosce
CATALANO, ITALIANO e FRANCESE. Scrive opere sia in prosa sia in versi.
Scrive uno testo considerato tra i primi testi di critica spagnola: CARTA O PROEMIO
AL CONTESTABLE DON PEDRO DE PORTOGALO.
Una specie di dedica.
Santiliana manda delle sue poesie nella lettera di dedica, inoltre, aggiunge delle sue
considerazioni sulla lettera stessa.
Ha un’idea Aristotelica della poesia, ovvero, per lui esiste:
 Poesia sublime: fa riferimento ai modelli italiani.
 Poesia mediocre
 Poesia infima
La poesia popolare/tradizionale spagnola per Santiliana non ha valore, è una poesia
che viene scritta con metro e su materia spagnola. Anche se lui stesso scrive poesie
che potremmo definire così.
Lui scrive tre tipi di poesie:
1. Poesia di influenza italiana
2. Poesia didattico morale
3. Poesia trovadoresca: una poesia d’amore modellata sull’amore cortese,
possiamo aggiungerci anche una parte di poesia popolare.
La 1 è di tipo italiano e di stampo allegorico, non a caso Dante è uno dei modelli del
Marchese.
I VERSI PIU’ IMPORTANTI octosillabo: usato per la poesia popolare endecasillabo:
usato per versi più colti.
Si nota l’influenza di Dante in un poemetto narrativo e allegorico: LA COMEDIETA DE
PONZA.
Parte da un fatto storico: La sconfitta di Alfonso D’Aragona (detto “El magnanimo”) a
Ponza. Momento in cui sta provando a conquistare il regno di Napoli ma viene
sconfitto.
La commedia parla di come lui e i suoi fratelli siano imprigionati, e viene raccontata
attraverso la regina madre che parla con le mogli di questi, le quali si lamentano
della prigionia dei 3 e ne parlano, addirittura, a Boccaccio.
Abbiamo poi la personificazione della Fortuna, la quale dice che Alfonso riuscirà a
prendere il regno.
La chiama “commedieta” perché, proprio come la commedia di Dante, inizia male e
finisce bene.
Comprende 43 sonetos fechos all’italico modo (sonetti costruiti alla maniera
italiana): sonetti MORALI, AMOROSI, POLITICI, RELIGIOSI.
Molti sonetti possono essere definiti di circostanza: morti o nascite dei reali che
venivano immortalate con le poesie, anche le entrate reali (soprattutto quelle del re
in persona) nella città.
In Santiliana c’è l’influenza del Canzoniere di Petrarca e, dal punto di vista
strutturale, c’è l’influenza della Vita Nova di Dante.
Non è la migliore produzione di Santiliana, infatti c’è un problema con i versi non
aveva ben capito come funzionasse l’endecasillabo. Anche perché la lingua spagnola
non si presta a questo tipo di verso.
SONETTO I (dispensa)È un prosimetro (versi + prosa).
C’è la spiegazione dei versi prima del sonetto.
L’argomento principale lo troviamo nella parte in prosa.
Paragona la crudeltà della donna che non lo ricambia con le figure più crudeli di
sempre.
Thereo: mitologico marito di Progne, che violenta Filomela (la sorella di Progne) e le
taglia la lingua per non farla parlare. Si vendicano dandogli in pasto il figlio.
Achilla & Potino: consiglieri di Tolomeo Re d’Egitto, gli consigliano di cacciare
Cleopatra, è così che si avrà la fine di Tolomeo e del Regno D’Egitto stesso.
Abbiamo la personificazione delle stelle, come una cosa fantastica ma allo stesso
tempo crudele, quasi la donna più crudele della storia.
Loda la natura perché ha fatto nascere quella donna ma allo stesso tempo si
lamenta della sua crudeltà.
La donna ha, dunque, una duplice natura.
L’ultima terzina è la conseguenza del Dolore che prova.
SONETTO II (dispensa) Parte con una prosa più particolare.
ACTOR FABLA CON EL NOMBRE DE LA REINA DE CASTILIA: il poeta, definito come
ACTOR da voce ad altri personaggi, quindi non sempre l’io poetico è quello
dell’autore, in questo sonetto è della Regina di Castiglia.
La Regina non può piangere la morte del fratello, essendo nemico di suo marito e
della sua patria e sta male per questo.
NOTIAMO CHE le prime due quartine sono dedicate al lamento di Urraca (Maria
D’Aragona racconta la storia di Urraca che ha vissuto la sua stessa situazione)
Urraca punirà colui che ha ucciso suo fratello Sancho.
Nonostante la logica e la razionalità le due donne piangono per i loro fratelli ma non
potrebbero, soprattutto la regina.
Le voci delle due donne, nel sonetto, risultano essere quasi simili, non si capisce, ad
un certo punto, se sia il lamento di Urraca o di Maria D’Aragona.
La sfortuna della casa reale è simile alla sfortuna dei reali del secolo prima, questo fa
sì che possa essere paragonata a Tebe (i 7 contro Tebe)
Tutto nasce da Cadmo e Europa.
Europa viene violentata da Zeus e Giunone, gelosa, chiede a Cadmo (fratello di
Europa) di vendicarsi, ma lui non lo farà e, per questo motivo, Giunone manderà una
maledizione su Tebe
Un’altra cosa che possiamo confrontare:
Antigone combatterà perché uno dei suoi fratelli non potrà essere sepolto in città,
essendo un nemico della patria.
TEMA PRINCIPALE È QUINDI LO SCONTRO TRA AFFETTI E RAGIONI POLITICHE.
Nomina nel sonetto ATROPO una delle tre parche greche: Maria D’Aragona chiede
che il filo della sua vita sia tagliato se la guerra non si arrestasse.
22/03/2022
JUAN DE MENA Nato a Cordova (ambiente andaluso). Come il marqués de
Santillana (anche di più) è interno alle dinamiche reali in quanto è vicino a Juan II.
Diventerà cronista reale, scriverà la storia della corona mentre essa si sta
compiendo, ricostruisce la storia passata.
Juan ha una solida cultura classica: conosce bene il latino, infatti, prima di diventare
cronista, era “segretario de cartas latinas” di Juan segundo (curava la
corrispondenza in latino del re).
A lui si deve una traduzione sintetica dell'Iliade, non è integra ma egli crea una
versione non totalmente rispettosa dell’originale.
Juan de Mena si occupa sia di poesia spagnola tradizionale e sia di poesia
italianizzante.
La poesia spagnola si divide sempre tra quelli che seguono la poesia italiana, e quelli
che si rifanno di tematiche e metro spagnolo.
arte minor → componimenti tradizionali o di origine spagnola (ottosillabo).
arte major → componimenti italianizzanti (endecasillabo).
LABERINTO DE FORTUNA È la sua opera più nota. Ha un successo enorme, viene
pubblicata e avrà tante copie nell’epoca delle copie a stampa.
Trama: Genere del “poema della visione” molto popolare nel Medioevo. Il lettore
moderno riconoscerà somiglianze con l'Inferno di Dante, anch'esso un poema di
visione (visione del poeta che viene rapito e portato nel palazzo della fortuna).
Mena stesso è il narratore. Apre la poesia con un lamento sui “casos falaçes” della
Fortuna (cose sfortunate che accadono alle persone). Chiede di vedere il palazzo di
Fortuna per capire meglio come funziona. Dopo essere stato portato via da un carro
trainato da un drago, viene guidato attraverso la dimora di Fortuna dalla Divina
Provvidenza (allegorizzata come un personaggio femminile). Là vede tre ruote che
rappresentano: il passato, il presente e il futuro; ognuno è composto da una serie di
cerchi governati da diversi pianeti (si ispira a Dante, sia per la visione che per
l’ordinamento per cerchi).
I cerchi contengono esempi di personaggi storici virtuosi e non virtuosi.
Nel settimo cerchio, incontra solo una figura: Álvaro de Luna, che è visto come un
cavaliere che domina Fortune, un cavallo selvaggio.
Dopo aver terminato il suo tour della casa di Fortune, il narratore chiede alla
Provvidenza una profezia sul re Juan II. La Provvidenza promette grande gloria per il
re, ma prima che offra dettagli la visione finisce. Il narratore conclude ammonendo il
re a adempiere la profezia della Provvidenza e chiedendosi se la visione fosse solo
un sogno.
Qual’è l’obiettivo dell'opera?
Quello di ragionare sull’azione della fortuna → tema topico e ricorrente della poesia
del tempo (non solo spagnola).
Che vuol dire ragionare sulla fortuna?
Vuol dire che i comportamenti virtuosi possono combattere contro le azioni della
fortuna.
Fin dove l’azione virtuosa dell’uomo può combattere contro il caso, visto che la
fortuna è un’azione che condiziona le vite degli uomini a caso. Juan De Mena
ragiona su quali sono le virtù che gli spagnoli e i castigliani devono seguire ma allo
stesso modo, ci dice che: nonostante queste virtù e il fatto che possano seguire gli
esempi degli uomini virtuosi del passato, la fortuna avrà sempre un ruolo
preponderante= vincerà sempre → ecco perché la figura di Juan II a cui è dedicato il
testo arriva come salvatore degli spagnoli.
Se la fortuna ha una forza preponderante sul destino degli uomini e se gli uomini
spagnoli non hanno compreso qual è il modello di vita da seguire, c’è un re che può
risolvere le sorti della Castilla → Juan II.
C’è l’ascendenza dantesca: cosmologia, il personaggio protagonista ha le
somiglianze di Dante personaggio che vive queste esperienze. Ci sono due elementi
che egli prende da Dante:
1. Il programma moraleggiante o moralizzatore. Ha un’idea chiara di quale sia il
bene che va perseguito. C’è un bene che va perseguito e ciò va fatto attraverso una
coscienza politica e civile legata a delle figure esemplari. Questo va fatto al di là della
fortuna che ha sempre un ruolo predominante (a differenza di Dante che crede nella
provvidenza e non nella fortuna).
2. Il discorso sulla lingua (De vulgari eloquentia): Vuole nobilitare il Castigliano
(momento di transizione tra latino/spagnolo e i vari spagnoli, Castigliano= lingua
parlata maggiormente nella penisola). Vuole dimostrare come anche il volgare possa
parlare di materie complesse come ha fatto fino ad ora il latino.
Se paragoniamo l’opera: “laberinto de fortuna” alla “comedieta de ponza”, notiamo
che hanno in comune:
 Sono due poemetti dedicati una direttamente l’altra indirettamente a due re.
 Ma sulla tematica politica, l’idea che predicano il futuro all’interno delle
pagine delle loro opere, fa emergere il loro ideale politico → vogliono dei
monarchi forti che riunificano il territorio spagnolo.
L’ideale unitario che porterà l’unione politica e religiosa è già presente in queste
opere in quanto: gli autori cercano delle figure che possano unificare i territori
spagnoli.
ENRIQUE IV (cuarto) Periodo diverso, più oscuro rispetto a Juan II, è il periodo che
va dal 54 al 74.
Enrique sale al potere, ma dall’altro lato c’è Isabella la cattolica (sua sorella) che
pretende di andare al trono in quanto ha tantissime famiglie nobili importanti dalla
sua parte= tra cui i Manrique.
I MANRIQUEFamiglia ricchissima e potentissima della nobiltà spagnola.
Il padre di Jorge Manrique è Rodrigo Manrique= egli fa parte di uno degli ordini
militari religiosi (= ordini religiosi che hanno un esercito, qualche secolo prima
facevano le crociate e poco dopo divennero forze armate al servizio di alcune
famiglie nobiliari che comandano questi ordini) più importanti di spagna, egli è
cavaliere dell'ordine di Santiago.
Rodrigo Manrique è così potente che osa schierarsi contro Alvaro de Luna (nobile
fortissimo, vicino a Juan II).
I manrique saranno dalla parte di Isabella la cattolica, difatti, quando salirà al potere
Enrique IV, avranno molti problemi in quanto hanno scelto l'altra erede al trono.
Saranno esiliati, perderanno le loro terre, ma torneranno proprio grazie a Isabella, la
cattolica che diventa regina. Godranno poco del regno dei re cattolici in quanto
Rodrigo muore nel 76, Jorge nel 79.
Jorge segue le orme del padre, infatti sarà inserito nelle dinamiche politiche della
corona di Castiglia, diventerà maestro dell’ordine di Santiago.
Le opere di Manrique si dividono in 3 sottogeneri:
1. Poesie di tipo amoroso.
2. Poesie di tipo burlesco.
3. Poesie di tipo dottrinale.
La sua poesia è per la Spagna, una delle poesie in cui il rapporto tra esperienza e
poesia inizia a cambiare = dietro alle tematiche (anche quelle amorose e non solo
quelle politiche/belliche) riusciamo a leggere l’esperienza di Manrique.
Es: Petrarca= è uno dei primi poeti che ci racconta la sublimazione dei sentimenti,
parte sempre da un autobiografismo che noi conosciamo= Avignone, Laura e
l’esperienza chiusa = amore/morte, questo viene definito “autobiografismo
empirico”: il lettore fa esperienza di questo autobiografismo.
É un percorso lungo che parte dalla lirica sociale: l’amore cortese, tutti provano gli
stessi sentimenti che sono non ripetitivi, arriviamo a questo autobiografismo fino
all’800.
Le tematiche nei suoi testi sono legate all’amor cortese (sentimento e codice
amoroso più in voga di questo periodo).
Elementi dell’amor cortese:
 Lode.
 Dedizione.
 Divinizzazione della donna.
 Nobiltà del cuore.
 Sofferenza (amore non corrisposto).
 Animismo (anima dilaniata dagli spiriti).
Queste tematiche sono presenti in tutta la poesia spagnola.
Nei poeti di quest’età, l'amore cortese è molto più tragico dei poeti precedenti= il
sentimento è vissuto come sentimento dilaniante.
Abbiamo un esempio già con il Marqués De Santillana, che per spiegarci il suo dolore
di un amore non ricambiato, fa riferimento ad una crudeltà che appartiene ai
personaggi storici più crudeli mai esistiti.
COPLAS POR LA MUERTE DE SU PADRE Elegia alla morte del padre, l’opera per cui
è più noto.
È un poemetto di 480 versi e 40 strofe, un’opera elegiaca, riflette e racconta la
morte di Don Rodrigo dedicata al padre (tema centrale).
Siamo su una poesia di rielaborazione (i poeti guardano sempre prima di loro chi ha
fatto quello che loro stanno per fare).
Fa riferimento a tre i generi:
 “Plantos” (compianti): testi in cui si compiange qualcuno, si ricorda qualcuno
che è morto.
 “De Funciones”: canti funebri.
 “Le Visiones”: macrogenere che racconta in modi differenti un viaggio
immaginario; un sogno.
Esempio: la divina commedia, il De Republica di Cicerone e del sogno di Scipione:
sogno o viaggio immaginario in cui si presenta una personalità che predice qualcosa
al protagonista. In questo caso Cornelio Scipione predice la vittoria contro i
cartaginesi.
Parte dal compianto (lamento funebre) per il padre, ma porta ad una riflessione
molto complessa sulla morte, che, come l’amore, è una tematica tipica della poesia
di quel tempo.
Manrique fa riferimento a due tradizioni, che hanno riflettuto e riflettono su questo
tema della morte:
1. Tradizione di matrice biblico cristiana: tradizione che vede nella morte il
compimento della vita. Tutto quello che riguarda la vita reale non va bene,
mentre l’unica vita a cui bisogna aspirare è quella ultraterrena= tutte le azioni
dell’uomo non hanno valore se non viste in relazione all’aldilà. Il mondo è
vanità, tutta la dimensione terrena è vana, le azioni degli uomini non servono.
2. Tradizione di matrice classica/storica: lo storico aspetta saggiamente la
morte senza preoccupazioni, affronta la morte senza paura.
Le prime 13° strofe → sono una riflessione filosofica sulla morte: parlano del trionfo
della morte sulle ambizioni umane.
Da 14° a 24° → Manrique rappresenta delle vicende esemplari di questa riflessione
sulla morte. L’argomento è: la vita è vana e la morte vince sulle speranze umane. Le
vittorie della vita, tutto ciò che realizziamo nella vita è vano.
Da 25° a 34° → entra il personaggio di Don Rodrigo Manrique (che ancora non parla)
ma Jorge (figlio) presenta la figura del padre e ci fa capire come sia una figura
esemplare, virtuosa.
Come rende le qualità del padre?
Attraverso dei riferimenti ad altre figure storiche esemplari: “É buono come questo
imperatore … è forte come questo personaggio … è un condottiero come questo
cavaliere…”
Da 34° a 40° → incontro di Don Rodrigue che parla e la morte.
La morte parla con Don Rodrigo e gli enuncia: “Non temere per quello che stai per
affrontare, perché la vera vita non è quella che hai vissuto ma è quella a cui stai per
accedere e questa vita si può guadagnare solo con azioni virtuose o religiose, con le
guerre giuste e cavalcando gli ideali giusti”. In queste prime strofe in cui la morte
parla, abbiamo una relazione tra vita terrena come specchio di quello che sarà,
come connessione totale con la vita eterna e condanna tutte le azioni che non sono
virtuose.
Tre versi, i più famosi: “Sulle nostre vite i fiumi, che vanno a dare nel mare, che è il
morire”.
La vita come un passaggio, l’idea dei fiumi che vanno verso il mare → èun'immagine
biblica.
È questa l’idea: la vita solo come passaggio che porta alla vita vera (ultraterrena).
Manrique riprende questa visione ma le virtù e le qualità che elenca e rappresenta
in quest’opera ci fanno capire che dietro i “trabajos, las aflicciones, las oraciones”
c’è un ideale etico e civile (molto più moderno della semplice “retta via”).
C’è un concetto che rappresenta l’idea della morte livellatrice che annulla tutte le
differenze della vita.
La morte riconcilia, livella: tutti i fiumi vanno al mare, i più grandi e i più piccoli,
nonostante la differenza d'acqua che ogni fiume contiene.
Altro topos: “Ubi sunto?” è una domanda: “dove sono quelli che furono in questo
mondo prima di noi?” Che ne è stato dei personaggi, degli eroi, dei miti?
Ragionare sulle persone che hanno vissuto prima di noi ci consente di paragonare le
nostre vite alle loro.
Manrique ragiona partendo da questo topos sulle figure della storia di Spagna e le
mette a confronto con le qualità del padre.
C’è una duplice carrellata degli episodi del passato:
 Ci spiega perché la vita è vana e perché le azioni degli esseri umani
spariscono con la morte
 Figure esemplare (ubi sunto?) dove sono tutti i personaggi del passato ultimo
elemento importante:
Jorge rielabora la materia che viene prima di lui ma non in modo servile, non segue
in tutto e per tutto le fonti da cui egli prende.
I plantos e tutti i generi che raccontavano la morte avevano spesso un tono
macabro (spesso la morte veniva rappresentata con la falce, con lo scheletro che
arrivava spesso con delle fattezze un po’ comiche).
Nonostante egli si rifaccia ai plantos, non prende questa visione della morte come il
genere a cui egli si rifà.
Egli non rappresenta la morte in questo modo, per lui la riflessione sulla morte è
seria, epica, anche la morte parla con un tono solenne.
Dal punto di vista metrico, il metro delle Coplas di manrique è: la “copla de pie
quebrado” detta anche “Coplas de Jorge Manrique”.
I primi due versi sono ottosillabi (8 sillabe), il terzo e il sesto verso sono tetrasillabi (4
sillabe).
Il verso o la forma metrica delle coplas è la doppia sestiglia del pie quebrado, in arte
minor.
Lo stile si capisce già dalla prima strofa: usa spesso lo stile dei sermoni, vuole far
capire con delle spiegazioni chiare ciò che sta raccontando e molto spesso alla fine
delle strofe mette delle sentenze.
prima strofa → si riferisce al lettore o da indicazioni su quello che dovrà succedere.
Nota 1: “recuerde”, viene adattato a questo esordio all’esortazione di san Paolo
“destati tu che dormi e sorgi dai morti”: qui Manrique prende da una frase biblica.
“Sorga l’anima assopita, si vesti e ravvivi il senno”: comincia da questo invito a far
risorgere l’anima assopita dagli affanni della vita, inizia una riflessione: su “como se
pasa la vida, como se viene la muerte tan callando” → come la morte arriva in modo
silenzioso.
Nel verso 7: “Cuán presto se va el placer; cómo después de acordado da dolor” ,
nella nota è presente Inferno canto V → Dante chiede a Francesca di spiegargli come
si è innamorata di Paolo e lei gli risponde che non c’è nessun dolore più grande di
ricordarsi dei tempi felici nella sfortuna.
Qui Manrique cita il V canto dell’inferno e dice come rapidamente il piacere se ne va
e come fa male quando ce lo ricordiamo nel tempo di sfortuna.
Nelle prime riflessioni sulla morte parte da una citazione biblica e una di Dante.
C’è sempre una sentenza: “cualquiera tiempo pasado fue mejor” → “ogni tempo
passato sia meglio di quello che ci resta da vivere”
- Dà delle spiegazioni,
- contempla come si fa qualcosa
- e poi dà una sentenza.
Seconda strofa Nadi-nadie: Fenomeno metrico = apocope.
C’è una relazione tra presente, passato e futuro.
C’è una citazione tra le “confessiones” di Agostino → riflessione più grande sul
tempo dell’esistenza.
Altra sentenza posta a fine strofa che rimanda al tema del passaggio della vita:
“porque todo ha de pasar por tal manera”.
terza strofa strofa della morte riconciliatrice/ livellatrice: citazione biblica.
“Nuestras vidas son los rios” = “tutti i fiumi scorrono a mare, ma il mare non
trabocca mai”.
Tutti i fiumi scorrono verso l’eternità: è ciò che dice la bibbia. Egli cita questa frase
biblica e la collega alla tematica della morte livellatrice.
Fa anche riferimento ai ricchi e ai poveri, a coloro che sono più potenti e a coloro
che lo sono meno.
Ritorna nella seconda sestina il riferimento dei fiumi “li sempre nel mare, ci vanno i
fiumi principali, ma anche i torrenti, i più piccoli, una volta arrivati giunti sono
uguali”.
Nelle strofe ci sono due tradizioni filosofiche sulla morte.
Quinta strofaRappresentazione della morte dalla parte degli storici (vedere la
morte senza affanno/ peso/ preoccupazione).
Ottava strofa C’è un ideale di morte cristiano in cui tutte le azioni sono vane.
C’è la condanna di tutto quello che è mondano, il mondo terreno è traditore rispetto
all'eternità.
Come Jorge costruisce gli esempi che dimostrano ciò che ha detto sulle prime strofe
sulla morte (l’idea di morte che ci dà è che tutte le azioni sono vane, non possiamo
far altro che affrontare la morte con coraggio, la morte ha diverse caratteristiche:
tutte le nostre vite sono un fiume).
Cosa ci dice Manrique?
“Però non vi racconto cose di storie troppo antiche, poiché queste storie sono
troppe lontane da noi. Io vi racconto storie che sono vicine ai nostri tempi”.
Non fa riferimento a mitologie/ storie passate ma ad avvenimenti vicini alla nostra
storia.
Strofa 15Ragioniamo su ciò che è successo ieri, dato che lo stiamo dimenticando
così come abbiamo dimenticato quei fatti antichi.
C’è la volontà da parte di Manrique, di parlare della storia vicina ai suoi temi, poiché
vuole dire al lettore come la pensa su determinate storie.
Strofa 16Parte dalla vita dei reali e poi va su elementi di vita quotidiana. Fili
d’erba che vengono spazzati dall'aratro o dal vento, cose futili. Paragona le esistenze
dei grandi di Spagna a dei fili d’erba. Fa riferimento alle zolle di terra “eras” (che
significa sia zolle di terra su cui si coltiva sia dove si svolgevano i tornei), le vite di
questi signori sono svanite così come il terreno che ha ospitato e tessuto le loro
gesta.
Strofa 25 Ingresso di Rodrigue: inizia a narrare le gesta del padre.
Strofa 26 Inizia la lode delle qualità di Don Rodrigo.
Strofa 27 Queste qualità vengono rappresentate dai personaggi della storia.
Dialogo tra la morte e don Rodrigo → risposta di Don rodrigo.
Strofa 38Don Rodrigo accetta la morte, ma tiene insieme le due concezioni di
morte. Accetta storicamente la morte, senza temere la morte, ma la accetta con
coraggio come volontà di Dio.
Dopo aver accettato il suo destino, si presenta a Gesù Cristo e chiede di essere
perdonato dei suoi peccati.
Partendo dal fatto che Gesù Cristo ha incontrato la materia dell’uomo peccaminosa,
quella mondana e l’ha resa divina.
Strofa 40 don Rodrigo lascia la sua anima.
La strofa si conclude con “memoria” = l’obiettivo di Manrique.
23/03/2022
Re Cattolici: Isabella di Castilia e Ferdinando D’Aragona.
3 fase: fine 1400 inizi 1500.
Con l’unione dei due regni, Aragona e Catalona, ci sarà un’unione territoriale nel
1479 e, nel 1492, la conquista di Granada. Ci sarà, inoltre, anche una cessione dei
territori nel 1493 e delle annessioni nel 1512. Così si comincia a instaurare una
condizione di potere più moderna.
Avremo, poi, l’unificazione religiosa e, nel 1480, la creazione dell’Inquisizione.
Nel 1492 abbiamo la scoperta dell’America e la cacciata degli Ebrei da uno stato
molto più intollerante e una nuova cultura religiosa.
INNOVAZIONI CULTURALI I re avranno un ruolo enorme nello sviluppo delle
innovazioni.
1. L’utilizzo della cultura per la gestione di potere (propaganda di corte e
condizione di potere)
2. Nobiltà grande e piccola va acculturata.
3. Università Spagnole avranno personalità importanti come ANTONIO DE
NEBRIJA
4. Stampa come un’industria più strutturata. Opere di alto livello, ma, con il
tempo, stamperanno di tutto.
5. Il continuo utilizzo dell’oralità.
6. 1480 Cortes di Toledo consente (?) la stampa di opere straniere. Verranno
stampate delle antologie poetiche (Cancioniero/cancionieri) antologie dei
testi poetici con temi d’amore di ispirazione cortese. Letta per
intrattenimento della corte fatto per gente colta.
1470-1500 la concezione di cancionieri diventa più complessa, virtuosissimi concetti
linguistici.
La tematica cortese diventerà la cancioneria che si basa sui giochi di immagini e di
parole.
Erano già presenti Cancionieri Spagnoli copiati a mano ma questa pratica “esclusiva”
diverrà un’attività diversa per via della stampa dei Cancionieros, queste opere
saranno commercializzate.
IL CANCIONIERO GENERAL RECOPILADO POR ERNANDO DE CASTILIAFatto da
Cristabol Koffma emperasor di Valencia 1511.
Per circa 20 anni raccoglie le migliori poesie del tempo.
Vari copisti copiano le poesie passandole ad altri copisti, aggiungendo altre poesie.
Quindi collettiva l’opera general.
Ci sono 3 tipo di argomentazioni:
1. Autore
2. Genere metrico
3. Matrice
Da vero 55 a 65 parla dei criteri.
L’ordine (cose di devocion e moralidad) e poi opere burlesque. Dichiara i criteri di
materia religiosa e burlesca, non rispetta le decisioni sulle raccolte, confondendosi,
trovando opere burlesque negli autori.
Quest’opera avrà un successo enorme, verrà ristampata molte volte e in città
differenti. Ernando De Castilia fa le prime 5 versioni (1527/1535) verranno aggiunte
le coplas di Manrique, anche se avevano già avuto successo, ma, diffondendole con
la stampa, le figure retoriche utilizzate nell’opera erano sfruttate nel tempo come
uso ingegnoso.
Per i nobili cercavano la moda che la verità di esperienze, se erano accadute o no,
quindi erano una moda asociale, solo per i nobili.
LA METRICA Canciones, Romances, impresiones letra de Gustadores.
Canzone a strofa singola- Cancion de copla esparsa ma non sono maggioritari, con
versi in ottosillabi (di utilizzo e lettura per spagnoli).
Poi strofa in dodiciottonari divisa in 3 momenti:
1. Cabeza
2. Medonza
3. Vuelta |Verso da 0 a 10 pag 71|
Concetti positivi e la iterazione da costruzioni parallele e polistato (stessi lessemi
sono usati con una flessione differente).
Abbiamo le Glosas che sono:
1. Testi che incorporano dei versi di altre poesie.
2. Testi che partano da poesie preesistenti e ne seguono la struttura metrica.
3. Motti (morali e sentenziosi).
4. Domande e risposte tra poeti.
5. Invenciones come Imprese, testi ricavati sui vestiti delle dame di corte, sulle
armi e sulle bandiere.
6. Villancicos, un genere popolare senza tempo. Ci fa notare:
 Tra le forme di intrattenimento più innovative ci sono temi e generi di
origine più popolare.
 Le classi nobiliari mostrano interessi di questo genere popolare
 Raccolta e conservazioni di testi popolari.
 Molti poeti colti imitano i generi e temi popolari, poeti che imitano solo
temi e personaggi ma con una lingua più elevata.
24/03/2022
Negli stessi anni in cui viene stampato il Cancioniero General si genera il
manoscritto: Cancioniero musical di palacia, racconta tutto il repertorio musicale
della corte in spagna. Infatti, nel manoscritto, troviamo anche quali note
accompagnavano le parole.
Troviamo all’incirca 150 musiche di canzoni popolari: dal punto di vista musicale
venivano suonate in molte occasioni.
TESTO 4 (dispensa)  l’ottosillabo cadenza la musica: ogni sillaba corrisponde ad un
tono.
La strofa viene costruita dall’autore.
Su un argomento costruisce un Villancicos: prendere le vecchie canzoni, incorporarle
e avere un testo nuovo. Suona come una canzone popolare per via delle note.
La materia popolare entra nel genere colto.
Villancicos e altri testi che ricordano i generi popolari non sono divulgati solo con il
cancioniero, ma anche in altri modi.
Li troviamo nei Pliegos Suertos, erano piccoli opuscoli, fatti di un solo foglio e
piegati. Erano anche chiamati Pliegos De Corde, perché venivano messi su delle
corde per essere venduti. Costavano poco e, di lì a poco, diventeranno la prima
forma di stampa intesa in termini di periodismo.
Le canzoni popolari le troviamo anche in altre opere letterarie. Ci sono intere scene
dove i personaggi le cantano.
POPOLARE NON VUOL DIRE FATTA DAL POPOLO.
Sono fatte da persone che hanno un minimo di cultura, ma, sono accessibili a tutti e
parlano di argomenti popolari (del popolo).
Si trasmette oralmente, quindi le versioni possono cambiare. Esistono, infatti, tante
versioni diffuse, sia dei Villancicos sia delle canzoni.
Perché le classi più colte si interessano alla cultura popolare?
Dato che la poesia concionerie diventa una specie di codice, la poesia popolare
diventa una nuova moda che cambia vecchi codici.
Abbiamo l’ordine immaginario/filosofico con Margitte Frank che definisce l’Anelo lo
Natural.
ANELO A LO NATURALCi dice che l’elite culturale tende a ricercare le radici della
cultura spagnola. Per questo la materia popolare era perfetta per recuperare quelle
radici.
Negli ultimi del 400 e gli inizi del 500 è ancora un processo che si sta generando
(infatti ce ne sono pochissimi).
A metà 500 i poeti colti faranno dei veri e propri testi popolari.
ROMANCERO/ROMANCES (raccolta di romanzi=romancero) Sono di genere
popolare.
Rimandano a un altro tipo di poesia, la poesia narrativa antica.
Genere poetico fatto di ottosillabi che rimandano in assonanze con versi pari.
ORIGINI: affinità con l’epica, tanti studiosi ritengono che siano estrapolati dai
Cantares de geste, presi e trasmessi separatamente. Per altri sono produzioni
indipendenti.
Temi:
 Storici e noticierius (notiziero), raccontano eventi storici, quando questi sono
vicini al testo (alla data) vengono chiamati noticieros.
 Epicos, di materia epica.
 Liricos o novelescos
Stile: essenziale senza ornamenti retorici
 Naturale (linguaggi semplici).
 Drammaturgico (dialogo).
 Intemporali (può essere successo in una qualsiasi epoca della storia) come se
fossero legati ad un contesto senza tempo.
 La narrazione inizia in medias-res (nel mezzo della storia).
 Spesso utilizzavano un linguaggio formulare.
Romancero Viejo (nel cancioniero general si copia una parte del romance e
scrivevano le Glosas):
 Romances antigus tradicionales
 Glosados o imitados
Romancero Nuevo: Artisticos de autor.
Il primo Cancioniero de Romance pubblicato a stampa viene pubblicato ad Anversa
1547.
Costruito da Martin Mucho.
Come ci arrivano?
Cancioniero manoscritti o cancioniero a stampa, soprattutto nei pliegos suertos.
FOTOCOPIA (c’è nella dispensa ma al prof non piace la disposizione dei versi)
Tutto il romance è un dialogo. Romanzo storico che possiamo datare nel 27 giugno
1431 (per date situazioni narrate).
Juan II (segundo) affiancato dal suo alleato moro e vedono per la prima volta
Granada.
Romanzo del confine con la cultura Araba.
La ripetizione di “Abenamar” ci fa capire che c’è qualcuno che si rifersce a qualcun
altro insistentemente.
(vv 1-20) Scambio complimenti tra Juan e Abenamar. Gli arabi per la cultura
cristiana del tempo sono i mentirosos (non dicono la verità) perché credono in un
Dio che non esiste. Ma Abenamar disse a Juan che lui era stato cresciuto da madre
cristiana.
Seconda parte prospettiva straordinaria di Granada attraverso le domande del re
e le risposte di Abenamar. Quest’ultimo ne sottolinea soprattutto il valore.
Il meccanismo di domande e risposte innesca la conseguenza del re di conquistare la
città.
Dicendo Abenamar la verità, essendo cresciuto da madre cattolica, il re si innamora
della città.
Ultima parte Il re si riferisce direttamente alla città. Granada in quel momento è la
personificazione di una donna. Il re, nel romanzo, le fa una vera e propria proposta
di matrimonio rispettando i canoni dell’amore cortese. Granada, però, risponde in
modo negativo, dicendo che lei è sposata al moro (il popolo arabo) che la amava, la
ama e la amerà sempre.
“I romances sono la storia che arriva ad essere arte” Leo Spitzel
29/03/2022

LA CELESTINA:
Autore di quest’opera è Fernando De Rojas.
FERNANDO DE ROJASUno studente, che si trova a Salamanca, per l’università, e
che studia legge. Nel 1497 si imbatte in un manoscritto anonimo.
Non è il solito topos del manoscritto ritrovato, ma succede per davvero.
Il manoscritto in questione era di una commedia, anonima, che narrava la storia
d’amore tra Calisto e Melibea, due giovani di classi sociali abbastanza simili.
La commedia parla del loro amore e si interrompe nel momento in cui una
“ruffiana” sta intercedendo peer farli incontrare.
RUFFIANA Ovvero Celestina.
La ruffiana (o mezzana) è un mestiere: una persona che combina matrimoni. Viene
chiamata spesso da nobili famiglie per unire giovani che non si sono ancora sposati.
Nel momento in cui lei entra in scena si interrompe la storia, infatti, il manoscritto,
ha un solo atto. Fernando De Rojas continuerà a scrivere da quel punto in poi.
In giovane età, a fine 400, De Rojas, si trasferisce da La Puebla Del Monte Alban (suo
paese di origine) a Salamanca, dove segue corsi universitari di legge.
Salamanca, in quel momento, era il centro culturale spagnolo, ed aveva una delle
università più famose d’Europa. In questa università insegnava anche Antonio de
Nebrija (la grammatica). Uno degli insegnanti più importanti di quest’università era
Martines De Madrigal detto El tostado. Lui teneva un corso di poesia ed era il
teorico di una delle più importanti teorie amorose del tempo.
Quella che piace di più è la teoria amorosa del naturalismo, che vede l’amore come
sentimento naturale dal quale non si può sfuggire.
L’università comincia ad ospitare anche intellettuali stranieri.
LE CONOSCENZE CHE AVEVA UNO STUDENTE QUALSIASI FOSSE IL SUO PERCORSO DI
STUDI (quindi anche Fernando):
 Commedie di Terenzio e Plauto, utilizzate per far apprendere il latino.
 Alcuni dei classici Europei, tra cui Petrarca (non con il Canzoniere, che era
un’opera che poteva essere letta per diletto, ma con il DE REMEDUS che
veniva usato per l’apprendimento)
 La Fiammetta di Boccaccio
 Historia de dos amantes di Enea Silvio Piccolomini
La letteratura di quel tempo comprendeva:
 Il libro de Buen Amor
 La poesia di Juan De Mena
 La poesia d’amore cancionerie
 Il De amor di Carcel (?)
Nel 1508 Fernando de Rojas, dopo la laurea come avvocato, si trasferisce a Talavera
De La Reina, dove si sposa con Eleonor Álvares di Montalbán.
Nel 1541, muore. Lascia in eredità alla moglie la sua biblioteca, dove c’è una sola
copia della Celestina. Da questo particolare, possiamo capire che per lui questo libro
era un diletto, una cosa giovanile.
CELSTINAOpera drammatica (teatrale, non sappiamo se è stata davvero
rappresentata, divisa in atti. Mette in scena il tema tipico del romanzo sentimentale,
che però solitamente era in prosa), come se creasse un genere ibrido.
Questo mix lo troviamo anche in altri generi:
 Commedia Latina, una delle fonti più importanti
 Commedia umanistica italiana, che imitava le commedie latine.
 Delle antologie di proverbi e citazioni, infatti troviamo continuanamente
citazioni di Aristotele, Seneca ecc.)
Altre 2 opere fondamentali:
1. De Amore di Andrea Cappellano.
2. Il libro De Buen Amor.
Ultimo testo a cui fa riferimento è: Tratado De Cómo Al Hombre Es Necesario Amar
di El Tostado.
Questi sono tutti i contenuti culturali che utilizza per portare a termine il
manoscritto.
STORIA: l’amore tra Calisto e Melibea. Calisto è innamorato di Melibea ma lei lo
respinge. Allora, Calisto decide di seguire il consiglio di Sempronio, un suo servo, e di
affidarsi ai servizi di questa persona che era famosa per le sue arti. Si propone di
pagare molti soldi a questa signora per avere il suo aiuto.
Celestina, appena entra in scena, fa subito capire di riflettere la descrizione che si ha
di lei nei primi capitoli. In pochissimi atti riesce a mettere su una trama e non sbaglia
un colpo (meno che uno prima di morire).
Per poter lavorare però ha bisogno anche dell’appoggio di Pármeno, alto servo di
Calisto, che la conosce molto bene e ripeterà in continuazione che Celestina è
inaffidabile.
Alla fine, ottiene l’appoggio di Pármeno, come fa?
1. Lui è stato cresciuto da Celestina
2. Innamorato di Areúsa.
AREúSA E ELICIAProstitute al servizio di Celestina, anche se la chiamano madre,
come se fossero le sue figlie.
Celestina promette a Pármeno, innamorato di Areúsa, di dargliela.
Sempronio, invece, ha una storia con Elicia, ecco perché conosce Celestina.
Riesce a convincere Calisto che le cose andranno bene, ma, il vero capolavoro si avrà
con Melibea. Il suo rifiuto, infatti, si trasforma in innamoramento.
Alla fine della commedia, infatti, Melibea dirà al padre: “Quella signora mi ha
cacciato il sentimento dal petto” le ha cacciato l’amore per Calisto dal cuore.
Celestina, infatti, crea un piano d’astuzia per far credere che l’uno sia innamorato
dell’altro.
ATTO 12 Si ha il primo incontro tra i due protagonisti, hanno delle discussioni
profonde e si danno appuntamento per un secondo incontro.
Pármeno e Sempronio capiscono che Celestina è riuscita nel suo intento e che
Calisto le darà una ricca ricompensa. Questo fa diventare Pármeno e Sempronio
gelosi, quindi, si dirigono da Celestina per prendersi la ricompensa, ma in quel
momento lei dirà che loro due non hanno fatto nulla per meritarsela. Di
conseguenza, uccidono Celestina, per fuggire, si lanceranno dalla finestra e
moriranno.
ATTO 14 Calisto non sa che fine hanno fatto i suoi servi e va con altri due da
Melibea, in quest’atto giace con lei.
Per andare via metterà male un piede e muore per essere caduto dalle scale.
Melibea, disperata, decide di suicidarsi, ma, prima di farlo confessa tutto al padre.
ATTO 16 Plantus di Pleberio, ovver, tutto l’atto si basa sul pianto del padre.

Il testo ha 109 edizioni:


 La prima, a Burgos, è del 1499, viene definita Editio Princeps (a stampa di
note).
 La seconda, a Toledo, è del 1500.
 La terza, a Sevilla, nel 1501.
La commedia è costituita da 16. Lui scriverà proprio da quale parte inizia a scrivere.
1499 ci sono solo gli atti, no paratesti.
PARATESTI portano al testo o ad uscire dal testo.
Alonso de Proanza, un editore, corregge i testi prima di essere stampati, è anche un
poeta, infatti, si trova nel Cancionero).
Sappiamo dai paratesti che ha trovato il manoscritto, che esiste un antiguo (antico)
author, e la diceria che l’autore del primo atto fosse Juan De Mena (si è dichiarato di
no).
CARTA DE L’AUTOR A SU AMIGO Non sappiamo se la lettera è realmente per un
suo amico.
Continua questa storia sia per i lettori (che soffrono per amore) sia per offrire
qualcosa.
Decide di continuarla anche perché la considerava, già dal primo atto, una bella
storia.
Narrava argomenti che sicuramente piacevano ai lettori, ci si potevano ricavare
anche avvertimenti contro persone malvagie, quindi, da quest’opera, si trae
insegnamento.
Ci dice che non sa di chi sia l’opera, ma che sicuramente era un autore con grandi
valori. Dice che, dato che l’antico autore ha deciso di restare anonimo per paura
delle maldicenze, non lo farà neanche lui, essendo lui uomo di legge.
Ci dice da dove in suo lavoro ovvero dove c’è scritto “Fratelli miei” (atto 2.)

La Felicità è l’argomento fondamentale.


Le ottave, invece, sono fondamentali per un altro motivo: leggendo le iniziali di ogni
verso in verticale troviamo l’acrostica.
Noi oggi lo leggiamo come un romanzo ma non lo è, è stato definito un romanzo
dialogato ed un romanzo drammatico. Lo stesso autore, nelle ottave, ci dice che è
una commedia Terenziana, ma, definisce l’opera un ibrido tra romanzo dialogato e
opera teatrale.
Perché muoiono tutti? Per avere una morale, ovvero il mondo è cambiato, però, chi
segue il mondo malo finisce male o solamente il mondo è cambiato?
Abbiamo 2 teoria contrastanti.
MARCELL BATALION Dice che la Celestina è in qualche modo un’opera positiva,
possiamo leggerlo come un insegnamento didattico cristiano, ovvero, non seguire il
mondo corrotto altrimenti si può finire male.
GILMANDice che non crede in questa specie di insegnamento ma ci da una visione
pessimistica che, secondo lui, sarebbe legata all’origine ebraica di Fernando De
Rojas. Questa visione la dimostra dicendo di leggere il pianto del padre e vedere se
c’è davvero la salvezza divina.
Dal prologo e gli insegnamenti che l’opera vuole dare vanno bene entrambe le
teorie.
(PROF PREFERISCE GILMAN ANCHE SE ALL’INIZIO ERA PER BATALION).
30/03/2022
Dalle stesse parole dell’autore capiamo che l’atto 1 condensa tutto ciò che c’è scritto
nel manoscritto antico.
Fernando De Rojas riesce a saldare perfettamente due opere di due autori diversi.
OTTAVE INTRODUTTIVE troviamo il nome dell’autore
Qui ci dice che ha finito la storia di un manoscritto già iniziato.
PLANTUS DI PLEBERIO Troviamo l’immagine caotica del mondo.
Pleberio fa capire che questa storia, non solo gli fa aprire gli occhi sulla figlia ma
anche sull’ordine del mondo.
Perché abbiamo 16 atti ma il plantus è nel 21?
Per la seconda redazione chiamata:
TRAGICOMEDIA DE CALISTO Y MELIBEA Fernando de Rojas cambia la struttura
dell’opera ed anche la storia. La prima edizione la abbiamo nel 1502, ed ha,
appunto, 21 atti. La primera edición castellan conocida  Zaragoza 1507
Tragicomedia e Comedia sono redazioni, mentre le ripubblicazioni sono edizioni.
Cosa cambia?
1. Prólogo en prosa del autor
2. Carta autor a su amigo
3. Octava introductorias de l’autor
4. Octava conclusiva de l’autor
5. Octava conclusiva de Alonso de Proanza
Aggiunge 5 atti, cambia il titolo dell’opera, infatti, fino al 1502 si chiama commedia,
dal 1502 in poi, si chiama Tragicomedia.
La chiama tragicomedia perché, secondo quanto dice nel prologo, i lettori non
trovano il titolo adatto, gli hanno chiesto di chiamarla Trajedia, ma lui ha voluto
trovare un compromesso tra le due e quindi l’ha chiamata Tragicomedia.
Cosa cambia nella trama tra le redazioni?
Aggiunge 5 atti a metà del quattordicesimo atto (scrive una parte di storia che prima
non c’era, dopo la prima notte d’amore).
Ritarda la morte di Calisto, ora è nel diciannovesimo, e gli incontri d’amore
continueranno per un mese.
Qual è l’effetto di allungare quella che era una sola notte d’amore?
Permette a De Rojas di approfondire il sentimento amoroso tra i due e renderlo più
problematico (ripensano, entrambi, a ciò che stanno facendo).
Riflette maggiormente la struttura amorosa in 3 episodi fondamentali (in questi 5
atti aggiunti):
 Monologo di Calisto (atto 14)
 Dialogo tra Pleberio e Alicia, i genitori di Melibea (atto 16). Dialogo che lei
sente casualmente
 Ultimo incontro d’amore tra i due fidanzati (atto 19)
1. Nel monologo comincia a riflettere sulla perdita di onore di Melibea. Per colpa
di Calisto sono morti Celestina, Sempronio e Páemeno. Calisto si sente in
colpa e si rende conto che la donna che ama non è più una “divinità” e sono
morte delle persone.
2. Melibea e Lucrecia origliano il dialogo dei genitori. Si basa sui progetti futuri
per la figlia. Melibea, parlando con Lucrecia, dice di stare male e che il tipo di
matrimonio che i genitori sperano per lei non è più tra le sue scelte (avendo
perso i suoi valori per aver passato notti d’amore con Calisto). Appunto lei
aveva scelto di vivere l’amore come godimento.
3. Aggiunge una frase, detta da Calisto, che ci fa capire che in lui stanno
diminuendo passione e sentimento nei confronti di lei: “Lasciami signora mia
che mi aspettano” (i suoi servi lo aspettano). Rispetto l’innamorato delle
prime pagine è una frase abbastanza forte.
Aggiunge nuclei tematici nuovi:
Le “figlie” (prostitute) di Celestina: descrive in che modo le due ragazze vogliono
vendicarsi della morte dei tre e vogliono uccidere Calisto. Ingaggiano Centurio
(personaggio nuovo), un sondaggio inaffidabile, ma, lui non vorrà questa
responsabilità e manderà i suoi 2 scagnozzi, i quali, distraggono i due servi di
Calisto e, di conseguenza, non mettono la scala e Calisto cade e muore.
Centurio diventa in qualche modo la nuova Celestina e porta avanti la trama.
Nel prologo torna sui commenti dei lettori, lima le imperfezioni nella seconda
redazione.
PROLOGO Comincia con una citazione di Eraclito “Tutte le cose sono create
secondo la battaglia” in forma di scontro.
Ci da esempi di tutto l’universo descritto come una battaglia di tutti gli elementi
gli uni contro gli altri.
Il prologo da subito una lettura forte di ciò che andremo a trovare nel libro.
Alla fine del prologo ci dice “così come tutte le cose sono create in forma di
battaglia, anche quest’opera è basata su battaglie gli uni contro gli altri.
Dice che l’antico autore l’aveva chiamata comedia, lui, vedendo queste discordie,
anche sul titolo decide di fare una modifica e chiamarla Tragicomedia.
Perché ha aggiunto 5 atti? I lettori volevano sapere di più tra i due amanti.
TEMATICHE Amore e profitto. Sono due temi collegati, l’amore viene
abbassato a livello di merce scambiabile. L’amore tra i due diventa oggetto di
scambio.
All’inizio dell’opera ci dà la sua concezione dell’amore.
All’inizio Calisto si muove come un amante cortese.
ATTO 1 Calisto chiede a Sempronio di cantargli la canzone più triste che lui
conosca, lui gli canta uno dei più antichi romanzi (Nerone che vede Roma in
fiamme). Inoltre, rimprovera Calisto di sottomettersi alla donna, lui gli risponde
che non è una donna ma Dio. Sempronio allora ribatte che paragonare la donna a
Dio è abominevole (spiegazione di un passo della bibbia dove dio fa del male agli
angeli?)
Dopo questa frase ridono entrambi, non dell’episodio biblico ma sbeffeggiano e
parodizzano l’amore cortese che rende le donne divinità.
Ridono di quel comportamento che nobilita la donna fino a farne un puro
oggetto di contemplazione spirituale e venerazione.
Per i due, questo comportamento è un’assurda pretesa, dietro la quale è pronto
a rispuntare l’antico e naturale istinto che fa della donna l’oggetto fisico con cui
soddisfare il desiderio sessuale.
Si mette in dubbio e si corrode l’intero codice culturale-sociale-letterario.
Ci dice che quel mondo di scontro viene attaccato con la comicità.
Nelle prime pagine troviamo tutti condensanti i valori dell’amore cortese fino alla
risata.
VALORI:
1. Idealizzazione e divinazione della donna (Sin duda […] cumplirs, atto 1,
scena 1)
2. Distanza tra soggetto amante e oggetto amato (En […] inmérito, atto 1
scena 1)
3. Passione intesa come puro desiderio, destinato a rimanere senza
appagamento (¿Quien […] tuyo, atto 1, scena 1)
4. Segretezza nella quale deve essere vissuta la passione stessa (y e tan
conveniente […] pudiese, atto 1, scena 1)
5. Sofferenza mortale del sentimento amoroso concepito anzitutto come
sentimento di privazione (Más […] causar)
Gli ideali vengono smontati in tutta la commedia, grazia alla forza corrosiva della
comicità.
COMICITA’ Aggressione ad una determinata norma morale o convenzione
culturale, ovvero, quello che fa Fernando De Rojas.
Si accompagna a quest’aggressione la difesa del disvalore ad essa collegata. Non
solo per la risata, ma, Calisto, diventa il peggiore degli amanti egoisti. Nel suo
atteggiamento mostra l’idea che Melibea sia solo una donna da portare al letto.
La letteratura, però, era il luogo in cui la donna veniva venerata.
Ciò che porterà all’amore cortese è la venerazione della Madonna.
Questo sentimento lo troviamo espresso da Calisto stesso, infatti, paragona Melibea
come un pezzo di carne che va gustato.
Alla fine dell’opera abbiamo la subordinazione totale di Melibea.
ATTO 14 Melibea frena l’ardore di Calisto, gli dice di godere solo di ciò che vede,
PROVA a fermare Calisto, allora lui cita una la metafora biblica del naufrago che
deve arrivare a buon porto. Melibea tenta ancora di fermarlo ma Calisto le dice che
prima non poteva nemmeno avvicinarsi al suo vestito, ora, invece, può averla, quindi
perché fermarsi ed aspettare ancora? Per soffrire di nuovo? A questo punto Melibea
caccia Lucrecia ma Calisto le dice di non farlo. Melibea sarà portatrice sia di valori,
sia di disvalori.
Possiamo notare come si siano smontati tutti i valori dell’amore cortese che
troviamo nel primo atto.
31/03/2022
Melibea: cosa prevederebbe il codice cortese per lei? Salvaguardare l’onore proprio e
della sua famiglia. Questo veniva esercitato rinunciando a qualsiasi forma di
desiderio o appetito sessuale e sentimentale, si trattava di rinunciare anche a
qualsiasi pensiero.
Nelle prime pagine sembra seguire perfettamente i codici dell’amore cortese e gli
atti che la società gli impone.
ATTO 1 Melibea respinge in malo modo Calisto. Marca la distanza tra di loro, una
distanza incolmabile.
“Come ti permetti di parlarmi o pensare che io possa avere un qualsiasi tipo di
rapporto con te?
Vattene io non posso tollerare che qualcuno si possa permettere di comunicare un
sentimento illecito avanti ai miei occhi”
Anche Melibea, quindi, si fa portatrice di valori che non rispetterà, anzi, lei stessa li
smonterà.
ATTO 19 Asservimento totale rispetto il primo atto e ambiguità nel linguaggio che
non è per nulla tipica.
ATTO 10 Melibea si lamenta delle pratiche culturali e sociali del suo tempo con
Celestina.
Non vuole un estraneo nel suo letto perché per lei ora Calisto è l’unico consono.
Ormai, per lei, il matrimonio con un estraneo è diventato disvalore.
AZIONE DI CELESTINA: Si deve passare al tema del profitto, ovvero, l’unico ideale
che, per lei, conta.
Amore e profitto si incrociano spesso e, in alcuni tratti, l’amore sarà qualcosa da
barattare.
ATTO 1 Celestina e Pármeno. Celistina, anche se vecchia, riesce a sentire cioò che
dice Pármeno su di lei.
Quando si trova da sola con lui cerca di farlo passare dalla sua parte dandogli tanti
motivi per farlo.
Inizialmente gli dice di tornare alla ragione (sta sbagliando a non fidarsi) dove puoi
trovare miglior riparo se non dalla persona che l’ha cresciuto? La persona alla quale i
suoi genitori si fidarono di lasciarlo? Di non seguire una sciocca realtà, di non essere
leale in modo assoluto per qualcuno di inaffidabile (Calisto) ma perché? Motivi:
critica alla nobiltà, i signori sono inaffidabili. Guadagnati gli amici (persone durevoli)
non ti accontentare dei fiori, prendi i frutti (sta minando la sua fiducia in Calisto). I
signori è come se distruggessero i loro servi, a loro fanno promesse vuote e vane, li
trattano come carne da macello. I signori pensano solo a loro stessi, quindi
dovrebbero anche i servi. L’errore non è del nobile, ma del servo, che segue un
signore che si approfitta di lui.
Così Celestina convince Pármeno ma la vera carta di scambio sarà Areúsa.
Concetto di profitto che ha Celestina: profitto al quale tutti possono accedere e
ottenere (inteso anche come egoismo).
La forza del profitto mina uno dei cardini della società feudale. Ovvero la fedeltà per
il signore: Celestina “invita” Pármeno a tradire il proprio padrone.
Per ottenere questo profitto, per Celestina, ci vogliono delle competenze, come
fosse un vero e proprio lavoro.
Come capiamo che per Celestina il mestiere di Ruffiana sia un lavoro vero e
proprio?
Dalla descrizione che fa Pármeno di Celestina.
Nella prima sezione Pármeno non fa altro che ricostruire le voci che si sentivano su
Celestina in tutti i luoghi e la consideravano una Puta Veja.
Quando Calisto lo zittisce P dice che lei stessa si considerava così e che tra 100
donne se uno dicesse Puta Veja lei si girerebbe, come se se ne vantasse. In poche
parole, tutti sanno che si parla di un essere spregevole.
Nella seconda sezione P dice anche perché lo sa, è stato cresciuto da lei ed ha fatto
anche dei lavori per lei quindi sa come procede.
Descrive ciò che Celestina fa (le sue attività). Si ricorda perfettamente ciò che faceva
perché essendo piccolo la vecchiaia non ha influito. Dice che vive in una casa
diroccata. Aveva 6 “uffici” cucitrice, profumatrice, maestra dei trucchi, ricostruisce la
verginità, mezzana (ruffiana) ed anche un po’ maga. Il primo mestiere è quello
ufficiale ma, quando i clienti entravano sapevano di poter avere altri servizi.
A queste 6 attività segue la descrizione della cassetta degli strumenti che usa (tra cui
le pozioni).
P ci fa capire come lavora, cosa fa.
I suoi strumenti interessavano a molti, infatti venivano scritti anche nei pliegos, dove
si poteva trovare anche il testamento di Celestina, dove li lasciava alle sue “figlie”,
questo ci fa capire come per lei fossero una dote, infatti, grazie a questi strumenti, si
guadagna da vivere.
ATTO 12-Celestina dice, ti sei fidato davvero di quello che che avevo detto? (che
tutto ciò che guadagnava lo divideva con P e S) ma non aveva nemmeno avuto
granchè.
Poi cambia argomento e dice che l’ha dato ad Elicia e non sa nemmeno dove lo ha
messo. (la collana d’oro)
Fa un confronto tra lei e gli altri (di paga e responsabiltà) sintesi di tutto ciò “Io
faccio questo per lavoro, non per diletto come voi”
Questo è l’unico errore che fa Celestina, per guardare a suo profitto non nota che i
due sono più affamati di lei, quasi istigati da lei stessa.
ATTO 5 Celestina invoca il diavolo e gli ordina di darle una mano per risolvere il
conflitto con Melibea, infatti, all’inizio, Melibea si arrabbia che questa donna sia
entrata in casa sua nominando Calisto. Infatti, dirà “Grazie a Satana è andato tutto
bene”. In questo passo di ringraziamento ci sono 2 elementi importanti:
1. Appoggio di Satana (quello che ha ottenuto da Melibea grazie alle doti
magiche)
2. Satana, se è intervenuto è perché lei è bravissima in quello che fa.
De Rojas lascia comunque ambiguità, non capiamo se è davvero una maga o no,
anche perché non ci saranno più riferimenti alla magia o a Satana.
ATTO 6 Celestina smonta sia fedeltà sia amore cortese e lo vediamo nella
discussione con Areúsa (Bendigate Dios […]). Deve convincerla a stare con Pármeno
(non solo fisicamente), la invita a godere della sua gioventù.
Non conservarti, non essere avara di ciò che ti è stato donato perché la tua natura è
comunicabile e condivisibile come il denaro
In questo momento abbiamo la degradazione più bassa dell’amore, perché sia
l’amore, sia i sentimenti, sono diventati come il denaro.
Invito a comunicare ciò che in teoria non lo è.
Celestina incorona la duplice forza corrosiva di Fernando De Rojas, distrugge ideali
d’amore e la società che viene minata dal profitto.
05/04/2022
CONTESTO STORICO CULTURALE Nel 500, in Spagna, si afferma l’impero con 2 Re
Carlo V e Felipe II
Il periodo dei re cattolici è un periodo preparatorio, infatti, la Spagna non era una
potenza che si trovava al centro dell’impero, e, questo periodo, la prepara alla
costruzione dell’impero.
Questo periodo di massima egemonia politica coincide con il periodo di massimo
splendore culturale. Viene chiamato SIGLO DE ORO (periodo d’oro della letteratura
spagnola), un periodo simile all’ETA DE LA PLATA (900)
SIGLO DE ORO Va dall’ascesa al trono di Carlo V in Spagna (1516) fino alla morte
di Calderon (1681). Questo periodo viene detto anche SIGLOS DE ORO perché è
compreso tra due secoli.
Ma come diventa un impero se è in una continua lotta tra paesi e Nobili? Dipende
da una questione Dinastica, infatti, Carlo V è nipote di 4 reali che posseggono mezza
Europa.
EREDITA’:
 Borgogna (nonna paterna)
 D’Asburgo
 D’Aragona
 Castillia
Carlo, ovviamente, non si ferma solo alle eredità, ma, da solo, conquisterà il
milanecato.
Troviamo anche una differenza di gestione.
C’è una divisione tra Austrias Mayores e Minores.
Mayores:
 Carlo V
 Felipe II
Minores:
 Felipe III
 Felipe IV
(sono sempre imperatori con un territorio enorme, ma, con problemi di gestione.)
In Spagna c’è un grande sfarzo della corte, ma, condizioni pietose della gente
normale.
Abbiamo 2 fasi:
1. 1516-1556 (Carlo V)
2. 1556-1598 (Felipe II)
1. In spagna si seguono le direttrici classicheggianti in tutta Europa (accoglie
in modo massiccio i modelli classici del Rinascimento).
Accoglie i modelli stranieri, soprattutto quelli italiani, che, diventano
egemoni. Abbiamo la presenza di un filosofo fondamentale: Erasmo da
Rotterdam. Impregnano sia le teorie, sia la cultura, si il modo di pensare.
(Cultura e Religione).
2. La cultura spagnola viene condizionata da teorie controriformiste (Che
arrivano con la controriforma di M. Lutero) e, in qualche modo, si
cristianizza. Cultura e letteratura non avevano più tanta dipendenza dalla
religione, ma, il fatto che debbano rievocarla ci fa capire che fosse un
periodo particolare. L’amore erotico, sentimentale diventa amore divino,
non scompaiono Rinascimento e Umanesimo, ma, sono presenti con
l’ascetica e la mistica, le quali diventano generi editoriali a tutti gli effetti.
Venivano, infatti, pubblicati anche i Sermoni dei preti.
CI SONO CARATTERISTICHE OMOGENEE E DI LUNGA DURATALa letteratura che
era una forma culturale e che aveva come primo obbiettivo l’insegnamento, diventa
sempre più indipendente dall’obbiettivo di insegnare qualcosa. Diventa qualcosa di
serio.
Perché si comincia a consentire ciò? Perché diventa sempre più di alta qualità, inizia
ad avere una complessità maggiore, appunto diventa qualcosa di serio.
Cosa cambia? Accoglie la mitologia classica, accoglie i mondi più trattati della
letteratura classica (mondo pastorale). Comincia ad applicare delle regole retoriche
(ad esempio come deve essere composto un sonetto o un romanzo), e, soprattutto,
accoglie le regole di Aristotele e Orazio.
Un cambiamento epocale lo assume anche la forma della poesia. Il solo utilizzo
dell’endecasillabo consentirà di raggiungere una maggiore proiezione.
A questi cambiamenti culturali si accompagna un elemento fondamentale, attuale in
tutti i paesi europei: LA RIFLESSIONE SULLA LINGUA.
RIFLESSIONE SULLA LINGUA Riuscire a trovare un codice linguistico comune e un
modo in cui viene usato per la scrittura letteraria. In Spagna la questione è simile.
Uno dei maggiori problemi che ha la spagna è: non scrivere bene il latino. Loro,
infatti, non parlavano e non scrivevano lo stesso latino, questo perché ci sono dei
condizionamenti arabi nel loro latino. Le prime polemiche linguistiche elaborate in
Spagna sono sul latino.
ANTONIO NEBRIJA Professore di Grammatica all’università di Salamanca, è
iniziatore di una grande questione, prima sul latino e poi sullo spagnolo. Riesce a
rendere chiaro, ai re cattolici, che in spagna hanno un latino diverso.
A lui si deve il primo progetto politico per quanto riguarda la lingua.
Quando vanno a fare le ambascerie non capiscono bene cosa gli dicessero.
Se non sanno leggere bene le leggi le interpretano male.
Si inizia, quindi, a parlare di lotta contro la barbarie. Questa, come dice lui stesso
nella sua Introduciones Latinae. Nel prologo di quest’opera mette in luce il nucleo
del suo programma linguistico. L’ignoranza della lingua latina è la prima causa della
decadenza spagnola.
Non conoscere la lingua latina implica che tutta una serie di conoscenze note in
latino (scienza, teologia, diritto, medicina) erano ad uno stadio primitivo in Spagna.
Mette al centro del percorso formativo del tempo la conoscenza della lingua.
Obbiettivo: Grammatica e conoscenza affidabile della lingua al primo posto.
Questo è legato alle pratiche dell’umanesimo (ritrovamento dei classici, ma, in
spagna, non li sanno leggere).
PROLOGO (PG 6 DISPENSA) Dedicato ad Isabella di Castllia, dopo aver elencato le
ricchezze della Spagna (tutto quello che di buono ha e hanno fatto i re cattolici)
Che ce ne facciamo se non conosciamo bene le leggi, la medicina, gli STUDIA
HUMANITAS, che non sappiamo leggere.
Cita Aristotele “Se leniamo l’errore al principio riusciamo a risolvere”.
Questo prologo viene definito: PROLOGO DEL RINASCIMENTO SPAGNOLO.
Perché Nebrija ha questa visione? É stato in Italia ed ha visto come è nato il
rinascimento ed anche il livello di preparazione degli universitari italiani.
Lui dirà che questa guerra contro le barbarie partirà dall’università di Salamanca ma
si porterà ad altri centri culturali spagnoli.
Quest’opera sarà un breve manuale utile ad insegnare il latino ai giovani, infatti,
darà i primi insegnamenti di latino ai giovani, per impararlo e saper leggere i classici.
Questo manuale riscuoterà un enorme successo.
Sempre nel PROLOGO annuncia che seguirà la pubblicazione di Obras De Vocabol,
un dizionario che forniva i vocaboli fondamentali agli studenti.
Negli stessi anni scrive e pubblica una Gramatica de la lengua Castilliana
Capiamo che per Nebrija esistono 2 grandi questioni:
 Sapere bene il latino
 Conoscere la grammatica Castigliana
Questa sarà la prima grammatica, in assoluto, del castigliano, non ebbe successo ma
è comunque un’opera straordinaria, che era riuscite a mettere insieme tutte le
regole di una lingua che era principalmente parlata. Anche quest’opera sarà
dedicata alla regina Isabella De Castillia.
PAGINA 8 DISPENSANon è mai banale, mette in luce che un progetto politico di
unione culturale non può prescindere da una lingua comune.
Nebrija vede molto prima l’unione che devono avere identità politica e identità
culturale. Lui stesso afferma di non avere testi di rifermento perché nessuno ha mai
dato regole per questa lingua.
Primo tassello di un processo di lunghissima durata.
Diventa Filologo di testi biblici (si propone di correggere alcuni testi trascritti della
bibbia che per lui sono tradotti male)
Dovrà difendersi da tantissime accuse.
Partecipa al lavoro della Bibbia Poliglotta. Era divisa in 3 colonne dove i testi biblici
erano scritti in EBRAICO, LATINO e GRECO, ma sarà cacciato perché non sarà
d’accordo con alcuni passi, per lui tradotti male.
Inoltre, nel periodo di Carlo V, i limiti che trovavamo nel Marquese de Santiliana
verranno superati.
06/04/2022
Rispetto agli altri paesi Europei la Spagna è in anticipo.
Solo in Spagna i modelli italiani hanno delle radici fortissime che mescolano e creano
una produzione particolarmente brillante.
Il primo elemento che balza agli occhi è l’utilizzo dell’endecasillabo. Per la poesia
italianizzante, questa, era una scelta di sistema (per la produzione precedente
l’endecasillabo era rarità). Non è una vera scelta metrica, ma abbiamo
l’elaborazione di un endecasillabo che fosse adatto al Castigliano. Si diffonde lo
studio sulle pause e su quali tipi di parole vanno bene in determinate posizioni.
Adesso, quindi, i poeti hanno uno strumento che consente di imitare anche la
poetica italiana (grazie, appunto, ai poeti che studiano l’endecasillabo). Questo
consente anche di individuare tematiche dei modelli italiani.
Così l’amore mutua (inizia ad imitare, si ricava un sonetto simile) quasi alla
letteratura dagli stilemi del Petrarchismo.
Petrarca sostituirà, quindi, Dante come fonte italiana prediletta dagli Spagnoli.
Dante non è più, né modello di lingua né di letteratura, da Bembo in poi saranno
Petrarca e Boccaccio.
In Spagna, con Petrarca, avremo il modello della poesia fatta all’italico modo.
TEMATICA AMORE:
La divinazione dell’amore in questo tipo di poesia italianizzante risente fortemente
delle teorie del neoplatonismo.
Questo prova a risolvere il contrasto tra sensi e ragione, tra spirito e carne. Adesso
abbiamo una prospettiva diversa tra materia umana e materia divina.
SECONDO CARDINE TEMATICO DELLA POESIA ITALIANIZZANTE:
Rappresentazione della natura: natura stilizzata, armonica, in pace. Simbolo di
perfezione, come se fosse un mondo diverso dal caos del reale. Fa sempre da
sfondo, sia nella poesia amorosa, sia nella poesia bucolica.
Nella stilizzazione della natura c’è anche l’elemento che fa capire che in qualche
modo sia legata all’io lirico e, quindi, ai sentimenti del poeta.
AMORE E NATURA SONO I TEMI CARDINALI
Dietro queste due tematiche ci sono le teorie neoplatoniche, che si sviluppano
grazie a Marsilio Ticino.
Cosa impariamo da lui? C’è una relazione stretta tra esercizio poetico e la
conoscenza del mondo. La poesia, ora, può interpretare la realtà e leggere la verità.
Perché le teorie neoplatoniche? Perché Platone sosteneva che gli intellettuali
dovevano collaborare con il potere, il pensiero neoplatonico pensa che la poesia
possa aiutare a conoscere il mondo.
Un altro elemento che cambia è lo statuto delle scritture: cominciano ad avere una
funziona propria e riconoscibile. Gli intellettuali a corte devono saper scrivere
(anche opere che esaltassero i re), parlare ed intrattenere.
Nel 1526 a Granada si incontrano 2 intellettuali: Juan Boscan e Andrea Navagero
(ambasciatore Veneziano).
I due discutono su come scrivere poesie, su come dovesse essere fatto, quali sono i
modelli da seguire. Questo incontro da inizio alla poesia italianizzante in Spagna, da
qui nascerà un intero movimento culturale.
Ce lo dice Boscan stesso in una lettera che scrive alla Duchessa De Soma, ci dice che
non aveva mai pensato di scrivere poesie in italiano, ma, quest’incontro, gli ha fatto
cambiare idea.
Boscan mette anche in luce le difficoltà che hanno gli Spagnoli a scrivere questo tipo
di poesie (tra cui l’endecasillabo).
Dice di averci provato ma che deve a Garcilaso De La Vega il fatto che questo
processo ha avuto un seguito in spagna.
I due (Boscan e Garcilaso) non sono solo gli iniziatori di questo fenomeno letterario
ma hanno anche una forte amicizia. Spesso si incontrano in occasioni cortigiane,
intellettuali e di lavoro condiviso (partivano insieme per delle spedizioni militari, il
loro vero mestiere).
Avevano un rapporto intimo ma il loro destino è unito anche dal fatto che le loro
opere ci sono arrivate insieme, perché, alla morte di Garcilaso le sue opere verranno
donate a Boscan, lui comincerà a lavorare ad un’opera che avrebbe dovuto tenere
insieme sia le sue poesie sia quelle di Garcilaso, ma, nemmeno lui vedrà
quest’opera, infatti, morirà prima. Verrà lo stesso pubblicata nel 1543 con titolo 4
Libros De Obras De Boscan Con Algunus De Garcilaso.
Com’è fatto il libro? Dal 1 al 3 troviamo opere di Boscan, nel 4 di Garcilaso.
1. Componimenti alla vecchia maniera (li possiamo avvicinare alla lirica
cancionerie)
2. Le cose Echas all’italico modo, ha una prefazione, ovvero la lettera alla
duchessa de Soma.
3. Componimenti classici (etici, epistole)
4. Garcilaso De La Vega.
GARCILASO DE LA VEGA Viena da una famiglia illustre (tra i suoi avi c’è il Marques
de Santiliana). La sua produzione letteraria e poetica va dal 1526 al 1536 (solo 10
anni), muore in circostanze particolari.
Non è un militare che deve andare all’attacco, ciononostante, anche se Carlo V
veniva visto male ed estraneo alla spagna, lui credeva molto in lui, quindi si buttava
negli attacchi. In uno di questi va senza elmo ed un masso gigante gli cade in testa,
in quest’avvenimento morirà.
Le sue opere più notevoli sono state scritte dal 32 al 36, periodo in cui sarà a Napoli,
e non a caso la sua produzione di più alto livello sarà questa.
Viene mandato in esilio perché si era sposato senza comunicarlo al re, ma, il vicere
chiederà a Carlo V di non mandarlo in esilio ma con lui a Napoli.
La sua produzione comprende:
 40 sonetti
 5 canzoni
 1 epistola
 2 elegie
 3 egloghe
Possiamo distinguere tre fasi:
 Dal 26 al 29/30 periodo in cui è legato ancora alla vecchia poesia cancionerie
 30-32 periodo in cui assimila il modello petrarchesco e comincia a
sperimentare.
 32-36 poesia napoletana, produzione più matura in cui al modello di Petrarca
aggiunge i classici e i poeti contemporanei soprattutto Sannazzaro e Ariosto.
SONETTO 8 (pg 113) Rappresenta quella che viene definita la teoria
Pneumafantasmalogica una teoria d’amore che prova che nel rappresentare
l’amore e lo scambio di amorosi sensi, anche a distanza, si scatenano degli spiriti che
da anima e corpo degli amati attraverso gli occhi colpivano la persona innamorata, il
solo respiro li contagiava con l’amore. Quando l’uomo, poi, pensa alla donna amata,
i suoi spiritelli iniziano a dare tormento e a ricordare la donna ma non trovandola è
come se andassero in crisi.
Vv. 1-2: Dagli occhi della donna escono spiritelli infuocati, i quali, entrano attraverso
gli occhi dell’amante arrivano fino al cuore.
v. 5: Questo percorso che fanno gli spiriti della donna è opposto a quello che
seguono gli spiriti dell’amante.
Ci fanno capire che la presenza dell’amata portano l’amante fuori di sé perché
vengono chiamati dalla presenza della donna.
Quando lei è assente la immagino nella memoria, i miei spiriti, pensando di vederla
si accendono sulla misura.
Ma, non trovando cammino facile, perché gli spiriti della donna hanno distrutto
tutto, scoppiano non riuscendo ad uscire.
Il sentimento non riesce a trovare l’oggetto su cui manifestarsi e quindi scoppiano.
Quartine: rime abbracciate, presenza e vista della donna amata.
Terzine: rime ripetute, assenza, pensare alla donna.
La struttura delle quartine è perfettamente simmetrica.
Vv 1-3 tragitto verso il soggetto amante
Vv 4-5 versi di raccordo (dove arrivano gli spiriti)
Vv 6-8 tragitto dell’amante verso l’amata (qui gli spiriti riescono ancora ad uscire),
ma, non avrà risultato, perché in sua assenza non riescono ad uscire.
FONTE DEL SONETTOCastiglione, IV libro del Cortegiano, dialogo che teorizza la
figura del perfetto cortigiano. Uno dei personaggi a parlare è Bembo, lui sta
discorrendo su come dovrebbe amare il perfetto amante, dice, in pratica, le stesse
cose di Garcilaso. (pagina 122, troviamo testo riferimento).
Mette insieme la teoria degli spiriti dello stilnovismo e la teoria neoplatonica
dell’amore.
TEORIA NEOPLATONICA

Le cose del mondo e del cielo sono ordinate gerarchicamente dal cielo e dagli astri
fino alla terra, le cose della terra sono legate a quelle trascendenti ma in modo
gerarchico, le cose umane sono elemento che arriva fino ai cieli.
L’immanenza legata in modo stretto alla trascendenza.
C’è sempre la presenza della provvidenza ma le cose del mondo esistono nel mondo,
in una scala più bassa ma porteranno lo stesso a Dio.
12/04/2022
SONETTO 8 Contestualizziamo il passo del Cortegiano, perché, se lo cita, ne vuole
fare un uso particolare.
In questo passo ci viene spiegata la teoria Neoplatonica dell’amore, facendone
parlare a Bembo. Lo fa attraverso il neoplatonismo, il quale aveva come concetto
base la connessione tra terra e cieli come un legame gerarchico.
Il rapporto tra idea e realtà, trascendenza e immanenza, lo dobbiamo portare
sull’amore.
Nel IV libro del Cortegiano si discute su “è appropriato se un cortigiano si innamore
essendo ancora giovane?” Per rispondere si discute su amore e felicità.
Castiglione fa enunciare a Bembo i 5 stadi dell’amore:
1. Desiderio sensuale della bellezza, nei corpi e nei volti degli uomini.
2. Desiderio della bellezza astratta, si allontana dall’oggetto sensibile ma mira a
desiderare la bellezza in sé.
3. Desiderio della bellezza universale.
4. Desiderio della bellezza che non va cercata fuori di sé, ma dentro, che si vede
con gli occhi della mente.
5. Desiderio della bellezza divina, l’unica vera bellezza, la cui contemplazione
comporta il raggiungimento della felicità.
Il testo a cui Garcilaso si rifà sta raccontando questa teoria.
Ma cosa fa Garcilaso? Si ferma ai primi due stadi raccontati, ma che, secondo
Bembo, nel libro, sono quelli da evitare. Quindi gli elementi della teoria amorosa
neoplatonica che Garcilaso riprende sono quelli negativi. Ma, nel testo di Garcilaso
questi aspetti diventano in qualche modo positivi.
Passando alla terza fase della produzione di Garcilaso troviamo le Egloghe.
Nel momento in cui le scrive aveva già scritto un po’ di sonetti.
COS’É UN EGLOGA?  Rientra in un enorme genere letterario definito come
bucolico. Hanno fonti classiche sia latine sia greche (Teocrito e Virgilio). Parlano
soprattutto della vita dei pastori. Questa idea di base di luogo, in qualche modo
separato dalla vita reale, viene elaborata.
Alla base della vita dei pastori, di questo mondo paradisiaco e tranquillo, l’amore è
una delle forze più accecanti e distruttive.
Inoltre, sono larghi componimenti poetici di metro vario. Quella latina è quasi tutta
in esametri, mentre nel periodo dell’umanesimo e del rinascimento l’endecasillabo è
il verso più utilizzato.
Nel 1504 con L’ARCADIA di Sannazaro abbiamo la rappresentazione perfetta di
come era nel periodo umanistico e rinascimentale.
INNOVAZIONI:
1. Crea un’opera strutturata in modo omogeneo.
2. Riduzione della componente Satirica e Politica.
3. Liricizzazione del genere con i modelli classici, ma anche con il modello di
Petrarca. (A questo si rifarà maggiormente Garcilaso). Grazie a questo c’è un
ruolo preminente che viene dato alla tematica amorosa e all’io lirico che la
canta.
Il momento di contenuto più forte di Garcilaso si ha con l’egloga in volgare, quando
è a Napoli, proprio in quel momento si ha il ritrovamento dei testi in volgare,
soprattutto dell’arcadia.
Garcilaso riflette sul rapporto tra vita interiore e canto (poesia). Abbiamo, infatti, un
rapporto differente tra vita e letteratura. Le egloghe sono la rappresentazione
compiuta di un mondo interiore.
LE TRE EGLOGHE
1. Protagonista, Salicio, che si lamenta per disamore da parte di Galatea. In una
seconda parte troviamo, invece, Nemoroso che piange per la morte della sua
amata.
2. Il pastore Albanio piange per l’abbandono di Camila, un tempo sua amica e
compagna di avventure, ne parla proprio a Salicio e Nemoroso. Nemoroso sta
cercando una soluzione per il dolore di Albanio.
3. Riflessione sul trapporto tra i mali e gli ozi delle poesie, poi passa alla storia di
4 ninfe che stanno intrecciando una tela lungo il fiume Tago.
PRIMA EGLOGAStrutturata in strofe o stanze di canzone (prende la struttura della
canzone Petrarchesca). 30 strofe, composte da 14 versi, 420 versi totali. Le strofe
alternano gli endecasillabi ai settenari.
La prima parte viene chiamata fronte, l’ultima Sirima o coda, tra le due c’è la chiave,
verso che riporta l’ultima rima del fronte.

L’egloga contiene il canto di Salicio e Nemoroso, i due si succedono, cantano uno


dopo l’altro.
Il modello di riferimento è l’egloga VIII di Virgilio.
Ha una struttura geometrica: nelle strofe 1-3 troviamo la dedica al Viceré di Napoli,
nella strofa 4 il narratore presenta Salicio e ne introduce il canto, 5-16 abbiamo il
canto di Salicio, 17 presenta Nemoroso e ne introduce il canto, 18-29 canto
Nemoroso, 30 chiude l’egloga.
Abbiamo, quindi 1 strofa introduttiva e 12 di canto per entrambi i personaggi.
Nella poesia fatta all’Italico modo i temi cardine ripresi sono la natura e l’amore,
nelle Egloghe sono spesso rapportati insieme. La rappresentazione del paesaggio si
lega a quello dell’amore, avremo, quindi, un legame forte tra la descrizione del
paesaggio e dei sentimenti espressi.
Uno dei topoi maggiormente ripresi è quello del Locus ameus
LOCUS AMEUS  Costante letteraria bucolica, ma entra a far parte anche della
letteratura di tutti i tempi.
Nella descrizione di luoghi naturali belli e rigogliosi si esprime un rapporto positivo
tra uomini e cose che lo circondano.
In Garcilaso la rappresentazione del Locus Ameus non ha nulla di realistico o
fortemente descrittivo, diventa la metafora e il segno dell’amore. I luoghi mutano
con il mutare del sentimento amoroso.
Nella prima egloga abbiamo la rappresentazione perfetta di questo rapporto.
In particolare, in 4 strofe abbiamo descrizioni differenti del locus ameus: 8, 16, 18,
29.
Garcilaso ci dona una rappresentazione differente proprio del rapporto tra uomini e
cose, differente perché descritte da due voci differenti.
8-16: Salicio 18-29: Nemoroso
I luoghi sono rappresentati in tempi differenti. La strofa 8 e la strofa 18 sono nel
passato (ricordano il luogo come era prima) nella 16 e nella 29 si riferiscono al
futuro, lo immaginano nel futuro.
Sia Salicio sia Nemoroso ci parlano di sentimenti di sofferenza per una donna
irraggiungibile, ma in modo differente.
SALICIO soffre perché la donna non lo ama più, quindi è irraggiungibile, ma
ancora vivente.
NEMOROSO soffre per la morte della donna, quindi è irraggiungibile e non
vivente.
STROFA 8 (P. 138 DISPENSA)  Dai primi versi capiamo che il rapporto di Salicio è
mediato dalla presenza/assenza del soggetto amoroso, lo capiamo dall’anafora del
Por Ti.
Paesaggio descritto attraverso la donna, ovvero, è per lei che quel luogo ha un
senso.
Nel paesaggio Salicio collegava il rapporto positivo che aveva con l’oggetto d’amore
e con il mondo circostante.
La realtà circostante è inclusa con il suo rapporto con Galatea. Quel paesaggio era
desiderabile come Galatea.
La volubilità di Galatea, che ha cambiato sentimenti verso Salicio, cambia anche i
sentimenti di Salicio verso quel luogo.
Inizia, quindi, a provare rifiuto e odio per la donna ed anche per quel luogo che gliela
ricorda.
Nella Sirima, infatti, non c’è elemento lessicale che non rimandi alla trasformazione.
Engagnar, diferiente, falso. Il rifiuto e l’odio espresso perfettamente con la
trasformazione.
La cornacchia è l’immagine perfetta di questo cambiamento: di solito è enunciatrice
di elementi nefasti, lo aveva quindi annunciato ma non l’aveva ascoltata.
“Persino la cornacchia sembrava annunciatrice di cose positive”
È come se volesse allontanarsi dal passato e vuole in qualche modo estraniarsi dato
che è divento ostile (il passato).
13/04/2022
LOCUS AMEUS: Rapporto tra sentimenti e paesaggio, rapporto molto stretto che ci
fa intendere il testo al meglio.
Nella strofa 8 il sentimento con cui ci lascia Salicio è quello di allontanamento ed
estraniamento dal passato.
STROFA 16Riferimento visibile, manifesto al luogo troviamo Lugar 3 volte.
I luoghi sono presentati come prossimi, vicini, attraverso il riferimento anaforico che
ci fa capire che l’io lirico ci fa intendere che anche i 2 pastori sono vicini.
Cosa qua in questa strofa? È come se stesse parlando con Galatea, e la invita a
riprendersi quel luogo. Lo capiamo dall’opposizione di 2 serie di verbi.
1. Serie disforica, depressiva.
2. Serie euforica.
Da un lato c’è la depressione di Salicio, dall’altro la serie euforica che invita Galatea
a tornare in quel luogo con il suo nuovo amato.
L’abbandono di Galatea corrisponde all’abbandono del luogo da parte di Salicio. Lo
capiamo da un verso in particolare.
La rinuncia del luogo è il prezzo che Salicio paga per l’abbandono di Galatea.
Se Galatea era mediatrice tra il luogo e Salicio, quando lui rinuncia al luogo può
tornare l’antica armonia.
STROFA 18 Differente prospettiva di dolore verso l’amata, questo emerge già
dalla descrizione del luogo.
Si riferisce al luogo per parlare di Elisa.
La natura è solidale con Nemoroso, piange Elisa così come la piange lui.
Descrizione molto differente rispetto quella di Salicio.
Gli elementi di questo paesaggio, inoltre, sono, in qualche modo, connessi tra loro,
in Salicio no.
Si chiude anche circolarmente, perfetta connessione di tutti gli elementi.
Il Lugar di cui lui parla esprime, in qualche modo, il sentimento di Nemoroso.
Quest’esistenza serena che rimanda al passato si oppone al presente (strofa 19).
Anche qui troviamo uno straniamento con il presente. Lui vuole ricordare questo
sentimento ma lo estrania comunque perché il luogo lo rattrista.
STROFA 29 Domanda che parte sei versi prima e conclude col verso finale (dura
tutta la strofa). Chiede alla sua amata di intercedere con i cieli così da velocizzare il
tempo e fare in modo di ricongiungersi.
Tutto quello che succede è basato sul tempo.
Da en que in poi si parla del luogo del loro prossimo incontro. Non sappiamo dove
sia questo luogo, probabilmente stilizzato, ma luogo altro rispetto quello che è stato
teatro della loro felicità.
STRUTTUA TEMATICA Garcilaso attinge a 2 testi: V Egloga dell’Arcadia di
Sannazaro (pastore piange pastore) e la sestina 147 del canzoniere di Petrarca (no
donna per elevarsi a Dio).
Due testi, che, come capita spesso, esprimono sentimenti ed emozioni differenti,
rispetto Garcilaso. Questi vengono elaborati e rimescolati in questa strofa.
Ricorrenza del verbo vedere:
 V. 396 Ves: Elisa che guarda dai cieli il momdo.
 V. 399 verme Poeta, o l’io lirico o Nemoroso, che aspira a vedersi liberato
dalla prigione del corpo.
 V. 405 Verte: Il poeta aspira a vedere in eterno la donna amata.
3 prospettive differenti della visio, quel luogo altro diventa il luogo futuro della
felicità.
Luogo della felicità che porta alla visione futura è luogo eterno. Luogo della felicità e
della contemplazione della donna.
RICONGIUNGIMENTO CON L’AMATA perfetta rappresentazione nel sonetto 347
di Petrarca, sezione in morte di Laura. Desiderio di ricongiungimento e preghiera
rivolta a lei, affinché lo aiuti in questo ricongiungimento.
PROSPETTIVA TRASCENDENTALE: Sonetto 302 di Petrarca. Il terzo cielo corrisponde
al cielo di venere, abbiamo una vera e propria ripresa testuale.
Mirabile visione dell’io lirico che immagina di rincontrare la donna e immagina Laura
sia lì ad aspettarlo. Grazie alla mediazione della donna l’io lirico avrà la salvezza.
Questa prospettiva viene ripresa solo in parte perché l’unica salvezza di cui parla è il
ricongiungimento con la donna amata.
MODELLO TEMATICO: V Egloga Sannazzaro e sestina 147 Petrarca.
MODELLO STRUTTURALE: Sonetto 347 Petrarca.
MODELLO IDEOLOGICO: Sonetto 302 Petrarca.
3 testi per tre linee tematiche distinte.
SECONDA EGLOGAScritta negli anni 33-34, struttura metrica molto differente. Ha
una struttura polimetrica (diverse strutture metriche) queste si alternano in vario
modo:
 Terzine di endecasillabi
 Stanze di canzone
 Endecasillabi frottolati (endecasillabi con una rima al mezzo), fine del verso
precedente rima con la parola in mezzo al verso successivo.
La possiamo dividere in due parti:
1. 1-1037: Sventurato amore di Albanio per Camila
2. 1038-1885: consiste nel panegirico del duca d’Abba e l’elogio dei poteri magici
del precettore Severo, questi dovrebbero servire per salvare Albanio come è
servito per Nemoroso.
Inizia come un monologo. Albanio soffre per quest’amore, ma ancora non sappiamo
chi lei sia, dopo il monologo si addormenta. Arriva Salicio e, conoscendo poco di
Albanio, gli chiede di spiegargli perché sta male.
1. Racconta gli anni della fanciullezza, passati con Camilla, che era amica e
compagna di avventure, ma, quest’amicizia, si trasforma in amore.
2. Racconta l’episodio della dichiarazione da parte di Albanio e l’abbandono da
parte di Camilla, e che questo lo porta a tentare al suicidio, che non riuscirà
per via di una folata di vento.
v. 720Torna al presente, vede giungere Camilla, dedita all’inseguimento di un
capriolo ferito. Lei si addormenta per la stanchezza e Albanio prova di nuovo a
parlarle ma il dialogo non va a buon fine.
Nell’ultima parte Salicio e Nemoroso danno consiglio ad Albanio di andare da un
mago.
865 Si costruisce verso su verso la follia di Albanio.
883 Salicio sembra quasi richiamare il pubblico.
865-882Reazione di estremo dolore di Albanio dopo la fuga di Camilla.
881-882 La follia di Albanio si recepisce tramite la scissione di corpo e anima.
907 in poidescrizione del ritrovamento del corpo.
La perdita del corpo nella fonte lo fa stare male, ripetizione continua del
ritrovamento del corpo. Crede di trovarlo nell’immagine riflessa nella fonte.
La sua follia è causata dalla donna amata ed è la conseguenza della sua perdita.
Connessione visibile tra perdita del corpo e perdita dell’amata, come se per Albanio
fossero la stessa cosa.
894Si chiede se quel corpo non fosse, in realtà, il corpo dell’amata che ha perso.
Inoltre, Albanio, si paragona ad Orfeo.
938parla della perdita di sé e si confronta con Orfeo.
Tentativo ultimo di riappropriarsi del proprio corpo ed è pronto ad andare
all’inferno per riaverlo.
Garcilaso ci fa capire che nella sua follia, Albanio, confonde dinamiche amorose,
erotiche e sentimentali, con l’attrazione per il suo corpo perduto.
Come Narciso nel III libro delle metamorfosi, Albanio trasforma l’amore verso
l’oggetto perduto verso il sé perduto. (si vede nella fonte).
Il mito di Narciso è fondamentale sia per le teorie amorose del medioevo sia per le
neoplatoniche, è, infatti, esemplare per spiegare le tematiche di queste teorie.
Per la teoria Pneumofantasmatica, Narciso, è il perfetto amante della Fin amor
perché si innamora di un’immagine. Come Narciso si innamora di un’immagine così
anche gli amanti.
Mentre, per la teoria amorosa neoplatonica, Narciso è il perfetto esemplare della
Foll amor (amore folle), segue l’oggetto sbagliato, il corpo, quando invece dovrebbe
seguire l’anima.
Ce lo fa capire il più importante teorico delle teorie neoplatoniche: Marsilio Ticino.
Nell’Orazio VI realizza una comparazione tra 4 bellezze universali:
1. Bellezza di Dio
2. Bellezza dell’Angelo
3. Bellezza dell’anima
4. Bellezza del corpo
Ci spiega come Dio non è attratto dall’angelo, avendo, l’angelo, una bellezza
inferiore a Dio, mentre invece l’angelo è attratto da Dio, avendo lui una bellezza
superiore.
L’anima, invece, si comporta in modo opposto, ovvero, è attratta dalla bellezza del
corpo, anche se quest’ultimo gli è inferiore.
È qui che risiede l’infelicità umana, nel suo desiderio di amare qualcosa che non
dovrebbe amare.
Fa riferimento a Narciso: trascura sé stesso e insegue la sua ombra, il suo riflesso
nell’acqua, allo stesso modo, l’anima non è mai soddisfatta perché anela al corpo.
Possiamo dire che, ancora una volta, Garcilaso, ragiona sulle teorie amorose del
tempo attraverso il mito. Ancora una volta prende la teoria neoplatonica e ne ricava
una sua visione.
L’amore di Albanio, da un lato fa conti con la teoria Pneumofantasmatica e dall’altro
accoglie solo in parte le teorie neoplatoniche.
21/04/2022
Nella seconda metà del 500 abbiamo il regno di Felipe II. La differenza tra il suo
regno e quello di Carlo V è stata messa molto in dubbio, ci sono, infatti, tematiche
simili.
ETA’ CARLO V  Trionfo dell’umanesimo, influenza modelli italiani, spirito
Erasmiano (Erasmo da Rotterdam sarà una fonte filosofica importante), entusiasmo
per gli ideali dell’umanità che si tramanda di secolo in secolo. Finisce (secondo una
divisione non più attuale) a Yuste, luogo in cui Carlo V si ritira, abdica, nel 1556,
morirà nel 1558. Questo luogo è stato visto come simbolo della fine di un’epoca.
Immagine simbolica del cambiamento della Spagna.
FELIPE II  La sua spagna è ugualmente guerrafondaia con tutta l’Europa. La spagna
eroica si trasforma si trasforma nella Spagna ascetica solitaria. Punto fondamentale
è la controriforma, conseguenze enormi per l’impero che farà della religione
cattolica l’elemento cardine del suo potere. Vige e domina una spiritualizzazione e
l’ascetismo. I cittadini sono cites e pelegrinos (cristiani e cittadini).
I movimenti culturali dominanti sono l’ascetica e la mistica. Anche la cultura laica ci
da conferma di un cambiamento nel regno. La nostalgia del medioevo e della
Spagna epica del Cid è uno degli elementi più diffusi.
La religione torna ad essere un tema molto diffuso, in tutte le parti della società è
un’erudizione migliore.
PENSIERO TEOLOGICO PER L’ASCETICA Condotta che segue gli insegnamenti di
Dio.
PENSIERO TEOLOGICO PER LA MISTICA Esperienza di avvicinamento che va dalla
fede incolmabile della presenza di Dio alla presenza di Dio stessa.
I movimenti culturali filosofici che elaborano la letteratura più importante del
periodo sono scritti da religiosi come Fray Luis De Leon, Teresa De Alba. Continuano
a scrivere anche i cortigiani ma, i religiosi, risultano essere più importanti, iniziano
ad essere studiati, letti e stampati.
ALTRI ELEMENTI DELLA CULTURA Ritorna ad essere studiata la filosofia scolastica
(del medioevo), Platone viene accantonato e viene ripreso Aristotele (che sarà fonte
di tutto il Barocco), la filosofia comincia ad occuparsi soprattutto di testi religiosi, si
stampano i libri dei padri della chiesa (S. Agostino, Girolamo).
Abbiamo, quindi, tre elementi importanti: lingua, unione politica, religione. La lingua
diventa una questione politica a tutti gli effetti, si vuole la legittimazione del
Castigliano (lingua del potere). Infatti, la propaganda politica reale non può avvenire
se non in spagnolo (castigliano). I cittadini devono credere nell’impero e in Dio.
Verso la metà del 500, un gruppo di studenti di Salamanca si oppone alle partizioni
delle lezioni in latino. Dietro quest’opposizione c’è un grande professore di retorica,
a cui dobbiamo i commenti alle opere di Garcilaso, Francisco Sanchez De La Brojas
per gli amici Brocense, appoggia gli studenti, capisce che è il momento di impartire
le materie in Castigliano. Tutte le civiltà del passato hanno prodotto nella lingua
parlata, dato che ora tutti parlano in castigliano, allora ci si deve impartire anche le
lezioni. Di lì a poco molte materie che erano solo in latino iniziano ad essere scritte e
insegnate in Castigliano. Vengono tradotti testi scientifici e teologici.
La lirica di questo periodo, che si adatta alle tematiche religiose, continua ad essere
Garcilasiana, sarà il modello almeno fino agli anni 50 del 500, ma l’anima di questi
testi sarà ugualmente declinata sulle esigenze del tempo.
LETTERATURA CONVERTIDA A LO DIVINOIn alcuni casi, Garcilaso viene preso e
trasformato a lo divino, altri, invece, prendono le tematiche e le trasformano in
modo religioso.
Nella spagna della seconda metà del 500 ci sono due scuole poetiche: Siviglia e
Salamanca, i due centri più importanti della cultura spagnola in età rinascimentale.
SIVIGLIA Fa riferimento a Hernando, o Fernando, di Herrera. A lui dobbiamo le
annotaciones a Garcilaso, uno del tempo che commentava e dava una chiave di
lettura dell’altro, ma da una chiave di lettura che vede male e condiziona il modo di
comprendere Garcilaso De la Vega.
SALAMANCAFa riferimento a Fray Luis De Leon
La scuola di Siviglia continua lo spirito rinascimentale della prima metà del 500
(cultura ancora pagana), molto più attenta all’estetica, mentre, la scuola Salamantna
si basa su temi morali, religiosi e filosofici, non a caso il riferimento è Fray Luis.
Ci sono condizioni culturali dovute al clero presente in diverso modo, cultura
universitaria e chi insegnava.
FRAY LUIS DE LEONNasce nel 1527 a Belmonte, da una famiglia di ebrei convertiti,
diventa frate agostiniano, a 32 anni sarà una delle figure più importanti
dell’università di Salamanca. Ha una personalità Battagliera, litiga con tutti, i
Domenicani vogliono ucciderlo e ci proveranno in numerose occasioni. Lui difende la
sua verità ed il testo dell’antico testamento. Nel credo cristiano è solo figura di
quello che avverrà, una specie di preparazione alla venuta di Cristo, ha quindi valore
solo in relazione con il nuovo. Per gli ebrei, invece, ha valore religioso di verità.
Fray Luis De Leon, anche se riconosceva la verità del nuovo testamento, rivendicava
quella dell’antico, per questo fu condannato dall’inquisizione e allontanato dalla sua
cattedra per un lungo periodo.
Tra le sue battaglie più importanti c’è anche quella della dignità del Castigliano. La
teologia, secondo lui, deve essere scritta in Volgare, per essere compresa, e deve
essere anche di grande rigore scientifico.
Fray Luis è un autore di tradizione mistica che potremo definire dottrinale, non fa
esperienze mistiche ma ha una prospettiva mistifica. I suoi versi rimandano
all’esperienza di presenza di Dio. Dietro il misticismo c’è l’obbiettivo della
conoscenza. L’esperienza di avvicinamento di Dio è sempre legata alla conoscenza:
Vedere Dio, Avvicinarsi a Dio, Conoscere Dio; questo vuol dire conoscere tutte le
cose del mondo.
Scrive moltissime opere, la maggior parte sono di adattamento o commento di testi
biblici. Ad esempio, scrive traduzione e commento del Cantico dei Cantici e
commenta il libro di Giobbe.
Cosa fa concretamente? Prende i versi di ogni capitolo e aggiunge glosse o
commenti. Scrive una specie di trattato sulla perfetta casada, i doveri della perfetta
donna cristiana.
Un’altra opera importante è Los nombres de Cristo, nella bibbia sono tantissimi gli
epiteti e le metafore per indicarlo. Analizza tutti i nomi, da dove vengono, che valore
hanno.
Scrive anche delle poesie, ma come un diletto, anche se risultano essere di
straordinaria fattura. Negli anni in cui è carcere circoleranno col nome di Luis Mayor.
Le pubblicherà nel 1631.
Fray Luis gioca con le fonti, le trasforma, dandole una veste a lo divino.
LE POSSIAMO DIVIDERE IN 3 GRUPPI:
 Poesie originali (che scrive lui).
 Traduzioni profane.
 Traduzioni bibliche.
Sono poesie di grande meditazione e sedimentazione, lui le farà passare sempre
come un errore di gioventù, ma si nota che sono state scritte più tardi.
Uno degli elementi più importanti della sua poesia è la sperimentazione metrica. La
strofa a cui farà maggiore riferimento è la Lira.
Scrive Odi, o canzoni, e le strofe che utilizza sono di Lira, componimento di origine
italiana che univa endecasillabi e settenari (lettera maiuscola settenari, minuscola
endecasillabi). Le strofe possono essere di 5/6 versi, lo standard è 5 (2 endecasillabi
3 settenari).
A questo corrisponde la sperimentazione di tematiche eterogenee, anche se per la
maggiore ci parla del rapporto col divino, ci sono anche altre tematiche.
I ODA (P.251)Tema topico trovato nel confronto tra la vita mondana e la vita
separata.
Viene ricostruito col topos del Beatus Ille (Beato lui) Beato lui che può permettersi di
vivere separato dal mondo, lontano dagli affanni della civiltà. Riesce a prendersi cura
del proprio tempo.
Contrasto tra chi vive una vita separata e chi vive nel mondo caotico. Contrasto tra
elogio della vita semplice e affanni di potere.
Tutto ruota attorno ad una saggia minoranza della solitudine nella campagna.
Minoranza di coloro che fuggono dal rumore, a questo si oppone la maggioranza dei
superbi che sono ambiziosi e cercano ricchezza.
La costruisce attraverso un’opposizione fortissima tra l’orto (che, in questo caso,
rappresenta il Locus Amenus) e il mare in tempesta (luogo degli ambiziosi e superbi).
L’orto risulta essere il locus amenus a tutti gli effetti, un posto sicuro il cui raccolto
da garanzia tutto l’anno, tutto l’ambiente è statico, tranquillo, quiete che non può
essere modificato da nessuno.
“anche il ruscello scorre con grande tranquillità” (v.36)
A questo orto si contrappone il mare in tempesta (v.61).
ORTO: sicurezza, certezza. Una vita condotta in mano di Dio e di Cristo.
MARE IN TEMPESTA: incertezza. Una vita in mano ad altri interessi.
L’io lirico fa parte della minoranza (v.71)
BEATUS ILLE TOPOS CLASSICO CHE TROVIAMO NELL’ORAZIOFonte classica che
declina per una tematica evidentemente religiosa: Beato colui che segue la parola di
Dio, poveri coloro che seguono il mare in tempesta.
Dietro il tema poetica c’è esperienza personale. Lui fa esperienza di quello che ci sta
raccontando.
ODA VIIIaltro esempio di come racconta la realtà sfruttando immagini che
vengono sia dalla bibbia sia dalla cultura classica.
Altra rappresentazione di animo umano e realtà umana.
Contrasto tra condizione mortale e condizione eternante dei cieli.
Lo capiamo nella prima strofa: contrasto tra cielo e suolo (terra). CONTRASTO
CHIARO TRA LA NOTTE QUI E LA LUCE ESTREMA DEI CIELI.
26/04/2022
ODE VIII Declina differenza tra l’eterno del cielo e la finitezza della vita terrena.
Strofa 1 contrapposizione tra cielo e terra. La vita è destinata ad avere una fine
proprio come i sogni. C’è la contrapposizione della finitezza della vita umana rispetto
l’eterno dei cieli.
Ci sta raccontando una questione enorme della Bibbia. Il suo scopo è, appunto,
raccontare le vicende della bibbia in maniera comprensibile.
Distanza tra condizione finita e cieli eterni crea dolore e sofferenza.
VV. 6-7 viene espressa l’ansia e la sofferenza di sapere cosa c’è dopo la morte.
Si chiede perché l’anima fatta per stare nei cieli si trova in prigione sulla terra.
V 16 “quale errore e sproposito allontana l’anima dal buon divino?”
Troviamo una specie di risposta (critica) al verso 21, come se iniziasse a prendersela
con l’uomo stesso.
“Non si preoccupa del proprio destino, si fa rubare il tempo come se fosse in uno
stato di sonno.”
Dal V. 26 si ha una specie di esortazione: “Avete anima immortale ma vivete senza
senso”
Per lui l’unica attività che rende giustizia a ciò è la fede.
Ci da una gerarchia di valori e ci dice di non essere legati a cose futili ma pensare
all’eternità dei cieli.
L’altro ammonimento che fa è quello di alzare gli occhi al cielo.
V 31 “Guardate la grandezza dell’universo e mettetelo a confronto con quello che
fate nella vostra vita” e “Guardando questi cieli, non è la nostra vita forse un breve
punto rispetto la grandezza del cielo?”
Da qui comincia la descrizione di tutto l’universo e la chiude con un’altra domanda
retorica “Chi potrebbe mai guardare tutto ciò e preferire gli affanni della terra? Chi è
che guardando questi cieli non chiederebbe all’anima di liberarsi dal corpo?” (NO
SUICIDIO)
Alla fine di questo spettacolo celeste il posto (l’universo) assume le sembianze di un
Locus Amenus.
Testo religioso a tutti gli effetti e alcuni topoi della poesia del tempo che vengono
ripresi.
Il rapporto di Dio con il mondo, tra i nomi e le cose, è erotico, è Dio che scende e in
qualche modo rende sue le cose a cui da un nome.
Molti dello spettro dei peccati sono legati alla sfera erotica.
ODE VIIPer poter leggere e interpretare quest’ode c’è bisogno di un piccolo
passaggio storico.
L’ultimo re Visigoto Re Don Rodrigo, a cui l’ode è dedicata.
Il Fiume Tago invita l’ultimo re a non perdere tempo in gesta erotiche, ma occuparsi
della Spagna sotto attacco degli arabi.
Con chi sta giacendo quando il fiume gli parla? Con la sua amante Florinda la Cava
figlia di un traditore dei Goti Conde Don Julian.
Dietro questa storia c’è un’ode di Orazio (l’ode 15). Il Dio del Mare predice a Paride
la distruzione di Troia. Lui ha rapito Elena, di conseguenza, perderà il suo regno.
Qui abbiamo il fiume Tajo che predice al re della distruzione del regno Goto.
Il fiume coglie in flagrante i due, Fray Luise rende la scena più intima rispetto la
scena di Orazio.
Perché scegliere questa scena? Una delle colpe più forti è quella che riguarda il
livello erotico.
Per rendere la colpa ancora più folta, allora, Fray Luise, sceglie questa scena, in cui
viene messo l’amore erotico prima del regno. In modo tale che il rapporto colpa-
punizione sia ancora più forte. Si dice anche che, il padre di Florinda l’avesse
mandata da lui proprio per distrarlo. Il re ha messo, quindi, avanti la sua
responsabilità cose di poco conto.
Nella parte finale c’è la profezia.
La storia ci viene raccontata con due voci:
 Narratore: voce iniziale che descrive la scena
 Voce del fiume personificata (dalle virgolette)
Alla prospettiva onnisciente del primo narratore c’è la prospettiva interna del fiume,
vede il presente. Ma anche profetica, predicendo le conseguenze dell’atto descritto
dal narratore. Il Tajo diventa sia una voce sia un interlocutore.
A queste voci corrispondono condizioni temporali differenti. Abbiamo l’imperfetto
con il narratore e il presente con il fiume, ci sono, inoltre, piani narrativi differenti.
Perché la scena la mette all’inizio e perché con questa struttura così articolata?
Perché inizia poi a distaccarsi dal resto della poesia, all’inizio per mettere ancora più
in luce il rapporto colpa-punizione.
L’insegnamento che vuole dare è: CHI NON FA IL SUO DOVERE VIENE DISTRUTTO
DALLA STORIA.
Perché il percorso è lungo? Perché la punizione deve essere descritta nel dettaglio.
Molta parte della critica non legge solo l’erotica nella prima strofa, ma rivedono un
senso ambiguo in tutta l’ode.
Dietro la narrazione delle conseguenze è come se ci fosse ancora il gesto (v. 51).

Frate Agostiniano e monaca carmencina San Juan De La Cruz e Santa Teresa Di Gesù,
lei è il personaggio più importante della mistica 500esca.
La sua vita viene raccontata tra storia e leggenda. Si parla dell’infanzia caratterizzata
dalla transvertebrazione: esperienza di mistica. Viene raffigurata da una freccia di un
angelo che colpisce il petto.
Tra i suoi allievi troviamo S. Juan De La Cruz.
S. Juan studia a Salamanca e a Medina, dove incontra S. Teresa, da qui inizierà un
sodalizio religioso.
Ha una personalità controversa, morirà in malo modo allontanato dai suoi
insegnanti.
Scrive due tipi di testi:
 Poesia tradizionale spagnola, sia tradizionale sia italianizzante. La così detta
poesia profana
 La poesia mistica
I suoi testi più importanti sono:
 Noche Obscura De Alma
 Cantos individual
 Llama de amor viva
La fonte ideologica e teologica di S. Juan è S. Teresa, ma la fonte per la stilistica è
Garcilaso De La Vega.
In questi anni è Sebastian De Cardova rende A Lo Divino tutta la produzione di
Garcilaso, uno dei testi a cui, appunto, fa riferimento S. Juan De La Cruz.
Per vedere in che modo si può divinizzare bisogna leggere la canzone II (273). Qui la
voce femminile diventa l’anima e l’amato diventa Dio.
Le prime 4 strofe hanno un tono incalzante, c’è ansia di raggiungere l’oggetto.
L’ambientazione della notte che deve conservare il segreto viene ripreso.
Strofa 5: non più racconto ritmato di quello che accade, descrizione del percorso di
avvicinamento.
Strofa 6-7-8 abbiamo un ritmo più pacato.
Topos Epitalanio, genere poetico che racconta la prima notte di matrimonio. Sta
giocando e trasformando questo tipo di scena.
27/04/2022
CANCION SEGUNDA di S. Juan De La Cruz Esempio perfetto di testo A Lo Divino.
Una giovane innamorata che lascia la propria casa di notte per incontrare il proprio
amato.
Come viene transcodificata A Lo Divino? La donna amata diventa l’anima, mentre,
l’amato, diventa Dio.
Prime 4 strofe Hanno un ritmo ansioso, trepidante, incalzante.
S. Juan De La Cruz trasforma A Lo Divino il genere che racconta della prima notte di
nozze.
Quello che sarebbe un “post-coitum” della prima notte d’amore, diventa un “post-
estasi” ovvero: dopo l’estasi mistica dell’incontro che ci viene descritta nella quinta
strofa, si arriva gradualmente all’unione dei due protagonisti del testo, addirittura
una trasformazione dell’amata nell’amato e viceversa. C’è un’unione totale tra i due
amati che in questo caso sarebbero l’anima e Dio.
ULTIME TRE STROFEQui abbiamo un’aria molto più pacata che rimanda alla
quiete dopo la tempesta.
Quindi abbiamo visto come funziona il porre A Lo Divino.
La transcodificazione funziona sul valore che acquisisce la notte, la notte furtiva
dell’amata diventa percorso di peccato, errore, quella di S. Juan assume un altro
significato, un valore positivo.
Cosa c’è dietro la concezione della notte di S. Juan? Per capirlo torniamo a Garcilaso
(pag. 144) essendo lui la sua guida stilistica.
Torniamo quindi ai pastori e al loro dolore diverso per la morte o per l’addio della
propria amata.
Nella strofa 23 della I egloga, dove parla Nemoroso, che piange la morte di Elisa,
bisogna tener conto del ruolo che Garcilaso dà alla notte.
Nemoroso si rivolge sempre alla sua amata e lo fa riferendosi alla NOCHE OBSCURA
che lo ha colpito, che rimanda al suo essere rimasto da solo dopo che la sua amata è
morta. Lui non riesce nemmeno più ad appropriarsi del luogo da quando lei è morta,
essendo lei andata via.
Garcilaso, nella sua concezione della notte, fa riferimento, come quasi sempre, a
Marsilio Ticino e i neoplatonici. Per i neoplatonici, la notte è uguale alla vita umana,
la vita umana è paragonabile alla notte, perché viene definita Ombra De Dios
(ombra di dio). Secondo i neoplatonici il mondo umano sarebbe in ombra fino a
quando non arriva alla luce divina, quindi, restano nell’ombra finché non arrivano
alla contemplazione della luce divina che da un senso a tutto. Dietro questo
rapporto tra luce e ombra troviamo altre cose: Dio da senso a tutto, trasforma le
cose, riesce a far comprendere agli uomini come veramente quelle cose erano fatte
durante la loro vita ma loro non se ne accorgevano. L’uomo arriva a sollevarsi dalla
condizione umana quando arriva a Dio e acquisisce consapevolezza del suo essere
solo arrivando a Dio.
La notte sarebbe, per i neoplatonici e anche per Garcilaso, un percorso che porta
alla trascendenza. Quindi, in questa strofa, Nemoroso fa riferimento a questa
concezione della notte, ma, come accade sempre nelle egloghe, questa concezione
viene declinata sull’amore, ovvero: per arrivare a incontrare nuovamente Elisa dovrà
lasciarsi alle spalle questa notte e la notte in cui ha lasciato la sua amata. Dovrà
straniarsi da questa notte e acquisire consapevolezza per legarsi nuovamente alla
sua amata.
Riprende esattamente il concetto di abbandonare la condizione umana, l’ombra di
Dio, e arrivare alla luce di Dio, luce di Dio che per lui, ovviamente, rimanda
all’amata. Cioè il suo abbandonare la notte, condizione di sofferenza, equivale a
ritrovare la sua amata.
In questa strofa l’amore per Elisa diventa amore caritas, amore che equivale a Dio.
Arrivare all’alba, al giorno, in un certo modo, equivale ad arrivare a Dio.
L’amore per Elisa, in questa strofa, si divinizza del tutto.
Che rapporto ha S. Juan con questa notte che è il mezzo per arrivare a Elisa? Lo
capiamo da questo testo in prosa, in cui commenta la seconda canzone e i versi che
stiamo provando a comprendere. Ci dice che, dato che l’anima deve avvicinarsi a
una cosa divina, conviene che deve diventare molto più leggera, alleggerirsi dai pesi
mortali e passare una fase di purgativa contemplacion.
Ci spiega, poi, proprio quello che succede nella sua poesia, ci spiega che l’anima, per
arrivare ad incontrarsi con Dio, deve attraversare un percorso e deve rendersi molto
più leggera. Deve attraversare un percorso che la rendi fuori da sé, in pena, quindi
passare un percorso di sofferenza per arrivare alla contemplazione. Esce fuori di sé e
tutte le cose che ha visto, fino a quel momento, al buio, arrivando alla luce, le
sembrano e cominciano ad esserle concrete, conoscibili.
Lui vuole spiegarci che l’amata sta per l’anima e che l’amato sta per Dio. C vuole
spiegare come la notte è un percorso in cui l’anima deve attraversare die gradi per
arrivare a Dio, e questi, rimandano a un percorso che lui condivide con S. Teresa,
ovvero: secondo S. Teresa e secondo la mistica del tempo l’anima, per arrivare a Dio,
doveva seguire 3 stadi di percezione.
 Lo Stadio purgativo, in cui doveva alleggerirsi delle cose mortali.
 Lo stadio illuminativo, in cui si fa prendere e illuminare dalla luce di Dio.
 Lo stadio unitivo, in simbiosi a Dio
Per seguire questi 3 stadi, in questa prosa, S. Juan ci dice che l’anima deve, in
qualche modo, straniarsi e uscire fuori dalla sua condizione normale (o mortale).
Deve lasciare tutte le cose che le sono sempre sembrate comuni e deve accedere
all’altra dimensione.
L’elemento che prende perfettamente da Garcilaso e lo declina verso una
dimensione religiosa, teologica, complessissima. In questo caso, la notte che
abbiamo descritto di Nemoroso, si declina su questo percorso di formazione
dell’anima.
Entrambi i personaggi, l’anima e Nemoroso, devono straniarsi dal mondo per
arrivare alla luce.
Nemoroso, per arrivare nuovamente a Elisa, deve lasciare il proprio Locus Amenus,
come abbiamo già visto. Deve lasciarsi alle spalle la notte, come ombra di Dio e
quindi la sua vita.
L’anima di S. Juan fa esattamente la stessa cosa, attraverso il triplice stadio.
Le due notti hanno in comune quelle dimensioni di passaggio, il momento di
straniamento, ma, hanno anche una differenza molto forte: per Garcilaso la notte è
tenebrosa ed è legata alla morte della persona amata, quindi, unicamente, ad
un’esperienza che è negativa. La sua amata è morte (di Nemoroso) ed ha questo
sentimento trascendentale di unirsi a lei. La notte di S. Juan, invece, ha qualcosa di
piacevole, diventa amable, considerando la strofa 5, e, soprattutto, non ha una
connotazione unicamente negativa, la notte è anche una notte fortunata, perché è
un percorso che già ha il godimento della percezione di Dio. La sofferenza di
quest’anima in pena è già una parte del godimento della luce di Dio.
La notte di S. Juan ha comunque un’ambiguità di connotazione: è negativa perché
rappresenta la condizione disperante di non trovare la luce di Dio, ma, al tempo
stesso, diventa piacevole, perché il percorso per arrivare a Dio, semplificando ciò
che dice S. Juan, è piacevole tanto quanto la contemplazione.
Riprendendo Garcilaso Noi sappiamo che a lui dobbiamo l’inizio di un enorme
movimento culturale: quello della mutuazione, della ripresa di modelli, della poesia
italiana nella poesia spagnola.
Garcilaso e Boscan sono i primi che cominciano questo discorso, ed è un discorso
che continuerà lungo tutto il 500 ed anche il 600.
Tutte le opere che andremo a studiare, infatti, avranno come origine o confronto i
modelli classici italiani e l’italianismo petrarchesco di Garcilaso.
Nel 1569 viene pubblicata la prima edizione indipendente delle sue opere, a
Salamanca. Non è un caso che proprio nel’69, e proprio a Salamanca, vengono
ripubblicate e poi tutti si rifanno a Garcilaso.
Nel’74, il Brochenses pubblica un’altra edizione delle opere di Garcilaso, ma, questa
volta, è un’edizione commentata. Ci spiega quindi quello che vuole dire il poeta in
diversi punti e ricostruisce le fonti.
Spesso ai commenti dobbiamo anche i testi, perché per commentarlo prendono i
testi e, a volte, correggono alcuni punti. Così come accade per la commedia di
Dante, anche per Garcilaso i commenti sono importanti. Prima di tutto perché
vengono aggiunti testi che non ci sono nella prima edizione di Boscan.
Nel 1580, a Siviglia, abbiamo un’altra edizione importante, ad opera di Hernando De
Herrera: Obres De Garcilaso De La Vega Con Annotaciones De Hernando De Herrera.
Queste edizioni non ci dicono solo che c’è un interesse per Garcilaso, ma ci dicono
anche che Garcilaso viene trasformato in un classico, in pochissimo tempo, e la
gente discute sui suoi versi.
Le riflessioni ed il confronto degli intellettuali erano proprio sui suoi testi.
Quindi, Garcilaso si trasforma in un classico, si converte in una delle opere più
copiati e imitati.
A Salamanca l’ambiente culturale esprime soprattutto poesia religiosa, mentre
l’intorno sivigliano è ambiente molto più aperto e pagano. Abbiamo visto quali sono
le voci di Salamanca e ora ci sposteremo a Siviglia.
Siviglia è il centro economico fondamentale, qui si trova il porto più importante,
probabilmente, di tutta l’Europa, tutte le navi che partono per le Americhe passano
per Siviglia e tornano a Siviglia, questa è una cosa fondamentale perché tutto ciò che
arriva dalle Americhe passa per Siviglia, questo la rende una delle città più
importanti del tempo.
A Siviglia si crea una delle scuole di grammatica e humanidades più importanti di
Spagna, ed il grammatico che proviene da questa scuola è proprio Brochenses, a lui
dobbiamo la scuola grammatica retorica humanidades Sivigliana che formerà la
maggior parte degli scrittori del circolo Sivigliano. La personalità più importante di
questo circolo sarà proprio Hernando De Herrera, è il più riconosciuto come maestro
e colui al quale vengono dedicati la maggior parte dei testi.
Il primo incontro si svolge in casa di Juan De Malara, da questi incontri ufficiosi nasce
uno dei circoli letterali più importanti del tempo.
I Sivigliani sono molto vicino alla corte, e sono molto calati nel racconto della
grandezza della corona e ce ne accorgiamo nella battaglia di Lepanto.
BATTAGLIA DI LEPANTO 7 ottobre 1571, è una battaglia fondamentale che vede
scontrarsi l’esercito cristiano e, ancora una volta, l’esercito dei turchi.
Lepanto è una penisola che affaccia sullo ionio, qui i cristiani ottengono una vittoria
straordinaria contro i turchi che erano in ripresa.
È una vittoria importante che però non ha avuto l’esito che ci viene raccontato.
I turchi erano in condizioni pietose.
Questa vittoria viene innalzata al momento culminati della battaglia tra cristiani e
arabi. La vittoria di Lepanto rappresenta la fine del mondo arabo.
Alla battaglia partecipa anche Cervantes.
Perché questo rapporto che hanno i letterati con la corona risulta essere
importante? Ci troviamo in un periodo in cui è già esistente una forma di stampa
che viene pubblicata saltuariamente e che racconta anche i fatti storici. Non
scrivono solo i giornalisti di professione ma anche i letterati. Tutti raccontano questa
enorme battaglia vinta dai cristiani, che risulta essere un racconto condizionato e
condiziona l’immaginario collettivo.
Il circolo sivigliano partecipa a questo discorso, le opere, le dediche che vengono
fatte ai personaggi del tempo, sono tutte legate a questo trionfo della corona, e lo
coltivano, lo costruiscono, a loro volta. Siamo però di fronte ad un processo simile a
quello che oggi noi chiamiamo fake news, e dietro questo processo ci sono gli
intellettuali più importanti del tempo.
Dietro il circolo sivigliano, c’è quindi questa Siviglia, punto centrale dell’Europa e
dell’economia del tempo e dietro Herrera e i suoi c’è questo ambiente.
Perché Herrera diventa una delle figure più importanti? Perché quest’opera sarà
fondamentale per tutta la letteratura successiva (l’opera del 1580).
Perché questo testo cambia la letteratura del tempo? Nel commento, Herrera
raggiungerà dei livelli mai raggiunti prima. Non solo sarà più preciso degli altri.
Basandoci sulle annotazioni (del sonetto VIII) possiamo notare che ci sono delle
parole o delle frasi che vengono riprese sotto al testo e vengono spiegate. Le parole
che Herrera ritiene più importanti per comprendere il senso del testo vengono
riprese e spiegate.
Ad un certo punto mette un suo testo e ci dice che anche lui ha “detto” una cosa
simile a ciò che ci vuole dire Garcilaso. Inoltre, ci spiega anche come Petrarca ha
detto la stessa cosa che sta dicendo Garcilaso.
L’idea di Herrera non è solo commentare il testo o farci capire Garcilaso, lui è come
se volesse farci capire una teoria sulla letteratura, come dovrebbe funzionare la
letteratura, la poesia come dovesse essere formata. Ci sono questioni tematiche,
poetiche, retoriche, è un discorso vero e proprio sulla letteratura.
Le annotaciones di Herrera rimandano quindi ad un concetto chiaro: quello della
prima teoria di letteratura.
Dove riscontriamo questa ansia di spiegare la letteratura? Spesso nelle sue
annotaciones riporta delle discussioni che venivano fatte nel circolo Sivigliano. La
storia che raccontava quei tempi, infatti, emerge anche dalle annotaciones.
A confermarci che ci sia una riflessione continua delle cose in letteratura, spesso, lo
stesso Herrera si corregge. Nelle edizioni successive, infatti, risulta cambiare idea su
alcune considerazioni che aveva fatto nelle precedenti dopo averci posto degli studi
approfonditi.
Questo, inoltre, ci fa anche capire che la discussione sulla letteratura, in questo
circolo, era una cosa seria. Quindi, si doveva studiare la letteratura, ma questa, era
comunque legata anche alla pratica.
Dalle annotaciones sappiamo qual era la teoria nella letteratura del circolo
sivigliano, capeggiato da Herrera, e dalle loro opere capiamo che, dietro questo
lavoro di riflessione, i componenti del circolo iniziavano anche a scrivere, seguendo
la riflessione teorica che ricostruiamo dalle annotaciones, tra l’altro, scrivono in
versi.
I loro testi rimandano ad una chiara idea di letteratura, una chiara idea di come si
costruiscono determinate forme poetiche, c’è un’attenzione enorme alla pratica
oltre che alla teoria.
COSA SCRIVE HERRERALe sue opere sono pubblicate nel 1582, due anni dopo le
annotaciones su Garcilaso.
Il titolo è Algunas obras de Fernando (O HERNANDO) De Herrera
Le opere poetiche, anche se non hanno una struttura omogenea, come quella del
canzoniere petrarchesco, ne imitano la struttura. In qualche modo prova a creare un
discorso tra diverse poesie e diversi sonetti.
Scrive quest’opere dopo la morte della sua amata, e molti componimenti sono in
morte della sua amata. Alla tematica amorosa, però, si accompagna anche la
tematica politica ed altri.
Quella amorosa si declina in:
 Momenti di sofferenza amorosa
 Momenti di estasi o godimento
 Lamento nostalgico dei momenti trascorsi con la sua amata
Anche in Herrera abbiamo una contrapposizione tra passato e presente, tra quello
che è stato l’io lirico nel passato e quello che è nel presente, ma, il rapporto tra
presente e passato è molto differente.
Per chiudere il discorso e vedere in che modo egli faccia qualcosa di differente
confrontiamo i due testi in fotocopia (Petrarca: Voi ch’ascoltate in rime sparse il
suono, Herrera: Sonetos I)
Petrarca: si riferisce ad un pubblico che ha esperienza, ritroviamo l’opzione a chi può
capire ciò che lui sta provando, vuole che le persone sappiano bene la sofferenza di
cui stia parlando, lo perdonino e abbiano pietà di lui (la sofferenza è legata ad un
passato dove l’io lirico non si riconosce più). Il passato con il giovanile errore non è
riconosciuto dall’io lirico del presente, c’è un sentimento di vergogna o pentimento,
uno degli elementi più importanti, leggendo questo componimento, capiamo bene
che tutta l’esperienza del canzoniere è un’esperienza di pentimento che arriva in
ritardo perché le terzine ci dicono che è, appunto, tardi. C’è, inoltre, la condizione
pubblica: l’io lirico sa che per tutto il mondo non può liberarsi da ciò che è stato e
questa condizione gli fa capire (nella terzina finale) che tutto ciò che riguarda
l’umana condizione è vano e resta in una condizione effimera, dura pochissimo.
Herrera: il suo primo sonetto fa riferimento a quello di Petrarca, c’è un’omogeneità
totale. Basterebbero le ultime due terzine a farci capire che in fondo c’è un testo
differente anche se nella parte iniziale comunica con Petrarca.
PETRARCA, RVF, 1 HERRERA, SONETOS I
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono Osé y temí; más pudo la osadía
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core tanto, que desprecié el temor cobarde.
in sul mio primo giovenile errore Subí a do el fuego más me enciende y
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ arde
sono, cuanto más la esperanza se desvía.
Gasté en error la edad florida mía;
del vario stile in ch’io piango et ragiono ahora veo el daño, pero tarde,
fra le vane speranze e ’l van dolore, que ya mal puede ser que el seso
ove sia chi per prova intenda amore, guarde
spero trovar pietà, nonché perdono. a quien se entrega ciego a su porfía.
Tal vez pruebo -mas, ¿qué me vale?-
Ma ben veggio or sì come al popol tutto alzarme
favola fui gran tempo, onde sovente del grave peso que mi cuello oprime;
di me medesmo meco mi vergogno; aunque falta a la poca fuerza el hecho.
Sigo al fin mi furor, porque mudarme
et del mio vaneggiar vergogna è ’l
no es honra ya, ni justo que se estime
frutto,
tan mal de quien tan bien rindió su
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
pecho
che quanto piace al mondo è breve
sogno

DIFFERENZE SOSTANZIALI: Cominciando a ricostruire quello che ci dice il testo di


Herrera, dobbiamo fare attenzione alla sintassi, quanto sia comparativa (tanto
quanto), la poesia da Herrera in poi sarà sempre più complicata.
Nella prima quartina intendiamo il guarire, trovare la retta via, la redenzione.
Quindi, benché sia in qualche modo indeciso tra osare e temere ci dice che ha vinto
l’osare, ha disprezzato la paura d’amare, tanto che ha raggiunto un grado di amore
così forte, è arrivato a quel punto in cui non si può tornare indietro, ha raggiunto
una altezza di amore tale da arrivare in un punto dove non c’è più redenzione e
speranza, la seconda quartina è quella più vicina a Petrarca.
Mai accadrà: Neanche il raziocinio più forte può portare a recuperare quello che ha
fatto, nelle prime due quartine abbiamo abbastanza omogeneità con Petrarca,
anche i tempi per ora sono simili. (ahora,ora)
Nella prima terzina ci dice manca il “fatto, gesto” comunque non lo fa , c’è troppa
scarsa volontà, dice a volte provo, ma a che serve che io torni a questo giovanile
errore , quello che ci porta all’ultima terzina è che dice che manca il gesto, azione
che resta solo in forma di pensiero, si è complicata in 20 anni la sintassi della poesia
tanto che dobbiamo chiederci a cosa si riferiscono i versi.
Nella seconda terzina abbiamo il momento più importante: “è ingiusto..chi tanto
bene offriì il suo petto” cioè non si deve stimare poco coloro che amano, amare non
è una cosa negativa un altro significato sarebbe non si può tornare indietro una
volta che la donna si sia offerta all’amante, per i codici del tempo (Melibea, sacralità,
non prenderti presto..) ambiguità possiamo leggerla quindi come non si può
disprezzare coloro che amano oppure che non si poteva tornare indietro perché
andati oltre ai limiti consentiti.
Siamo di fronte all’inizio fine di due canzonieri differenti (Herrera non costruisce un
vero canzoniere), la prospettiva è uguale, il primo sonetto di Petrarca fa una specie
di punto della situazione, anche qui abbiamo il senso di tutta l’opera abbiamo
concezione di errore proprio per questo dobbiamo chiederci qual è la distanza tra
questi due testi.
LA DIFFERNZA PIU’ FORTE non c’è più pentimento, è una riflessione che porta alla
conclusione di seguire il furore, riflessione\pentimento e non pentimento in Herrera
è come se fossero insieme a differenza di Petrarca che c’è solo il pentimento,
Herrera non ci dice se è stato un errore oppure no, non ce lo fa capire.
Da un lato dice Lui dice “ho seguito una strada sbagliata” ma il verso finale ci dice
che forse quell’errore non può essere stimato “tan mal”.
Se c’è pentimento cessa in azione negativa nelle quartine e assume una valenza
ambigua nella parte finale, in Petrarca quell'esperienza di amore è finita, lui è libero
da quell’esperienza erotica, aldilà di come la definisce, in Herrera la tensione resta
ancora fortissima, questo è un testo programmatico di quello che ci aspetta in tutta
l’opera, “il furor” è un elemento di rappresentazione molto importante, in tutti i
testi di Herrera troveremo sempre un’esperienza non conclusa.
La cosa straordinaria che rende più complesso Herrera che Petrarca, l’esperienza è
negativa nelle quartine, c’è pentimento ma anche furor che continua, c’è riflessione
su cosa ha fatto nel passato ma nel presente continua a fare quello che lo ha portato
alla sofferenza; quindi, c’è disinganno da un lato e dall’altro un’illusione che seguire
con forza l’amore vissuto in modo erotico, c’è disinganno ma anche il seguire con
tutto se stesso amore inteso come erotico, l’ambiguità dei due versi finali ci dice
proprio questo, “si può amare e si deve amare”, dal punto di vista erotico sensuale
l’amore fisico è possibile e una volta arrivati che si è arrivati a quel fuoco che non
porta speranza non ci si può tornare indietro, siamo ad un livello preneoplatonico.
Petrarca viene ripreso perfettamente nella struttura, rapporti, livelli passati ma
viene cambiato totalmente cioè l’esperienza amorosa vista come parte di un passato
bandito è presente in Herrera e in tutto il suo “canzoniere”.
28/04/2022
IL ROMANZO Coloro che, inizialmente, scrivono romanzi, ancora non sanno bene
cosa esso sia.
Le forme del romanzo sono tante, rispecchia un concetto complesso ma soprattutto
un concetto di letteratura che sorprende, questi modelli del romanzo sono già
presenti in Platone, Aristotele, Iliade, Odissea: l’epica classica contiene già alcuni dei
problemi su cui si baserà il concetto di romanzo, contengono già in luce alcuni
elementi che risponderanno nel tempo.

Questi problemi sono sintetizzati con domande a cui il romanzo risponde sono
differenti, “come è possibile rappresentare il mondo?” questa è una domanda a cui
prova a rispondere il romanzo nel tempo,il grande problema della lirica era io con il
rapporto del mondo, i sentimenti, invece questa prosa del mondo che si sviluppa
dalla narrativa antica fino al romanzo antico si chiede come è possibile far entrare
tutto ciò che ci circonda in pagine, “come è possibile rappresentare la realtà?” “La
vita umana?” altra domanda che ci interessa è cosa bisogna rappresentare in
letteratura e cosa no, queste sono domande che le origini del romanzo antichissime
già provano a fare e scrivere dei romanzi e abbiamo un esempio in uno dei nuclei da
cui pare abbia origine il romanzo, analizzando il punto del “sesto libro dell’Iliade”.
n questi punto c’è un personaggio che spiega a Glauco qual è il destino degli uomini
sulla terra e spiega la metafora degli uomini e delle foglie e dice Diomede “così
come è la stirpe delle foglie, così quella degli uomini, le foglie e il vento le riversa per
terra..così le stirpi degli uomini, una cresce l’altra declina” questa metafora ci dice
che gli uomini sono come le foglie, ci dice che semplicemente il destino degli uomini
è quello di nascere e morire quindi gli uomini sono effimeri come le foglie
soprattutto sono in serie, i destini degli uomini, le vite sono effimere e tutte uguali,
anche i destini sono uguali, siamo in una dimensione dell’epica antica in cui gli
uomini hanno questo destino, sono come le foglie perché gli dei e gli eroi invece
hanno un destino differente, gli eroi e le divinità sono destinati ad un destino
eterno.
Cosa interrompe la fugacità tipica degli uomini? La letteratura narrando le gesta
degli eroi li rende immortali e ci salva dall’oblio, questo ci dice omero in questo
episodio, le gesta cantate delle voci dei narratori di tutti i tempi rendono gli uomini
immortali, gli permettono di sopravvivere alla loro mortalità, alcuni problemi sono
già presenti nell’antichità, il percorso del romanzo è il tentativo di narrare le storie
delle foglie, la poesia di tutti i tempi che aveva provato ad eternare eroi e
personaggi storici, il romanzo parte dalla prospettiva di narrare le storie degli
uomini, di rendere questa serialità delle foglie in qualche modo interessante,
arriveranno a fine 800 ma il percorso inizia qui, con personaggi che si chiedono cosa
ne Sará di loro, qual è la loro dimensione rispetto agli eroi con i quali vivono e dei
quali sanno che avranno vita eterna perché eroi.
Il concetto di rappresentazione del mondo, della vita che i greci riportano al
concetto di “minesi”, che è proprio il concetto di rappresentazione è uno dei
meccanismi che sta alla base.
Per sintetizzare, dietro la narrazione di romanzo c’è una volontà di rappresentare,
imitare il mondo, imitare le vite delle foglie.
Ci sono diverse teorie, alcuni dicono che il romanzo nasce nella cultura orientale,
altri Iliade, odissea altri nel 500 in Spagna perché Lazaro, Pablo sono foglie ovvero
personaggi che non sono eroi e la letteratura del tempo parla soprattutto di eroi e
noi improvvisamente sappiamo la vita di questi, sappiamo quanto erano poveri e
come non riuscivano nemmeno a sopravvivere tanto da dover fare cose
innominabile.
Alcuni dicono che il romanzo nasce in Spagna nel 500, si deve ad un cambiamento
sostanziale, anche da un lungo di vista letterario, per quasi tutti esso nasce del 700
inglese che si deve ad un cambiamento sostanziale grazie alle idee illuministiche e
quindi la società vuole raccontare il vero anche dal punto di vista letterario.
Sicurante il romanzo è espressione di modernità, c’è un rapporto visibilissimo tra la
fine dei dogmi che vanno via con l’antico regime e questa necessità di raccontare
storie che raccoglie il romanzo, quello che noi come conosciamo come transizione
sarebbe spiegato anche dalla nascita del romanzo, scompaiono una serie di storie
raccontate di bocca in bocca ed esplode la narrazione del romanzo, forse gli inglesi
hanno ragione.
Nel 500 troviamo varie definizioni di romanzo, molto circoscritte ad una forma di
narrazione continua ma nell’800 troviamo già definizioni vicine al modo che
abbiamo noi di intendere il romanzo, un modo proteiforme, fatto in varie voci, modi,
quindi ha definizione “eterogenea proteiforme” sono aggettivi per il romanzo.
Nel 500 però sono già visibili alcune genealogie del romanzo, cioè essendo
proteiforme, queste forme dipendono dai generi letterari che piano piano sono
diventati romanzi, se questo avviene vuol dire che questa genealogia di romanzi in
qualche modo hanno costruito questo mezzo contenitore con cui ci confrontiamo
oggi.
Le genealogie: romanzi bizantini o greci é un genere romanzesco che si sviluppa nell’
antica Grecia soprattutto nel periodo ellenistico ripreso nel 500, cioè vengono
tradotti tantissimi romanzi e soprattutto le etiopiche di Eliodoro che sono uno delle
opere bizantine che diventano proprio un modello, le traduzioni sono fondamentali
perché in qualche modo fanno entrare le opere del passato nel circolo culturale del
tempo.
Il tema del divino è fondamentale c’è Dio che prevede che questi due amanti
debbano stare insieme, questo tema lo troviamo anche nel medioevo,nel 500
diventa un genere “best seller”, questa è la prima famiglia genealogica che porta al
romanzo poi romanzi cavallereschi che agli inizi del 500 rielaborano la materia
cavalleresca creano un genere differente da cantares de gesta ecc, terza la narrativa
pastorale, è un genere enorme quello della letteratura bucolica in cui rientrano
egloghe ebbene nel 500 la narrativa pastorale diventa un genere in volta, sono
romanzi fatti sui pastori e sono delle opere importanti, anche Cervantes scriverà
un’opera pastorale e avremo l’opera scritta nel 1559 da Jorge Montemayor “la
Diana”.
Di cosa parla il romanzo pastorale? Pastori, loro vite, loro amori quindi questo sono
le prime 3 famiglie nel territorio del “romance”.
I romance rimandano a delle tematiche meno credibili mentre i novel sono più vicini
alla realtà.
Le genealogie del novel sono:
 romanzo espostolare,
 romanzi scritti attraverso lettere,
 tutte le novelle,
 narrativa breve
 le scritture dell’io, (autobiografie biografie memorie), narrare le storie
dell’uomo (foglie)
Anche la tipografia dei secoli successivi diventa più e meno credibile, in Italia
abbiamo vari autori, in Spagna l’autore più famoso dell auto fictione é Javier Marias,
grandissimo autore spagnola.
La picaresca rientra nel novel, racconta la realtà bassa sociale (furfanti, imbrogli) ma
per molti teorici rientrerebbero anche nel romance perché la realtà raccontata dalla
picaresca non è reale perché è comica, noi ridiamo e questo rende la realtà meno
verosimile (questione enorme) perché tutti il realismo 5/600esco, le foglie vengono
raccontate comicamente, per renderla interessante bisogna renderla comica per
questo la picaresca è un genere problematico.
Il romanzo nasce dalla con presenza e commissione che rimandano a diverse prose
narrative, come sappiamo che questa finzione corrisponde direttamente alla realtà?
Leggiamo i romanzi, li cataloghiamo ma anche perché abbiamo diverse
testimonianze di persone che ci descrivono proprio questo, ci sono narrazioni che
fanno questo, che narrano di vita di furfanti ecc quindi non è anacronismo
immaginarci i lettori che entrano in libreria (Cervantes y Sancho) dove trovavano
diversi generi.
Siamo arrivati a ragionare su quali erano i generi che un lettore del 500 ha a
disposizione quando entra in libreria, queste rimandano a delle scritture molto
differenti di romanzo, se pensiamo a romance e novel vediamo la differenza
sostanziale che questi testi hanno nel rapporto con gli ideali, il romanzo ragiona per
tutta la vita sul rapporto tra gli uomini e le leggi che in qualche modo regolano le
azioni degli uomini, dovrà arrivare a narrare storie come persone come noi, ci arriva
riflettendo sulle leggi che in qualche modo regolano il mondo, gli amanti casti
devono combattere con le leggi del mondo che devono in qualche modo far
rispettare le leggi dell’ideale cavalleresco e le leggi della giustizia, lealtà.
I pastori fanno riferimento a delle leggi di un mondo altro rispetto a quello umano,
leggi distanzi, un luogo altro, tranquillità, vita campestre e anche i picari in fin dei
conti impongono di ragionare sulle regole scritte, se le regole scritte dicono che i
picari devo essere gli ultimi della sfera sociale, essere bistrattati allora questi picari
vanno contro questi ideali e queste leggi scritte , quindi rapporto con le idee: il
romanzo per narrare la realtà ha bisogno di capire quali sono le idee che regolano
quale realtà si sta raccontando.
Come fa una giovane donna espressione perfetta della pietas Cristiana a vivere in un
uomo di uomini violenti rimanendo fedele a se stessa? Le idee sovrastano i
comportamenti dei personaggi romanzeschi, è un romanzo realista perché Manzoni
ci tiene a farci capire che ci sta raccontando una storia reale, le idee sovrastano i
personaggi che si confrontano con le idee che regolano il mondo, come fa una
famiglia di pescatori a credere in un’economia familiare? Si sfalderà la famiglia dei
Malavoglia ma dietro ci sono le idee, Verga riflette su come degli schemi familiari e i
personaggi possano sopravvivere alla modernità, come una società.
Facendo riferimento ad un minimo episodio, parte minima della trama. noi
ricostruiamo le idee che stanno dietro alle azioni umane del romanzo, se facessimo
lo stesso sforzo leggendo i sonetti di ieri non traspare le idee del mondo, possiamo
ricostruire i sentimenti, i pensieri a parte il caso di P, la lirica non ci fa arrivare il
mondo come fa la prosa perché i personaggi della prosa sono imbevuti delle idee del
mondo che vivono, che regolano il mondo.
RAPPORTO CON LE IDEE, NORME DEL MONDO la differenza tra “modern e novel”
arriva molto più avanti, possiamo dividere le genealogie tra romanzi idealisti e
antidealisti.
Nei romanzi idealisti potremmo includere i cavallereschi, bizantini, pastorali invece
in quelli antidealisti possiamo mettere i picareschi, ricostruiremo la formazione dopo
aver letto testi del Medioevo, né ricostruiremo la formazione di un farabutto che ci
sarà simpatico.
I romanzi o generi idealisti promuovono una concezione celebrativa, ideale o
idealista della vita e dei comportamenti umani, prevede che ci siano ideali positivi da
seguire (cavalieri, coppia predestinata) i secondi hanno una concezione antidealista
della vita, atteggiamento anti-denigratorio verso i comportamenti umani, portano i
lettori in un regno e in un mondo diverso dalla realtà.
ROMANZI IDEALISTI E ANTI-IDEALISTI I romanzi ‘’idealisti’’ sono:
1. Romanzi cavallereschi
2. Romanzi Bizantini
3. Romanzi pastorali
I romanzi ‘’antidealisti’’ sono:
1. I romanzi comici
La distinzione tra romanzi idealisti e antidealisti è una definizione più moderna di
‘’romance’’ e ‘’novel’’.
I romanzi ‘’idealisti’’ promuovono una concezione celebrativa e idealista della vita:
valori POSITIVI.
Sono romanzi che trasportano il lettore in un mondo diverso dalla realtà (un mondo
appunto ideale).
I romanzi antidealisti descrivono un atteggiamento denigratorio dei comportamenti
umani.
Sarà l’idealismo a provocare il disappunto dei critici dei secoli successivi: per questo
il romanzo volgerà ad una letteratura verosimile e vicina alla realtà.
PERCHE’ IL ROMANZO E’ UN GENERE VASTO?
1. Molte scritture coinvolgno in questo unico genere.
2. Le forme letterarie vanno sistematizzandosi attraverso scritti teorici, che spiegano
come fare letteratura
3. Il romanzo è a lungo tempo un genere protiforme (che include molti scritti)
Il romanzo è un tipo di scrittura senza regole. Non ha modelli.
I romanzieri hanno tuttavia degli obiettivi:
1. Piacere al pubblico ciò viene meno quando nel ‘700 nascono le scritture teoriche
sul romanzo, e quando c’è la transizione dall’antico regime al mondo razionale. Il
pubblico vorrà leggere cose aderenti alla realtà. Il romanzo inizierà a narrare la vita
di persone comuni (fine ‘800).
2. Chi scrive romanzi Bizantini narra storie antiche
3. Chi scrive romanzi cavallereschi vuole riportare valori dell’epoca medievale.
Il romanzo è sempre teso tra le idee e le azioni dei personaggi.
Il romanzo cavalleresco è fondamentale perché le azioni degli uomini non vengano
giudicate in situazioni reali, ma poco verosimili.
Nell’ambiente dei romanzi cavallereschi e idealisti, gli ideali sono dati per scontato
(mentre nell’800 nulla è scontato e tutti devono combattere x ottenere qualcosa).
Nel mondo dei cavalieri gli ideali devono essere garantiti, in quanto il non garantirli
fa muovere la trama e i cavalieri per far sì che vengano garantiti.
I personaggi sono guerrieri professionisti e i romanzi parlano delle loro gesta.
I cavalieri seguono valori ideali e soffrono quando questi ultimi non si realizzano.
Per questo sono poco verosimili (credono in modo inverosimile negli ideali e
narrano di un mondo poco credibile. Affrontano le difficoltà in maniera
inverosimile).
DOMANDE CHE SI PONGONO I CAVALIERI
1. Perché l’onestà e la generosità sono violate?
2. Perché non tutti fanno del bene?
Agli occhi dei cavalieri il mondo è imperfetto, e il loro compito è quello di renderlo
vivibile e migliore (i cavalieri si mettono a disposizione del mondo per migliorarlo).
L’ideale cavalleresco resta quindi lo stesso, ma subisce delle modifiche: nel ‘500 c’è
l’ideale del cavaliere perfetto, perché c’è nostalgia del medioevo, di un tempo in cui
non c’era l’economia. Era un mondo perfetto, che tutti volevano recuperare.
In quel periodo, infatti, tutti seguivano l’ideale cavalleresco (tutti si vestivano come
cavalieri).
La materia medievale del XII e XIII secolo torna nel romanzo cavalleresco del ‘500.
I cicli ripresi sono:
1. Ciclo carolingio
2. Ciclo Tebano
3. Ciclo nordico
4. Ciclo Bretone (re Artù e i suoi cavalieri).
Il Ciclo Bretone fu quello ad avere più successo, perché incarna maggiormente lo
spirito del medioevo (spirito politico fatto di tensioni tra signori locali, etc..)
Nel periodo medievale i cavalieri erano una forza armata che doveva controllare e
gestire i territori: nel romanzo troviamo questa tematica, anche se prevale di più
l’ideale cavalleresco.
IDEALE CAVALLERESCO
1. I cavalieri dovevano raggiungere la gloria oscurando i rivali
2. Dovevano essere fedeli ai loro sovrani
3. Dovevano tener fede alla parola data
4. Potevano innamorarsi, ma dovevano seguire l’amore cortese (proteso verso Dio).
5. Se il loro sovrano li tradiva o tradiva gli ideali cavallereschi, i cavalieri avevano il
diritto di ribellarsi.
6. Servizio spontaneo del cavaliere: il cavaliere è a servizio dell’ideale, cioè tutto il
mondo è retto dal servizio dei cavalieri. I cavalieri sono devoti al loro signore, anche
se sono abbastanza forti da poterli sconfiggere.
IL CAVALIERE ERRANTE
Un tipo straordinario di cavaliere è il cavaliere errante (che cerca avventure).
Non è a servizio del re, ma occupato in diverse missioni, che trova di volta in volta.
I suoi compiti sono:
1. Difendere i perseguitati, i deboli, le vedove e gli orfani.
2. Ristabilire la giustizia
Le sue missioni sono avventure.
Una caratteristica del cavaliere è quella di stare in allerta sempre, lanciarsi sempre in
battaglia (lasciando tutto ciò che ha). I cavalieri hanno però delle ricompense:
1. La gloria (la ricompensa più importante): essere ricordati come ‘’eroi’’. La gloria
viene prima di tutto. I cavalieri cercano sempre le missioni in cui possono
dimostrarsi superiori rispetto agli altri, anche rinunciando a ricompense materiali.
2. Possono diventare principi, conquistare terre.
AMADIS DE GAULA
‘’Amadis de Gaula’’ (di Garcia Rodríguez de Montalvo) è un importante romanzo
cavalleresco.
Tratta di un cavaliere che sfida altri 11 cavalieri per dimostrare la sua superiorità.
RAPPORTI COL CAVALIERE MEDIEVALE
L’ideale cavalleresco del ‘500 è un ideale perfetto.
Si prendono alcuni elementi del cavaliere medievale, come il fatto che essi avessero
delle anime ‘’magne’’ (grandi) e curve: la loro magnanimità poteva declinare in
alcuni momenti (come la fedeltà al re, spesso per questioni amorose. Es: Lancillotto
tradisce il sovrano per amore di Ginevra).
Il romanzo del ‘500 riprende l’anima curva del cavaliere e la condanna.
I cavalieri che curvano la loro anima magna sono esclusi dal mondo.
CARATTERISTICHE DELL’AMORE NEL ROMANZO CAVALLERESCO
1. Non deve essere fine a sé stesso, ma al matrimonio
2. È quasi sempre asimmetrico (non corrisposto): l’asimmetria è fondamentale
perché concede alle donne di valutare il sentimento, le virtù, missioni e valori del
cavaliere.
In questi romanzi il rapporto con la fede è nascosto: i cavalieri fanno riferimento a
come i cieli mettono alla prova il loro coraggio, ma i cieli non sono mai formalizzati e
Dio non è mai visibile (anche se è presente).
Dio è una forza incomprensibile e i cavalieri si chiedono perché chi governa le azioni
lo faccia così (perché non c’è la giustizia, il bene, etc..).
Molto presente è la dimensione del soprannaturale (maghi, streghe, nani, oggetti
soprannaturali): ciò è interessante perché esprime la nostalgia per le credenze
medievali. La Controriforma, nel ‘500, esilia le credenze antiche e rende credibili
solo quelle Cristiane.
03/05/2022
Un elemento importante da ricordare è il rapporto tra azioni umane e idee, che
rappresenta il rapporto costruttivo del romanzo. È un elemento che ci servirà per
capire il percorso graduale della rappresentazione della realtà nel romanzo.
Il romanzo, attraverso le sue genealogie, è un genere a che arriva fino a noi, e che
continua a ragionare su problemi come: “come fa la scrittura in prosa a narrare del
mondo?” “quanta realtà c’è nelle pagine che leggiamo?”
ROMANZI CAVALLERESCHI Il romanzo che segna il modello del romanzo
cavalleresco 500esco in Spagna è L’AMADIS DE GAULA, di Garcia Rodriguez de
Montalvo, pubblicato nel 1508.
L’autore riprende la materia e la storia di un romanzo scritto nel 300. Era un
romanzo anonimo che la critica ha definito “l’amadis primitivo”. Prende la storia di
questo romanzo e la rielabora. La storia rimarrà più o meno la stessa, perché
l’autore ne riprende una buona parte (i primi 3 libri li ha solo copiati, mentre il 4 l’ha
scritto lui). Il romanzo ha tantissime edizioni e viene continuato da altri autori;
quindi, ha tantissime continuazioni ed un successo enorme.
Ma come mai? Tutti volevano leggere le storie dei cavalieri e la stampa aveva
raggiunto livelli di grande sviluppo (era in grado di produrre 30.000 o 40.000 copie di
un’opera). Essendo storie non erudite potevano essere lette da tutti e questo
permise di aumentare il numero dei lettori.
Il libro racconta la storia di Amadis, dalla nascita alle sue gesta eroiche da cavaliere.
La nascita di Amadis è una nascita mitologica: nasce da un amore segreto tra il
padre, che è il re Perion de Gaula e Elise de Bretagna. È figlio di un re e non ne ha
idea; infatti, verrà abbandonato in una cesta e verrà cresciuto da un cavaliere.
Come tutti i giovani, si innamora della figlia di un re di nome Oriana e viene fatto
cavaliere dal padre, anche lui inconsapevole sia il figlio.
Ci sarà un problema tra Amadis ed il padre della sua amata, Lisuarte, per cui il terzo
ed il quarto libro sarà concentrato sullo scontro tra Amadis e suo suocero. Amadis e
Oriana avranno anche un figlio, di nome Resplendian, a cui saranno dedicati molti
romanzi a parte.
Ancora oggi non sappiamo quanto l’autore cambi le cose rispetto alla storia originale
a cui si rifà.
Fa riferimento anche ad altri romanzi cavallereschi, uno di questi è Lancillotto in
prosa e, a proposito di elaborazione di altri romanzi, uno degli episodi più
importanti è quello che riguarda il ritiro di Amadis in un bosco isolato.
Montalvo riprende questa materia passata (materia Bretone) e, soprattutto, sa che
sta facendo un’operazione delicata: come succede con tutti i prodotti letterari di
successo, molti critici del tempo criticavano i romanzi cavallereschi del tempo.
Nel 500 ci si inizia a porre un problema, quello che riguarda la verosimiglianza dei
romanzi cavallereschi che erano lontani dalla realtà (lo stesso ideale dei cavalieri era
lontano dalla realtà). Nel 600 questi romanzi saranno proibiti perché portatori di
follia.
Nel 500 le avventure dei cavalieri rimandano più alla favola che alla realtà.
In che modo iniziano a scontentare i lettori più critici? Il mondo razionale
dell’umanesimo va in contrasto con queste narrazioni, anche per le scoperte
geografiche che portano a razionalizzare la realtà.
Anche la politica, la scienza, raggiungeranno una grande razionalità.
A questo mondo razionale, corrisponde il romanzo che, dall’altra parte, racconta
storie inverosimili e questo infastidisce gli intellettuali. L’uomo deve iniziare a capire
come va il mondo e che e frottole raccontate in questi romanzi fanno impazzire i
lettori.
Quando Montalvo scrive questo romanzo, di mondi sconfinati, irreali, è in contrasto
con il mondo reale, razionale.
Nel prologo ci dice di che ci sono 3 tipi di storie o anche 3 modi di rappresentare la
storia della realtà:
1. Gli storici illustri, come Sallustio e Tito Livio, che fanno unicamente ai fatti che
sono accaduti, alla realtà.
2. Quello che racconta sia il vero sia il falso, e, in questo tipo di storia inserisce
anche i poeti omerici.
3. Storie unicamente finte che lui definisce “historias finjidas”, scritte da autori
di basso livello.
TESTO DELLA FOTOCOPIA (PROLOGO) In questa parte del prologo abbiamo
tutti gli elementi che ci fanno capire il lavoro di Montalvo. Fa tantissime
premesse per giustificarsi di ciò che sta facendo, dicendo che, se ci sono cose che
danno fastidio a qualcuno, qualsiasi errore da lui commesso è dovuto dalla
bassezza di ingegno, cioè il suo ingegno non gli ha permesso di scrivere qualcosa
di alto livello.
Questo fa si che lui non possa scrivere storie elevate, ammettendo di aver scritto
storie lontane dalla realtà.
Però, non tiene fede a quanto scrive nel prologo, come ci dimostra lo stesso libro.
Nel terzo e nel quarto libro il romanzo si trasforma in qualcosa di diverso: in un
manuale per perfetti cavalieri e per perfetti cortigiani.
Ci racconta le avventure e, poi, attraverso delle digressioni, momenti in cui la
narrazione si ferma, commenta i comportamenti dei cavalieri.
Queste digressioni vengono chiamate momenti metanarrativi, la domanda che ci
pone in questi momenti è. Che insegnamento possiamo trarre da ciò che stiamo
leggendo? Legame fortissimo tra narrazione e dottrina.
Nella prima parte viene rielaborata la materia cavalleresca, nella seconda si passa
ad una sorta di compendio per il perfetto cavaliere.
Montalvo ci da delle spiegazioni sulla sua narrazione e ci dice che possiamo trarre
insegnamenti anche dai momenti metanarrativi, dove si giustifica che dato che
questa è la storia di Amadigi non può aggiungere storie di altri.
Le parti che riguardano lo scontro lo scontro tra Amadigi e il suocero sono parti in
cui la lotta diventa uno scontro tra cavalleria e corona, scontro tra due ideali
diversi.
L’opera è abbastanza disomogenea. Il prologo e gli interventi danno omogeneità
all’opera, facendocela leggere come un romanzo.
C’era uno studioso che ha problematizzato il rapporto tra finzione e realtà
razionale umanistica-rinascimentale, ovvero MAXIME CHEVALIER: afferma che in
un mondo così antico i lettori trovano nei romanzi idealisti una compensazione
rispetto al loro presente.
Ma perché proprio in questo mondo? Perché un elemento fondamentale che
apportano gli stati moderni è il così detto disciplinamento, cioè seguire degli
ideali e, per questo vivere. Questi fattori inizano a sorgere in questo momento, il
mondo inizia ad essere più noioso e più rigido e trovano nei romanzi
cavallereschi un “rifugio” ed è per questo chehanno così tanto successo.
04/05/2022
Ci spostiamo su una forma di romanzo differente, su un altro emisfero, arriviamo in
un mondo diverso, abbiamo visto che i cavalieri in qualche modo incarnavano un
mondo perfetto passato, restano personaggi esemplari e proprio per questo erano
inverosimili, questi personaggi cominciano ad annoiare e subire critiche dal pubblico
e intellettuali del tempo perché sono inverosimili e cominceranno sempre più a dare
spazio a personaggi che iniziano ad essere credibili, non sono ancora come noi (tipo
800) ma cominciano ad essere personaggi possibili, cioè che in qualche realtà del
mondo è possibile incontrare, siamo partiti dalla metafora degli uomini e foglie, per
rendere interessante la vita degli uomini, inizialmente le forma romanzesche
rappresentano questi uomini, per narrare la vita di questi che in teoria non
dovrebbe essere narrata, all’inizio vengono rappresentati con il filtro dell’ironia,
rappresenta la vita di straccioni che fanno di tutto per sbarcare e lo fa con una
prospettiva classista ovvero quella di autori o voci narrative, quella di nobili che
ridono delle bassezze di questi personaggi, questo è uno dei filtri del romanzo
picaresco, le vite degli uomini normali non sono ancora narrabili in modo serio, la
narrazione seria e dei personaggi bassi arriveranno più in avanti, la narrazione seria
presenterà i personaggi come essere umani tragici, c’è sempre un filtro che in
qualche modo lima la forza negativa dei personaggi, noi ne ridiamo per la maggior
parte come di Lazaro, ma in parte riflettiamo, l’obiettivo dei narratori di questo
momento è di farci ridere perché non possono fare altro perché per ora le vite degli
straccioni non possono essere narrate, le vite delle classi più basse non vanno
narrate.
Cosa c’è dietro la picaresca e perchè si sviluppa proprio in Spagna
Dietro la picaresca e tra i motivi per i quali dobbiamo lo sviluppo di questo genere
c’è la Spagna con le sue contraddizioni, c’è la Spagna trasfigurata con ricchezze non
reali (Sevilla, porto) che crea enormi differenze tra ricchi e poveri e dietro la
picaresca c’è anche la Spagna della controriforma o meglio tutta l’Europa della
controriforma:
riforma protestante, credenza non esistano più, ortodossia unica e la Spagna della
controriforma diffonde e rende incontestabili alcuni valori cioè l’ortodossia religiosa
è unica e la detiene solo una parte del mondo, cristiana (ricordiamo Lepanto con
luce a sinistra e buio della parte musulmana a destra, prospettiva), la verità la
detiene solo la parte del mondo cristiana, tutto il resto è eresia, c’è questa Spagna
che è dilaniata nella differenza tra ricchi e poveri e Spagna delineata dalla
controriforma, che impone una ideologia da cui non si può scappare, perché noi
diciamo che il romanzo picaresco si deve a queste due piccolo enormi condizioni
storico culturali? Vediamo che i “picari amorali” che non si pongono problemi nella
loro azione e quelli morali che ad un certo punto cominciano a pentirsi, la Spagna
dei ricchi e poveri emerge da picari amorali esclusi dalla loro società, trattati
malissimo e vedono differenze enormi rispetto ai ricchi signori e quindi decidono di
far fronte alle ingiustizie, i picari non mangiano per giorni, la fame è un tema
ossessivo, spesso Quevedo ci descrive la fame che non è solo questione di povertà,
ma anche una fame fisica quindi la Spagna con le differenze viene fuori da questi
picari e decidono di far fronte a questa immaginazione, l’amore nel romanzo
picaresco non esiste, non si da di baratto, amore della Celestina che si ritrova anche
in questi romanzi cioè nel lazarillo di tormes l’amore è come diceva Celestina è
barattabile come il denaro e vedremo che sarà una delle chiavi dell’ascendere
socialmente nella storia quindi da un lato i picari esprimono le divisioni sociali in
Spagna e dall’altro i picari morali si pentono e in qualche modo incarnano lo spirito,
il contesto studiato emerge nei romanzi che stiamo provando a leggere.
La picaresca ci offre il ritratto di questa società, ne escono malissimo tutte le classi
sociali e per tornare alla celestina, il picaresco ci dà l’idea di tutti contro tutti,
conferma quello che già annunciavano i personaggi della celestina, li era follia ma in
questo mondo invece era la normalità, in questo mondo oscuro e la lotta di tutti
contro tutti gli ideali sono diventati normalità, nessuno si sorprende del fatto che ci
sia una violenza presente dappertutto, tuti i rapporti sono sotto forma di violenza,
l’altra cosa di normalità della picara è che questo mondo lo conosciamo dagli occhi,
non solo seguiamo e leggiamo le avventure di personaggi indegni di essere
raccontati, tra le peggiori foglie, noi lo leggiamo dagli occhi dei picari, noi vediamo il
mondo dai loro occhi, elemento fondamentale.
Noi leggiamo il mondo attraverso persone che sono ai margini, per il 500 è un
elemento di avanguardia assoluta, questo mondo media le voci che arrivano dai
margini, ovviamente stiamo attenti che questa è una finzione, da voce ma gli autori
non sono i picari, nella finzione quel mondo che stava raccontando la storia
comincia a raccontarci in prima persona le storie di bassa società, in questo mondo
in cui abbiamo visto le azioni umane rette da grandissime ideali, viste in tutta la
letteratura da religiosa amorosa romanzo cavalleresco, mentre c’è questa
letteratura in Spagna emerge questo genere, la letteratura spesso ci racconta cose
che la storia ufficiale non racconta quindi è chiaro che dietro le pagine che
leggeremo c’è una fetta di storia dimenticata dalla storiografia, la letteratura ci dona
fetta di storia che altrimenti sarebbe andata perduta ma ci fa capire che la Spagna
del tempo non era quello splendore dell’impero o almeno era quella ma anche
questa, per questo fantasma mentre c’è un enorme fiducia nella capacità del mondo
c’è anche questa forza enorme che vivevano le classi basse che erano in
maggioranza e i romanzi esprimono, erano la maggioranza cioè tutte le gesta
eroiche erano in minoranza, la maggioranza è questa quindi il fantasma della storia
fino ad un certo punto, forse è la storia vera che emerge, quindi il romanzo
picaresco in qualche modo interrompe quella volontà di narrare storie
compensative, la picaresca ci fa capire che A metà 500 questa volontà di cercare
riparo nei mondi di invenzione, comincia a lasciare spazio alla necessità di conoscere
il mondo così com’è, passiamo da volontà di leggere storie fantastiche alla necessità
di leggere storie vere, é una necessità che non è un passaggio definitivo, cioè
ciclicamente la cultura dell’Occidente denuncia la volontà di leggere di cose reali,
questa volontà e darà da nuclei storici della società che vuole sapete cosa succede
nel mondo, avremo nell’ 800 i moti rivoluzionari e tutto ciò che verrà dopo la
rivoluzione francese porterà al realismo che noi lo conosciamo, al romanzo storico,
prima c’era stato il romanticismo fatto della personalità dello scrittore, fantasia ecc,
ciclico, si va verso funzionalità massima, racconti fantastici e si torna alla storia: 900
le avanguardie e poi guerre mondiali che impongono di tornare alla storia,
neorealismo, questo è un procedimento che ritroveremo e ci fa capire come è una
necessità che torna quando la storia mostra il suo volto preoccupato, periodi storici
di grande crisi o che cambiano il mondo.
Come si traduce questa esigenza di verosimile, realismo, storia? Si traduce con un
procedimento molto semplice, cioè le pagine della storia, le regole di queste pagine
letterarie cominciano a far entrare nel loro interno le regole della nostra vita, cioè
stiamo entrando in un mondo che dovrebbe essere letto dalle regole del mondo
umano, quando diciamo “verosimile, realistico” ci riferiamo a questo, le leggi del
mondo che iniziano ad entrare nella finzione e per rendere credibili queste vite non
è un caso che i primi romanzi picareschi siano delle autobiografie fittizie, cioè queste
storie ci vengono narrate con occhi dei picari c’è un picaro che dice “io sono L. De
Tormes, sono nato..” quindi per fare in modo che le leggi del mondo siano vicine alla
finzione usano questo “io”, la storia comincia ad essere simile alla vita perché è la
storia di una vita, cioè tutta la trama di questo tema si sviluppa su una storia di una
vita raccontata dal protagonista, l’altro elemento fondamentale che rompe la
picaresca è un elemento che abbiamo trovato nel romanzo cavalleresco, cioè che i
destini degli uomini sono dati “a priori” cioè sono decisi già, non c’è possibilità di far
cambiare il destino degli uomini, però quasi tutta la narrativa idealistica è convinta
che i destini degli uomini siano decisi a priori come il destino della coppia
predestinata che deve stare insieme, l’interesse della trama ci fa capire come è con
quale peripezie sono destinati, il loro destino e carattere è dato a priori, non cambia,
mentre la picaresca fa finire questa legge, i destini degli uomini non sono dati a
proprio, possono cambiare, dietro c’è l’idea che questi personaggi possono lottare,
le condizioni sociali cominciano ad essere importanti, l’idea che qualcuno
problematizzare questa idea nella finzione è un fatto nuovo, in Dickens e Zola le
condizioni sociali sono in qualche modo messe in dubbio, i picari hanno una visione
problematica, loro sono adattabili alla società mentre l'anonimo ci fa capire che il
lazarillo era una bomba per la società del tempo.
La picaresca ci dice anche che la letteratura gradualmente comincia a fare spazio agli
umili e comincia in qualche modo a dirci che gli umili hanno diritto ad essere
raccontati, è una polemica enorme tra le letterature europee, quando ci sono
convegni o seminari, questa cosa non va mai affrontata altrimenti si finisce cioè gli
studiosi non hanno una condizione palese sulle leggi del romanzo perché non è
palese quale sia in qualche modo la forma narrativa
La picaresca non cambia solo i personaggi ma mette in dubbio in qualche modo
alcune certezze della letteratura del tempo, la letteratura picaresca impone ai lettori
del tempo un patto narrativo totalmente differente, patto di funzionalità che è un
patto che ogni autore di letteratura stringe con i propri lettori potenziali, il lettore
implicito e il patto funzionale e il patto che l'autore crede di stringere con i lettori
cioè mi aspetto che i lettori crederanno che in questo punto io ho detto questa cosa,
cosa prevede il patto, prevede che l’autore preveda qual è l’immaginario dei lettori
cioè cosa possono credere, il lettore leggendo un romanzo storico si aspetta fatti
reali attente ti alla storia quindi il patto è uno scritto tra autore e lettore che
condividono alcune leggi, se leggo un romanzo già, lo so bene che in quel romanzo
troverò condizioni che mi portano a scoprire chi è l’assassino, se ad un certo punto
non lo trovo, il caso non si risolve, l’autore non sta tenendo fede al patto, questi
signori stabiliscono un nuovo patto con il lettore, quel lettore che si aspetta di
trovare una realtà reale, fatta di funzioni adesso devo trovare un mondo ideale,
quindi il patto è molto differente, mi aspetto vite reali e quindi devo considerare che
iniziò a farmi domande differenti rispetto al picaresco, cosa fa l’autore del lazarillo?
Scrive un’opera di finzione ma ce la fa apparire come vera dall'inizio alla fine, vuole
che noi leggiamo questa storia come se fosse vera, realmente accaduta e per farlo
ce la deve far sembrare possibile e lo fa in vari modi.
L’autore del lazarillo vuole che noi ce la beviamo, rende credibili le condizioni
attraverso le quali si sviluppa la storia, vuole che noi crediamo che la storia sia vera,
stabilisce un nuovo patto di funzionalità con le lettere lascia il lettore nel dubbio e il
dubbio è quello, sarà esistito lazaro o no?
I tre romanzi picareschi che leggeremo sono come se fossero parabole, come il
lazarillo stabilisce un modello con il Guzman 1599 segue il modello e lo porta ad
un'evoluzione sempre più matura e nel 16126 con il Buscon di Quevedo il modello si
è già esaurito cioè il romanzo picaresco e già diventato tutta altra cosa.
Nel 1599 Matteo Aleman autore del Guzmàn de Alfarache non avrà bisogno
dell’anonimato per raccontarci la storia di un picaro, questo ci dice che quello che
doveva mascherarsi dietro tantissime convenzioni, nel 1599 già è narrabile
attraverso meno convenzioni, più liberamente , uno di questi è autore vs anonimo,
ma soprattutto ci fa capire che ormai i lettori hanno accettato la verosimiglianza
come elemento caratteristico della narrazione
cioè non bisogna più far finta che siano vere dicendo forse sono colui che vi sta
raccontando questa storia, questa è una finzione ma in questa si possono raccontare
le cose vere, Aleman è cosciente del fatto che la gente nella finzione può trovare
cose vere, per loro era un elemento di distacco alla letteratura precedente, noi non
facciamo altro che cercare cose reali nelle finzioni, questo è il patto nuovo che
stabilisce l'autore del lazarillo e Aleman lo seguirà, con Quevedo questo modello
(rappresentazione mondo, racconto classi sociali bassi) si è trasformato in una
specie di gioco del linguaggio, Quevedo con il buscon gioca con il modello picaresco
cioè non gli interessa se il protagonista è reale o meno, se le cose che racconta sono
reali o meno, ormai il picaro è diventato un personaggio letterario tanto quanto i
cavalieri, è come si dicesse questi si aspettano la picaresca, quindi ora ci gioco, e non
è più quella di una volta che c’è la volevano far sembrare come vera, troviamo tutti
gli elementi della picaresca sparsi, confusi , gioca con quella rappresentazione della
realtà che avevano inaugurato i due romanzi precedenti, il linguaggio ha un ruolo
fondamentale.
Cioè mentre nei romanzi precedenti erano le azioni dei picari le cose più importanti
quindi noi seguivamo i picari, nel buscon hanno un ruolo fondamentale i racconti dei
personaggi, le parole fanno andare avanti la trama, è un gioco letterario a tutti gli
effetti, una 70ina di anni dopo il lazarillo c’è una parabola, un genere che si impone
con quelle discontinuità e poi c’è una fase intermedia con Guzman dove si possono
raccontare vita dei picari.
Ripartiamo dal “Lazarillo de Tormes” vida de L. De Tormes con sus sfortunas y
adversidades. Come si strutturano All’interno del romanzo, quali sono i elementi
che gli consentono di rappresentare la vita di un picaro, il primo elemento
identificativo del lazarillo è l’autonomia della narrazione, benché sia una specie di
narrazione fatta per trattati non ha una cornice cioè noi ce la aspetteremo (conde
luc) questo testo è autonomo perché non ha bisogno di una cornice, di solito serve
per introdurre argomenti trattati, non ne ha bisogno ora nel prologo vediamo che fa
parte della narrazione cioè già stiamo nella storia, nel lazarillo non abbiamo nessun
discorso del genere, tutte le narrazioni trovate fino ad ora doveva per forza avere
giustificazioni, Fernando de Rojas aggiungerà paratesti per giustificare, il lazarillo è
come se raccontasse senza premesse, come ci sbattesse la storia di questi picari,
anche il prologo che leggeremo all’inizio ci sembrerà giustificare, aldilà non ci sta
giustificando quello che ci sta raccontando ma già sta giocando e dietro questa
autonomia leggiamo quello che ci siamo detti, modo di rivendicare che si può
raccontare di questi temi e lo si può fare senza bisogno di preamboli, se noi non
troviamo qualcuno che ci giustifica cosa ci sta raccontando ed è significativo che la
forma ci dice che questa materia rompa e ci dica che l’autore c’è lo vuole far
arrivare,
Secondo elemento finzione autobiografica, in qualche modo dobbiamo sapere che
l’autore non è Lazzaro perchè é colto infatti nel prologo cita Orazio, cicerone.. già dal
prolgoo vediamo che c’è qualcosa che non va, nuovo patto con il lettore.
Secondo elemento finzione autobiografica , A quel tempo non si poteva parlare di se
stessi, Dante nel conviviò ci dice che sono solo i due motivi per farlo, uno se si deve
discolpare da una colpa cioè giustificare e dall’altro se la propria vita e da esempio
per qualcuno, le cose stanno così anche nel 500 ma ci sono varie modalità di diario
cioè corona che di viaggio che permettevano di parlar di se stessi , i diari sti avevano
come obiettivo scrivere dei posti, altro modo nel raccontare di se era la vita di artisti
cioè gli artisti, ci vorranno secoli per parlare di se ex confessione Russeau, questo
personaggio.
La finzione autobiografica consentiva in qualche modo al narratore e all'autore di
raccontare in modo più efficace la realtà perché tutti pensano che quella vita sia la
vita dell’autore però considerando che non si poteva narrare di se, l’effetto di
rottura era duplice 1 parla di se ,,2 ci racconta di cose reali e scandalose, questa
scrittura si traduce con un modo di narrarci la storia, molto tecnica che ci fa tornare
ai nostri glossari, pacto narrativa metanaracion, heterodiegetico,
autodiegetico,homodiegetico.
narratore herterodietegico non partecipa alla storia che si narra
Autodietegico é narratore e personaggio della storia dice “io” può essere
protagonista o uno dei personaggi
Che tipo di narratore è il narratore di Lazarillo? Autodiegetico
C’è un autore che dice io e ci fa credere che sia la storia della propria vita, vediamo il
terzo dispositivo di rottura del lazarillo che è l’anonimato, non è stato chiarito nei
secoli chi è ma sappiamo che non è Lazzaro, lo sappiamo da determinati elementi
che leggiamo nel testo uno e lo stile due sono le fonti e citazioni che leggiamo e tre
la struttura del romanzo è simmetrica ed artisticamente perfetta, si aprono
chiudono episodi simmetrie straordinarie, ovviamente non sottovalutiamo anche il
fatto che lui non scrive il suo nome ci fa capire che non vuole richiamare di avere
critiche o essere condannato essendo così ente questo autore anonimo che sta
giocando ci gioca in modo molto particolare, a questo gioco già complesso e
innovativo si aggiunge un altro elemento che rompe tutti gli schemi cioè la struttura
epistolare, che genere è il lazarillo? È un romanzo picaresco la cui scrittura si basa
sia sull’ autobiografia e scrittura epistolare, ci descrivere la storia come se fosse nella
vita di Lazzaro ma ci fa credere che sta scrivendo tutta la vita perché la deve
raccontare ad una persona, gioco di elemento con il realismo, altro elemento è
quello della presenza di un destinatario è un ignoto vuestra merced locuzione che si
da di solito ai signori, sappiamo di che classe sociale è e sappiamo che Lazzaro deve
raccontare qualcosa a questo signore, deve chiarire qualcosa a questo signore e per
farlo comincerà a scrivere la storia della propria vita, ci racconta la propria città
perché deve rispondere a qualcuno che chiede informazioni, tutto alla fine vedremo
che si tiene perfettamente e noi dal prologo scopriremo tutto nelle due pag. di
prologo capiremo tutti gli elementi che abbiamo elencato.
05/05/2022
Del genere picaresco le tre opere che leggeremo tracciano in qualche modo la
parabola del genere, 1554 Lazarillo segna un modello, ci fa capire come nasce e si
sviluppa il romanzo picaresco, come si scrive e racconta lo capiamo da questa opera
straordinaria dopodiché a fine 500 il Guzman di A. Ci fa rendere conto che ci sono
altri che scrivono di picari, alcuni delle componenti più importanti, 1154 autore
anonimo che dissimila perché non si può permettere ancora di narrare di vita umile
e a fine 500 l’autore se lo permette, nel 1626 con il Buscon il modello mostra già di
essersi esaurito, con la picaresca c’è un boom di edizioni, copie e poi il genere inizia
a svuotarmi infatti nel 1626 uno degli autori più importanti ci fa capire che il
picaresco è diventata una narrazione di maniera, tutto si tiene sul racconto, giochi di
parole non c’è più esigenza di parlare della vita dei picari.
Il lazarillo è un’opera di cui si parla tantissimo, ci siamo detti quali sono gli
elementi peculiari che rendono quest’opera un modello, abbiamo isolato 4 punti.
Autonomia del testo,finzione autobiografica,anonimato,struttura epistolare.
Autonomia perché non ha bisogno di una cornice, questo testo in qualche modo
entra nei fatti senza porsi il problema, fa finta di giustificarsi.
La questione autobiografica è un momento in cui non si può parlare di se e la
finzione e la struttura si modulano in una struttura narrativa e abbiamo fatto un
rapido resumen su elementi di narratologia (patto narrativo) cambiano le regole del
patto e abbiamo visto le 3 tipologie di narratori con cui ci confrontiamo vedendo la
differenza dei narratori.
Altro elemento importante anonimato, non sappiamo nulla di questo autore e
abbiamo visto che vuol dire che quest’opera sia anonima e abbiamo visto che oltre
che l’autore non voleva farsi riconoscere fa parte anche un po’ del gioco da fuori
testo e testo di questa opera perché pone delle domande, i lettori non sapendo chi è
l’autore si chiede chi sia l’autore, se è davvero il picaro di cui leggiamo le vicende.
Ultimo elemento è fondamentale su cui staremo oggi è quello del destinatario,
struttura anche epistolare, abbiamo un destinatario cioè la storia di L viene
raccontata a qualcuno, vuestra merced e vedremo che il destinatario della struttura
epistolare da senso a tutta la storia, un elemento che dobbiamo tenere a mente,
non sappiamo né chi scrive ne chi riceve il messaggio ma sappiamo che l’autore é
colto però anche il fatto che il destinatario sia di alto rango è significativo,
vossignoria ci dice che il narratore ha bisogno di raccontare questa storia appunto a
qualcuno di alto rango.
Prologo pagina 108 
Anzitutto l’io che viene spiattellato in faccia subito, la personalità del narratore
protagonista che in teoria rimanderebbe all’autore è visibile subito, e questo “yo”
mette in chiaro l’interesse dalla materia che sta per narrare, sembra un prologo di
un autore che ci sta narrando la materia, si pone il problema di a chi possa piacere
una materia così e ci dice anche che è interessante perché altrimenti rischia di
essere sepolta dall’oblio, ci dice che se non la narrasse qualcuno rischierebbe di
essere dimenticata e sepolta.
Attenzione alle citazioni Orazio anzitutto concetto del delectare e prodesse, cioè
piacere ed essere di vantaggio, quindi non solo piacere ma anche
vantaggio,insegnamento quindi partiamo con citazione Oraziana subito, “aggrati”
sta sia per gradevole ma qui sta anche per essere di utilità, ci porta subito nella
materia e ci dice perchè bisogna narrare la storia che sta per narrarci, c’è Plinio m
non c’è nessun libro, neanche l’ultimo può avere qualcosa che può interessare a
qualcuno, ancora le epistole di Orazio, non a tutti piacciono le stesse cose, a
qualcuno può piacere la materia che sta per narrare, Lazzaro all’età in cui inizia a
scrivere fa il venditore di vini quindi da queste parole intuiamo che ci vuole vendere
qualcosa o che vuole attirare l’attenzione.
Ultima citazione Cicerone e l’onore alimentano le arti, tutte le arti hanno bisogno
che qualcuno Lodi il lavoro quindi ci sta dicendo che lui non solo ritiene che le cose
che racconta siano utili e che a qualcuno può piacere e a qualcuno no, lui narra
anche di ricevere onori o almeno la lode di vossignoria.
Continua di, qui cosa fa il narratore: fa degli esempi di persone o personaggi che
cercano la lode, sono esempi differenti il primo è il soldato che non metterebbe in
pericolo la sua vita se non cercasse la lode, il secondo esempio è quello che coloro
che vanno per primi su una scala (alla Garcilaso) lo fanno per cercare la gloria,
l’esempio di teologi o preti che fanno sermoni vogliono farsi elogiare quindi dice il
narratore è una specie di vana gloria, i preti dovrebbero essere interessati solo alla
salvezza delle anime, la falsa gloria è l’ultima ed è quella dei giostratori che non si
mostrano coraggiosi ma che vengono in qualche modo trionfalmente portati in
trono da coloro che vedono queste giostre, parla dei principi ebbene capitava che i
principi o le persone di alto rango facevano queste giostre ma molto spesso
cavalcavano male, non sapevano tenere la spada e quindi dice che vana gloria, ci fa
esempi molti diversi di gloria, ognuno la cerca in qualche modo, il soldato in modo
giusto, il prete in un modo più e meno giusto altri che fanno gesta non gloriose
comunque la cercano e la ottengono.
Ci dice che lui cerca la benevolenza del lettore o destinatario, dice il narratore che lui
cerca la gloria narrando cose di poco conto e le racconta con uno stile grossolano,
non affidabile, questo stile “grosero” umile, quotidiano è tipico delle epistole che
era anche uno strumento di comunicazione quindi lo stile delle epistole spesso
riprende il sermo quotidianus della lettera scritte da persone normali, quindi già
comincia a scendere e circoscrivere la materia, ci ha detto che la materia potrebbe
non piacere a qualcuno, che cerca lode nonostante sia materia bassa, inezia e che lui
non la racconti con uno stile perfetto, perché a qualcuno possono piacere le vicende
che sta narrando ovvero leggere un uomo che vive in mezzo alle disgrazie (peripezie
di Lazaro personaggio).
Punto fondamentale del prologo pag 110
Si rivolge a Vuestra Merced, destinatario nominato e come in tutte le epistole gli
chiede di “reciba” questo scritto.
Questo povero servizio, lo avrebbe fatto più ricco se ne avesse avuto opportunità, io
scrivo quello che posso nelle mie facoltà.
Benché vossignoria scriva e racconta il caso per esteso è parso giusto non
riprenderlo dal mezzo ma dal principio, capiamo che il narratore scrive perché il
destinatario gli ha chiesto di scriverla, sappiamo anche che prima ha scritto affinché
gli si scrivesse, V.M ha mandato una lettera a L e gli ha detto di scrivere qualcosa,
chiede a L che gli racconti il caso, “mi racconti questa cosa, caso” ha chiesto
informazioni su questo caso e il narratore racconta questa storia per dare
informazioni a Vuestra Merced, il Lazarillo de Tormes è una risposta a una richiesta,
tutta la storia viene narrata per fornire queste informazioni a V.M.
La forma epistolare viene subito chiarita, anche dal rapporto tra scrittura e risposta,
è uno scambio di epistole anche se non abbiamo la prima epistola ma la possiamo
immaginare.
La parte finale invece ci dice non solo che la storia è una risposta ma che per far
capire bene a V.M ciò che è successo, lui ha deciso di raccontare tutto dall’inizio
perché se V.M vuole informazioni su questo caso bastava scrivere una lettera invece
L per far capire meglio risponde con tutto un intero racconto, ecco perché “sino dal
principio”, in modo da dare tutte le informazioni sul mio conto quindi noi capiamo
che L deve rispondere a una richiesta, tutto il racconto è una risposta e per dare
tutte le info deve raccontare tutta la sua vita, questo si capisce dal prologo.
Aggiunge che raccontando tutta questa storia dal principio, oltre a soddisfare in
qualche modo le richieste di V.M lui fornirà anche una storia che in qualche modo
darà un esempio di come coloro che nascono con i privilegi fanno molta meno fatica
rispetto a coloro che nascono in condizioni povere, ci dice che non solo la storia darà
tutte le info che vossignoria ha chiesto ma che serve anche a far comprendere come
sia diversa la vita dei ricchi e dei poveri, di come chi nasce con privilegi debba fare
molta meno fatica rispetto a chi nasce senza privilegi, e coloro devono per forza
remare per arrivare al buon porto.
A Proposito delle simmetrie di questo romanzo, dopo il prologo leggeremo la parte
finale perché la storia si tiene tra inizio e fine, nel finale sapremo il caso che voleva
sapere vossignoria, è un autore di straordinaria capacità e di certo non è un picaro,
ha usato una struttura perfetta.
Tutto si tiene anche se non c’è una cornice perché già siamo nella finzione, un
autore fa finta, c’è un autore che si è messo al tavolo e ha deciso di descrivere la vita
di un personaggio e deve renderlo più reale possibile, difatti la lettera è il genere
perfetto per una narrativa che non poteva ancora narrare la storia degli uomini,
avevano diritti però di parlare di se nelle epistole, il fatto di impostare tutto il
racconto su una richiesta e risposta epistolare era perfetto e non a caso se andiamo
a pag successiva per capire come la storia sia una risposta vediamo “Pues” quindi
prologo legato, continua e inizia a raccontare straordinariamente la storia di L.
La struttura epistolare torna continuamente nel testo, i lettori non devono perdere
quello che gli è stato letto non prologo cioè L narratore in numerosi luoghi torna e si
riferisce a v. S soprattutto negli episodi che hanno a che fare con fortuna, umili,
poveri “vede vossignoria”, ci sono varie locuzioni.
Quello dell’epistole è un genere di lunghissima durata e nel rinascimento si afferma
come genere letterario cioè le epistole vengono pubblicate come opere, erano 2 le
epistole a cui fa quasi riferimento l’amore del Lazarillo: Epistola grevis et severa, e
spigola seria che riflette su una determinata questione e spesso veniva scritta per
giustificare un determinato atteggiamento o azione e spesso per giustificarsi l’autore
faceva riferimento a episodi di vita, legata al mittente che dovrebbe giustificarsi.
Secondo tipo oziosa o giocosa raccontava di solito episodi che facevano ridere ed
erano sempre allusive facendo riferimento a tematiche un po’ piccanti, amorali.
El lazarillo d.t è una scelta mediana tra questi due tipi di epistole, perché è una
lettera scritta da una persona per giustificarsi raccontando la propria vita ma il tono
resta comico, tanti episodi sono comici anche quando il poveretto ne prende di
santa ragione dai suoi padroni, siamo indotti a ridere perché la sua astuzia soggioga i
valori.
Ancora una volta torniamo sul realismo e comicità, il punto da cui siamo partiti,
romance particolare, umili narrati comicamente anche la struttura epistolare che
sceglie l’autore autonomo mette insieme la volontà di raccontarci la realtà nuda e
cruda con un filtro un po’ comico che in qualche modo sospende l’aria greve, anche
il gioco epistolare rientra nella volontà di rendere la storia quanto più credibile
possibile, questo ci fa capire anche che l’anonimo aveva bisogno di un pretesto,
quindi quando diciamo che non si poteva narrare della propria vita era cosi, Lazaro
per narrare della propria vita doveva avere un pretesto ovvero scrivere una lettera
perché aveva avuto una richiesta quindi il gioco in cui ci porta l’autore è la vita
narrata con un motivo, questa persona doveva discolparsi, giustificarsi o dare
chiarimenti a qualcuno.
Lazaro ci annuncia subito il pretesto qual è, il caso ma non ce lo spiega ma capiamo
subito che c’è un motivo dietro questa scrittura e capiamo subito che per spiegarci il
motivo per cui scrive, L deve raccontarci tutta la sua vita però non sappiamo ancora
di cosa deve dare informazioni.
Dal prologo ci spostiamo sul finale, il romanzo ci racconta la vita di L attraverso le
sue esperienze con diverse guide con cui si confronta, partendo da un cieco che è il
primo padrone, quasi tutti i padroni lo maltrattano e lui dovrà crescere e capire
attraverso diverse azioni come sopravvivere, questi episodi attraversano tutta la vita
di L, nel finale ha 20 anni e in qualche modo si è sistemato e sembra aver trovato
quel buon porto che annunciava all’ inizio, era diventato un banditore di vini a
Toledo, l’arciprete de S. Salvador (diocesi di T) gli chiede di fare da banditore per lui,
troverà anche moglie in quanto l'arciprete gli mette a disposizione anche una
domestica con la quale si sposerà, l'arciprete ha cura per la coppia soprattutto per la
moglie di L, forse troppo interesse tanto che voci maligne avevano messo in giro la
voce di un ipotetico “ménage a trois” tra i tre, il motivo per cui “vossignoria” scrive a
L è questo, vuole sapere cosa sta succedendo tra i tre, conosce l'arciprete e quindi L
per spiegare in che rapporti è con l'arciprete e la moglie deve raccontarci tutta la sua
vita, forse l’arciprete ha scelto L come protetto perché doveva nascondere in
qualche modo il rapporto tra l’arciprete e la domestica, quindi questo buon porto ha
dei limiti.

Da Pag. 218
Prima di tutto anche dal modo particolare in cui L descrive le attenzioni
dell’arciprete capiamo che l’offerta dell’A non è così chiara: regali, feste non gli fa
mancare nulla.
Le voci di popolo cominciano a diffondere una storia, è stato preciso su tutto ciò che
fa l’A ma non ci dice ciò che dicono le persone, non sa nemmeno cosa dicono dice.
Però attenzione ai termini che utilizza per dirci cosa fa la moglie insospettendo le
persone.
Dice “gli va a rifare il letto e gli prepara da mangiare” qui L sta citando il romance
della Mal maritata, lui usa proprio queste parole, questo romance parla di lei che
chiede ad un cavaliere di portarla con se, e dice proprio quelle parole (voci,
memoria, trasmissione orale) citando queste parole si capiva che il personaggio era
una malmaritata, noi capiamo che L sta facendo riferimento ad un rapporto adultero
della moglie che gli altri hanno visto, dietro queste parole c’è una continua
dissimilazione cioè L dice una cosa benché lui sappia benissimo che non è cosi, lui
non è un ingenuo, non è possibile che non abbia capito ciò che sta succedendo ma
lo sta dissimulando a vossignoria.
Dal discorso che fa l’A a L noi possiamo leggere tutta l’etica sovvertita dietro il
Lazarillo de Tormes, L’etica dovrebbe propendere verso il bene, valori ma quella del
Lazarillo è sovvertita cioè i valori in cui credono quasi tutti i personaggi sono
disvalori.
Dice l’A, per scendere socialmente non bisogna credere alle dicerie (che poi sono
vere) l’A sta dicendo a L che se vuole avere successo nella vita deve tralasciare la
realtà delle cose o deve vivere nella menzogna, ipocrisia questa è l’etica sovvertita
cioè il valore è l’ipocrisia.
Il disonore di un tradimento di un rapporto coniugale (1554) diventa un onore,
guadagnarsi l’onore attraverso il tradimento delle persone più vicine e alla fine dice
non badare a quel che possono dire ma cio che ti riguarda, dico al tuo provecho,
profitto.
Quindi potrebbero essere valori positivi, ascendere socialmente cioè raggiungere
con la virtù un obiettivo della propria vita diventa un ascendere socialmente non
guardando il mondo per quel che è, il provecho è diventato una cosa unicamente
egoistica e materiale, stiamo incontrando la parola “provecho” dalla letteratura
didattica religiosa, aveva tutt’altro valore, era di vantaggio ma positivo legato a dei
valori positivi, questo invece è solo materiale, il discorso che dissimula la verità e che
vuole rendere credibile una storia che non lo è, riguarda sia L che l’arciprete ,come
se tutti condividessero la stessa etica.
Pag. 220 “conformes” siamo tutti d’accordo, non c’è niente che non va.
Ritornando a pag. 218, L viene informato che la persona che ha sposato non è delle
più virtuose, e ci dice che la moglie cominciò a piangere, si sente in colpa di averla
accusata, l’etica sovvertita e quella della dissimulazione è condivisa dai tre,
condividono lo stesso modo di stare al mondo antitetico, anti-ideale.
Tre discorsi uno più dissimulatrice dell’altro, nessuno ci dice la verità, L mente
dicendo che è stato chiamato perché bravo, l’arciprete mente anticipando voci che
sarebbero arrivare, la moglie mente perché offesa nel suo essere virtuosa dalle voci
arrivate al marito, si chiude il romanzo in questa enorme lettera fatta di vari capitoli
con l’arrivo al giorno d’oggi cioè quando inizia a scrivere L, pag. 220 carica ancora di
più la virtù, la difende come se si stesse giustificando a vossignoria, gli sta dicendo
che non c’è nessun caso perché sono solo dicerie e in qualche modo qui è come se
volesse mettere fine alla storia, ho riposto a lei perché lei è un signore ma io non
permetto a nessuno di parlare di questa storia, che non se ne parli più e descrive
l’assoluta bontà della moglie, altra coda importante “Hasta el dia” ci dice che fino al
giorno che sta scrivendo, questa caso è chiuso, sulla parte finale è come se L ci disse
anche luogo e data “mismo año” prima di tutto come anno potrebbe essere 1525 o
1538 perché sappiamo che le cortes si fanno a Toledo in uno dei due anni, ci scrive
Toledo e nell'ultima parte ci dice che in questo tempo cioè quando scrive questa
lettera è al massimo della sua fortuna, è all’apice del suo successo.
Perché deve raccontarci tutta la vita, alla domanda di vossignoria non potrebbe
rispondere solo con quell’ultimo capitolo? L deve arrivare a far capire perché gli va
bene la situazione finale, perché si conformano los 3, ci deve spiegare quali sono le
condizioni che lo portano a quel finale e per farlo deve spiegare tutto il passato di
sofferenze che ha subito, ecco perché non risponde con “oggi è successo”, altrimenti
non sarebbe credibili, lui deve dare notizia di tutto quello che è successo perché
deve dare a Vossignoria tutti gli elementi che gli servono per comprendere il caso.
Un elemento interessante è il valore che possiamo dare a questo finale, cioè il valore
che possiamo attribuire a questo massimo successo o buon porto raggiunto da L, è
un buon porto vero? L ce l’ha fatta? Dietro il valore che diamo al finale del L, c’è una
nostra interpretazione di tutta l’opera quindi ci poniamo domande sul romanzo.
Ci siamo detti che uno degli elementi della picaresca che è una forma di
anticipazione dei modi del romanzo è che accoglie le leggi della vita, cioè il romanzo
inizia a mostrare il verosimile, uno degli elementi più importanti nella nostra vita è la
prospettiva con cui guardiamo il mondo, il nostro modo di comportarci dipende
anche dalla prospettiva, intendimento delle cose, prima gli ideali erano dati a priori,
non c’era prospettiva sul loro essere o meno cavalieri, un elemento che mutua è la
prospettiva, le cose possono essere rappresentate in modo relativo e noi vediamo
che tutta la narrazione del L è ambigua dall’inizio alla fine, dal prologo al finale,
dissimula l'anonimo nello scritto iniziale e dissimula i personaggi alla fine, le parole
non significano quello che dicono, elemento realistico.
La nostra vita è piena di dissimulazioni e questo elemento arriva nella finzione e L e
tutta la lettura che possiamo dare al L dipende da questo momento, prospettiva che
rende leggibili le cose in modo differente, ricordiamo L e il narratore cosa vogliono
fare, L ci dà una tesi, chi nasce con i privilegi ha una vita più facile di chi nasce senza,
il Lazarillo de Tormes prova a riflettere sul rapporto tra le condizioni di partenza di
un uomo e la sua fortuna e L ha già una risposta, nel medioevo questa risposta
sarebbe stata da rogo perché in tutto il Medioevo la questione del sangue è
fondamentale, chi ha sangue di un certo tipo può aspirare al successo, contrario non
può (esempio foglie)
Nel 1554 qualcosa sta cambiando, le opere ragionano sul rapporto tra virtù e
fortuna (Ariosto, Machiavelli), non è solo la fortuna che da privilegio agli uomini ma
le virtù possono cambiare minimamente il destino degli uomini, chi fa azioni di
successo può averlo e può cambiare la fortuna.
L in questo rapporto tra sangue e virtù prende posizione e ci dice che ci esercita la
virtù può arrivare ad avere successo, L ci dice che anche se si nasce poveri con la
virtù si può arrivare ad un buon porto, lui dice è arrivato al massimo perché ha
esercitato la virtù, grazie alle sue azioni virtuose è arrivato al “buon porto”,
prospettiva e ambiguità sono fondamentali in questo romanzo, Rico parlerà di
polisemia, nessuno ci dice la verità e sappiamo che a nessuno del tempo del L
sembrerebbe un buon porto un matrimonio “aperto” , che buon porto è? Se
vediamo questo dalle due prospettive medievale e rinascimentale, per entrambe
non è buon porto in quanto per la
medievale L non è asceso socialmente perché il suo sangue è cattivo, è povero e il
suo sangue gli consente di arrivare solo ad un porto che non è buono, nasce povero
e muore povero.
Per la visione rinascimentale che considera che qualcuno possa ascendere
socialmente con la virtù, L non è asceso perché non ha fatto esercizio della virtù
quindi il suo provecho, negrar non sono reali, ha rubato, ingannato, soggiogato.
10/05/2022
La vita d Lazaro da senso alla situazione ambigua della quale chiede notizia
vossignoria, abbiamo visto che i 3 sono d’accordo per quanto il percorso di
formazione si è concluso in una vita che non è sincera, i valori sono disvalori (herra,
provecho, negrar) che vengono visti come valori positivi che in realtà però non sono.
Abbiamo ragionato su questo buon porto e per capire il senso di questo romanzo
bisogna anche riflettere sul rapporto tra realtà e finzione.
Il Lazarillo dimostra che una delle leggi accolta nel romanzo è il relativismo della
prospettiva che hanno gli esseri umani, quella che definiamo come polisemia è uno
dei segni della realtà che entra nel romanzo e che noi troviamo nel Lazarillo hanno
un valore positivo, negativo corrotto o morale; quindi, può assumere diversi
significati e abbiamo detto come questa polisemia renda l’ambiguità insita nel
Mondo.
Partendo da questo presupposto (vedi saggi Rico leggi intero e introduzione L).
Lazaro fin dal prologo dice di volerci dare un esempio, ci dice che troveremo nel
libro la dimostrazione di come si possa ascendere pur partendo da condizioni basse,
questo è il discorso di L. I nobili hanno fatto pochi sforzi, gli avevano gli strumenti
mentre gli altri hanno dovuto fare fatica per arrivare in buon porto, questa è la testi
di L personaggio.
Questo buon porto polisemico come la vita può assumere significati differenti, nel
rinascimento c’è un’idea medievale (sangue decisivo) l’altra invece che abbiamo
detto è quella rinascimentale ci dice che pur nascendo in condizioni di svantaggio
tutti possono ascendere socialmente grazie all’esercizio della virtù.
La fortuna si deve unicamente al sangue visione medievale, la virtù può essere
esercitata anche da chi. Non è nato con un buon sangue, dalla prospettiva di L il suo
medrar è buono, lui arriva ad un buon porto (lavoro, moglie) lo vedremo spesso
all’inizio piangere perché pensava di morire di fame, da quelle condizioni ad un
lavoro capiamo che è ascesso socialmente.
Questa ascesa non è positiva per entrambe le visioni in quanto L avendo un sangue
cattivo, morirebbe con esso e anche per la visione rinascimentale questa ascesa non
è buona perché L non ha esercitato la virtù che deve essere realmente una virtù,
deve prevedere che le azioni devono essere improntate su valori positivi mentre L
concentra le sue azioni sul peccato e in furfanteria (ruba, inganna).
Rico nel finale del saggio ci riporta alla polisemia e ci dice che le due tesi coesistono
perfettamente nella vita di L e l’obiettivo dell’autore anonimo è quello di raccontarci
una vita polisemica, ambigua. Se i voglio fare in modo che tutti credono alla mia
storia allora deve comprendere tutti gli elementi della vita reale, questa storia dei 3
riprende la “voce del popolo”, la sensazione che vuole donarci l’autore anonimo è
tutta studiata, ci sono altri dispositivi narrativi per ingannare e tutto il senso del
romanzo è costruito su questa polisemia, L è virtuoso e non è virtuoso, nel 1554
questo è fondamentale, anche oggi la coniugalità di rapporto a 3 non è legale, non ci
sembra normale. Tornando sulla relatività di questa ascesa, Rico ci dice anche che
l’autore è volo materiale ambiguo ma guardando dagli occhi di L possiamo dire che è
asceso ed è arrivato laddove ottava arrivare uno nato nelle sue condizioni, questa
ascesa è relativa quindi tutte le prospettive e interpretazioni hanno tutte torto ma
anche ragione, ci sono valide interpretazioni di virtù non esercitata. Questa è la
polisemia.

Siamo nel rinascimento e abbiamo visto nominare i luoghi comuni su rinascimento


(uomo al centro dell’universo) ebbene anche il Lazarillo in qualche modo ci dice che
l’uomo sta al centro dell’universo, ci fa capire che tutto il mondo dipende
unicamente dalle vite degli uomini che sono tutte relative perché legate a
determinate condizioni, c’è una parte di immaginario rinascimentale e ci fa capire
che tutto il mondo è in qualche modo relativo, anche se tutto può essere il contrario
di tutto, però per quel mondo che veniva dalle influenze delle sacre scritture della
vita del tempo, questo è un grande passo avanti.
C’è l’uomo la cui prospettiva individua se le cose sono vere o false, questo è il
portato interessante di questo romanzo e percorso di formazione o deformazione.
PADRONI E TRATTATI:
1. Ciego (I)
2. Clerigo (II)
3. Escudero (III)
4. Fraile de La Merced (IV)
5. Buldero (V)
6. Maestro pintor (VI)
7. Cappellan (VI)
8. Alguacil (VII)
9. Arcipreste (VII)
Questo percorso di formazione inizia con una persona che non vede e che deve
educare un bambino, leggiamo come inizia questa storia e come l’attacco è
collegato con quello che abbiamo letto nel prologo.
PAGINA 112il “pues” all’attacco quindi “ebbene” come se continuasse il dialogo,
ecco la storia che risponde a quella richiesta e sappiamo il vero nome di L si chiama
Lazaro Gonzales Pèrez, questo inizio è epico perché sembra un personaggio di quei
romanzi idealisti di cui abbiamo parlato, prima di tutti i genitori, aggiunge questa
nascita nel fiume che rimanda a personaggi nati nel fiume come Amadis che rende il
personaggio importante, la nascita del fiume è riservata di solito a personaggi
mitologici, anche L nasce vicino al fiume, ci dice il perché, il padre lavorava in questo
mulino ecc.
Troviamo ambiguità in tantissimi punti.
Capiamo che il padre non è un santo, “mala sangre” ruba e buca i sacchi prendendo
una parte di ciò che deve essere macinato, fu arrestato, confessò e non negò,
probabilmente era colpevole ciononostante, venne punito, è un personaggio
negativo però lui da figlio lo difende ma non sappiamo se lo ritiene una persona
buona o cattiva, non sapremo nemmeno la sua religione, quando dice
sintatticamente “entre los cuales” non sappiamo se è mussulmano rinnegato,
cristiano, moro.
Nei 3 righi successivi l’ambiguità prende il volo “buenos” che tornerà alla fine, anche
la madre di L sta dalla parte dei buoni ma non sappiamo chi essi siano e non
sappiamo in che rapporto stanno questi buenos, non sappiamo che mestiere faccia
sua madre e questo buenos rimanda al finale, la madre poi si accompagnerà ad un
moro senza darci la certezza (Moreno) L lo denuncerà.
Madre vedova si accompagna ai buenos e compagno, la formazione di L è già
complicata dai suoi primi anni di vita, fa esperienza del fatto che per provvedere a se
stessi si possono fare azioni non totalmente morali, il padre deruba a chi macina il
grano da lui, la madre è una brava persona, questa è l’idea che ci dà Lazaro, questa è
la sua esperienza pregressa prima di arrivare al primo padrone.
Questo primo trattato che comincia con la nascita di L, la storia dei genitori e con L
che viene affidato a questo cieco e inizia con il primo periodo di formazione di L,
questo primo apprendistato può essere diviso in 7 episodi:
1. Calabazada Salamanca (1)
2. Salassi al fardel del ciego
3. Blancas delle offerte
4. Vino, cannuccia (2)
5. Uva (3)
6. Sostituzione longaniza con nabo (4)
7. Calabazada Escalona (5)
In uno dei saggi Rico ne calcola solo 5, gli episodi si aprono e chiudono con
“Calabazada” sono episodi in cui L lotta contra l’egoismo del cieco che un
personaggio avaro, annuncerà di provvedere a lui come un figlio ma lo lascerà quasi
morire di fame, L proverà a rubargli le cose che mangia, beve il cieco.
A parte il primo e ultimo gli altri episodi sono tentativi di L di soggiogare in qualche
modo il cieco, nei primi episodi ci riesce, nel primo episodio lui segue l’esempio del
padre e il cielo non se ne accorge, la seconda burla è quello delle Blancas ovvero
baiocchi, il cieco prende delle offerte, soldi interi e lui velocissimamente cambia i
soldi e il cieco sente solo il rumore, nel 3 episodio lui comincia in tutti i modi a
rubare il vino dalla caraffa, lui se ne accorgerà e L finirà molto male.
Nella burla dell’uva entrambi i personaggi mangiano un grappolo d’uva, dovevano
prendere uno a testa ma L inizia a prendere tre perché il cieco ne aveva prese 2, il
cieco picchia L di averne mangiato tre perché non gli aveva detto che lui ne aveva
mangiati due invece.
Ultima burla salsiccia con una rapa, nano rapa diffusa, L sostituisce nel panino di
questo cieco toglie la salsiccia e mette questa rapa (cibo dei poveri), il cieco non può
saperlo con certezza ma quando L torna c’è una scena raccapricciante, non finisce
sempre bene per L ne prende spesso di santa ragione.
Come comincia questa formazione, comincia con una specie di prova del fuoco.
PAGINA 116 il cieco si presenta molto bene, qui è già stato affidato al cieco. Da
“Como”, la madre qui dice mi raccomando io ti ho lasciato con un buon padrone e
quindi sono sicura che ti andrà bene.
I primi due episodi fanno da cornice e questo apprendistato comincia con uno
scherzo che fa il cielo a Lazaro, di avvicinarsi a questa statua (Salamanca), ponte
attraversa il Tormes e dall’altra parte della città c’è questa statua e il cieco fa
avvicinare L dopodiché gli fa dare una testata enorme contro la statua, L sta male
per 3 giorni ma ci può sembrare qualcosa di simpatico, L è ingenuo ma le parole che
dice dopo il cieco ci interessano molto, sostantivi con cui il narratore descrive
atteggiamento di L “simplemente”, simpleza una delle caratteristiche di L in quel
momento ed è uno che crede nelle cose che gli vengono dette, credendo fossi così, è
un credulone e il cieco lo chiama sciocco, aggettivo che indica che è una persona
impreparata al mondo, c’è un discorso fatto con la precisione del narratore e ci fa
capire la condizione di preparazione di L prima di incontrare il cieco, ancora torna la
simpleza quando dice che una persona che non ancora si deve svegliare, il cieco dice
impara che il garzone del cieco deve saperne più del diavolo, la coppia del garzone
con il cieco è anche una frase proverbiale e L segue quello che gli dice il cieco, mi
conviene aprire gli occhi e si accorge di stare solo, dopo una frase straordinaria si
rende conto di come l’apprendistato del cieco è fondamentale in questo percorso di
crescita di L.
Costui mi diede la vera vita come se mi avesse rimesso al mondo ed essendo ciecò
mi illuminò nel cammino della vita, ossimoro cieco che non vede la luce deve
illuminare il cammino di questo ragazzino, questo cammino è quindi oscuro.
Il narratore mentre a confronto l’astuzia del cieco e la credulità di L, saranno
elementi che saranno in tutto il trattato, vedono tutte un confronto alla pari tra il
piccolo L e il cieco che non muove un passo tranne che nell’ episodio finale.
Siamo dopo l'ultima burla (salsiccia con ravone, rapa) L decide di lasciare il cieco
dopo quello che è successo, i due si avviano e nel momento in cui piove il cieco deve
chiedere a L di mostrargli la strada, quel pensiero di lasciare il padrone comincia un
po’ a tingersi di vendetta, il padrone ha bisogno di lui e vediamo che gli frulla
qualcosa per la testa.
PAGINA 136Dice innanzitutto sei saggio per questo ti voglio bene, portami in
questo punto dove il ruscello si fa più ristretto.
È una descrizione presissima dei portali, questo è il passaggio più stretto che c’è nel
ruscello, L salta si mette dietro il pilastro e aspetta che tio salti con tutta la forza che
può, gli dice sei riuscito ad odorare la salsiccia ma non questo pilastro? Fiuta, senti.
Non sappiamo che ne è del cieco, dirà chissà se è morto quindi una prima parte
dell’apprendistato si chiude con questa testata simmetrica, il gesto è simmetrico ma
tutta la presentazione del rapporto di fiducia dei due ci fa capire che L si è formato
ormai sugli stessi valori o disvalori del cieco, il cieco nel finale diventa un credulone,
“specular”.
Nella prima parte io credevo fosse così, quindi anche qui lui pensa che davvero stia
per saltare nella parte più asciutta del ruscello ma tutto il percorso ci fa capire che il
cieco in qualche modo ha persona la sua forza iniziale, l’ ha perso perché la paura lo
porta ad affidarsi a L, “pareciò un buen consejo” qui ti sembra un buon consiglio e si
affida a lui, il narratore ci fa capire che il cieco si lascia soggiogare per un attimo
(pioggia, paura) metafora calabaza y taurina rimanda al primo episodio, cieco come
toro e L come un torero.
L’inganno è riuscito benissimo, l’autore ci è riuscito a farci stare dalla parte del
debole, noi ridiamo eppure in questo piccolo episodio con cui si chiude il rapporto
con il cieco noi vediamo i disvalori, se dovessimo estrarre una morale da questa
specie di percorso di formazione sarebbe che ormai L diffida da tutti e insegna a
diffidare da tutti, impara attraverso le 5 sfide con cui si burla e capiamo che sono
fondamentali per capire tutto il senso del romanzo, c’è riferimento a Vuestra M.
PAGINA 120 dopo descrizione agghiacciante di questo cieco, prima di raccontare
le burle ci dice se non fossi stato io qualcuno che si fosse dato da fare, sarei morto di
fame.
Comincia la selezione poi dei temi e degli episodi che sono in qualche modo più
esemplari per far capire a vossignoria quello che gli vuole far capire dall’inizio, le
burle sono le più significative.
Le burle e questo agonismo con l’astuzia di un personaggio così negativo come il
cieco hanno valore importante nel percorso di L e d'altro canto ci fa capire che sono
proprio questi episodi che ci fanno capire il caso, vita di L.
Occhio alla selezione di argomenti, interi periodi della vita di L saranno sintetizzati in
una paginetta, volontà del narratore ci vuole far capire che la vita di L è divisa per
l’obiettivo di far capire a vossignoria, caro lettore io ti racconto questo perché a
vossignoria servirà.
Locuzione a vossignoria non è mai banale, ci dice sempre qualcosa, altro elemento
che le burle apprendistato sono fondamentali lo troviamo nel continuo riferimento
al vino che torna come elemento particolare ogni volta che L perde sangue, ha delle
ferite.
PAGINA 134 come questo vino ci fa capire che questo periodo della vita di L è
importante per il suo futuro?
L diventerà banditore di vini, anche qui il vino è il medicamento a fronte di una vita
di graffi, pugni mala cosa interessante è ancora una volta ci dice che il passato di L
conta per il futuro e poi in qualche modo possiamo leggere storia del cieco che
illumina il cammino, il lavoro di L viene dopo tante peripezie così come il vino cura le
sue ferite.
Ci sono simmetrie ed è molto difficile tenere dentro elementi in pochissime pagine,
la Celestina in qualche modo è simmetrica ma questo si perde con i personaggi che
scompensano le simmetrie, qui funziona dall’inizio per far comprendere la parabola,
renderla quindi più credibile, la questione non è solo precisione e stile crudo,
realismo di alcuni personaggi, qui c’è una coerenza in tutto il racconto, enfatizziamo
con questo ragazzino.
La condizioni di L peggioreranno sempre di più, lui è a conoscenza di ciò.
L’autore scaglia un attacco crudo ed amaro contro la chiesa, il secondo padrone è un
prete, ideali distanti però da quelli di un classico prete.
I personaggi ecclesiastici dovrebbero incarnare virtù, come se fosse un dovere.
PAGINA 144 dice il narratore che il disgraziato beveva più di un ciarlatano,
mangiava e L desiderava che la gente morisse perché i funerali erano gli unici
momenti in cui poteva mangiare.
Tutto l’esercizio del prete e le sue attività è sempre una specie di strumento per la
sua cupidigia, per mangiare L è giustificato perché sta morendo di fame.
Il rapporto con il nuovo narratore è differente, anche come narrazione non abbiamo
vari episodi, qui ce n’è uno che si prolunga per tutto il trattato, un episodio che fa
ridere in modo diverso perché abbiamo 2 tipi di comicità:
 la prima è quella che definiamo situazionale, cioè c’è una situazione
particolare che ci fa ridere.
 La seconda è quella che definiamo comicità verbale, nasce dall’ambiguità
delle parole.
In questo episodio capiamo che sono con presenti le due comicità, il prete di M. Ha
una cassa, L ruba qui e il prete cerca sempre di capire chi è il colpevole e il prete
porta spesso a trovare una situazione, pensa dei topi, biscia, ad ogni episodio c’è lo
sguardo di L sempre più preoccupato.
Come arriva L ad entrare? Ci arriva grazie ad un calderaio che gli fa una chiave, finge
di averla smarrita, comico di situazione ridiamo di ossessione e energia del prete e L
che ha paura di essere scoperto, ma la cosa che rende questo episodio di un livello
più alto è il comico verbale perché tutta l’azione di furto, sottrazione pani di Lazaro
viene tutta rappresentata attraverso la parodia del linguaggio liturgico eucaristico.
Cosa fa ridere di questo parallelismo tra eucarestia e sottrazione dei pani? Dei
concetti altissimi vengono degradati, il corpo di Cristo diventa incontro con qualcosa
che deve essere rubato, questo assume le caratteristiche di prendere il corpo di
Cristo.
Simmetria, cornice rimanda anche ad una comicità molto complessa.
Già dalla descrizione del calderaio il livello tra linguaggio liturgico e infanteria è già
visibile.
11/05/2022
PAGINA 146Il prete non è presente, L è solo e dice da “pues estando”, già da
questi primi elementi comprendiamo che è il linguaggio a farci ridere non la
situazione, lui sta pensando alla sua condizione e “ho perso la chiave e ho paura che
quando torni il mio padrone me ne dia di santa ragione” ma fa ridere come si pone
al calderaio, dal momento in cui questo angelo (per L) l’atmosfera comincia a
cambiare e quindi le buone preghiere con le quali aiuta il calderaio a trovare la
chiave e poi usa proprio “cara de Dios” come se nei pani vedesse la cara de Dios che
ritorna tantissime volte, viso di Dio e significava nella Spagna del tempo il pane,
detto in quelle situazioni in cui non si poteva gettare il pane, attenzione non è solo
legato al fatto che è peccato buttare il pane, vi è anche la sacralità del pane,
eucarestia pensa al pane girato che non lo vediamo nella situazione giusta, il rubare
di L (sfamarsi) equivale ad incontrare Dio, è questo il significato, per la gente del
tempo questo gesto era esilarante.
Correlazione tra pane cibo e cieli: ad un certo punto definirà tutta quella quantità
di pane come un paradiso panale cioè un paradiso terrestre diventato di pane.
PAGINA 149”sul momento” il credo era un un’unità di misura (credos) lui prende
questo pane, lo rende invisibile.
“Paraìso panal” è il posto più simile al paradiso ultraterreno, questo doppio gioco,
livello di significato tra pane e Dio, cassa di pane paradiso terrestre che ha tutte le
caratteristiche del paradiso: luogo dove ci sono cibi proibiti che non potrebbero
essere mangiati, se teniamo in conto che la prospettiva è quella di un affamato.
PAGINA 148 vediamo che ad un certo punto quando non potrà più mangiare L si
limiterà ad adorarlo, guardandolo perché dovrà trovare altri sistemi, intanto adora
solo questo pane (verbo legato alla liturgia).
A proposito di paradiso panal e terrestre, il parallelismo è così forte che L sarà
scoperto perché ad un certo punto il prete crede che prima fosse un topo, poi una
biscia ma ad un certo punto L visto che ha paura di essere scoperto si
addormenterà, la chiave farà una specie di fischio che sembrerà suono di una biscia
e quindi il prete è convinto che la biscia stava rubando, L diventa serpente che
toglie, istiga a rubare il frutto proibito, parallelismo perfetto.
L ci dice che c’è una relazione tra la salvezza dell’anima e la salvezza dalla morte, per
L queste due cose stanno insieme, la salvezza dell’animo è l’obiettivo di tutti i
credenti, questa salvezza per L è quella della morte, dietro questa degradazione c’è
una critica anche alla religione cioè tutta l’ecclesia dà molta importanza all'eucaristia
e alla necessità di cibo e pane, tutto questo gioco c’è un enorme identità che
privilegia ideali che non sono sostenibili da una parte della popolazione, voglio
credere in Dio però se non mi fai sfamare tutto sembra solo un pezzo di pane, è una
lettura che ritroveremo anche nel terzo trattato, nella prospettiva di L gli ideali
vengono sempre dopo la sopravvivenza.
Chi è che può permettersi di lottare per gli ideali? Gli eroi.
Le foglie non possono rispettare ed onorare degli ideali, questo comincia L a dirci
giocando con la liturgia.
CAPITOLO IIcapiamo perfettamente che tutta la storia ci è narrata solo dagli occhi
di L, non ci sono altri punti di vista c’è solo il punto di vista di L e ce ne accorgiamo
quando L perde i sensi (per le bastonate) L ci dice che quello che succede in quei
giorni non ce lo può raccontare, lui l’ha saputo perché i padroni l’hanno raccontato
ai vicini, elemento fondamentale, il narratore ci fa capire che può narrare solo cose
che vede.
PAGINA 159 da “pues”, quello che è successo nei giorni successivi non ve lo posso
raccontare (balena, pinocchio) ci dice per esteso il padrone lo raccontava a tutti e lui
ce lo può raccontare solo perché lo ha sentito, nelle riproduzioni cinematografiche
di L spesso il momento della bastonata viene tagliato, i 3 giorni successivi non ci
vengono raccontati.
Come fa L a sapere queste cose? In tutto il passaggio che racconta questa storia lui
fa delle ipotesi che si fa in base a quello che racconta il suo padrone, inganno del L
perfetto in ogni suo componimento, la prosa non è ancora perfetta al tempo quindi
potrebbe sbagliare.
Qui è come se dicesse al lettore che tutto è raccontato dietro gli occhi di L.
Questa tecnica la possiamo leggere come fosse pittorica, ingannare l’occhio che
fanno soprattutto i pittori, in questi quadri l’autore dell’opera è come se fondasse
l’altra parete (strappo cielo di carta), è come se ci facesse vedere che il quadro è una
finzione.
Nel piccolo riferimento a cosa è successo nei 3 giorni successivi, l’autore ci sta
ingannando perché ci vuol far capire che la storia è raccontata dal punto di vista di L,
mette un elemento che ci dà dei dettagli sulla funzione, forse noi non avremmo
bisogno di capire che i quadri sono un mondo funzionale, però il nostro autore ce lo
fa capire disegnando la cornice.
Il riferimento ci fa capire che l’inganno è funzionale, l’autore strizza l’occhio.
Abbiamo visto che in questo secondo trattato c’è una specie di opposizioni tra 2
visioni distinte dalla chiesa cioè tra i modi in cui dovrebbe essere la chiesa e i modi
in cui è la chiesa, nel terzo trattato c’è una contrapposizione simile tra due ideologie
(una concreta una astratta, altra ideale) pero immanente cioè non c’è una tematica
religiosa ma le ideologie sono umane, cioè nel secondo ideale liturgico mentre terzo
trattato ideale cavalleresco e l’onore dello scudiero con ideali di sopravvivenza.
Il III trattato è uno dei più belli e ci da un minimo di riposo da quella violenza cruda,
il terzo è una persona che lo tratta bene anche se non riuscirà a sfamarlo e qui il
rapporto tra servo e padrone si perde perché sarà lui a fermarlo, è un trattato
particolare e vedremo che questo passaggio è fondamentale perché la crescita di L è
arrivato quasi a compimento, dal 4 trattato narrazione differente, L cresce.
INTRODUZIONE TERZOStando all’abito e al contengo sembrava proprio quello di
cui avevo bisogno.
PAGINA 164introduzione molto lenta, non c’è più il ritmo frenetico al quale siamo
abituati, c’è questa lunga passeggiata di L con lo scudiero.
La casa è scura, spoglia comincia a destare qualche sospetto.
PAGINA 166 dice “esto echo” erano quasi le due, descrizione casa oscura,
encantada ad un certo punto.
Tutto quello che avevo visto (suoi occhi) erano le pareti, no sedia no sgabelli
nemmeno il cassone come quello del tempo.
Lo scudiero chiede a L se ha mangiato e indica che tutti i segnali (passeggiata senza
comprare cibo, casa non da signore) con questa domanda lo scudiero dimostra che
non hanno mangiato e che non mangeranno, non lo faranno di lì a poco.
Seguiamo tutto questo percorso dagli occhi di L come una specie di scena teatrale.
Anche qui a parte tutti gli elementi che ci fanno capire questo nuovo racconto di L,
dobbiamo stare attenti all’altro dispositivo che la finzione è vista tramite gli occhi di
L perché il Lazzaro bambino l’ha vissuto ma quello che scrive è il L grande, maturo.
Il punto di vista da cui ci viene raccontata la storia è duplice perché c’è il Lazaro
adulto banditore di vini e ci racconta con questo punto di vista la storia ma quando
va su determinati argomenti ci riporta quel L bambino, ci sono due punti di vista.
Lazaro adulto legge tutta la storia e L bambino, ci racconta la sua vita e spesso ci dà il
punto di vista di allora, ci racconta di come ha creduto che l’asino volasse ma il L
adulto già lo sa.
Ciononostante, ci racconta la storia dagli occhi di L al tempo in cui conosce lo
scudiero.
Il L adulto che ci racconta la storia dello scudiero commenta il punto di vista del
bambino che sta andando avanti nella sua vita ed ha questa esperienza nello
scudiero, qui ci rende conto che questo scudiero è povero.
Prima però abbiamo creduto a quello che diceva, il L adulto che sta leggendo il
passato ci commenta dicendo “vossignoria ha visto” anche in questo caso abbiamo
una descrizione manifesta dove vediamo il punto di vista del L bambino.
Il rapporto con questo amo è differente, rovesciamento servo e padrone legato allo
svuotamento dell’ideologia, L ci fa capire che una certa ideologia nobiliare ormai
decaduta non ha più senso perché questi nobili non hanno bisogno, il rovesciamento
del rapporto è legato a questa analisi amara che vuole fare il padrone.
In che modo il rovesciamento è già chiaro nel primo momento tra i due? (pag. 168)
Dopo che hanno finto che lo sfamarsi non sia un problema, L caccia vecchi pezzi di
pane che ha ancora conservato.
Il rovesciamento qui è chiaro subito anche mangiano insieme, lo smascheramento
avviene già in questa prima giornata, capisce che questo cambio di padrone non è
positivo, lui crede di essere andato nel peggio.
Il graduale percorso di smascheramento totale dello scudiero avviene nel secondo
banchetto (giorno dopo) si apre con una scena straordinaria, questo signore si
prepara e L ci fa capire quanta preparazione c’è dietro questa finta funzionalità e L e
il narratore ci fanno capire quante siano le etichette che deve servire questo
signore, le forzature e ci fa capire che in qualche modo il signore segue costumi da
nobile anche se non lo è più, il signore chiede a L di prende acqua al fiume e incontra
due dame cioè gli chiedono di offrirgli la colazione, L vede la faccia del signore triste
(non può offrirgliela) L prima di tornare a casa va a procurarsi del cibo, torna con un
bottino straordinario, ha imparato qualcosa dagli Amos precedenti, torna a casa e
trova lo scudiero.
12/05/2022
Inganno dell’occhioCi vuole far capire la finzione che è perfettamente architettata
per sembrare reale.
Il fatto che in alcuni punti possiamo guardare solo dagli occhi di Lazzaro fa sembrare
reale i suoi racconti anche se magari non lo sono.
La struttura narrativa si manifesta in 2 modi: visione solo del protagonista e seguire
tutta la scena dagli occhi di Lazzaro bambino che ci tiene sospesi anche se il Lazzaro
adulto già sa tutto.
Ricostruiamo la vita dal punto di vita di Lazzaro adulto, che seleziona gli argomenti
che ci deve raccontare. La narrazione riporta anche il punto di vista di Lazzaro
bambino.
Infatti, per quanto riguarda il passato, il punto di vista è quello di Lazzaro bambino.
TERZO TRATTATO molto particolare perché lo scudiero è un amo particolare.
Il secondo banchetto che ci racconta rovescia completamente il rapporto padrone-
Lazzaro.
PAGINA 178Lazzaro vuole offrire da mangiare al padrone, ma, lui gli aveva detto
di aver già mangiato e non voleva offenderlo.
Perché ci interessa il secondo banchetto? In questo momento vediamo che c’è la
compassione di Lazzaro, la vicinanza tra i due manifesta il cambiamento del
rapporto Lazzaro-padrone.
“tanta compassione abbia Dio di me quanto io di lui”
La condizione di Lazzaro e dello scudiero e dello scudiero è messa sullo stesso piano.
Questo è un elemento di grandissimo impatto, di conseguenza c’è una fortissima e
amara analisi della società del tempo.
I bisogni primari, le necessita accomunano le persone.
Lo smascheramento è duplice: lo scudiero da un lato e dall’alto la società in cui si
vive di ipocrisia e di facciata.
Si parla di nobiltà decaduta: l’unica cosa di differente che hanno dai plebei è che
non pagano le tasse, infatti, non sono neanche più riconosciuti come nobili.
L’onore è l’unico capitale che hanno gli uomini da bene. (HONRA CAUDAL)
Per lo scudiero l’onore è un capitale, una forma di ricchezza, una fonte di
sostentamento, base per la propria vita.
Si può venire a meno dei bisogni materiali per gli ideali, questi ultimi, per lo scudiero
e gli uomini da bene, vengono prima di ogni bisogno primario. Mettono l’anima e le
idee prima del corpo.
La vita dello scudiero è una vita di sofferenza e per farcelo capire ci viene raccontato
un episodio strano.
L’EPISODIO DEL FUNERALELazzaro sente la moglie del defunto che fa riferimento
al cimitero ed inizia a credere che lo stiano portando a casa sua, perché appunto la
donna dice che lo stanno portando nella casa “obscura” stessa descrizione che lo
scudiero stesso dà della sua casa.
Questo è l’elemento simbolo molto forte: la casa dello scudiero è diventata una
tomba. Quella casa rappresenta la morte (per Lazzaro). Questo ci dice che tutto
quella classe sociale è ormai una tomba.
Se, secondo Lazzaro, la vera vita sono i bisogni primari, rinunciarvi equivale a morire.
Alla fine della storia, scopriamo che lo scudiero deve dei soldi a dei creditori e, con la
scusa di doverli andare a prendere, scappa ed abbandona Lazzaro.
Lazzaro sarà accusato ma salvato dalle vicine dello scudiero.
I primi 3 trattati sono la parte maggiore dell’opera, la crescita di Lazzaro si ha dal
quarto, Lazzaro adolescente ed entra in una fase differente della propria vita.
Raggiunge la maturità, ha acquisito alcune qualità, che, erano legate ai disvalori ed
ha capito che gli ideali non valgono la sacrificazione dei beni primari. Il grosso della
sua formazione si chiude in questi primi tre trattati, dal quarto in poi la narrazione
sarà anche più breve.
Cambia sicuramente la vita di Lazzaro, la lotta per la fame sarà meno feroce.
Dal momento che ci fornisce meno particolari vuol dire che ha meno informazioni
utili per spiegare questa parte della sua vita.
Lazzaro, in questa parte di vita, ha un tenore un po’ più fortunato.
QUARTO TRATTATO Contiene ambiguità erotica molto forte perché tutte le cose
che dice rimandano alla sessualità.
Le scarpe rappresentano un momento di crescita, però, dietro ad esso c’è anche
l’ambiguità che sta dietro le scarpe del frate. (scarpe di qualcuno che cammina
molto a piedi magari di notte, infatti, le vicine dello scudiero lo chiamavano
parente).
Cosillas: ci sono varie interpretazioni.
Abbiamo un duplice livello di ambiguità:
1. Una normale esperienza sessuale che Lazzaro non ci vuole raccontare
2. Forse il prete stesso aveva un interessa sessuale verso Lazzaro.
Non a caso, fino al sesto trattato, Lazzaro raggiunge una certa indipendenza.
Arriverà ad essere una persona rispettabile e a questa indipendenza si
accompagnerà la scelta finale che farà decadere la scelta di Lazzaro.
Solo un episodio ci viene poi raccontato in maniera dettagliata: Il Buldero (il quinto
padrone).
IL BULDERO Vende le bolle papali (comunicazioni/imitazioni delle comunicazioni
papali) ed erano di diverso tema. Si vendono per “armare” l’impero cattolico contro
i turchi. Coloro che vendono le bolle papali, spesso, sono viste di malocchio.
Il buldero di Lazzaro si accompagna ad una specie di poliziotto.
La particolarità di questo trattato: non sappiamo nulla di quello che fa Lazzaro ma
descrive solo la vendita delle bolle. In questo caso lui è solo testimone di ciò che
succede e ci fa capire che anche dietro i miracoli c’è un tiranno.
Il giudizio che ci dà su quest’episodio ci dice tantissimo della sua crescita.
PAGINA 212 “A quel tempo, confesso il mio peccato, anch’io credetti che fosse
così, come molti altri”. Anche se non ce lo racconta ci fa capire che l’inganno è una
cosa che gli piace (Lazzaro bambino che si sta formando).
Anche qui abbiamo una scena in due tempi:
Lazzaro adulto: ho creduto --- Lazzaro bambino: ho capito. (imparò che quel genere
di cose gli piacevano).
17/05/2022
Chiudiamo il discorso sul Lazzarillo facendo una piccola ricapitolazione.
Scudiero: decadenza classe sociale nobile e lo sguardo delle classi più basse su
questa decadenza.
Lo scudiero vive di onore e di ideali facendo a meno dei beni primari, Lazzaro
capisce che, invece, vivere d’onore non serve.
La casa dello scudiero, inoltre, è paragonata ad una tomba, il che significa che
restare in quella casa era uguale alla non vita.
Sull’episodio della vendita delle bolle c’è un momento culminante della formazione
di Lazzaro: Si rende conto che per andare avanti e sopravvivere deve mentire ì,
diventa una persona a cui piacciono gli inganni. La voce del presente ci dice che è
diverso quello che è ora da quello che era in quel momento.
Il Guzman De Alfarache di Matheo Aleman lo abbiamo solo a fine 500.
Come mai i romanzi che prendono come modello il Lazzarillo vengono pubblicati
da fine 500? Il periodo in cui è scritto non ha ancora le caratteristiche che avrà a fine
500, infatti, non a caso, la spagna è suddivisa in Mayores y menores, la spagna del
Marocco le vive in modo profondo.
Da Guzman in poi saranno scritti tantissimi romanzi picareschi come ad esempio:
Estrabillios Gonzales, La picara gustina di Lopez
Il picaro, attraverso il Lazzarillo De Tormes, comincia ad essere un personaggio
letterario con importanza pari che hanno i protagonisti degli altri romanzi, come, ad
esempio, i cavalieri.
All’epoca del Lazzarillo le opinioni sul picaro erano discordanti, da fine 500 in poi
risulta essere un genere più chiaro.
Francisco Rico dice che Lazzaro ne sarà modello, il gioco che crea il picaro nella
realtà è simile a quello che fa il romanzo cavalleresco. I poveri della spagna del
tempo iniziano a sentirsi picari grazie al Lazzarillo.
I picari letterari cominciano a condizionare la realtà letteraria (realtà e finzione si
condizionano a vicenda).
Quali sono gli elementi principali del picaro?
1. Il picaro deve allontanarsi dalla città e dal luogo d’origine.
2. Deve viaggiare tra diversi luoghi.
3. La vita del picaro prevede SEMPRE una struttura episodica. La struttura della
narrazione che è in teoria aperta è, al contempo, chiusa, perché c’è un
discorso che si apre all’inizio della narrazione e si chiude con la fine.
4. Il motivo del ragazzo servo di più padroni.
5. La narrazione in prima persona.
Non tutti i romanzi picareschi prendono tutte le caratteristiche.
Il lazzaro ha creato, in qualche modo, un modello molto strutturato che sarà seguito
da molti.
La società, poi, cambia e, la società del Guzman accoglie meglio i romanzi picareschi.
Quali sono le caratteristiche della società? Caratteristiche che troviamo nel Lazzaro
e a fine 500 sono l’anima della spagna, il regno di Napoli è similissimo.
1. L’impieza de sangre (purezza del sangue) non solo tra classi ma anche religioni
ed etnie.
2. La decadenza della nobiltà della nobiltà comincerà anche a colpire le piccole
nobiltà ecclesiastiche non legate alla nobiltà reale. Sarà poi risolta
dall’immigrazione di molti nelle Americhe.
3. Codice d’onore, legato ai nobili decaduti, molti spagnoli del tempo
denunciano che gli ideali di corte sono vuoti, privi di senso.
Il barocco verrà proprio da queste condizioni.
Come risponde la cultura del tempo? Fa ricorso alla satira sociale ed alla caricatura a
personaggi potenti. Una cultura che comincerà sistematicamente a denunciare il
potere.
Ci sono ancora frammenti di un mondo ideale, anche nel Lazzarillo, ma ritenuto non
più valido, a fine 500 quest’aspirazione all’ideale decade completamente.
Questi passaggi sono importanti per far si che si abbia un percorso che finisca con la
conclusione che si possa far satira sui potenti e che la vita delle classi basse può
essere raccontata senza far ridere.
C’è un elemento che frena, però, tutta questa mobilità: lo spirito della
controriforma.
Tutti i picari morali (dal Guzman in poi) vengono dalla controriforma.
Amorale= Lazzarillo, nei morali c’è il pentimento.
Controriforma: si può peccare ma bisogna redimersi all’istante e n modo feroce.
Questo è il lascito più incredibile che abbiamo. Redenzione, non solo con il rapporto
religioso, ma, con tutta la vita. I picari vengono da questo alone controriformista.
GUZMAN DE ALFARACHE DI MATHEO ALEMANNMatheo Alemann è un autore
molto problematico, ha una vita simile a quella dei suoi personaggi, per una serie di
sfortunati eventi si troverà in miseria per tutta la sua vita.
Ad un certo punto decide di andare in Mexico e dal 1615 in poi non abbiamo più sue
notizie.
Non scrive tantissimo perché si dedica alla scrittura del Guzman per molto tempo,
scrive un’opera Geografica, la Vita di S. Antonio da Padova e un’ortografia
Castigliana.
La prima parte del Guzman la pubblica nel 1599 la seconda nel 1604. Tra queste due
parti c’è una persona che pubblica una seconda parte prima di lui, Juan Martin che
scrive con uno pseudonimo di Matheo de Sayavedra.
Pubblicare opere in segreto si chiamava scrivere opere Apogrife.
Matheo Alemann si vendicherà creando un personaggio nella seconda parte che farà
morire annegato.
Ha una struttura autobiografica e siamo di fronte alla formazione di un personaggio
che seguiamo dalla fanciullezza in povertà fino ad arrivare ad un buon porto.
Quali sono le novità?
1. I viaggi coprono molto più territorio, si sposta anche in Italia, non solo in
spagna.
2. Non abbiamo più relazione tra episodio e padrone.
3. Questo romanzo non racconta solo la vita di Guzman, in certi momenti la
storia si interrompe e troviamo novelle intercolate (o intercalate)
Queste ultime sono dei tagli verticali ad una trama orizzontale, storie molto
differenti perché hanno altri protagonisti.
Questo struttura detta schiodata cioè: a una trama orizzontale corrispondono
tagli verticali di storie intercolate, perché l’obbiettivo di quest’opera
mastodontica era quello di intrattenere il pubblico e davano un taglio più
piacevole all’opera.
La trama non segue una via retta che va dal passato e porta fino al presente, non
solo perché va avanti e indietro nel tempo, ma, ci sono proprio gli insegnamenti
di Guzman adulto. Ci racconta una cosa e poi il Guzman del tempo presente
(tempo in cui scrive) li commenta. Commenti morali per il Guzmaniglio (Guzman
bambino) ma anche insegnamenti per i lettori.
Queste regressioni sono state molto criticate, perché risultava essere un
romanzo picaresco poco riuscito, ma, senza i commenti non avrebbe avuto
senso.
L. Sterne, con Tristam Shandy (1759), inizia il romanzo inglese, inaugura il novel
dicendoci che la comprensione della vita è possibile solo attraverso l’opinione.
Il discorso che fa Guzman si affermerà come forma di narrazione che racconta
vita e opinioni degli uomini. Opinioni di tenore annoiante e tedioso che però
danno un senso alla sua vita. Ci sta dicendo che la narrazione ci fa arrivare alle
idee.
Cosa ci dice Rico? Se Matheo non avesse saputo scrivere romanzi picareschi
avrebbe scritto 2 romanzi: Vita di Guzman e Opinioni di Guzman. Invece i 2 sono
insieme.
All’interno del romanzo ci dice che il testo è scritto per giovare a qualcuno che
non è il buon porto di Lazzaro, ma vuole davvero dare degli insegnamenti.
Queste due parti si mescolano, gli episodi stessi assumo la forma di un aneddoto
moraleggiante, allo stesso tempo quando ci vuole spiegare qualcosa le
regressioni ci raccontano qualcosa.
Il narratore coincide con il protagonista, il punto di vista che utilizza è simile a
quello di Lazzaro perché ci viene raccontato attraverso Guzman sia bambino sia
adulto.
La galera e la conversione di Guzman funzionano come il caso per il lazzarillo,
ovvero, sono il motivo del racconto di Guzman bambino, la premessa della
conversione spiega in qualche modo la ragione della conversione stessa.
La differenza tra i due personaggi è morale.
Bambino: peccatore che trasgredisce le regole della società del tempo, disvalori.
Adulto: pentito, moralizzatore predicatore che condanna la vita passata e le
trasgressioni.
La prospettiva moraleggiante lo rende una specie di giudice sulla propria vita e
sulla società del tempo.
La seconda parte del Guzman si intitolerà Atalaya de la vida umana, sentinella
della vita, sia sulla propria che quella degli uomini in generale.
Youtube: I PICARI—MARIO MONICELLI.
Mario Monicelli fa un film con personaggi che in qualche modo spieghino i
picari.
16:40 Lazzaro ed il cieco, episodio dove lo fa cadere.
58:27 Lazzaro e lo scudiero, scena di quando Lazzaro capisce che lo scudiero è
povero (chiede a Lazzaro se ha mangiato), i 2 banchetti, che troviamo nel libro,
qui sono uniti in un solo unico.

18/05/2022
La distanza tra passato e presente è una differenza non solo nei fatti, ma anche
nell’etica, una differenza nei modi di guardare il mondo.
Questa componente è così importante che, nella seconda parte, la prospettiva
del narratore, ovvero di Guzman Adulto, è un punto di osservazione non solo
sulla sua vita, ma, sulla vita di tutti gli uomini.
Il fatto che la prospettiva morale e quella dei fatti in stiano insieme ce lo dice lo
stesso autore nei due prologhi che dà alla sua opera.
“Non ridere del racconto ma fa buon uso dei consigli” secondo prologo.
C’è un duplice livello che interpretiamo anche dal fatto che sono presenti non
uno ma ben 2 prologhi.
Nel Siglo De Oro le opere sono sempre riferite al lettore di tipo popolare o
discreto (nobili, cortigiani, borghesi), di solito, quando si riferiscono ad un lettore
implicito fanno riferimento o all’uno o all’altro, Matheo Alemann, invece, fa
riferimento ad entrambi.
COSA DICE AL LETTORE POPOALARE (DISPENSA, AL VULGO) Assume una
postura superiore nei confronti del popolo, ha un quadro infamante del popolo.
Matheo prende le distanze dalle letture popolari perché la picaresca era
diventato un romanzo popolare e come una sorta di storiella, e lui non voleva
che la sua opera fosse letta in questo modo.
Le cose tra mondo dei poveri e mondo dei ricchi sono e devono essere separate.
Descrive, inoltre, tutti i difetti del popolo e tutti gli atteggiamenti sbagliati che ha
la società del tempo.
Il quadro che ci dà del popolo è negativo.
Dietro quest’attacco che fa al popolo c’è anche una denuncia delle condizioni del
popolo stesso.
Vuole che in questo romanzo la distanza tra ricchi e poveri sia ben visibile.
Tutta la seconda parte è basata sul fatto che è importante che la classe popolare
si redimi.
A proposito dell’impossibilità del popolo di capire determinate cose: tutto
quello che ha letto e/o studiato lo ha captato come utile, tutto ciò che è la
cultura attuale è stata rovinata dalla loro prospettiva delle cose. Non solo il
popolo si ferma alla parte meno utile ma, come la mosca che fugge dal fiore, si
sofferma su cose futili, che rendono la vita amara. Il popolo si fida solo di quello
che gli dicono le favole. Tutto quello che il popolo farà, se no capirà il concetto
dietro l’opera, essa risulterà lo stesso utile ai signori. Tutte le ferite che farà
leggendo l’opera saranno curate da chi la comprenderà. (sempre nel prologo AL
VULGO).
Anche al lettore discreto dice che se, lui come il popolo, apprenderà solo le parti
divertenti nemmeno lui avrà capito l’opera, di conseguenza risulterebbero lettori
pessimi.
AL DISCRETO LECTOR (SECONDO PROLOGO) Esce dal prologo precedente
come se fosse stato un brutto sogno, tramortito, ha fatto fatica per scriverlo. Ne
è uscito a pezzi perché ha provato ad immaginare il numero di persone che
avrebbero letto la sua opera senza capirne nulla. È stato molto difficile perché ha
dovuto bleffare, fare finta di rivolgersi al popolo.
Continua, poi, scrivendo cosa troverà il lettore discreto.
Sono presenti anche alcune topos modeste, come: “io non sono bravo a scrivere,
anche se il libro sarà malvagio ci si potrà trovare qualcosa di buono” questa è una
palese citazione al prologo del Lazzarillo.
Dà dei consigli, lui non si rifà ad insegnamenti validi perché validi.
Molte cose sono abbozzate ma è sicuro che piaceranno, dice, inoltre, al lettore di
tenere sempre uniti il racconto ed il consiglio.
Non deve fare in modo che i consigli che egli da siano dimenticati, se scaverà
bene troverà delle cose preziose quanto l’oro.
Conclude dicendo che oltre a quest’insegnamento, come ogni favola che si
rispetti, vi troverà qualcosa di piacevole (ci si rivolge agli episodi non morali e le
novelle intercalate).
Dai due prologhi capiamo che ci sono due mondi e due movimenti essenziali.
PENSIERO e AZIONE, TRAMA e CONSIGLIO devono restare sempre uniti.
Ad un certo punto dell’opera, il punto di vista di Guzman Adulto e Guzman
Bambino, il quale deciderà di fare il facchino in modo volontario perché capirà
che non potrà fare lavoro più onorevole che quello, si fonderanno.
Il loro punto di vista inizia, quindi, a coincidere. L’autore ci imporrà sempre di
guardare al Guzman bambino, in modo particolare quando sbaglia, con gli occhi
di Guzman Adulto, per, appunto, giudicare quello che succede. Diventeranno
lezioni per la vita.
Per tutta l’epoca moderna non si poteva raccontare di sé, nella struttura del
Guzman la vita di questo picaro si può narrare perché prova a dare esempio
positivo (attraverso Guzman adulto). L’esempio acontrario, che dobbiamo
comprendere, ci è dato dalle avventure finite male, ovvero, queste ultime, sono
esempi che dobbiamo ricavare al contrario.
Sia l’esemplarità, sia la visione giudicante, viene portata avanti da una specie di
interlocuzione continua, una specie di tu a cui si riferisce l’autore, una specie di
dialogo, come se si riferisse al lettore.
Morale e trama non possono essere separate anche per questo motivo.
Ultimo elemento importante: Alcuni elementi della società del Guzman che non
possono stare insieme comportano un sentimento di esclusione del Guzman
stesso, sia bambino che adulto.
Bambino: escluso perché reietto, compiva azioni contro la legge e la morale, di
conseguenza non era integrato con la società.
Adulto: neanche la redenzione porterà Guzman ad integrarsi con la società, non
trova appigli o un futuro migliore, l’ascesa non è, quindi, possibile, neanche con
la redenzione.
Tutti gli elementi della società trovano conferma in entrambi i Guzman.
EL BUSCON Chiudiamo il percorso picaresco, 1626, programma dell’anno
prossimo infatti non parleremo molto dell’autore.
Quevedo era una delle personalità più importanti del Siglo de oro che decide di
scrivere un romanzo picaresco nel 1626, quando ormai il modello si era
consumato, ovvero ce ne erano così tanti che era diventata una moda.
Il buscon è l’ultima parte e rappresenta la maniera del romanzo picaresco.
Cosa vuol dire scrivere un romanzo che segue la maniera di un modello e farne
quasi una parodia? I modelli che segue sono:
 Il Lazzarillo de Tormes
 Alcuni rapporti con il Guzman, ovvero riprende la sua staticità
 Rapporti con la picaresca Cervantina: Rinconte y Cordarillo.
Pablo Segoya, protagonista, avrà tante avventure, ma, la narrazione si ferma perché
il commento satirico risulta essere più importante, e lo fa con una lingua
potentissima, dietro ad una parola capiamo molteplici cose differenti.
La pesantezza della lingua è utile perché così, alla fine dei capitoli capiamo qualcosa.
Pablos: Nasce da una fattucchiera e da un barbiere, nascita umile che lo segnerà,
verrà deriso dei compagni di scuola con burle grottesche. Crescerà con Don Diego,
personaggio di buona famiglia, e conoscerà diversi personaggi ed una delle figure
più importanti sarà un Hydalgo decaduto: Torillo, che però fa parte di una specie di
banda di picari che si spacciano per nobili. La storia finisce con il rapporto di Pablos
con una prostituta e un viaggio nelle Americhe.
STATICITA’ Abbiamo l’impressione che accadano poche cose a Pablos, ci saranno
interi capitoli a narrare una sola vicenda, alla staticità, però, non corrisponde un
cambiamento di Pablos, l’unico sarà quello di passare da vittima delle burle ad
esserne autore.
Le vicende non formano ne deformano Pablos.
In Lazzarillo, ad esempio, capiamo di capitolo in capitolo che cambia qualcosa, nel
Buscon, invece, no.
Pablos viene sistematicamente scoperto da qualcuno.
Tutto questo ci dice che è un picaresco di maniera. I personaggi non hanno più delle
funzioni fondamentali, come se Quevedo ci vorrebbe raccontare la società del
tempo. Quadro satirico.
I personaggi non vengono più condizionati dalle leggi.
Critica agli arbitristi (in alcune occasioni il re poteva prendere decisioni senza
interpretare i consiglieri perché sarebbero state sicuramente utili).
PARODIA POETICAcritica chi scrive opere lunghissime che non servono a nessuno.
La trama è mossa dalle parole, le azioni restano in potenza.
PAG 319 ultimo rigo. Pablos è entrato in una compagnia teatrale. Il personaggio
grottesco è il marito cornuto.
Le parole risolvono la trama e creano azione ma c’è sempre un quadro satirico
amaro.
19/05/2022
Rapporto del protagonista con la narrazione di altri personaggi: Quevedo racconta la
storia di Pablos ma in mente ha un quadro più satirico.
Importanza dei livelli del linguaggio: i livelli del linguaggio, il concettismo, sono più
importanti della trama. Dà, infatti, un esempio di come il linguaggio sia
fondamentale per portare avanti le azioni.
Un episodio complesso si risolve spesso con una battuta, tutta la trama è tessuta con
il linguaggio, le cose si muovono proprio grazie ad esso.
Che vuol dire picaresco di maniera? Racconta di più o di meno la realtà?
Vediamo le differenze sostanziali:
 La vicenda di Pablos non è né un percorso di formazione né di deformazione.
Non partiamo da una condizione e nemmeno arriviamo in un'altra.
 Non abbiamo un miglioramento rispetto l’infanzia.
 Non abbiamo redenzione
Pablos seguirà alcuni schemi come se la parte del picaro la stesse recitando.
Le condizioni di partenza sono simili a quelle di un picaro ma, il modo in cui vuole
ascendere è totalmente diverso.
Sul finale ci accorgiamo che lui ha coscienza sul fatto che le cose non possono
cambiare, è quasi come se la condizione si perdesse nella storia stessa.
Pablos fa finta di essere un picaro ed è come se tutte le sue avventure fossero di
maniera.
Così come Cervantes fa una parodia dei romanzi cavallereschi, così Quevedo fa
una parodia dei romanzi picareschi.
Questa è una cosa che riusciamo a capire sia all’inizio che alla fine dell’opera.
PROLOGO (PAG. 46)Quevedo dice di avere un desiderio e che lo vuole
raccontare perché ha paura possano farlo altri al suo posto.
Dice che la storia non è neanche molto importante ma che il lettore potrà
trovarci un “non piccolo conforto”, ovvero, che la storia è di puro intrattenimento
e che quindi eviterà di “essere prolisso” perché, infatti, non ci sarà nulla da
spiegare, Pablos non darà nessuna prospettiva sul mondo, anzi, guardiamo al
mondo con gli occhi dell’autore cosa che, invece, prima non ci interessava.
Abbiamo la satira di un autore che vuole prendersela con alcune cose della sua
società che non gli stanno bene.
I valori presenti in questo libro alla fine diventano chiari, netti.
In Lazzaro abbiamo un finale con ambiguità, nel Guzman il protagonista resta
infelice nonostante la redenzione, qui comprendiamo benissimo che il mondo
resta sempre lo stesso.
Lazzaro chiude la storia con un ottimismo quasi iconico, addirittura dice di avere
raggiunto l’apice della sua vita. Guzman, in qualche modo, ha trovato la ragione
della conversione. Hanno ancora speranza che il mondo possa cambiare.
Pablos, invece, ha un pessimismo radicale, abbiamo un finale senza idillio, ci fa
capire che andrà sempre peggio.
FINALE (PAG. 350) Nel finale annuncia una seconda parte del romanzo che,
però, non ci sarà mai.
Dice che è impossibile cambiare vita solo cambiando luogo e che, in teoria,
migliorare il proprio stato sarebbe possibile solo cambiando vita, usi e costumi.
Abbiamo due visioni di questa affermazione:
1. Ci sta dicendo forse che nel Nuovo Mondo proverà di nuovo a cambiare vita
(prof non d’accordo con questa visione)
2. Non è possibile, in nessun caso, cambiare vita, come ci dimostra in tutto il
romanzo.
C’è un pessimismo totale, ovvero non c’è speranza.
A cosa ci porta questo finale disincantato? Le categorie mezzane (borghesi,
cortigiani) non sono più possibili. È impossibile nascondere le proprie origini
(Impieza de sangre è sempre più importante e forte).
Ad esempio: i nati ebrei non possono nasconderlo e quindi saranno detti Giudei, il
povero resta povero, chi è di una religione sarà sempre etichettato per quella
religione, chi è di un’etnia sarà sempre per quell’etnia.
Questo ritorna anche nelle etnie spagnole. Solo i Castigliani cattolici sono i giusti, il
resto sono tutti reietti.
Leggendo l’opera possiamo: lamentarci, ridere, commentare gli avvenimenti, ma
non ci troviamo un insegnamento vero e proprio.
PAGINA 203 L’hydalgo che incontra Pablos gli dà una specie di lezione su come
sopravvivere nel mondo, lo fa presentando una specie di catalogo di quello che fa
con i suoi compagni.
PAGINA 207 Ci parla del loro abbigliamento. Paragona le preghiere con un
momento per rammendarsi. Lui e la sua compagnia risultano essere molto metodici.
PAGINA 211Notiamo che ci sono pagine e pagine di descrizione della sua banda.
Cosa c’è dietro quest’antropologia malsana? I vestiti hanno un’importanza
fondamentale, la società impone delle etichette, ed anche per andare in chiesa
bisognava essere vestiti in un certo qual modo. Loro con i rattoppi riuscivano a
sembrare delle persone per bene.
Per comprendere meglio ci basta pensare alla commedia Miseria e Nobiltà, dove
ritroviamo una pratica simile, ovvero, sfruttano le etichette a loro favore.
Dietro questa descrizione c’è un mondo di finzione. TUTTI recitano una parte (non
solo chi usa i rattoppi).
In questa cappa di cose che si devono fare in un certo modo, questi signori cercano
di trovare una soluzione alla loro povertà.
LE PAROLE E LE COSE (saggio)Il Filosofo Mitchel Foucalt ci dà una chiave della
funzione del linguaggio nella cultura barocca (linguaggio di Quevedo). Ragiona sul
rapporto tra parole e cose.
Il 600 è un secolo in cui il rapporto tra le parole e le cose cambia completamente.
Barocco: tutto somiglia a qualcosa ma rimanda ad altro.
Le somiglianze delle cose non sono più così dirette. Questo ci conferma che El
Buscon è differente rispetto gli altri romanzi.
Bisogna spffermarsi su ogni parola, infatti, Quevedo, utilizza parole che
maggiormente sono ambigue.
CAPITOLO 1 (PAG. 48) Abbiamo lo stesso schema dei romanzi picareschi, l'io del
narratore protagonista e il suo interlocutore "senor" però in questo libro non
vediamo sempre il mondo dal punto di vista del protagonista, alcune volte ci sono
commenti che non sono fatti da Pablos o episodi che lui non conosce neanche.
Quando descrive il padre usa un'ambiguità la parola "cepa" che significa ceppo in
generale o il ceppo di vite cioè non si sa se è di buona classe sociale o se fosse un
ubriacone. Altro elemento comune agli altri romanzi picareschi è partire dalle
genialogie più antiche, egli qui ci chiarisce tutti i dettagli sugli antenati della madre.
Ci sono dubbi sul padre cioè mentre il padre tagliava le barbe ai clienti qualcuno
rubava i loro soldi, c'è un'ambiguità quando dice che il bambino rubava il cuore a
tutti, cioè il padre non si sa se era triste perchè il figlio rubava o perchè aveva perso
il suo scagnozzo.
PAG. 51Non si capisce neanche quando spiega l'uscita del padre dal carcere, se lui
ne esca trionfante o lo picchi perchè " 200 cardenales" significa sia cardinali che
lividi. La madre ebbe una punizione che veniva data alle streghe cioè in pubblico le
cospargevano di miele e riempivano di piume.
PAG. 56Pablos veniva preso in giro per questa cosa e solamente in un momento
perde le staffe quando un ragazzo lo chiama "hijo de puta y fattuchiera" anche se
gliene avevano dette di peggiori è stato il dirglielo così schiettamente che lo ha
portato a lanciargli una pietra in testa.
PAG. 64Pablos dopo le tante burle dei compagni viene trovato pieno di
escrementi, egli dice che le armi che gli restano in questa condizione possono
offendere al massimo le narici, c'è il doppio significato di offendere sia fisicamente
che l'olfatto e mette sullo stesso piano le armi e gli escrementi. In questo episodio si
inizia a rendere evidente il contrasto tra apparenza e realtà, in tutti gli episodi in cui
le persone lo incontrano in condizioni disastrose hanno delle supposizioni non reali
su ciò che gli è accaduto, cioè hanno dei pregiudizi sulle persone come lui.
PAG. 302 Altro episodio che rappresenta la dissoluzione dell'ambiguità è quando
Pablos incontra dopo anni un suo vecchio amico di scuola Don Diego, però lo
ricontra in un momento sbagliato perchè stava per sposarsi con Donna Anna, la
cugina, e quindi Don Diego inizia a indagare su quest'uomo perchè non si fida delle
sue ricchezze e scopre che è povero. Per punirlo dice a degli scagnozzi di aspettarlo e
dargli una lezione, quando i suoi scagnozzi troveranno un uomo che ha il suo
mantello dovranno picchiarlo, oltre da loro verrà picchiato anche dalle persone
attorno donna Anna che hanno scoperto l'inganno. Pablos ha una doppia punizione
in qualità di persona e di picaro, crederà di essere punito quando è travestito da Don
Diego e quando è sé stesso, dietro questo cambio di mantello c'è il traverstirsi da
altri, cambiare la propria situazione e il fatto che anche se cambia vestiti viene
punito lo stesso significa che anche se provava ad essere qualcun altro veniva punito
lo stesso perchè non era possibile cambiare la propria condizione sociale e non era
possibile farlo solo cambiando il mantello. L'opera ci vuole far capire che la vita di
Pablos ci viene presentata come finzione, l'autore ci vuole far entrare nei panni di un
picaro e per farlo fa vivere il protagonista tutto ciò che vive un picaro ma anche
cambiando vestiti la sua condizione non cambia lo stesso.
24/05/2022
Il rapporto tra l’essere e l’apparire è molto importante, si capisce dall’episodio del
mantello. Pablos vuole essere qualcosa, quindi, appare in un certo modo ma non lo
è in realtà.
Un episodio cardine per capire ciò, un punto di non ritorni della deformazione di
Pablos ed anche episodio chiave è quello del RE DEI GALLI.
EP RE DEI GALLI (TERZO CAPITOLO)Usanza del re dei galli, ovvero: un gruppo di
ragazzini impiccavano un gallo come SACRIFICIO, era un’usanza che impegnava tutto
il popolo che tifava per i ragazzi che rincorrevano il gallo per catturarlo e poi
ucciderlo. La squadra che doveva catturarlo aveva un capo, nominato RE DEI GALLI,
doveva essere vestito in modo eccentrico e, di solito, il ruolo si dava al ragazzo più
meritevole (sotto punto di vista scolastico), Pablos viene eletto re dei galli perché è
in una fase in cui la prima formazione scolastica gli sta dando soddisfazioni.
Nel momento in cui cade è un punto di ritorno perché Pablos sarà deluso da tutti.
Il cavallo non era di razza, passando mangia una verza e tutte le fruttivendole
rincorrono pablos, lanciandogli le cose, il cavallo è fuori di sé e l’episodio si conclude
con la caduta di Pablos nello sterco del cavallo e tutti lo vedono e deridono.
Racconta la sua vergogna e ad un certo punto la narrazione si interrompe e Pablos
adulto che parla con vossignoria ci fornisce un elemento in più di comprensione, ci
dice come si sentiva a quel tempo.
PAGINA 64 A cosa serve quest’intervento? Ci dà un chiarimento, di cui forse non
necessitiamo, ci dice che nel momento in cui tiravano cose ha pensato, dato che
indossava delle piume sul sombrero, pablos bambino, pensava che le fruttivendole
lo avessero preso per sua madre. Pensa che l’hanno messo in imbarazzo perché
scambiato per sua madre (fattucchiera, punizione fattucchiere).
L’episodio viene isolato perché il narratore vuole far ridere.
A tal punto Pablos non riesce a spiegarsi che succede e quindi se lo spiega solo col
fatto che crede che per via delle piume stia venendo scambiato per un’altra persona
e che la punizione non fosse per lui.
Elemento che fa ridere però ci dice anche che il narratore ha una specie di reticenza,
ci dice come si è sentito ma solo dopo aver raccontato l’episodio.
Cosa ci fa capire il rapporto delle componenti narrazione-episodio? Pablos adulto
prende subito le distanze, prima ci dice come si è sentito e poi che in quel periodo
era sciocco e giovane e che la paura aveva dato voce all’ignoranza.
A cosa è dovuta l’incomprensione? Abbiamo un doppio significato delle PLUMAS
1. Piume che ha lui nel cappello, che sono piume d’onore.
2. Piume che usa sua madre, piume del disonore.
Doppio significato non più semantico o lessicale, ma, bensì, sociale, questo crea
l’equivoco, ovvero:
lui crede che la gente sostenga le sue piume siano uguali a quelle della madre e
crede le persone credano lui fosse lei.
Lui pensa di essere esattamente sua mamma “poiché porto le piume mi hanno
scambiato per mia madre” sta proprio ad intendere “poiché porto le piume sono
mia madre”. Qui ci vuole far capire che per la società del tempo quelle due piume
hanno lo stesso valore, quelle due piume vanno insieme così come Pablos Adulto ha
due mantelli.
Segnale che ci da traccia di come sarà la vita di Pablos, penserà sempre che tutti lo
ritengano di mala sangre così abbiamo il concetto che ritroviamo nel finale ovvero
che non si può cambiare il proprio stato.
Le piume sono l’APPARIRE mentre Pablos e Aldonza (la madre) l’ESSERE.
PLUMAS INFAMIA e PLUMAS NO INFAMIA APPARECER
PABLOS e ALDONZA SER
Se a livello dell’apparenza infamia e no infamia hanno lo stesso valore allora anche a
livello del ser queste due cose stanno insieme.
Ci fa capire che apparecer e ser hanno un rapporto stretto, apparecer=ser, così tanto
da decidere il destino delle persone fin da bambini.
Il fatto che ci dia questa scusa non richiesta non fa altro che affermare la teoria
appena descritta con più forza.
Leggendo tutto il buscon sappiamo che tutta la narrazione conferma questo
rapporto. La storia di Pablos è una finzione picaresca, la storia deve far soprattutto
ridere ma è un riso amaro sulla società in cui essere e apparire sono la stessa cosa.

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