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MITO DI TIRESIA

Tiresia è un indovino della mitologia greca, figlio di Evereo e della ninfa Cariclo.
Tiresia è cieco, e sull'origine di questa sua condizione esistono tre tradizioni:
secondo la prima fu reso così dagli dèi perché non volevano che profetizzasse
argomenti "privati", nella seconda, viene reso tale da Atena per punizione in quanto
lui la vide nuda farsi il bagno, ma poi, su supplica della madre, fu reso indovino dalla
stessa dea e nella terza Tiresia passeggiando sul monte Cillene, incontrò due
serpenti che si stavano accoppiando e ne uccise la femmina perché quella scena lo
infastidì. Nello stesso momento Tiresia fu tramutato da uomo a donna. Visse in
questa condizione per sette anni. Passato questo periodo venne a trovarsi di fronte
alla stessa scena dei serpenti. Questa volta uccise il serpente maschio e nello
stesso istante ritornò uomo. Un giorno Zeus ed Era si trovarono divisi da una
controversia: se in amore provasse più piacere l'uomo o la donna. Non riuscendo a
giungere a una conclusione, poiché Zeus sosteneva che fosse la donna mentre Era
sosteneva che fosse l'uomo, decisero di chiamare in causa Tiresia, considerato
l'unico che avrebbe potuto risolvere la disputa essendo stato sia uomo sia donna.
Interpellato dagli dei, rispose che il piacere si compone di dieci parti: l'uomo ne prova
solo una e la donna nove, quindi una donna prova un piacere nove volte più grande
di quello di un uomo. La dea Era, infuriata perché Tiresia aveva svelato un tale
segreto, lo fece diventare cieco, ma Zeus, per compensare il danno subito, gli diede
la facoltà di prevedere il futuro e il dono di vivere per sette generazioni.Nel corso
dell'attacco degli Epigoni contro Tebe, Tiresia fuggì dalla città insieme ai tebani;
sfiancato si riposò nei pressi della fonte Telfusa dalla quale bevve dell'acqua gelata e
morì. In un'altra versione l'indovino, rimasto a Tebe con la figlia Manto, venne fatto
prigioniero e mandato a Delfi con la figlia, dove sarebbero stati consacrati al dio
Apollo. Tiresia morì per la fatica durante il cammino. Nell'Odissea il suo spettro è
consultato da Odisseo affinché gli indichi la strada del ritorno. Benché morto e
residente nell'Ade, Tiresia conserva, a differenza degli altri spettri, una propria
identità e le proprie capacità mentali. Dante Alighieri lo cita nella quarta bolgia
dell'ottavo cerchio dei fraudolenti nell'Inferno. Il poeta fiorentino tuttavia non fa
accenno alle sue arti divinatorie ma al solo prodigio del cambio di sesso dovuto
all'aver colpito i due serpenti. Probabilmente l'intento di Dante è limitato a deprecare
le attività dei maghi, i quali talvolta adulterano le cose naturali con il loro intervento.
Tiresia è condannato a vagare eternamente con la testa ruotata sulle spalle, che lo
obbliga a camminare indietro in contrappasso con il suo potere "preveggente" avuto
in vita.

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