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L’epoca dell’immagine del mondo (1938)

Introduzione: Heidegger dopo Essere e Tempo


Nella Lettera sull’umanismo (1947) Heidegger dirà che il motivo per cui non ha
finito Essere e Tempo è perché sentiva il peso della tradizione metafisica sul suo
modo di pensare e nel suo linguaggio. Heidegger iniziava una più profonda
riflessione sulla metafisica nella storia: la metafisica è quel pensiero che,
perlomeno da introduzione alla metafisica (19359: 1. riduce l’essere a ente, come se
Dio esistesse solo in quanto gli uomini credono quando in realtà l’essere è quel
concetto trascendentale che fa sì che le cose siano come sono: prova ne è il fatto che
c‘è sempre stato il bisogno di chiedersi cosa sia l’essere, ma nel chiederselo il
pensiero si è sempre risposto in modo errato, e cioè considerandolo solo a partire
dagli enti; inoltre questa metafisica non è l’errore di qualche pensatore, bensì 2. il
destino stesso dell’occidente, ovvero questo “oblio dell’essere” è la nostra storia che
quindi ci costituisce nel profondo. Ora, la storia della metafisica iniziata con Platone,
finisce con Nietzsche in quanto egli è il culmine e la distruzione della metafisica
stessa. (Va chiarito il fatto che l’oblio dell’essere sia o meno il destino dell’esserci, in
quanto portato di necessità a pensare l’essere come l’ente).

1. L’epoca dell’immagine del mondo


Dunque la metafisica come “dimenticanza dell’essere”, ovvero come quel pensiero
che considera l’essere a partire dalle cose e non viceversa, entra nelle nostre vite, nel
nostro modo di pensare: in tal senso la metafisica fonda un’epoca generando tutte le
manifestazioni essenziali di quest’epoca, che sono dunque manifestazioni di un
pensiero “viziato” dalla mancanza dell’essere. Queste manifestazioni oggi sono, per
Heidegger, essenzialmente 5.
1.1 Confronto tra le cinque forme dell’apparire moderno e le otto
strutture fondamentali dell’esserci

a) Sarebbe la Scienza moderna che però qua Heidegger confronta con:


b) La tecnica meccanica ponendole sullo stesso livello: La tecnica
che Heidegger sempre più pone al centro del suo secondo pensiero, è il
dispiegarsi del pensiero metafisico occidentale. In altre parole: il costituirsi
dell’idea secondo cui l’essere sia costituito dalle cose così come esse appaiono
all’uomo e quindi il nascere di soggetto e oggetto, si proietta direttamente nella
scienza e nella tecnica moderne. In tal senso il mondo diventa dominabile: si
pensi ad esempio a Cartesio, secondo la sua idea è vero solo ciò che è “chiaro e
distinto” nella mente dell’uomo, la verità delle cose dipende unicamente da ciò
che ne pensa l’uomo. Ora, Heidegger parla nel passo di Tecnica moderna e
Metafisica moderna: questo perché esse rappresentano il punto più evoluto di
tale processo, il punto ovvero in cui il pensiero stesso non è che tentativo di
risolvere i problemi all’interno di questo schema stesso.

c) L’arte è ricondotta a “estetica”: Va prima di tutto detto che vi sono due


significati di “estetica”, 1) nel suo significato etimologico “sentire”, ciò che
si sente con i sensi. 2) l’altro significato è intendere estetico come un “sentire
interiore”. Ora, per Heidegger, l’arte oggi è ricondotta al primo significato di
estetica, ovvero è ridotta a “scienza delle emozioni”. Così facendo l’arte
perde il suo “mistero”, la sua essenza di bellezza. Come infatti Heidegger
aveva analizzato nella sua opera fondamentale Sull’origine dell’opera d’arte
(1935), l’arte ha la valenza di verità teoretica, in quanto essa non si lascia
catalogare dal pensiero ma rimanendo sempre aperta come “possibilità” ci
riporta il senso della verità (verità intesa in senso Heideggeriano di essenza e
natura dell’esserci).
d) Il “fare” dell’uomo viene concepito come cultura: nel senso che “i più alti
beni dell’uomo” vengono coltivati e curati come se rappresentassero un
insieme eterogeneo, ciò comporta naturalmente che quindi nascano delle
“istituzioni” che la coltivino. Non vi è più il mutevole mondo della “polis”,
ma strutture fisse che decidono cos’è “cultura”.
e) La Sdivinizzazione: La rimozione del “divino”, del “sacro”, come già
diceva Nietzsche, per Heidegger è causata dal cristianesimo stesso. Prima di
tutto il mondo si è fatto “cristiano” nel senso che Dio è compreso come
uomo, Dio si è fatto uomo, è già “sdivinizzato”. Questa sdivinizzazione
produce in noi un senso di “indecisione” verso la divinità, verso ciò che è
sacro e profano. “Decisione” è un termine fondamentale in Essere e Tempo,
là era fondamentale per capire l’essenza dell’esserci, dunque l’indecisione
provoca uno stato in cui si pensa sia impossibile capire è “dire”, Dio. Questo
stato di indecisione non fa però prendere commiato dalla religiosità che
rimane come prerogativa dell’umano, ma che ha perso tutto il suo sacro.
(Simmel, Il conflitto della civiltà moderna). Il fatto che la psicologia e la
storia studino il mito cercandone i significati, è sintomo della nostro totale
perdita della divinità.1
Heidegger analizza le conseguenze della storia della metafisica e quindi prende
coscienza del fatto che vi siamo “gettati” dentro.

1
Nella Dialettica dell’illuminismo, Adorno e Horkheimer diranno che il mito antico è scomparso
per lasciare posto ad un altro mito, la scienza.
1.2 L’analisi della Scienza moderna
Heidegger si concentra sull’analisi della a) Scienza moderna, come infatti ha
sostenuto all’inizio, in quanto manifestazione originaria della metafisica, scoprirne il
fondamento significa scoprire il fondamento della modernità.
La scienza antica dei greci che non cercava l’esattezza perché non aveva bisogno di
essere esatta, in quanto era fondata su di una diversa interpretazione dell’essente e
quindi anche dell’ente; la “doctrina” medievale cercava nel mondo “qualità
nascoste”. Entrambe, sembra sottintendere Heidegger, lasciavano spazio ancora alla
domanda sull’essere.
L’essenza della scienza moderna è invece la ricerca: essa si muove, può nascere,
solo là dove venga progettata una regione della conoscenza, ovvero solo là dove vi si
stato preimposto uno schema generale dei processi (ad esempio dei processi naturali),
questo schema stabilisce quello che si definisce il rigore della ricerca.
Oggi ad esempio assistiamo al fenomeno secondo cui la “matematica” è ridotta al
“numerico” solo in quanto il numerico è un qualcosa di pre-conosciuto, come le tre
mele sul tavolo, ma il termine matematica, nel senso greco, non si esaurisce nel
numerico. Quando si instaura allora una “fisica matematica” si vuol dire che
mediante un già noto come il numero, si vuol leggere i fenomeni della fisica.
Heidegger analizza 5 punti attraverso cui si muove la fisica e che stabiliscono i criteri
di esattezza della ricerca; i 5 punti evidenziano, ancora una volta dal Concetto di
tempo, che il criterio della ricerca scientifica è l’omologazione dei fenomeni. Quando
i fenomeni rientrano in questi criteri costantemente, si definisce una legge. Ora, il
procedimento mediante cui si muove la scienza della natura è l’esperimento, esso è
possibile solo in quanto vi è una ricerca: nel senso che è possibile solo in quanto c’è
qualcosa di già dato che si vuole ritrovare nella natura. Certo, ricorda Heidegger, è
stato Aristotele il primo a parlare di esperimento come metodo di verifica a partire
dalla regolarità dei fenomeni, tuttavia il senso antico è diverso dal nostro in quanto vi
manca il momento della “ricerca”, ovvero vi manca il momento in cui qualcosa è “già
dato”, è quindi più simile alla parola “esperienza”. (Ugualmente fanno le scienze
storiografiche in quanto leggono il passato nei termini di un “costante” storica,
ovvero i fenomeni vengono letti alla luce “legge” ricavata dalla comparazione dei
fatti avvenuti prima.)
In quanto dunque ogni Scienza è fondata su una particolare regione essa è
necessariamente scienza particolare, e ciò non accade come “male necessario” ma
accade necessariamente in quanto la scienza è fondata sulla ricerca. Come dice
heidegger, lo specializzarsi è infatti il “fondamento del progresso di ogni ricerca”. È
per questo che la scienza moderna dà necessariamente vita a istituiti. Essi non sono
un fatto ancora una volta casuale, ma bensì inscritto nella natura stessa di scienza in
quanto essa ha il carattere già di per sé di istituzione: in altre parole in quanto essa
stessa vive a partire da delle regole “già date”. Nasce così la figura del ricercatore
che muove le sue ricerche in programmi prestabiliti.
 Qual è dunque l’essenza metafisica della scienza?
Consiste in ciò: il pensiero occidentale vive nella dimenticanza dell’essere, esso
scambia l’essere per il modo in cui le cose si danno a lui, ciò significa che l’essere è
ridotto all’ante; ciò che costituisce la realtà, l’essere delle cose, è allora la certezza
che il soggetto ne ha. In altre parole, il soggetto legge la realtà solo in base al suo
modo di rappresentarla. Il criterio della verità diviene la certezza: ciò accadde con le
“idee” platoniche fino a raggiungere il massimo con l’evidenza cartesiana. Altra
parola fondamentale nella metafisica occidentale è soggetto: esso per non noi
significa più come per i greci2, il fondamento reciproco di ogni cosa, bensì
esclusivamente l’io dell’uomo, ne consegue che anche quello che la filosofia ha
sempre definito “oggetto”, ”oggettivo”, non è altro che il modo attraverso cui il
soggetto percepisce la realtà. Ma in realtà, a bene vedere, quello che la metafisica
chiama “soggetto”, non è che l’oggetto della metafisica stessa: oggetto del progetto
della metafisica.
L’immagine del mondo: per indagare la modernità si deve ricercare la sua
immagine del mondo, non intesa in senso che una immagine particolare, una visione,
del mondo come poteva essere in epoche diverse, ma qua si sta dicendo che il mondo
moderno ha ridotto il mondo a immagine. Prima di tutto con “mondo” si deve
intendere l’essente nella sua interezza, inteso come la totalità degli enti reali e
immaginari, e anche il pensiero sul fondamento del mondo stesso. Con “immagine”3
si intende non una “copia”, ma una “forma”: il fissarsi di un’immagine che si pone
davanti a noi come indubitabile e questa visone consiste praticamente in ciò: nel porsi
davanti all’essente come esso si pone immediatamente a noi. (Ora ci sono due modi
in cui questa immagine si presente nelle nostre menti: da un lato sentiamo la nullità
dell’esistere in quanto nichilismo, da un’altra parte pensiamo alla verità solo nelle
forme del nostro percepire.) L’immagine è concepita come sistema omogeneo: esso
funziona in quanto gli elementi “funzionano” ”sono”, tutti insieme
contemporaneamente, quello che Jung definiva la sincronicità. Il sistema funziona in
una sorta di “immobilità” dei suoi elementi. Lo stare insieme degli elementi rinvia
ovviamente all’upekemenon greca.
Non si può parlare di un “immagine del mondo medievale” né tantomeno di un
“immagine del mondo greca”, nel senso di “mondo ridotto a immagine”: in quanto
nel medioevo si leggeva essenzialmente l’essente nell’ordine delle corrispondenze

2
Subjectum latino ha una valenza meno ampia del greco: essa ha in sé già un qualcosa di
metafisico, come infatti ricorda Hegel, si deve rendere le cose subjectum, gettarci.
3
Heidegger riprende l’immagine da Stirner come “idea fissa”.
come tra micro e macro-cosmo, tra il visibile e l’invisibile e quindi lontano dall’idea
di sistema; nella grecità, prima di Platone almeno, era l’essere che si dava agli
uomini, che di fatto erano solo in quanto questo essere si dava a loro (Parmenide), in
altre parole l’uomo greco comprende, nel senso che è assieme alle cose del mondo. Il
significato moderno di “immagine” è più vicino alla parola “rappresentazione”: nel
senso che si vuol porre la misura delle cose solo nella misura nella quale esse di
propongono a noi, ci si rap-presentano. Va comunque detto che, sebbene epoche
della “dimenticanza” dell’essere e macchiate quindi dalla metafisica, esse non
avevano ancora così sviluppato la questione del soggetto come solo soggetto umano.
E inoltre anche per un altro fattore: ovvero che il sistema rimanda a “regione” della
scienza, e quindi a ricerca, ovvero a quel sistema ordinato in cui sola può muoversi la
ricerca, cosa che mancava del tutto nella grecità e nel medioevo come visto. Nella
grecità e nel medioevo manca dal tutto l’idea di progetto che otterrà quel particolare
fine: nel cavallo di Troia c’è un costruire e una possibilità di conquistanel mondo
antichi non era certi dei risultati, l’uomo moderno è certo in quanto si muove in un
già saputo.
Una volta che il mondo è diventato immagine la posizione dell’uomo si concepisce
come visione del mondo: il rimando qua è forse alla filosofia delle visioni del
mondo di Dilthey, il fatto infatti che si dica che vi sono solo “visioni del mondo”
significa che l’essente ha valore solo in quanto è riferito ad una vita, a un’esperienza
vissuta.
L’immagine del mondo strutturata secondo il modo in cui l’uomo prende forma di
una lotta tra visioni del mondo, tutte ovviamente fanno leva sui principi della
scienza, e quindi sulla numerabilità e il calcolo o la razionalità che sia; prende forma
in diverse cose ma che in fondo sono sempre la stessa immagine del dominio. 4 L’età
moderna, mediante questa lotta fra “visioni del mondo”, entra nella sua epoca
decisiva: il potere della metafisica è subentrato ovunque, in ogni pensiero. (Nota 11:
Il senso dell’essenza moderna si compie là dove essa si auto-comprende: in altre
parole, il progetto conosce sé stesso nei termini del già saputo, egli si conosce in
quanto nella sua essenza è egli stesso un progetto.
Si pensi ad esempio al fenomeno del gigantismo, le scienze calcolano numeri
sempre più grandi, la fisica atomica si espande rimpicciolendosi. Solo se l’uomo non
si rifugia nella tradizione nostalgicamente (Holderlin), ma svilupperà un pensiero
profondo, potrà essere e allo stesso tempo tirarsi fuori dal mondo come immagine.

4
Il potere pone sempre sé stesse in tutte le manifestazioni, che esse siano comunismo o fascismo

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