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IL SE NEL ARCO DI VITA

A due anni si ha la percezione del se, quindi la percezione di essere separato dall’ ambiente.
Avviene un distacco per concentrarsi su loro stessi, se ti vedi come la continuità di qualcuno non
riesci a distinguersi.

Ci sono tre studiosi:

1. PIAJET
Piajet ha un approccio cognitivo, dagli zero a due anni si è nella fase senso motorio e non si è in
grado di percepirsi completamente separati e non ci sono rappresentazioni mentali. Dunque il
bambino si basa su esperienze pratiche.

2. FREUD
Freud invece ha un approccio affetivo, infatti il bambino per soddisfare le sue pulsioni (sessuali,
autoconversione) sta insieme alla madre e non riesce a distacarsi da ella fino a quando non arriva
nella fase anale.

3. COOLEY
Cooley ha un approccio sociale, infatti è un sociologo statunitense ed esponete d’ interagismo
sociale, teoria sistemica (sistema/contesto) dello sviluppo del se; inizialmente il bambino si
percepisce fine con l’ ambiente circostante da un noi e quando si differienza diventera un io; con
noi si intende il rapporto madre e ambiente e per staccarsi ha bisogno di interagire con gli altri.

La conoscenza di se emerge grazie a passaggio di uno stato di indifferenza a uno di differenza (le
cellule del embrione prima sono uguali ma poi si differienzano).
I due anni sono tappa fondamentale, dove si matura a pieno l’ autoconsapevolezza di se che è la
stessa del’ individuo adulto.

1. COME EVOLVE IL CONCETTO DI SE


1.1 il concetto di se
si intende la concezione che l’ individuo a di se, come io mi vedo, è un auto ritratto formato da
attributi personali * che insieme formano una rappresentazione organica di noi stessi. Il concetto di
se è in effetti una teoria di se.

*ci sono vari tipi di tributi:


tratti personali; possono essere caratteristiche generali (intelligenti), o particolari individuali
(coraggioso).
Status; posizioni che si occupano nel sistema sociale (adulto, notaio).
Modelli interni; caratteristiche di funzionamento del corpo della mente (fisiche e cognitive).
Stadard personali; ognuno ha convinzioni su com’è abitualmente, quindi un modello che si ripete.
Posizioni rispetto a standard; come un individuo si paragona con il mondo esterno.

Le caratteristiche sono multidimensionali a più facce, un concetto generale, che quindi rimane
sempre uguale, e un concetto specifico, quindi che cambia dal contesto (esempio del rgazzo a
scuola e a casa).

1.2 come matura il concetto di se in età evolutiva


il bambino inizia a maturare il concetto di se a partire dal secondo anno, quando iniziano a
sviluppare l’ autoconzapevolezza oggetiva. A due anni il bambino a solo una concezione di se che
riguarda le sue carateristiche fisiche e ciò che è in grado di fare.
A due anni il concetto generale del se riguarda: emotivita, vita famigliare, Vissuto corporio.
Da due anni la contenzione disse va incontro al crescente articolazione infatti ti diventa sempre più
complesso e differenziato e c'è un incremento delle dimensioni E degli elementi descrittivi.
infatti nell'età scolare il centro genere reale di se riguarda: vita familiare, emotività, vissuto
corporeo, rapporti con i pari, condotta ,attività scolastica.
Dall'infanzia all'adolescenza del concetto di sé non diventa solo più articolato massimo modifica
anche secondo delle tipiche linee evolutive:
 Da esteriorità a interiorità; la descrizione di see almeno riferimento a caratteristiche esteriori ma
più a quelli interiori.
 Da assolutismo a moderazione; dai giudizi netti si passa a giudizi sfumati.
 Da sé pubblico assai privato; ci si rende conto che c'è un set privato diverso dal se presentato
agli altri (retroscena facciata).
 Da frammentarietà a coerenza da una rappresentazione fatta di aspetti slegati a una organica
(complessa).

Mentre nell'adolescenza il concetto generale di sé si amplia ancora di più: emotività, vissuto


corporeo, vita familiare, rapporto con i pari, attività scolastica, amicizie, moralità e rapporti intimi.
Per il concetto in eta adulta e in vecchiaia andare più avanti

- Dal lato esterno all’interno (infanzia- adolescenza)


Fino ai 6-7 anni ci si descrive con caratteriste esteriori riscontrabili concretamente, quando parlano
di se nominano carateristiche fisiche e comportamentali e sociali.
A 11-13 anni i tratti piscologici diventano dominanti nei discorsi.

- Dall’assolutismo alla moderazione


I bambini più piccoli danno giudizi dicotomici su se stessi (alti o bassi); a partire dai 5-6 anni i
bambini formano giudizi sfumati su se stessi (più sfaccetature, una caratteristche puo avere più
significati); nell’ adolescenza si matura e si ha una visone più articolata

- Dall’ unicità al confronto


I bambini da piccoli tendono a considerare le caratteristiche che attribuiscono a se stessi come se
fossero unico e del tutto singolari, nell'età scolare però iniziano a fare confronti tra sé e i coetanei,
questo gli permette di finire il proprio carattere e anche di capire quali caratteristiche sono tipiche e
quelle che invece variano a seconda della situazione. Nella preadolescenza si matura una
descrizione del nucleo più consistente delle caratteristiche fondamentali che quindi rimangono per
tutta la vita, si allarga la prospettiva quindi non si iniziano a confrontare solo con i coetanei ma
anche con umanità in generale analizzando meccanismi interni sia fisici che mentali e sviluppa
quindi grandi capacità introspettive.

- Da un se pubblico a un se privato
Dopo i piccoli si confonde il se che pensano di avere con quello che presentano agli altri.
a sei anni si inizia la distinzione che ha 8 anni il bambino comincia a considerare il se privato il vero
se e inizia a distinguere tra facciata e retroscena, nella preadolescenza e adolescenza i ragazzi hanno
sempre più chiaro che presentano sei diversi a seconda delle situazioni.

- Da un se frammentato a un se coerente
da bambini si considerano slegati ai vari aspetti di sé (mi piacciono i miei compagni, i miei
compagni non vogliono stare con me), con l'età della scuola ci si addentra nel lato psicologico e
allargano lo lo sguardo per fare confronti e stabiliscono collegamenti tra caratteristiche personali
(sono gentile perciò ho tanti amici). nell'adolescenza si tende a integrare gli aspetti più di spartiti del
se si collo con finezza molti aspetti del proprio sé e non si tollerano che restino sconnessi e questo
porta a costruire delle fiabe personali aspetti del sai che non vanno d'accordo infatti pensano di
essere attori sulla scena persone al centro dell'interesse collettivo e non vogliono assolutamente
apparire incoerenti.

1.3 il concetto di se in età adulta


Nell'età adulta il concetto di sé riguarda: emotività, vissuto corporeo, istruzione e cultura, vita
familiare, valori, rapporti intimi, moralità, rapporto universale.
Dopo l'adolescenza il concetto di sé subisce variazioni legate alle tappe del ciclo di vita alle vicende
personali storico sociali che l'individuo sperimenta che portano l'adulto a fare una differente
articolazione delle dimensioni del se, si aggiunge la vita lavorativo le aree della vita familiare
l'istruzione e della cultura quindi si verificano cambiamenti nel modo in cui ci si descrive all'interno
di ciascun ambito di vita.

1.4 il concetto di se in vecchiaia


Invecchia il concetto di sé tende a diminuirsi infatti c'è una contrazione della struttura pur tensionale
del se non si hanno più determinati scompartimenti davvero importanti (come il lavoro rapporti
intimi istruzione e cultura), il concetto di sé e organizzato prende nuclei tematici grandi argomenti
di importanza vitale ed esistenziale (autosufficienza bilancio di vita morte valore sociale) molto
dipende anche da dimensione sociale in cui l'anziano vive, se vive in modo attivo possiede un
concetto di organizzato per contesti di vita e non contratto.
Quindi il concetto generale disse in lenta avanzata contiene: bilancio della vita valore sociale
esperienze residue morte autosufficienza.

2. COME EVOLVE L’ AUTOSTIMA


2.1 l’autostima
Processo di autovalutazione, in cui ci giudichiamo in modo positivo o negativo, l’autostima quindi è
il complesso della valutazione che l’individuo ha maturato sul proprio conto.
L’autostima ha due facce una d’ indulgenza e l’ altra di rigore, da un lato abbiamo bisogno d’
incoraggiarsi, e dall’ altro c’è bisogno di sottoporsi a una verifica.
L’autostima è multidimensionale, cambia a seconda dell’ ambiente, ma c’è anche un’ autostima
globale, che tiene conto di tutto.

2.2 la maturazione dell’ autostima nei primi anni di scuola


Nell’età prescolare (3-6), l’ autostima non è ancora ben formata, c’è una carenza di standard di
riferimento, a chiaro cosa riesce mediamente a fare, ha degli standard personali normali.
ci sono più tipi di standard che si sviluppano sul tempo il primo è appunto standatdar personale
normale e col tempo arriva anche quello normale ideale dato che prima non gli interessa migliorare
se stesso e gli altri arrivano in seguito con il confronto.
- Standard personali normali; nostro modo abituale di essere (abituali).
- Standard personali ideali; livello a cui si vorrebbe attestare o a cui si pensa di doversi arrestare
(livelli).
- Standard sociali; dettati dai gruppi di riferimento o da altri significati con cui si confronta
(riferimento agli altri).
- Standard minimali; dipendono da ciò che giudichiamo il livello minimo accettabile (come noi
pensiamo di essere a livello minimo).
Nei più piccoli manca l’autostima globale, prima si valutano settorialmente, per l’ assenza di un
preciso sistema di valori. L’autostima matura nei primi anni di scuola gradualmente grazie al
confronto che si ha con i compagni.

2.3 Come varia l’ autostima nell’ arco di vita


Nei primi ani di vita l’ autostima è decisamente alta e quasi inattaccabile e a seguito di questa fase
si trova una crisi dell’ età scolare; l’autostima progressivamente scende e raggiunge il punto più
basso a 11-12 a causa della maturazione del concetto di se. I bambini fanno sempre più confronti
terra sei gli altri. si addentrano nelle interiorità e scopre il lato psicologico di sé e sempre di più
distinguono ciò che il loro è stabile da ciò che è variabile.
6-7 anni iniziano ad addossarsi la responsabilità essi attribuiscono i successi quindi si danno la
colpa.
La crisi scolare e rischiosa e può essere fonti di problemi; quando l'autostima scende a livelli
particolarmente bassi spesso i bambini fanno anche esperienze di depressioni.
Un' altro rischio legato al calo dell'autostima e l'impotenza appresa quindi l'incapacità di essere
produttivi (alla base ci devono essere le motivazioni need for confident: lo ricreo perché mi gratifica
need for achievement: il bisogno per riuscita); dopo un po che ci si dà la colpa degli successi si
convince di essere incapaci di buone prestazioni incapace di migliorarsi non si ha la forza di
prendere in mano la situazione e si considera destinato all'insuccesso.
In questa fase i bambini imparano a restare attaccati agli obiettivi proprio perché sono autocritici e i
risultati infatti dipendono molto da loro e gli porta sviluppare un senso di responsabilità e a
raggiungere livelli elevati di prestazioni.
Dopo i 12 anni l'autostima va crescendo fino ai 20 circa e in seguito si mattina abbastanza stabile
nel resto della vita son però possibili bruschi cali Mentre nella vecchiaia l'autostima si abbassa se le
condizioni sociali anziano si trova a vivere tendono a scoraggiarlo mentre invece si conserva se
queste condizioni sono a buon livello.

2.4 le variazioni individuali


Alcune persone nel corso della loro vita mantengono un'autostima costante mentre altre vulnerabile
entrambe si affrontano periodi di crisi e difficoltà.
questi differenze dipendono in parte dall'esperienza infantili; i bambini che ricevono nei educazione
coercitiva (essere sottoposti ad un obbligo quindi un'educazione rigida) diventano persone
dall'autostima instabili hanno bisogno di consultare la loro esperienza per stabilire quanto valgono,
mentre le persone che hanno sviluppato un attaccamento di sicuro mantengono un'autostima
piuttosto stabile.
c'è bisogno anche di tenere conto del sostegno sociale che l'individuo dispone quindi chi conta sui
rapporti con le persone prenotarli incoraggiarlo, ha un'autostima che risente poco o nulla delle
avversità e delle sfide della vita, ad esempio la crisi dell'età scolare meno evidenti nei bambini che
hanno la considerazione dei genitori dei coetanei degli insegnanti.

APPROFONDIMENTO
Esiste davvero la crisi di mezza età
La crisi di mezza età e quando non si accetta che si sta invecchiando avviene solo nel ne 2-5% dei
casi, sono principalmente uomini e si cerca la gratificazione dove non la si riesce a trovare mentre
per le donne succede quando si ha la menopausa.
Se si hanno buoni livelli di autostima si hanno anche dei buoni risultati in tutti gli ambiti e si è più
equilibrati, l'autostima globale può essere Può essere in ragionevole quindi in alcuni ambienti
specifici molto alti in altri bassa.
Alcuni hanno l’ autostima gonfiata ed è quando ci si sopravvaluta e alla base c'è la misura datata
alle aspettative alte dei genitori e il bambino si crede come genitori dicono ma in realtà avrebbe
bisogno di accettare i propri limiti. La depressione: è una psico malattia che ha le determinate
caratteristiche: si dorme poco, non si mangia, non ci si alza dal letto, per curarsi c'è bisogno di
farmaci e psicoterapia.

3. DARSI UNA ENTITÀ (psicosociale)


3.1 l’ identità (psicosociale)
È ciò che l’individuo ritiene centrale di se, si tratta di una descrizione centrale per vari motivi:
- È stabile; Nelle dita includiamo attributi che a nostro giudizio restano costanti nel tempo e nelle
diverse situazioni quindi pensiamo all'india quando abbiamo l'impressione di essere sempre noi
stessi (non cambia).
- È caratterizzante; quegli attributi che servono a distinguerci dagli altri, è l'identità a farsi sentirci
unici (ognuno ha la sua).
- È integrativa; serve a integrare i vari aspetti del sé cioè organizzarli coerentemente in un modo
unitario.
- È investita positivamente; per più consideriamo con soddisfazioni le la descrizione in cui ci
identifichiamo o l'accettiamo, l'eredità tende a essere investita di sentimenti positivi.

L'identità ha due poli uno personale e uno sociale; nel primo troviamo ciò che noi pensiamo come
individui, quello che noi sputiamo centrali e quindi che ci rende unici, investimento soggettivo =
unici , mentre nell'altro troviamo caratteristiche riconosciute dalla società , c'è la conferma degli
attributi e quindi li ritiene oggetti vivi, Obiettività sociale, dipende dagli altri.

3.2 identità e adolescenza


Stanley Hall (allievo di Want) uff uno dei primi ad aver conto che gli adolescenti avevano un
problema nel darsi un'identità, ed erano alla ricerca di un equilibrio fra l'esterno, ciò che gli altri
vogliono, e l'interno, cioè che noi vogliamo; questa ricerca può appunto comportare dei conflitti .
Nella seconda metà del 900 Eriksson dice che durante tutto il ciclo di vita lavoriamo a costruire il
nostro senza identità tuttavia nella scienza ci applichiamo in modo particolare al problema di finire
noi stessi in modo chiaro e coerente, l'individuo si impegna a capire chi è.

3.3 Un momento difficile?


Una fase del ciclo di vita che per forza di cose trascina in esperienze conflittuali e mette l’individuo
a disagio, un appuntamento obbligatorio con il travaglio interiore. infatti ora solo il 20% vive in
modo conflittuale questo momento di passaggio tra infanzia e adolescenza e non è detto che ci siano
conseguenze.

 Classiche teorie della crisi adolescenziale.


Secondo Hall l’ individuo a quest’ età si trova tra due forze contrastanti; tendenze primitive e le
esigenze delle civiltà.
Secondo Freud c’è un risveglio della libido e l’ io deve contrastare l’ es per imporre un controllo,
per questo il ragazzo vive un conflitto e compaiono anche i conflitti genitori-figli, ci si emancipa dai
legami e dalla dipendenza.
Mentre per Erikson si vive un esperienza conflittuale, soprattutto perché da un lato vuol perder
tempo ed esplorare le possibilità che ha l’ esigenza di fissarsi un’ identità e avere una direzione.

 Prove empiriche di un’ adolescenza tranquilla


Con degli studi longitudinali si è arrivati che solo il 20% vive in modo conflittuale questo momento
di passaggio tra infanzia e adolescenza e non è detto che ci siano conseguenze.

 I casi di depressione
I ragazzi che si deprime o no di solito hanno genitori che a loro volta sono depressi oppure vivono
in famiglie che attraversano periodi di stress; le adolescenti che hanno genitori differenti quindi che
fin dall'infanzia vengono trascurati e hanno un attaccamento sfuggente sono molte volte depressi sì.
oppure si tratta anche di quelle adolescenti che in passato hanno vissuto un di isolamento sociale
che può risalire per esempio le scuole elementari dove sono stati rifiutati e evitati dai coetanei
quindi non sono riuscita a fare amicizia perché considerati poco interessanti quindi discriminati e
bullizzati. si registra un aumento di depressioni nell'adolescenza perchè si è più sensibili alle
influenze ambientali perché sono proiettati a inserirsi nella vita sociale occupare una posizione.

 La relatività culturale del disagio degli adolescenti


ci sono sia fattori biologici come cambiamenti i fisici, cambiamenti mentali, non si dipende più
dalla famiglia ma si diventa autonomi; ma sono presenti anche fattori socio culturali, infatti è
differente in tutte le società. per esempio nelle culture tradizionali che passa all'età adulta un
cammino stabilito dalla trazione quindi è una dei conflitti dovuti alla scelta mentre per chi può
scegliere ha questo conflitto.

APPROFONDIMENTO
QUANDO FORNIRE L’ IDENTITÀ È LA TREDIZIONE
La crisi adolescenziale è determinata dalla cultura; nella prima meta del 900 Margaret Mead
Condusse uno studio nelle isole soia dove deduce che i ragazzi e le ragazze non avevano rigorosi
problemi di identità sessuale lavorativa si ma si limitavano a seguire la tradizione.
I ragazzi hanno egualmente bisogno di integrare l'io e di costruire un secco erente e le tradizioni
risolvono questo problema. nella stessa semplice si sono solo pochi status e ruoli che cambiano a
seconda del sesso e del ciclo di vita; l'adolescente ha poco da scegliere. i ragazzi e le ragazze
vengono sottoposti a riti di passaggio che hanno più che altro un valore simbolico e servono a
ribadire agli occhi dell'interessato e della comunità che c'è un cambiamento di vita sostanziale (ad
esempio l'occidente può essere la patente, i diciott'anni/Esempio boscimani e il ciclo mestruale).

3.4 L’ interazione del io


è il lavoro che l adolescente fa sulle conoscenze che ha di se per farsi in identità, deve assimilare
nuove dimensioni ( lavoro, sessualità, rapporti intimi) e armonizzarle. per formare una identità l’
individuo deve avrete un valore, essere investito da sentimenti positivi e unicità, ci si possa
distinguere dagli altri. i vari aspetti dell’ identità devono formare un insieme armoni e per far sì che
questo accada l’ adolescente deve elaborare la conoscenza di se con i vari tipi di coerenza.
• coerenza trasversale
bisogna mettere in equilibrio tutto gli aspetti (status, ruolo, stile di ruolo).
• coerenza longitudinale
mettere assieme tutto gli aspetti dj se che si susseguono nel tempo; il passato va rieletto e
armonizzato con le scelte attuali.
• coerenza esterna
le definizione che l’ adolescente da di se deve trovare corrispondenza negli altri e nella società
infatti Erikson parla di reciprocità psicosociale, corrispondenza tra noi e gli altri.

3.5 Gli stati d’ identità


La formazione dell'identità negli adolescenti segue un cammino, questo percorso non è uguale per
tutti; se consideriamo i ragazzi in un momento dato lo troveremo in un certo posizioni rapporto al
problema dell'identità, in un determinato stato di identità, che dipende dal tipo di cammino che sta
facendo e dal in cui si trova.
James marcia determina la classificazione degli stadi identità più nota. La classificazione si basa su
due fattori; la crisi (stato di stato di insoddisfazione) e l'impegno (Cercare di realizzare l'identità che
ci si è immaginati). A seconda del grado di crisi e di impegno sono possibili quattro condizioni:
1. preclusione; quando non c'è crisi e non sincera neanche impegno ma se accetta passivamente
identità che gli altri, che principalmente i genitori, gli hanno attribuito.
2. motoria; quando c'è una crisi ma non c'è impegno e quindi si prende tempo e si rimanda, si
procrastina.
3. diffusione; non c'è né crisi e neanche impegno, l'identità è frammentata, ciò che dentro di sé
non corrisponde a ciò che è fuori per gli altri, non è soddisfatto perché non si sente unico e
neanche importante, un ragazzo con lo stato di entità della diffusione quando si affaccia un
problema si ritira subito.
4. conquista dell'identità, c'è sia una crisi ma dopo c'è anche un impegno che parte il ragazzo
conquistare l'identità.

3.6 Stati d’identità e benessere psicologico


Ciascuno Stato identità è caratterizzata da determinate caratteristiche:

Lo stato migliore e la conquista di identità infatti c'è una migliore qualità di vita si hanno buoni
rapporti con i genitori si alta autostima.
Lo stato peggiore invece è l'identità diffusa c'è un basso grado di autostima sia impulsivi si fa fatica
ad assumersi responsabilità c'è poco rispetto degli altri, i ragazzi che hanno questa identità di solito
sono coloro che fanno uso di droghe.
La precauzione ha uno stile dipendente e i ragazzi sono molto legati ai genitori e coetanei cercano
spesso l'approvazione degli altri e tendono al conformismo; la motoria non porta grosse difficoltà
sia uno scarso determinazione e una mancanza di continuità poi rendono i ragazzi poco affidabili.
Anche se non si raggiunge la conquista dell'identità in alcuni casi si vive comunque bene anche con
la precauzione.

RIFLETIAMO SULLA RICERCA


INDAGINI TRASFERSALI E LONGITUDINALI
Le indagini trasversali si mettono a confronto in gruppi di diversa età. e stata fatta una famosa
ricerca su un'indagine trasversale sugli Stati di entità, si scopre che a tutte le età è relativamente
piccola la percentuale dei ragazzi motoria, con l'avanzare dell'età diminuisce la percentuale di
adolescenti perfusione e in diffusione e diventa maggiore la conquista di età.
questo economico si può spiegare con delle ricerche longitudinali quindi esaminando gli stessi
ragazzi nel tempo; queste ricerche indicano che molti adolescenti attraversano un periodo di
precauzione o diffusione che che da qui lentamente passano alla conquista dell'identità a volte
direttamente a volte passando alla motoria (che è sempre breve). gli adolescenti che studiano con
questa nell'identità più tardi mentre quelli che lavorano la conquistano prima.

4. IL SENSO MORALE
4.1 La comparsa del senso morale
La morale e la capacità di scegliere e capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 3 18 e 20 mesi i
bambini cominciano ad assegni di avere in mente alcune norme (le 18:24 mesi si passa alla fase
anale e quindi la fase delle regole della polizie, e si inizia a sviluppare super io dove si trovano le
norme), distinguono azioni corrette e sbagliate.
verso 24 mesi assieme al senso di individualità compare anche il senso di responsabilità i bambini
cominciano a rendersi conto che errori e danni presuppongono una colpa; da qui inizia a maturare
gradualmente la coscienza morale.
La comparsa del senso morale verso i due anni è un fenomeno universale infatti a quest'età si
riscontrano manifestano morali simili (ma maturazione biologica); succeda due anni perché appena
presentazioni mentali e quindi permettono una collegamento causa effetto.

APPROFODIMENTO
È innata la moralità?
I principi morali sono sempre stati accetto di dibattito tra innato e acquisito; dopo molto tempo di
studio e di diverse opinioni sei arrivato alla conclusione grazie all'antropologia e dall’ etologia che
alcuni valori sono universali ma altri, cioè la maggior parte delle norme, derivano dalla cultura
appartenete.
Verso i due anni compaiono i requisiti cognitivi che permettono di sviluppare il senso morale che si
può anticipare di poco grazie all'istruzione ma non di tanto dato che verso i due anni il bambino
sviluppa la capacità di valutare la desiderabilità delle cose e stabilire nessi causali che gli permette
di risalire dagli effetti alle cause che l'hanno prodotti ed è probabilmente questo sviluppo cognitivo
che sta alla base della comparsa del senso morale.

4.2 Piaget e lo sviluppo cognitivo morale


Per arrivare a dire cose giuste cosa sono sbagliato ci vogliono dei ragionamenti, per questo si parla
di sviluppo cognitivo, quindi bisogna possedere le capacità di ragionare per permettere al bambino
di riflettere sui principi morali.
Nelle tavole attive secchi acquisiscono molte capacità cognitive e di conseguenza il pensiero il
pensiero morale progredisce di pari passo infatti sviluppare determinate capacità permette di
accedere a livelli successivi di ragionamento impossibili prima.

- Gli studi di Piaget


Piaget per indagare il ragionamento morale utilizza tre metodi diversi; gli osserva durante il gioco
di gruppo (hanno delle regole che devono rispettare e quindi osserva se i bambini le rispettano),
attraverso l'intervista riguardanti anche le regole del gioco, oppure raccontando delle storie in cui le
persone trasgrediscono le regole o creano danni e chiedeva di esprimere un giudizio al riguardo, che
portava a vedere il procedimento che c'era sotto.

- I tre stadi di piaget


Piace ha individuato individuato tre stand di in cui i bambini passano:
il primo è quello premorale (esterno) che va fino ai quattro anni non si comprendono le norme e non
si hanno criteri per stabilire cose giuste cose sbagliate e non sei in grado di esprimere giudizi
morali; il secondo che va dai quattro ai 9- 10 anni è quello del realismo morale (interno), l'enorme
sono immutabili e assolute, il bambino segue un'autorità (per esempio se ci sono due norme
contrapposte il bambino segue la figura che rappresenta maggiormente l'autorità) assolutismo
morale, le azioni vengono giudicate dalle conseguenze, quindi si ha una fede nella giustizia
immutabile, se si viola una norma prima o poi si è puniti, c'è anche un'indifferenza per le intenzioni
dato che si giudica solo dalle conseguenze; il terzo stadio è quello del relativismo morale, che va dai
9-10 anni in poi, si diventa più flessibili quindi le regole possono cambiare non sono rigide assolute
e si tiene conto dell'intenzione di chi compie l’ azione.

- Le cause dello sviluppo cognitivo morale


Piaget dice che il bambino non riesci ah rendersi conto delle intenzioni di colui che trascura
l'enorme perché dà molta importanza al egocentrismo e dato che il bambino non riesce a vedere che
gli altri possono vedere le cose in modo diverso da come le vedono loro di conseguenza non vede le
intenzioni che ci sono dietro a una determinata azione che va contro la norma, e in questo caso
piage dà molta importanza alle divergenze con i coetanei quindi al rapporto sociale dato che dopo i
sei anni il bambino fa esperienza nel rapportarsi con i coetanei che possono avere regole diverse
dalle sue gli spetta al gioco per esempio o altre attività.

4.3 È ancora valida la concezione di Piaget?


Come abbiamo già detto piange ha molto sottovalutato il pensiero e lo sviluppo del pensiero nel
bambino di conseguenza anche sottovalutato il pensiero morale dei più piccoli, infatti oggi ci sa che
il senso morale non fa la sua comparsa a 3-4 anni ma anche a due. Infatti non sono abitualmente
realisti ma riescono comunque a giudicare le intenzioni già dai 3 4 anni.
Ma è stata giusta l'intuizione del ruolo dei coetanei nello sviluppo del pensiero morale, infatti Anna
Kruger ha sottoposto i bambini tra i 7 e 10 anni a dilemmi morali e li ha messi a discutere o con un
coetaneo o con la madre, e dopo questa esperienza visto che quelli che hanno discusso con un
coetaneo avevano fatto più progressi mentre i bambini che avevano discusso con un adulto
tendevano ad essere passivi perché la madre rappresentava l'autorità e con i coetanei si ritenevano
più liberi di esprimersi.

APPROFONDIMENTO
Un errore di metodo di Piaget
Per dimostrare che prima dei nuovi 10 anni i bambini non giudicano le azioni dalle intenzioni piace
essere servito di test con storie da interpretare il problema di queste storie e che erano complessi il
bambino non avendo le rappresentazioni non poteva viverle in prima persona quindi non poteva
venirti sulle esperienza giudica variazione dalla conseguenza. in più non avendo isolato le variabili
cioè il grado di età e il grado di gravità il bambino non poteva considerarle un alla volta Perché
appunto i bambini piccoli davano più importanza alla gravità del danno e non all'intenzione questo
perché si lasciavano impressionare dal danno.

4.4 Gli stadi di Kohlberg


Con Kohlberg è un cognitivista che ha lavorato trent'anni dopo Piaget e ha utilizzato dei dilemmi
morali, metteva infatti il soggetto davanti a una situazione complicata e poi li chiedeva di giudicare,
in questi dilemmi si trovavano delle norme contrapposte.
Uno dei dilemmi più famosi è quello di Henzi, la moglie era ammalata di cancro ma Henzi avevo la
metà del denaro a disposizione per comprare la medicina è l'unico farmacista che la vendeva non
gliela vuole dare quindi lui la ruba e chiedeva in seguito se era giusto o sbagliato; a Kohlberg non
interessavano i giudizi ma i tipi di ragionamento a sostegno e con questo metodo ha individuato tre
livelli che a loro volta si dividono in due stadi ciascuno.
Il primo livello è quello preconvenzionale (infanzia), che si divide nel primo stadio cioè premio
punizione, il giusto e l'ingiusto non dipendono dalle punizioni date dall'autorità, dunque sei nazione
viene punita vuol dire che è sbagliata altrimenti è buona, il secondo stadio invece quello del
buonismo ingenuo, E giusto ciò che porta vantaggi alle persone il bambino infatti qui si rende conto
che gli individui non hanno gli stessi interessi e bisogna trovare un compromesso rispettando il
tornaconto di tutti a cominciare dal proprio.
il secondo livello è quello della morale convenzionale (adolescenza) che si divide nello stadio 3,
bravo bambino, è giusto ciò che rispetta le norme dei gruppi sociali di riferimento e si va incontro
alle aspettative della comunità dunque il comportamento è sbagliato quando trascina la
disapprovazione degli altri e si perde l'onore sociale, lo stadio 4 e quello della legge e ordine, e
giusto ciò che porta al bene sociale, rispettare le norme è un dovere perché assicurano ordine e
stabilità ed è un dovere anche impegnarsi a fare la propria parte perché il sistema funzioni.
l'ultimo livello (eta adulta) cioè il terzo e quello postconvezionale dello stadio 5, contratto sociale,
è giusto cercare il bene per il maggior numero di persone la fonte dell'autorità siamo noi individui di
comune accordo stabiliscono le norme nell'interesse collettivo, dunque le regole vanno rispettate ma
si possono cambiare quando si rivelano errate; l'ultimo stadio cioè il numero 6 è quello dell'etica
universale, e giusto ciò che risponde ai principi universali scritti dalla coscienza degli uomini come
l'inviolabilità della vita umana o rispetto di diritti fondamentali, le leggi vanno rispettate nella
misura in cui sono conformi a questi principi.

4.5 Le critiche a Kohlberg


Kohlberg stato accusato di etnocentrismo quelli di mettere la propria etnia al centro perché in altre
culture non è l'etica universale ad essere superiore perché infatti è stato criticato anche di dato un
ordine agli stagli in gerarchia di valore.
È stato criticato anche perché i bambini più sono più capaci di come si rivelano dei dilemmi, perché
essendo le storie astratte e lo cane dall'esperienza i bambini non riescono a giudicare in modo
corretto. L’ hanno criticato anche perché gli stadi non vanno separati in modo così rigido, e anche
perché gli stadi hanno una scarsa validità e ecologica, quindi non ha considerato la circostanza in
cui vive ciascun bambino. Infine ha trascurato il ragionamento pro sociale quindi a favore del
sociale perché le norme molari non so solo sono permessi e divieti ma sono anche spinte per
l'altruismo.

5 la sessualità
5.1 un aspetto del se
la sessualità è una componente importante del se, non comprende solo le differenze biologiche ma
anche quelle cognitive. ci si rapporta con la sessualità in tutto l’arco di vita infatti ne esiste una
infantile e una dell’ età avanzata.

APPROFONDIMENTO
un meriti della psicoanalisi
la psicoanalisi a contribuito a nell’ estendere il concetto di sessualità e a riconoscere la sua
importanza.
freud descrivi il processo Pisco-sessuale come un progresso per diventare capaci di amare; il
bambino passa da fasi più egocentriche, in cui trova soddisfazioni nel proprio corpo, al
decentramento della fase genitale, con la pubertà. (ripassa fasi)
la distinzione tra genitalità e sussalita permette di parlare anche di sessualità infantile (amore senza
sesso), infatti la vita sessuale comprende l’intera esperienza affettiva e amorosa.
inizi 900 le idee dalla psicoanalisi hanno fatto scandalo.

5.2 sesso e genere


la differenza di sesso è la differenza biologica, infatti nella struttura cromosomica dell’ organismo
infatti nei maschi è XY nelle femmine XX.
la assesti genetico determina la particolare costruzione anatomo-fisiologica; infatti già nella fase
intrauterino si definiscono i caratteri sessuali primari (differenze legate alla presenza degli
organismi sessuali esterni e interni).
perciò dalla nascita è possibile riscontrare il sesso fenotipico.
con la pubertà compaiono i caratteri sessuali secondari (gli organismi sessuali completano la loro
maturazione che rafforza le diversità).
con la differenza di genere ci si riferisce alle diversità culturali,sociali e psicologiche, in tutti i
popoli i maschi e le femmine hanno status e ruoli diversi (definizioni), queste differenze sono più
rigide e marcate nelle società semplici.
mentre nelle società complesse il senso è meno determinate ma comunque alcuni lavori ancora oggi
vengono considerati più maschili e altri più femminili.
Questa è dovuta al fatto che le persone hanno in mente gli stereotipi sessuali.

APPROFONDIMENTO
fino a che punto gli stereotipi sessuali cambino con la cultura?
Margaret Mead ha eseguito delle ricerca culturali degli stereotipi sessuali; studiando tre tribù della
Nuova Guinea (1950), gli Arapesh, sia uomini e donne sono gentile e dolci, mentre i Mundugumor,
entrambi i sessi aggressivi, e infine tra Tchambuli le donne erano cordiali, decise, spirito
cameratesco, aggressive, mentre gli uomini curavano aspetto fisico, pettegoli, e si occupavano di
arte.
ma allo stesso tempo le ricerche transculturali hanno dimostrato che gran parte delle culture
converge con gli stessi stereotipi, quindi i maschi aggressivi e impulsivi le femmine accomodanti e
prudenti.
ci sono anche delle tendenze comportamentali differenti su base biologica ma comunque nel tempo
i ruoli possono cambiare.
conoscere non è discriminare, quindi ammettere che ci sono delle differenze naturali non giustifica
la discriminazione dei sessi.

5.3 la consapevolezza del genere


i bambini si rendono conto per gradi di essere maschi o femmine, è un cammino che va dai 2 anni
fini alla adolescenza.

• il concento di genere
si forma in tre tappe; la prima va dai 2-3 anni, qui i bambini diventano capaci di
IDENTIFICAZIONE DI GENERE, disconosco il sesso e sanno dire a quale categoria
appartengono, si basano sugli aspetti esteriori e non comprendo che il genere gli accompagni tutta la
vita; che però si acquisisce nella seconda fase, STABILITÀ DEL GENERE (o consistenza
longitudinale) che si acquisisce intorno a 4 anni. a questa età il bambino sa di che sesso è e sa che lo
accompagnerà per tutta la vita ma sono ancora tratti in inganno dalla aspetto esteriore.
in fine nel ultima fase che si acquisisce l’idea che il genere si conservi a prescindere dalle
circostante e dalle apparenze, infatti si chiama COSTANZA DEL GENERE (o consistenza
trasituazionale), e arriva tra i 5-6 anni. (piaget e la conservazione dei liquidi)
dai 7 anni in poi il bambino inizia a comprendere i tratti interiori e ciò che l società si aspetta da lui.

• le conoscenze di genere
dalle ricerche empiriche si è arrivati a capire che dai 2-3 anni i bambini sanno quali giochi e quali
attività e comportamenti sono appropriati ai maschi e quali alle femmine.
mentre a 5-6 anni quando si matura il concetto di se si diventa curiosi e si cercano informazioni sul
proprio e sul altro sesso; i maschi cercano soprattutto informazioni sul proprio sesso mentre le
femmine si documenta su entrambi.
a questa età i bambini hanno una visione piuttosto radicale e rigida sui ruoli e gli stereotipi sessuali.
sempre a 5-6 anni i bambini hanno una visione piuttosto radicale rispetto agli stereotipi e i ruoli,
non si ammetano mezzi termini le regole dei ruoli hanno una forza schiacciante.

APPROFONDIMENTO
I giochi delle bambine e dei bambini
sono state eseguite varie ricerche su programmi televisivi e sulle pubblicità che hanno indicato che i
bambini dai 5 anni in poi divento più sensibili con i modelli del loro stesso sesso.
Ruble faceva vedere la pubblicità dello stesso giocattolo a bambini dj un era compre tra i 4 e i 6
anni notande che dopo aver visto lo spot i bambini andando in una stanza con dei giochi (tra cui
quello della pubblicità) i bambini più piccoli erano indifferenti da chi lo avesse presentato e ci
giocavano allo stesso modo, mentre ne più grandi faceva più effetto chi lo presentava.
Damon, ai bambini di età compresa tra i 4 e i 9 raccontava la storia di George, un bambino che
giocava con le bambole, i bambini di 4 anni dicevano che george poteva fare come voleva quello di
6 dicevano che era sbagliato mentre quelli di 9 dicevano che faceva qualcosa di diverso ma niente
di sbagliato; è così si capisce che i bambini di 4 non hanno ancora compreso gli stereotipi quelli di 6
gli hanno compresi ma li applicavano rigidamente e mentre quelli di @ sono più sensibili.

dove i bambini attingono informazioni sui generi


la prima fonte di informazione sono la famiglia, sia facendo domande ma anche osservando i
comportamenti; anche il modo in cui i figli vengo trattati è fonte di indicazione per la diversità dei
sessi.

(ambito di esperienza)
nella scelta dei giocatoli gli adulti incoraggiano i bambini a prendere quelli del proprio sesso (scelta
dei giocattoli), nella scelta del gioco i maschi sono incoraggianti a fare qualcosa di energico e le
femmine scoraggiate (stile di gioco), gli adulti rispondono con più premura alle femmine
(dipendenza), l’aggressività femminile è incompresa mentre la maschile è considerata
autoaffermazione, le femmine possono mostrare le proprie emozioni tranquillamente, si affidano
attività maschili ai maschi e femminili alle femmine (incarichi), si impongono più divieti alle
femmine e si lasciano più liberi i maschi (controllo).

altre informazioni vengo dai coetanei oppure dalla televisione, infatti quest’ultima influisce molto al
grado di sviluppo degli stereotipi e ruoli per questo nel seconda metà del 900 si cercato di cambiare
per dare una visione meno rigida, anche se bisogna fare ancora molti passi anche perché i bambini
imparano soprattutto dai messaggi impliciti e vengono influenzati (esempio pubblicità profumo).

5.4 la caratterizzazione sessuale


si intende il cammino per adeguarsi sul piano dei comportamenti del proprio sesso; questo percorso
inizia già dall’età prescolare infatti dai 2-3 anni si scelgono i compagni dello stesso sesso e anche
giocare con i giocattoli ritenuti più adeguati per il proprio sesso.
a 5-6 anni il bambino conferma le caratteristiche del genere comincia ad avere l’idea precisa di
stereotipi e ruoli. nella adolescenza in fine matura l’identità e ci si riconosce in una identità
sessuale.
i fattori che determinano le caratteristiche sessuali sono: biologici (libido), sociali, culturali,
cognitivi (il nostro modo di pensare ad un genere), si determinano anche grazie al rinforzo, se è
positivo c’è un premio e quindi si ripete tale azione , se sei una femmina e compi una azione
femminile otterrai un rinforzo positivo (se non il contrario).

5.5 i tipi di identità sessuale


grazie allo studi di Bem sull’androginia si distinguono 4 tipo di identità,
maschile;
femminile;
Androgina (alto grado di qualità femminile e di maschili);
indifferenziata (non ci si sbilancia in nessuno dei due sessi);
questi nuovi tipi dj sessualità si incontrano nella adolescenza perché prima i bambini hanno una
visione troppo rigida.
l’androgina è piuttosto diffusa infatti circa il 20 % degli adolescenti lo sono.
chi ha una identità androgina tende ad avere alta autostima, studi e lavori impegnativi, spesso ha
successo.
per le ragazze l’ androgina spesso rappresenta una soluzione di compromesso. (studi donne
manager)

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