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EDUCAZIONE SPECIALE – ANGELO LASCIOLI

PARTE 1. L’EDUCAZIONE SPECIALE E LA SUA SCIENZA


1. Il deficit, l’handicap e la disabilità. Analisi dei termini
deficit > rimanda a carenza, difetto, lacuna… > nel linguaggio medico significa alterazione, anomalia, danno
a carico di strutture/funzioni fisiologiche/psicologiche che può essere transitorio o permanente > l’OMS
rinvia al termine menomazione intessa come “qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni
fisiologiche/psicologiche”

Handicap > deriva dall’inglese e significa “svantaggio”, per traslato ha assunto il significato di “condizione di
svantaggio, conseguente a una menomazione o a una disabilità” > quando il termine è usato in pedagogia
speciale il significato prende una direzione specialistica che guarda ai problemi e alle difficoltà di sviluppo di
coloro che vivono una condizione di limite dovuta a problemi di salute.
Nel linguaggio pedagogico il termine rimanda a un problema educativo che può trovare soluzione
nell’applicazione di specifici interventi educativi e che diviene condizione di svantaggio solo lela persona
con deficit non sia adeguatamente supportata.

Nel 1980 l’OMS pubblicò la prima Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli
Svantaggi Esistenziali (I-CIDH) che distingueva tre livelli:
1. Menomazione > qualsiasi perdita o anomalia permanente a carico di una struttura anatomica o di una
funzione fisiologica/psicologica o anatomica;
2. Disabilità > qualsiasi limitazione o perdita delle capacità di compiere un’attività di base nei modi
considerati normali per un essere umano
3. Handicap > condizione di svantaggio, conseguente a menomazione, che limita o impedisce
l’adempimento di un ruolo sociale considerato normale rispetto all’età, al sesso, al contesto
socioeconomico.

Successiva classificazione > ICIDH-2 > raggruppa in modo sistematico gli stati funzionali associati alle
condizioni di salute > necessità di guardare all’handicap come espressione di una complessa serie di fattori,
interpretabile correttamente solo attraverso un approccio multiprospettico ai problemi della disabilità,
integrando in un unico aspetto l’approccio biologico, individuale e sociale della salute.

ICF > promulgato dall’OMS il 22 maggio 2001 > documento che racchiude questa trasformazione
concettuale > il modello interpretativo inquadra la disabilità attraverso l’analisi del funzionamento umano:
il deficit o la menomazione, da soli, non giustificano l’apparire di una condizione di disabilità; sono le
modalità con cui entrano in relazione condizioni di salute e fattori ambientali e personali che determinano
la qualità del funzionamento del soggetto nel suo contesto di vita.
Questo modello rivaluta significativamente il ruolo e le funzioni educative delle persone e dell’ambiente:
anche in presenza di deficit l’educazione può promuovere percorsi di sviluppo umano idonei a migliorare la
qualità della vita delle persone.

2. significato e valore del termine handicap nel linguaggio della pedagogia speciale
1. Il deficit non è l’handicap
Il deficit indica un danno irreversibile, la perdita/alterazione di strutture e funzioni psicologiche/fisiologiche;
l’handicap è la conseguenza contenuta o aggravata dall’impatto con l’ambiente. Il prodotto sociale più
nocivo che può derivare dall’avere un deficit è la situazione di handicap ossia “l’emarginazione, lo
svantaggio esistenziale, l’esclusione e la discriminazione negativa.
Mantenerli distinti è funzionale anche per procedere verso ulteriori riflessioni e nuovi approcci inerenti al
problema dello sviluppo umano in presenza di particolari condizioni di salute.

2. l’handicap riguarda l’educazione


Pedagogia speciale > disciplina Che si occupa dell’educazione di persone con disabilità sensoriale, motoria,
intellettiva e psichica.
Handicap > Bompiani > “resistenza alla riduzione di asimmetria tra essere e dover/poter essere”:
resistenza > forza contraria in cui si imbatte l’azione educativa che mira alla riduzione dell’asimmetria
asimmetria tra essere e dover/poter essere > determinata dalla mancata attuazione delle disposizione
proprie di quel soggetto e che gli consentirebbero di essere ciò che dovrebbe/potrebbe essere
essere > dato che egli è persona; dover essere > compito etico cui è chiamato in quanto persona (dover
divenire personalità); poter essere > possibilità di realizzazione = tutto ciò che ostacola la persona che deve
e può divenire personalità in quanto le è dato per diritto e per natura.

3. l’handicap non è la disabilità


L’educazione speciale ha il compito di rimuovere gli ostacoli che limitano il potenziale sviluppo umano; la
qualità della vita della persona dipende dalla qualità delle reti primarie con cui entra in contatto e
l’ampiezza delle possibilità di ampliare e selezionare le proprie relazioni.
ICF > il termine disabilità/disabile ha molteplici significati > esito di un sistema nel quale i fattori da cui
dipende la qualità di vita del soggetto non hanno funzionato come avrebbero dovuto > l’educazione
speciale è un intervento preventivo rispetto al rischio che il deficit possa compromettere il percorso di
realizzazione umana.
La comprensione del processo in base al quale il deficit si trasforma in disabilità rinvia all’analisi del
contesto di vita della persona e dei suoi problemi di funzionamento ossia le difficoltà che la persona
incontra nell’adempiere ai compiti che la riguardano in relazione all’età e alle necessità a cui far fronte.
Il problema della disabilità riguarda anche la società che deve sviluppare soluzioni che riducano al minimo
l’impatto di una condizione di salute deficitaria sui livelli di funzionamento di una persona.

4. handicap e bisogni educativi speciali (SEN: Special Education Needs)


SEN > scuola inclusiva (Inclusive Education) > dalla Dichiarazione di Salamanca emerge che essa richiede
che i sistemi educativi sviluppino una pedagogia centrata sul singolo bambino (Child-centred Pedagogy) > si
fonda sull’idea che le differenze vanno considerate come risorsa e non come ostacolo: trasformare la scuola
in un luogo in cui l’apertura e l’accoglienza dei diversi bisogni educativi caratterizzino la proposta educativa
e formativa.
Un bambino ha un bisogno educativo speciale quando il suo funzionamento nell’apprendimento e nello
sviluppo incontra qualche difficoltà e di conseguenza gli deve essere data un’educazione speciale; anche i
bambini normali possono avere bisogni speciali. Normalità e specialità vanno intesi come due differenti
situazioni di bisogno.
Speciali > luoghi e istituzioni che negli anni 60 istruivano bambini con condizioni particolari di salute o
apprendimento e per questo non ritenuti idonei al frequentare la scuola di tutti; con l’introduzione del SEN
si rese necessario modificare il modo di concepire il sistema di istruzione scolastica in favore della
diversificazione dei bisogni educativi degli alunni. Come osserva Ianes si possono incontrare: SEN che
generano da condizioni fisiche/nelle strutture e nelle funzioni corporee/da attività personali/nella
partecipazione sociale/nei fattori contestuali e ambientali/da fattori contestuali personali.

5. differenti tipologie di handicap


Connaturato > rilevabile solo in presenza di un deficit, è espressione delle forme e dei modi con cui le
specifiche difficoltà date dal deficit interferiscono sui processi di sviluppo umano dell’educando.

Indotto > rilevabile anche in assenza di deficit, riconducibile a condizioni esterne al soggetto è espressione
delle forme e dei modi con cui anche il contesto di vita può incidere negativamente sul percorso di sviluppo
umano.

Il problema a cui ci si riferisce quando si parla di handicap connaturato rimanda a una difficoltà che riguarda
l’educazione.
Nel distinguere deficit connaturato da indotto il pedagogista speciale stabilisce due campi d’azione: uno
mira al trattamento educativo delle difficoltà correlate al deficit, l’altra mira al trattamento educativo delle
difficoltà indotte dall’ambiente. In entrambi la finalità è promuovere percorsi di sviluppo umano.
L’analisi del deficit in assenza di uno sguardo che ne colga le ricadute educative finisce per assumere i
caratteri di un’azione riabilitativa; l’ottica è di promuovere la persona in modo globale che,
indipendentemente dal deficit, può e deve divenire personalità. L’intervento dell’educatore speciale
consiste nell’agire sul deficit, ambito di competenza medico-sanitaria, ma sulla specifica difficoltà
connaturata al deficit al fine di promuovere nel soggetto la massima autonomia personale possibile.

3. quale postura interiore per l’educazione speciale?


postura > specifico atteggiamento dell’interiorità; riguarda il modo in cui l’educatore si pone d’innanzi al
proprio educando. Qui si definisce l’agire educativo in forma di intenzionalità volta a generare nell’altro il
suo possibile incremento di sviluppo umano.
La postura interiore dell’educatore è connessa al tipo di rappresentazione che l’educatore si è dato della
disabilità in generale; il problema è che talvolta nella relazione educativa speciale l’altro è concepito in
modo disfunzionale, incapace, debole e dipendente.
Nel lavoro educativo speciale operano alcuni pregiudizi che hanno le seguenti caratteristiche:
-il pregiudizio del quasi uomo > comunica all’altro uno stato di inferiorità e dipendenza
-il pregiudizio dell’eterno bambino
-il pregiudizio dell’identità speciale > deriva dal concepire la disabilità come problema della persona,
espressione della sua diversa natura; impedisce all’educatore di cogliere la continuità tra la propria umanità
e quella dell’altro con disabilità. Il rischio è di cadere nello stigma di guardare le persone disabili come
diversi sottraendo la persona a una vita normale
-pregiudizio ugualitario > riconoscere i propri limiti per poterli vedere e riconoscere nell’altro
La professionalità dell’educatore speciale è data in primis da una struttura interiore funzionale all’agire
educativo (postura educativa) idonea a generare una vera accettazione dell’altro.

PARTE 2: METODOLOGIA DELL’INTERVENTO SPECIALE


4. Metodologia della ricerca pedagogica in educazione speciale
1.la questione epistemologica
Epistemologia > discorso sulla scienza > parte della teoria generale che si occupa di problemi quali l’analisi
dei fondamenti, della natura, dei limiti e delle condizioni di validità del sapere > diviene esame critico
dell’oggetto, del metodo, dei risultati delle diverse scienze al fine di accertarne il valore obiettivo.
Educazione speciale > forma/modalità attraverso cui intercettare il problema del limite umano nell’ottica
dello sviluppo e del cambiamento > l’obiettivo principale è la ricerca di strumenti per rispondere
adeguatamente ai bisogni educativi speciali.
Méthodos = metodo = sintesi di due significati: 1. Per, attraverso; 2. Via/strada/cammino > fa riferimento a
un insieme di operazioni consciamente ordinate che organizzano e guidano una determinata attività.
Nell’ottica della ricerca rimanda al concetto di teoria che guida e finalizza l’attività del ricercatore.
Metodologia = processo che si colloca alle spalle di una ricerca > ogni disciplina ha una propria metodologia
ovvero in base al paradigma di scientificità adottato da una determinata disciplina variano anche gli
approcci concettuali e metodologici.
Paradigma > etimologia filosofica > significato di “modello” > per Platone le idee sono come modelli la cui
conoscenza è necessaria per conoscere la realtà; per Aristotele il termine “paradigma” sta ad indicare un
“argomento fondato su un esempio” > crollo del “paradigma positivista” che prevedeva la spiegazione di
fenomeni tramite leggi dotate di carattere deterministico e universale.
Le premesse basilari che definiscono un paradigma di ricerca sono di tre tipi: ontologiche, epistemologiche
e metodologiche.
La metodologia serve ad analizzare le modalità con cui la ragione indaga/interviene sulla realtà.
Ai problemi posti dalla complessità fanno da controparte quelli posti dalla semplificazione > “paradigma di
semplificazione” > dominio dei principi di disgiunzione, riduzione, astrazione.

2. L’approccio pedagogico speciale ai problemi dell’educazione speciale


Larocca > la pedagogia speciale vuole costruire una problematizzazione aperta al dialogo interdisciplinare
per offrire gli strumenti concettuali capaci di aiutare a risolvere i singoli problemi educativi > produzione di
strumenti concettuali idonei a decifrare la complessità insita al processo educativo speciale.
È necessario integrare discipline diverse per creare una solida base teorica per coloro che si occupano di
educazione speciale.
Il pedagogista speciale non è presente come figura professionale all’interno di istituzioni ed il problema è
che queste persone si trovino osservate da più specialisti che guardano al deficit e non alla persona nella
sua interezza. Il problema principale riguarda il funzionamento delle équipe quando si devono prendere
decisioni in materia di disabilità: manca un linguaggio comune, difficoltà di relazione e comunicazione e lo
scarso coinvolgimento delle parti sociali.
Il rapporto tra operatore e famiglia si gioca in due condizioni: la prima costruita sul fondamento di
definizioni, classificazioni e metodologie; la seconda costruita sulla conoscenza della persona nel suo
ambiente di vita. Questa è la base di partenza su cui costruire il dialogo interdisciplinare.
Il passo seguente è assumere la logica della progettazione: bisogna guardare ai problemi della persona con
deficit lungo tutto l’arco della sua vita > concepire in un’ottica evolutivi i problemi della persona con
disabilità.
Affinché le équipe funzionino è imprescindibile il confronto, la collaborazione e la consapevolezza degli
obiettivi attraverso i quali promuovere lo sviluppo globale della persona disabile.

5. quale metodo per l’educazione speciale?


1. Il paradigma biopsicosociale
Paradigma biopsicosociale > approccio ecologico > non è possibile analizzare un problema se non alla luce
del contesto di relazioni in cui si genera.
Teoria del campo > Lewin > per spiegare un comportamento è necessario saperlo leggere in relazione alla
situazione in cui lo stesso si è verificato esaminando le interrelazioni attuali tra la persona e il suo ambiente
di vita.
I bisogni speciali vanno letti nell’ambito dei complessi processi interattivi tra un organismo umano attivo e
ciò che lo circonda > le condizioni di salute di una persona sono il risultato di influenze di diversi fattori: il
corpo, le capacità della persona, i ruoli sociali assunti.
Il modello biopsicosociale è un modello di spiegazione sistemica del funzionamento umano, espressione
della trasformazione culturale con cui si guarda alla disabilità.
Gli elementi fondamentali dell’ICF che ne fanno un modello descrittivo del funzionamento umano sono:
-descrive il funzionamento umano non la disabilità
-è universale non si rivolge alle minoranze
-prende in considerazione approcci diversi
-interpreta i fattori che concorrono a formare il quadro del funzionamento umano in un’ottica di
equivalenza
-guarda alla persona in relazione al contesto e ne valorizza le dimensioni culturali
L’ICF guarda alla disabilità analizzando il funzionamento umano attraverso l’apporto di altri saperi facendola
risultare derivante da molteplici fattori; l’utilizzo tempestivo dell’ICF può ridurre drasticamente l’entità della
futura disabilità della persona.
La disabilità è una variabile dipendente del funzionamento globale del soggetto che si verifica quando una
condizione di salute in assenza di specifici interventi genera menomazioni alle strutture/funzioni.
I fattori che determinano la qualità di vita di una persona sono: l’autonomia, la produttività, l’integrazione
comunitaria e la partecipazione ad attività lavorative/sociali, la soddisfazione ottenuta dalla propria
realizzazione.
Interdisciplinarietà> per affrontare efficacemente un problema sono necessarie conoscenze e competenze
derivanti da più discipline; la struttura di tale modello è:
1. Analisi delle condizioni di salute: per inquadrare le possibili patologie presenti e le caratteristiche ed
attivare precocemente tutti gli interventi.
2. Analisi dei fattori personali: individua e descrive le modalità del funzionamento del soggetto in relazione
al contesto di vita.
3. Punto di vista ambientale: esplora i contesti e individua le condizioni situazionali più rispondenti ai
bisogni di crescita e di sviluppo della persona.

2. L’osservazione: principale “strumento” per l’educazione speciale


Strumento > modalità concrete attraverso le quali si opera per raggiungere un obiettivo
Osservazione > mediazione tra il reale e le dinamiche adottate per esplorarlo > Hempel ne individua diversi
significati: percezione (dato), sensazione (vissuto emotivo) e introspezione (analisi del dato).
La modalità più diffusa di osservazione in campo educativo è il metodo dell’osservazione partecipante =
modo di guardare, sentire e ascoltare l’altro che implica il contatto con la sua realtà e coinvolge tutti gli
organi di senso;
-implica l’inserimento in un contesto
-avviene all’interno di una relazione
-è coinvolgente
-richiede chiarezza di ruoli: ci si scopre scoprendo l’altro
-attiva cambiamenti
-influisce positivamente sull’altro
Gli strumenti utilizzati sono la personalità dell’osservatore e la sua professionalità, altri possono essere:
1. Diario: annotazioni riguardanti un argomento di interesse aggiornato regolarmente;
2. Schede/griglie di osservazione: strumento che cattura informazioni fornendo una fotografia di una certa
situazione; è costituita da un vario numero di voci.
3. Audio/video registrazioni: forniscono un quadro “veritiero” di come operano i soggetti senza il filtro
della presenza dell’osservatore esterno
4. Questionario: aperto > esplora le caratteristiche di un campione chiedendo opinioni, idee, giudizi
chiuso > chiede all’intervistato di scegliere ciò che più rispecchia le sue idee
5. Intervista: libera > non ci sono domande predeterminate
strutturata > domande predisposte prima
semi-strutturata > discussione su argomenti di interesse
6. Test: strutturati > misurano un costrutto psicologico e tratti di personalità presenti nel soggetto ed
osservabili
proiettivi > evidenziano aspetti della personalità latenti e spesso inconsce.

3. Lo studio di caso
Si intende sia il processo utilizzato per l’indagine del caso che il prodotto finale di tale percorso.
È un metodo di ricerca simile a un’indagine di tipo empirico, che studia un determinato fenomeno nel suo
contesto di vita.
Caso = unità autonome con caratteristiche di unitarietà e specificità, delimitate in termini di spazi ed attori.
Questo modello di ricerca si caratterizza per essere:
-particolaristico > focalizzato su una situazione ben definita
-descrittivo > i prodotti finali descrivono riccamente l’indagine (testi narrativi, citazioni, documenti)
-euristico > comprensione del fenomeno da parte del ricercatore
Nella pratica il ricercatore deve selezionare i dati che considera rilevanti per descrivere il caso e
comprendere le motivazioni alla base dell’agire.
studio sul caso singolo > utile per osservare ed analizzare fenomeni unici > esplorativo = serve per chiarire e
migliorare la conoscenza del disegno di ricerca; descrittivo = descrizione di eventi educativi.
Vantaggi: -se indagini molto approfondite offrono elementi di conoscenza fondamentali
-permette di considerare le persone nella loro individualità
-utile per esaminare esempi rari e situazioni difficili
Limiti: -i casi scelti possono non essere rappresentativi
-gli interessi del ricercatore possono influire
-costo elevato

4. Fasi fondamentali dello studio di caso


1. Disegno della strategia di ricerca > stesura di un piano d’azione per lo svolgimento della ricerca;
componenti chiavi: -individuazione e definizione del problema > fondamentale far emergere il perché dello
studio individuando una problematica di particolare interesse per la ricerca e gli obiettivi/risultati che
possono essere raggiunti
-formulazione di quesiti
-individuazione delle unità di analisi > individuare il caso-tipo che può aiutarci a
rispondere ai quesiti formulati
-definizione dei postulati teorici > sono proposizioni guida assunte dal ricercatore allo
scopo di rappresentarsi le possibili spiegazioni logiche del fenomeno da analizzare; facilita la selezione delle
informazioni pertinenti e l’individuazione di prove rilevanti.

2. Preparazione e scelta delle tecniche di raccolta dei dati > è necessario scegliere la strategia di lavoro e le
tecniche di raccolta che s’intendo utilizzare.
Le tecniche più utilizzate sono documenti, registrazioni, interviste, osservazione diretta > vanno utilizzate in
modo combinato per arrivare a una conoscenza più ampia e approfondita possibile.
È utile utilizzare la “triangolazione metodologica” che consiste nel ricorrere a varie tecniche di raccolta con
l’obiettivo di ottenere più forme di espressione.

3. Analisi dei dati > da significato a quanto raccolto; si tratta di stabilire una serie di legami focalizzando
l’attenzione sul come e perché si sono potute produrre le condizioni analizzate.

4. Stesura del rapporto finale > caratteristica fondamentale è la sua significatività ai fini della ricerca; si
tratta della descrizione e dell’analisi del caso, deve contenere resoconti multipli.

5. Documenti e registrazioni d’archivio


vantaggi: -possibilità di studiare soggetti non accessibili perché non è possibile entrarvi in contatto diretto
-ridotta reattività dell’informazione
-possibilità di effettuare analisi diacroniche: lo studio dei documenti è adatto all’analisi di casi che
si protendono per lungo tempo
-l’ampiezza del campione analizzato
-possibilità di raccogliere situazioni spontanee
-risparmio di tempo e denaro

Svantaggi: -rintracciabilità del documento


-incompletezza dell’informazione (molti documenti devono rimanere privati)
-difficoltà di analisi del comportamento non verbale
-mancanza di una forma standardizzata
-codificazione dei dati

6. Il valore della ricerca in educazione speciale


La ricerca in pedagogia si propone un fine insieme conoscitivo e pratico: emerge la necessità di esplorare
modelli di conoscenza capaci di spiegare come qualcosa avvenga; sono espressione di una metodologia di
tipo scientifico. Il fondamento è l’individuazione dei mezzi necessari alla realizzazione di un fine.
In educazione speciale molti sono ancora i campi inesplorati e ciò porta al rischio di avere diagnosi limitate.
Permane l’idea che le disabilità non siano problemi di natura educativa ma conseguenze irreversibili di una
malattia o di un disturbo; da qui l’ipotesi che ad occuparsene dovrebbero essere gli assistenti sociali e i
medici.
Il lavoro educativo speciale si concretizza nella creazione di reti di sostegno a processi di socializzazione per
i più deboli attraverso azioni culturali mirate alla costruzione sociale della cultura dell’accoglienza e della
valorizzazione delle diversità. Decisiva è l’azione volta a migliorare il funzionamento dei servizi a favore di
chi vive un qualsiasi tipo di restrizione.
L’agire educativo speciale risulta tanto più specialistico quanto più informato rispetto ai potenziali di
sviluppo presenti nonostante i problemi dati dal deficit; l’esperto è chiamato a conoscere le differenti
forme con cui si manifestano i bisogni educativi speciali. A livello internazionale sta nascendo una nuova
concezione che mira ai saperi specialistici e da cui emerge la necessità di ridefinire il profilo e il ruolo
professionale dell’educatore.

7.L’educatore speciale e i bisogni educativi speciali


Problema di funzionamento nell’apprendimento e nello sviluppo = difficoltà che si evidenziano in relazione
a contesti o compiti specifici la cui caratteristica principale è il non risultare dalla volontà del soggetto;
anche l’intervento educativo si deve caratterizzare come speciale ossia idoneo ad individuare la spiegazione
del limite.
Affinché un bisogno speciale sia affrontato adeguatamente occorre che ci sia un sistema organizzato per
dare risposte educative speciali.
Un bisogno educativo speciale può presentarsi anche in assenza di deficit o patologie; l’educazione speciale
è un sapere al servizio di tutti, particolarmente utile nelle situazioni che non trovano soluzione se gestiti in
modo ordinario. Richiede conoscenze e competenze idonee al lavoro in équipe poiché potrebbero
emergere patologie pregresse fino a quel momento ignorate.

8. L’azione educativa speciale


Le azioni educative speciali sono interventi mirati al trattamento educativo dei bisogni speciali; ha come
finalità la realizzazione della persona avvalendosi della progettazione pedagogica e della programmazione
educativa, traccia linee di interventi che mirano alla migliore organizzazione delle funzioni utilizzate nella
realizzazione del progetto.

Le mappe logico-esponenziali
Rappresentazione grafica di ciò che si reputa essere un possibile processo di sviluppo umano; la mappa si
configura come una micro-teoria pedagogica e va sottoposta a continui processi di falsificazione.
L’analisi di un termine disposizionale comporta l’esplicazione di quelli che sono i fattori rilavanti ai fini della
sua manifestazione. Si tratta di una teoria che descrive una finalità come disposizione e deduce disposizioni
da essa implicate.
Una volta individuate le disposizioni da perseguire tramite l’intervento educativo si enucleano le
sottodisposizioni implicate.

-componente scientifico-umana > fa riferimento alle scienze che consentono di stabilire gli specifici rapporti
tra l’instaurarsi di una capacità umana e il percorso evolutivo sottostante; hanno un ruolo decisivo le
neuroscienze

-componente contenutistica > riferita al contenuto della disposizione; comporta una conoscenza
approfondita della materia

-componente deontica > data dal diritto/dovere di scegliere e di fare per il soggetto in educazione tutto ciò
che risulta fondamentale per garantirgli il massimo di possibilità di sviluppo umano = il diritto dell’educando
è di svilupparsi come essere umano e il nostro di educatori è di individuare le migliori modalità affinché ciò
accada
-l’utilizzo da parte dell’educatore delle mappe > possibili utilizzi:
x effettuare una diagnosi disposizionale: processo di osservazione per individuare i requisiti già presenti
x individuazione dell’obiettivo iniziale: si stabilisce il punto di partenza del lavoro educativo speciale
x scelta delle catene attuative (prognosi disposizionale) > processo attraverso cui l’educatore speciale
stabilisce il percorso che intende seguire
x azione mirata > scelta delle modalità educative più idonee
x verifica dell’azione ed eventuale falsificazione della mappa > la mappa è valida se al termine del lavoro
educativo l’educando mostra di aver acquisito la capacità posta al vertice della mappa; se ciò non avviene la
mappa va modificata/sostituita attraverso la costruzione di un’ipotesi idonea a spiegare perché non abbia
funzionato e trovare altre soluzioni.

Parte terza: i problemi dell’educazione speciale: analisi di deficit in prospettiva educativa


6. Anomalie e sindromi genetiche
1.La genetica
Parte della biologia che studia la generazione degli organismi e la trasmissione dei caratteri ereditari;
talvolta, a causa di diversi fattori, possono verificarsi delle anomalie genetiche derivanti da alterazioni dei
cromosomi o da mutazioni nella sequenza di lettere di un gene.
Alcune anomalie genetiche sono causa di particolari malattie dette ereditarie quando dipendono dal
corredo genetico di uno o entrambi i genitori che viene trasmesso ai figli.
Sindrome > convergenza di un complesso di indizi/sintomi abnormi; genetica > qualsiasi cosa
controllata/definita da geni. Sindrome genetica = specifico insieme di sintomi/problemi che si manifestano
costanti in vari soggetti e sono causati da anomalie genetiche.
Si tratta di individuare il gene o la struttura genetica in cui si è verificata la mutazione e gli effetti che
produce.
Mutazioni genetiche > alterazione della struttura di un gene
Mutazioni cromosomiche > variazioni che intervengono nella struttura dei singoli cromosomi e comportano
variazioni nella disposizione sequenziale dei geni
Delezione e duplicazione > esempi di mutazioni che colpiscono i cromosomi e consistono nella
perdita/aumento di segmenti di cromosoma.
Mutazioni del genoma > consistono nella variazione numerica dei cromosomi.

2. Diversi tipi di ereditarietà


si distingue in:
-autosomica > può essere: x dominante: prole malata al 50%
x recessiva: frequente se fra consanguinei
x intermedia

-ereditarietà legata al sesso: i determinanti sono localizzati sui cromosomi del sesso

7. Sindromi genetiche ed educazione speciale


problemi la cui presenza può alterare l’incremento di sviluppo umano cui tende l’intervento educativo.
Le sindromi genetiche vanno considerate come quadri di sviluppo in cui sono presenti difficoltà che
richiedono precoci e mirati interventi educativi.

La sindrome di Klinefelter
Anomalia da ricondurre a una mutazione del patrimonio genetico consistente nella presenza di un
cromosoma sessuale x in più.
L’effetto principale è un difettoso sviluppo delle gonadi; non viene quasi mai individuato prima della
pubertà.
I bambini affetti da questa sindrome sono in genere alti, magri, presentano arti inferiori relativamente
lunghi rispetto al tronco, testicoli piccoli in rapporto all’età; da un punto di vista psicologico possiamo
evidenziare problemi di adattamento psicosociale, difficoltà di apprendimento, immaturità, eccessiva
timidezza/aggressività, poca tolleranza alle situazioni di stress.
Da un punto di vista educativo il bambino incontra difficoltà di sviluppo del linguaggio (articolazione delle
parole, espressione); la difficoltà maggiore riguarda lo sviluppo del linguaggio espressivo ossia l’abilità di
tradurre pensieri/idee in parole.
Il lavoro educativo speciale deve privilegiare momenti di individualizzazione del compito (con minimo
stress), affrontare un solo argomento per volta.

La sindrome di Williams
Si associa a particolari caratteristiche del viso e organismo: scarsa crescita, fronte ampia, sopracciglia rade,
strabismo, guance cadenti, labbra grosse, anomalie dentarie, voce roca, collo allungato, spalle curve,
andatura goffa.
Da un punto di vista neuropsicologico si riscontrano ritardo nello sviluppo psicomotorio e nella produzione
verbale, deficit intellettivo, difficoltà di concentrazione.
La diagnosi è ottenibile mediante indagine genetica e se precoce può portare alla predisposizione di
interventi volti al trattamento educativo speciale dei problemi della cognitività e della socialità
Sul piano delle relazioni sociali il loro comportamento è inusualmente amichevole caratterizzato da
adesività; unito a ciò si presenta iperattivo e presenta comportamenti ossessivi, fobici e ansiosi.
Durante il periodo della scuola possono affiorare problematiche quali ritardo nella coordinazione motoria,
difficoltà nelle attività quotidiane, difficoltà nella scrittura/lettura/comprensione di testi e nell’esposizione
orale, difficoltà logiche e di attenzione, tendenza all’impulsività. Di contro sembrano particolarmente
predisposti alla musica e alle lingue straniere.
Manifestano difficoltà a intraprendere e mantenere rapporti con i coetanei.
Da un punto di vista educativo si evidenziano difficoltà di autonomia personale e di adattamento; sin dai
primi mesi di vita sono osservabili ritardi nello sviluppo motorio, cognitivo e comunicativo che richiedo
interventi specifici ed educativi precoci.

La sindrome dell’x-fragile
Anomalia dei cromosomi sessuali: interessa in particolare l’espressione di triplette nucleotidiche (gruppo di
tre molecole) ripetute consecutivamente.
È la più comune causa di ritardo mentale ma si riscontra anche in persone con un QI nella norma.
Le principali manifestazioni cliniche nel maschio sono: ritardo mentale, caratteristiche conformazioni
facciali, irritabilità durante l’infanzia, reflusso gastroesofageo; fra le caratteristiche comportamentali
osserviamo sfarfallio alle mani, mordersi le mani, scarso contatto visivo e perseveranza nel linguaggio.
È stato individuato un consistente ritardo diagnostico; per quanto riguarda l’intervento educativo speciale,
troviamo nelle persone affette da tale sindrome alcune problematiche che ostacolano il processo
educativo:
-problematiche di tipo sensoriale > alcune informazioni vengono percepite come amplificate e vi sono
deficienze nell’inibizione degli stimoli > sarà opportuno studiare strategie per ridurre l’eccessiva
stimolazione sensoriale che provoca disturbi di attenzione, iperattività e disturbi nel rapporto con la realtà
circostante;
-difficoltà nel linguaggio e nel rapporto interpersonale > difficoltà nel rivolgersi in modo diretto
all’interlocutore; è possibile aiutare l’acquisizione del linguaggio iniziando un percorso educativo-
riabilitativo per poi passare a un’apposita riabilitazione logopedia;
-ipotonia > un’opportuna riabilitazione evita la goffaggine e l’impaccio motorio che potrebbe aggravare la
condizione di disabilità.
L’intervento riabilitativo deve mirare a far raggiungere alla persona obiettivi di autonomia nella vita
quotidiana partendo dalla cura personale fino ai rapporti interpersonali.
La sindrome di Down
Meglio conosciuta come trisomia 21: i soggetti sono portatori di 47 cromosomi in conseguenza di una non-
disgiunzione nella fase meiotica (presentano nel cromosoma 21 una triplice copia). La trisomia può essere
di due tipi: primaria omogenea quando è presente in tutte le cellule della persona; primaria a mosaico
quando è presente solo in parte delle cellule.
Non è una sindrome ereditaria e il fattore di rischio principale è stato finora identificato nell’età della
madre.
I segni clinici, già presenti dalla nascita, sono: iperestensibilità articolare, ipotonia muscolare, profilo piatto,
orecchie dismorfiche, testa corta e larga, bocca semiaperta, lingua grande che causa disturbi nella
dentazione, nella nutrizione ed anche nel linguaggio. Diverse sono le patologie associate: cardiopatie,
malformazioni gastrointestinali, problemi nella dentazione, patologie oculari e nell’udito.
Per quanto riguarda lo sviluppo del sistema nervoso centrale appare alterata la differenziazione della
corteccia cerebrale nell’area motoria; lo sviluppo cognitivo risulta ritardato rispetto alla norma con possibili
disturbi nella memoria a breve termine.
I tempi di sviluppo sono generalmente più lunghi e con performance non ottimali: i problemi di linguaggio si
evidenziano maggiormente quando il linguaggio passa da semplice funzione espressiva a mezzo di
comunicazione del pensiero.
Da un punto di vista educativo la lentezza nella comunicazione interattiva risulta la difficoltà tipica delle
persone affette da tale sindrome.

Sindrome di Down e sviluppo psicomotorio


i disturbi possono riguardare impaccio motorio globale, difficoltà nella coordinazione occhio-mano, scarsa
precisione, ipotonia muscolare e facile stancabilità. È possibile inoltre osservare dominanza (prevalenza
dell’uso della destra o della sinistra) e lateralizzazione (scissione dell’uso degli emisferi cerebrali).
L’intervento educativo speciale dovrà perseguire la corretta strutturazione dello schema corporeo e la sua
evoluzione, è fondamentale l’aiuto nell’orientamento spazio-temporale.
La padronanza dell’orientamento nello spazio agevola l’acquisizione di una corretta percezione del tempo:
attraverso l’acquisizione dell’orientamento il bambino matura la rappresentazione decentrata ossia il
processo tramite il quale riconosce la destra dalla sinistra.
Da un punto di vista neurofisiologico esistono correlazioni tra i processi dello sviluppo motorio e la
costruzione di competenze cognitive.

Questioni aperte: integrazione lavorativa e invecchiamento


La situazione è preoccupante poiché, anche al termine di un percorso scolastico, solo poche persone affette
da sindrome di Down riescono a inserirsi nel mondo del lavoro; occorre che siano avviati percorsi di
supporto e di accompagnamento di tipo educativo, volti alla promozione della persona e delle sue
potenzialità > Legge 68/99 = promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone
disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato > mira ad assicurare la
parità economica e sociale della persona disabile.
Con il collocamento mirato si attuano una serie di mezzi affinché anche la persona disabile possa assumere
impegni lavorativi. Tuttavia sorgono alcuni problemi quali individuare la tipologia di lavoro adatta.
Attraverso la promozione delle potenzialità di sviluppo si assiste al fenomeno dell’allungamento della vita
delle persone poiché parte della qualità della vita dipende dalla tipologia di percorso di vita effettuato.

8. Disturbi generalizzati dello sviluppo


1. Definizione
particolari condizioni di sviluppo che determinano una distorsione dello sviluppo di base; problemi
riguardanti la comunicazione, capacità sociali, attività immaginativa, attività motoria, attenzione,
percezione.
Secondo il DSM IV essi sono: disturbo autistico, disturbo di Rett, disturbo disintegrativo dell’infanzia,
disturbo di Asperger, disturbo pervasivo dello sviluppo.

Disturbo autistico > stato di chiusura in sé stessi che caratterizza il comportamento di certi soggetti.
Caratteristica fondamentale dei bimbi osservati è l’incapacità di mettersi in rapporto con l’ambiente nei
modi tipici dell’età e fin dai primi mesi di vita; questi bambini tendevano a isolarsi, a non percepire segnali
relazionali esterni; questi bambini inoltre non assumevano la corretta posizione per essere presi in braccio,
alcuni apprendevano il linguaggio ma non comunicavano con gli altri in modo adeguato.
Un’altra caratteristica evidenziata fu la preoccupazione ossessiva per il mantenimento dell’immutabilità
degli ambienti e delle abitudini.
A livello cognitivo presentano buone capacità in ambiti specifici.
Negli anni 60 il quadro clinico di questi bambini fu modificato da Rutter che individuò alcuni sintomi tipici di
questa sindrome: problemi nel costruire rapporti sociali, ritardo del linguaggio e ritualità compulsiva; scoprì
inoltre che circa i tre quarti dei bimbi presentavano anche ritardo mentale.

Classificazioni > sono tre:


-classificazione americana del DSM IV > il DSM è una classificazione diagnostica e statistica a cura
dell’American Psychiatric Association e che riguarda soprattutto i disturbi mentali dell’adulto, ma con una
parte dedicata ai disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza.
Le psicosi infantili sono descritte nella categoria “disturbi generalizzati dello sviluppo” e comprendono
quelle sopraelencate.
I criteri diagnostici per il disturbo autistico sono: un totale di 6 o più voci riguardanti le aree segnate dai
numeri 1, 2 e 3 con almeno due voci riferite alla compromissione dell’interazione sociale, una alla
compromissione della comunicazione e una alle modalità di comportamento. Segue un elenco:
-compromissione dell’interazione sociale > indicatori > x compromissione nell’uso di comportamenti non
verbali;
x incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei;
x mancanza di interesse nella condivisione di sentimenti/interessi
x mancata reciprocità sociale ed emotiva
-compromissione della comunicazione > indicatori > x ritardo/assenza nello sviluppo del linguaggio;
x incapacità di iniziare/sostenere una conversazione;
x uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo;
x mancanza di giochi di simulazione o imitazione
-modalità di comportamenti, interessi e attività ristrette e ripetitive > indicatori > x interessi ristretti e
stereotipati anormali;
x abitudini e rituali specifici;
x manierismi motori stereotipati e ripetitivi;
x eccessivo interesse per parti di oggetti.
Ritardi o funzionamento anomali in almeno una delle seguenti aree (prima dei 3 anni): interazione sociale,
linguaggio nella comunicazione sociale, gioco simbolico/di immaginazione.

-classificazione dell’OMS (ICD-10) > International Classification of Diseases =classificazione delle malattie
curata dall’OMS con sezione dedicata ai disturbi psichiatrici nella categoria delle ‘sindromi da alterazione
globale dello sviluppo, che comprende molte sindromi sovrapponibili a quelle dei disturbi generalizzati
dello sviluppo descritte dal DSM IV.

-classificazione francese (CFTMEA) > sviluppata da Centro A. Binet nel 1968 e rivista nel 1988 >
Classification Franꞔaise des Troubles Mentaux de l’Enfant et de l’Adolescent = distingue la categoria
generale della psicosi in 10 sottocategorie:
1. Autismo infantile precoce tipo Kanner > quadro omonimo descritto nel ‘43
2. Altre forme di autismo infantile > non sono presenti tutti i tratti caratteristici o l’esordio è tardivo
3. Psicosi deficitarie precoci;
4. Disarmonie psicotiche;
5. Psicosi di tipo schizofrenico che iniziano nell’infanzia;
6. Psicosi di tipo schizofrenico che iniziano nell’adolescenza;
7. Psicosi distimiche;
8. Psicosi acute;

L’approccio psicodinamico > Bettelheim fu uno dei primi studiosi ad occuparsi di psicosi infantili
sviluppando il concetto di “madre frigorifero” per descrivere un tipo di rapporto caratterizzato da carenza
di contatto fisico, pratiche alimentari anomale, difficoltà nel linguaggio/contatto con il figlio; da qui la
patologia aveva origine da un fallimento relazionale.
Uno dei lavori più citati è l’opera di Margareth Mahler > interpreta la psicosi come il risultato di una serie di
insuccessi durante il processo di individualizzazione > l’autismo si configura come una fase precoce dello
sviluppo caratterizzata dalla non differenziazione tra bambino e madre che precede lo sviluppo dell’identità
soggettiva. Se non avviene la separazione dalla madre si produce l’autismo in senso psicopatologico inteso
come punto di arresto nella maturazione del soggetto alla fase dell’indifferenziazione.
L’autrice descrive due quadri psicopatologici corrispondenti a due momenti della separazione-
individuazione:
-psicosi autistica primaria
-autismo simbiotico.
Manzano e Palacio-Espasa, invece, distinguono fra:
-autismo primario e secondario
-psicosi simbiotica di Mahler
-psicosi precocemente deficitaria
-psicosi disorganizzatrice
Questa distinzione è definita operazionale e la descrizione/analisi prendono in considerazione l’evoluzione
delle psicosi infantili e il passaggio da un quadro all’altro.

Manifestazioni cliniche > l’autismo si manifesta prima del 30 mese di vita con scarso sviluppo delle capacità
di comunicazione verbale e non, alterazione del modo di parlare, incapacità di sostenere una
conversazione, alterazione nell’attività ludica, mancanza di coinvolgimento emotivo e incapacità di
stringere legami.
I bambini tendono spesso ad isolarsi e giocare da soli, hanno comportamenti ritualizzati che se interrotti
causano eccessi di collera.
I deficit di linguaggio e di socializzazione rendono difficile ottenere una stima precisa del potenziale
intellettivo del bambino.
Nella considerazione dell’autismo è essenziale il concetto di conflitto motivazionale > riguarda il
comportamento di una persona che, durante un incontro, manifesta la presenza contemporanea di due
comportamenti reciprocamente escludenti (avvicinarsi/allontanarsi). Tale dinamica spiega:
-l’evitamento visivo/uditivo/corporeo > spinta alla fuga
-linguaggio alterato > evitante poiché non diretto
-mantenimento dell’ambiente sempre uguale > insicurezza nell’affrontare la realtà.
L’educatore deve entrare in questo ambiente ambivalente per consentire al soggetto un equilibrio e
un’iniziale individualità; le attività che si possono proporre devono divenire occasione di incontro e dialogo.

Eziologia > molti studi si sono concentrati sull’analisi neurochimica connettendo l’autismo ad anomalie dei
mediatori chimici delle sinapsi cerebrali = cause ricondotte ad anomalie del funzionamento della dopamina,
nel metabolismo delle catecolamine, nell’aumento dei livelli di serotonina. Altre ipotesi furono lesioni
cerebrali, costituzione fragile…
Gli autori Tustin, Meltzer e Reid ipotizzano una causa multifattoriale.
Da un punto di vista cognitivo le ricerche di Leslie evidenziano che le persone con autismo non possiedono
una “teoria della mente” ovvero la capacità di rappresentare stati mentali/pensieri/emozioni di altre
persone.
In base alla teoria della simulazione mentale questi bambini non riescono a relazionarsi con gli altri poiché
in loro è alterato il funzionamento dei “neuroni specchio” (circuiti nervosi che sono alla base della capacità
di comprendere e riprodurre le azioni altrui); questo incide anche sullo sviluppo affettivo-emozionale.
Si parla anche di disturbi dello spettro autistico (ASD).
Ricerche recenti mettono in evidenza come l’autismo dipenda dalla concomitanza di diverse condizioni
pre/peri/post natali.

Una proliferazione di metodi e programmi educativi e terapeutici > alcuni si indirizzano verso lo sviluppo
di abilità che sostituiscano le disfunzioni; altri verso la creazione di ambienti di apprendimento stimolanti
costruiti sui loro specifici bisogni.
I programmi migliori stimolano gli interessi del bambino, offrono programmi prevedibili, indicano gli
obiettivi da raggiungere. Un risultato maggiore si ottiene dal coinvolgimento dei genitori in terapie che si
possono continuare a casa.
Un programma di lavoro particolarmente diffuso è quello elaborato da Lovaas > intervento precoce
nell’ambiente di vita del bambino e con il coinvolgimento diretto dei parenti > il programma si basa
sull’insegnamento sistematico di piccole unità comportamentali.
Da un punto di vita farmacologico i neurolettici si sono rilevati efficaci nel ridurre condotte autolesive,
aggressività, comportamento stereotipato e isolamento sociale.
L’intervento educativo deve essere globale e lungo tutto l’arco della vita.

Il ritardo mentale > problema inerente il generale sviluppo del soggetto; problemi/difficoltà che rientrano
nel quadro delle psicopatologie.
Con questo termine si identificano problemi presenti in soggetti con ritardo dello sviluppo intellettivo e
riconducibili a fattori ambientali, medico generali, sindromi genetiche il cui effetto riguarda il
funzionamento del soggetto rispetto alla sua età anagrafica. Non fa riferimento a un quadro clinico definito
ma a varie situazioni che hanno come fattor comune il fatto che nel soggetto siano presenti processi
intellettivi più o meno disfunzionali rispetto a contesti/situazioni che richiedono capacità di problem
solving.
Si manifesta in diversi modi; la diagnosi prevede la somministrazione di test generali di intelligenza per
ricavare il QI. Il soggetto può migliorare ma ciò dipende dalla condizione organica, dallo stato psicologico
nell’ambito affettivo-relazionale e dall’ambiente di appartenenza.
Gli interventi educativi devono tener conto anche della componente sociale > fare esperienza > progettare
dispositivi educativi attraverso cui mettere in contatto la persona con la realtà del problema da affrontare.
Dispositivo educativo = insieme dinamico di tutti gli elementi presenti sulla scena educativa e delle idee che
la determinano.
“mettere in situazione” serve a creare nuove capacità ed il risultato dipenderà dal riuscire a sfruttare al
meglio l’esperienza vissuta.

Eziologia > le cause del ritardo possono essere così suddivise:


-presenti prima del concepimento = alterazioni presenti nelle cellule geminali, cause ereditarie
-che agiscono durante la gravidanza = possono essere suddivise in: infettive (infezioni che passano dalla
madre al bambino), tossiche (intossicazioni, alcolismo) e genetiche (incompatibilità del fattore RH)
-che agiscono durante il parto = lesioni dirette/indirette che provocano un minor afflusso di sangue
ossigenato all’encefalo
-che agiscono dopo la nascita = fattori tossici/infettivi e carenziali/traumatici
A questa condizione possono associarsi altri disturbi di tipo psichico (autismo, iperattività),
comportamentale (irritabilità) e anomalie neurologiche multiple (epilessia).

Classificazioni > in base all’ICD-10 il ritardo mentale è una condizione di interrotto/incompleto sviluppo
psichico caratterizzata dalla compromissione di abilità che si manifestano nel periodo evolutivo.
Secondo il DSM IV la caratteristica fondamentale è un funzionamento intellettivo generale al di sotto della
madia accompagnato da limitazioni che possono interessare la comunicazione, la cura personale, vita in
famiglia/società.

Problematiche di tipo educativo > -difficoltà nell’assimilazione/elaborazione di stimoli


-deficitaria organizzazione percettivo-motoria
-difficoltà di movimento (goffaggine, movimenti impacciati/rigidi...)
-problemi di linguaggio (disturbi di pronuncia/articolazione/ritmo)
-difficoltà di attenzione
-ansia e insicurezza

L’intervento educativo > deve tener conto dell’entità del ritardo, della situazione specifica del soggetto,
della compresenza di altri deficit. È necessario che l’educatore conosca a fondo la storia di vita del soggetto,
deve saper analizzare le modalità specifiche del suo funzionamento intellettivo.
L’azione educativa si deve concentrare sulle difficoltà del comportamento adattivo cioè sullo sviluppo delle
competenze che rendono l’individuo capace di adattarsi all’ambiente; questo può essere influenzato da vari
fattori come l’istruzione, la motivazione, la personalità.
L’intervento si deve sviluppare su vari livelli:
-cognitivo > miglioramento delle capacità di memoria/concentrazione/attenzione
-emotivo, affettivo e relazionale
-autonomia personale > comunicazione/orientamento/movimento
-partecipazione sociale
-miglioramento della consapevolezza rispetto ai propri processi cognitivi e di controllo > messa in campo di
esperienze idonee affinché apprenda l’utilizzo di strategie per risolvere problemi e migliorano l’autostima e
la percezione di sé.

Educare alla sessualità > se il bisogno sessuale viene ignorato o negato intraprende percorsi di sviluppo che
talvolta possono essere motivo di sofferenza sia per la persona con ritardo che per chi lo circonda.
L’educazione di sessuale di queste persone ha l’obiettivo di offrire alla persona le condizioni affinché tale
dimensione dello sviluppo divenga parte integrante della coscienza di sé.

Paralisi cerebrale infantile > turba persistente, ma non immutabile, dello sviluppo della postura e del
movimento, dovuta ad alterazioni della funzione cerebrale, per cause pre/peri/post natali, prima che se ne
completi la crescita e lo sviluppo. Un costante e corretto intervento terapeutico può modificare le
manifestazioni cliniche in senso positivo.
Il disturbo più evidente è il ritardo motorio che può essere accompagnato da altri disturbi.
PCI > per paralisi di dovrebbe intendere paresi (paralisi non totale) che ha diverse manifestazioni quali
spasticità, distonia, atassia…; per cerebrale si dovrebbe intendere encefalica (cambia la localizzazione); per
infantile si dovrebbe intendere che il danno p intervenuto precocemente.

Eziologia > può essere dovuta a:


-fattori agenti prima della nascita = malformazioni congenite del sistema nervoso, tossicosi della madre,
traumi durante la gravidanza, ridiazioni, malattie infettive
-fattori agenti alla nascita =traumi da parto, travaglio prolungato, parto precipitoso, prematurità
-fattori agenti dopo la nascita = traumi, disturbi circolatori (aneurismi, embolie), malattie infettive.
Clinica > già nelle prime settimane appaiono “segnali” che i familiari possono vedere: difficoltà nella
suzione, tensione e pianto durante il cambio del pannolino, pianto disperato durante il bagnetto, strabismo,
scarsa attenzione a stimoli affettivi, crisi epilettiche, insonnia, irritabilità, rigidità del capo.
La diagnosi è possibile solo dall’ottavo mese di vita ma è fondamentale che il sospetto sia evidenziato
precocemente per iniziare immediatamente trattamenti.

Classificazione > le forme più conclamate sono:


-spasticità = resistenza all’allungamento dei muscoli con cedimento improvviso; può presentarsi come:
x tetraplegia > compromissione di tutti e quattro gli arti
x emiplegia > compromessi gli arti di un solo lato
x diplegia > tutti gli atri compromessi ma soprattutto gli inferiori
x doppia emiplegia > altro lato
-atetosi > difficoltà di armonia del movimento che di solito si manifesta con tetraparesi; la lesione riguarda
il sistema extrapiramidale: causa movimenti involontari, incontrollabili, lenti, irregolari che interessano arti
superiori e volto (atetoidi); si attenuano e scompaiono nel sonno
-atassia > difficoltà del movimento e della coordinazione muscolare con ipotonia e lassità legamentosa; la
lesione riguarda il cervelletto e può essere di tre tipi: cinetica (movimenti imprecisi), statica (difficoltà di
mantenimento della posizione eretta), locomotoria (incertezza nella deambulazione).
Al disturbo motorio possono associarsi:
_alterazioni sensoriali (vista/udito)
_alterazioni del linguaggio (comprensione/produzione)
_alterazioni intellettive
_alterazioni dell’affettività (impulsività/dipendenza/iperattività)
-epilessia

Trattamento terapeutico > due tipi:


1. Medica = impiego di farmaci anticomiziali e sedativi per controllare le crisi epilettiche; ha lo scopo di
ridurre l’insorgere di episodi che possono aggravare il quadro della salute generale del soggetto.
2. Riabilitazione = solo la corretta fisioterapia può correggere le condizioni di fondo della sindrome motoria:
Una delle tecniche utilizzate è quella inglese dei coniugi Bobath sulla facilitazione neuromuscolare che ha
come obiettivo la riattivazione della funzione dei muscoli attraverso la stimolazione diretta e ripetuta.
Il metodo Kabath consiste nell’esercitazione ripetuta di un muscolo in schemi di movimento complessi.
Questi due medici sono tuttavia risultati un palliativo senza efficacia.
Vojta > principio locomotorio sfruttato attraverso lo schema del rotolamento riflesso e lo schema dello
strisciamento riflesso. Locomozione = complesso sistema attraverso cui si controllano postura,
raddrizzamento e movimenti fasici; ciascuna di queste parti si influenza a vicenda per determinare un
risultato ottimale.
Castagnini > terapia neuro e psicomotoria su base neuro e psico evolutiva evocante schemi congeniti o
innati di carattere locomotorio mediante stimoli adatti in posture adeguate.

Intervento educativo speciale > progetto globale del percorso di sviluppo della persona con approcci
interdisciplinari e la collaborazione tra vari specialisti.
È importante che i genitori siano sempre coinvolti e messi a conoscenza dello stato di salute del bambino e
responsabilizzati rispetto alle azioni che anche loro possono mettere in atto.
Bisogna promuovere l’integrazione in ambienti sociali stimolanti da un punto di vista cognitivo e affettivo;
occorre avere un occhio di riguardo verso la postura e non richiedere eccessivi sforzi motori.
-educare a mangiare > educazione-abilitazione all’alimentazione “per bocca”, che permetta di abbandonare
l’uso del sondino
-educare a parlare > porre basi tra cui: la possibilità di esprimersi da sé, educare ad una corretta
respirazione, attivazione e riabilitazione della muscolatura oro-bucco-facciale, imitazione della mimica
facciale altrui, correzione di eventuali problematiche uditive
-educare all’esperienza > necessità di favorire tutti i movimenti a lui possibili e stimoli in rapporto alle sue
capacità di apprendere favorendo l’esplorazione dell’ambiente
-educare alla letto-scrittura e al far di conto > valutare quanto siano compromessi i movimenti globali in
particolare degli arti superiori.

Conclusione > attenta valutazione di ogni aspetto al fine di una corretta impostazione degli interventi
educativi; necessario intervento tempestivo e precoce.

Lesioni cerebrali di origine traumatica > alterazioni delle strutture nervose dell’encefalo, causate da un
impatto esterno o da un movimento improvviso e violento del capo; possono determinare perdita di
coscienza e altri disturbi neurologici transitori/permanenti.
A livello medico c’è differenza tra trauma cranico (non comporta alterazioni dello stato di coscienza) e
trauma encefalico (comporta alterazioni). Quando lo si vuole descrivere si usano tre gradi: lieve, moderato,
grave attribuiti mediante la scala di Glasgow: sopra i 12 punti lieve, tra 9 e 12 moderato, uguale o inferiore
a 8 grave; in altri casi si usa la lunghezza del coma come fattore di valutazione (leggero se meno di 30
minuti e gravi più di 24 ore).

Patogenesi > due tipi di lesione:


-se non produce edema cerebrale o emorragia intracranica non si ha il coma
-se si produce emorragia si ha lo schiacciamento del cervello

Manifestazioni cliniche > sono 3:


-lesioni dirette = alterazioni cranio-encefaliche dovute direttamente all’impatto; sono:
commozione cerebrale > arresto transitorio dell’attività cerebrale provocato da un movimento improvviso
delle formazioni contenute nel cranio che non causa lesione delle strutture nervose. Causa perdita di
coscienza per massino 30 minuti di cui non si ricorda al risveglio.
contusione cerebrale > distruzione di materiale nervoso o piccole emorragie all’interno del cervello. I
sintomi dipendono dalla localizzazione ed estensione della lesione: perdita di coscienza, amnesia, disturbi
neurologici.
lacerazione cerebrale > lacerazione delle meningi, della corteccia cerebrale ed emorragia nello spazio
subaracnoideo.
ematomi > derivano da una raccolta ematica formatasi per rottura di vasi sanguigni che può comprimere le
strutture nervose. Può impiegare molto tempo a formarsi e da ciò dipende l’esistenza di un intervallo lucido
durante cui il soggetto è cosciente ma entra in coma improvvisamente. Vi sono diversi tipi di ematomi quali:
l’ematoma cerebrale (accumulo di sangue all’interno del cervello), ematoma subdurale (accumulo di
sangue nello spazio subaracnoideo), ematoma extra-durale (accumulo di sangue tra le meningi e il cranio).
fratture > interessano la teca cranica; può essere: lineare (interessa il solo punto di contatto), basilare (la
linea di frattura raggiunge la base cranica), affondata (i frammenti comprimono l’encefalo).
paralisi dei nervi cranici > per lesione diretta o compressione interessa il nervo
olfattivo/ottico/oculomotore/facciale.

Lesioni secondarie =alterazioni cerebrali conseguenti a disturbi circolatori/metabolici/infezioni; sono:


ipertensione endocranica > la pressione endocranica è la risultanza del volume di tre componenti
(parenchima nervoso, liquor cefalo-rachidiano e vasi sanguigni); l’aumento di pressione comporta profonde
modificazioni dello stato di equilibrio: ogni aumento di volume deve essere compensato dalla riduzione di
un altro altrimenti si avrà lo sviluppo dell’ipertensione endocranica.
I traumi cranici determinano l’ipertensione per: edema o contusioni.
Possibili conseguenze possono essere: riduzione del flusso ematico cerebrale, compressione del
microcircolo e dislocazione delle strutture cerebrali con formazione di ernie.
Edema > aumento della componente acquosa del tessuto nervoso
ischemia-anossia > rallentamento del circolo e compressione dei vasi sanguigni
igroma > raccolta ematica di liquor nello spazio sotto-durale
brain-swelling > aumento del volume ematico cerebrale
disturbi metabolici > alterazioni delle strutture diencefalo-ipofisarie e del tronco encefalico

Sequele post-traumatiche = esiti della lesione cerebrale; possono manifestarsi sotto forma di disturbi
motori, della sensibilità, del linguaggio, delle funzioni cognitive; possono verificarsi anche disturbi della
personalità.

Esiti e intervento educativo > un soggetto con TC attraversa tre fasi: la salvaguardia della vita, la
riabilitazione e il reinserimento sociale; i momenti cruciali sono tre: la fase acuta (dal trauma alla
stabilizzazione delle funzioni vitali), la fase post-acuta (il paziente raggiunge una condizione stazionaria
delle menomazioni residue), la fase degli esiti (impatto sociale della malattia).
L’intervento può essere progettato già dalla fase acuta fornendo stimolazioni piacevoli, ricche di significato
emotivo ed affettivo.
Nella fase post-acuta il soggetto mantiene la vigilanza per buona parte della giornata, ha un livello di
attenzione di alcuni minuti, risponde agli stimoli, parla; ma può anche risultare apatico, arrabbiato,
piangere o ridere incontrollatamente. È importante rispettare i tempi del soggetto.
Nella fase degli esiti il primo ostacolo che incontriamo è il cambiamento del soggetto dal punto di vista
fisico e psicologico: il modo di interagire può cambiare e questo può destabilizzare i parenti che non devono
trasmettere ansia al paziente; gli aspetti problematici si riferiscono a:
-difficoltà di movimento/coordinazione
-difficoltà cognitive
-problemi comportamentali-neuropsicologici
-problemi psicosociali
La riabilitazione deve occuparsi della persona nella sua interezza per tutto il percorso di recupero delle
funzioni danneggiate. Da un punto di vista educativo il problema è la capacità di ottenere una
soddisfacente integrazione del soggetto nel suo contesto di vita.
Per un migliore risultato riabilitazione e rieducazione devono andare di pari passo: è importante tendere
alla ricostruzione di un senso d’identità personale in cui il sé attuale e quello precedente possano integrarsi
in una rinnovata e positiva visione di sé, sia nel presente che nel futuro.

Malattie degenerative: il caso della distrofia muscolare di Duchenne e di Becker


distrofia muscolare = diverse malattie derivanti dalla genetica e che causano danni progressivi alla
muscolatura causati dalla riduzione di massa muscolare.
distrofia muscolare di Duchenne (DMD) = sviluppo normale fino ai 2 anni quando iniziano ad apparire i
primi disturbi motori. L’anomalia genetica è riscontrata nel malfunzionamento del gene della distrofia che
causa la malattia facendo venire a mancare la Distrofina (proteina che ha la funzione di “collante” che
permette alla membrana di aderire al materiale cellulare mantenendo la cellula muscolare intatta). Senza
tale sostanza la membrana diventa instabile e muore. Il contenuto delle cellule morte viene riversato
all’esterno dei tessuti muscolari e il sistema immunitario deve eliminare tali sostanze.
Tra le patologie correlate la cardiomiopatia rappresenta una costante, si possono avere difficoltà di
apprendimento.
distrofia muscolare di Becker = i ragazzi possono camminare fino all’adolescenza/età adulta; ancora non
esiste un trattamento adeguato.
Attraverso una diagnosi precoce e un’adeguata terapia si possono aumentare le capacità funzionali e la
sopravvivenza degli ammalati.
La logica educativa da seguire è quella che Larocca definisce “il recupero dell’intero nel frammento”:
l’intero è il valore della persona e la possibilità di realizzazione umana.
L’intervento educativo richiede la messa in campo di strategie di potenziamento dell’autostima e di stimolo
e sviluppo dell’autonomia personale; tra gli obiettivi da perseguire sono importanti le strategie di
comunicazione e di ascolto attivo e lo sviluppo di abilità sociali. Con questo occorre anche un buon accordo
con la famiglia.

Disabilità uditive e visive > art 24 comma 3 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità =
necessità di assicurare che l’istruzione delle persone, e in particolare di bambini ciechi ì, sordi o sordociechi,
sia erogata nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più appropriati per l’individuo e in
ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e lo sviluppo sociale.
A questo fine occorre conoscere le cause di tali malattie.
Un progetto educativo per questi bambini è necessario promuovere un percorso d’integrazione scolastica e
sociale.
Risulta fondamentale la conoscenza di base della psicologia dello sviluppo del soggetto con disabilità
sensoriale approfondendo le caratteristiche di apprendimento/comunicazione/relazione e conoscere la
rete dei servizi territoriali e delle istituzioni, conoscere gli elementi clinico-diagnostici.

Il deficit uditivo > sordità = carenza patologica nel ‘sentire’; disturbo della sensorialità espressione di una
lesione di varia natura che raramente è totale e per questo può essere chiamata ipoacusia o audiolesione.
Per affrontarlo è necessaria la conoscenza:
-della localizzazione della lesione uditiva
-della gravità del danno
-delle cause
-del periodo di insorgenza
-del periodo di insorgenza considerato in relazione con l’epoca di sviluppo del linguaggio

Eziologia delle sordità infantili > potrebbe avere la conseguenza di compromettere lo sviluppo della
comunicazione verbale. Fra le cause troviamo pre-natali (infettive o tossiche), peri-natali (ipossia o ittero),
post-natali (cause infettive/traumatiche e tossiche).
sordità congenita = indica le sordità embriopatiche, genetiche o da anossia e da asfissia neonatale.
I fattori che condizionano la riuscita dell’intervento rieducativo sono: l’entità del deficit, i suoi aspetti
qualitativi, le cause e l’evoluzione nel tempo della compromissione, lo stato intellettivo/emozionale del
soggetto, le capacità relazionali.
Le cause ereditarie si riferiscono ad anomalie genetiche e si manifestano in quadri sindromici che includono
anche altre alterazioni dello sviluppo.

Caratteristiche generali delle sordità ereditarie > possono essere congenite o insorgere in epoca pre-
scolare o nella seconda infanzia:
-sordità autosomica recessiva = figli affetti nati da genitori normodotati, pari distribuzione del rischio, non
conta la generazione
-sordità autosomica dominante = il responsabile è un solo gene (unione tra un soggetto sordo con gene
patologico e uno normale)
-sordità legata al sesso = gene localizzato su uno dei cromosomi sessuali della madre e colpisce solo i figli
maschi

Cause di sordità infantile > cause prenatali > eventuali cause patogene intervengono durante lo sviluppo
del feto;
-il complesso di TORCH > acronimo che raggruppa le quattro infezioni ritenute responsabili della sordità
pre-natale: Toxoplasmosi, Rosolia, Citomegalovirus e Herpes.
Toxoplasmosi = l’agente infettivo è un parassita del gatto che può stabilirsi nell’uomo per trasmissione
indiretta (mangiando carne infetta o verdure mal lavate) diretta (da madre a feto).
I rischi del contagio della madre possono portare alla more del feto o alla comparsa di malformazioni.
Rosolia = il responsabile è un virus che si comporta come un parassita delle cellule dell’organismo; risulta
dannoso se contratto durante la gravidanza.
Citomegalovirus = il contagio avviene con saliva, latte, urina e secreto vaginale; la diffusione è molto elevata
e può riattivarsi con l’indebolimento delle difese immunitarie.
L’herpes simplex virus = due varianti: una colpisce le mucose orali e l’altra colpisce i genitali.

cause perinatali > comprendono:


-asfissia = può avvenire al momento della nascita; la sordità può derivare da danni/alterazioni a livello del
SNC.
-ittero = sintomo caratteristico della Malattia Emolitica del Neonato (MEN): quando i livelli di bilirubina
superano un certo livello possono ledere il SNC poiché non si è ancora formata la barriera emato-
encefalica. Nel caso di ittero nucleare può comparire una sindrome neurologica che può ledere anche
l’apparato motorio ed intellettivo.

Cause post-natali > comprendono:


-parotite = malattia infettiva causata da un virus che colpisce i bambini fra i 5 e i 10 anni
-meningoencefalite = infiammazione delle meningi e del tessuto cerebrale
-morbillo = malattia esantematica tipica dell’infanzia
-farmaci ototossici = antibiotici aminoglicosidici il cui utilizzo in alte concentrazioni comporta un accumulo
nei liquidi labirintici
-traumi cranici = le fratture trasversali interessano l’orecchio interno mentre le fratture longitudinali
interessano l’orecchio medio
-danni uditivi di entità media = generano ritardi nello sviluppo del linguaggio parlato e alterano la
produzione di parole incidendo sulle capacità comunicative e relazionali del soggetto; i suoni vengono
percepiti come distorti e risentono dell’effetto del disturbo creato da rumori ambientali e voci di
sottofondo.
L’educatore può fare ricorso alle dislasie audiogene cioè distorsioni nella pronuncia di fonemi che
compaiono nella produzione del sordo con danni uditivi zonali localizzati dei toni gravi/acuti. Quando i toni
gravi sono compromessi il bambino ha difficoltà nella pronuncia di sillabe.

Sordità nell’età adulta: la oresbiacusia (e altre patologie)


Presbiacusia = invecchiamento delle funzioni uditive; altre cause di sordità nell’adulto sono:
-flogosi auricolari = fenomeni di infiammazione catarrali o purulente dell’orecchio medio catalogate sotto la
famiglia delle timpanosclerosi
-otosclerosi = processi patologici della capsula labirintica e dell’orecchio interno; il sintomo predominante è
la sordità bilaterale trasmessi per via aerea
-malattia di Ménière =alterazione dei meccanismi di produzione e di riassorbimento dei liquidi labirintici
con degenerazione degli elementi sensoriali, cocleari e vestibolari.

Problemi educativi > sentire = fenomeno fisiologico multisensoriale


udire = fenomeno psicologico e mentale che si realizza in presenza di un suono
ascoltare = attività mentale complessa; per “saper ascoltare” è necessario attivare
“attesa e concentrazione” per attivare processi neuropsicologici che consistono nell’interpretare i suoni e
dar loro significato.
Compito dell’educatore speciale è mantenersi aggiornato sull’evoluzione delle tecnologie informatiche e
dei programmi utilizzati nel lavoro educativo: egli deve inserirsi come facilitatore nello scambio di
informazione tra bambino sordo e contesto di apprendimento/relazione. Ambito specifico di lavoro sono le
specifiche difficoltà di apprendimento derivanti dalle difficoltà di comunicazione.
Educare all’ascolto implica capacità di intervenire sui processi mentali dell’interesse, della motivazione,
della ricerca di senso, della disponibilità all’ascolto.

Prospettive di sviluppo e ricerca in campo educativo > le neuroscienze hanno dimostrato che un aumento
delle stimolazioni ambientali determina un miglioramento delle prestazioni e genera un aumento dello
sviluppo cerebrale.
Nel caso di rieducazione all’ascolto del bambino sordo sono le dinamiche di ristrutturazione che devono
attirare l’attenzione dell’educatore poiché grazie ad esse si può mirare al miglioramento delle capacità di
ascolto.

Il deficit visivo > cecità e ipovisione > legge 138 del 3 aprile 2001 “Classificazione e quantificazione delle
minoranze visive norme in materia di accertamenti oculistici = due distinzioni per distinguere fra cecità e
ipovisione:
-la capacità di risolvere e percepire i dettagli di un oggetto (acuità o acutezza visiva);
-la porzione di spazio che un occhio immobile percepisce di fronte a sé (campo visivo).
La cecità può essere totale (quando il virus è assente o il campo visivo risulta inferiore al 3% rispetto al
normale) o parziale (il virus non supera 1/20 o il campo visivo risulta inferiore al 10% rispetto quello
normale).
Nell’ipovisione si distingue tra:
-ipovedenti gravi = acutezza visiva non superiore a 1/10
-ipovedenti medio-gravi = acutezza visiva non superiore a 2/10
-ipovedenti lievi = acutezza visiva non superiore a 5/10

Conseguenze delle disabilità visive sul piano educativo


L’uso dei sensi vicarianti > nel caso di perdita parziale/totale della vista gli altri organi di senso cominciano
a funzionare in maniera ausiliaria; ogni senso è specializzato nella percezione di una definita tipologia di
stimoli.

Percezione tattile e percezione visiva > l’esplorazione con le mani si estende su un campo percettivo e “a
portata di mano”; possiamo tuttavia riscontrare vantaggi quali:
-valutare temperatura e consistenza dell’oggetto;
-percepire il peso delle cose mobili;
-esplorazione della faccia retrostante gli oggetti;
I caratteri del senso tattile sono:
x stereoplastico = coglie la tridimensionalità dell’oggetto
x cinetico = l’oggetto deve essere colto mediante il movimento delle mani
x senso metrico = strumento di misurazione per eccellenza
x intenzionale = la persona disabile deve esplorarlo
x tende a tipicizzare e schematizzare
x analitico-strutturale = ristretto campo di osservazione

L’udito e l’olfatto > ruolo di “ricettori” nella relazione del soggetto con l’ambiente; hanno entrambi basso
potere di selettività poiché non consentono di “selezionare” una vasta gamma di informazioni e risentono
del variare degli agenti atmosferici.
Caratteri dell’ipovisione e attenzioni educative > sevi è un minimo di vista va preservata e adeguatamente
stimolata con un’appropriata riabilitazione visiva; bisogna capire quanto quella persona vede e soprattutto
come e cosa vede. In questi casi è utile redigere un protocollo di osservazione dell’allievo che tenga conto:
movimenti oculari (come tiene gli occhi, segue con lo sguardo, muove la testa, mantiene lo sguardo fisso),
tempi di attenzione, svolgere attività organizzate dagli adulti e per quanto, osservarlo mentre gioca,
percezione immagini.
È importante osservare la distanza tra capo e foglio, l’inclinazione a destra o sinistra, il prevalente utilizzo di
un occhio.
L’analisi delle reazioni alla variazione di luce sono utili ad evidenziare in quali condizioni può trovarsi in
difficoltà o mostrare disagio.
Particolare cura richiede la valutazione della lettura (usa occhiali, testi ingranditi, vede cartelloni o la
lavagna; vanno valutati anche la fluidità/chiarezza/velocità nel leggere) e della scrittura (come scrive,
dimensione caratteri, tipo di quaderni utilizzati, se rispetta il rigo, con quale mano impugna la penna; vanno
valutati la leggibilità, armonia e fluidità dei caratteri e la correttezza ortografica) da cui possono emergere
informazioni importanti sul funzionamento della vista.

Progetto di vita >il paziente va educato in un’ottica di autonomia e indipendenza. I primi interventi devono
partire dalla famiglia che deve incentivare percorsi di esplorazione ed autonomia già dalla tenera età.
La cooperazione con i genitori assume rilevanza fondamentale per un programma di intervento precoce: la
mediazione educativa interviene per favorire l’adattamento dell’intervento a una data tipologia di famiglia.

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