Handicap > deriva dall’inglese e significa “svantaggio”, per traslato ha assunto il significato di “condizione di
svantaggio, conseguente a una menomazione o a una disabilità” > quando il termine è usato in pedagogia
speciale il significato prende una direzione specialistica che guarda ai problemi e alle difficoltà di sviluppo di
coloro che vivono una condizione di limite dovuta a problemi di salute.
Nel linguaggio pedagogico il termine rimanda a un problema educativo che può trovare soluzione
nell’applicazione di specifici interventi educativi e che diviene condizione di svantaggio solo lela persona
con deficit non sia adeguatamente supportata.
Nel 1980 l’OMS pubblicò la prima Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli
Svantaggi Esistenziali (I-CIDH) che distingueva tre livelli:
1. Menomazione > qualsiasi perdita o anomalia permanente a carico di una struttura anatomica o di una
funzione fisiologica/psicologica o anatomica;
2. Disabilità > qualsiasi limitazione o perdita delle capacità di compiere un’attività di base nei modi
considerati normali per un essere umano
3. Handicap > condizione di svantaggio, conseguente a menomazione, che limita o impedisce
l’adempimento di un ruolo sociale considerato normale rispetto all’età, al sesso, al contesto
socioeconomico.
Successiva classificazione > ICIDH-2 > raggruppa in modo sistematico gli stati funzionali associati alle
condizioni di salute > necessità di guardare all’handicap come espressione di una complessa serie di fattori,
interpretabile correttamente solo attraverso un approccio multiprospettico ai problemi della disabilità,
integrando in un unico aspetto l’approccio biologico, individuale e sociale della salute.
ICF > promulgato dall’OMS il 22 maggio 2001 > documento che racchiude questa trasformazione
concettuale > il modello interpretativo inquadra la disabilità attraverso l’analisi del funzionamento umano:
il deficit o la menomazione, da soli, non giustificano l’apparire di una condizione di disabilità; sono le
modalità con cui entrano in relazione condizioni di salute e fattori ambientali e personali che determinano
la qualità del funzionamento del soggetto nel suo contesto di vita.
Questo modello rivaluta significativamente il ruolo e le funzioni educative delle persone e dell’ambiente:
anche in presenza di deficit l’educazione può promuovere percorsi di sviluppo umano idonei a migliorare la
qualità della vita delle persone.
2. significato e valore del termine handicap nel linguaggio della pedagogia speciale
1. Il deficit non è l’handicap
Il deficit indica un danno irreversibile, la perdita/alterazione di strutture e funzioni psicologiche/fisiologiche;
l’handicap è la conseguenza contenuta o aggravata dall’impatto con l’ambiente. Il prodotto sociale più
nocivo che può derivare dall’avere un deficit è la situazione di handicap ossia “l’emarginazione, lo
svantaggio esistenziale, l’esclusione e la discriminazione negativa.
Mantenerli distinti è funzionale anche per procedere verso ulteriori riflessioni e nuovi approcci inerenti al
problema dello sviluppo umano in presenza di particolari condizioni di salute.
Indotto > rilevabile anche in assenza di deficit, riconducibile a condizioni esterne al soggetto è espressione
delle forme e dei modi con cui anche il contesto di vita può incidere negativamente sul percorso di sviluppo
umano.
Il problema a cui ci si riferisce quando si parla di handicap connaturato rimanda a una difficoltà che riguarda
l’educazione.
Nel distinguere deficit connaturato da indotto il pedagogista speciale stabilisce due campi d’azione: uno
mira al trattamento educativo delle difficoltà correlate al deficit, l’altra mira al trattamento educativo delle
difficoltà indotte dall’ambiente. In entrambi la finalità è promuovere percorsi di sviluppo umano.
L’analisi del deficit in assenza di uno sguardo che ne colga le ricadute educative finisce per assumere i
caratteri di un’azione riabilitativa; l’ottica è di promuovere la persona in modo globale che,
indipendentemente dal deficit, può e deve divenire personalità. L’intervento dell’educatore speciale
consiste nell’agire sul deficit, ambito di competenza medico-sanitaria, ma sulla specifica difficoltà
connaturata al deficit al fine di promuovere nel soggetto la massima autonomia personale possibile.
3. Lo studio di caso
Si intende sia il processo utilizzato per l’indagine del caso che il prodotto finale di tale percorso.
È un metodo di ricerca simile a un’indagine di tipo empirico, che studia un determinato fenomeno nel suo
contesto di vita.
Caso = unità autonome con caratteristiche di unitarietà e specificità, delimitate in termini di spazi ed attori.
Questo modello di ricerca si caratterizza per essere:
-particolaristico > focalizzato su una situazione ben definita
-descrittivo > i prodotti finali descrivono riccamente l’indagine (testi narrativi, citazioni, documenti)
-euristico > comprensione del fenomeno da parte del ricercatore
Nella pratica il ricercatore deve selezionare i dati che considera rilevanti per descrivere il caso e
comprendere le motivazioni alla base dell’agire.
studio sul caso singolo > utile per osservare ed analizzare fenomeni unici > esplorativo = serve per chiarire e
migliorare la conoscenza del disegno di ricerca; descrittivo = descrizione di eventi educativi.
Vantaggi: -se indagini molto approfondite offrono elementi di conoscenza fondamentali
-permette di considerare le persone nella loro individualità
-utile per esaminare esempi rari e situazioni difficili
Limiti: -i casi scelti possono non essere rappresentativi
-gli interessi del ricercatore possono influire
-costo elevato
2. Preparazione e scelta delle tecniche di raccolta dei dati > è necessario scegliere la strategia di lavoro e le
tecniche di raccolta che s’intendo utilizzare.
Le tecniche più utilizzate sono documenti, registrazioni, interviste, osservazione diretta > vanno utilizzate in
modo combinato per arrivare a una conoscenza più ampia e approfondita possibile.
È utile utilizzare la “triangolazione metodologica” che consiste nel ricorrere a varie tecniche di raccolta con
l’obiettivo di ottenere più forme di espressione.
3. Analisi dei dati > da significato a quanto raccolto; si tratta di stabilire una serie di legami focalizzando
l’attenzione sul come e perché si sono potute produrre le condizioni analizzate.
4. Stesura del rapporto finale > caratteristica fondamentale è la sua significatività ai fini della ricerca; si
tratta della descrizione e dell’analisi del caso, deve contenere resoconti multipli.
Le mappe logico-esponenziali
Rappresentazione grafica di ciò che si reputa essere un possibile processo di sviluppo umano; la mappa si
configura come una micro-teoria pedagogica e va sottoposta a continui processi di falsificazione.
L’analisi di un termine disposizionale comporta l’esplicazione di quelli che sono i fattori rilavanti ai fini della
sua manifestazione. Si tratta di una teoria che descrive una finalità come disposizione e deduce disposizioni
da essa implicate.
Una volta individuate le disposizioni da perseguire tramite l’intervento educativo si enucleano le
sottodisposizioni implicate.
-componente scientifico-umana > fa riferimento alle scienze che consentono di stabilire gli specifici rapporti
tra l’instaurarsi di una capacità umana e il percorso evolutivo sottostante; hanno un ruolo decisivo le
neuroscienze
-componente contenutistica > riferita al contenuto della disposizione; comporta una conoscenza
approfondita della materia
-componente deontica > data dal diritto/dovere di scegliere e di fare per il soggetto in educazione tutto ciò
che risulta fondamentale per garantirgli il massimo di possibilità di sviluppo umano = il diritto dell’educando
è di svilupparsi come essere umano e il nostro di educatori è di individuare le migliori modalità affinché ciò
accada
-l’utilizzo da parte dell’educatore delle mappe > possibili utilizzi:
x effettuare una diagnosi disposizionale: processo di osservazione per individuare i requisiti già presenti
x individuazione dell’obiettivo iniziale: si stabilisce il punto di partenza del lavoro educativo speciale
x scelta delle catene attuative (prognosi disposizionale) > processo attraverso cui l’educatore speciale
stabilisce il percorso che intende seguire
x azione mirata > scelta delle modalità educative più idonee
x verifica dell’azione ed eventuale falsificazione della mappa > la mappa è valida se al termine del lavoro
educativo l’educando mostra di aver acquisito la capacità posta al vertice della mappa; se ciò non avviene la
mappa va modificata/sostituita attraverso la costruzione di un’ipotesi idonea a spiegare perché non abbia
funzionato e trovare altre soluzioni.
-ereditarietà legata al sesso: i determinanti sono localizzati sui cromosomi del sesso
La sindrome di Klinefelter
Anomalia da ricondurre a una mutazione del patrimonio genetico consistente nella presenza di un
cromosoma sessuale x in più.
L’effetto principale è un difettoso sviluppo delle gonadi; non viene quasi mai individuato prima della
pubertà.
I bambini affetti da questa sindrome sono in genere alti, magri, presentano arti inferiori relativamente
lunghi rispetto al tronco, testicoli piccoli in rapporto all’età; da un punto di vista psicologico possiamo
evidenziare problemi di adattamento psicosociale, difficoltà di apprendimento, immaturità, eccessiva
timidezza/aggressività, poca tolleranza alle situazioni di stress.
Da un punto di vista educativo il bambino incontra difficoltà di sviluppo del linguaggio (articolazione delle
parole, espressione); la difficoltà maggiore riguarda lo sviluppo del linguaggio espressivo ossia l’abilità di
tradurre pensieri/idee in parole.
Il lavoro educativo speciale deve privilegiare momenti di individualizzazione del compito (con minimo
stress), affrontare un solo argomento per volta.
La sindrome di Williams
Si associa a particolari caratteristiche del viso e organismo: scarsa crescita, fronte ampia, sopracciglia rade,
strabismo, guance cadenti, labbra grosse, anomalie dentarie, voce roca, collo allungato, spalle curve,
andatura goffa.
Da un punto di vista neuropsicologico si riscontrano ritardo nello sviluppo psicomotorio e nella produzione
verbale, deficit intellettivo, difficoltà di concentrazione.
La diagnosi è ottenibile mediante indagine genetica e se precoce può portare alla predisposizione di
interventi volti al trattamento educativo speciale dei problemi della cognitività e della socialità
Sul piano delle relazioni sociali il loro comportamento è inusualmente amichevole caratterizzato da
adesività; unito a ciò si presenta iperattivo e presenta comportamenti ossessivi, fobici e ansiosi.
Durante il periodo della scuola possono affiorare problematiche quali ritardo nella coordinazione motoria,
difficoltà nelle attività quotidiane, difficoltà nella scrittura/lettura/comprensione di testi e nell’esposizione
orale, difficoltà logiche e di attenzione, tendenza all’impulsività. Di contro sembrano particolarmente
predisposti alla musica e alle lingue straniere.
Manifestano difficoltà a intraprendere e mantenere rapporti con i coetanei.
Da un punto di vista educativo si evidenziano difficoltà di autonomia personale e di adattamento; sin dai
primi mesi di vita sono osservabili ritardi nello sviluppo motorio, cognitivo e comunicativo che richiedo
interventi specifici ed educativi precoci.
La sindrome dell’x-fragile
Anomalia dei cromosomi sessuali: interessa in particolare l’espressione di triplette nucleotidiche (gruppo di
tre molecole) ripetute consecutivamente.
È la più comune causa di ritardo mentale ma si riscontra anche in persone con un QI nella norma.
Le principali manifestazioni cliniche nel maschio sono: ritardo mentale, caratteristiche conformazioni
facciali, irritabilità durante l’infanzia, reflusso gastroesofageo; fra le caratteristiche comportamentali
osserviamo sfarfallio alle mani, mordersi le mani, scarso contatto visivo e perseveranza nel linguaggio.
È stato individuato un consistente ritardo diagnostico; per quanto riguarda l’intervento educativo speciale,
troviamo nelle persone affette da tale sindrome alcune problematiche che ostacolano il processo
educativo:
-problematiche di tipo sensoriale > alcune informazioni vengono percepite come amplificate e vi sono
deficienze nell’inibizione degli stimoli > sarà opportuno studiare strategie per ridurre l’eccessiva
stimolazione sensoriale che provoca disturbi di attenzione, iperattività e disturbi nel rapporto con la realtà
circostante;
-difficoltà nel linguaggio e nel rapporto interpersonale > difficoltà nel rivolgersi in modo diretto
all’interlocutore; è possibile aiutare l’acquisizione del linguaggio iniziando un percorso educativo-
riabilitativo per poi passare a un’apposita riabilitazione logopedia;
-ipotonia > un’opportuna riabilitazione evita la goffaggine e l’impaccio motorio che potrebbe aggravare la
condizione di disabilità.
L’intervento riabilitativo deve mirare a far raggiungere alla persona obiettivi di autonomia nella vita
quotidiana partendo dalla cura personale fino ai rapporti interpersonali.
La sindrome di Down
Meglio conosciuta come trisomia 21: i soggetti sono portatori di 47 cromosomi in conseguenza di una non-
disgiunzione nella fase meiotica (presentano nel cromosoma 21 una triplice copia). La trisomia può essere
di due tipi: primaria omogenea quando è presente in tutte le cellule della persona; primaria a mosaico
quando è presente solo in parte delle cellule.
Non è una sindrome ereditaria e il fattore di rischio principale è stato finora identificato nell’età della
madre.
I segni clinici, già presenti dalla nascita, sono: iperestensibilità articolare, ipotonia muscolare, profilo piatto,
orecchie dismorfiche, testa corta e larga, bocca semiaperta, lingua grande che causa disturbi nella
dentazione, nella nutrizione ed anche nel linguaggio. Diverse sono le patologie associate: cardiopatie,
malformazioni gastrointestinali, problemi nella dentazione, patologie oculari e nell’udito.
Per quanto riguarda lo sviluppo del sistema nervoso centrale appare alterata la differenziazione della
corteccia cerebrale nell’area motoria; lo sviluppo cognitivo risulta ritardato rispetto alla norma con possibili
disturbi nella memoria a breve termine.
I tempi di sviluppo sono generalmente più lunghi e con performance non ottimali: i problemi di linguaggio si
evidenziano maggiormente quando il linguaggio passa da semplice funzione espressiva a mezzo di
comunicazione del pensiero.
Da un punto di vista educativo la lentezza nella comunicazione interattiva risulta la difficoltà tipica delle
persone affette da tale sindrome.
Disturbo autistico > stato di chiusura in sé stessi che caratterizza il comportamento di certi soggetti.
Caratteristica fondamentale dei bimbi osservati è l’incapacità di mettersi in rapporto con l’ambiente nei
modi tipici dell’età e fin dai primi mesi di vita; questi bambini tendevano a isolarsi, a non percepire segnali
relazionali esterni; questi bambini inoltre non assumevano la corretta posizione per essere presi in braccio,
alcuni apprendevano il linguaggio ma non comunicavano con gli altri in modo adeguato.
Un’altra caratteristica evidenziata fu la preoccupazione ossessiva per il mantenimento dell’immutabilità
degli ambienti e delle abitudini.
A livello cognitivo presentano buone capacità in ambiti specifici.
Negli anni 60 il quadro clinico di questi bambini fu modificato da Rutter che individuò alcuni sintomi tipici di
questa sindrome: problemi nel costruire rapporti sociali, ritardo del linguaggio e ritualità compulsiva; scoprì
inoltre che circa i tre quarti dei bimbi presentavano anche ritardo mentale.
-classificazione dell’OMS (ICD-10) > International Classification of Diseases =classificazione delle malattie
curata dall’OMS con sezione dedicata ai disturbi psichiatrici nella categoria delle ‘sindromi da alterazione
globale dello sviluppo, che comprende molte sindromi sovrapponibili a quelle dei disturbi generalizzati
dello sviluppo descritte dal DSM IV.
-classificazione francese (CFTMEA) > sviluppata da Centro A. Binet nel 1968 e rivista nel 1988 >
Classification Franꞔaise des Troubles Mentaux de l’Enfant et de l’Adolescent = distingue la categoria
generale della psicosi in 10 sottocategorie:
1. Autismo infantile precoce tipo Kanner > quadro omonimo descritto nel ‘43
2. Altre forme di autismo infantile > non sono presenti tutti i tratti caratteristici o l’esordio è tardivo
3. Psicosi deficitarie precoci;
4. Disarmonie psicotiche;
5. Psicosi di tipo schizofrenico che iniziano nell’infanzia;
6. Psicosi di tipo schizofrenico che iniziano nell’adolescenza;
7. Psicosi distimiche;
8. Psicosi acute;
L’approccio psicodinamico > Bettelheim fu uno dei primi studiosi ad occuparsi di psicosi infantili
sviluppando il concetto di “madre frigorifero” per descrivere un tipo di rapporto caratterizzato da carenza
di contatto fisico, pratiche alimentari anomale, difficoltà nel linguaggio/contatto con il figlio; da qui la
patologia aveva origine da un fallimento relazionale.
Uno dei lavori più citati è l’opera di Margareth Mahler > interpreta la psicosi come il risultato di una serie di
insuccessi durante il processo di individualizzazione > l’autismo si configura come una fase precoce dello
sviluppo caratterizzata dalla non differenziazione tra bambino e madre che precede lo sviluppo dell’identità
soggettiva. Se non avviene la separazione dalla madre si produce l’autismo in senso psicopatologico inteso
come punto di arresto nella maturazione del soggetto alla fase dell’indifferenziazione.
L’autrice descrive due quadri psicopatologici corrispondenti a due momenti della separazione-
individuazione:
-psicosi autistica primaria
-autismo simbiotico.
Manzano e Palacio-Espasa, invece, distinguono fra:
-autismo primario e secondario
-psicosi simbiotica di Mahler
-psicosi precocemente deficitaria
-psicosi disorganizzatrice
Questa distinzione è definita operazionale e la descrizione/analisi prendono in considerazione l’evoluzione
delle psicosi infantili e il passaggio da un quadro all’altro.
Manifestazioni cliniche > l’autismo si manifesta prima del 30 mese di vita con scarso sviluppo delle capacità
di comunicazione verbale e non, alterazione del modo di parlare, incapacità di sostenere una
conversazione, alterazione nell’attività ludica, mancanza di coinvolgimento emotivo e incapacità di
stringere legami.
I bambini tendono spesso ad isolarsi e giocare da soli, hanno comportamenti ritualizzati che se interrotti
causano eccessi di collera.
I deficit di linguaggio e di socializzazione rendono difficile ottenere una stima precisa del potenziale
intellettivo del bambino.
Nella considerazione dell’autismo è essenziale il concetto di conflitto motivazionale > riguarda il
comportamento di una persona che, durante un incontro, manifesta la presenza contemporanea di due
comportamenti reciprocamente escludenti (avvicinarsi/allontanarsi). Tale dinamica spiega:
-l’evitamento visivo/uditivo/corporeo > spinta alla fuga
-linguaggio alterato > evitante poiché non diretto
-mantenimento dell’ambiente sempre uguale > insicurezza nell’affrontare la realtà.
L’educatore deve entrare in questo ambiente ambivalente per consentire al soggetto un equilibrio e
un’iniziale individualità; le attività che si possono proporre devono divenire occasione di incontro e dialogo.
Eziologia > molti studi si sono concentrati sull’analisi neurochimica connettendo l’autismo ad anomalie dei
mediatori chimici delle sinapsi cerebrali = cause ricondotte ad anomalie del funzionamento della dopamina,
nel metabolismo delle catecolamine, nell’aumento dei livelli di serotonina. Altre ipotesi furono lesioni
cerebrali, costituzione fragile…
Gli autori Tustin, Meltzer e Reid ipotizzano una causa multifattoriale.
Da un punto di vista cognitivo le ricerche di Leslie evidenziano che le persone con autismo non possiedono
una “teoria della mente” ovvero la capacità di rappresentare stati mentali/pensieri/emozioni di altre
persone.
In base alla teoria della simulazione mentale questi bambini non riescono a relazionarsi con gli altri poiché
in loro è alterato il funzionamento dei “neuroni specchio” (circuiti nervosi che sono alla base della capacità
di comprendere e riprodurre le azioni altrui); questo incide anche sullo sviluppo affettivo-emozionale.
Si parla anche di disturbi dello spettro autistico (ASD).
Ricerche recenti mettono in evidenza come l’autismo dipenda dalla concomitanza di diverse condizioni
pre/peri/post natali.
Una proliferazione di metodi e programmi educativi e terapeutici > alcuni si indirizzano verso lo sviluppo
di abilità che sostituiscano le disfunzioni; altri verso la creazione di ambienti di apprendimento stimolanti
costruiti sui loro specifici bisogni.
I programmi migliori stimolano gli interessi del bambino, offrono programmi prevedibili, indicano gli
obiettivi da raggiungere. Un risultato maggiore si ottiene dal coinvolgimento dei genitori in terapie che si
possono continuare a casa.
Un programma di lavoro particolarmente diffuso è quello elaborato da Lovaas > intervento precoce
nell’ambiente di vita del bambino e con il coinvolgimento diretto dei parenti > il programma si basa
sull’insegnamento sistematico di piccole unità comportamentali.
Da un punto di vita farmacologico i neurolettici si sono rilevati efficaci nel ridurre condotte autolesive,
aggressività, comportamento stereotipato e isolamento sociale.
L’intervento educativo deve essere globale e lungo tutto l’arco della vita.
Il ritardo mentale > problema inerente il generale sviluppo del soggetto; problemi/difficoltà che rientrano
nel quadro delle psicopatologie.
Con questo termine si identificano problemi presenti in soggetti con ritardo dello sviluppo intellettivo e
riconducibili a fattori ambientali, medico generali, sindromi genetiche il cui effetto riguarda il
funzionamento del soggetto rispetto alla sua età anagrafica. Non fa riferimento a un quadro clinico definito
ma a varie situazioni che hanno come fattor comune il fatto che nel soggetto siano presenti processi
intellettivi più o meno disfunzionali rispetto a contesti/situazioni che richiedono capacità di problem
solving.
Si manifesta in diversi modi; la diagnosi prevede la somministrazione di test generali di intelligenza per
ricavare il QI. Il soggetto può migliorare ma ciò dipende dalla condizione organica, dallo stato psicologico
nell’ambito affettivo-relazionale e dall’ambiente di appartenenza.
Gli interventi educativi devono tener conto anche della componente sociale > fare esperienza > progettare
dispositivi educativi attraverso cui mettere in contatto la persona con la realtà del problema da affrontare.
Dispositivo educativo = insieme dinamico di tutti gli elementi presenti sulla scena educativa e delle idee che
la determinano.
“mettere in situazione” serve a creare nuove capacità ed il risultato dipenderà dal riuscire a sfruttare al
meglio l’esperienza vissuta.
Classificazioni > in base all’ICD-10 il ritardo mentale è una condizione di interrotto/incompleto sviluppo
psichico caratterizzata dalla compromissione di abilità che si manifestano nel periodo evolutivo.
Secondo il DSM IV la caratteristica fondamentale è un funzionamento intellettivo generale al di sotto della
madia accompagnato da limitazioni che possono interessare la comunicazione, la cura personale, vita in
famiglia/società.
L’intervento educativo > deve tener conto dell’entità del ritardo, della situazione specifica del soggetto,
della compresenza di altri deficit. È necessario che l’educatore conosca a fondo la storia di vita del soggetto,
deve saper analizzare le modalità specifiche del suo funzionamento intellettivo.
L’azione educativa si deve concentrare sulle difficoltà del comportamento adattivo cioè sullo sviluppo delle
competenze che rendono l’individuo capace di adattarsi all’ambiente; questo può essere influenzato da vari
fattori come l’istruzione, la motivazione, la personalità.
L’intervento si deve sviluppare su vari livelli:
-cognitivo > miglioramento delle capacità di memoria/concentrazione/attenzione
-emotivo, affettivo e relazionale
-autonomia personale > comunicazione/orientamento/movimento
-partecipazione sociale
-miglioramento della consapevolezza rispetto ai propri processi cognitivi e di controllo > messa in campo di
esperienze idonee affinché apprenda l’utilizzo di strategie per risolvere problemi e migliorano l’autostima e
la percezione di sé.
Educare alla sessualità > se il bisogno sessuale viene ignorato o negato intraprende percorsi di sviluppo che
talvolta possono essere motivo di sofferenza sia per la persona con ritardo che per chi lo circonda.
L’educazione di sessuale di queste persone ha l’obiettivo di offrire alla persona le condizioni affinché tale
dimensione dello sviluppo divenga parte integrante della coscienza di sé.
Paralisi cerebrale infantile > turba persistente, ma non immutabile, dello sviluppo della postura e del
movimento, dovuta ad alterazioni della funzione cerebrale, per cause pre/peri/post natali, prima che se ne
completi la crescita e lo sviluppo. Un costante e corretto intervento terapeutico può modificare le
manifestazioni cliniche in senso positivo.
Il disturbo più evidente è il ritardo motorio che può essere accompagnato da altri disturbi.
PCI > per paralisi di dovrebbe intendere paresi (paralisi non totale) che ha diverse manifestazioni quali
spasticità, distonia, atassia…; per cerebrale si dovrebbe intendere encefalica (cambia la localizzazione); per
infantile si dovrebbe intendere che il danno p intervenuto precocemente.
Intervento educativo speciale > progetto globale del percorso di sviluppo della persona con approcci
interdisciplinari e la collaborazione tra vari specialisti.
È importante che i genitori siano sempre coinvolti e messi a conoscenza dello stato di salute del bambino e
responsabilizzati rispetto alle azioni che anche loro possono mettere in atto.
Bisogna promuovere l’integrazione in ambienti sociali stimolanti da un punto di vista cognitivo e affettivo;
occorre avere un occhio di riguardo verso la postura e non richiedere eccessivi sforzi motori.
-educare a mangiare > educazione-abilitazione all’alimentazione “per bocca”, che permetta di abbandonare
l’uso del sondino
-educare a parlare > porre basi tra cui: la possibilità di esprimersi da sé, educare ad una corretta
respirazione, attivazione e riabilitazione della muscolatura oro-bucco-facciale, imitazione della mimica
facciale altrui, correzione di eventuali problematiche uditive
-educare all’esperienza > necessità di favorire tutti i movimenti a lui possibili e stimoli in rapporto alle sue
capacità di apprendere favorendo l’esplorazione dell’ambiente
-educare alla letto-scrittura e al far di conto > valutare quanto siano compromessi i movimenti globali in
particolare degli arti superiori.
Conclusione > attenta valutazione di ogni aspetto al fine di una corretta impostazione degli interventi
educativi; necessario intervento tempestivo e precoce.
Lesioni cerebrali di origine traumatica > alterazioni delle strutture nervose dell’encefalo, causate da un
impatto esterno o da un movimento improvviso e violento del capo; possono determinare perdita di
coscienza e altri disturbi neurologici transitori/permanenti.
A livello medico c’è differenza tra trauma cranico (non comporta alterazioni dello stato di coscienza) e
trauma encefalico (comporta alterazioni). Quando lo si vuole descrivere si usano tre gradi: lieve, moderato,
grave attribuiti mediante la scala di Glasgow: sopra i 12 punti lieve, tra 9 e 12 moderato, uguale o inferiore
a 8 grave; in altri casi si usa la lunghezza del coma come fattore di valutazione (leggero se meno di 30
minuti e gravi più di 24 ore).
Sequele post-traumatiche = esiti della lesione cerebrale; possono manifestarsi sotto forma di disturbi
motori, della sensibilità, del linguaggio, delle funzioni cognitive; possono verificarsi anche disturbi della
personalità.
Esiti e intervento educativo > un soggetto con TC attraversa tre fasi: la salvaguardia della vita, la
riabilitazione e il reinserimento sociale; i momenti cruciali sono tre: la fase acuta (dal trauma alla
stabilizzazione delle funzioni vitali), la fase post-acuta (il paziente raggiunge una condizione stazionaria
delle menomazioni residue), la fase degli esiti (impatto sociale della malattia).
L’intervento può essere progettato già dalla fase acuta fornendo stimolazioni piacevoli, ricche di significato
emotivo ed affettivo.
Nella fase post-acuta il soggetto mantiene la vigilanza per buona parte della giornata, ha un livello di
attenzione di alcuni minuti, risponde agli stimoli, parla; ma può anche risultare apatico, arrabbiato,
piangere o ridere incontrollatamente. È importante rispettare i tempi del soggetto.
Nella fase degli esiti il primo ostacolo che incontriamo è il cambiamento del soggetto dal punto di vista
fisico e psicologico: il modo di interagire può cambiare e questo può destabilizzare i parenti che non devono
trasmettere ansia al paziente; gli aspetti problematici si riferiscono a:
-difficoltà di movimento/coordinazione
-difficoltà cognitive
-problemi comportamentali-neuropsicologici
-problemi psicosociali
La riabilitazione deve occuparsi della persona nella sua interezza per tutto il percorso di recupero delle
funzioni danneggiate. Da un punto di vista educativo il problema è la capacità di ottenere una
soddisfacente integrazione del soggetto nel suo contesto di vita.
Per un migliore risultato riabilitazione e rieducazione devono andare di pari passo: è importante tendere
alla ricostruzione di un senso d’identità personale in cui il sé attuale e quello precedente possano integrarsi
in una rinnovata e positiva visione di sé, sia nel presente che nel futuro.
Disabilità uditive e visive > art 24 comma 3 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità =
necessità di assicurare che l’istruzione delle persone, e in particolare di bambini ciechi ì, sordi o sordociechi,
sia erogata nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più appropriati per l’individuo e in
ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e lo sviluppo sociale.
A questo fine occorre conoscere le cause di tali malattie.
Un progetto educativo per questi bambini è necessario promuovere un percorso d’integrazione scolastica e
sociale.
Risulta fondamentale la conoscenza di base della psicologia dello sviluppo del soggetto con disabilità
sensoriale approfondendo le caratteristiche di apprendimento/comunicazione/relazione e conoscere la
rete dei servizi territoriali e delle istituzioni, conoscere gli elementi clinico-diagnostici.
Il deficit uditivo > sordità = carenza patologica nel ‘sentire’; disturbo della sensorialità espressione di una
lesione di varia natura che raramente è totale e per questo può essere chiamata ipoacusia o audiolesione.
Per affrontarlo è necessaria la conoscenza:
-della localizzazione della lesione uditiva
-della gravità del danno
-delle cause
-del periodo di insorgenza
-del periodo di insorgenza considerato in relazione con l’epoca di sviluppo del linguaggio
Eziologia delle sordità infantili > potrebbe avere la conseguenza di compromettere lo sviluppo della
comunicazione verbale. Fra le cause troviamo pre-natali (infettive o tossiche), peri-natali (ipossia o ittero),
post-natali (cause infettive/traumatiche e tossiche).
sordità congenita = indica le sordità embriopatiche, genetiche o da anossia e da asfissia neonatale.
I fattori che condizionano la riuscita dell’intervento rieducativo sono: l’entità del deficit, i suoi aspetti
qualitativi, le cause e l’evoluzione nel tempo della compromissione, lo stato intellettivo/emozionale del
soggetto, le capacità relazionali.
Le cause ereditarie si riferiscono ad anomalie genetiche e si manifestano in quadri sindromici che includono
anche altre alterazioni dello sviluppo.
Caratteristiche generali delle sordità ereditarie > possono essere congenite o insorgere in epoca pre-
scolare o nella seconda infanzia:
-sordità autosomica recessiva = figli affetti nati da genitori normodotati, pari distribuzione del rischio, non
conta la generazione
-sordità autosomica dominante = il responsabile è un solo gene (unione tra un soggetto sordo con gene
patologico e uno normale)
-sordità legata al sesso = gene localizzato su uno dei cromosomi sessuali della madre e colpisce solo i figli
maschi
Cause di sordità infantile > cause prenatali > eventuali cause patogene intervengono durante lo sviluppo
del feto;
-il complesso di TORCH > acronimo che raggruppa le quattro infezioni ritenute responsabili della sordità
pre-natale: Toxoplasmosi, Rosolia, Citomegalovirus e Herpes.
Toxoplasmosi = l’agente infettivo è un parassita del gatto che può stabilirsi nell’uomo per trasmissione
indiretta (mangiando carne infetta o verdure mal lavate) diretta (da madre a feto).
I rischi del contagio della madre possono portare alla more del feto o alla comparsa di malformazioni.
Rosolia = il responsabile è un virus che si comporta come un parassita delle cellule dell’organismo; risulta
dannoso se contratto durante la gravidanza.
Citomegalovirus = il contagio avviene con saliva, latte, urina e secreto vaginale; la diffusione è molto elevata
e può riattivarsi con l’indebolimento delle difese immunitarie.
L’herpes simplex virus = due varianti: una colpisce le mucose orali e l’altra colpisce i genitali.
Prospettive di sviluppo e ricerca in campo educativo > le neuroscienze hanno dimostrato che un aumento
delle stimolazioni ambientali determina un miglioramento delle prestazioni e genera un aumento dello
sviluppo cerebrale.
Nel caso di rieducazione all’ascolto del bambino sordo sono le dinamiche di ristrutturazione che devono
attirare l’attenzione dell’educatore poiché grazie ad esse si può mirare al miglioramento delle capacità di
ascolto.
Il deficit visivo > cecità e ipovisione > legge 138 del 3 aprile 2001 “Classificazione e quantificazione delle
minoranze visive norme in materia di accertamenti oculistici = due distinzioni per distinguere fra cecità e
ipovisione:
-la capacità di risolvere e percepire i dettagli di un oggetto (acuità o acutezza visiva);
-la porzione di spazio che un occhio immobile percepisce di fronte a sé (campo visivo).
La cecità può essere totale (quando il virus è assente o il campo visivo risulta inferiore al 3% rispetto al
normale) o parziale (il virus non supera 1/20 o il campo visivo risulta inferiore al 10% rispetto quello
normale).
Nell’ipovisione si distingue tra:
-ipovedenti gravi = acutezza visiva non superiore a 1/10
-ipovedenti medio-gravi = acutezza visiva non superiore a 2/10
-ipovedenti lievi = acutezza visiva non superiore a 5/10
Percezione tattile e percezione visiva > l’esplorazione con le mani si estende su un campo percettivo e “a
portata di mano”; possiamo tuttavia riscontrare vantaggi quali:
-valutare temperatura e consistenza dell’oggetto;
-percepire il peso delle cose mobili;
-esplorazione della faccia retrostante gli oggetti;
I caratteri del senso tattile sono:
x stereoplastico = coglie la tridimensionalità dell’oggetto
x cinetico = l’oggetto deve essere colto mediante il movimento delle mani
x senso metrico = strumento di misurazione per eccellenza
x intenzionale = la persona disabile deve esplorarlo
x tende a tipicizzare e schematizzare
x analitico-strutturale = ristretto campo di osservazione
L’udito e l’olfatto > ruolo di “ricettori” nella relazione del soggetto con l’ambiente; hanno entrambi basso
potere di selettività poiché non consentono di “selezionare” una vasta gamma di informazioni e risentono
del variare degli agenti atmosferici.
Caratteri dell’ipovisione e attenzioni educative > sevi è un minimo di vista va preservata e adeguatamente
stimolata con un’appropriata riabilitazione visiva; bisogna capire quanto quella persona vede e soprattutto
come e cosa vede. In questi casi è utile redigere un protocollo di osservazione dell’allievo che tenga conto:
movimenti oculari (come tiene gli occhi, segue con lo sguardo, muove la testa, mantiene lo sguardo fisso),
tempi di attenzione, svolgere attività organizzate dagli adulti e per quanto, osservarlo mentre gioca,
percezione immagini.
È importante osservare la distanza tra capo e foglio, l’inclinazione a destra o sinistra, il prevalente utilizzo di
un occhio.
L’analisi delle reazioni alla variazione di luce sono utili ad evidenziare in quali condizioni può trovarsi in
difficoltà o mostrare disagio.
Particolare cura richiede la valutazione della lettura (usa occhiali, testi ingranditi, vede cartelloni o la
lavagna; vanno valutati anche la fluidità/chiarezza/velocità nel leggere) e della scrittura (come scrive,
dimensione caratteri, tipo di quaderni utilizzati, se rispetta il rigo, con quale mano impugna la penna; vanno
valutati la leggibilità, armonia e fluidità dei caratteri e la correttezza ortografica) da cui possono emergere
informazioni importanti sul funzionamento della vista.
Progetto di vita >il paziente va educato in un’ottica di autonomia e indipendenza. I primi interventi devono
partire dalla famiglia che deve incentivare percorsi di esplorazione ed autonomia già dalla tenera età.
La cooperazione con i genitori assume rilevanza fondamentale per un programma di intervento precoce: la
mediazione educativa interviene per favorire l’adattamento dell’intervento a una data tipologia di famiglia.