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Il percorso legislativo verso linclusione

Liter legislativo che ha permesso alla scuola italiana di


abbandonare listruzione speciale o differenziale e orientarsi
verso un processo educativo dintegrazione, in una prospettiva
inclusiva,

stato

contraddistinto

da

importanti

tappe

legislative. Le pi significative sono circoscritte nel ventennio


compreso dal 1971 al 1992. Fino agli anni 60, per denominare
una certa categoria di alunni (gli attuali disabili) esisteva una
variegata

terminologia:

anormali,

subnormali,

irregolari,

minorati ecc. Ebbene, questi alunni in forza della loro


anormalit, potevano s essere educati ed istruiti, ma in
strutture speciali e classi differenziali, in ambienti loro dedicati.
Dunque la persona con deficit, in quanto fuori dal normale
(anormale, subnormale o minorato), non poteva fruire
degli stessi trattamenti degli alunni normali, ma era ammesso
a frequentare strutture segreganti. Bisogner attraversare gli
anni 70, anni che hanno visto ingenti trasformazioni nel
costume, nella societ, nella famiglia, nella cultura, nella
politica (la Legge Basaglia del 78) perch si scopra la fine
della segregazione e lavvio dellintegrazione anche a livello
1

istituzionale. Con legge 118/71 gli invalidi civili potevano essere


iscritti nella scuola di tutti ( linizio dellinserimento che al
tempo qualcuno defin selvaggio), ma la vera integrazione si
avvia con legge 517/77. Ad essa va riconosciuto il merito di
aver finalmente dato piena attuazione agli art. 3, 34 e 38 della
Costituzione nel sistema scolastico del Paese, ponendo lItalia
allavanguardia rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Una
sentenza del 1987 della Corte Costituzionale riconosce il diritto
di istruzione anche agli studenti con disabilit degli istituti
superiori per giungere poi alla Legge quadro 104/92 che
costituisce lattuale indiscusso punto di riferimento per tutti. La
legge 104 parla di persona handicappata intendendo per tale
una persona che presenta una minorazione fisica, psichica o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa di difficolt di
apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale
da determinare un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione. Quindi gli alunni con deficit cessano di essere
considerati anormali o minorati ma soltanto soggetti che, pur
trovandosi in <<difficolt di apprendimento, di relazione...>>,
non vengano affatto discriminati sul piano umano o sociale,
secondo

il

principio

dell'uguaglianza
2

garantita

dalla

Costituzione, la quale non solo afferma la <<pari dignit


sociale... senza distinzione...di condizioni personali>>, ma
impegna la Repubblica a <<rimuovere gli ostacoli... che...
impediscono il pieno sviluppo della persona... e la effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese>>. La nuova denominazione di
<<persona handicappata>> non solo unifica la variegata
terminologia utilizzata nel passato (anormali, subnormali,
irregolari, minorati, ecc.), ma sottolinea chiaramente che la
persona handicappata, non minorata; cio non la mera
presenza del deficit a produrre lhandicap. Il deficit origina
svantaggi sul piano dellapprendimento, della relazione e della
comunicazione, ove queste difficolt non ci fossero o fossero
ridotte, lalunno non sarebbe in situazione di handicap. Ne
consegue che il deficit in s non provoca lhandicap, ma la
condizione contestuale a provocare lhandicap; di qui la corretta
dizione di alunno in situazione di handicap e non portatore di
. che lascia intendere un tratto costitutivo della sua persona.
Oggi con lICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento
della

disabilit

della

Salute)

si

parla

di

limiti

alla

partecipazione sociale e non pi di handicap. Di disabilit che


3

pu originare anche da motivazioni contestuali ed ambientali,


considerando la globalit e la complessit dei funzionamenti
delle persone. Quindi dal 77 la scuola chiamata a realizzare
non solo linserimento, o una mera socializzazione in presenza,
ma lintegrazione nella scuola di tutti, in cui si realizzi un
unicum, un tuttuno, un intero.
Lintegrazione dunque un processo costantemente aperto a
ricercare il raccordo con lintero creando costantemente nuove
situazioni di apprendimento e di relazione che permettano di
fare emergere le diverse abilit, non le disabilit comparate. Ma
linclusione? Il termine inclusione allarga questo riconoscimento
agli alunni con qualsivoglia differenza non limitandosi solo ad
alcune categorie come quelle dei disabili o di coloro che
incontrano difficolt, ma coinvolge tutti gli alunni. Nel corso
degli ultimi anni, infatti, aumentato considerevolmente il
numero di alunni che presentano varie tipologie di difficolt, le
quali non sono riconducibili alle principali classificazioni
dellICF, ma che avanzano agli insegnanti richieste di interventi
curvati sulle loro caratteristiche peculiari, che derivano dalla
loro situazione peculiare. Una situazione di difficolt la quale,
non rientrando nei parametri delle classificazioni dellOMS (lICF
4

una delle pi importanti) non pu essere certificata ed


avere, di conseguenza, una diagnosi funzionale che consenta al
bambino di seguire un percorso scolastico ad hoc. Con il
DPCM n.185 del 23 febbraio 2006 cambiato, in senso
restrittivo, il regolamento per la certificazione dellhandicap ai
fini dellinserimento scolastico in quanto le attivit di sostegno
vengono rivolte ai soli alunni che presentano una minorazione
fisica, psichica o sensoriale stabilizzata e progressiva. Ne deriva
che gli alunni i quali presentano deficit non gravi n progressivi
non possano avere un aiuto ulteriore costituito dalla presenza
del docente di sostegno: succede che sia loro, sia i rispettivi
insegnanti vivano esperienze difficili, i primi perch non vedono
nessun vantaggio nel frequentare la scuola e i secondi si
sentono in difficolt nellaffrontare e nel gestire situazioni che
non rientrano nella norma. Gli alunni che presentano queste e
altre difficolt, ma che non sempre sono certificati, vengono
identificati con lacronimo BES (Bisogni Educativi Speciali).

Levoluzione

della

Normativa

inclusiva

la

nuova

Direttiva sui BES

Lespressione Bisogni Educativi Speciali (BES) fa riferimento


all'emanazione della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012
Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi
Speciali e organizzazione territoriale per linclusione scolastica.
La Direttiva stessa ne precisa brevemente il significato: Larea
dello svantaggio scolastico molto pi ampia di quella riferibile
esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono
alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per
una variet di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi
specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici,
difficolt derivanti dalla non conoscenza della cultura e della
lingua italiana perch appartenenti a culture diverse. Vi sono
comprese tre grandi sotto-categorie: la disabilit; i disturbi
specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici e lo
svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale. La Direttiva
contiene importanti indicazioni sugli strumenti d'intervento. In
particolare, viene evidenziata la necessit di elaborare un
percorso individualizzato e personalizzato, anche attraverso la
6

redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o


riferito a tutti i bambini della classe con BES, che serva come
strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la
funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento
programmate. Esso pu prevedere gli strumenti compensativi e
le misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della
L.170/2010 (DM 5669/11) e l'adozione di una didattica inclusiva
e centrata sull'apprendimento.
Il 6 marzo 2013, viene emanata la circolare MIUR n.8, la quale,
sin dallinizio, insiste molto sulla necessit di un progetto
educativo didattico che devessere predisposto per tutti gli
alunni con Bisogni Educativi Speciali, anche per quelli che
abbiano uno svantaggio culturale, personale o sociale. Vi si
legge infatti che in questa nuova e pi ampia ottica, il Piano
Didattico Personalizzato non pu pi essere inteso come mera
esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli
alunni con DSA; esso bens lo strumento in cui si potranno, ad
esempio, includere progettazioni didattico educative calibrate
sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui
moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione
diagnostica), strumenti programmatici utili in maggior misura
7

rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente


didattico-strumentale.
chiarimenti

per

gli

La

Circolare

alunni

con

passa

poi

svantaggio

fornire

culturale

socioeconomico o personale, che costituisce anche la parte


innovativa della Direttiva sui BES: Si vuole inoltre richiamare
ulteriormente lattenzione su quellarea dei BES che interessa lo
svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. La Direttiva,
a tale proposito, ricorda che ogni alunno, con continuit o per
determinati periodi, pu manifestare Bisogni Educativi Speciali,
o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi
psicologici, sociali, rispetto ai quali necessario che le scuole
offrano adeguata e personalizzata risposta. E per fugare i rischi
di genericit applicative, la Circolare prosegue: Gli alunni con
disabilit si trovano inseriti allinterno di un contesto sempre pi
variegato, dove la discriminante tradizionale alunni con
disabilit/alunni senza disabilit non rispecchia pienamente la
complessa

realt

delle

nostre

classi.

Anzi,

opportuno

assumere un approccio decisamente educativo, per il quale


lidentificazione degli alunni con disabilit non avviene sulla
base della eventuale certificazione, che certamente mantiene
utilit per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso
8

tempo rischia di chiuderli in una cornice ristretta. A questo


riguardo rilevante lapporto, anche sul piano culturale, del
modello diagnostico ICF dellOMS. Fondandosi sul profilo di
funzionamento e sullanalisi del contesto, il modello ICF
consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES)
dellalunno prescindendo da preclusive tipizzazioni. In questo
senso, ogni alunno pu presentare Bisogni Educativi Speciali: o
per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi
psicologici, sociali, rispetto ai quali necessario che le scuole
offrano adeguata e personalizzata risposta. Viene sottolineata
limportanza della classificazione ICF, ma anche la necessit di
non circoscrivere lalunno con disagio/difficolt/disturbo in
una cornice ristretta perch si limiterebbe il suo processo di
inclusione nel contesto classe.
In questa prospettiva non ci si rivolge alle condizioni deficitarie,
ma

forme

di

insegnamento

di

organizzazione

che

comprendono gi in esse tutti i sostegni e gli aiuti necessari per


rispondere alle differenti richieste poste dagli alunni. Ci non
significa mettere in secondo piano le specificit dei singoli,
confondendole in un generico discorso sulle differenze; anzi
queste assumono un significato e una valenza maggiore nel
9

momento in cui si presentano come modi personali di porsi e di


affrontare le situazioni di apprendimento e di relazione a cui
vanno date risposte significative e convincenti da parte
dellistituzione

scolastica

dei

suoi

insegnanti.

Quindi

linclusione riconosce che lattenzione alla diversit degli alunni


con disabilit ha reso evidenti le tante diversit di cui si
compone la normalit e i tanti bisogni educativi speciali che
differenziano i diversi alunni rendendo sempre pi impegnativa
la realt quotidiana del far scuola.
La prospettiva di una scuola inclusiva e di valore la seguente:
fare in modo che tutte queste diversit si sentano incluse, non
in-claudo (chiuse dentro), in un contesto. Perch questo
accada sono necessarie occasioni di incontro con laltro. E
ovvio che la scuola, in un sistema formativo integrato, svolge
un compito importante, fondamentale. I docenti sono chiamati,
in primis, ad acquisire nuove consapevolezze in ordine allo
sviluppo del pensiero ed alla sua educabilit. E necessario
valorizzare il modo, o meglio, i modi in cui si apprende,
modulando linsegnamento per rapportarsi in modo efficace con
tale

complessit.

Questo

vuol

dire

conoscere

meglio

lapprendimento, condividere la lettura dei bisogni, i metodi e le


10

strategie pi idonei a rispondervi. La professionalit docente


implica, infatti, la possibilit/necessit di apprendere ad
apprendere, in quanto la complessit e la problematicit
dellagire educativo sollecitano una costante apertura a nuove
interpretazioni dellesperienza, a nuove e diverse modalit
operative,

nuove

conoscenze

competenze,

in

una

prospettiva di lifelong-leaning.
I B.E.S. :unintroduzione
La pi sintetica definizione del concetto di Bisogni Educativi
Speciali viene data da Dario Ianes nel famoso testo 'La speciale
Normalit'1

che

definisce

questi

Bisogni

come

qualsiasi

difficolt evolutiva, in ambito educativo e dellapprendimento,


espressa in un funzionamento, nei vari ambiti della salute
secondo il modello ICF2, che risulti problematico per il soggetto,
in

termini

di

danno,

ostacolo

stigma

sociale,

1 D.Ianes ' La Speciale Normalit. Strategie di integrazione e inclusione per le disabilit e i Bisogni Educativi
Speciali 'Erickson, 2006, pag.26.
2 ICF : acronimo per International Classification of Functionioning Disability and Health, la classificazione
uscita nel 2001 e ideata all'interno dell'Organizzazione Mondiale della Sanit che fa riferimento alla valutazione
della salute delle persone collegandola al concetto di 'funzionamento' piuttosto che alle patologie (disabilit e
handicap) come avviene nella Classificazione ICD10, dunque un'importante innovazione concettuale e
culturale che tiene conto della condizione che pu risultare dalla relazione bio-psico.-sociale della persona,
dando di quest'ultima un profilo globale.

11

indipendentemente dall'eziologia, e che necessita di educazione


speciale specializzata .
Ma oggi, come abbiamo visto, questo termine si allarga e
ingloba anche a tutti quei ragazzi che vivono un periodo, anche
breve, di difficolt o svantaggio tali da farne rallentare
l'apprendimento,

la

concentrazione,

la

performance,

il

potenziamento delle capacit. Ne consegue che la definizione di


BES si applica per tutti i soggetti deboli che presentano una
difficolt

nel

compiere

una

qualunque

attivit,

sia

essa

cognitiva, come il semplice imparare a memoria una poesia,


che motoria, come ad esempio saltare la corda in palestra. La
parola stessa 'difficolt', dunque, allontana qualunque soggetto
abbia una particolare patologia o disabilit. Ma se cos stanno le
cose viene spontaneo pensare che ognuno di noi aveva un BES!
O meglio: era un BES ! Ed proprio cos! Per amore delle sigle
oggi si tende ad usare la difficolt come una metonimia: Mario
un DSA, Lucia una BES, Daniele un Asperger e Simone
Down invece di: ha un BES, ha un ADHD, ha un DOP,
identificando cos il Disturbo o la Difficolt con il soggetto. Forse
questo conseguenza del fatto che in un ambito di derivazione
medico-sanitario-terapeutico c' la tendenza a stigmatizzare e
12

questi

Disturbi

eziologiche

sono

legate

figli

di

all'ICD10

valutazioni

nosografiche

quindi

psichiatriche

neurologiche. Un tempo si diceva idiota per definire in ambito


clinico un soggetto con ritardo mentale grave, con un quoziente
di intelligenza inferiore a 35 ma col tempo la parola idiota ha
cambiato la sua funzione e appartiene a un registro linguistico
diverso: dare dell'idiota a qualcuno, oggi, un modo spregiativo
per sottolinearne la stoltezza. Generalizzando la cosa, le
persone con BES sono tutte coloro che nella propria vita, prima
o poi, si sono scontrate con una difficolt che hanno comunque
superato...a modo loro. Ne consegue che il tipo di valutazione
del

Bisogno

Educativo

Speciale

non

va

riferito

ad

una

classificazione di tipo diagnostico-eziologica come faceva l'ICD


(la Classificazione Internazionale delle malattie e dei problemi
correlati proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanit,
oggi

arrivata

alla

decima

revisione)

ma

deve

cogliere

globalmente tutte le condizioni di bisogno per poterci costruire


sopra una didattica inclusiva ben individualizzata3.
Stando cos le cose, i Bisogni Educativi Speciali non si possono
pi ignorare com' stato fatto fin ora e, di fronte ad alunni
3 D. Ianes, op. cit., pag.35

13

speciali, occorre dunque una didattica altrettanto speciale. Ma


in questo scritto non verranno trattati i disturbi che rientrano
tra quelli della Legge quadro, n quelli in ambito dei Disturbi
Evolutivi Specifici, e neppure si discuter di 'special education',
dove le competenze psicologiche pi avanzate e specifiche si
integrano con quelle psicopedagogiche e non sar nemmeno
trattata alcuna tecnica professionale o protocollo particolare.
L'argomento, invece, verter sulle qualit umane e relazionali
che

un

educatore

con

determinate

caratteristiche

personologiche deve avere per poter lavorare con alunni dalla


'speciale normalit'.

Programmazione Individualizzata e Personalizzata


Lelaborazione di piani di lavoro individualizzati per ogni alunno
disabile, avviene collaborando con tutte le figure professionali e
familiari di riferimento; tali progetti comprendono sia laspetto
pedagogico-didattico

sia

quello

riabilitativo,

funzionale

sociale. Il fine ultimo di questa continuit di intenti e di


interventi quello di garantire un progetto globale che
accompagni il bambino diversamente abile per tutta la vita e
14

che gli consenta linserimento nel tessuto sociale. Allinterno


dellistituzione scolastica, oltre al G.L.I.S., sono attivati i Gruppi
Operativi (G.O.) per ogni classe in cui inserito un alunno
disabile. Ne fanno parte i docenti curricolari, il docente di
sostegno, gli operatori dellASL, quello dellEnte Locale e la
famiglia.

Essi si riuniscono

due o

tre

volte lanno

per

confrontarsi, elaborare un piano di lavoro individualizzato (PEI)


e per attuare eventuali verifiche sui percorsi compiuti. Al
termine di ogni ciclo, il gruppo operativo provvede a ratificare il
P.D.F. (Profilo Dinamico Funzionale), in collaborazione con il
referente del successivo ordine di scuola.
In sintesi, la programmazione di interventi a favore degli alunni
in situazione di svantaggio si propone di:
realizzare una dimensione di benessere;
evolvere lo sviluppo personale;
creare una reale integrazione nel gruppo classe e allinterno
della scuola;
elaborare un percorso di sviluppo e di apprendimento.
Il PDP Piano Didattico Personalizzato- invece la diretta e
coerente conseguenza della normativa scolastica degli ultimi
decenni nella quale stata posta, con sempre maggiore vigore,
15

attenzione alla realizzazione del successo nellapprendimento e


alle problematiche dellabbandono scolastico. Tutti gli alunni
con BES hanno il diritto di avere accesso a una didattica
individualizzata e personalizzata. Le strategie, le indicazioni
operative, limpostazione delle attivit di lavoro, i criteri di
valutazione degli apprendimenti e i criteri minimi attesi trovano
definizione allinterno del PDP.
Unulteriore nota del Ministero del 22 Novembre 2013 fornisce
infatti chiarimenti circa lapplicazione della Direttiva in merito al
PDP: Si ribadisce che, anche in presenza di richieste dei
genitori accompagnate da diagnosi che per non hanno dato
diritto a certificazione di disabilit o di Dsa, il consiglio di classe
autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano
Didattico

Personalizzato,

avendo

cura

di

verbalizzare

le

motivazioni della decisione, la cui validit rimane comunque


circoscritta nellanno scolastico di riferimento. Lassenza di
certificazione
provvidenze

non
ed

consente

ai

servizi

allalunno
previsti

dalle

di

accedere
legge

104

alle
ma,

nonostante la mancata presenza dellinsegnate di sostegno, gli


insegnanti curricolari sono emotivamente e professionalmente
impegnati

nella

elaborazione
16

di

strategie

di

intervento

curvate sulle caratteristiche peculiari di quel determinato


alunno affinch riduca (o elimini) la negativit della sua
situazione. Si tratta di un percorso delicato e difficile che
alunno, genitori ed insegnanti devono seguire insieme in un
confronto a rete e scevro da pregiudizi.
In definitiva il PDP un piano didattico pensato e applicabile per
gli alunni con BES nei quali la difficolt nelle abilit di
utilizzare i normali strumenti per accedere allapprendimento,
abilit che possono e devono essere supportate, secondo la
normativa

vigente,

per

il

raggiungimento

del

successo

formativo.
Nel PDP, per ciascuna materia o ambito di studio, devono
essere individuati gli strumenti compensativi e dispensativi
necessari a sostenere l allievo nell apprendimento.
Alcuni strumenti compensativi sono:
tabella dei mesi, dellalfabeto e dei vari caratteri;
tavola pitagorica;
tabella delle misure e delle formule geometriche;
calcolatrice;
registratore;
computer con programmi di videoscrittura.
17

Alcune misure dispensative riguardano:


dispensare dalla presentazione dei quattro caratteri;
dispensare dalla lettura ad alta voce;
dispensare dal prendere appunti;
dispensare dai tempi standard;
dispensare dal copiare alla lavagna;
dispensare da un eccessivo carico di compiti;
dispensare dallo studio mnemonico delle tabelline;
dispensare dallo studio della lingua straniera in forma scritta.
La stesura del PDP deve sempre collocarsi all'interno di un
preciso Piano Annuale per l'Inclusivit (PAI). La Circolare
Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 prevede che il Gruppo di
lavoro per linclusione (GLI), di ciascuna Istituzione scolastica,
elabori una proposta di Piano Annuale per lInclusivit (PAI)
riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni
anno scolastico. Il PAI uno strumento che pu aiutare a
contribuire

ad

accrescere

la

consapevolezza

dellintera

comunit educante sulla centralit e la trasversalit dei


processi

inclusivi

in

relazione

alla

qualit

dei

risultati

educativi, per creare un contesto educante dove realizzare


concretamente la scuola per tutti e per ciascuno. La redazione
18

del PAI, cos come riportato dalla nota del 21 agosto 2013
Bisogni Educativi Speciali, si deve prefiggere i seguenti
obiettivi:
garantire lunitariet dellapproccio educativo e didattico
dellistituzione scolastica;
consentire la continuit educativa e didattica anche in caso di
cambiamenti dei docenti e del dirigente scolastico;
generare una riflessione collegiale sulle modalit educative e
sui metodi di insegnamento adottati nella scuola, arrivando a
scelte

basate

sullefficacia

dei

risultati

in

termini

di

comportamento e di apprendimento di tutti gli alunni;


individuare le modalit di personalizzazione risultate pi
efficaci in modo da assicurarne la diffusione tra gli insegnanti
della scuola e tra scuole diverse;
raccogliere i piani educativi individualizzati e i piani didattici
personalizzati in un unico contenitore digitale che ne conservi la
memoria

nel

tempo

come

elemento

essenziale

della

documentazione del lavoro scolastico;


inquadrare ciascun percorso educativo e didattico in un
quadro metodologico condiviso e strutturato, per evitare

19

improvvisazioni,

frammentazioni

contraddittoriet

degli

interventi dei singoli insegnanti;


evitare che scelte metodologiche non documentate o non
scientificamente supportate, effettuate da singoli insegnanti
compromettano lo sviluppo delle capacit degli allievi;
fornire criteri educativi condivisi con le famiglie;
permettere di fare il punto sull'efficacia degli strumenti messi
in atto nell'anno scolastico trascorso.
I docenti sono chiamati ,quindi, in primis, ad acquisire nuove
consapevolezze in ordine allo sviluppo del pensiero ed alla sua
educabilit. Lintricata interrelazione di fattori, in gioco in modo
diverso da individuo a individuo nellatto di apprendimento,
alla

base

nei

contesti

scolastici,

della

sistematica

contraddizione del curricolo, ovvero : si progetta un profilo


formativo atteso, ma emergono molti profili individuali
diversi, non coincidenti con il primo. Ci viene considerato
normalmente
determinate

un
dal

limite

contesto

laccento

cade

socio-ambientale,

sulle

difficolt

sul

mancato

raggiungimento degli standard previsti, sulla grande fatica


dellinsegnamento Si progetta, ci si impegna davvero e i
risultati nella maggior parte dei casi non sono quelli attesi. E
20

necessario ,ora, invece fermarsi a comprendere la ragione di


tutto questo, a conoscere e a valorizzare il modo, o meglio, i
modi in cui si apprende ,modulando linsegnamento per
rapportarsi in modo efficace con tale complessit. Conoscere
meglio lapprendimento, condividere la lettura dei bisogni , i
metodi e le strategie pi idonei a rispondervi, aiuta ad
affrontare questa contraddizione e a trasformarla in una risorsa.
La professionalit docente, infatti, implica competenze di
ordine critico e critico-riflessivo che consentono di revisionare e
ristrutturare schemi, prospettive interpretative, preconcetti,
teorie e strutture di conoscenza pi o meno implicite.[]La
professionalit docente implica, quindi, la possibilit/necessit
di apprendere ad apprendere, in quanto la complessit e la
problematicit dellagire educativo sollecitano una costante
apertura a nuove interpretazioni dellesperienza, a nuove e
diverse

modalit

operative,

nuove

conoscenze

competenze4.

M. Striano, Educare al pensare. Percorsi e prospettive,


Pensa Multimedia 2000
4 Cfr.

21

Il Cooperative Learning come strategia compensativa


per linclusione dei BES

Il Cooperative Learning una modalit di apprendimento che si


basa sull'interazione all'interno di un gruppo di allievi che
collaborano, al fine di raggiungere un obiettivo comune,
attraverso un lavoro di approfondimento e di apprendimento
che

porter

alla

costruzione

di

una

nuova

conoscenza.

L'apprendimento cooperativo quindi una visione pedagogica e


didattica che utilizza il coinvolgimento emotivo e cognitivo del
gruppo come strumento di apprendimento in alternativa alla
tradizionale lezione accademica frontale. Questa espressione fa
riferimento ad un insieme di principi, tecniche e metodi di
conduzione della classe in base ai quali gli alunni affrontano lo
22

studio disciplinare interagendo in piccoli gruppi, in modo


collaborativo, responsabile, solidale e ricevendo valutazioni
sulla base dei risultati ottenuti individualmente ed in gruppo.
Il Cooperative learning deve le sue origini, verso la fine del
Settecento, al sistema di mutuo insegnamento tra pari (peer
tutoring) ideato e applicato da A. Bell, reverendo ed educatore
anglicano in India, e ripreso qualche anno dopo dal suo
conterraneo Joseph Lancaster che inaugur a Londra, nel 1798,
una scuola per fanciulli poveri. Non avendo denaro per pagare
dei collaboratori, concep un metodo di insegnamento reciproco
fra gli alunni. Questo sistema prese piede in alcuni paesi
europei quali la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna, e, grazie a
Federico Confalonieri, anche lItalia.
Giunse quindi anche oltre oceano negli U.S.A. dove, dal 1900, si
svilupp

ampli

propri

orizzonti

trasformandosi

in

Apprendimento Cooperativo grazie a due correnti di pensiero


condotte dal pedagogista John Dewey e dallo psicologo Lewin i
quali concordarono sulla necessit, la rilevanza ed il valore
dell'interazione e della cooperazione nell'ambito scolastico. Ad
essi si unirono anche i pensieri e gli studi svolti dallo psicologo e
pedagogista svizzero Jean Piaget, e dallo psicologo russo Lev
23

Vygotsky. Dagli anni sessanta ad oggi molti altri pedagogisti,


psicologi e filosofi hanno approfondito ed effettuato studi per
sviluppare il Cooperative learning ritenuto oramai elemento
essenziale, non solo all'interno del sistema scolastico, mettendo
laccento

sullinfluenza

dei

fattori

sociali

nello

sviluppo

cognitivo, ma anche all'interno di tutto il nostro sistema di


interazione sociale.
Coloro che sono a favore del Cooperative learning ritengono che
questo metodo sia fondamentale per gli studenti con bisogni
educativi speciali, come portatori di handicap, superdotati,
appartenenti a minoranze linguistiche e culturali, incidendo in
positivo sul rendimento scolastico e favorendone lintegrazione.
Si tratta di una metodologia che rafforza la motivazione e da
questo punto di vista va maggiormente incontro a coloro che
hanno necessit particolari, a volte frustrate dalla tradizionale e
quotidiana

pratica

demotivante.
migliorare

dellinsegnamento

Inoltre

lapprendimento

rinforzare

che

pu

risultare

cooperativo

significativamente

le

pu

relazioni

interpersonali fra studenti diversamente abili e studenti


normali. Infatti, quando la classe assume un atteggiamento
cooperativo anzich competitivo, gli studenti disabili possono
24

contribuire al successo del gruppo ed pi probabile che in


questo modo siano da esso accettati. Lo stesso Vygotskji
sostiene che il mettere insieme delle diversit, dal momento
che ognuno portatore di una diversit, offre la possibilit a
tutti di arricchirsi e da questo punto di vista molti autori
ritengono

importante

che

sia

rispettato

il

criterio

delleterogeneit del gruppo di Cooperative Learning, anche se


questo non impedisce di formare in altri casi gruppi pi
omogenei, ad esempio per il raggiungimento di obiettivi
specifici. In definitiva la strategia di apprendimento cooperativo
rappresenta la possibilit di offrire una risposta personalizzata
ai bisogni educativi di ciascuno e a maggior ragione a chi
portatore di bisogni educativi speciali. La personalizzazione, che
si contrappone allindividualismo, e lintegrazione delle diversit
sono occasioni di conoscenza e rispetto delle differenze, di
lavoro comune e modalit di trovare il proprio percorso
individualizzato e personalizzato, in un contesto di solidariet,
cooperazione e rispetto reciproco.
Il Cooperative learning pur non producendo automaticamente
un apprendimento significativo, in quanto molto dipende dagli
obiettivi che linsegnante si pone e dalle sue concezioni di
25

insegnamento/apprendimento,
sicuramente

facilitare

un

in

certe

processo

condizioni,
di

pu

apprendimento

significativo. Il concetto di apprendimento significativo e


autonomo, opposto a quello mnemonico e passivo, basato
sull'esperienza e capace di destare gli interessi vitali del
soggetto che apprende, proviene dagli studi di Carl Rogers,
secondo il quale il sistema di istruzione centrato sulla persona e
in

un

clima

favorevole

favorisce

un

apprendimento

pi

profondo, molto pi di quanto non avvenga con il metodo di


insegnamento tradizionale. Ci avviene perch nel processo
investita l'intera persona, non solo a livello cognitivo ma anche
emotivo.

Del

resto

lapprendimento

significativo

viene

costruito molto pi facilmente in un contesto collaborativo


laddove ogni singolo alunno divenga membro attento, accurato
e prodigo di una comunit di apprendimento, in particolare
capace di autoregolare il proprio modo di pensare e di
comportarsi. In una comunit di questo tipo importante che
la responsabilit dellapprendimento sia condivisa da insegnanti
e alunni. In tal senso si pu affermare che la mediazione, quale
modalit

di

gestione

insegnamento/apprendimento,

26

del

rapporto

particolarmente

efficace

nellambito dei gruppi di apprendimento cooperativo. Infatti il


ruolo del docente di fondamentale importanza nella gestione
dei gruppi di apprendimento cooperativo ma allo stesso tempo
non impedisce la libera espressivit e il mettersi in gioco del
gruppo classe, restando in parte il docente dietro le quinte.
Inoltre la mediazione pu essere personalizzata e ci favorisce
lo sviluppo di una profonda relazionalit fra le persone. La
relazione permette di riconoscere laltro, la sua soggettivit e
mette in gioco la reciprocit: la soggettivit non viene meno
anzi valorizzata nellincontro con laltro.

Bibliografia di riferimento

Canevaro A. Le logiche del confine e del pensiero, Erickson,


2008
Ianes D. - Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson, 2006
Ianes D. - Levoluzione dellinsegnante di sostegno. Verso la
didattica inclusiva, Erickson, 2014
Striano M. - Educare al pensare. Percorsi e prospettive, Pensa
Multimedia, 2000

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