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Capitolo settimo

Restauro, riuso, recupero

Ormai da qualche anno si vive con grande interesse, anche di pubblico, i


tema del restauro e della tutela dei beni culturali; in special modo quello
del recupero del patrimonio edilizio. Interesse che dovrebbe significare
maggior attenzione e accortezza per le sorti di un'eredità singolarmente
preziosa.
Ma, in effetti, questa rinnovata attenzione è in tutto e per tutto un
bene? Non sembra che la risposta sia facile né, tantomeno, immediata-
mente positiva, se solo ci si soffermi a valutare i risultati concreti di molti
interventi condotti alla luce di questa nuova temperie. Si opera certo con
una disponibilità di mezzi maggiore che in passato, ma non è sicuro che si
faccia di meglio.
II livello di coscienza critica e di perfezione tecnica riscontrabile nel
campo non è sempre adeguato alle necessità. Forse ciò dipende dall'ir-
rompere nel dominio della tutela, per sua natura legato a ragioni cultu-
rali,
di spinte economiche molto forti o al prevalere delle questioni di
quantità su quelle di qualità.
Per tentare di risolvere il problema e di valutare correttamente
l'attuale situazione è necessario ricondursi ai principi che regolano e
definiscono il restauro scientificamente e modernamente inteso, delimi-
tando con pari rigore il concetto di 'patrimonio storico-artistico' o, più
correntemente, di 'bene culturale'.
Se restauro è intervento attuato, in primo luogo, a fini di conserva-
zione d'un oggetto cui si riconosca un valore storico, artistico, di cultura
o in altre parole, come s'è più volte ricordato, di «testimonianza mate-
riale avente valore di civiltà» (secondo la celebre definizione della Com-
missione Franceschini, operante fra il 1964 e il 1966)' si dovrà concludere
che non tutti gli interventi sulle 'preesistenze' sono restauro (e che il
recupero, che col primo si tende spesso a confondere, è in realtà, per
motivazioni di fondo, anche se non sempre per metodi e tecniche,
tutt'altra cosa) e che non tutto il costruito è di per sé bene culturale, ma

Titolo I, Dichiarazione I in PER LA SALVEZZA dei Beni culturali in Italia. Atti e


documenti della Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio
storico, archeologico, artistico e del paesaggio, vol. I, Roma 1967, p. 22.
372 Avvicinamento al restauro

un giudizio storico-critico
solo quello che sia riconosciuto tale attraverso
o di valore.
Diviene così meglio comprensibile l'affermazione brandiana che «il
restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell'o-
e nella sua duplice polarità
pera d'arte, nella sua consistenza fisica
estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro»"; in altre
meritevole d'essere
parole che si restaura solo ciò che si è giudicato
ossia
tramandato per il
proprio valore storico-documentario o artistico,
tutto ciò che è antico (anche indipendentemente dalla sua "bellezza', per
la sola storicità) e tutto ciò che è 'bello' o artistico (indipendentemente
dal fatto che sia o no antico, per la sola esteticità), ivi comprese le
bellezze naturali. Nelle pagine precedenti abbiamo anche fatto cenno,
tra breve torneremo,
seguendo un pensiero di G.C. Argan, sul quale
degli interessi di tutela agli oggetti di 'scienza',
non neces-
all'estendersi
sariamente prodotti dall'uomo (ché altrimenti ricadrebbero, senza pro-

blemi, sotto l'istanza storica) ma dalla natura, come i biotopi, i depositi di


fossili e via dicendo.
Si conserva e restaura quindi per ragioni di cultura e più latamente
Scientifiche, mentre si recupera l'esistente per ragioni in prim0 luogo
economiche e d'uso. Un qualsiasi edificio scolastico costruito negli anni
Sessanta o Settanta del nostro secolo, in pieno sviluppo demografico ed

oggi inutilizzato per mancanza d'allievi, che si voglia giustamente trasfor-


mare o, come si dice, 'riciclare' in centro sociale per la terza età,
rappresenterebbe un'operazione di recupero a tutti gli effetti; ma un
antico covento trasformato in scuola in età napoleonica o anche dopo il
1860-70 e da riconvertire, oggi, a nuovi usi richiederebbe invece le
metodologie proprie del restauro, con tutti i criteri prudenziali ed i limiti
che il caso richiede.
Nonostante la prassi corrente, sia professionale che amministrativa,
tenda a negare tale questione, la differenza sostanziale, non puramente
teoretica né solo terminologica ma ricca di corpose conseguenze, fra le
due operazioni resta, soprattutto, nelle intenzioni e ragioni di fondo,
economicistiche e praticistiche le prime, di tutela e culturali le seconde.
Non si può negare, però, che la stessa dizione di 'bene culturale, oggi
cosi diffusa pur se in certo senso ambigua, lasci ben intendere, proprio
per la presenza della locuzione "bene, che le questioni concernenti gi
oggetti di storia e d'arte non sono affatto separate da quelle economiche
e che, a ragione, gli stessi beni culturali possono essere considerati
come in effetti avviene- quali "beni economici', tanto in una prospettiva
di proprietà e d'uso pubblico, quanto privato.
In conclusione tutti i beni storico-artistici (ripetiamo, l'intera edilizia
storica e tutta la produzione moderna di qualità, si pensi alle opere di M.
Ridolfi a Terni o a quelle di L. Moretti a Roma) e non soltanto. Come

2C. Brandi, Teoria del restauro, Roma 1963, ed. economica


dalla quale si cita Torino
1977, p. 6.
Restauro, riuso, recupero 373

ancora si crede. -i
più celebrati monumentio le
della Legge 1089/39, sono meritevoli opere notificate ai sensi
di tutela. Ma, per il loro carattere
duplice, sono da valutare più in termini di economia o di cultura'?
Oppure, relativisticamente, si è liberi di
apprezzarli in ragione delle
personali preferenze e necessità o dei propri compiti istituzionali? Oltre
un certo limite la
questione diventa oziosa o, meglio, tale diventa la
forzata contrapposizione dei due
termini; si tratta invece di vedere con
quale consapevolezza o intenzionalità il problema del restauro sia affron-
tato e. puð aggiungersi, con quale impegno e con quali strumenti sia
condotto. E una questione soprattutto di coscienza, d'equilibrio e di
accorto giudizio.
Si tratta dell'intendimento di chi vede
oggi il restauro (ed il recupero
dei beni culturali che, abbiamo detto, il più delle volte dovrebbe identifi-
carsi a pieno titolo col restauro) come campo affaristico e come
qualcosa
di analogo- pur se in modi apparentemente rinnovati ed aggiornati ai
tempi- alla frenetica e deludente vicenda edilizia dal dopoguerra fino
agli anni Settanta, i cui postumi stiamo ancora scontando, oppure di chi
lo intende come raifinata professionalità (imprenditoriale, progettuale,
amministrativa e di controllo) da intraprendere e perseguire con tutte le
carte in regola, in termini deontologici, tecnici, operativi?
In effetti il restauro 'architettonico' (o 'dei monumenti', perché
secondo l'attuale riflessione tutto ciò che è bene storico-artistico è ipso
facto monumento) in quanto 'restauro' si apparenta e discende dal più
generale 'restauro delle opere d'arte' (pittura e scultura) ed in questo è
atto di cultura; in quanto attinente all'edilizia è tema architettonico a
tutti gli effetti, da sempre intriso di aspetti culturali (artistici, formali,
linguistici) e pratici, politici, economico-finanziari, sociali.
L'impegno per ben operare nel futuro ed evitare che l'attuale lavoro
sui nostri centri storici si traduca, alla fine dei conti, in un rinnovato
'sacco' delle città antiche, come nei decenni passati è stato della città
nuova, richiederà di saper coniugare le due facce del problema, quella
culturale e quella pratica, con competenza, onestà e rigore. Ne deriva, in
primo luogo, il dovere di curare l'acquisizione sollecita di buone cono-
scenze specialistiche (che non sono quelle dell'edilizia corrente, come per
il medico specialista non sono quelle della medicina generica, pur fon-
dando, naturalmente, su di essa), senza rimandarle all'esperienza sul
sulla pelle dei monumenti.
campo, ov'è necessità di molti procurarsele
Da qui 1'importanza dell'educazione permanente in materia, del continuo
aggiornamento tecnico e, per i giovani, dela frequentazione di corsi
post-lauream di buon livello.
Di fronte all'immensa schiera di vegliardi, chi più chi meno in buona
salute,costituita dai nostri monumenti non servono solo medici, né tanto
meno medici generici, ma specialisti nei diversi campi dele tecniche

diagnostiche, analitiche e cliniche, per fronteggiare le più diverse ed


in
imprevedibili patologie, legate per lo più ai guasti dell'età ma anche.
misura crescente, all'azione dell'uomo. Una professionalità seria non
374 Avicinmenlo al restauro

ricerca e
contatto col mondo della
polra quindi che trarre vantaggio dal una materia
perché si agisce su
COn quello universitario, tanto più culturali.
dei beni
particolarmente fragile, quella, appunto, di perdite per la
e r r o r e sarebbe
letale, e c a u s a
n questo campo ogni motivo è
necessario adde-
definitive. Per tale
maggior parte insanabili e sicurezZa. Cio per
una
massima attenzione e
Strarsi ad operare con la si fa in
sociali ed economici,
Scelta che, se pure ricca di
risvolti pratici, le comuni
di c o n s e r v a r e
di 'civiltà', al fine
primo luogo per ragioni sarebbe più facile e
Se così non fosse, assai
di frequente
memorie. edificio e costruirne,
demolire l'antico
vantaggioso, in termini economici, s e n z a tanti problemi,
al suo posto, uno n u o v o di zecca;
èè quanto avviene,
fortuna n o n è pratica
in molti paesi forse più
ricchi del nostro. Ma per
testimonianze architettoni-
conservazione delle
corrente in Italia, dove la
è scelta etica e civile
che, di quelle in apparenza m e n o 'importanti',
anche
nel senso più pieno del termine. n o n ci
casi specifici, che in questa sede
Senza entrare nel merito di
carattere generale
v o r r e m m o solo aggiungere
qualche nota di
compete, su uno dei
attraverso il riuso, esemplificando
sul problema della tutela architetture fortificate e dei
temi più complessi difficili, quello delle
e
implicante
castelli. Si tratta d'una questione
di straordinario interesse,
realtà storica
estraniati dalla
totalmente
Soggetti 'a rischio' ormai quasi per le
di studio arduo, in primo luogo
che li ha visti nascere; argomento e
di materiale bibliografico
difficoltà che comportano il reperimento la dimen-
rilievo diretto ed originale,
documentario, l'esecuzione d'un ed il loro stato
situazione per lo più impervia
sione stessa delle opere, la di
l'impegno, non semplice,
di conservazione. In secondo luogo per di
delineare una credibile prospettiva
di riuso per manufatti che più
hanno smarrito l'antica ragione
qualunque altro tipo edilizio, forse,
ed economica che li aveva
d'essere e la motivazione, militare, politica
suscitati.
la perdita della
Oggi perfettamente consapevoli di quanto
siamo
l'immissione di una destinazione
funzione originale e, in misura minore,
causa d'una rovina che procede con
267-268 d'uso degradante o incongrua siano
nel volgere non di secoli ma
ritmi esponenziali, riuscendo a distruggere,
di decenni, strutture in antico solidissime. Nella convinzione di quanta
il restauro 'delle sole pietre' in assenza del
poca efficacia abbia, quindi,
ristabilimento di un'adeguata funzione, ogni intervento che da questa
meritevole d'attenzione.
voglia partire si presenta già
Potrebbe sembrare, per quanto detto in precedenza, che parlare
tout-court di riuso invece che di restauro, inteso come procedura scienti-
fica, critica e conservativa, sia riduttivo e praticistico. Ma cosi non è, per
quella preliminare osservazione secondo cui, trattandosi di antiche e
dismesse architetture, la causa prima della rovina è costituita proprio
dalla perdita di funzione e non da agenti d'altro tipo, i quali, sisma
compreso, proprio dall'abbandono traggono maggiore efficacia distrut-
tiva. Da qui il concetto di "conservazione integrata', enunciato nella
Restauro, riuso, recupero 375

Europea del Patrimonio


Architettonico promulgata ad Amsterdam
Carta
del risultato congiunta delle tecniche di
dell'azione
nel 1975: si tratta
ricerca di funzioni 'compatibili, da conseguire con una
restauro e della
messa a punto dei mezzi giuridici, amministrativi,
finan-
ben concertata
obicttivo principale della pianificazione
ziari e tecnici. Essa posta quale
è
deve realmente 'integrare' le sue
urbana e territoriale, la quale, però,
della conservazione, non trattare quest'ultima come un
csigenze e quelle
clement0 a se o, comunque, secondario.
ed innesto di nuove funzioni (l'unica garanzia
In tal senso restauro
saltuario e, abbiamo detto,
che al restauro, atto pur sempre
per far sì un'assidua manutenzione) vanno di
sostituisca finalmente
raumatico, si della ricerca
dovendo attingere entrambi tanto al rigore
pari passo,
di fantasia creatrice o, se vogliamo,
d'in-
storica quanto a quell'apporto
la qualità del progetto di restauro e
ventiva indispensabili a garantire
al monumento.
l'idea giusta per ridare vita
dizione che può rientrare nel
Correttamente s'è parlato più di 'riuso',
di 'conservazione integrata') quale
suo
moderno concetto di restauro (o abusata
di 'recupero', locuzione ormai
basilare momento vivificante, che conservare i
Se lo scopo primario è di
e fonte di molteplici equivoci'.
storico-architettonico, ed il
nostri castelli, così come l'intero patrimonio
tecnico-scientifico è il restauro, in questa prospettiva
procedimento il riuso si
di Gaetano Miarelli Mariani
-

secondo una felice espressione


non come fine'; in termini
pone come 'mezzo, pur efficace, ma
un
considerazioni economiche legate al riuso
rigorosi di recupero, invece, le
quelle su culturalie conservative, subor-
prevarrebbero spontaneamente
dinandole fino ad oscurarle
del tutto.
come s'è più volte affermato,
il recupero si pone
Per queste ragioni,
collaterale al restauro ed
estraneo o, al massimo,
quale procedimento
interessando tutto il costruito ed
allo specifico campo dei beni culturali,
recente e squalificata (prediligendo
ogni 'preesistenza', anche la più risorsa eco-
come possibile
forse, con ragione, proprio questa) giudicata
nomica da riattivare.
destinazione d'uso nella sua giusta
Collocandosi il problema della
stessa del restauro, non d'un qualsiasi
prospettiva, interna alla disciplina con le vocazioni che
Tiuso si dovrà parlare ma solo di quello compatibile

attuale delle
Ciribini, Conservazione recupero restauro. Precisazioni sullo stato
A.L.C. il 'riuso', visto come «cambio di destina-
del costruito, Firenze 1991, distingue
aiscipline livello prestazionale della
c o m e «incremento del
funzionale», e la 'riqualificazione',
1One ricondotto ad un senso
conservativo e manutentivo.
unzione» (p. 107), dal 'recupero', minime (da
rendere leg-
manutentivo l'atteggiamento inteso a
4Sintende per recupero la concessione di alcun privileg0 a
sostituzioni materiche, senza
BCTSI quasi necessarie) le costruzione, visibile o invisibile,
dotata, in virtù del
quaisiasi parte, di qualsivoglia valore testinmoniale» (P. 46);
illimitato
Carattere relativo del giudizio storiografico, di M. Dezzi
delle posizioni espresse da
evidente, da un lato, il debito nei confronti della
appare da G. Rocchi, dall'altro la
s c a r s a identità
Daraeschi o, con qualche differenza, a quella, tout court, di 'conservazione o,
OZ1one di 'recupero', così determinata, rispetto
inteso in senso fortemente conservativo.
PEr altri, addirittura di 'restauro', pur
376 Avvicinamento al restauro

saprà rivelare. Non


monumento, indagato con intelligenza storica, sara pur sempre
necessariamente originale (anche se questo
dell'uso
ma d'un uso
o riproporlo),
preteribile, quando sia possibile conservarlo
e spirituale del
monumento.
corretto e rispettoso della realtà materiale
Centrale per l'Arte Sacra,
Non a la Pontificia Commissione
caso

conscia dell'analogo ed ancor più delicato problema


degli antichi edifici
le strutture monastiche e
ecclesiastici dismessi o male utilizzati, in specie
una Carta sulla destinazione
conventuali, ha sentito il bisogno di emanare
evidente come, per il
d'uso degli antichi edifici ecclesiastici'. Appare
del restauro si sommino,
patrimonio religioso, ai più generali problemi
di rispetto del
269 nella scelta delle nuove funzioni, specifiche esigenze
carattere sacro e dei significati spirituali dell'edificio d'origine religiosa.
Come una chiesa, anche un antico castello
vecchia
non potrå essere
moderno adatta-
considerato solo il muto e passivo 'contenitore' d'un
mento funzionale di restauro; esso dovrà venir indagato con cura e, di
in termini
conseguenza, posto nelle condizioni d'interagire positivamente,
d'uso ed anche d'immagine, col nostro intervento. Da qui, nuovamente,
dell'analisi diretta del
T'importanza della preventiva indagine storica e
le relative
degrado
monumento, anche per individuarne lo stato di
e

cause, si da delineare con chiarezza, accanto alle vocazioni dell'edificio,


vincoli e margini di libertà del restauratore. Il successivo apporto dell'in-
ventiva progettuale sarà allora considerato gradito, anzi indispensabile,
perché ricondotto entro rigorosi 'binari' storico-critici e storico-tecnici;
solo cosi si potrà garantire la perpetuazione del monumento, nella sua
integrità ed autenticità.
Dovrà sempre rispettarsi il fondamentale criterio del 'minimo inter-
vento' e del carattere preminentemente conservativo dello stesso, per cui
tutto ciò che si fa dovrà rispondere in primo luogo alle esigenze della
tutela e non, per esempio, a preconcette intenzioni di più intenso uso o di
rIconnotazione estetica.
Il monumento merita la considerazione del documento storico, del-
l'oggetto di scienza e della testimonianza artistica da rispettare compiuta-
mente, anche per il tramite, imprescindibile nella maggior parte dei casi,
del restauro. Questo sarà tale solo se culturalmente consapevole del bene
sul quale opera e dei rischi che ogni errore o
leggerezza potrebbero
comportare.

Si diceva che l'ultimo ventennio ha


registrato un sempre più difuso
CARTA Sulla destinazione d'uSO degli antichi
edifici ecclesiastici. Charte sur l'utilisation
des anciens bûtiments ecclésiastiques, Pontificia Commissione Centrale
Italia, Roma 1987, stampata a cura dell'arTEc, il per l'Arte Sacra in
consulenti (fra i quali S. Benedetti, documento,
G. Carbonara, G. De redatto da un gruppo al
v. Di Gioia, C. Pietrangeli, P. Angelis
Rotondi, G. Zander) coordinato da d'Ossat, F. Della Rocca,
direzione di P. Garlato, delegato della P. Amato, sotto la
Pontificia Commissione, fu approvato dai
panti al Convegno su «ll riuso degli edifici
tenutosi in Roma nei giorni 12-14 ottobrereligiosi:
parteci
memoria, continuità, trasformazione»,
1987.
Restauro, riuso, recupero 377

interesse, teorico-metodologico ed operativo, nei confrontí del patrimo-


nio edilizio esistente. Diverse ragioni spiegano tale orientamento, in
riduzione dell'attività di costruzione
primo luogo la persistente, «drastica
del nuovo, per una lunga crisi economica, per calo demografico, per
saturazione territoriale, per maggior complesSita dei Vincoli urbanistici,
ma anche per una più matura coscienza della necessità di usare al meglio
il patrimonio edilizio esistente, visto come proficua risorsa, tanto cultu-
rale quanto sociale e finanziaria. Non è stata ininfluente, in questo caso,
la parte migliore dell'esperienza condotta nella città di Bologna (quella
relativa alle provvidenze amministrative e socio-economiche) negli scorsi
anni Settanta e la diffusa convinzione che sia giunto il momento di
controllare lo 'sviluppo', di porre un limite allo spreco del territorio,
ormai inteso come un bene non rinnovabile, di riconsiderare con più
attenzione le ragioni dell'ecologia.
Per le implicazioni, oltre che economiche anche sociali e politiche,
del problema, ne è conseguita una vivace attività legislativa, che ha visto
nella Legge 457/78, incentrata sui problemi del recupero edilizio ed
urbanistico, il punto maggiormente innovativo. Tutto ciò senza che il
M.BB.CC.AA. riuscisse nel frattempo a far varare la tanto attesa nuova
legge sui beni culturali, quale superamento delle norme risalenti al 1939.
Trattando di patrimonio edilizio esistente, s'è detto, la prima diffe-
renza da considerare, in un paese come il nostro, dovrebbe essere quella
fra costruito storico-artistico e costruito edilizio corrente, valutabile in
termini prevalentemente economici (quasi tutto l'edificato postbellico,
dal 1945 ad oggi, costituente oggi in Italia più dei due terzi del totale).
Una prima distinzione, quindi, va posta entro il campo stesso di ciò
che si vuole conservare, chiarendo le motivazioni di fondo della tutela;
una seconda, sulle operazioni tecniche che ne discendono, individuabili in
prima istanza come 'restauro e come "recupero. A questo tema si deve
poi accostare quello dei rapporti fra restauro, progetto, storia e tecnica;
questioni che saranno, pur brevemente, affrontate nelle pagine seguenti.

Cfr. G. Miarelli Mariani, La città storica: alcuni nodi del recupero, in ANaSTILOSI.
L'antico, il restauro, la città, a cura di Francesco Perego, Roma-Bari 1986, pp. 264-269. in
specie p. 264 («ll binomio inscindibile fra recupero e preesistenze non può tuttavia far
considerare i l termine - seguendo un uso diffuso, quanto impreciso- come sinonimo di

restauro, Infatti ciò che esiste... non sempre postula di essere conservato e. in questi casi,
i "recupero. può legittimamente prevedere, quali suoi strumenti, interventi di sostitu-
zione elo di ristrutturazione, al fine di "rendere idonei alle necessità del nostro tempo
Oggetti nati per soddisfare bisogni diversi'"'»; fra questi strumenti ne troveremo di
«conservativi (come, appunto, la manutenzione e il restauro), non conservativi (conme le
ristrutturazioni, ripristini ecc.) oppure autenticamente innovativi (come le sostituzioni
con opere moderne). Ciò senza naturalmente impegnare, in questa sede, alcun giudizio di
merito sopra la congruità degli strumenti scelti in ogni specifica situazione...», Dello stesso
autore si v. Centri storici, note sul tema, Scuola di specializzazione per lo studio ed l
restauro dei monumenti, Università degli studi di Roma "La Sapienza", Roma 1992, pp.
S5-69.
378 Avvicinamento al restauro

come
si definiva
contributo, alcuni anni o r sono,
In un puntuale interventi sull'esistente»,
senza

tutto ciò che attiene «agli


'recupero
ulteriori specificazioni. nella
dichiarazione molto ampia e quasi generica che,
Si tratta d'una il recupero si
evita però il rischio di equivoci:
sua voluta indistinzione,
esistente, a tutto il
co-

definizione, al patrimonio edilizio


rivolge, per edifici più antichi a quelli
alle periferie, dagli
struito, «dai centri storici a pregio quelli più
40» ed oltre, «dagli edifici di maggior
degli anni 30 e

comuni». hanno considerato il


Altri autori, trattando degli stessi problemi,
riduzione della
a strategie di
qualcosa di
«connesso
come
recupero sistema metro
di processo di ripolarizzazione del
densità nel quadro un
d'intervento tese al
come «elemento centralee nelle politiche
politano»;
abitazioni e di servizi», collegato
soddisfacimento del fabbisogno di
urbana e di riuso; come
alle note questioni di riqualificazione
quindi la valorizzazione della
civiltà
mezzo fondamentale infine -

per -

materiale propria di classi subalterne».


difformi esiti,
voler individuare tanto
Definizioni, queste, che nel culturale che sot-
denotano con chiarezza
l'orientamento e ideologico
tende spesso l'uso del termine in questione.
il senso letterale è quello di
Non a caso, nella dizione di recupero,
un oggetto
ancor meglio 'riscattare'
ritornare in possesso', 'riavere',
concezione della tutela e del riuso come
perduto o trafugato; da qui alla
quale culturali «momento della lotta so-
«riappropriazione» dei beni
e

ciale» e politica il passo è breve.


edilizio che emerge dalla
Più confusa è la concezione del recupero
Legge 5 agosto 1978, n. 457 ed, in specie, dal suo art. 31: come manuten-
zione ordinaria e straordinaria (la quale comporta il rinnovamento e la
sostituzione di parti anche strutturali dell'edificio, oltre che l'adegua-
risanamento
mento igienico-sanitario e tecnologico), come restauro e
conservativo (che comprende il consolidamento, il ripristino
ed il rinnovo
come ristrutturazione edilizia (che
degli elementi costitutivi dell'edificio),
edilizio in tutto o in parte diverso dal
può portare «ad un organismo

V. Di Battista, Recupero, un nuovo progetto, in «Recuperare», I, 1982, n. 0 (febbraio),

P. 5.P. Tosoni, Considerazioni sul ricupero, in ArTI del Convegno Patrimonio edilizio
A cura di Alberto Abriani
esistente, un passato e un futuro. Interventi e proposte'.
Torino 1981, p. 49.
(Collegn0-Torino, 2-3 maggio 1980),
L. Grassi, voce Restauro nel DizioNARIO Enciclopedico UNEDI, vol. XII, Roma 1980,
le parole e le cose. Metodi
penultima colonna. Più di recente C. Fontana, Recuperare,
progettuali ed esiti pratici dell'intervento sull'edificato esistente in Italia, Firenze 1991,
ripercorrendo la vicenda del recupero ha rammentato «la proposta del riuso come ipotesi
politica» in relazione al problema della carenza d'alloggi popolari (p. 9) e la circostanza
che la parola abbia fatto «una delle sue prime apparizioni ufficiali, riassumendo in un solo
termine il riuso funzionale ed il risanamento fisico», nella Carta del restauro del 1972 (p.
37), precisamente nelle Istruzioni per la tutela dei "Centri Storici' e con la dizione
conservativo».
«recupero in termini di risanamento
Restauro, riuso, recupero 379

ristrutturazione urbanistica (che può giun-


precedente») ed infine come

«modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della


gere fino alla
rete stradale»).
Si tratta di d'operazioni che nulla hanno in comune se
un coacervo
un patrimonio edilizio già esistente, visto
non, appunto, d'interessare
e come utile risorsa".
come bene economico disponibile
In tutte le definizioni sopra riportate manca del tutto la coscienza
coincide in gran parte con l'edilizia
che, volenti o nolenti, l'esistente
storico-artistico' e 'bene
storica, la quale è, innanzi tutto, 'patrimonio
culturale'. In questo senso, più che di recupero dovrà trattarsi di vero e
proprio restauro' e d'opere di 'conservazione, secondo metodologie
scientificamente accreditate, sulla scorta di una tradizione operativa
ormai più che secolare; d'interventi attuati su beni d'indubbio valore
economico e sociale, ma riconosciuti degni di tutela in primo luogo per il
loro significato culturale.
Sui rischi dell'identificazione delle antiche testimonianze architettoni-
che (ed ancor più di quelle comunemente considerate 'minori') con un
generico 'patrimonio' edilizio della comunità, e sull'improprietà della
stessa dizione di 'bene culturale', si è espresso con la consueta chiarezza
G.C. Argan, in un passo già richiamato: «Non si può parlare di patrimo-
nio nel senso di una ricchezza che si è ricevuta in eredità, si amministra e
si tramanda... E fatale che, quando un patrimonio non rende, si cerchi di
liquidarlo: è quello che si sta allegramente facendo. E i più solleciti a
disfarsene sono proprio i titolari: le più oltraggiose violazioni dei centri
storici sono state autorizzate, spesso caldeggiate, proprio da quelle auto-
rità locali che avrebbero dovuto essere depositarie ... E più serio dire che
i beni culturali non sono di nessuno, e non sono beni. Sono l'oggetto di
una ricerca scientifica» e la scienza «è la struttura della cultura contem-
poranea»"

Solo dopo aver riconosciuto il duplice carattere del 'costruito' sul


quale si è chiamati ad operare, sarà possibile distinguere il mero recu-
pero e le altre azioni tecniche in qualche modo ad esso riferibili (quali il
risanamento', la 'ristrutturazione', la 'riqualificazione', il 'ripristino' e
tutte le forme di 'valorizzazione', non esclusi i vari riusi' e 'riutilizzi'", 270-271
fino agli interventi di recycling) dal restauro, dalla conservazione e da
un'attenta, specialistica manutenzione, intesi nel loro senso più proprio.

Per il puntuale commento, da parte di uno storico dell'architettura medievale, d un


caso assai dubbio di 'recupero' v. C. Bozzoni, Posizioni
ideologiche, metodologie operainye
e risultati nel «restauro» dei Centri Storici. Note in margine all'esperienza di Gubbio, In
«Storia architettura», III, 1978, 3, pp. 57-68.
Altre originali riflessioni sul tema del riuso sono in M. Civita, Uso
contemporaneo
edifici antichi, in «Opus», 1, 1988, pp. 197-206, che riporta anche, in lingua originale e lm
italiano, la Dichiarazione di Puebla (Messico, 1986) sul medesimo
G.C. Argan, Il governo dei beni culturali, in G. argomento.
Spadolini, Beni culturali. Diarlo
interventi leggi, Firenze 1976, p. 197. Il medesimo articolo era
dell'arte», 1973, 19, pp. 189-191. già apparso Su
«sto
380 A namento al restauro

Solo sulla base di tale distinzione, infine, si potranno affrontare i


problemi riguardanti la preparazione professionale specifica di operatori
maestranze. Ma la fondamentale separazione fra ciò che è oggetto
culturale e cid che non lo è non pare, oggi, realmente considerata né in
campo professionale né, tantomeno, in quello politico e legislativo; e
questo non certo per adesione convinta ad una visione esclusivamente
storicistica, non selettiva e quindi pan-conservativa del problema, ma per
assoluta ignoranza dello stesso.
Le grossolanità consentite dalla citata Legge 457/78 e da alcune
recenti normative antisismiche (D.M. 3 marzo 1975 e D.M. 2 luglio 1981)
non a caso emanate dal Ministero dei Lavori Pubblici senza l'apporto di
quello per i Beni Culturali e Ambientali, ne sono una precisa conferma.
Da una parte tale negativo orientamento è attribuibile a quegli
studiosi, anche d'estrazione accademica, che del restauro vedono solo
T'aspetto tecnico, consolidativo e di risanamento strutturale; dall'altra a
coloro che, per insufficiente preparazione storico-critica, considerano le
preesistenze quale normale campo per l'esercizio di una libera progetta-
zione. Quasi che i problemi irrisolti della città moderna si possano
avviare a soluzione a scapito dei centri antichi; o, ancor peggio, nella
presunzione che le antiche testimonianze architettoniche attendano con
ansia di riacquistare un significato attuale, che solo la moderna progetta-
zione può loro dare.
In questo senso affermazioni di principio, come quelle qui di seguito
riportate, appaiono illuminanti: «gli spazi dell'edificio» antico «non sono
da considerarsi degli ambiti vincolati, ma c'è alla base del gesto proget-
tuale una volontà di riappropriazione dello spazio, un'idea di trasforma-
zione... del vecchio edificio per le nuove funzioni. Con questo criterio si
sottopone il complesso ad una sorta di progettualità continua, aperta in
ogni momento all'intervento del progettista e degli utenti. Inoltre solo in
questo modo si lascia l'impronta del nostro tempo sulle pietre del vecchio
organismo, un'impronta che ci aiuterà a costruire la nostra storia futu-
ra». Impronta, aggiungiamo noi, che sarebbe meglio non dover mai
lasciare, almeno in questi termini.
Altrove, consuete forme di rispetto per l'antico sono viste. troppo
radicalmente, come generose concessioni alle ragioni conservative: il
manteninmento delle «strutture portanti degli edifici» e quello del «si-
stema delle aperture esterne» vengono considerati «pesanti limitazioni
operative» all'intervento nei centri storici
Non mancano, infine, atteggiamenti diversi e in qualche caso incorag-

"AScOLI PicENO. Centro storico: un'ipotesi di intervento, a cura di Valerio Borzacchini


e Doris Gava, Ascoli Piceno 1981, p. 112.
A. Scoccimarro M. Boriani, Programmare il riuso, in Arm del Convegno Patrimo-
nio edilizio esistente, un passato e un futuro. Interventi e proposte'. A cura di Alberto
Abriani (Collegno-Torino, 2-3 maggio 1980), Torino 1981, p. 66; tuttavia con interessanti
considerazioni, da parte dei due autori, su altri aspetti del problema.
253
253) Trento, Palazzo delle Albere, inizi XVI sec., lato est,
compresenza di diverse stesure decorative e d'intonaco: a
bugnato, più antica, poi con stemmi e medaglioni (foto 1987).
tra
254) Firenze, S. Maria a Ricorboli, 'Madonna in trono
angioli, dipinto su tavola, bottega di Giotto, situazione prima
dellintervento di restauro. La tavola d'età gotica è stata ta
gliata in alto e, più gravemente, in basso per ricondurla alle
proporzioni consuete d'un quadro rinascimentale (da U.
Baldini, Teoria del restauro e unità di metodologia, I, Nardini,
Firenze 1978, tav. 22, p. 112).

255) Madonna in trono, situazione dopo il restauro. Senza


nulla toccare dell'antico, si sono effettuate le reintegrazioni
necessarie per ridare alla tavola le sue giuste proporzioni e
l'originaria terminazione a ghimberga. E un caso singolare
e raffinato di 'reintegrazione delle lacune', anche se volto
soprattutto a grande lacuna, forse più di
ridurre una sola
carattere architettonico che pittorico. Più propriamente si po0
trebbe qui parlare d'un intervento di 'reintegrazione dell'im-
magine' (ibidem, tav. 23, p. 113).

256) Fiesole, Museo Bandini, "Madonna col Bambino', XlI


sec., dopo il restauro eil riproporzionamento con "un espe-
diente ricostruttivo esterno all'opera" ma tale da restiturle
piena leggibilità e godibilità (ibidem, tav. 24, p. 114)

254 256

255
258
257

259

257) Firenze, Museo del'Opera di S. Croce, 'Crocifisso', Cimabue, 1272 circa,


dipinto su tavola, particolare. Molto danneggiato dall'alluvione del 1966 il di-
pinto ebbe un lungo restauro; qui si mostra il dettaglio dela reintegrazione
della figura della Madonna con un intervento di 'selezione cromatica', assolu-
tamente non imitativo né competitivo con il tessuto pittorico originale (ibidem,
tav. 4, p. 94).

258) Crocifisso di Cimabue, reintegrazione della figura del Cristo con un inter
vento di 'selezione cromatica.
Si noti il ductus avvolgente delle pennellate, ciascuna portatrice d'un colore
puro che andrà a comporsi divisionisticamente con gli altri colori selezionati
per ottenere l'effetto cromatico voluto. L'importanza attribuita al ductus e la
selezione dei colori rendono questa soluzione molto diversa dal 'rigatino'
brandiano (ibidem, tav. 9, p. 99).

259) Crocifisso di Cimabue, reintegrazione d'una stesura pittorica idealmente


piana con 'selezione cromatica' e ductus omogeneamente orientato. Si noti
come le singole pennellate risultino
leggermente oblique le une rispetto alle
altre, per moltiplicarei punti di sovrapposizione del colore (ibid., tav. 7, p. 97).
260

262
261

260) Roma, S. Andrea della Valle, situazione attuale,


dopo Scala delle aperture, la gamma cromatica, la composizione
l'apertura di corso Vittorio Emanuele lle di corso del Rina-
scimento. Lo spazio-ambiente della maestosa facciata è stato generale e la sua articolazione (da "Monuments historiques,
161, 1989).
profondamente alterato; s'è procurato cosi un deterioramento
d'immagine pur in assenza di danni materiali al monumento 262) Roma, S. Maria di Montesanto, 'La cena in Emmaus,
(foto Fiorani 1994).
di Riccardo Tommasi Ferroni. Un caso singolare di pertetta
consonanza fra la cornice architettonica seicentesca della
261) Sarrebourg, antica chiesa dei Francescani (Cordeliers), chiesa e il moderno quadro neo-manierista, non pastiche ma
vetrata di Marc Chagall, 1959-63. L'artista è intervenuto nel
espressione d'una ricerca personalissima, capace di riempl
deambulatorio, nella parte nord del transetto e nel triforio
con piena autonomia di
re'naturalmente' il vuoto lasciato da un precedente dipinto,
linguaggio ma, al tèmpo stesso, ri
spettando alcuni criteri di avvicinamento all'antico, come la sempre di contenuto sacro (da "Europeo", XXXVII, 12 luglio
1982, 28)
263) Esempi di
superftici architettoniche
263
variamente trattate, differenti texture
moderne (AlTEC, Roma).

264) Istanbul, le antiche mura di Co.


stantinopoli risalenti a leodosio II, 413.
447 d.C., rilavorate fra VI el
sec., da
poco restaurate e pesantemente ripri.
stinate. Si trattava, in origine, d'un com-
plesso difensivo grandioso, formato da
un circuito intern0 spesso 3-4 m, alto
11, Con 96 torri, prevalentemente qua-
drate, e da un antemurale con 82 tori
A
minori, 10 porte, camminamento di ron-
da, fossato largo 15-20 m e profondo
5-7 (foto Fiorani 1988).

264 265

266

* * *

en's
265) Greenwich (Londra), Quee
House, arch. Inigo Jones, 1616-3r i s t i
Terno dopo il recente completo ripi
no (foto Fiorani
1993).
der
266) Esempio di restauro degl
nizzante: Madrid, sistemazione
Scavi presso la parrocchiale di
(toto
Andrès, dove visse s. Isidoro
Fiorani 1994).
267
268

DOomion)
olrare|

iT..

267) Esempio di riuso improprio: "Grande-Bretagne: comment 270


reconvertir une église en gymnase?". II vecchio edificio è
considerato un mero 'contenitore' di funzioni, senza atten
zione alla sua origine sacra ed alla sua stessa spazialità (da
"L'architecture d'aujourd'hui", 194, 1977, fig. c, p. 53).

268) Esempio di riuso improprio: Haarlem (Paesi Bassi),


riconversione d'una chiesa neo-gotica, la Spaarne Kerk,
1885, in un immobile d'abitazione per persone sole. ll pro
getto, dell'architetto Nico H. Andriessen, prevede la possibi
lità di ricavare 70 miniappartamenti (ibidem, fig. 4, p. 23).

269) Esempio di riuso improprio: Terni, la chiesa di S. Giu-


in palestra (foto Minestrini Pellegrini
seppetrasformata
1991)
271
269

edifici del centro stor


270) Esempio di recupero improprio: trattamento esterno
(Cattaro) nel Montenegro,
Co di Kotor
(foto Fiorani 1987).
interno
Kotor (Cattaro), i medesimi edifici, trattamento
271)
(foto Fiorani 1991).
272
275

273

272) Roma, via S. Caterina dei Funari, un palazzetto quasi del tutto privo del suo
vecchio intonaco. i tratta d'un caso alquanto raro, per lo più dovutoaun interven
to intenzionale dell'uomo e non ad abbandono o assenza di manutenzione. Di
consueto le cadute d'intonaco sono molto più contentute e si limitano alle zone piu
esposte all'azione dell'umidità di risalita dal terreno o discendente dai tetti; in altre
si possono manifestare fenomeni di distacco e rigonfiamenti, senza caduta, del
Pintonaco. Tutto ciò sta a significare che, il più délle volte, pesanti operazioni dil
274 rinnovamento delle superfici architettoniche esterne non sono realmente giustir-
cate (né sul piano tecnico né, a maggior ragione, su quello storico-critico) e ci
basterebbero, per la buona conservazione della fabbrica, modeste opere di npa-
razione localizzata (foto 1988).

u
273) Arenzano (presso Anagni, Frosinone), torre, prima degli ultimi interveni
restauro' (foto Fiorani 1992).

274) Arenzano, torre dopo i lavori. Poche ma ben mirate alterazioni materiai
volumetriche (modifica della finestrella, reintegrazione degli spigoli murart, chiu
Sura delle buche pontaie, riprese dei paramenti, rifacimento del tetto e delle a
daie) sono riuscite, in totale assenza di comprensione del valore del mdla
distruggere ogni carica poetica ed evocativa della torre, banalizzandola nela
ste d'una incomprensibile abitazione, né moderna né antica, tipological am
bigua e storicamente incerta (foto Fiorani 1993).

275) Esempiodi"incremento della bruttezza", secondo l'espressione di R.Assu ASSun

to: rivestimento con piastrelle ceramiche d'un vecchio edificio del centro s
storico

Siracusa (foto Fiorani 1993).


276 277

276) Bellezza naturale: le coste delllrlanda, arricchite dalla 278) Milano, Ospedale Maggiore, il Chiostro della Ghiacciaia
presenza dei ruderi di Dunluce Castle, a Portrush. Documen dopo i restauri postbellici che presentano 'criticamente' di-
tato fin dal XIV secolo, il castello fu abbandonato nel 1690 verse modalità d'intervento sulle lacune provocate dai bom-
(da J.O'Brien - D. Guinness, Great Irish Houses and Castles, bardamenti: inserzione di parti moderne, riprese localizzate,
Weidenfeld and Nicolson, Londra 1992, p. 15). sistemazioni a rudere, attento uso del verde. II risultato è di
alta qualità, tanto sul piano figurativo quanto su quello stori-
277) Vecchi muri patinati dal tempo: Aix-en-Provence, abba- co-testimoniale (da L. Grassi, Lo 'Spedale di Pover' del
zia cistercense del Thoronet, metà XII-XIll secolo (da Tesori Filarete. Storia e Restauro, Ed. dell'Università degli Studi di
d'arte cristiana, 13, 1966, fig. 1, p. 340). Milano, Milano 1972, fig. 293).

278
279

279) Statua equestre di Domiziano/Nerva, I sec. d.C., Napo espositivo. Vi si nota il


li, Museo Archeologico Nazionale, restauro. L'intervento della Carta del 1972,
convergere delle raccomanad
affinché si faciliti, senza
conservativo sui frammenti bronzei rinvenuti nel 1968 a falsificazioni, la "lettura" dell'opera, con una induiger
zione
Miseno, condotto col rigore che oggi distingue numerosi casi
analoghi, assume un nuovo e piu ampio significato grazie
realmente critica e creativa del restauro (da Domiziano
all'invenzione, propriamente di restauro, del supporto La statua equestre. Una proposta di ricomposizionc
Macchiaroli, Napoli 1987, tav. V).
Restauro, riuso, recupero 381

gianti. Basti considerare, sperando che alle parole seguano i fatti, le


proposizioni d'un architetto creativo quant'altri mai, come Renzo Piano,
per il quale «non si è creativi soltanto disegnando nuove forme o
strutture, si è creativi inventando soluzioni senza modificare l'esistente»".
Ma la «riappropriazione dello spazio», «la progettualità continua» e
l'insofferenza per tutte le «limitazioni operative», anche di natura tecno-
logica, assumono un diverso e positivo significato non appena s'introduca
la fondamentale distinzione fra beni culturali, architettonici e ambientali,
ed il generico patrimonio costruito; fra ciò che ricade sotto un'istanza
storica o estetica e ciò che, invece, è pura risorsa economica o sociale, da
rimettere in funzione e da gestire nel modo più accorto, nel pubblico o
privato interesse.
Una volta eccettuata, entro il grande insieme delle preesistenze, la
serie dei beni culturali, risulteranno chiariti compiti e limiti del recupero
edilizio, da un lato, del restauro e della conservazione dall'altro. In
quest'ultimo caso l'intervento mirerà innanzitutto alla tutela ed alla
perpetuazione di valori culturali criticamente riconosciuti, avvalendosi di
tutte le tecniche e di tutte le strategie consentite, ivi comprese, ovvia-
mente, la riproposizione d'un interesse economico, sociale o d'uso degli
antichi edifici. Evidentemente, in tale prospettiva, come si diceva, il
riuso', da fine primario qual è nel caso del recupero, recederà a semplice
mezzo', anche se dei più importanti; inoltre la funzione d'uso che, nella
progettazione del nuovo, è un dato a priori non potrà essere nel restauro
che un risultato a posteriori, frutto del riconoscimento (tramite un'attenta
analisi storica, costruttiva, distributiva, tipologica ed anche contenuti
stica, simbolica o iconologica) delle 'vocazioni' dell'edificio.

Proseguendo, in campo tecnologico, il medesimo ragionamento, se -

nel caso del normale recupero- affrontandosi una superficie intonacata


malridotta e bisognosa di cure, potrà risultare più pratico, agevole,
economico e sicuro rifare gli intonaci e ridare una tinteggiatura comple-
tamente nuova, magari industriale e di qualità migliore dell'esistente, nel
caso del vero e proprio restauro il problema sarà del tutto diverso.
Anche un semplice intonaco degradato è portatore di valori storico
documentari (circa le antiche tecniche esecutive e la corrispondente
manualità artigianale; circa gli antichi materiali e la loro provenienza,
con immediate implicazioni di storia dell'architettura e di storia econo-
mica ecc.) oltre che estetici, originali o stratificativi dal tempo (gusto
cromatico antico, patine, valori pittoreschi e d'ambiente ecc.). Per questo 272

genere di motivi esso merita d'essere, per quanto possibile, conservato.


Nessun rifacimento integrale, quindi, ma ripresa delle parti cadute e
consolidamento di quelle rigonfiate e distaccate; nessuna moderna ridi-
pintura coprente, anche se attuata ripetendo la tecnica di stesura antica,

"LE RAGIONI degli architetti, intervista a Renzo Piano, in «ltalia Nostra», XXXI, 1987,
254, p. 6.
382 Avvicinamento al restauro

ma conservazione delle tracce di colorito esistenti ed, al massimo, appli-

cazione di una velatura, sotto tono o in semitrasparenza, sulle parti


rinnovate, per adeguarle all'insieme.
Analogamente, nel caso dell'esecuzione di un nuovo impianto elet
trico sarà valutata l'opportunità di lasciarlo in vista, senza aprire tracce
negli antichi muri.
Nonricercata la soluzione immediatamente piu economica o
va

Pratica, quindi, ma quella più appropriata' alla qualità ed al valore


dell' oggetto che, essendo bene culturale è, per definizione, unico ed
irripetibile, irrecuperabile una volta che sia stato danneggiato o perduto.
Potrebbe sembrare che tale strada comporti necessariamente
costi
spropositati, insostenibili tanto dai privati quanto dalla mano pubblica,
ma ciò non è vero: un
altro criterio basilare del restauro, quello del
minimo intervento', definito teoricamente
Viene in nostro
già dalla fine del Settecento,
aiuto, invitandoci ad operare nei limiti dello stretto
necessario, facendo poco e bene, con una progettazione ed un'esecuzione
accurate
sione.
tecnologicamente ma limitate in termini di quantità e d'esten-
L'incremento di costi dovuto alla
richieste sarà,
cura
specialistica delle operazioni
quindi, compensato dalla contrazione
quantitativa delle
stesse.
Entra a questo punto in
gioco un
duplice ordine di considerazioni
economiche:
a. la necessità di
rivedere, neicapitolati e negli elenchi dei prezzi, la serie
delle voci di manutenzione
conservativa, per evitare che queste siano
penalizzate rispetto agli interventi più corrivi;
b. l'opportunità di
legare i finanziamenti ed i contributi
favore delle operazioni pubblici, in
di restauroe recupero, non alla dimensione
presunto costo globale dei lavori, ma al loro ed al
servativo', invece che innovativo. In altre intrinseco contenuto 'con-
già avanzato dal Politecnico di Milanoparole, secondo il suggerimento
alla regione
Trentino-Alto Adige, più si vorrà conservare e più si
autonoma del
sussidio economico pubblico. potrà fruire del
Anche il
più corretto dei restauri,
l'oggetto sul quale agisce (non tuttavia, costituisce un trauma per
per quanto brillante e diversamente dall'intervento chirurgico,
risolutivo, in campo
la medicina preventiva, è medico); ecco che, come per
programmata che deve sull'ispezione periodica e sulla 'manutenzione
oggi
dei beni culturali. Politica dafondare una seria politica di
tutela e coniugare
salvaguardia, da attuarsi con con altre puntualiconservazione
iniziative al
d'ordine ecologico e di apposite
recupero ambientale provvidenze legislative
d'inquinamento, riduzione dei (abbassamento dei tasSi
Premesso che s'intende permicrosismi da traffico ecc.).
conservativo che non «salvaguardia qualsiasi provvedimento
implichi l'intervento
diretto» sull'opera", si pluo
14
Carta del Restauro 972, art. 4.
Restauro, riuso, recupero 383

definire come 'manutenzione' non tanto «l'insieme delle operazioni ne-


cessarie per assicurare ad un immobile la dovuta efficienza funzionale»,
quanto piuttosto quelle intese a preservare il bene «dall'inevitabile de-
grado legato al tempo e all'uso»". In tal senso, rispetto allequivoca
definizione proposta dalla Legge 457/78, appare preferibile quella ripor-
tata nella Circolare del Comune di Milano del 24 ottobre 1977, che fa
riferimento a «lavori di piccola entità e di ricorrente esecuzione» i quali
non comportino mutamento alcuno delle caratteristiche originali» delle
unità edilizie interessate.
Più in particolare si possono considerare, secondo la trattazione che
ne fa Giuseppe Rocchi, opere di 'manutenzione ordinaria' «quei piccoli
ma quasi quotidiani interventi come riparazioni di tetti, canne fumarie,
grondaie,tubi e colonne di scarico, riparazioni delle colonne di
pluviali
distribuzione dell'acqua, del gas, dell'energia elettrica; riparazioni isolate
ai serramenti ed agli infissi in genere, nonché riparazionie sostituzioni di
maniglie, chiavistelli, cremonesi, vetri, nei locali di uso comune, sostitu
zione di apparecchi e dotazioni in genere dovute a normale usura»,
Lavori nei quali l'apporto di mano d'opera, ed il relativo costo, è
assolutamente prevalente rispetto a quello rappresentato dai materiali di
sostituzione. I lavori di 'manutenzione straordinaria' invece, riguardano
«gli interventi periodici come ridipintura di infissi in legno (in media ogni
cinque anni) e di opere in ferro (in media ogni dieci anni), con sostitu-
zione di parti anche di intelaiature e di singoli serramenti, ridipintura dei
vani scala nonché riparazioni per gravi danni delle coperture e terrazze,
delle grondaie e dei tubi pluviali, rifacimento di grandi tratti di intonaco
o di rivestimenti, ecc.»".
Qualcosa di ben diverso, quindi, da ciò che la Legge 457/78, sotto la
medesima dizione, consente: «modifiche necessarie per rinnovare e sosti-
tuire parti anche strutturali degli edifici» purché non comportino, al-
meno, variazioni «delle destinazioni d'uso».

5
A. Nicoletti R. Redivo, Il recupero del patrimonio edilizio esistente, Roma 1983, PpP:
-

49-50.
G . Rocchi, Istituzioni di restauro dei beni architettonici e ambientali, Milano 1985, p.
290 e, ugualmente, anche nella nuova edizione, Milano 1990*, p. 312.

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