Competenze in divenire
A differenza della prima metà del 900, dal secondo dopo guerra il rapporto fra il museo o la
società si modifica radicalmente: il museo non è più un’istituzione essenzialmente statica che
richiede solo competenze storico artistiche, archeologiche o naturalistiche oltre al rispetto delle
leggi di tutela e dei regolamenti. L’evoluzione delle conoscenze sul degrado e quindi sul
restauro e delle nuove tecnologie di sicurezza, di conservazione e di informazione, hanno
delineato le nuove caratteristiche del museologo: egli deve essere in possesso di una
specializzazione di area storica o scientifica; dovrà operare scelte in settori nei quali dovrà
collaborare con altri in prima persona: per la ricerca e la documentazione (editori, fotografi,
storici….), per la conservazione e la sicurezza (restauratori, analisti fisico chimici….), per gli
allestimenti (architetti, scenografi….), per la comunicazione (grafici, pubblicitari, educatori….).
Egli dovrà inoltre conoscere gli aspetti legislativi e amministrativi.
La disponibilità
- Prestito per mostre:
la legislazione italiana di tutela è particolarmente rigorosa nel controllare i rischi che il
prestito temporaneo per esposizioni costituisce.
l’autorizzazione e la decisione di accogliere la richiesta di prestito sono di competenza
dell’amministrazione responsabile sul parere motivato del direttore.
se il parere è favorevole la documentazione necessaria per il Nulla Osta deve essere
trasmessa alla sovraintendenza di riferimento.
talvolta può essere necessaria una istruttoria parallela presso gli uffici regionali.
la richiesta va accolta solo e soltanto se risponde agli obiettivi del proprio museo e risulta
utile a esso (opere principali).
fondamentale è acquisire garanzie su due fronti: rispetto alla collezione di appartenenza e
rispetto all’ente richiedente. Si tratta per il primo fronte di dati sullo stato di
conservazione, la fragilità intrinseca, le esposizioni e i viaggi già affrontati di recente, la
stima aggiornata del valore assicurativo; sul secondo fronte di dati sul profilo culturale del
comitato scientifico del progetto, sulle garanzie di gestione professionale, sulle condizioni
della sede/della sicurezza/del trasporto, sulle modalità di assicurazione e sulla definizione
dei responsabili tecnici.
Quindi in una prima fase la decisione spetta all’amministrazione responsabile poi
spetta alla sovraintendenza procedere con l’istruttoria e rilasciare o no il Nulla Osta.
-Deposito e scambi:
il deposito in convenzione presso altri musei o enti può modificare la possibilità di
studio/consultazione dei beni culturali. Per questo si tratta di una decisione delicata per la
quale è previsto un atto formale che indica vincoli e garanzie per cautelare il proprietario:
termini temporali, responsabili diretti dei beni, condizioni di tutela e salvaguardia.
-Uso non museale:
si tratta di tutti quei beni che arredano uffici di rappresentanza secondo una antica
consuetudine che però ne limita la fruibilità pubblica. A questo proposito sono attivi dei
progetti di ricognizione delle opere fuori sede per comprendere come salvaguardare le
opere che non possono rientrare presso il museo o che richiedono di essere lasciate in tali
luoghi. Ovvio che la gestione di tali opere fuori sede è più complessa. In ogni caso il
direttore del museo deve informare il consegnatario pro-tempore a prendere tutte le cautele
necessarie per la sicurezza e conservazione; questi è obbligato ad agevolare le operazioni
di ispezione e tutela e la fruizione pubblica.
3) CATALOGAZIONE E RICERCA SCIENTIFICA
Ambiti e finalità
Il museo come istituto di ricerca si adopera nell’espletamento di 6 differenti funzioni:
- Incremento delle raccolte: campagne di raccolta mosse da progetto scientifico
- Conservazione, tutela e restauro: conoscenza delle materie, delle tecniche e della storia
esterna dell’oggetto, come le successive collocazioni
- Esposizione: allestire una collezione richiede conoscenze e competenze per assicurare il
più alto grado di comprensibilità e di conservazione
- Comunicazione ed attività educative: il museo deve continuamente interpretare le raccolte
attraverso libri, mostre, iniziative didattiche
- Gestione: il primo requisito è la conoscenza delle collezioni per la successiva
programmazione e allocazione di risorse e dunque per la comunicazione delle collezioni
stesse
- Autorevolezza culturale: il prestigio consolidato di un’istituzione è anche importante come
leva per lo sviluppo futuro. Esso è accreditato anche dalla fisionomia scientifica del museo e
dagli scambi professionali che allargano il raggio di influenza su strati più vasti della
società.
Il centro di documentazione
Il centro di documentazione serve per la ricerca e la gestione interna, ma anche come servizio
permanente ed accessibile ad altri. Pertanto deve essere aperto al pubblico come un qualsiasi
archivio o biblioteca anche se la consistenza e le possibilità di accoglienza del museo sono di
solito più limitate. Se il patrimonio è vasto e la domanda esterna alta, è fondamentale che vi
siano uno o più responsabili; in ogni caso anche i musei più piccoli devono impiegare parte delle
risorse nella gestione documentale delle raccolte e per trasmettere agli studiosi e agli educatori le
informazioni che contiene.
Azione critica
La trasmissione al futuro dell’oggetto è alla base della missione del museo che deve saper
convincere attraverso la presentazione del valore significativo delle raccolte che il rapporto costi/
benefici in questo ambito è in attivo per la comunità.
Il direttore deve prevedere una serie di azioni di comunicazione e di valorizzazione rivolta al
pubblico ma anche ai decisori allo scopo di crescere il livello culturale anche dei materiali in
deposito. Si tratta di un progetto globale di miglioramento dei livelli di tutela e conservazione
che deve comprendere iniziative che consolidino la sensibilità dei portatori di interesse
facendone una sorta di progetto educativo a lungo termine, diretto a destinatari diversi.
Prevenzione incendi
Il responsabile dell’attività: secondo la normativa italiana sulla sicurezza dei luoghi di
lavoro e quella relativa alla prevenzione incendio nei musei, il direttore di museo è di solito
nominato responsabile dell’attività e talvolta anche datore di lavoro e pertanto è
responsabile penale per il mancato rispetto degli obblighi di legge.
Il responsabile tecnico: si occupa a fianco del direttore di redigere i piani di emergenza e di
apporre la segnaletica lungo i percorsi.
Furto e vandalismo
La custodia del patrimonio museale deve essere assicurata 24 ore su 24 per tutti i giorni
dell’anno e viene considerata un servizio essenziale per la collettività poiché deputata ad
assicurare il godimento dei diritti alle persone protetti dalla costituzione.
Le misure di protezione più sofisticate non escludono quelle più semplici poiché corrispondono a
diverse categorie di possibili ladri. E’ necessario disporre di un piano di tutela dal furto per
circostanze e tipologie di sinistri possibili: opere esposte a museo chiuso; opere esposte durante
l’orario di visita; opere esposte in mostre temporanee; durante lo svolgimento di cantieri edili
esterni; durante interventi tecnici interni o attività del laboratorio museale a museo chiuso;
durante i trasporti; presso sedi a cui sono concesse per manifestazioni; presso i laboratori di
restauro.
Protezioni meccaniche, elettroniche, umane:
Le prime sono di natura meccanica dagli infissi alle inferiate alle chiavi: proteggono in
modo concentrico e devono essere verificate dalla periferia verso il centro.
Le misure tecnologiche di controllo e allarme seguono quelle meccaniche e hanno
diversi livelli di protezione e di costi.
Fondamentali sono infine le risorse umane preparate alla gestione quotidiana, alla
lettura di allarmi e alle relazioni con polizia, carabinieri e tecnici.
In caso di furto: E’ fondamentale la denuncia alla Questura/Carabinieri con inventario e
documentazione fotografica, la denuncia alla compagnia assicuratrice, il rapporto alla
sopraintendenza, la trasmissione delle schede secondo il modello normalizzato ai
Carabinieri e al Nucleo Tutela del Patrimonio Artistico responsabile per territorio per
l’immissione nella rete informatica dell’Interpol.
Ambiente
Ogni oggetto a contatto con l’aria o esposto a variazioni climatiche subisce modificazioni fisiche
e chimiche (umidificazione, dissecamento, dilatazioni, contrazioni, efflorescenze saline ecc…).
Si tratta di alterazioni talvolta irreversibili.
Illuminazione: le onde elettromagnetiche possono provocare alterazioni dei colori e della
consistenza fisica (sbiadimento, ingiallimento, infragilimento, fessurazione ecc…). I
materiali organici sono i più sensibili agli effetti della luce, ma il rischio dipende anche da
altri fattori quali: tecnica di produzione, storia conservativa, distanza dalla sorgente, durata
di esposizione, direzione della luce, uso di filtri. I danni provocati dalla luce sono
irreversibili ed è per questo che oggi si fanno ricerche e simulazioni illuminotecniche
nell’ambito della prevenzione.
Microclima: situazioni di alta umidità possono causare modificazioni interne alla struttura,
comparsa di Sali in superficie, muffe e altre infestazioni biologiche. Alcuni materiali si
adattano meglio di altri, ma è necessario controllare le escursioni termiche e l’umidità
relativa ovvero la percentuale di vapore acque contenuta in un mc. di aria, espressa in 1-
100% U.R. . Infatti una alta temperatura e sbalzo termico può causare fessurazioni nel
legno, screpolature di pergamene/pelli/cuoio e decoesione di strumenti musicali ad arco e a
corda; troppa umidità causa invece efflorescenze saline su muri, ossidazioni e corrosioni,
distacchi di rivestimenti nelle ceramiche, rigonfiamenti, evanescenze, offuscamento di
specchi ecc… .
In primis è dunque fondamentale usare misure preventive: manutenzione di tetti, gronde e
infissi; interventi di deumidificazione; tende e filtri alle aperture da cui proviene la luce
solare; cautela nello spostamento degli oggetti in luoghi con microclimi diversi e nello
stoccaggio degli stessi.
Agenti biologici: sono una minaccia irreversibile che ha una diffusione molto estesa e che
prevede alti costi di recupero.
Muffe: le formazioni fungine microscopiche che si sviluppano su materiali organici o non si
diffondono per spore, pertanto la prevenzione si attua sia riducendo le polveri, sia
controllando il microclima e controllando sistematicamente sbalzi climatici o danni da
infiltrazioni; anche la ventilazione è fondamentale.
Insetti: per prevenire l’infestazione è necessario identificare l’insetto per comprendere i
materiali di cui si alimenta e le condizioni che lo attirano. Per evitare il rischio di
infestazioni è necessario sottoporre a controllo ogni nuovo bene.
Derattizzazione e intrusione di piccoli animali: è fondamentale una sanificazione periodica
qualora l’edificio sia in un centro storico antico o presso corsi d’acqua.
Restauri
Gli interventi dei restauratori sono autorizzati attraverso le sovraintendenze su cui vigila il
ministero per i beni e le attività culturali. I criteri di restauro e i parametri di garanzia per la
scelta dei restauratori sono definiti dalle leggi vigenti di tutela, tuttavia il responsabile tecnico-
scientifico del museo è in prima linea in tali interventi come primo conoscitore delle condizioni e
del contesto dell’opera.
La teoria del restauro di Cesare Brandi: esso definisce le linee teoriche e metodoligiche del
restauro dell’arte contemporanea. Brandi coglie le incongruenze dei restauri eseguiti nel
passato secondo criteri di integrazione che miravano a ricostruire la forma e simulare
l’identità espressiva dell’opera.
Al contrario egli è convinto che un’opera da restaurare non può subire varianti che
intervengano sulla sua essenza estetico-formale: è possibile agire solo sulla materia. In ogni
caso è necessaria una profonda cultura storico-critica dell’opera e del suo valore nell’ottica
di preservare scrupolosamente l’espressione artistica e i segni che le vicende esterne hanno
lasciato sul bene.
Dunque sono due i principi fondamentali della metodologia di restauro di Brandi: uno, si
restaura solo la materia dell’opera d’arte e due, il restauro deve mirare a ristabilire l’unità
potenziale dell’opera d’arte purché sia possibile raggiungere ciò senza commettere un falso
artistico e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo. In pratica
il restauro è regolato dall’imperativo categorico della veridicità e autenticità.
Per fare questo il restauro diventa un’operazione che coinvolge diversi attori: lo storico
dell’arte (direttore di lavori), il restauratore (formazione scientifica e tecnica), e in alcuni
casi anche analisi diagnostiche specialistiche e consulenze di vario genere (architetto,
microbiologo ecc…).
In altre parole Brandi sostiene che l’alterazione fisico chimica del bene può essere solo
rallentata attraverso un restauro preventivo contro l’indebolimento e le modificazioni della
materia.
Programmare una campagna di restauri: indipendentemente dai fondi disponibili una quota
delle risorse deve essere destinata a interventi ordinari e straordinari per i quali è necessario
disporre un piano di intervento da sottoporre a finanziatori e sovraintendenze oltre che ai
restauratori. I parametri per scegliere quali interventi e su quali beni sono relativi a: stato di
conservazione, significanza e valore del bene nella collezione, unicità, presenza di un
programma di riallestimento o di mostre interpretative.
Depositi
L’organizzazione deve essere guidata da obiettivi di: coerenza con le condizioni di sicurezza e di
conservazione preventiva; controllo e accesso agevole per movimentazione e manipolazione
sicura; facilità di collegamenti con gli altri spazi del museo.
Requisiti generali: si tratta delle misure antincendio, antifurto e di conservazione preventiva
oltreché di sicurezza per il lavoratore.
Controllo visivo: la densità degli oggetti infatti può rendere problematici i riscontri
inventariali e il controllo regolare delle loro condizioni.
Movimentazione: è fondamentale poter accedere a ciascuna opera senza doverne spostare
delle altre anche se questo richiede spazi adeguati. In ogni caso se la superficie e il volume è
vincolato, è necessario l’uso più razionale possibile dello spazio per evitare danni meccanici
causati da movimentazioni inutili, accatastamento progressivo e casuale e assenza di idonei
strumenti di movimentazione. E’ fondamentale anche dotarsi di attrezzature e materiali di
qualità.
Collegamenti: è necessario facilitare il passaggio alle sale di esposizione permanente e
temporanea attraverso ad esempio montacarichi. A volte però il rapporto con gli archivi può
essere stabilito attraverso la rete informatica e telefonica.
Accessibilità e barriere: anche i materiali conservati nei depositi dovrebbero essere
accessibili per la regolare consultazione da parte di esterni, ma non esistono ancora le
condizioni per applicare ai depositi le stesse misure di protezione e fruizione che sono in atto
negli allestimenti.
Sostenibilità
Si tratta di un argomento molto discusso in seno all’ICOM a seguito del rapporto Brutland della
commissione mondiale sull’ambiente nel 1987 e delle dichiarazioni della conferenza di Rio del
1992.
La riflessione peculiarità a i musei si spinge oltre la questione del risparmio energetico: la nuova
consapevolezza di uno sviluppo equo di tutte le popolazioni e delle generazioni future e la
conservazione di identità e memoria esigono maggiore attenzione agli aspetti sociali. Per questo
ai musei è richiesta una sempre più viva sensibilità nel preservare testimonianze materiali e
immateriali di comunità con peculiari culture e tradizioni che sono a rischio di scomparire: i
musei sono antichi collettori di testimonianze e promotori di nuove raccolte nell’ambiente che li
circonda. Inoltre è richiesta particolare attenzione alla trasmissione dei beni culturali che oggi
sono intensamente minacciati dall’uso e che pertanto possono essere definiti come risorse non
rinnovabili per le quali è richiesto un nuovo progetto di sostenibilità per consentirne la
sopravvivenza.
5) CREAZIONE E COMPOSIZIONE DI UN MUSEO
L’allestimento
Il fine ultimo è rendere espressivo, entro un sistema che risponde a un progetto organico, un
insieme di oggetti che altrimenti, nel loro isolamento o in una adeguata ostensione, non
raggiungerebbero la loro piena potenzialità di comunicazione diretta.
I punti di partenza sono: la collezione (natura, storia, consistenza, valore) e gli spazi
destinati alla mostra. Il museologo ha il compito di definire l’ordinamento mentre
l’architetto museografo deve coniugare le esigenze del percorso concettuale con i vincoli
dell’edificio, gli ambienti, le vetrine e i supporti più adatti. Entrambi devono coordinarsi con
il piano culturale e finanziario del committente (responsabile del museo).
La priorità spetta all’ordinamento scientifico e didattico proposto dal museologo nello
sviluppo narrativo che dà senso alle raccolte: è colui che ne conosce e detta le condizioni di
conservazione e gestione e è intermediario fra il museo e il pubblico futuro di cui anticipa le
istanze.
Il percorso
Origine e vocazione di una raccolta: ogni allestimento può essere interpretato come
l’inserimento in un nuovo contesto di un gruppo di oggetti che raramente hanno la
medesima provenienza e hanno condiviso l’originaria destinazione. E’ indispensabile
conoscere luoghi, committenze e produzione perché spesso i beni sono raccolti in
accorpamenti da individui, famiglie, gruppi o istituzioni per motivi che a loro volta
assumono valenza di documento storico. L’analisi della formazione e vocazione di una
raccolta è necessaria per comprendere il senso più profondo di cui essa è portatrice per
la società. Per questo motivo ogni nuovo allestimento deve nascere da un’operazione
storico-politica: infatti la decontestualizzazione degli oggetti dal loro luogo originario
ne ha in via teorica svalutato l’utilità individuale e collettiva.
Scelta dei criteri espositivi: i criteri espositivi sono solo alcune delle variabili possibili,
che possono essere smentite o superate nel tempo. Quando si opta per un tipo di
ordinamento si attua un’operazione legata al presente e all’attuale stato della ricerca
scientifica così come alle istanze del gruppo che si occupa della decisione.
Spetta al museologo comporre l’itinerario più adeguato a comunicare i messaggi insiti
nelle opere organizzando i materiali in successioni e nuclei coerenti (cronologici,
sistematico-classificatori, per temi e argomenti, geografici, suggestivi d’ambiente,
narrativo didattici, misti.
Oggetti semiofori: per stendere un progetto di esposizione è fondamentale la
catalogazione scientifica che fornisce tutte le informazioni necessarie per rispettare i
criteri di autenticità e consapevolezza dei messaggi trasmessi che sono impliciti
nell’opera. Il compito espositivo appartiene in maniera congiunta alla museologia e alla
museotecnica: è compito dell’ordinatore/curatore immaginare il rapporto visivo e
concettuale fra le opere, l’impatto delle strutture architettoniche sugli oggetti, i pieni e i
vuoti, i disagi che possono peggiorare la trasmissione dei significati. Egli dovrà
prevedere le soste indotte dal maggiore interesse degli oggetti, la quantità e l’effetto dei
cartelli didascalici, e dovrà mettere a fuoco in modo preciso e organico l’articolazione
dell’itinerario in nuclei (insieme di vetrine, supporti e appenderie). Oltre a pensare
all’illuminazione, il curatore deve soffermarsi sugli accenti/pause del suo discorso
(punteggiatura) per modulare tempi e spazi per la contemplazione in relazione
all’importanza dell’opera.
Destinatari e forma: il museo è allestito teoricamente per tutti, ma non può essere in
grado di trasmettere i suoi messaggi a qualunque individuo: può solo cercare di
amplificare la sua azione attraverso strumenti supplementari che favoriscano
l’approccio con gli oggetti (cartellini, guide, app). Allo stesso tempo però è necessario
far parlare prima di tutto gli oggetti riducendo il disturbo che tali sussidi possono
arrecare: si tratta di concertare l’originale con gli elementi della sua interpretazione dal
momento che il museo non è più solo un luogo per studiosi.
Impaginazione: macro e microallestimento. Dopo l’ideazione preliminare inizia la
collaborazione concreta museologo/museografo che ha lo scopo di creare strutture
assimilate esteticamente all’opera d’arte ma che al contempo non blocchino ogni
possibilità futura del museo di evolversi.
All’architetto spetta dunque la fase di macroallestimento: egli deve dare concretezza
progettuale e grafica alla distribuzione delle opere e degli oggetti lungo le pareti in
supporti e vetrine dai volumi meditati, componendo un disegno stilistico organico di
spazi, volumi, colori, luce, materiali, per la messa in opera più appropriata alla
fruizione, alla tutela e all’accessibilità delle opere da parte del personale e dei tecnici.
Insieme al museologo si verifica la seconda fase del microallestimento, in cui rientrano
le progettazioni degli allestimenti interni alle vetrine, dei messi di supporto e della
segnaletica di orientamento, informativa e didattica.
Nonostante ciò ragioni teoriche e pratiche rendono inapplicabile l’istanza di flessibilità
nell’esposizione permanente che è progettata e realizzata con alti costi per una lunga
durata, almeno generazionale.
Componenti museografiche
L’allestimento suscita inevitabilmente nei visitatori reazioni non neutre e incide nel bene e
nel male sulla ricezione dei messaggi e pertanto avrà ripercussioni certe sul buon
funzionamento del museo.
Itinerari e circuiti: lo schema planimetrico più diffuso è quello lineare o circolare
qualora il museo abbia sede in corpi di fabbrica coerenti e chiusi ad anello; frequente è
anche uno sviluppo rettangolare su più piani con almeno due collegamenti verticali
(discesa e salita) che si congiungano nell’atrio.
Sul nostro territorio in realtà la ricchezza del patrimonio monumentale adibito a museo
ha dato vita a situazioni molto varie in cui percorsi e passaggi sono rigidamente
connessi alla disposizione interna delle sale. Non esistono modelli applicabili ma solo
criteri generali che mirano a migliorare le condizioni di attenzione, orientamento e
benessere del pubblico e ad una gestione e custodia il più efficienti ed economiche
possibili (ordinamenti delle opere ad andamento sinusoidale e a zig-zag VS noia).
Pareti: le scelte formali mutano al variare delle teorie estetiche. Oggi il neo-
razionalismo legato a minori risorse economiche ha fatto mutuare dall’architettura
industriale e dal designer fieristico arredi meno costosi, più flessibili e ritenuti adatti alla
concezione di un museo che si riorganizza frequentemente, incrementando o sostituendo
i materiali esposti.
Luci: le luci costruiscono lo spazio. L’illuminazione è un’operazione di critica perché
attribuisce all’oggetto un livello di importanza e ne determina il punto di vista
accentuando alcune parti e occultando altre.
Non sempre la luce naturale ha solo vantaggi, qualche volta la luce artificiale dello
stesso colore di quella naturale ha fornito in maniera integrata un miglioramento
dell’illuminazione. Le caratteristiche da considerare riguardano sia l’intensità, sia la
direzione sia il colore della luce poiché questa è in grado di modificare/mistificare un
allestimento. In ogni caso l’illuminamento non potrà mai adattarsi alla diversa capacità
visiva dello spettatore, al contrario deve conformarsi alle conoscenze sulle cause di
danneggiamento dei materiali.
Colore e materiali costruttivi: nella sintassi museografica essi sono al centro dei rapporti
fra volumi e superfici architettoniche e la materia dei beni da valorizzare. I colori
collaborano a definire lo spazio (lo dilatano/restringono, forniscono sussidi
all’orientamento, isolano/avvicinano gli oggetti, evocano stili/ambienti/contesti). I
materiali di rivestimento e d’arredo hanno la capacità di deprimere/esaltare i pezzi
esposti, attraverso il coordinamento/neutralità voluta o il contrasto.
Distanze: la collocazione degli oggetti si basa su regole ormai codificate. L’angolo
ottimale di visione si situa fra i 37° e i 40° rispetto all’occhio del visitatore, il che
comporta talora difficoltà di sistemazione per quadri troppo piccoli o troppo grandi
mettendo alla prova la coerenza e la logica della successione dei materiali.
Ecco allora che si adoperano diversi criteri espositivi che facilitano tale disposizione:
raggruppamenti per tipologie e grandezza di misura, allineamento su ripiani a livello
dello sguardo o più remoti, a scapito però di sistemazioni più favorevoli ai ritmi della
concentrazione. In ogni caso per quanto l’allestimento di un museo sia il luogo del
possibile, non esiste comunque l’arbitrarietà e le opere devono essere ordinate sulla base
di criteri scientifico didattici.
Dalla cornice all’astuccio d’epoca: dal secondo dopo guerra di è provveduto in chiave
purista a rimuovere tutto ciò che era considerato una sovrastruttura dell’opera d’arte
(cornici) sottovalutandone il valore di testimonianza e prediligendo una presentazione
asettica dell’oggetto. Oggi la diversa attenzione alla storia / contesto / produzione
dell’oggetto ha indotto a recuperare il significato culturale di molti di questi accessori
scartati e che quasi mai sono stati salvati nei depositi. Ormai invece sono entrati a far
parte dei documenti museali e come tali sono accolti talvolta nell’esposizione.
Appenderie e supporti: il modo in cui gli oggetti sono fissati e resi saldi può creare
rischi per la loro sicurezza e conservazione o inficiare la qualità della loro estensione. E’
necessario che i mezzi di ancoraggio non siano accessibili al pubblico; talvolta le
esigenze di stabilità richiedono l’invenzione di sostegni costruiti ad OK così come nel
momento in cui la corretta esposizione di un oggetto ne debba rispettare l’antico
funzionamento. Ad esempio gli strumenti musicali ad arco o a fiato possono essere
sospesi con cavi semi-invisibili; le armi da taglio sono appoggiate secondo l’asse
verticale o orizzontalmente nelle rastrelliere; i capi destinati ad essere indossati
dovrebbero poter essere montati verticalmente per una resa naturalistica anche stilizzata
del corpo umano. Per i materiali bidimensionali che offrono due versi di lettura bisogna
cercare di rendere possibile la visione di entrambi.
Impianti tecnologici: questi sono causa di conflitto tra gli aspetti del restauro
architettonico e i vincoli di conservazione dell’edificio. In ogni caso attacchi, prese
elettriche e collegamenti alle reti dovrebbero essere definiti dopo il progetto di
allestimento.
Aspetti complementari
Manutenzione: una buona e regolare manutenzione di ogni settore assicura il tenore di
benessere del pubblico e degli oggetti a lungo termine. E’ quindi esigenza intrinseca alla
missione con riflessi culturali e sociali e non solo tecnici, l’attuazione di una gestione
quotidiana scorrevole ed economica. La manutenzione implica verifiche cadenzate e
costanti dell’impiantistica, la pulizia normale delle sale e la protezione degli oggetti
anche se questa è in contrasto con l’accessibilità degli stessi da parte del personale e con
la percezione estetica della loro disposizione.
Conservazione preventiva: conservazione assoluta e fruizione incondizionata non
possono coesistere. Si tratta sempre di mediare tra la salvaguardia e la fruizione più alta
possibile. Ecco quindi che è necessario prevenire danni provocati sia dal pubblico che
dal personale interno attraverso dissuasori di diverso tipo (cordoni, balaustre, basamenti,
telecamere ecc…). Allo stesso scopo è necessario prevedere disinfestazioni preventive,
definire periodi di irradiazione naturale/artificiale e ricorrere a restauratori per gli
spostamenti.
Il cantiere museale
All’interno dello stesso il museologo è tenuto a promuovere, organizzare e dirigere tutta una
serie di collaborazioni scientifiche, tecniche e artigianali necessarie all’attuazione del micro-
allestimento.
Autovalutazione
Ordinamento ed allestimento museografico rimangono opere soggettive dell’ingegno che
nessun parametro quantitativo di valutazione potrà esaurientemente giudicare anche se i
risultati si misurano su normative specifiche e standard tecnici di qualità. Esistono
comunque griglie di lettura critica per comprendere le caratteristiche della sede, del percorso
espositivo, delle impressioni generali a carattere sensoriale e di valutazione complessiva del
museo: sono guide di autovalutazione per stilare una sorta di recensione fondamentale per
riflessioni comparate su punti di forza e di debolezza.
6) LA COMUNICAZIONE CULTURALE
Mostre di interpretazione
Esse attraggono e raggiungono un settore più vasto di pubblico poiché fanno leva sul
carattere straordinario, temporaneo e di novità percepito come un’occasione unica da
cogliere. Di solito sono più ricche di significato in quanto frutto di competenze e
intelligenze creative diverse. Un museo può trarne forza se queste vengono pianificate
secondo un programma a lungo termine che risponde a una concezione unitaria in linea con
la politica culturale e coerente con la propria filosofia di mediazione. Il loro punto di forza
sta nel fornire informazioni significative per le quali è necessario avvalersi di ricerche
approfondite e strumenti visivi accessori che attirano maggiormente l’attenzione; per il resto
valgono molti dei criteri di allestimento indicati per le mostre permanenti.
La moderna teoria del museo insiste sulla destinazione all’interno della sede di spazi
dedicati a tali esposizioni temporanee: queste sono indispensabili a ogni istituzione attiva
che voglia rendere utili alla società i risultati delle ricerche e dei restauri o annunciare e
presentare nuove acquisizioni (la vetrina del mese).
Pubblicità
L’informazione al pubblico nelle sale si intreccia con quella diretta alla promozione e a
sollecitare la fruizione delle iniziative organizzate: la prima dà notizie, l’altra le dà in forma
pubblicitaria. Pertanto l’informazione all’interno delle sale può limitarsi a che cosa far
sapere, a chi, in che luoghi e con quali strumenti; mentre la pubblicità deve studiare una
serie di accorgimenti che sollecitino l’interesse, la curiosità e la partecipazione.
E’ necessario dunque in scarsità di mezzi, curare maggiormente l’informazione e la
promozione per raggiungere un pubblico più ampio possibile e per attirare nuovi apporti
finanziari: l’impressione e l’immagine di qualità devono dilatarsi verso la società
accreditando il museo presso l’opinione pubblica e gli influenzatori.
Poiché “cultura è mettersi nei panni degli altri” il successo delle proposte del museo si fonda
sulla passione/intelligenza/competenza del personale oltreché sulle capacità di suggerire
connessioni, amplificare la sensibilità e favorire un’evoluzione del gusto.
Alcune cause di una diffusione inefficace possono essere dovute a: inadeguato valore
comunicativo del titolo, scarsa pregnanza dell’immagine guida; informazioni poco chiare o
insufficienti; non immediata riconoscibilità dell’emittente; incoerenza fra iniziativa,
messaggio e canale di diffusione; scarsa qualità estetica dello strumento di informazione o
promozione; casualità del messaggio; tempistica errata.
Strumenti: devono essere tenuti in considerazione nella loro diversità di formato,
contenuto, pubblico e missione. Si tratta di materiale cartaceo (manifesti, locandine,
striscioni, poster fissi), internet, pieghevoli, promo-card, biglietti di ingresso, tessere,
bancomat, elenchi telefonici oltre a tutta una serie di strumenti di rapporto con la stampa
(comunicati, vernici e inaugurazioni riservate, servizi televisivi, radiofonici, conferenze
stampa). Inoltre è possibile sfruttare anche: corrispondenza, volantini, fiere e inserzioni
a pagamento, oltreché gestire e controllare la distribuzione di tutti questi materiali
approfittando delle rassegne stampa per pubblicizzarli.
Indirizzario: l’organizzazione deve conformarsi alle tipologie delle raccolte, al tenore
delle iniziative e ai canali e agli strumenti di diffusione che si vogliono utilizzare. Esso
si incrementa nel tempo grazie ai repertori di settore, ai contatti di diverso tipo raccolti
durante l’attività museale ma anche attraverso la raccolta di nomi di persone interessate,
partecipanti alle iniziative.
Il museo si presenta
Gli obiettivi di ogni museo sono: 1), rendere gradevole il primo approccio; 2), rendere
confortevole la permanenza; 3), lasciare un buon ricordo e il desiderio di ritornare.
A questo proposito sono fondamentali da tenere in considerazione nell’ipotetico itinerario di
un visitatore i seguenti elementi: la segnaletica esterna, i pannelli di orientamento intorno al
museo, l’atrio del museo e i servizi accessori, il personale di contatto, il materiale a
disposizione, il tempo, le agevolazioni tariffarie.
Appunti di economia
Linee guida del bilancio: per quanto riguarda le attività relative alle funzioni proprie del
museo (ricerca, conservazione, tutela, comunicazione, incremento delle raccolte ecc.)
esso può svolgere autonomamente i capitoli di bilancio riguardo le spese per forniture e
acquisti di beni strumentali che integrano la dotazione tecnico scientifica e le prestazioni
professionali tecniche, artistiche, editoriali necessarie all’attuazione del programma
annuale. In questo scenario il direttore-dirigente è la figura cardine fra le risorse
assegnate al suo “centro di responsabilità” e l’esecuzione di tale programma: il suo
obiettivo deve essere quello di utilizzare al meglio i fattori produttivi assegnati entro la
fine dell’esercizio. La formazione di debiti comporta responsabilità personali di natura
amministrativa.
Dopo l’approvazione del bilancio preventivo segue il (piano economica di gestione) che
ha la natura di un contratto che impegna reciprocamente il dirigente e l’amministrazione
del museo. Nel caso dovessero esserci varianti del programma spetta al dirigente-
museologo individuarne il massimo livello possibile allo scopo di mantenere i servizi
istituzionali al pubblico.
Rischi delle previsioni: è difficile stendere un bilancio preventivo convincente a causa
delle molteplici variabili in gioco sia per quel che riguarda le entrate sia in quanto alle
uscite: è necessario essere prudenti e scrupolosi per non inserire risorse in entrata che
non hanno una documentazione ufficiale e che rischiano un bilancio troppo ottimistico.
Piano economico di gestione (PEG): è il documento analitico che presenta l’attività
annuale del museo in coerenza con gli indirizzi e la pianificazione strategica espressi
dell’organo di governo all’inizio del proprio mandato. In linea di massima illustra
processi che si trovano in qualunque esercizio di bilancio: premessa narrativa,
programma e obiettivi annuali, oggetto e fattori produttivi impiegati, indicatori di
risultato.
Bilancio sociale
Il museo è in perenne concorrenza con altri bisogni della società naturali e tangibili in
quanto risponde a bisogni culturali che si avvertono solo dove esiste già una base di cultura
indotta dall’esterno e che si autoalimenta in situazioni favorevoli. Perciò il valore attribuiti
dalla collettività ad un museo può diminuire in un certo tempo in un certo luogo qualora la
gestione si riduca al minimo livello di sussistenza degli oggetti, che provoca deterioramento
degli allestimenti e conseguente chiusura dei servizi al pubblico.
In momenti difficili dunque l’unico motore di sviluppo può scaturire da un rinnovato
impegno culturale, magari derivato dall’incrocio di varie scienze che dimostrino come tutte
le attività del museo siano creazione di valore per la comunità.
Un nuovo modello di redazione del bilancio, il bilancio sociale, offre lo strumento che
permette alla collettività di verificare se il rapporto costi finanziari – economici e benefici
sociali è bilanciato ed equo. Esso permette di conoscere e verificare direttamente se il
patrimonio che idealmente le appartiene è ben curato, se ne sono sfruttate utilmente tutte le
potenzialità e se gli investimenti sono stati impiegati efficacemente per l’incremento del
valore culturale e sociale, in armonia con i criteri di sostenibilità finanziaria, economica e
ambientale. Questo nuovo approccio di rendicontazione dell’attività dunque prende in
considerazione le diverse categorie di portatori di interesse e le loro attese, rimodula in tal
senso contenuti e forme di gestione, va oltre i dati quantitativi ed individuali, cerca di
migliorare attraverso obiettivi coerente con la missione e il contesto di riferimento.
Lo sfondo sociale: mappatura dei portatori di interesse (stakeholder): la vita del museo
si intreccia a numerose categorie di persone che sono più o meno vicine e più o meno
attente alle sue attività e che pertanto possono direttamente o indirettamente
influenzarle. Tenere conto di queste relazioni rientra nelle conoscenze del contesto da
tenere in considerazione nella gestione complessiva: si tratta di una pratica che però è
appena cominciata e pertanto non si sono collaudate formule fisse a causa anche degli
scenari variabili e delle singolarità del museo diffuso italiano.
Creare relazioni virtuose fra stakeholder ad alta influenza e museo può migliorare
l’immagine stessa del museo: lo scopo è mirare anche al coinvolgimento progressivo e
costante dei portatori di basso interesse e di scarsa influenza in quanto così facendo si
adempirà il ruolo sociale del museo.
Indicatori di performance: il rendiconto deve anche permettere di cogliere a colpo
d’occhio quanto la gestione si è conformata ai criteri di efficienza, economicità ed
efficacia. A questo scopo sono richiesti degli indicatori particolari che dimostrino anche
il punto di vista qualitativo riguardo il conseguimento reale degli obiettivi connaturati
all’azienda museo e miglioramenti e gli effetti raggiunti rispetto ai precedenti esercizi.
In quest’ottica il bilancio sociale responsabilizza la comunità nei confronti del sistema
museo: se riesce a dimostrare la capacità del museo di creare valore sociale oltre
all’indotto economico, questa forma di rendicontazione può incentivare nel tempo
positive trasformazioni negli atteggiamenti culturali e maggiore coesione sociale
attraverso la creazione di fiducia nell’istituzione e nelle sue finalità. Per fare ciò deve
costruire e trasmettere un quadro meditato di indicatori di performance.
Risorse finanziarie
L’economia della cultura italiana ha individuato alcuni aspetti peculiari dell’azienda museo:
esso è affine ad un’azienda no-profit; le sue finalità sono di natura essenzialmente
intangibile, orientate cioè a creare valore permanente e a fornire servizi alle persone; il costo
della conservazione del patrimonio è ineludibile e può essere coperto solo in parte ridotta da
introiti diretti; l’efficacia della sua attività dipende da un buon grado di autonomia
decisionale e da capacità e competenza tecnico-scientifica coniugate ad adeguati profili
economico-gestionali.
Forme di autofinanziamento: sono risorse che il museo può procacciarsi in relazione
allo svolgimento delle sue funzioni. Si tratta di: contributi straordinari da soggetti
privati, a fondo perduto o per progetti concordati; proventi da partecipazioni a concorsi
a progetto da soggetti pubblici e privati; servizi di consulenza e ricerca resi a terzi;
diritti di riproduzione e diritti per merchandising; concessione di spazi connessi al
museo per manifestazioni varie; sponsorizzazioni; forme di associazione al museo;
contributi volontari dei visitatori; proventi derivanti da servizi a gestione diretta; vendita
pubblicazioni e video prodotti dal museo; noleggio audioguide; proventi derivanti da
visite guidate, conferenze, corsi ecc.; biglietti di ingresso e abbonamenti.
Sponsorizzazioni: sono accordi regolati da contratti che devono cautelare gli interessi
legittimi delle parti ma che devono essere accettati considerando attentamente alcuni
elementi di congruità tra sponsor e museo oltreché di interesse economico. Nella
maggior parte dei casi infatti i finanziamenti sostanziosi vanno a favore di istituti già
molto noti mentre i finanziamenti modesti rischiano di non ripagare l’onere delle
istruttorie.
Mecenatismo: dati alcuni problemi relativi all’autofinanziamento legati all’eccessivo
assorbimento di energie del personale e al fatto che esso non sempre copre l’intera
richiesta di risorse, alcuni musei rimettono in gioco la possibilità di individuare nuovi
mecenati che in maniera liberale e disinteressata si accontentino del valore etico e
sociale della loro azione.
Le risorse umane
Il successo delle azioni che si compiono in un museo dipendono in larghissima misura dal
personale che si dedica alle collezioni e che costituisce la più importante forma di
investimento per lo sviluppo di un’istituzione orientata a mantenere e creare valore nella
sfera sociale: intelligenza, formazione professionale, abilità tecniche e capacità sorrette da
una forte vocazione, sono leve di successo anche in presenza di modeste risorse
economiche.
Profili professionali: la Carta nazionale delle professioni museali mira a definire figure
professionali e ruoli accanto al direttore e al conservatore e favorisce l’incremento del
personale esterno con contratto part-time che risponde in molti casi agli interessi delle
due parti.
Schema di progetto per stages formativi: consiste nella convenzione con diversi istituti
di istruzione per un periodo di attività formativa e di orientamento degli allievi degli
ultimi anni dei singoli corsi o che hanno conseguito da un numero di mesi fissato
l’attentato finale. Si tratta di una relazione sinergica in cui le parti si aiutano a vicenda
nel conseguimento della propria missione anche se talvolta il museo sfrutta il lavoro del
tirocinante senza inserirlo nella dinamica di gruppo o in altre occasioni è l’istituto di
istruzione a declinare la responsabilità didattica interamente al museo.
Relazioni di gruppo: il lavoro museale è di natura interdipendente e la sua riuscita si
regge sullo scambio costante di informazioni, sull’accettazione da parte dei membri del
gruppo di fini, valori e regole comuni, e su come il responsabile del gruppo riesce
trasmettere passione e orgoglio di appartenenza. Il suo ruolo è quello di motivare,
informare e agevolare lo scambio di informazioni del gruppo, delegare e distribuire gli
incarichi, stimolare ed educare all’innovazione, assicurare occasioni di autoformazione
e di aggiornamento, valutare i risultati, studiare incentivi.
Sulla legislazione
Il carattere pubblico e sociale del museo esige la conoscenza di norme e atti legislativi che
regolano specificamente alcune sue funzioni e servizi. Oltre al Codice Urbani esistono
raccolte e riviste specialistiche di settore. Le principali aree in cui occorre tenersi informati
ed eventualmente ricorrere ad una consulenza specializzata riguardano tutte le attività
primarie del museo (conservazione, restauro, sicurezza, catalogazione, ricerca) oltreché
l’allestimento, la comunicazione, diffusione e pubblicazione di informazioni, l’accoglienza,
la gestione e l’economia.