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Societ Chimica Italiana Divisione di Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali

Seminario ScientificoTecnico Dipartimento Scienza dei Materiali Universit del Salento

col patrocinio di:

X CONGRESSO NAZIONALE X CONGRESSO NAZIONALE DI CHIMICA DELLAMBIENTE E DEI BENI CULTURALI DI CHIMICA DELLAMBIENTE E DEI BENI CULTURALI
CONOSCENZA E CREATIVITA CONOSCENZA E CREATIVITA

Acaya Golf Hotel


Acaya, Vernole (Lecce), 11 - 15 Giugno 2007

ATTI DEL CONGRESSO

SCOPO DEL CONGRESSO La Chimica una tra le pi importanti discipline scientifiche in grado di fornire elementi conoscitivi per lo sviluppo di azioni atte a salvaguardare luomo, la qualit della vita e lhabitat naturale. La Chimica, inoltre, in grado di supportare politiche di sviluppo sostenibile e affrontare emergenze planetarie, spesso legate a un irrazionale uso delle risorse. La Chimica, come scienza al servizio dellumanit, dimostra dunque la sua forza creativa nellinnovazione tecnologica, nei nuovi materiali e nei processi industriali puliti e, allo stesso tempo, nel settore dei Beni Culturali, offre strumenti metodologici per la salvaguardia e valorizzazione. In questo senso, la Chimica si propone come Scienza di Vita a difesa degli equilibri naturali e per la tutela delle opere frutto dellingegno umano. Il X Congresso Nazionale della Divisione di Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali vuole, dunque, mettere in risalto questi aspetti, confrontando le pi avanzate esperienze scientifiche in campo nazionale. La scelta di Acaya, esempio di cittadella medioevale fortificata, vuole esaltare il connubio tra Ambiente e Beni Culturali in unarea, il Salento, dove la conservazione del patrimonio naturalistico e storico-culturale diventano strumenti di un armonico sviluppo del territorio. I temi del Congresso riguardano aree come metodi innovativi di conoscenza e indagine, prevenzione, protezione e qualit. Allinterno di queste trovano spazio importanti problematiche come la bonifica dei siti contaminati e la valutazione del rischio ambientale, gli inquinanti prioritari e le nuove direttive per le sostanze chimiche, l inquinamento di aree urbane e la salute umana, la depurazione delle acque e gestione dei rifiuti, la conservazione e valorizzazione dei beni culturali.

Nicola Cardellicchio Presidente della Divisione di Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali

COMITATO SCIENTIFICO
Angelo Albini, Universit di Pavia Ezio Bolzacchini, Universit Bicocca, Milano Luigi Campanella, Universit La Sapienza, Roma Nicola Cardellicchio, CNR-IAMC, Taranto Antonella Casoli, Universit di Parma Alfredo Castellano, Universit del Salento Maria Perla Colombini, Universit di Pisa Massimo Del Bubba, Universit di Firenze Gianluigi De Gennaro, Universit di Bari Angelo DellAtti, Universit del Salento Franco DellErba, CRC - Taranto Paola Gramatica, Universit dellInsubria, Varese Nadia Marchettini, Universit di Siena Gioacchino Micocci, Universit del Salento Luciano Morselli, Universit di Bologna, Rimini Fabrizio Passarini, Universit di Bologna Roberto Ramadori, CNR-IRSA, Roma Corrado Sarzanini, Universit di Torino Antonio Tepore, Universit del Salento Pietro Tundo, Universit di Venezia

COMITATO ORGANIZZATORE
Cristina Annicchiarico, CNR-IAMC, Taranto Alessandro Buccolieri, Universit del Salento Giovanni Buccolieri, Universit del Salento Micaela Buonocore, Universit di Bari Antonella Di Leo, CNR-IAMC, Taranto Vittorio Esposito, Consorzio INCA, Lecce Santina Giandomenico, CNR-IAMC, Taranto Floriana Pizzulli, Universit di Bari Stefania Santoro, CNR-IAMC, Taranto Mariella Siciliano, Universit del Salento Lucia Spada, Universit di Bari

SEGRETERIA SCIENTIFICA E ORGANIZZATIVA


Nicola Cardellicchio CNR - Istituto per lAmbiente Marino Costiero, via Roma 3, 74100 Taranto Tel. 099 4542208/206/207, Fax 099 4542215, e-mail: n.cardellicchio@iamc.cnr.it

CON IL PATROCINIO DI:


Regione Puglia, Provincia di Lecce, Comune di Vernole, ARPA Puglia, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Consorzio Interuniversitario INCA, Ordine Interprovinciale dei Chimici di Lecce e Brindisi, Ordine dei Chimici di Taranto, S.C.I. Gruppi Interdivisionali Green Chemistry e Scienza e Tecnologia degli Aerosol, WWF.

ARTICOLAZIONE DEL CONGRESSO


Il Congresso articolato in conferenze plenarie, comunicazioni orali e poster. Le comunicazioni orali hanno la durata di 20 minuti, compresa la discussione. Il formato dei poster non deve superare la dimensione di 80 x 100 cm. I poster saranno affissi il primo giorno e per tutta la durata del Congresso.

Si ringraziano gli sponsor:


Analitica S.a.s., CEM, Chebios, Consorzio Interuniversitario INCA, Ecomondo, FKV, Italgest, Labozeta, LabService, Lenviros S.r.l., Levanchimica, Monticava, Osservatorio di Campi Salentina, Perkin Elmer, Sea Marconi Technologies S.a.s., Seminario Scientifico Tecnico - Universit del Salento, Shimadzu, Solvay Chimica Italia S.p.a., STD Italia S.r.l., Systea, Varian, Zanichelli.

CHEBIOSSud s..r.l. s
Ch emistr y and Bi och emi str y Sol uti on s

PROGRAMMA
LUNED, 11 giugno 2007 Arrivo dei Congressisti allAcaya Golf Hotel 17.00-20.00 20.00 Registrazione dei partecipanti Cocktail di benvenuto - Acaya Golf Hotel

MARTED, 12 GIUGNO 2007 8.00-9.00 9.00-10.00 Registrazione dei partecipanti Cerimonia inaugurale: saluto delle Autorit, apertura del Congresso Consegna delle Medaglie a Personalit scientifiche della Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali Consegna delle Medaglie della Divisione a: LUCIANO MORSELLI, Universit di Bologna, Sede di Rimini MARIA TERESA VASCONCELOS, Universit di Porto Consegna dellaMedaglia Libertia: LUIGI CAMPANELLA,Universit La Sapienza, Roma CONFERENZE AD INVITO Presiedono: M. Del Bubba, C. Sarzanini 10.00-10.40 10.40-11.20 L. Morselli La Chimica dei Beni Culturali: il degrado dovuto allazione degli inquinanti M.T. Vasconcelos Influence of salt marsh plants on levels and speciation of trace metals in sediments and water column in case of sediment re-suspension Coffee break SESSIONE: ANALISI DI RISCHIO E BIOINDICATORI 11.40-12.00 12.00-12.20 A. Marcomini, A. Critto, C. Micheletti, E. Semenzin Lanalisi di rischio ecologico nella gestione dei siti contaminati D. Brigolin, F. Rampazzo, D. Berto, S. Covelli, S. Predonzani, M. Giani, R. Pastres Un modello matematico per lo studio degli impatti delle attivit di mitilicoltura sulla chimica dei sedimenti superficiali S. Girotti, L. Bolelli, E. Ferri, E. Maiolini, M. G. Fumo, N. Barile, P. Fonti I bioindicatori nel monitoraggio ambientale: batteri bioluminescenti, mitili, squali ed api M. Bernardello, E. Centanni, S. Noventa, D. Berto, M. Formalewicz, M. Giani, B. Pavoni Metodiche per la determinazione di composti organostannici: applicazione al mollusco bioindicatore Nassarius nitidus nella laguna di Venezia

11.20-11.40

12.20-12.40

12.40-13.00

13.00-14.30

Intervallo pranzo SESSIONE: SITI CONTAMINATI, DEPURAZIONE, RIFIUTI Presiedono: G. Petruzzelli, R. Ramadori

14.30-14.50

L. Campanella, R. Antiochia, F. Borzetti, P. Ghezzi, E. Martini, M. Tomassetti Il Vetiver una nuova opportunit per la fitodepurazione da metalli pesanti: prestazioni e comportamento S. Doumett, A. Cincinelli, D. Fibbi, L. Lepri, S. Mancuso, M. Del Bubba Applicazione di tecniche di fitoestrazione per la bonifica di suoli contaminati da metalli pesanti C. Alisi, R. Musella, F. Tasso, C. Ubaldi, S. Manzo, A. R. Sprocati Biorisanamento di suolo contaminato da diesel mediante bioaugmentation con un consorzio microbico autoctono, isolato dal sito di Bagnoli-Coroglio C. Di Iaconi, G. Del Moro, R. Ramadori, A. Lopez Applicazione su scala dimostrativa della tecnologia a biomasse granulari per il trattamento dei reflui municipali C. Bonserio, A. M. Losacco, M. Muolo, F. Tedeschi Laser induced breakdown spectroscopy (LIBS) monitoring emission produced by a plasma torch for the treatment of wastes M. L. Feo, M. Sprovieri Metodi di decontaminazione da idrocarburi policiclici aromatici in sedimenti marini: soil washing e reagente di Fenton Coffee break Presiedono: N. Marchettini, P. Bruno

14.50-15.10

15.10-15.30

15.30-15.50

15.50-16.10

16.10-16.30

16.30-16.50

16.50-17.10

G. Pojana, E. Corrocher, A. Fantinati, D. Vallotto, A. Marcomini Sostanze farmaceutiche in ambienti costieri: comportamento negli impianti di trattamento sversanti in laguna di Venezia F. Italiano, A. Agostiano, F. Milano, L. R. Ceci, F. DeLeo, R. Gallerani, L. Giotta, A. DellAtti, A. Buccolieri, G. Buccolieri, M. Trotta Interazione fra metalli pesanti e batteri fotosintetici rossi anossigeni R. Terzano, M. Spagnuolo, B. Vekemans, K. Janssens, P. Ruggiero Alcune applicazioni di tecniche microanalitiche che impiegano raggi X di sincrotrone per lo studio di metalli nel suolo e nella pianta B. De Tommaso, G. Mascolo, C. Malitesta, G. Bagnuolo, V. F. Uricchio, G. Brunetti Applicazione della tecnica TD/GC/MS per la determinazione diretta di PCB in campioni di suolo contaminati RIUNIONE DOCENTI GRUPPO CHIM12 VISITA AL CASTELLO DI ACAYA

17.10-17.30

17.30-17.50

17.50-18.10

18.30-19.30 20.30

MERCOLED, 13 giugno 2007 CONFERENZA AD INVITO Presiedono: L. Morselli, F. Passarini 9.00-9.40 L. Campanella Ambiente e Beni Culturali: un ponte per la Chimica fra passato,presente e futuro SESSIONE : TECNICHE DI INDAGINE PER I BENI CULTURALI 9.40-10.00 P. Baraldi, F. Paccagnella, P. Zannini Development of complementary microscopic techniques in the analysis of cultural heritage materials L. Campanella, F. Borzetti, R. Dragone, P. Galli La datazione di manufatti cementizi: un problema ancora aperto F. Adduci, A. Buccolieri, G. Buccolieri, A. Castellano, R. Cesareo, L. S. Leo, F. Vona La fluorescenza a raggi X in dispersione di energia (EDXRF) per lo studio della tela San Felice in Trono di Lorenzo Lotto L. Campanella, C. Costanza, A. DAguanno Applicazioni di un fotosensore di persistenza ambientale a carte antiche Coffee break SESSIONE: QUALIT DELLARIA E PARTICOLATO ATMOSFERICO Presiedono: E. Bolzacchini, G. De Gennaro 11.20-11.40 M. Amodio, P. Bruno, M. Caselli, P. R. Dambruoso, B. E. Daresta, G. de Gennaro, P. Ielpo, V. Paolillo, C. M. Placentino, M. Tutino Monitoraggio e composizione chimica del PM2.5 e PM10 in Puglia P. Bonanni, A. Giovagnoli, C. Cacace, R. Gaddi Impatto dellinquinamento atmosferico sul patrimonio storico-artistico italiano: definizione del rischio ambientale-aria nellarea del comune di Roma A. Bergamo, A. Buccolieri, G. Buccolieri, I. Carofalo, A. DellAtti, M. R. Perrone Caratterizzazione chimica di particolato atmosferico frazionato P. Fermo, A. Piazzalunga, R. Vecchi, G. Valli, M. A. De Gregorio Levoglucosan, a tracer for wood combustion in Milan particulate matter L. Pasti, F. Dondi Frazionamento in campo termico-flusso di particelle submicroniche Intervallo pranzo SESSIONE: BENI CULTURALI Presiedono: L. Campanella, F. DellErba 14.30-14.50 A. Proto, M. Alfano, M. Passamano, A. Farina, C. Scarabino, D. Alfano, O. Motta Archeologia, ambiente e salute

10.00-10.20 10.20.10.40

10.40-11.00 11.00-11.20

11.40-12.00

12.00-12.20 12.20-12.40 12.40-13.00 13.00-14.30

14.50-15.10 15.10-15.30 16.00 20.00 21.15

E. Campani, A. Casoli, K. Trentelman Studio di leganti organici in provini simulanti la pittura murale A. Maccotta, P. Fantazzini, M. Gombia, M. Brai, M. Marrale Indagini NMR su legni moderni e antichi VISITA OASI NATURALISTICA WWF DELLE CESINE Cena libera in Hotel VISITA GUIDATA ALLA CITT DI LECCE ALLA SCOPERTA DEL BAROCCO

GIOVED, 14 giugno 2007 CONFERENZA AD INVITO Presiedono: A. Casoli, L. Rampazzi 9.00-9.40 P. Cremonesi Il contributo della Chimica alla conservazione e al restauro delle opere policrome SESSIONE: QUALIT DELLARIA E PARTICOLATO ATMOSFERICO Presiedono: M. Caselli, A. Piazzalunga 9.40-10.00 P. Barbieri, L. Di Monte, S. Cozzutto, C. Vezzil, F. Lo Coco, P. Sist, B. Scaggiante, A. Bandiera, R. Urbani Studies on stack emissions: defining policyclic aromatic hydrocarbons profiles for source apportionement and protocols for toxicity testing M. Amodio, P. Bruno, M. Caselli, G. de Gennaro, M. R. Saracino, M. Tutino Monitoraggio indoor di composti organici volatili e caratterizzazione delle principali sorgenti emissive E. Filippo, D. Manno, A. Serra, T. Siciliano, M. Tepore, P. Ielpo, M. Caselli Caratterizzazione morfologica e composizionale del particolato aerodisperso di origine urbana e industriale in due citt del sud Italia L. Ferrero, S. Petraccone, M. G. Perrone, G. Sangiorgi, B. Ferrini, Z. Lazzati, C. Lo Porto, E. Bolzacchini, A. Riccio, E. Previtali, M. Clemenza Altezza dello strato di rimescolamento e variazioni nella distribuzione dimensionale del particolato atmosferico lungo profili verticali nellarea urbana milanese Coffee break SESSIONE: BENI CULTURALI Presiedono: O. Chiantore, M. P. Colombini 11.20-11.40 11.40-12.00 R. Ploeger, D. Scalarone, O. Chiantore Caratterizzazione di colori alchidici per artisti A. Diamanti, F. Valentini, G. Palleschi, E. Tamburri, M. L. Terranova, S. Bellezza, P. Albertano Studio analitico dei processi di deterioramento di alcuni materiali lapidei e strategia enzimatica di recupero

10.00-10.20

10.20-10.40

10.40-11.00

11.00-11.20

12.00-12.20

A. Andreotti, I. Bonaduce, U. Bartolucci, A. Ceccarini, M. P. Colombini, A. Favara Un progetto per la salvaguardia degli affreschi del camposanto monumentale di Pisa S. Iacopini, E. Joseph, R. Mazzeo, D. Prandstraller, S. Prati Indagini analitiche su manufatti in argento dal sito archeologico di Classe (Ravenna) F. Adduci, G. Buccolieri, A. Buccolieri, A. Castellano, L. S. Leo, C. Ragusa, F. Vona Studio delle cause di degrado della basilica di Santa Croce a Lecce: la risalita capillare dei sali solubili Intervallo pranzo SESSIONE POSTER RIASSUNTO DEI POSTER Presiedono: A. Casoli, L. Morselli SESSIONE: BENI CULTURALI Presiedono: A. Castellano, A. Taticchi

12.20-12.40

12.40-13.00

13.00-14.30 14.30-15.30 15.30-16.00

16.00-16.20

A. R. Sprocati, C. Alisi, F. Tasso, N. Barbabietola, E. Vedovato Isolamento di ceppi batterici calcinogenici dalla tomba etrusca della Mercareccia (Tarquinia) ed ipotesi di una loro applicazione nel biorestauro L. Rampazzi, B. Rizzo, C. Colombo, C. Conti, M. Realini, U. Bartolucci, M. P. Colombini Le decorazioni in stucco della chiesa di S. Lorenzo (Laino, Como): studio della tecnica artistica S. Lorusso, A. Natali, C. Matteucci Diagnosi e digitalizzazione del Codice Dantesco Phillips 9589 F. Adduci, A. Buccolieri, G. Buccolieri, A. Castellano, M. Di Giulio, V. Nassisi, L. Sandra Leo Laser cleaning per la rimozione selettiva dei prodotti di corrosione su manufatti bronzei di interesse storico-artistico A. Genga, M. Siciliano, T. Siciliano, A. Tepore, A. Traini, A. Mangone, C. Laganara Coloranti e opacizzanti in frammenti vitrei di et medioevale: caratterizzazione chimico-fisica R. Giorgi, D. Chelazzi, E. Carretti, P. Baglioni Sistemi soft-matter per la pulitura di superfici pittoriche ASSEMBLEA DELLA DIVISIONE CENA SOCIALE

16.20-16.40

16.40-17.00 17.00-17.20

17.20-17.40

17.40-18.00

18.00-20.00 21.00

VENERD, 15 GIUGNO 2007 CONFERENZA AD INVITO Presiedono: G.Crippa, P. Gramatica 9.00-9.40 M. Sabetta Il regolamento Reach: prospettive, problematiche, strategie. Le imprese italiane utilizzatrici di sostanze chimiche di fronte alla nuova politica comunitaria SESSIONE: REGOLAMENTO REACH, INQUINANTI EMERGENTI, PRINCIPIO DI
SOSTITUZIONE

9.40-10.00

E. Papa, P. Gramatica Approcci QSAR per lidentificazione di composti chimici persistenti, bioaccumulabili e tossici (PBTs), come supporto predittivo per il REACH e la Chimica Sostenibile V. Esposito, A. Maffei, L. De Vitis Inquinanti organici emergenti in ecosistemi sensibili. Il caso dei ritardanti di fiamma V. Librando, A. Alparone Relazione attivitstruttura di nitro-derivati di idrocarburi policiclici aromatici L. Canesia, C. Ciacci, L. C. Lorusso, M. Betti, G. Gallo, G. Poiana, A. Marcomini Emerging contaminants in the aquatic environment: effects on a sentinel organism, the mussel Mytilus Coffee break Presiedono: A. Marcomini, F. Mangani

10.00-10.20

10.20-10.40 10.40-11.00

11.00-11.20

11.20-11.40

S. Brivio, M. Riccio Il Processo NEUTREC: una tecnologia di riferimento nella depurazione dei fumi e nella valorizzazione dei prodotti residui L. Balest, G. Mascolo, C. Di Iaconi, A. Lopez Rimozione di sregolatori endocrini (EDC) mediante trattamenti biologici innovativi L. Lopez, N. Cardellicchio Inquinanti prioritari in bacini marino costieri: analisi ed ipotesi di recupero ambientale S. Ciavatta, T. Lovato, C. Micheletti, R. Pastres Analisi di sensitivit e di incertezza di un modello di bioaccumulo di POP applicato alla laguna di Venezia M. DellaGreca, M. R. Iesce, S. Montanaro, L. Previtera, M. Rubino, F. Temussi Fotodegradazione di farmaci in condizioni ambientali CONCLUSIONI E CHIUSURA DEL CONGRESSO

11.40-12.00

12.00-12.20

12.20-12.40

12.40-13.00 13.00

10

SESSIONE POSTER SESSIONE: BENI CULTURALI (BC) BC01 M. Berzioli, E. Campani, A. Casoli, P. Cremonesi Enzimi lipolitici nel restauro: studio applicativo per la rimozione di sostanze filmogene naturali E. Campani, A. Casoli, P. Cremonesi, I. Saccani, E. Signorini Studio preliminare per lutilizzo di gel rigidi di agar e agarosio nel restauro delle opere policrome E. Campani, A. Casoli Uno studio per la conoscenza dei leganti pittorici del dipinto Sacra Conversazione di Palma il Vecchio P. Croveri, O. Chiantore La diagnostica chimica per il monitoraggio dello stato di conservazione del patrimonio monumentale A. Maccotta, M. Marrale, M. Brai, P. Fantazzini Indagini EPR su legni moderni e antichi F. Pinzari, M. Montanari Diagnostica di alterazioni chimiche e biologiche su carte antiche per mezzo di un SEMVP con rivelatore BSD e sonda EDS F. Pinzari, M. Montanari, I. Renda, F. Lonero, C. Fanelli, L. Fachechi, D. Bellusci, S. Greco Potenzialit di applicazione di un naso elettronico allindividuazione precoce del biodeterioramento nei materiali cartacei C. Riedo, D. Scalarone, O. Chiantore Riconoscimento di gomme vegetali di interesse nei beni culturali mediante pirolisi accoppiata con idrolisi e metilazione termicamente assistita A. Taticchi, A. Marrocchi, M.L. Santarelli, V. Librando, M.C. Ginnasi, L. Minuti Sviluppo di una metodologia innovativa per la conservazione di beni culturali A. Taticchi, A. Marrocchi, M.L. Santarelli, M.C. Ginnasi, L. Minuti Inibitori di cristallizzazione salina e beni culturali. Il caso studio del mosaico di Orfeo e le Fiere (Perugia) A. Diamanti, F. Valentini, G. Palleschi, E. Tamburri, M.L. Terranova, S. Bellezza, P. Albertano Diagnosi analitica del biodeterioramento su materiali lapidei: strategie di recupero via lipasi e Gox. A. Diamanti, F. Valentini, G. Palleschi, E. Tamburri, M.L. Terranova, S. Bellezza, P. Albertano Strategie analitiche di rimozione delle patine superficiali su supporti lapidei, a base di enzimi lipasi ed amilasi

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C. Boschetti, A. Corradi, E. Kamseu, C. Leonelli Il Sealing-Wax Red Glass nel mosaico romano: studio archeometrico e riproduzione sperimentale S. Lorusso, C. Matteucci, A. Natali, S. Tumidei Analisi storico-stilistica e diagnostica del dipinto a olio su metallo Cristo Crocifisso con due angeli dolenti M.P. Colombini, I. Degano, G. Cambini, D. Digilio Caratterizzazione dei materiali impiegati in una seta dipinta tramite tecniche cromatografiche M.P. Colombini, I. Degano, J.J. ucejko, G. Bacci Coloranti organici negli arazzi: un approccio multi-analitico L. Rampazzi, C. Corti, B. Giussani, M. Guzzo, M. Marelli, B. Rizzo Classificazione di malte storiche: il caso studio del Castrum Altomedioevale di Laino (Como) A. Mangone; L.C. Giannossa, R Laviano, L. Sabbatini, A. Traini Tecnologia di produzione della ceramica in epoca romana A. Augenti, C. Fiori, A. Genga, M. Siciliano, S. Tontini, M. Vandini Indagini archeometriche sul vetro tardoantico e medievale da Classe (Ravenna) R. Mazzeo, S. Prati, E. Joseph, E. Kendix Mapping ATR-FTIR nella caratterizzazione e localizzazione stratigrafica di materiali artistici ed archeologici L. Fam, A. Serra, D. Manno, A. Siciliano, R. Vitale, G. Sarcinelli Analytical method for the characterization of coins with high percentage of Ag M. Magrini, E. Ramous, I. Calliari Metallurgical and technological study of bronze objects of ancient venetic people L. Campanella, C. Costanza, M. Tomassetti Confronto di dati termoanalitici, biosensoristici e di persistenza ambientale per carta invecchiata artificialmente e per campioni di legno di noce invecchiati naturalmente L. Campanella, C. Costanza, A. DAguanno Confronto tra metodi per la determinazione dellandamento del pH nel tempo di carte invecchiate naturalmente, scritte e non. L. Campanella, P. Ciancio Rossetto, T. Gatta, R. Grossi, M. Tomassetti Caratterizzazione di malte e stucchi del teatro di Marcello e del portico di Ottavia in Roma L. Campanella, C. Costanza, A. DAguanno, R. Grossi, M. Missori Fotosensore per la misura della protezione di carta di vario tipo anche invecchiata artificialmente A. Smeriglio, G. Nava, C.O. Rossi, S.A. Ruffolo, G.A. Ranieri Indagini diagnostiche sui dipinti Preghiera di Tobia e Sara e L'Arcangelo Raffaele si rivela a Tobi e a suo figlioTabia

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BC28

A. Beneduci, M.C. Gallucci, S. Gigliotti Studio storico-artistico e diagnostico-materico su un affresco del XV sec. rinvenuto nella Cappela dei Nobili del Duomo di Cosenza M.P. Casaletto, F. Caruso, F.M. Mingoia, M.L. Testa, G. M. Ingo, T. de Caro, C. Ricucci Il progetto Atena: sistemi diagnostici e progettazione molecolare a tutela dei beni culturali

BC29

BC30

M.L. Amadori, F. Mangani, M., F. Palla, M. Sebastianelli Il restauro della Chiesa delle Anime Sante di Bagheria (Pa)

SESSIONE: QUALIT DELLARIA E PARTICOLATO ATMOSFERICO (QP) QP01 D. Baldacci, V. Benedetti, S. Parmeggiani, M. Stracquadanio, L. Tositti, S. Zappoli Analisi della componente carboniosa nel PM10 e nel PM2.5 nellarea urbana di Bologna D. Baldacci, A. Musetti, S. Parmeggiani, M. Stracquadanio, L. Tositti, S. Zappoli Determinazione degli idrocarburi policiclici aromatici nellarea urbana di Bologna: conferme e anomalie A. Benedetti, E. Errani, B. Fabbri, I. Gualandi, V. Poluzzi, I. Ricciarelli, M. Stracquadanio, S. Zappoli Ciclo giorno notte di composti carbonilici nellarea urbana di Bologna A. Cecinato, C. Balducci, G. Nervegna, M. Possanzini, G. Tagliacozzo Cocaina in aria ambiente, effetto inatteso dellabuso di droghe D. Cesari, D. Contini, A. Donateo, S. Francioso, F. Belosi Caratterizzazione del contenuto di metalli pesanti nel particolato atmosferico a Lecce E. Bernardi, C. Chiavari, C. Martini, D. Prandstraller, L. Morselli Simulazione di run-off su materiali esposti allaperto M. Possanzini, C. Balducci, G. Nervegna, A. Cecinato, G. Tagliacozzo Carbonili volatili nellaria di Roma: confronto tra ambienti interni ed esterni M. Caselli, G. de Gennaro, P. Ielpo, L. Trizio Sviluppo di una rete neurale di tipo feed forward back propagation per la previsione di PM10: confronto con un modello di regressione multivariata M.V. Russo, G. Cinelli, I. Notardonato, P. Avino Valutazione delladsorbente XAD-2 per il campionamento e larricchimento dinquinanti organici persistenti (POPs) in atmosfera A. Buccolieri, G. Buccolieri, N. Cardellicchio, A. DellAtti Variazioni temporali dal 2002 al 2005 di metalli pesanti nel PM10 prelevato nel Salento L. de Gennaro, P. Bruno, M. Caselli, G. de Gennaro, E. Andriani, M. Brattoli, M.A. De Leonibus, A.E. Parenza Linventario delle emissioni in atmosfera per la Regione Puglia: le emissioni da riscaldamento residenziale e terziario

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G. Cecchetti, M. Iacobucci, M.E. Conti Controllo dellesposizione alla formaldeide in relazione alla nuova classificazione IARC V. Librando, G. Tringali, G. Perrini, Z. Minniti, S. DAmico Caratterizzazione della componente organica del particolato atmosferico di aree ad elevato interesse storico e culturale V. Librando, G. Tringali, G. Perrini, Z. Minniti, S. DAmico, M.C. Facchini, L. Emblico Caratterizzazione del particolato atmosferico segregato dimensionalmente nella citt di Catania V. Librando, G. Perrini, S. DAmico, Z. Minniti, E. Foresti, I.G. Lesci, S. Petraroia, N. Roveri Caratterizzazione della componente inorganica ed organica del particolato atmosferico frazionato nella citta di Catania C. Lo Porto, M.G. Perrone, G. Sangiorgi, L. Ferrero, S. Petraccone, Z. Lazzati, E. Bolzacchini Campionamento e composizione chimica del particolato atmosferico (PM10, PM2.5 e PM1) per larea urbana milanese e per il sito remoto alpino di Alpe S. Colombano (M. 2260, SO) S. Petraccone, M. Cameletti, A. Fass, L. Ferrero, M.G. Perrone, C. Lo Porto, G. Sangiorgi, Z. Lazzati, E. Bolzacchini Mappatura dei dati storici di PM10 e ozono in Lombardia G. Sangiorgi, L. Ferrero, M.G. Perrone, B. Ferrini, Z. Lazzati, C. Lo Porto, S. Petraccone, A. Balzarini, E. Bolzacchini, B. Larsen, M. Duane Profili verticali di composti organici volatili nellatmosfera urbana di Milano D. Cesari, D. Contini, A. De Marco, A. Genga, M. Siciliano, T. Siciliano Caratterizzazione chimico-fisica di particolato atmosferico in un sito di fondo urbano G. de Gennaro, P. Bruno, M. Caselli, M. Brattoli, L. de Gennaro, M.A. De Leonibus, A.E. Parenza Valutazione dellinquinamento olfattivo mediante olfattometria dinamica: indagine preliminare E. Bolzacchini, L. Ferrero, B. Ferrini, Z. Lazzati, M. Orlandi, C. Lo Porto, G. Perrone, G. Sangiorgi, S. Petraccone, L. Zoia. Metodologie di caratterizzazione di residui polimerici nel particolato atmosferico I. Lancellotti, M. La Robina, L. Barbieri, A. Corradi, C. Leonelli Rapid microwave heating of fly ash and borosilicate glass mixtures B. Ferrini, L. Ferrero, M.G. Perrone, G. Sangiorgi, Z. Lazzati, C. Lo Porto, S. Petraccone, E. Bolzacchini, A. Riccio Importanza dello strato di rimescolamento nella relazione tra i valori di AOD ricavati da immagini satellitari e la concentrazione degli aerosol al suolo per la citt di Milano L. Barbieri, A. Corradi, I. Lancellotti, L. Morselli, F. Passarini, I. Vassura, A. Zardin Polveri da inceneritore: caratterizzazione e vetrificazione

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L. Morselli, I. Vassura, F. Passarini, S. Ferrari Caratterizzazione chimica delle deposizioni atmosferiche nei pressi di un inceneritore P. Ubbraco, A. Traini, D. Manigrassi, D. Calabrese Caratterizzazione delle ceneri volanti da CDR e delle miscele stabilizzate con legante a base laterizio/calce W. Di Nicolantonio, A. Cacciari, E. Bolzacchini, L. Ferrero, B. Ferrini, M. Volta, E. Pisoni Utilizzo delle propriet ottiche dellaerosol derivate dal sensore MODIS per la stima delle concentrazioni di PM 2.5 a livello del suolo nel nord Italia M. Giannoni, D. Vannucchi, T. Martellini, M. Del Bubba, A. Cincinelli, F. Lucarelli, S. Nava, M. Chiari, S. Becagli, R. Udisti, F. Rugi, L. Lepri La caratterizzazione chimica del PM10 in Toscana (progetto PATOS): 2. la componente carboniosa F. Lo Coco, G. Vinci, P. Barbieri, G. Stani, D. Restuccia, G. Gasparini Hydrocarbons and inert gases determination of gases by-products of reforming processes by high speed gas analyser M. Buonocore, N. Cardellicchio, L. Lopez, L. Spada Biomonitoraggio degli elementi in traccia nelle deposizioni atmosferiche mediante lutilizzo del muschio Pleurochaete squarrosa S. Becagli, C. Bommarito, E. Castellano, O. Cerri, M. Chiari, F. Lucarelli, F. Marino, S. Nava, A. di Sarra, D.M. Sferlazzo, M. Severi, F. Rugi, R. Traversi, R. Udisti Caratterizzazione chimica dell'aerosol nel Mar Mediterraneo. Un caso di studio: Isola di Lampedusa R. Udisti, S. Becagli, E. Castellano, O. Cerri, A. Cincinelli, M. Chiari, M. Giannoni, L. Lepri, F. Lucarelli, T. Martellini, S. Nava, M. Severi, F. Rugi, R. Traversi Caratterizzazione chimica del PM10 in Toscana (progetto PATOS): 1. la componente inorganica L. Campanella, D. Lelo Monitoraggio dellaria (indoor e outdoor) nella citt di Tirana M.A. Benincasa, F. Borzetti, N. Caretto, R. Grossi, L. Campanella Biosensore amperometrico per la determinazione della tossicit integrale di particolato atmosferico V. Librando, G. Perrini, S. DAmico, Z. Minniti, G. Tringali Analisi HPLC-FD di composti mutageni nel particolato frazionato della citt di Catania M. Caselli, B. E. Daresta, G. de Gennaro, P. Ielpo, C. M. Placentino, A. Febo, A. Forgione, A. C. R. Imperatore, F. De Tomasi, M.R. Perrone, S. Di Sabatino Sistema integrato per il monitoraggio del particolato atmosferico (SIMPA) M. Amodio, P. Bruno, M. Caselli, P.R. Dambruoso, G. de Gennaro, P. Ielpo, L. Trizio, A. Riccio, B. Bove, A.M. Crisci, G. Di Nuzzo, C. Mancusi, L. Mangiamele, G. Motta Andamenti del PM10 nelle regioni di Puglia e Basilicata

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L. Tositti, D. Baldacci, S. Parmeggiani, S. Zappoli, M. Stracquadanio, D. Ceccato Speciazione inorganica di particolato atmosferico PM10 e PM2.5 nella citta di Bologna durante il progetto SITECOS

SESSIONE: INQUINANTI PRIORITARI (IP) IP01 IP02 E. Papa, H. Liu, P. Gramatica Screening, basato su modelli QSAR di composti chimici ad attivit estrogenica P. Gramatica , P. Pilutti, E. Papa Previsione della mutagenicita e genotossicita di composti aromatici policiclici mediante modelli QSAR A. Giordana, A. Maranzana, G. Ghigo, M. Caus, G. Tonachini Theoretical study on PAH and soot structure and oxidation C. Frazzoli, R. Dragone, A. Mantovani, C. Massimi, L. Campanella Implicazioni tossicologiche di nuovi contaminanti ambientali: il caso di Pd, Pt e Rh

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SESSIONE: TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO, BONIFICHE, RIFIUTI (TR) TR01 G. Mele, L. Jun, L. Palmisano, R. Sota, G. Vasapollo Photocatalytic degradation of organic pollutants in water: toward the design of a new generation of hybrid TiO2 based catalysts working under visible ligth L. Campanella, R. Vitaliano, N. Bruzzese, N. Caretto, F. Borzetti Riutilizzo di acque reflue a seguito di trattamenti fotocatalitici con biossido di titanio per uno sviluppo sostenibile F. Pedron, G. Petruzzelli La qualit del suolo nella bonifica dei siti contaminati: un aspetto trascurato C. Della Torre, G. Pignolo, R. Urbani, P. Sist, A. Bandiera, A. Falace, M. Sesso, P. Plossi, P. Barbieri Brownfields beside recreational areas: some conceptual models and challenges for sensible remediation technologies M. Girardini, L. Franz, L. Paradisi, A. Ceron, F. Loro, L. Bergamin, F. Germani, D. Formigoni, B. Pavoni Produzione di ammendante compostato verde: valutazione del processo e del prodotto L. Morselli, L. Piccari, F. Passarini, I. Vassura Analisi di rischio associata alle emissioni di una discarica di rifiuti non pericolosi

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L. Zanin, L. Franz, L. Paradisi, M. Girardini, B. Pavoni Studio sulla definizione di biodegradabilit dei rifiuti di origine urbana e confronto sperimentale tra le principali metodologie di determinazione analitica M. Muolo, M. Giannini, F. Tedeschi, C. Pappalettere ARC non-transferred plasma torch for waste treatment

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M. Girardini, L. Franz, L. Paradisi, A. Ceron, F. Loro, L. Bergamin, F. Germani, B. Pavoni Aspetti metodologici dellanalisi del dissolved organic carbon nel compost: effetto del rapporto di eluizione e della granulometria del materiale L. Morselli, V. Baravelli, D. Fabbri, A. Paludi, F. Passarini, I. Vassura Caratterizzazione chimico-fisica del car fluff ai fini della valorizzazione A. Maccotta, P. Fantazzini, G. Alonzo, M. Gombia Indagine su fibre di carbonio e interazione con lacqua mediante rilassometria NMR E. Argese, S. Bedini, P. Figliola, U. Gamper, G. Rampazzo, C. Rigo, M. Simion, L. Zamengo Caratterizzazione delle componenti biotiche e abiotiche di un sito contaminato da ceneri di rifiuti solidi urbani N. Cardellicchio, B.M. Petronio, M. Pietrantonio, M. Pietroletti, R. Caracciolo, L. Grifa Bonifica di sedimenti inquinati da metalli pesanti. Prove preliminari M. Nicol, E. Epifani, G. Ingrosso, L. De Vitis, A. Maffei, V. Esposito Efficacia di Phragmites australis nella fitorimediazione di terreni contaminati da idrocarburi policiclici aromatici (IPA): il caso di Cerano (Br)

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SESSIONE: METODI INNOVATIVI DI INDAGINE (MI) MI01 L. Campanella, D. Lelo, E. Martini, M. Tomassetti Analisi di fitotossici con un biosensore ad inibizione enzimatica e studio di possibili interferenti, quando si operi in soluzione acquosa o in solvente organico L. Campanella, N. Bruzzese, M. Aiossa, M. Papacchini, P. Di Gennaro, G. Bestetti Sviluppo di biosensori per il monitoraggio della contaminazione ambientale da idrocarburi mediante batteri ricombinanti L. Lopez, C. Zambonin, F. Latanza Determinazione di metilxantine mediante cromatografia liquida (LC). G. Anzilotta, T. Trabace, A. Palma Analisi di screening dei VOC nelle matrici solide e applicazione al controllo dei fanghi di depurazione P. Iannece, D. Acanfora, O. Motta, A. Proto Determination of trace level perchlorate in drinking water S. Ciavatta, C. Badetti, G. Ferrari, R. Pastres Stima dei tassi di produzione e respirazione in laguna di Venezia attraverso lanalisi di dati in continuo di qualit dellacqua M.C. Bruzzoniti, R.M. De Carlo, M. Fungi, C. Sarzanini Determinazione di metalli alcalini, alcalino-terrosi e di ammonio mediante cromatografia ionica in acque destinate a consumo umano

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M.C. Bruzzoniti, R.M. De Carlo, S. Fiorilli, E. Garrone, B. Onida, A. Prelle, C. Sarzanini, F. Testa Separazione di ioni metallici in scambio cationico mediante substrati silicei mesoporosi funzionalizzati M.C. Bruzzoniti, R.M. De Carlo, C. Sarzanini Separazione e arricchimento di tensioattivi anionici in matrici acquose mediante cromatografia ionica A. Calisi, M.G. Lionetto, M.E. Giordano, T. Schettino Biomarkers nel lombrico Lumbricus terrestris A. Di Leo, E. Prato, F. Biandolino, G. Calzaretti, E. Casalino, N. Cardellicchio Attivit enzimatiche e induzione di metallotioneine nel Mytilus galloprovincialis esposto al cadmio E. Erroi, M.G. Lionetto, M.E. Giordano, T. Schettino Studio di un nuovo bioassay in vitro basato sulla misura di inibizione dellattivit enzimatica di anidrasi carbonica A. Genga, M. Lazzoi, A. Miceli, C. Negro, M. Siciliano, L. Tommasi Fitomonitoraggio: utilizzo della vegetazione esistente per la determinazione della qualit ambientale G. Blo, C. Contado, C. Costa, F. Dondi, A. Pagnoni, A. Ceccarini, R. Fuoco Applicazione della tecnica combinata SDFFF-CID-ETAAS per la caratterizzazione di materiale particolato colloidale di interesse ambientale G. Mangani, A. Tiberi Preparazione del campione ed analisi GC-MS di stirene ed altri VOC nelle resine poliestere insature. L. Giotta, F. Italiano, F. Milano, A. Agostiano, M. Trotta Immobilizzazione di inquinanti su cellule batteriche: identificazione di siti di binding mediante spettroscopia ATR-FTIR differenziale F. Pisani, L.R. Ceci, R. Gallerani, F. Italiano, M. Trotta, L. Zolla, S. Rinalducci, F. De Leo Analisi proteomica dellefffetto del cobalto sullapparato fotosintetico di Rhodobacter sphaeroides R26.1. N.B. Barile, E. Nerone, G. Mascilongo, L. Bolelli, S. Girotti Risultati preliminari sullutilizzo di sensori analitici biologici nel monitoraggio delle acque marine costiere R. Matarrese, V. De Pasquale, S. Rochira, P. Cosma, M. Trotta, M.T. Chiaradia, G. Pasquariello Calibrazione di un profilatore per misure fluorimetriche in situ per lo sviluppo di modelli bioottici satellitari F. LoCoco, D. Restuccia, G. Vinci , G. Adami Simple and rapid determination of polycyclic aromatic hydrocarbons in different wastewaters, sewage sludges and stream waters samples by liquid chromatography with fluorimetric and UV detection

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T.R.I. Cataldi, G. Bianco, G. Pace, S. Abate Identificazione di molecole segnale mediante cromatografia liquida e spettrometria di massa in trasformata di Fourier (LC-ESI-FTMS) ed implicazioni del quorum sensing in batteri gram-negativi coinvolti nei processi di biorisanamento ambientale S. Cavalli, S. Ghirlanda, R. Al-Horr, C. Saini, R. Slingsby, C. Pohl Sviluppo di una nuova colonna per la misura di acidi aloacetici nellacqua potabile con IC/MS e IC/MS/MS S. Cavalli, S. Ghirlanda, S. Henderson, E. Francis, R. Carlson, B. Murphy, B. Dorich, B. Richter Determinazione di contaminanti ionici in matrici diverse usando la tecnica di estrazione accelerata con solvente (ASE) M. Riess, S. Ghirlanda, S. Cavalli, J. Richardson, M. Wolf Determinazione HPLC di ritardanti di fiamma polibromurati (PBFR). Ottimizzazione e miglioramento dei test ROHS. Paragone dei metodi HPLC/UV, HPLC/MS e GC/MS

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SESSIONE: SOSTENIBILIT AMBIENTALE E MONITORAGGIO (SM) SM01 R. Ridolfi, R.M. Pulselli, A.C. I. Pizzigallo, S. Bastianoni Integrating environmental aspects in traditional economic evaluation: the case Province of Pescara N. Marchettini, F.M. Pulselli, E. Tiezzi Thermodynamics and anthropic systems: a physical view of globalization L. Guzzi, G. Tartari Il data-base limno per la valutazione previsionale della sensibilita al mercurio degli ecosistemi lacustri italiani G. Mele, M. Fiorentino, E. Margapoti, M. Palazzo, M. Serafino, L. Vasanelli, G. Vasapollo Environmental sustainability of agro-industrial processes toward the extraction of fine chemicals: utility of a web Geographic Information System A. Buccolieri, G. Buccolieri, A. Castellano, A. DellAtti, L.S. Leo, L. Rizzo Misure di radon nella falda del Salento E. Filippo, D. Manno, A.R. De Bartolomeo, M. Di Giulio, A. Serra of the

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A biosensor based on silver nanoparticles embedded in starch for determination of hydrogen peroxide
SM07 G. Adami, E. Reisenhofer, S. Cozzi, C. Cantoni, L. Celic , P. Barbieri. F. Lo Coco Parametri chimici in prossimit della sediment-water interface di unarea del golfo di Trieste esposta agli scarichi dellimpianto di depurazione cittadino N. Calace, B.M. Petronio, M. Pietrantonio, M. Pietroletti Analisi del materiale particolato in acque naturali C. Annicchiarico, N. Cardellicchio, A. Di Leo, S. Giandomenico, L. Guzzi, W. Martinotti, S. Santoro, L. Spada La biomagnificazione del mercurio nel Mar Piccolo di Taranto

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L. Trianni, S. Giandomenico, A. Giangrande, N. Cardellicchio Valutazione dellaccumulo di policlorobifenili (PCB) nel polichete Sabella spallanzanii N. Cardellicchio, A. Di Leo, C. Annicchiarico, L. Lopez, L. Spada Contaminazione da elementi in traccia in sedimenti ed organismi del Mar Piccolo di Taranto: bioaccumulo e considerazioni ecotossiclogiche N. Cardellicchio, S.Giandomenico, L.Lopez, F. Pizzulli, L. Spada Studio della distribuzione dei livelli di concentrazione di IPA in 5 carote di sedimento prelevate nel Golfo di Taranto L. Canesi, C. Ciacci, M. Betti, R. Fabbri, G. Poiana, A. Marcomini Effects of commercial and purified nanosized carbon black (NCB) on molluscan immunocytes A. Farina, C. Cavaliere, O. Motta, M. Capunzo, F. De Caro, A. Proto Migrazione globale in simulanti alimentari di manufatti polimerici monouso A. Buccolieri, G. Buccolieri, N. Cardellicchio, D. Corlian Caratterizzazione chimico-fisica delle acque di falda nel Salento S. Noventa, E. Centanni, E. Pistolato, F. Garaventa, M. Faimali, B. Pavoni Contaminazione da composti organostannici e inquinanti organici persistenti (PCB, IPA, pesticidi clorurati) in molluschi gasteropodi affetti da imposex prelevati lungo la costa slovena B. Giussani, D. Monticelli, E. Ciceri, A. Credaro, L. Rampazzi, A Pozzi, S. Recchia, C. Dossi Lago di Como: studio della distribuzione e della speciazione di metalli in traccia nel bacino lacustre mediante analisi multivariata F. Zanon, N. Rado, E. Centanni, N. Zharova, B. Pavoni Contaminazione da composti organostannici in molluschi bivalvi della laguna di Venezia D. Karamanis, G. Mele, P. Assimakopoulos, K. Ioannides, A. Katsikis, I. Leonardos, C. Papadopoulou, K. Stalikas, K. Stamoulis, C. Malitesta, R.A. Picca, L. Vasanelli, G. Vasapollo, E. Margapoti, N. Kotsios, A. Korou, K. Grinias, E. Mellos, A. Ciccolella The ECODONET project: Development of a model Web based virtual observatory of Acherontas, Kalamas and Torre Guaceto ecosystems and its application as a mobile exhibit and permanent environmental kiosk towards public awareness and sustainable development of coastal ecosystems L. Guzzi, W. Martinotti Influenza delle caratteristiche sito-specifiche sulla metilazione del mercurio in ecosistemi acquatici fluviali

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PREMI TESI DI LAUREA Allo scopo di divulgare la cultura della Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali, nellambito del Congresso sono assegnati 5 premi da 500 ciascuno per tesi di laurea in Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali a laureati dellanno accademico 2005-2006. I premi sono stati offerti da: Ecomondo, Osservatorio di Campi Salentina, Sea Marconi Technologies S.a.s., STD Italia S.r.l., Zanichelli. I premi saranno consegnati nel corso della cena sociale. Sono risultati vincitori: Berzioli Michela Universit di Parma Laurea Specialistica in Scienze per i Beni Culturali Titolo della tesi: Enzimi lipolitici nel restauro: studio applicativo per la rimozione di sostanze filmogene naturali. Boneschi Silvia Universit di Bologna Laurea in Tecnologie Chimiche per lAmbiente e la Gestione dei Rifiuti Titolo della tesi: Monitoraggio del fall-out atmosferico in prossimit di un termovalorizzatore per CDR. Lauri Vittorio Universit di Torino Laurea Specialistica in Analisi e Gestione dellAmbiente Titolo della tesi: Valutazione della stabilit/instabilit fotochimica della materia organica disciolta nelle acque naturali. Leo Laura Sandra Universit del Salento Laurea in Fisica Titolo della tesi: UV laser cleaning e analisi EDXRF su manufatti in rame e su leghe Mancusi Carlotta Universit di Roma Laurea in Chimica Titolo della tesi: Caratterizzazione di malte di interesse archeologico. Il caso studio del Rione Terra di Pozzuoli

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MEDAGLIE dELLA DIVISIONE

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Medaglia della Divisione per il 2007 al Prof. Luciano Morselli


Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali Universit di Bologna - Polo di Rimini

Luciano Morselli nato a Revere (Mantova) il 5 Agosto 1943. Laureato all'Universit di Bologna in Chimica Industriale; dal 2001 Professore Ordinario di Chimica dell'Ambiente e dei Beni Culturali nella Facolt di Chimica Industriale - Polo di Rimini. Dal 1989 al 1992 stato comandato quale esperto al Ministero dell'Ambiente a Roma (settore: gestione dei rifiuti). stato ed membro di Commissioni europee e nazionali su diverse tematiche ambientali inerenti rifiuti, Deposizioni Acide e Carichi Critici, Microinquinanti nei vari Comparti Ambientali. stato membro della Commissione E.U. al D.G. XI (Priority waste streams) a Bruxelles e Berlino come esperto del Governo Italiano. Responsabile del Gruppo di Lavoro Atmosfera nel Programma di Monitoraggio Ambientale della Tenuta Presidenziale di Castelporziano presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica (1992 - 2000). Dal 1998 al 2000 stato Presidente della Divisione di Chimica dell'Ambiente della Societ Chimica Italiana. membro del Comitato scientifico EuCheMS-DCE e chairmen del sub-committee Cultural Heritage Chemistry (CHSC). Chairman e membro di Comitati Scientifici di diversi Congressi nazionali ed internazionali, tra i quali lorganizzazione della 10th EuCheMS-DCE International Conference on Chemistry and the Environment Rimini Settembre 2005. Dal 1997 Coordinatore del Comitato Scientifico ed Editore degli Atti di Ricicla/Ecomondo, la pi importante Fiera annuale Italiana e seconda in Europa dedicata a Tecnologie e Sostenibilit ambientali. Dal 2001 Presidente del Corso di Laurea triennale in Tecnologie Chimiche per l'Ambiente e per la Gestione dei Rifiuti - TECHIAR (Facolt di Chimica Industriale, Universit di Bologna Polo di Rimini). Dal 2005 il coordinatore del Progetto di Laboratorio a Rete LITCAR (Laboratorio Integrato di Tecnologie e Controllo Ambientale nel Ciclo di Vita dei Rifiuti), della Rete Alta Tecnologia, finanziato dalla Regione Emilia- Romagna. Ha pubblicato circa 100 articoli originali in riviste scientifiche internazionali e nazionali, e pi di 150 lavori in Atti di Congressi nazionali ed internazionali, Curatore di pi di 10 volumi ed altrettanti atti di Congressi nei settori di ricerca relativi alla Chimica dell'Ambiente e dei Beni Culturali. I principali temi di ricerca attivati sono: Tecnologie e Controllo Ambientale nel Ciclo di Vita dei Rifiuti; Gli strumenti per il controllo e la certificazione Ambientale; LCA- Valutazione del Ciclo di Vita; AR- Analisi di rischio; Sistema Integrato di monitoraggio Ambientale; Chimica dei Beni Culturali: interazione di inquinanti con materiali costituenti i Beni Culturali.

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Medaglia della Divisione per il 2007 alla Prof.ssa Maria Teresa S Dias Vasconcelos
Dipartimento di Chimica, Facolt di Scienze, Universit di Porto (Portogallo)

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Medaglia Liberti per il 2007 al


Prof. Luigi Campanella Dipartimento di Chimica,Universit La Sapienza Roma

Laurea in Chimica e abilitazione alla professione di Chimico nel 1961. Libera docenza in Elettrochimica nel 1967. Professore Incaricato Stabilizzato, prima di "Esercitazioni di Chimica Industriale II", poi di "Esercitazioni di Analisi Chimica Applicata, presso l'Universit degli Studi di Roma "La Sapienza" dal 1967 al 1980. Professore Ordinario di "Chimica Analitica" dall'a.a. 1980/81 alla.a. 2002-2003 e di Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali successivamente a tale data. Titolare di Chimica Agraria e poi di "Chimica del Suolo" dall'A.A. 1994/95 ad oggi, di "Chimica del Restauro" dall'A.A. 1998/99 ad oggi di Chimica degli Alimenti (Facolt di Farmacia)dalla.a.2003-2004, presso l'Universit degli Studi di Roma "La Sapienza". Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Chimica Industriale dal 1981 al 1983. Direttore del Dipartimento di Chimica dal 1983 al 1986. Dal 1988 al 1992. Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Scienze Chimiche. Dal 1988 al 1994 Preside della Facolt di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell'Universit "La Sapienza" di Roma. autore di oltre 500 lavori nei settori della Chimica Analitica, dell'Elettrochimica, della Chimica Ambientale, delle Biotecnologie Analitiche,della Chimica dei Beni Culturali. In particolare ha preparato, caratterizzato ed applicato numerosi biosensori, basati su enzimi immobilizzati o su tessuti vegetali, per la determinazione di sostanze di interesse clinico, farmaceutico ed ambientale e per la datazione di reperti archeologici cellulosici. Con queste ricerche entrato a far parte del Gruppo di Ricerca CEE su "Biosensori". Ha anche studiato l'applicazione di metodi chimici e biologici alla degradazione ed alla rimozione di inquinanti (tensioattivi, idrocarburi, pesticidi, metalli pesanti) in scarichi civili ed industriali. Ha partecipato ad oltre 500 Congressi Nazionali ed Internazionali. Presidente della Divisione di Chimica Analitica della Societ Chimica Italiana negli anni 1989-1990 e di quella di Chimica dellAmbiente e dei Beni Culturali nel triennio 2004-2006. Vice presidente della Societ Chimica Italiana dal 1990 al 1992. Presidente del MUSIS (Museo Multipolare della Scienza e dell'Informazione Scientifica) dal 1991 ad oggi, Consigliere Scientifico del Sindaco di Roma dal 1993 al 1997. membro di numerose Commissioni di Studio del CNR, del Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica, dell'Universit e dell'ENEA, fra le quali il Comitato per le Infrastrutture, per i Materiali Innovativi e per la Chimica del Ministero della Ricerca ed il Gruppo Metalli dell'Istituto Ricerca sulle Acque del CNR. Dal dicembre 2005 Presidente dellOrdine dei Chimici Interregionale Lazio Umbria Abruzzo. Vincitore dell' "International Capire Prize for a creative future" 1994. Vincitore del premio Internazionale "Scuola Strumento di Pace" nel 1996. Vincitore della Medaglia 2003 della Divisione di Chimica Ambientale della Societ Chimica Italiana. Vincitore del Premio SCIENCE FOR PEACE 2005 (USA Convention). E stato eletto Presidente della Societ Chimica Italiana per il triennio 2008-2010.

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CONFERENZE AD INVITO

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LA CHIMICA DEI BENI CULTURALI. IL DEGRADO DOVUTO ALLAZIONE DEGLI INQUINANTI Luciano Morselli Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali, Universit di Bologna - Polo di Rimini Viale Risorgimento 4, 40136 Bologna e-mail: luciano.morselli@unibo.it La chimica, nel campo dei beni culturali, riveste senza dubbio un ruolo di primaria importanza, essendo coinvolta in tutte le fasi del Ciclo di vita di un bene. In questo contesto, un contributo fondamentale richiesto alla chimica che si occupa dellambiente nel quale il bene collocato. Diversi sono, infatti, i fattori che minacciano lintegrit del patrimonio culturale, uno di questi di certo linquinamento atmosferico. Gli inquinanti che interagiscono con i beni culturali sono numerosi e ciascuno mostra differenti specificit, sia per quanto riguarda le sorgenti di provenienza che la reattivit di ogni specie, in relazione alle sue caratteristiche chimico-fisiche, alla concentrazione rilevata, alle condizioni ambientali ed alle altre specie presenti mostrando effetti sinergici e agire prevalentemente su alcune tipologie di materiale. La Normativa ha prodotto un atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, indicando valori limite raccomandati per gli inquinanti aerodispersi, ma ancora nulla in relazione ai limiti per i beni outdoor, anche se la UE, nella direttiva 96/62/EC, ha sottolineato la necessit di tutelare dallinquinamento anche il patrimonio culturale esposto allaperto. Per giungere a limiti in questo senso la strada certamente difficile e deve passare attraverso la definizione di Carichi/Livelli Accettabili per ogni tipologia di Bene Culturale. Ci richiede un percorso che va da una conoscenza di base relativa alla classificazione merceologica dei materiali costituenti ed alla loro durevolezza, alla funzione delle diverse condizioni ambientali meteoclimatiche alle quali sono soggetti (Indoor, Outdoor), ad una puntuale caratterizzazione delle singole specie inquinanti interagenti, alla conoscenza dei loro prevalenti percorsi di rimozione, allo studio delle varie azioni ed agli effetti che si possono manifestare. Questo percorso porta a definire i meccanismi di interazione che intervengono e a pesare ogni singolo fattore di degrado, per poter scegliere gli strumenti tecnico-scientifici pi idonei per una corretta diagnostica e conservazione. Le recenti esperienze di ricerca prodotte presso il nostro Dipartimento studiano gli effetti degli attuali livelli di inquinanti, sia in atmosfera che nelle deposizioni, sui materiali costituenti i beni culturali, monitorando gli inquinanti, il degrado dei materiali ed investigando i meccanismi di azione, anche attraverso lo sviluppo di adeguate strumentazioni per linvecchiamento accelerato. Un aspetto, per certi aspetti inedito, riguarda la valutazione degli effetti degli ossidi di azoto su materiale lapideo tal quale e trattato con prodotti protettivi e di investigare i processi di degrado di bronzi esposti alle deposizioni secche ed umide. Un progetto in corso anche per valutare limpatto di inquinanti e microclima sul patrimonio culturale moderno e contemporaneo.

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INFLUENCE OF SALT MARSH PLANTS ON LEVELS AND SPECIATION OF TRACE METALS IN SEDIMENTS AND WATER COLUMN IN CASE OF SEDIMENT RE-SUSPENSION M. Teresa S. D. Vasconcelos1,2, C. Marisa R. Almeida2, Ana P. Mucha2
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Departamento de Qumica, Faculdade de Cincias, Universidade do Porto, Porto, Portugal e-mail: mtvascon@fc.up.pt 2 CIMAR / CIIMAR Centro Interdisciplinar de Investigao Marinha e Ambiental, Universidade do Porto, Porto, Portugal

In the last years increasing importance has been given to rhizoremediation of persistent toxic substances (PTS), which utilize the synergy between plants and micro-organisms of the rhizosphere (environment among roots). However, the efficiency of rhizoremediation will depend on several factors, namely as follows: (i) soil (or sediment) composition; (ii) contamination composition; (iii) environmental conditions (temperature, humidity, redox potential, pH, ); (iv) plant species; and (v) nature and abundance of micro-organisms. Therefore, monitoring and understanding rhizoremediation is difficult, requiring further investigation. Studies of rhizoremediation in estuarine environments are still very scarce, biogeochemistry at the rhizosphere of salt marsh plants and implications on speciation of trace elements and consequent availability to organisms which feed in pore water/water column being not well known yet. A project on these topics, involving different salt marsh plants (Halimiones portulacoides, Juncus maritimus and Scirpus maritimus), which have colonised estuarine sediments at Cavado, Douro and Sado rivers, from Portugal, is in progress. The project aims include the evaluation of concentration, uptake, availability/degradation of some PTS (metals, organic POPs - and butiltin compounds) in the selected estuarine environments, and their influence on the biological response of plants, which includes release and uptake of organic ligands by plants. Significant differences between sediments and rhizosediments have been found [1-4], rhizosediments presenting higher metal (and pesticide) contents, and metals more weakly bound to the sediment and more available. In addition, plants were able of accumulating metals from the medium and releasing root exudates, such as low molecular weight organic acid capable of complexing metals [5]. Very recent results (un-published yet) indicated that potential solubility of metals present in the rhizosediments was markedly higher than that of metals in the surrounding anaerobic sediments. The presence of sulphide in sediments and its absence in rhizosediments (as plants could oxidize their rhizosphere) played a decisive role in the observed behaviour. Therefore, the presence of vascular plants may cause a marked increase in metals concentrations in the dissolved phase (pore water/water column) in case of rhizosediment resuspension, which can result of both natural occurrences, like floods, and human interventions, such as plant removal or dredging affecting colonized areas. As salt marsh plants are abundant in many coastal areas, this phenomenon should not be disregard in future studies which are intended for supporting policy development for such coastal areas.
Acknowledgements - This work was partially funded by Fundao para a Cincia e Tecnologia, Portugal, through fellowships awarded to A. P. Mucha (SFRH/BPD 7141/2001) and C. M. Almeida (SFRH/BPD 9430/2002) and the project POCTI/CTA/48386/2002

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References 1- C.M.R. Almeida, A.P. Mucha, M.T.S.D. Vasconcelos, Environ. Sci. Technol., 38, 3112, 2004 2- C.M.R. Almeida, A.P. Mucha, M.T.S.D. Vasconcelos, Mar Environ Res, 61, 424, 2006 3- C.M.R. Almeida, A.P. Mucha, M.T.S.D. Vasconcelos, Environ Pollut., 142, 151, 2006 4- C.M.R. Almeida, A.P. Mucha, M.T.S.D. Vasconcelos, Environ Sci Pollut Res, 12, 271, 2005 5- A.P. Mucha, C.M.R. Almeida, A. Bordalo, M.T.S.D. Vasconcelos, Estuarine Coastal Shelf Science, 65, 191, 2005

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AMBIENTE E BENI CULTURALI: UN PONTE PER LA CHIMICA FRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO Luigi Campanella Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it Il ruolo della chimica nello sviluppo della societ moderna stato dapprima sostanzialmente euristico, caratterizzato cio dalla acquisizione di risorse, di capacit produttive e di benefits. Successivamente il ruolo cambiato: l'avanzamento nel livello di qualit della vita ha indotto la ricerca di garanzie da un lato per conservarlo ( e se il caso per accrescerlo) e dall'altro per proteggere i cittadini e gli utenti dalle ricadute negative che l'elevato tasso di consumismo poteva produrre,in termini di ridotta sostenibilit. La prospettiva per il futuro quella per una chimica che concili le sue due vocazioni riscoprendo il volto euristico, ma finalizzato al monitoraggio delle condizioni di garanzia. La salute,l'ambiente,gli alimenti,i beni culturali sono tutti settori della vita della ns societ nei quali questa semplificazione storica essenzialmente vera- trova maggiori sedi di conferma. In particolare la Chimica dell'Ambiente e dei Beni Culturali ha vissuto questo processo con grande attinenza alla realt sociale. I beni preziosi- particolarmente nel nostro Paese - di Ambiente e Beni Culturali sono stati dapprima scoperti nelle loro realt complesse e poi protetti. In prospettiva, le future innovazioni dovranno tenere conto della rivoluzione correlata alle nuove strategie ed ai nuovi metodi per diffondere e quindi rendere accessibili e popolari quanto pi possibile cultura e programmi di intervento.

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IL CONTRIBUTO DELLA CHIMICA ALLA CONSERVAZIONE E AL RESTAURO DELLE OPERE POLICROME Paolo Cremonesi Coordinatore scientifico Cesmar7 Centro per lo Studio dei Materiali per il Restauro, Via Mentana 5, 37128 Verona e-mail: plcremon@inwind.it Generalmente, la persona che osserva il dipinto - anche perch costretta ad una visione esclusivamente frontale - lo percepisce come mera immagine pittorica, ignorandone cos la natura composita: una successione di strati (lo strato protettivo, gli strati pittorici, lo strato preparatorio, il supporto), che, anche se non visibili, sono funzionali allimmagine pittorica e alla sua permanenza. Limmagine fatta di materia: anche questa banale affermazione, in realt, tuttaltro che scontata: spesso viene percepita come se fosse solo colore, quasi addirittura una propriet immateriale. Di conseguenza, piuttosto difficile che, osservando un dipinto, la persona pensi a quanta chimica presente nella creazione e nella permanenza di quel dipinto! Quasi istintivamente, infatti, tendiamo a porre le belli arti in unaltra dimensione, sicuramente pi vicina allestetica, o alle discipline umanistiche, piuttosto che alle Scienze. Invece, tanta chimica coinvolta nelle varie fasi dellopera darte, dal momento della sua creazione al momento in cui arriva davanti agli occhi dello spettatore, o nelle nostre mani per il trattamento conservativo. Fin dai tempi pi remoti, per dare espressione alla propria ispirazione, lartista ha dovuto fare della chimica: per molti secoli inconsapevole, certo; ma comunque chimica. Pensiamo allartista dei secoli trascorsi: come purificare i minerali per ottenere i pigmenti - le polveri colorate adatte a dipingere - o addirittura riuscire ad estrarre e fissare permanentemente su una matrice inerte il colore di certi organismi viventi, animali e vegetali, o addirittura come arrivare a sintetizzare materie coloranti partendo da sostanze diverse; e come riuscire a legare stabilmente queste polveri colorate, ricorrendo ad adesivi di origine naturale, in modo da formare una pittura. Come arrivare ad estrarre, manipolare, modificare queste materie prime, in modo da poterle utilizzare: tutto questo richiede operazioni chimiche. Il fatto sorprendente che queste opere siano arrivate a noi attraverso i secoli, indica che questa chimica, anche se inconsapevole, di fatto funzionava. Altra chimica poi coinvolta nella permanenza dellopera, nel suo passaggio nei secoli, nelle sue interazioni con un ambiente che in particolare negli ultimi cento-centocinquantanni sembra essere diventato assolutamente ostile alla fragile consistenza della materia artistica! Ossigeno, luce, temperatura, umidit, inquinanti atmosferici, con le loro sollecitazioni chimico-fisiche sui materiali e gli strati, condizionano pesantemente il mantenimento dellintegrit strutturale e formale. Fino a quando riusciremo a tramandare questa creazione ai posteri? Qui si innesta la terza fase, il terzo ambito di coinvolgimento della chimica. Il nostro intervento finalizzato alla comprensione analitica dei materiali, sia quelli costitutivi che quelli che sono stati aggiunti nel corso dei secoli; alla diagnosi delle condizioni strutturali; alla definizione delle condizioni ottimali per la conservazione dellopera; alla manutenzione della sua integrit e, nella maggior parte dei casi, al ripristino della stessa. Siamo ad un momento critico. Siamo ad un punto in cui assistiamo ad una grande confluenza di conoscenze e metodi scientifici intorno allopera darte, intorno al restauro che nella tradizione italiana invece ancora fresco di unimpostazione artigianale, di manualit e di saperi appresi e tramandati in bottega. Queste due realt devono riuscire ad integrarsi con pari dignit, finalizzate a garantire la tutela di queste fragili creazioni della mente umana. Nella presentazione si percorreranno queste tappe del coinvolgimento della chimica nellopera darte, con particolare riferimento alle opere policrome mobili, illustrandole con esempi.

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IL REGOLAMENTO REACH: PROSPETTIVE, PROBLEMATICHE, STRATEGIE. LE IMPRESE ITALIANE UTILIZZATRICI DI SOSTANZE CHIMICHE DI FRONTE ALLA NUOVA POLITICA COMUNITARIA. Mauro Sabetta Unione Industriale Torino Via Fanti, 17 10128 Torino, Italia e-mail: m.sabetta@ui.torino.it Prima del regolamento 1907/2006 (Reach) limpalcatura normativa comunitaria che disciplinava il mondo delle sostanze e dei preparati pericolosi era basata su alcuni pilastri, rappresentati dalla direttiva 67/548/CEE (la cosiddetta direttiva madre, adeguata 29 volte al progresso tecnico), concernente le sostanze pericolose, dalla Direttiva 1999/45/CE, concernente i preparati pericolosi, dal Regolamento 850/2004, concernente i POPs , e dalla direttiva 76/769/CEE, riguardante le restrizioni allimmissione in commercio. Nonostante tutto, numerosi problemi si sono manifestati nel corso degli anni: si va dal numero limitato delle sostanze ufficialmente censite, alla eccessiva macchinosit delle procedure, ma principalmente si posto laccento sulla carenza di informazioni disponibili, soprattutto in merito alle sostanze esistenti da tempo sul mercato europeo. I lavori, che possono datarsi a partire dal giugno 1999, si sono conclusi con lapprovazione del regolamento 1907/2006, in vigore dal 1 giugno 2007. Per quanto riguarda il sistema industriale, uno dei timori che il mondo industriale ha sempre evidenziato rappresentato dal concreto rischio che Reach si manifesti verso le imprese con la veste di un aumentato carico di oneri burocratici cui adempiere, che si tradurranno in un aggravio di costi senza un effettivo beneficio per la salute umana e lambiente. In sintesi, il sistema Reach risulta articolato nelle fasi di : Registration (Registrazione) : si tratta del primo stadio del sistema, dove le informazioni sulla produzione, limpiego e la sicurezza delle sostanze, nel momento in cui loro quantitativi siano esse prodotte, importate od impiegate siano superiori ad una tonnellata per anno. Non si potr fabbricare, importare o utilizzare un chemical se esso non sar registrato (secondo il principio"no data, no market"). Evaluation (Valutazione): stadio seguente alla registrazione la valutazione dei dati ricevuti e registrati: essa sar condotta in stretta sinergia tra le autorit nazionali e autorit comunitarie. Authorisation (Autorizzazione): una autorizzazione sar prevista per sostanze particolarmente pericolose per l'ambiente e la salute umana, ovvero le (sostanze C/M/R di cat. 1 e 2, i PBT, i vPvB ) (19), ed i distruttori endocrini. Tali sostanze dovranno essere appositamente indicate in appositi elenchi. Restrictions (Restrizioni): tale strumento agir prescindendo dai livelli quantitativi e pi radicalmente (vietandone limpiego) di come agir una autorizzazione. Si tratter di attivare un dispositivo che raccolga leredit della direttiva 76/769/CEE, ma che sia pi tempestivo ed efficace. Un software per gli Utilizzatori: una proposta concrete dal mondo dellindustria italiana Per far fronte ai numerosi obblighi che impatteranno a breve sulle imprese italiane, uno degli strumenti messi a punto il software STAR (Software Tecnico Adempimenti REACH), realizzato dalla collaborazione posta in essere tra tre associazioni del sistema confindustriale: lUnione Industriale Torino, l UNIC e Federlegno Arredo, a disposizione delle imprese associate alle tre organizzazioni ed a tutte le altre imprese ed Enti che lo vorranno acquisire. Tale strumento, che sar costantemente implementato, ha l obiettivo di essere di ausilio alle imprese che siano principalmente utilizzatrici di prodotti chimici.

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COMUNICAZIONI ORALI

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LANALISI DI RISCHIO ECOLOGICO NELLA GESTIONE DEI SITI CONTAMINATI Antonio Marcomini*, Andrea Critto*, Christian Micheletti*, Elena Semenzin * Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit Ca Foscari di Venezia, Calle Larga S. Marta 2137, 30123, Venezia e-mail: marcom@unive.it CVR Consorzio Venezia Ricerche c/o VEGApark, Via della Libert 5-12, 30175 Marghera, Venezia Lanalisi di rischio ambientale rappresenta un supporto decisionale insostituibile per la formulazione di politiche sostenibili. In particolare, per la valutazione ed il risanamento di ecosistemi contaminati da sostanze chimiche, lAnalisi di Rischio Ecologico (ERA) lo strumento utilizzato per identificare gli obiettivi di qualit e gli aspetti ecologici rilevanti da tutelare. Nel contesto normativo europeo, infatti, essa stata posta alla base della Direttiva Quadro sulle Acque ed affiancher lanalisi di rischio per la salute umana nella Direttiva Quadro sui Suoli di prossima emanazione. Attualmente lanalisi di rischio gi parte della legislazione nazionale della maggior parte degli Stati Membri. In Italia, essa stata in parte recepita nel Testo Unico Ambientale di recente emanazione (D.lgs. 152/2006) come Analisi di Rischio per la Salute Umana nella definizione degli obbiettivi di qualit per la bonifica dei siti contaminati e come Analisi di Rischio Ecologico per la valutazione dello stato di qualit delle acque superficiali (recepimento della Direttiva 2000/60/EC). Si pu prevedere quindi che in un prossimo futuro giocher un ruolo ancora pi rilevante nella valutazione e gestione dei siti contaminati nella loro complessit (suolo, acque e sedimenti), richiedendo un ulteriore sforzo a livello nazionale ed internazionale nello sviluppo, applicazione e validazione di metodologie e di strumenti applicativi. Verranno presentati i risultati di alcuni progetti nazionali ed internazionali volti allo sviluppo di specifiche procedure di Analisi di Rischio Ecologico per diversi siti contaminati (suoli, acque costiere e lagunari, bacini fluviali) variamente inquinati da sostanze chimiche. Tali metodologie sono state validate, o sono in corso di validazione, mediante applicazione a specifici casi di studio e sono state implementate, o sono in corso di implementazione, in Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS). Questi ultimi sono strumenti che rivestono un ruolo cruciale nel supportare lanalisi e la gestione dei siti contaminati da parte dei diversi attori coinvolti nel processo decisionale.

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UN MODELLO MATEMATICO PER LO STUDIO DEGLI IMPATTI DELLE ATTIVITA DI MITILICOLTURA SULLA CHIMICA DEI SEDIMENTI SUPERFICIALI Daniele Brigolina, Federico Rampazzob, Daniela Bertob, Stefano Covellic, Sergio Predonzanid, Michele Gianib, Roberto Pastresa Dip. Chimica Fisica, Universit di Venezia, Dorsoduro 2137, 30123, Venezia e-mail: pastres@unive.it b ICRAM - Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, Chioggia; c Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine, Universit di Trieste; d ARPA Agenzia Regionale per la Protezione dellAmbiente, Friuli Venezia Giulia. Durante lo scorso decennio la produzione di mitili in Italia ha subito un notevole aumento, raggiungendo le 105 tonnellate annue nel 2003. Questa tendenza dovuta principalmente allaumento del prodotto da maricoltura, che nel 2002 ha rappresentato circa il 70% della produzione totale di mitili. Laccumulo di bio-depositi organici, feci e pseudo-feci, prodotti dalle mitilicolture in sospensione considerato come un potenziale impatto negativo di questa attivit sullambiente bentonico. Infatti, larricchimento organico aumenta la domanda di ossigeno e pu portare a condizioni di anossia nei sedimenti superficiali. Questo lavoro, sviluppato nel contesto del progetto europeo ECASA (http://www.ecasa.org.uk), ha come obbiettivo lo studio dellimpatto dei biodepositi organici rilasciati dalle mitilicolture in sospensione sui sedimenti sottostanti attraverso un approccio di tipo integrato. Questo approccio basato sulla corroborazione di un modello matematico mediante lutilizzo di un insieme di dati sito-specifici appositamente raccolti. La massa di bio-depositi organici che raggiunge i sedimenti, nellarea occupata dallimpianto di mitili, stata calcolata utilizzando il modello di deposizione DEPOMOD (Cromey et al., 2002). I flussi di biodepositi rappresentano linput per un modello del tipo trasporto-reazione che rappresenta i processi di prima diagenesi. Questo stato implementato utilizzando lambiente di simulazione BRNS (Biogeochemical Reaction Network Simulator), sviluppato dal Dipartimento di Geochimica dellUniversit di Utrecht. Il modello stato progettato per simulare: le principali reazioni di degradazione della materia organica; la dinamica delle principali specie chimiche coinvolte nei processi di prima diagenesi allinterno dei sedimenti superficiali e allinterfaccia tra acqua e sedimento.
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I risultati ottenuti dallapplicazione del modello matematico sono stati testati utilizzando un set di parametri chimici del sedimento e delle acque interstiziali, raccolto in una mitilicoltura attiva a largo di Chioggia (Venezia) ed in una vicina stazione di controllo. Il confronto con i dati sperimentali fornisce alcune indicazioni circa la capacit del modello di predire la distribuzione spaziale dei bio-depositi organici che raggiungono i sedimenti. I profili predetti ed osservati indicano come la presenza dellimpianto di mitilicoltura porti ad un aumento delle concentrazioni di nutrienti nelle acque interstiziali, causando tuttavia impatti 40

notevolmente inferiori rispetto a quelli registrati in corrispondenza delle gabbie utilizzate per le attivit di piscicoltura (Black et al., 2001). Sulla base dei risultati ottenuti, si ritiene che il modello matematico sviluppato possa costituire uno strumento utile allo studio degli impatti della mitilicoltura sulla biogeochimica dei sedimenti. Bibliografia Cromey, C.J., Nickell, T.D. & Black, K.D. Aquaculture 2002, 214, 211-239. Black, K.D. Envionmental impacts of aquaculture Sheffield academic press. 2001, 214 pp

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I BIOINDICATORI NEL MONITORAGGIO AMBIENTALE: BATTERI BIOLUMINESCENTI, MITILI, SQUALI ED API. Stefano Girottia, Luca Bolellia, Elida Ferria, Elisabetta Maiolinia, Maria Grazia Fumoa,c, Nadia Barileb, Paolo Fontic.
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Dipartimento di Scienza dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche- Universit di Bologna, Via San Donato, 15, 40127 Bologna, stefano.girotti@unibo.it. b Centro di Biologia Marina, Istituto Zooprofilattico Sperimentale dellAbruzzo e Molise G.Caporale, Viale Marinai dItalia, 20, 86039 Termoli, n.barile@izs.it c Gruppo CSA SpA, Istituto di Ricerca, Via al Torrente, 22, 47900 Rimini, info@csaricerche.com. La presenza di sostanze che possono agire come inquinanti tossici ormai estesa ad ogni settore dell'ambiente; la loro individuazione e quantificazione tempestiva di primaria importanza al fine di limitare i danni conseguenti alla salute umana e/o alle altre componenti biotiche dellambiente stesso. Molti organismi possono essere impiegati come bioindicatori, cio come utili strumenti che indicano, attraverso la semplice osservazione del loro comportamento o lanalisi chimica dei composti estranei trattenuti nei loro tessuti, lo stato di degradazione di un ecosistema. Questo articolo presenta alcune recenti ricerche sullutilizzo, sotto diversi aspetti, di organismi bioindicatori per lo svolgimento di attivit di monitoraggio di inquinanti diversi. Gli organismi finora impiegati sono stati: batteri bioluminescenti (BBL), mitili, squali ed api. Losservazione dellandamento della emissione luminosa dei batteri ha permesso di determinare la tossicit di metalli pesanti, idrocarburi in fanghi e morchie, queste ultime anche sottoposte a trattamenti di biorisanamento, per cui in questo caso i BLB erano impiegati come metodo di valutazione della procedura di risanamento. La tossicit dei metalli pesanti nellacqua di mare stata valutata osservando il comportamento dei mitili, mentre la loro presenza o distribuzione pu essere determinata tramite analisi chimica dei tessuti di piccoli squali prelevati da specifiche aree. Inquinanti organici come i pesticidi sono stati rivelati con metodi immunochimici impiegando le api come organismi che effettuano ampi ed accurati campionamenti ambientali, ideali quindi come bioindicatori della contaminazione di acqua, aria, vegetali, suolo. Questa loro peculiare caratteristica stata sfruttata anche nel rilevamento di organismi fitopatogeni. Bibliografia Girotti S., Bolelli L., Fini F., Ghini S., Porrini C., Sabatini A.G., Musiani M., Gentilomi G., Andreani G., Carpen E., Isani G. Luminescence. 2002, 17, 273-274. Coletti G., Gubiani F., Piccolo M., Luque de Castro M.D., Japn Lujn R., Ferri E., Garcia Morante B., Bolelli L., Girotti S.. Luminescence. 2006, 21, 324-325. Girotti S., Bolelli L., Fini F., Monari M., Andreani G., Isani G., Carpen E. Chemosphere. 2006, 65 (4), 627-633.

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METODICHE PER LA DETERMINAZIONE DI COMPOSTI ORGANOSTANNICI: APPLICAZIONE AL MOLLUSCO BIOINDICATORE Nassarius nitidus NELLA LAGUNA DI VENEZIA Marco Bernardello a, Elena Centanni b, Seta Noventa b, Daniela Berto a, Magorzata Formalewicz a, Michele Giani a, Bruno Pavoni b ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, Loc. Brondolo, 30015 Chioggia (VE). b Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit di Venezia, Calle larga Santa Marta 2137, 30123 Venezia. e-mail: brown@unive.it Le metodiche di analisi di composti organostannici in matrici ambientali mediante tecniche GC/MS consentono di determinare selettivamente le diverse classi di composti, tra cui tri-, die monobutilstagno (TBT, DBT e MBT), e richiedono lunghe procedure di preparazione del campione attraverso numerose fasi (estrazioni, derivatizzazione e purificazione). In questo lavoro si presenta il confronto di due metodiche analitiche, basate su due reattivi derivatizzanti (metilmagnesio bromuro1 e n-pentilmagnesio bromuro2) e su tecniche di separazione gascromatografica accoppiate a due diversi rivelatori MS: quadrupolo lineare (in SIM) e trappola ionica quadrupolare (in MS2). Per i derivati metilati, pi volatili, pu aumentare il rischio di perdite degli analiti nella preparazione dei campioni, ma i reattivi per la pentilazione disponibili in commercio contengono spesso quantit degli analiti non trascurabili per lanalisi di campioni a basse concentrazioni. In entrambe le metodiche la sensibilit e la selettivit nei confronti dei composti butilici dello stagno sono risultate adeguate allanalisi di matrici complesse. Lapplicazione delle due metodiche a campioni di molluschi gasteropodi (Nassarius nitidus) provenienti dalla Laguna di Venezia (Nord Adriatico) ha mostrato un buon accordo nei risultati analitici. Lorganismo utilizzato in questo lavoro stato selezionato poich, in presenza di composti organostannici, sviluppa un effetto noto come Imposex, risultando, pertanto, un buon bioindicatore di contaminazione da tali composti nellambiente. LImposex consiste nello sviluppo di caratteri sessuali maschili nelle femmine, che rischiano, di conseguenza, di diventare sterili. Tutte le femmine analizzate presentavano caratteri maschili e gli indici di popolazione misurati (Vas Deferens Sequence Index, VDSI, media degli stadi di imposex in una popolazione; Relative Penis Length Index, RPLI, rapporto percentuale tra la lunghezza del pene delle femmine e di quello dei maschi) unitamente ai dati di bioaccumulo hanno indicato la persistenza di livelli di contaminazione significativi nelle aree studiate.
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Binato, G.; Biancotto; G., Piro, R.; Angeletti, R. Fresenius J. Anal. Chem. 1998, 361, 333337. 2 Morabito, R. Microchem. J. 1995, 51, 198-206.

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IL VETIVER UNA NUOVA OPPORTUNIT PER LA FITODEPURAZIONE DA METALLI PESANTI: PRESTAZIONI E COMPORTAMENTO Luigi Campanella, Riccarda Antiochia, Fabio Borzetti, Paola Ghezzi, Elisabetta Martini, Mauro Tomassetti Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail:luigi.campanella@uniroma1.it Molti processi industriali contribuiscono all'accumulo nell'ambiente dei metalli pesanti in concentrazioni che possono risultare dannose per la salute dell'uomo e per l'ecosistema. La ricerca negli ultimi anni cerca di sviluppare tecniche di risanamento di siti inquinati da metalli che siano a basso costo, esteticamente compatibili e che determinino la riduzione degli eventuali rifiuti da smaltire. La fitodepurazione, una tecnica che ben soddisfa i requisiti prima citati, prevede l'utilizzo di specie vegetali, capaci d accumulare i metalli pesanti, ed articolata in: fitoestrazione, rizofiltrazione e fitostabilizzazione. La fitoestrazione comprendente il bioassorbimento (processo di rimozione o dissoluzione degli inquinanti dovuto alle attivit cellulari) di piante (sia selvatiche che coltivate), capaci di sottrarre dal terreno una quantit elevata di metalli pesanti accumulandoli nelle foglie. Tali piante vengono definite iperaccumulatrici. La rizofltrazione utilizza piante acquatiche che hanno la capacit di assorbire contaminanti dalle acque inquinate con questo processo si possono bonificare acque lacustri inquinate sfruttando la capacit di assorbimento di ioni da parte delle radici. La fitostabilizzazione utilizza le piante per assorbire contaminanti, in modo da ridurre la loro biodisponibilit nel suolo, impiegata per evitare erosione e percolamento degli inquinanti ed utilizza, in ambienti altamente inquinati e perci privi di vegetazione, piante che presentano una elevata tolleranza nei confronti dei metalli pesanti e sono perci in grado di sopravvivere in condizioni nelle quali altre piante morirebbero. Il nostro studio prevede luso, come pianta fitodepuratrice, del Vetiver (nome botanico: Vetiveria zizanioides), nota per la sua capacit di accumulare i metalli pesanti al fine di valutarne la possibile applicazione in processi di detossificazione ambientale con prove di fitoestrazione e di bioassorbimento nei confronti dei metalli pesanti (in particolare Cromo, Rame, Piombo e Zinco). Le prove di fitoestrazione e di bioassorbimento, a medio e a lungo termine della durata, rispettivamente, di otto e trenta giorni, sono state eseguite rispettivamente innaffiando la pianta con una soluzione contenente una concentrazione nota dei metalli da analizzare o direttamente immergendo in tale soluzione le foglie e le radici preventivamente essiccate. Le concentrazioni dei diversi metalli, in tali campioni, sono determinate tramite spettroscopia di emissione al plasma, dopo mineralizzazione con microonde. Sono state anche eseguite prove di reversibilit del processo di bioassorbimento, assorbimenti avvenuti trattando il materiale assorbente con acqua.. I risultati del processo mostrano un aumento costante dei valori di concentrazione dei diversi metalli nelle piante del Vetiver nelle prove a medio termine (durante i primi otto giorni). Nelle prove a lungo termine, invece, il valore della concentrazione dei metalli tende a stabilizzarsi, generalmente, verso il ventesimo giorno. Il nostro studio ci ha permesso di verificare che, rispetto a precedenti esperienze descritte in letteratura ed eseguite su piante diverse, il Vetiver possiede capacit superiori nella fitoestrazione del Piombo e dello Zinco. Il Vetiver non risulta invece adatto per prove di bioassorbimento, infatti, i valori osservati sono risultati di molto inferiori a quelli ottenuti in precedenza con altri substrati biologici.

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APPLICAZIONE DI TECNICHE DI FITOESTRAZIONE PER LA BONIFICA DI SUOLI CONTAMINATI DA METALLI PESANTI


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Saer Doumett, aAlessandra Cincinelli, aDonatella Fibbi, aLuciano Lepri, b Stefano Mancuso e aMassimo Del Bubba

Universit degli Studi di Firenze Dipartimento di Chimica, Via della Lastruccia, 3 50019 Sesto Fiorentino (FI) b Universit degli Studi di Firenze Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Viale delle Idee 30 50019 Sesto Fiorentino e-mail: saer.doumett@unifi.it Questo studio ha interessato un terreno reale inquinato da Cd, Cu, Pb e Zn posto sul territorio della provincia di Pisa. Su tale suolo, ulteriormente addizionato dei metalli suddetti in modo da superare anche i limiti che la normativa 152/2006 prevede per i siti ad uso commerciale e industriale, sono state effettuate prove di crescita dellessenza vegetale di tipo arboreo Paulownia Tomentosa, una specie mai investigata finora per questo tipo di studi, ponendo a confronto la tecnica di fitoestrazione non assistita con quella che prevede laggiunta di ammendanti in grado di mobilizzare i metalli rendendoli maggiormente biodisponibili ai fini della loro traslocazione dal suolo ai differenti organi della pianta. A tale scopo sono stati testati come ammendanti, lacido tartarico e lacido glutammico, ambedue caratterizzati da bassa fitotossicit e da costi contenuti, rispetto allEDTA, diffusamente utilizzato e riportato in letteratura per questa funzione. stato realizzato un impianto di monitoraggio della crescita costituito da 90 vasi piantumati con germogli di Paulownia e, dopo 30 giorni, 81 dei 90 vasi sono stati aspersi con gli ammendanti EDTA, acido tartarico ed acido glutammico alle concentrazioni di 1, 5 e 10 mmoli/kg s.s., normalmente utilizzate negli studi riportati in letteratura (Luo et al., 2005; Kos et al., 2003) e compatibili con una loro applicazione in scala reale. In tal modo sono state investigate la crescita della pianta e la sua capacit di rimuovere il metallo dal suolo, in relazione alle seguenti tesi: tipo di ammendante; concentrazione di ciascun ammendante; tempo di contatto con il suolo contaminato. La determinazione dei metalli stata effettuata tramite mineralizzazione dei vari organi della pianta con un sistema a microonde e successiva analisi in ICP-OES. I risultati hanno evidenziato un elevato accumulo dei metalli nellapparato radicale ed una loro bassa traslocazione nella parte aerea, soprattutto per quanto riguarda il Pb ed il Cd che non rappresentano metalli essenziali nel metabolismo della pianta. Luso degli ammendanti, ed in particolare dellEDTA, non sembra determinare differenze di traslocazione particolarmente rilevanti; a tale proposito opportuno sottolineare che la presenza di metalli costituenti la matrice suolo e complessabili dallEDTA (quali ad esempio il Ca ed il Mg) possono giocare un ruolo decisivo nella competizione con i metalli oggetto di bonifica. Bibliografia (Luo, C.; Shen, Z.; Li, X. Chemosphere 2005, 59, 1-11). (Kos, B.; Grcman, H.; Lestan, D. Plant Soil Environ. 2003, 49(12), 548-553).

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BIORISANAMENTO DI SUOLO CONTAMINATO DA DIESEL MEDIANTE BIOAUGMENTATION CON UN CONSORZIO MICROBICO AUTOCTONO, ISOLATO DAL SITO DI BAGNOLI-COROGLIO Chiara Alisi a, Rosario Musella b, Flavia Tasso a, Carla Ubaldi a, Sonia Manzo b e Anna Rosa Sprocati a Enea, Dipartimento Ambiente, Clima e Sviluppo Sostenibile, a CR-Portici. bCR-Casaccia e-mail: sprocati@casaccia.enea.it Il lavoro presentato si inquadra in un progetto pi ampio che prevede lo sviluppo di tecnologie integrate di bonifica (progetto TIDe, finanziamento MUR, legge 297). In una prima fase progettuale stato individuato come luogo di indagine il sito siderurgico dismesso di Napoli Bagnoli-Coroglio, inserito tra gli interventi prioritari nel censimento dei siti di interesse nazionale (Art. 114, cc. 24 e 25 L. n 388/20009). In particolare sono state individuate alcune aree di indagine sulle quali stata eseguita una caratterizzazione chimica, ecotossicologica e microbiologica del suolo. Nel presente lavoro viene presentato uno studio preliminare sulla fattibilit del biorisanamento del suolo applicando la tecnologia della bioaugmentation. Lo studio stato condotto in fase slurry 20% (w/v) mediante biometri da 250 mL, con cattura di CO2, posti in agitazione a 28C, in triplicato, mettendo a confronto due diverse condizioni: il suolo tal quale, come controllo, e il suolo addizionato con diesel 1% (w/v). Il campione negativo era rappresentato da suolo avvelenato con Metilmercurio. Come inoculo microbico (5*107 UFC/mg) stato utilizzato il consorzio ENEA-LAM, isolato in precedenza dalla stessa area (laminatoio). Il consorzio costituito da 10 differenti ceppi appartenenti a 6 diversi generi (Pseudomonas, Arthrobacter, Rhodococcus, Exiguobacterium, Delftia, Bacillus). La sperimentazione stata seguita per 42 giorni, monitorando la biodegradazione degli idrocarburi in relazione a vari parametri: respirazione, profilo metabolico e profilo molecolare della comunit microbica, ecotossicit della matrice, composizione dello spettro degli idrocarburi. Mentre nei biometri di controllo lattivit respiratoria si sempre mantenuta estremamente bassa, nel suolo contaminato con diesel si registrata una vivace attivit respiratoria, in progressivo calo a partire dal 30 giorno. A 15 giorni dallinizio dellesperimento gli idrocarburi lineari erano tutti degradati di un 70-80%, gli isoprenoidi di un 50-60%, larea totale degli idrocarburi era scesa al 46%. Dopo 42 giorni di incubazione gli idrocarburi lineari erano completamente degradati, mentre gli isoprenoidi permanevano nelle stesse quantit; anche il fenantrene, usato come standard interno, risultava completamente degradato dopo 42 giorni. La carica microbica, dopo una flessione iniziale, si mantenuta intorno al valore iniziale, mentre nel controllo scesa stabilmente a 102 UFC/mg. La diversit di specie, stimata attraverso analisi t-RFLP risultava incrementata nel tempo nel trattato e ridotta nel controllo. La batteria di test ecotossicologici eseguiti (Vibrio fischeri, Pseudokirchneriella subcapitata, Heterocypris incongruens), al fine di ottenere informazioni sullevoluzione della tossicit durante la trasformazione degli idrocarburi negli intermedi metabolici, ha evidenziato, dopo un leggero incremento iniziale, una riduzione della tossicit nel tempo, principalmente nella fase biodisponibile (acquosa). I risultati mostrano lefficacia del consorzio microbico ENEA-LAM impiegato nella bioaugmentation per la biodegradazione del gasolio. Le prossime tappe riguarderanno la degradazione della frazione degli isoprenoidi e lo scale-up del processo con lutilizzo di lisimetri in campo.

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APPLICAZIONE SU SCALA DIMOSTRATIVA DELLA TECNOLOGIA A BIOMASSE GRANULARI PER IL TRATTAMENTO DEI REFLUI MUNICIPALI Claudio Di Iaconi, Guido Del Moro, Roberto Ramadori, Antonio Lopez CNR, Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA), via F. De Blasio 5, 70123 Bari. e-mail: claudio.diiaconi@ba.irsa.cnr.it Le tecnologie basate sullimpiego dei sistemi a fanghi attivi sono ancora quelle pi diffuse per il trattamento sia delle acque urbane che industriali malgrado siano caratterizzate da limitate capacit depurative, grandi volumi di reazione, basse velocit di sedimentazione dei fanghi con conseguente aumento della superficie dei sedimentatori, elevate produzioni di fango da smaltire. Le caratteristiche sopra riportate renderanno inevitabile la progressiva sostituzione dei sistemi a fanghi attivi con processi innovativi che risultino pi vantaggiosi in termini di compattezza di impianto, flessibilit operativa, produzione di fango e costi operativi. In questo contesto, lIstituto di Ricerca sulle Acque del CNR ha sviluppato una nuova tecnologia (SBBGR- Sequencing Batch Biofilter Granular Reactor) in grado di depurare le acque di scarico con elevata efficacia, minima produzione di fango e costi ridotti. Il sistema SBBGR si basa su un particolare biofiltro a funzionamento discontinuo nel quale le varie fasi del trattamento biologico (rimozione del carbonio, rimozione dellazoto, sedimentazione) si susseguono nella stessa unit con sequenza temporale anzich avvenire contemporaneamente in unit diverse come negli impianti tradizionali a fanghi attivi. La potenzialit del sistema attribuibile alle particolari caratteristiche della biomassa che nelle condizioni operative messe a punto (periodicit di funzionamento e fluidodinamica) cresce sotto forma di granuli ad elevata densit, anche 4 o 5 volte maggiore di quella dei tradizionali fanghi attivi. Lelevata densit consente di avere una maggiore concentrazione di biomassa (fino a 40 kg/m3) e quindi maggiori cinetiche di depurazione con conseguente riduzione del volume di reazione. Gli interessanti risultati ottenuti applicando la tecnologia su scala laboratorio e pilota per il trattamento dei reflui municipali e industriali hanno convinto la Commissione Europea che ha cofinanziato, nellambito del Programma LIFE-Ambiente 2005, il trasferimento tecnologico su scala dimostrativa della tecnologia SBBGR. La presente relazione riporta i risultati dellapplicazione della tecnologia SBBGR su scala dimostrativa per il trattamento dei reflui urbani. I risultati ottenuti dopo quasi un anno di sperimentazione hanno evidenziato efficienze di rimozione del COD e solidi sospesi intorno al 90% (con concentrazioni nelleffluente inferiori rispettivamente a 60 e 30 mg/L) anche in condizioni di massimo carico organico applicato (ossia, circa 6 kg COD/m3.g). La rimozione dellazoto ammoniacale stata pressoch completa (almeno fino ad un valore di carico organico di 2,5 kg COD/m3g) evidenziando inoltre fenomeni di denitrificazione aerobica molto spinti (la concentrazione dellazoto ossidato stata sempre molto bassa). Altra nota estremamente positiva stata la bassissima produzione di fango (quasi un ordine di grandezza inferiore a quella dei sistemi a fanghi attivi) riscontrata durante lintero periodo di sperimentazione.

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LASER INDUCED BREAKDOWN SPECTROSCOPY (LIBS) MONITORING EMISSION PRODUCED BY A PLASMA TORCH PLANT FOR THE TREATMENT OF WASTES Cesare Bonserio, Aurora Maria Losacco, Mariagrazia Muolo, Francesco Tedeschi Centro Laser s.c.a r.l., Str.Prov. Per Casamassima km3 70010 Valenzano (Bari) Italy e-mail: francesco.tedeschi@centrolaser.it Laser induced breakdown spectroscopy (LIBS) has been used to monitor the process of wastes destruction in a plasma torch plant. Toxic emissions from exhaust gases produced by waste processing may represent a significant health hazard. In order to test the quality of the process chemical-physical characteristics of vitrificated residue are evaluated and the presence of heavy metals flow in the exhaust gas is checked. This paper describes the potentiality of LIBS technique to online and real-time monitoring effluents generated from waste treatment to ensure compliance with safety and environmental protection. The capability of LIBS applied to monitor plasma torch processes has been successfully demonstrated by the use of many different waste kind. LIBS provide optimization and control of wastes treatment facilities.

Scheme of LIBS experimental setup

Keywords: LIBS; Plasma torch; Waste; Vitrificated residue; Exhaust gas.

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METODI DI DECONTAMINAZIONE DA IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI IN SEDIMENTI MARINI: SOIL WASHING E REAGENTE DI FENTON Maria Luisa Feo, Mario Sprovieri CNR - Istituto Ambiente Marino Costiero, Napoli e-mail: marialuisa.feo@iamc.cnr.it Le tecniche di bonifica di sedimenti marini contaminati da Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) sono molteplici e la scelta della migliore strategia di remediation dipende sostanzialmente dal tipo ed estensione della contaminazione, dalla destinazione duso del sito nonch da considerazioni tecnico-economiche. In questo lavoro di ricerca sono prese in esame tecniche di bonifica ex-situ come il soil washing ed il reagente di Fenton definendo limiti e potenzialit di ciascuna tecnica per i diversi sedimenti contaminati, in relazione alla loro distribuzione granulometrica, contenuto di materia organica totale, mineralogia e composizione chimica. Sono stati sottoposti ai trattamenti di decontaminazione sopra citati cinque sedimenti prelevati allinterno del Porto di Napoli e sugli arenili di Bagnoli e caratterizzati da propriet chimico-fisiche e granulometriche diverse. La percentuale di decontaminazione per i diversi sedimenti analizzati diminuisce allaumentare del contenuto delle frazione granulometrica pi fine (<63) mentre risulta indipendente dal contenuto di materia organica totale. In particolare, il soil washing stato effettuato utilizzando surfatanti naturali quali acidi umici e sintetici; da un confronto tra le due tipologie di lavaggio stato possibile osservare una migliore decontaminazione (~10% in pi) da parte dei surfatanti naturali. La stessa differenza in percentuale di decontaminazione stata osservata confrontando il trattamento con gli acidi umici e quello con il reagente di Fenton. Per questultimo la percentuale di decontaminazione resta costante pur variando la concentrazione di acqua ossigenata e i suoi tempi di aggiunta alla miscela. Per i cinque sedimenti investigati stata condotta unanalisi del contenuto di IPA nelle frazioni granulometeriche: 1000<<500 ; 500<<250; 250<<125; 125<<90; 90<<63; <63. Ciascuna frazione stata quindi sottoposta a soil washing seguendo le procedure sopra discusse. E stata osservata una pi alta percentuale di decontaminazione per la frazione 125<<90; seguono le frazioni pi grossolane mentre una bassa decontaminazione si ha per le frazioni fini. Lanalisi del contenuto di IPA nel black carbon e nelle diverse frazioni granulometriche ha permesso infine di valutare quali siano i vantaggi e gli svantaggi connessi alla decontaminazione di una sola frazione di sedimento rispetto al totale.

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SOSTANZE FARMACEUTICHE IN AMBIENTI COSTIERI: COMPORTAMENTO NEGLI IMPIANTI DI TRATTAMENTO SVERSANTI IN LAGUNA DI VENEZIA Giulio Pojana, Elisa Corrocher, Andrea Fantinati, Davide Vallotto, Antonio Marcomini* Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit Ca Foscari di Venezia, Calle Larga S. Marta 2137, 30123, Venezia. e-mail: jp@unive.it

Le sostanze farmaceutiche costituiscono una classe molto eterogenea di inquinanti emergenti, biologicamente attivi, di interesse per i loro potenziali effetti sugli ecosistemi acquatici. Sono a tuttoggi limitate le informazioni sulla loro presenza e distribuzione nelle acque superficiali e di transizione, nonch sulle possibili sorgenti di immissione. Si riportano qui i risultati di una indagine in campo relativa ai due principali impianti di trattamento delle acque reflue civili dellentroterra veneziano. I due impianti esaminati trattano reflui civili corrispondenti a circa 500.000 abitanti equivalenti (inclusi 4 ospedali dellarea), i cui effluenti finali vengono scaricati direttamente nella laguna di Venezia. Lattenzione si focalizzata sullidentificazione e quantificazione di 14 composti farmaceutici selezionati sulla base dei dati relativi alle vendite in Italia ed alla loro presenza in acque superficiali riportata dalla letteratura [1, 2]. I composti ricercati, appartenenti a varie classi terapeutiche (antibatterici, anti-infiammatori non steroidei, anti-epilettici, regolatori lipidici, farmaci per la cura dellimpotenza, diuretici, -bloccanti, antibatterici), sono stati ricercati nei reflui in ingresso e in uscita ai due impianti durante due sessioni di campionamento (estiva, invernale), per valutare le efficienze di abbattimento e la loro stagionalit. I composti prescelti sono stati estratti dai campioni acquosi mediante estrazione in fase solida (SPE), separati mediante cromatografia liquida ad elevate prestazioni e quantificati attraverso uno Spettrometro di Massa a trappola ionica accoppiato per mezzo di uninterfaccia elettrospray (HPLC-ESIMS/MS). In entrambi gli effluenti finali dei due impianti sono state rilevati 10 dei 14 composti ricercati, a livelli di concentrazione compresi tra i 33 ng/L e i 9600 ng/L. Sono stati inoltre stimati, per ciascun composto farmaceutico, i carichi giornalieri immessi in laguna. Il carico giornaliero complessivo di composti farmaceutici immessi nella laguna di Venezia da parte dei due impianti risultato essere compreso tra i 250 e i 1000 grammi. [1] [2] Castiglioni, S.; Bagnati, R.; Fanelli, R.; Pomati, F.; Calamari, D.; Zuccato, E. Environ. Sci. Technol. 2006, 40, 357-363. Ternes, T.A.; Joss, A.; Siegrist, H. Environ. Sci. Technol. 2004, 393A-399A.

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INTERAZIONE FRA METALLI PESANTI E BATTERI FOTOSINTETICI ROSSI ANOSSIGENICI Francesca Italianoa, Angela Agostianoa,b, Francesco Milanoa, Luigi R. Cecic, Francesca DeLeoc, Raffaele Galleranic,d, Livia Giottae, Angelo DellAttie, Alessandro Buccolierie, Giovanni Buccolierie e Massimo Trottaa
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CNR - Istituto per i Processi Chimico-Fisici Sezione di Bari, bDipartimento di Chimica cCNR - Istituto di Biomembrane e Bioenergetica, dDipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare Universit degli studi di Bari, eDipartimento di Scienza dei Materiali Universit di Lecce e-mail: f.italiano@ba.ipcf.cnr.it

La bioremediation si sta affermando quale efficace tecnologia complementare - ed in taluni casi alternativa - ai metodi chimici tradizionali per la rimozione di metalli pesanti da siti contaminati. Il microrganismo Rhodobacter sphaeroides, un batterio rosso non sulfureo fotosintetico facoltativo, ha mostrato una significativa tolleranza e/o resistenza a concentrazioni relativamente elevate di ioni di metalli pesanti, quali ferro, mercurio, rame, nichel e cobalto, molibdeno (MoO42-), cromo (Cr3+e CrO42-), arsenico (AsO2- e HAsO42-). La risposta di R. sphaeroides allesposizione ai metalli pesanti risulta dipendente dalla natura dello ione, dalla sua concentrazione e dalla sua speciazione, indicando che differenti meccanismi di tolleranza e/o resistenza possono essere coinvolti nelladattamento del batterio. Il bioaccumulo di metalli pesanti stato investigato mediante ICP-AES evidenziando la capacit del microrganismo selezionato di bioaccumulare significative quantit dei metalli testati attraverso meccanismi combinati di uptake attivo e passivo (biosorption) e lesistenza di fenomeni competitivi responsabili delluptake preferenziale di determinati ioni tossici e non tossici. Il trattamento della biomassa cellulare con EDTA ha consentito di discriminare la frazione di metallo intracellulare e bioadsorbita a livello della superficie esterna delle cellule. Inoltre, attraverso titolazioni acido-base della biomassa batterica, stato determinato il numero e il pKa dei gruppi protonabili presenti sulla superficie esterna delle cellule, potenziali siti di binding per ioni metallici, mentre i gruppi funzionali coinvolti nel bioadsorbimento sono stati identificati attraverso analisi FTIR. Alcuni ioni, fra cui nichel, cobalto e cromo(III), inducono una considerevole diminuzione del contenuto di complessi fotosintetici pigmentoproteina Light Harvesting Complexes. Grazie ad un approccio multidisciplinare di tipo biomolecolare, proteomico, chimico-fisico ed analitico, numerose informazioni sono state acquisite relativamente ai meccanismi molecolari coinvolti nel bioaccumulo di metalli pesanti da parte di Rhodobacter sphaeroides ed alleffetto di nichel, cobalto e cromo sugli enzimi coinvolti nel pathway biosintetico della batterioclorofilla. Ulteriori indagini per il potenziale impiego di tale microrganismo fotosintetico nellambito della bioremediation sono attualmente in corso. Buccolieri, A., Italiano, F., Dell'Atti, A., Buccolieri, G., Giotta, L., Agostiano, A., Milano, F., and Trotta, M.. Annali di Chimica 2006, 96, 195-204. Giotta, L., Agostiano, A., Italiano, F., Milano, F., and Trotta, M. Chemosphere 2006, 62, 1490-1499.

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ALCUNE APPLICAZIONI DI TECNICHE MICROANALITICHE CHE IMPIEGANO RAGGI X DI SINCROTRONE PER LO STUDIO DI METALLI NEL SUOLO E NELLA PIANTA Roberto Terzanoa, Matteo Spagnuoloa, Bart Vekemansb, Koen Janssensb, Pacifico Ruggieroa
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Dipartimento di Biologia e Chimica Agro-forestale ed Ambientale, Universit degli Studi di Bari b Department of Chemistry, University of Antwerp, Belgium e-mail: r.terzano@agr.uniba.it

Negli ultimi anni, limpiego della luce di sincrotrone come strumento di indagine in campo ambientale ha permesso di fare enormi passi avanti nella comprensione di numerosi processi e fenomeni altrimenti non osservabili mediante tecniche analitiche convenzionali. In particolare, i raggi X di sincrotrone si sono rivelati uno strumento estremamente potente ed efficace per lo studio diretto di numerosi elementi, specialmente metalli, allinterno delle pi svariate matrici ambientali. Vengono qui presentate tre applicazioni di tecniche microanalitiche che impiegano raggi X di sincrotrone per lo studio di problematiche ambientali relative alla determinazione della distribuzione e della speciazione di metalli nel suolo e nella pianta. La prima riguarda limpiego combinato di micro fluorescenza (-XRF), micro diffrazione (XRD) e micro assorbimento (-XAS) di raggi X per determinare la distribuzione a livello microscopico nonch la speciazione di Cr, Ni, Cu, Zn, Pb, Hg e V in campioni di suolo contaminato provenienti dallArea Industriale della Val Basento (Basilicata). Le informazioni ottenute a livello microscopico, insieme ai dati ricavati per mezzo di pi tradizionali procedure di estrazione in fase liquida (estrazioni sequenziali, TCLP test, EDTA), hanno permesso di fare previsioni sulla mobilit dei contaminanti nonch di ipotizzarne lorigine. Una seconda applicazione riguarda lo studio del processo chimico-fisico di stabilizzazione del rame in un suolo contaminato per mezzo della sintesi in situ di zeoliti. La sintesi di questi minerali pu essere promossa per mezzo dellaggiunta al suolo di coal fly ash (sottoprodotti della combustione del carbone) opportunamente pre-trattati. Per mezzo della microtomografia di fluorescenza di raggi X, in combinazione con la -XRD, stato possibile verificare leffettivo intrappolamento di precipitati di rame allinterno delle zeoliti di neo-sintesi. Per poter guardare allinterno di questi cristalli microscopici (10-20 m), stato necessario focalizzare i raggi X a dimensioni submicroscopiche. Inoltre, lesatta speciazione del rame allinterno di queste strutture stata determinata mediante -XAS. Lultimo esempio si riferisce allimpiego della microtomografia di fluorescenza di raggi X per determinare la distribuzione dello zinco allinterno di diversi organi (radice, picciolo, foglie) di piante di rucola (Eruca vesicaria Cavalieri) allevate su di un suolo contaminato da Zn, ammendato e non con compost. In aggiunta a queste determinazioni, la speciazione dello Zn allinterno dei vari organi stata determinata mediante -XAS. Le piante cresciute in presenza di compost hanno mostrato non solo una differente distribuzione spaziale dello Zn, soprattutto nella radice e nelle foglie, ma anche forme diverse di complessazione di questo metallo allinterno della pianta. I dati raccolti in questo studio hanno permesso di ottenere nuove informazioni sul ruolo del compost nellinfluenzare lassorbimento dello zinco nel sistema suolo-pianta.

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In generale, come dimostrato da queste applicazioni, le diverse tecniche microanalitiche illustrate possono essere impiegate, singolarmente o in combinazione fra di loro, per studiare approfonditamente le pi disparate problematiche di inquinamento ambientale da parte di metalli nonch per poter sviluppare tecnologie di bonifica efficaci ed appropriate.

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APPLICAZIONE DELLA TECNICA TD/GC/MS PER LA DETERMINAZIONE DIRETTA DI PCB IN CAMPIONI DI SUOLO CONTAMINATI Barbara De Tommasoa, Giuseppe Mascoloa, Cosimino Malitestab, Giuseppe Bagnuoloa, Vito Felice Uricchioa, Gennaro Brunettic
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CNR, Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA), via F. De Blasio 5, Bari. Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali,Via Monteroni, Lecce. c Universit degli Studi di Bari, Dipartimento di Biologia e Chimica Agroforestale ed Ambientale, via Amendola, Bari. e-mail: barbara.detommaso@ba.irsa.cnr.it, giuseppe.mascolo@ba.irsa.cnr.it

Le tradizionali metodologie di analisi dei PCB in campioni ambientali solidi (per es. suoli) prevedono, prima della determinazione analitica, lutilizzo di procedure di pretrattamento del campione particolarmente laboriose. Nel presente lavoro vengono riportati i risultati ottenuti riguardo lo sviluppo ed lottimizzazione di una nuova procedura analitica per la diretta e rapida determinazione dei PCB in campioni di suolo di un sito contaminato attraverso il loro desorbimento termico e successiva analisi GC/MS. Una preliminare ottimizzazione dei vari parametri analitici chiave (temperature di desorbimento e di ri-focalizzazione, tempo di desorbimento) utilizzando un campione di suolo certificato contaminato da una quantit totale nota di Aroclor 1254 e, per confronto, degli standard di PCB direttamente introdotti nel tubo del thermal desorber (TD) ha permesso di evidenziare che tale procedura analitica consente di desorbire termicamente oltre il 99% dei vari congeneri presenti nel campione. Inoltre, ulteriori prove sperimentali hanno consentito di stabilire che le condizioni operative ottimizzate (temperatura di desorbimento: 350C, temperatura di ri-focalizzazione: 20C, tempo di desorbimento primario: 25 min) rappresentano il miglior compromesso tra il minor effetto di carryover e la pi alta velocit per il trasferimento degli analiti nella colonna gas-cromatografica insieme alla pi elevata sensibilit ottenibile. Nelle condizioni ottimizzate, per ogni congenere appartenente alle diverse classi isomeriche di PCB, stato verificato lintervallo di linearit della risposta del sistema TD/GC/MS che risultato essere compreso nellintervallo da 0.5 a 100 ng (R2 maggiore di 0.997). Lefficienza del desorbimento con la procedura TD/GC/MS, nelle condizioni ottimizzate, stata anche confrontata con quelle ottenute con le pi comuni tecniche di pre-trattamento per la determinazione dei PCB nei suoli (soxhlet, PFE, ultrasuoni) evidenziando che la procedura analitica messa a punto fornisce prestazioni comparabili, e in alcuni casi migliori, rispetto a quelle ottenibili con le tecniche estrattive tradizionali. La procedura analitica messa a punto stata infine applicata per la caratterizzazione del contenuto di PCB nel suolo (a due profondit) di un sito industriale contaminato della Puglia sulla base dei limiti fissati dal D.M. 471/99 e dal D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152. I risultati, correlati con alcuni parametri chimici del suolo (contenuto in carbonio organico e azoto totale), hanno evidenziato che la pi alta concentrazione dei PCB negli strati superficiali consistente con la maggior presenza di sostanza organica in questi strati. Infine, i risultati delle determinazioni TD/GC/MS sono risultati ben correlati con i valori di composti organici alogenati totali estraibili (EOX) ottenuti con una separata procedura analitica.

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DEVELOPMENT OF COMPLEMENTARY MICROSCOPIC TECHNIQUES IN THE ANALYSIS OF CULTURAL HERITAGE MATERIALS Pietro Baraldi, Francesca Paccagnella, Paolo Zannini Chemistry Department, University of Modena and Reggio Emilia Via Campi 183, 41100 Modena (Italy).Tel. 059 2055035 Fax 059 373543 e-mail:araldi.pietro@unimore.it; paccagnella.francesca@unimore.it; zannini.paolo@unimore.it Aim of this work is to maximize the response of the IR techniques on very thin sections of Cultural Heritage samples by collecting transmission spectra. Samples of known content were analyzed and, in order to compare results of IR spectra to the ones of different techniques, samples were also tested by scanning electron microscope (SEM) with energy dispersive X-rays analysis (EDX) and by Micro-Raman spectroscopy. Cultural Heritage samples were embedded in an AgCl matrix by using the same methodology of the KBr pellet; they were then cut at the wished thickness by using a cryo-microtome. KBr was not used because of its hygroscopicity and fragility during the slicing, the chosen salt just having problems concerning its photo sensibility that causes a darkening of the pellets and make the vision of the inner particles very difficult. Many troubles have to be solved: the slicing process, leading to breaking of the samples during cutting or during the pressing, the making of the pellet itself and the thinning to the ultra thin section. Finally, good spectra and also good spectra mapping of the samples were obtained.

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LA DATAZIONE DI MANUFATTI CEMENTIZI: UN PROBLEMA ANCORA APERTO L. Campanellaa, F. Borzettia,b, R. Dragonec, P. Gallia
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Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma b Italcementi S.p.A. Bergamo - Italia c Istituto dei Sistemi Complessi (ISC) CNR e-mail: luigi.campanella@uniroma1

Linteresse nella valutazione dellepoca di un manufatto cementizio soprattutto legato ad una migliore collocazione temporale ai fini di eventuali interventi di restauro conservativo nel campo dei beni culturali e/o nel campo delledilizia civile. La datazione di costruzioni cementizie, inoltre, pu contribuire a dirimere dispute legali riguardanti la loro vetust. Le difficolt derivanti dalla complessit della matrice cementizia e delle interazioni di questa con un ambiente in continuo mutamento, hanno reso difficile lindividuazione di un metodo analitico strumentale di datazione utilizzabile dalla comunit scientifica. Unulteriore complicazione dovuta ai cambiamenti chimico-fisici interni alla matrice causati da reazioni cineticamente lente, nonostante la composizione chimica e le caratteristiche meccaniche di un materiale cementizio si considerino definite dopo circa 1 mese dallimpasto del cemento con lacqua. Tali modifiche, che si evidenziano con linvecchiamento del materiale, sono di difficile previsione anche perch influenzate da diversi fattori ambientali a loro volta variabili nel tempo. Allo scopo di individuare dei possibili indicatori analiticodiagnostici abbiamo esaminato alcuni campioni di manufatti cementizi a diverso tempo di invecchiamento naturale (circa 1 mese, 10 e 30 anni) e dopo invecchiamento artificiale ottenuto mediante esposizione combinata a luce e calore. La diagnostica stata eseguita con tecniche che non richiedono pretrattamenti del campione, quali lanalisi termica simultanea (analisi termogravimetria (TGA) e differenziale (DTA)) e la diffrattometria a raggi X (XRD). I risultati ottenuti hanno mostrato delle significative differenze tra i campioni di cemento invecchiati naturalmente (circa 10 e 30 anni) o artificialmente e quelli preparati di recente (circa 1 mese) a dimostrazione che lassunzione che dopo circa un mese dallimpasto il sistema diviene stabile di certo non pu essere assunta in termini rigorosi.

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LA FLUORESCENZA A RAGGI X IN DISPERSIONE DI ENERGIA (EDXRF) PER LO STUDIO DELLA TELA SAN FELICE IN TRONO DI LORENZO LOTTO
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Francesco Adduci , Alessandro Buccolieri , Giovanni Buccolieri , b c b d Alfredo Castellano , Roberto Cesareo , Laura Sandra Leo , Fabrizio Vona
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Universit di Bari, Dipartimento di Fisica, via Orabona 4, 70125, Bari Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, via Monteroni, 73100, Lecce c Universit di Sassari, Dipartimento di Matematica e Fisica, via Vienna 2, 7100, Sassari d Soprintendenza P.S.A.E. per le Province di Bari e Foggia, via Pier lEremita 25-B, 70122, Bari. e-mail: vona@artipuglia.it

Il dipinto San Felice in trono (tela 139x57 cm) fu trovato nellAprile del 1897 da Bernard Berenson che lattribu a Lorenzo Lotto [1]. Lattivit del Lotto documentata nel Libro dei Conti nel quale lartista riportava scrupolosamente debiti e crediti [2]: nel Giugno del 1542 sono riportate indicazioni per la realizzazione di un trittico commissionato per la chiesa di San Domenico a Giovinazzo, in provincia di Bari, per il costo totale di trenta ducati. La tela San Felice in trono rappresenta lunica parte del trittico scampata a un incendio sviluppatosi nellinterno della cattedrale di Giovinazzo nel XVI secolo. La tela stata restaurata, per la prima volta, in data antecedente al 1919 dal Venturini-Papari [3], ma non sono noti i trattamenti eseguiti e una seconda volta nel 1951 da parte dellIstituto Centrale per il Restauro di Roma [4]. Durante i lavori di restauro del 2006, eseguiti presso la Soprintendenza di Bari, la tela stata analizzata mediante fluorescenza a raggi X in dispersione di energia (EDXRF) [5]. In questo lavoro sono riportati i risultati sperimentali relativi allo studio dei pigmenti pittorici utilizzati dallartista e in successivi restauri. Sono stati identificati gli elementi che caratterizzano i principali pigmenti (rosso, verde, blu, bianco e giallo). Importanti considerazioni sono state effettuate relativamente alla sovrapposizione dei diversi strati pittorici. Bibliografia 1. Berenson, B. Lorenzo Lotto, II ed., Londra, 1905. 2. Lotto, L. Libro dei Conti, Ministero della Pubblica Istruzione, Gallerie Nazionali Italiane, 1896, I. 3. Ministero della Pubblica Istruzione, Bollettino dArte, 1919, XIII. 4. Ministero della Pubblica Istruzione, Bolettino dellIstituto Centrale del Restauro, Istituto Poligrafico dello Stato, 1951, 5-6. 5. Cesareo, R.; Castellano, A.; Buccolieri, G.; Quarta, S.; Marabelli, M. X-Ray Spectrometry 2004, 33, 289-293.

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APPLICAZIONI DI UN FOTOSENSORE DI PERSISTENZA AMBIENTALE A CARTE ANTICHE Luigi Campanella, Cecilia Costanza, Alessandra DAguanno Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it Linteresse rivolto allo studio del degrado di carte antiche dovuto allimportanza storica che esse hanno in un presente in cui si tende a conservare linformazione su supporti elettronici. Il degrado della carta costituisce il problema principale per quanto riguarda la protezione e la conservazione del bene memoria storica (libri antichi, documenti, etc.) dall'aggressione di agenti di varia natura (ambientale, biologica, chimico - fisica etc.) sia esterni che interni al materiale stesso. Le indagini per la valutazione dello stato di conservazione devono essere rivolte allo studio delle cause e dei meccanismi di alterazione con metodi in grado di esprimere il livello di degrado attraverso uno o pi indici quantitativi e devono sfociare nella progettazione e sperimentazione di protocolli procedurali opportuni. In questo lavoro viene applicato un test chimico [1-3] per la valutazione della stabilit delle carte antiche, basato sull'impiego di un fotosensore innovativo a base di biossido di titanio, fotocatalizzatore della degradazione della carta attraverso la misura del tempo di induzione della reazione e, passato tale tempo, della velocit di produzione di CO2. Come espressione del processo ossidativo si ricava un indice di persistenza ambientale o ecopersistenza. I risultati ottenuti indicano una pi alta persistenza ambientale delle carte antiche rispetto alle moderne. Bibliografia
[1] Campanella, L.; Battilotti M.; Costanza, C. Ann. Chim. 2005, 95, 727-739. [2] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. Ann. Chim. 2006, 96, 575-585. [3] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. La Chimica e lIndustria, 2005, 87, 84 89.

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MONITORAGGIO E COMPOSIZIONE CHIMICA DEL PM2.5 e PM10 IN PUGLIA M. Amodio, P. Bruno, M. Caselli, P. R. Dambruoso, B. E. Daresta, G. de Gennaro, P. Ielpo, V. Paolillo, C. M. Placentino, M. Tutino Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via Orabona, 4 70126 Bari e-mail: giangi@chimica.uniba.it Lo studio del particolato atmosferico riveste un ruolo di centrale importanza in campo ambientale, infatti la completa caratterizzazione chimico-fisica e la comprensione dei principali processi di trasporto e trasformazione, rappresentano una sfida per la comunit scientifica. In questambito sono state svolte campagne stagionali di campionamento in siti di diversa tipologia nelle citt di Bari, Taranto e Lecce, al fine di distinguere tra le peculiarit locali di siti costieri, urbani, industriali, e il fondo regionale. Durante tali campagne sono stati eseguiti campionamenti simultanei di PM2.5 e PM10, con rilevazione delle condizioni meteoclimatiche. Le singole frazioni di particolato sono state sottoposte ad analisi gravimetrica e caratterizzate chimicamente (carbonio organico ed elementare, ioni inorganici, elementi ed idrocarburi policiclici aromatici). Tali attivit si collocano nellambito dei progetti PRIN SITECOS (Studio Integrato sul TErritorio nazionale per la caratterizzazione ed il Controllo di inquinanti atmOSferici) e PCOST (caratterizzazione del Particolato COSTiero). I risultati evidenziano lassenza di un significativo trend stagionale del PM10. Inoltre, si osserva che le correlazioni tra PM10 nei diversi siti indagati sono maggiori se confrontate sia con quelle dei PM2.5 negli stessi siti sia con quelle tra PM2.5 e PM10 nello stesso sito; ci da attribuire allinfluenza di contributi locali nella frazione pi fine del particolato. Nelle diverse campagne di monitoraggio sono stati ottenuti rapporti percentuali PM2.5/PM10 compresi fra 52% e 70%; valori particolarmente bassi si riscontrano in corrispondenza di basse concentrazioni di PM2.5, di trasporto di masse daria da zone industriali, di eventi di Saharan Dust o, pi in generale, di elevati contributi terrigeni nel PM10. Le analisi condotte hanno mostrato che la componente carboniosa costituisce la principale frazione del PM2.5 e del PM10 e che essa caratterizzata da rapporti diagnostici OC/EC maggiori di 2.5 [1] in tutti i siti, ad indicare la probabile formazione di aerosol organico secondario. Inoltre, la componente ionica rappresenta una consistente porzione del particolato; essa costituita da solfato, ammonio e potassio, che si trovano nella frazione fine, da cloruro, calcio, sodio e magnesio, prevalenti nella frazione coarse, e da nitrato ripartito fra le due frazioni. Solfato, nitrato e ammonio, componenti predominanti nella frazione ionica, sono distribuiti uniformemente su unampia area regionale, a conferma della presenza di un particolato di fondo nel Bacino del Mediterraneo. Particolare attenzione sar rivolta ai componenti di origine naturale (crostale, spray marino, biogenico) e alla misura in cui essi contribuiscono alla massa del particolato. Per quanto riguarda gli IPA, nella citt di Taranto stata evidenziata una relazione diretta tra direzione del vento dalla zona industriale (nord) e massimi di concentrazione. Lo studio dei rapporti tra le concentrazioni dei diversi IPA ed in particolare di benzo(b+j)fluorantene/ benzo(g,h,i)perilene ha permesso di discriminare tra la sorgente traffico veicolare e le altre possibili. Dai dati relativi alla citt di Bari si evince una corrispondenza inversa tra velocit del vento e concentrazione degli IPA: situazioni di intensa ventosit favoriscono la dispersione di questi microinquinanti. Al contrario nella citt di Bari lanalisi dei rapporti diagnostici ha evidenziato come sorgente predominante di IPA il traffico autoveicolare.

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Lanalisi statistica effettuata sui dati raccolti mediante un modello a recettore (APCS, Absolute Principal Component Scores) [2] ha supportato le considerazioni menzionate. [1] Turpin, B.J.; Huntzicker, J.J. Atm. Environ. 1995, 29 (23), 3527-3544 [2] Thurston G.D.; Spengler J.D. Atm. Environ. 1985, 19 (1), 9-25

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IMPATTO DELLINQUINAMENTO ATMOSFERICO SUL PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO ITALIANO: DEFINIZIONE DEL RISCHIO AMBIENTALEARIA NELLAREA DEL COMUNE DI ROMA Patrizia Bonanni a, Annamaria Giovagnoli b,Carlo Cacace b, Raffaela Gaddi a
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APAT (Agenzia per la protezione dellambiente e per i servizi tecnici) b ICR (Istituto Centrale per il Restauro) raffaela.gaddi@apat.it

La nuova collaborazione tra APAT e ICR ha come obiettivo lo studio dellandamento dello stato di conservazione dei beni culturali sottoposti al degrado ambientale; il primo caso di studio riguarda i beni presenti allinterno del territorio del comune di Roma. Lobiettivo del progetto laggiornamento degli indicatori di vulnerabilit e di pericolosit ambientale-aria individuati dalla Carta del Rischio del Patrimonio Culturale redatta dallICR [1], per la definizione di un nuovo indicatore di Rischio Territoriale su scala locale. Tale indicatore permetter di valutare i livelli di rischio che le diverse aree di Roma presentano attualmente, in funzione dei fenomeni di degrado riscontrati e della tipologia del bene considerato[2]. In particolare la vulnerabilit dei beni verr definita aggiornando le schede di vulnerabilit degli edifici, gi redatte nellambito della prima compilazione della Carta del Rischio, al fine di individuare il livello di esposizione di un dato bene all'aggressione dei fattori territoriali ambientali. La pericolosit ambientale-aria (la componente del rischio che descrive il processo fisico di deterioramento dei beni determinato dalla potenziale aggressione esercitata dal territorio sulla superficie del manufatto) verr invece individuata mediante il calcolo aggiornato degli indici di erosione e di annerimento [3]. Tali indici si otterranno utilizzando algoritmi matematici che permettono di correlare il danno subito dai materiali di interesse storico -artistico alle concentrazioni dei principali inquinanti aerodispersi e ai dati meteo-climatici registrati dalle centraline di monitoraggio presenti nel comune di Roma. Laggiornamento delle schede di vulnerabilit del bene e degli indici di pericolosit territoriale permetter di costruire nuove mappe cartografiche di rischio ambientalearia, utili per visualizzare le informazioni sullo stato di conservazione del patrimonio culturale e sullinsieme dei fattori ambientali che ne determinano i processi di degrado. Bibliografia [1] Risk map: a project to aid decision-making in the protection, preservation and conservation of Italian cultural heritage. G. Accardo, A. Altieri, C. Cacace, E. Giani, A. Giovagnoli, Conservation Science, pp 44-49 (2002). [2] Il Sistema Informativo della Carta del Rischio- A.T.I. Maris, Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali Ufficio Centrale per i Beni Archeologici, architettonici, Storici ed Artistici Istituto Centrale per il Restauro, Carta del Rischio del Patrimonio Culturale (1996). [3] Limpatto dellinquinamento atmosferico sui beni di interesse storico artistico esposti allaperto, Rapporto APAT (2006).

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CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DI PARTICOLATO ATMOSFERICO FRAZIONATO Antonella Bergamoa, Alessandro Buccolierib, Giovanni Buccolierib, Ilaria Carofaloa, Angelo DellAttib, Maria Rita Perronea Universit del Salento, Dipartimento di Fisica, via per Arnesano, 73100 - Lecce E-mail: ilaria.carofalo@le.infn.it b Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, via per Monteroni, 73100 - Lecce Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato lesistenza di una stretta correlazione tra la composizione chimica delle particelle aerodisperse e i loro effetti sulla salute delluomo e sullambiente. Nel presente lavoro si riportano alcuni risultati relativi alla caratterizzazione chimica di particolato atmosferico aerodisperso e dimensionalmente frazionato, allo scopo di enucleare il contributo sul particolato raccolto al suolo, delle principali sorgenti naturali e antropiche, sia locali che transfrontaliere. I campioni di particolato analizzati sono stati raccolti presso il Dipartimento di Fisica dellUniversit del Salento (40 20 N, 18 06 E), mediante un impattore inerziale a cascata a sette stadi (OH-610-C, Klmn System). Operando a una portata di aspirazione di 1.5 m3h-1, limpattore permette di separare il particolato atmosferico campionato in sette differenti frazioni granulometriche caratterizzate dai seguenti valori del diametro di taglio d pari a 5.7 m, 2.7 m, 1.4 m, 0.65 m, 0.35 m, 0.14 m e 0.08 m. Le superfici di deposito del particolato, poste in ogni stadio dellimpattore, sono filtri in fibra di quarzo, le cui misure gravimetriche permettono di determinare la frazione della massa totale raccolta in ciascuno dei sette intervalli dimensionali. Si presentano i risultati relativi a due campionamenti di 24 ore effettuati in periodi differenti e durante due diversi processi di avvezione: il primo estato effettuato il 10/05/2005 durante un processo di avvezione dal Mediterraneo centro-occidentale, mentre il secondo e stato effettuato il 27/09/2005 durante un processo di trasporto di masse daria provenienti da vaste aree industriali del Nord-Est dEuropa. Per meglio caratterizzare i processi di avvezione relativi a ciascun periodo di campionamento, vengono presentati gli andamenti temporali dei principali parametri meteorologi, alcune immagini satellitari (MODIS - Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) e le traiettorie analitiche allindietro. Si e utilizzato un cromatografo ionico DIONEX modello DX500 per determinare, sui differenti filtri dellimpattore, la concentrazione dei principali ioni: ammonio, calcio, magnesio, potassio, sodio, bromuro, cloruro, fluoruro, nitrato, fosfato e solfato. Pertanto, saranno riportati i risultati relativi alla dipendenza della concentrazione ionica dalla frazione granulometrica e dai parametri meteorologici. Le analisi di cromatografia ionica hanno mostrato che, per entrambi i campionamenti, i solfati rappresentano i componenti maggioritari del particolato fine (d < 0.65 m). La frazione grossolana (d > 0.65 m) del particolato raccolto invece e risultata essere fortemente dipendente dai processi di avvezione.
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LEVOGLUCOSAN, A TRACER FOR WOOD COMBUSTION IN MILAN PARTICULATE MATTER P. Fermoa, A. Piazzalungaa, R. Vecchib, G. Vallib, M. A. De Gregorioc Dep. Inorganic, Metallorganic and Analitical Chem., University of Milan, Via Venezian 21, 20133, Milan, Italy b Institute of General Applied Physics, University of Milan ,Via Celoria 16 20133, Milan, Italy c ARPA Lombardia-U.O.lab., Via Juvara 22, 20122, Milan, Italy Very scarce data on the contribution of particles emitted by residential wood combustion are available in Northern Italy. To achieve more information on this source of particulate matter, a study was carried out on wood smoke contribution by means of the chemical characterization of aerosol samples. In this study levoglucosan, organic carbon (OC) and elemental carbon (EC) have been determined on PM10 samples. Levoglucosan is taken as wood smoke marker as it arises from the pyrolysis of cellulose, is emitted in large amounts and is sufficiently stable. PM10 aerosol samples were collected in Milan in the frame of the ParFiL project (Particolato Fine in Lombardia). Samples were collected during winter 2005, summer 2005 and winter 2006. In particular, for both 2005 and 2006 we investigated the period between Christmas and the New Years Day, when an increase in the use of wood for domestic firing during holidays is very likely. Levoglucosan was quantified by two different techniques: Gas Chromatography coupled with Mass Spectroscopy (GC/MS) and High Performance Anion Exchange Chromatography (HPAEC) coupled with Pulsed Amperometric Detection (PAD). OC and EC were measured by Thermal Optical Transmission method (TOT). In the investigated periods, levoglucosan concentrations were 10.0% higher in winter than in summer 9.0% Levoglucosan/PM 8.0% (levoglucosan/PM=0.57%0.14% Levoglucosan/OC 7.0% in February and 0.08%0.05% in 6.0% 5.0% June). Furthermore, levoglucosan 4.0% levels during Christmass periods 3.0% 2.0% approximately doubled in 1.0% comparison with the wintertime 0.0% February '05 (n=7) Christmas's period '05 November '06 (n=3) Christmas's period '06 averages, confirming the higher (n=10) (n=7) wood consumption during the Figure 1: levoglucosan/OC ratio for winter and for holidays (figure 1). Christmas period The evaluation of levoglucosan emission factor for different kinds of wood has been also carried out in order to estimate the percentage of PM that can be attributed to residential wood combustion. Acknowledgements The authors are grateful to ParFiL Project for their financial support, to all the people from ARPA-Lombardia who collaborated to samples collection and to the personnel from Stazione Sperimentale dei Combustibili for the preparation of samples devoted to emission factor estimates.
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FRAZIONAMENTO IN CAMPO TERMICO-FLUSSO DI PARTICELLE SUBMICRONICHE Luisa Pasti, Francesco Dondi L.A.R.A., Dipartimento di Chimica, Universit di Ferrara, Via L. Borsari, 46, 44100 Ferrara, Italy e-mail: l.pasti@unife.it Il presente studio ha lo scopo di esplorare limpiego delle tecniche di frazionamento in campo-flusso (FFF, Field Flow Fractionation) nella caratterizzazione delle propriet di materiale colloidale, tali propriet hanno rilevanza nello studio degli equilibri presenti nei corpi idrici, essendo noto il ruolo significativo dei colloidi come ossidi di Al, Fe, Si e di argille nel regolare la composizione delle acque naturali1. In particolare e stata studiata la separazione di particelle di silice mediante frazionamento in campo termico flusso (Thermal Field Flow Fractionation: ThFFF), operante in mezzo acquoso di diversa forza ionica, in assenza ed in presenza di tensioattivo. Tali separazioni sono state condotte per esaminare l applicabilit della teoria di termodiffusione di particelle cariche, recentemente proposta da Parola1 per linterpretazione dei frattogrammi sperimentali e di conseguenza per lottenimento della calibrazione di tecniche ThFFF2, 3. Vengono presentati i risultati e le relative relazioni modellistiche esistenti in ThFFF, tra ritenzione di colloidi carichi superficialmente, dimensioni e potenziale superficiale delle particelle ed inoltre lo studio della separazione in ThFFF di particelle di silice in presenza di assorbimento superficiale specifico di cationi di metalli pesanti ed in condizioni controllate di forza ionica del mezzo. Bibliografia 1) Parola, A.; Piazza, R.; Eur. Phys. J. E.; 2004, 15; 255-263. 2) Nguyen, M.; Beckett, R.; Anal. Chem.; 2004, 76(8); 2382-2386. 3) Schimpf, M. In Field-Flow Fractionation Handbook; Schimpf, M.; Caldwell, K. and Giddings, J.C., Eds.; Wiley-Interscience: New York, 2000; pp 239-256. 4) Stumm, W.; Morgan, J. J.; in Aquatic Chemistry An Introduction Emphasizing Chemical Equilibria in Natural Waters; John Wiley & Sons; 1981; Chapter 10

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ARCHEOLOGIA, AMBIENTE E SALUTE Antonio Proto a, Marianna Alfano a, Maria Passamanoa, Anna Farina a, Carla Scarabinoa, Davide Alfanoa, Oriana Motta b
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Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Salerno Dipartimento di Scienze dellEducazione, Universit degli Studi di Salerno, via P.Don Melillo 84084 Fisciano (SA) e-mail: aproto@unisa.it

Questo lavoro sintetizza un percorso di ricerca quinquennale iniziato con lo studio delle paleodiete mediante lanalisi dei metalli e dei rapporti degli isotopi stabili del carbonio e dellazoto sui resti osteologici rinvenuti nei siti archeologici campani di Paestum e Pontecagnano. Tale lavoro ha permesso di individuare una nuova tecnica analitica basata sulla analisi infrarossa in trasformata di Fourier degli isotopomeri stabili della anidride carbonica. La determinazione quantitativa del rapporto 13C/12C in relazione con la fonte di anidride carbonica prodotta nei processi di combustione e potrebbe essere un nuovo indicatore di inquinamento ambientale. A tal proposito la tecnica stata utilizzata per effettuare campionamenti ambientali in differenti zone della provincia di Salerno ed i risultati evidenziano quanto il rapporto degli isotopi del carbonio sia differente in aree urbane a grande traffico rispetto a quelle prevalentemente agricole e di quanto esso sia influenzato dai fenomeni atmosferici. Questa nuova tecnica analitica stata anche utilizzata per la diagnosi non invasiva della infezione da Helicobacter Pylori. Incoraggianti risultati sono stati ottenuti confrontando le determinazioni effettuate su una cinquantina di pazienti che hanno effettuato, nella stessa seduta ospedaliera, un duplice test respirometrico. Nessuna differenza sul risultato diagnostico stata riscontrata tra la tecnica optogalvanica in uso presso lospedale di Nocera Inferiore e quella sviluppata presso il nostro gruppo di ricerca. Bibliografia C. Scarabino, C. Lubritto, A. Proto et al. Paleodiet characterisation of an Etrurian population of Pontecagnano (Italy) by Isotope Ratio Mass Spectrometry (IRMS) and Atomic Absorption Spectrometry (AAS). Isotopes In Environmental and Health Studies. 2006, 42, 151-158 Antonio Proto, Davide Alfano, Carla Scarabino. Brevetto Italiano di Invenzione Industriale (SA2005A/000006) dal titolo: Nuovi dispositivi per la determinazione del rapporto di concentrazione degli isotopi stabili del carbonio mediante analisi spettroscopica infrarosso. R. Zanasi, D. Alfano, C. Scarabino, O. Motta, R. G. Viglione, A. Proto. Determination of 13 12 C/ C Carbon Isotope Ratio, Anal. Chem. 2006, 79, 3080-3083

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STUDIO DI LEGANTI ORGANICI IN PROVINI SIMULANTI LA PITTURA MURALE Elisa Campani1, Antonella Casoli1, Karen Trentelman2 Dipartimento di Chimica Generale e Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica, Universit degli Studi di Parma, V.le G.P. Usberti 17/A, 43100 - Parma e-mail: elisa.campani@unipr.it 2 Museum Research Laboratory, Getty Conservation Institute, 1200 Getty Center Drive, Suite 700, Los Angeles, CA 90049-1684, USA
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La conoscenza dei differenti tipi di materiali organici utilizzati nei dipinti murali e il loro comportamento fondamentale per sviluppare unappropriata procedura di conservazione dellopera. Questo studio si inserisce nel progetto internazionale Organic Materials in Wall Paintings (OMWP), coordinato dal Getty Conservation Institute di Los Angeles, che mira alla messa a punto di un protocollo per lidentificazione dei materiali organici nei dipinti murali, utilizzando tecniche di indagine non distruttive, non invasive e distruttive. Sono stati studiati provini di composizione nota, provenienti dal Laboratorio per lAffresco di Vainella (Centro Tintori - Prato), al fine di valutare potenzialit e limiti delle tecniche impiegate nellidentificazione dei materiali organici. I provini considerati sono costituiti da un supporto di terracotta sul quale sono stesi lo strato di intonaco e lo strato pittorico. Le tavolette da noi esaminate, per un totale di quarantatre campioni, prevedono diverse combinazioni di pigmenti (minerali, naturali e sintetici), leganti (uovo, colla animale, caseina e gomma arabica) e fasi di applicazione (a fresco, a secco e su intonaco stanco). La nostra parte del progetto ha previsto lutilizzo della microspettroscopia Raman, impiegando sia uno strumento portatile sia un micro-spettrofotometro FT-Raman di laboratorio e della gascromatografia/spettrometria di massa mediante lutilizzo di metodiche messe a punto per lidentificazione di materiali proteici, lipidici e polisaccaridici. Atti del Simposio Organic Materials in Wall Paintings: Assessment of Methods of Investigation, 12 Maggio 2006, Venaria, Torino.

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INDAGINI NMR SU LEGNI MODERNI E ANTICHI Antonella Maccottaa, Paola Fantazzinib, Mirko Gombiab, Maria Braic, Maurizio Marralec
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Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi, Universit di Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena, Italy, e-mail: maccotta@unisi.it b Dipartimento di Fisica, Universit di Bologna, Viale Berti Pichat 6/2, 40127 Bologna, Italy c Dipartimento di Fisica e Tecnologie Relative, Universit di Palermo, Viale delle Scienze, Edificio 18, 90128 Palermo, Italy

La caratterizzazione di manufatti lignei di interesse storico-artistico-archeologico molto importante sia per una maggiore conoscenza dellopera stessa sia per una corretta progettazione dellintervento di restauro [1]. A questo scopo riveste una notevole importanza lo sviluppo di metodologie non distruttive che siano in grado di fornire informazioni sullo stato di degrado del legno costituente il manufatto (porosit, distribuzione delle dimensioni dei pori, assorbimento e diffusione dellacqua) e sugli effetti di trattamenti con prodotti consolidanti. Le caratteristiche del legno dipendono dal taxon ligneo, dal contenuto di acqua, dalla direzione delle fibre oltre che naturalmente dal degrado delle macromolecole costituenti. Studi di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) stanno attualmente mostrando che tale tecnica tra le pi interessanti per ottenere informazioni di questo tipo. E stato gi mostrato infatti come le curve di distribuzione dei tempi di rilassamento della componente longitudinale della magnetizzazione nucleare dei nuclei 1H, in campioni di legno stagionato, permettono di classificare i campioni in funzione del taxon ligneo e suggeriscono fenomeni di accoppiamento e/o di scambio tra i nuclei di idrogeno dellacqua e quelli macromolecolari [2]. Inoltre si osserva nei campioni degradati un aumento dei tempi di rilassamento che potrebbe essere indicativo dello stato di degrado della matrice lignea. Bibliografia 1. 2. V. Bucur, Nondestructive Characterization and Imaging of Wood, Springer Series in Wood Science (Springer, New York, 2003) P. Fantazzini, A. Maccotta, M. Gombia, C. Garavaglia, R.J.S. Brown, M. Brai, SolidLiquid NMR relaxation and signal amplitude relationships with ranking of seasoned softwoods and hardwoods, J Appl Phys 100: 0749071-7 (2006).

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STUDIES ON STACK EMISSIONS: DEFINING POLICYCLIC AROMATIC HYDROCARBONS PROFILES FOR SOURCE APPORTIONEMENT AND PROTOCOLS FOR TOXICITY TESTING Pierluigi Barbieria, Luca Di Montea, Sergio Cozzuttoa, Claudio Vezzila, Filippo Lo Cocob, Paola Sistc, Bruna Scaggiantec, Antonella Bandierac, Ranieri Urbanic Universit degli Studi di Trieste, Dipartimento di Scienze Chimiche, Via L. Giorgieri 1, 34127 Trieste (Italy); barbierp@units.it b Universit degli Studi di Udine, Dipartimento di Scienze Economiche, Area Ambientale, Via Tomadini 30/A, 33100 Udine (Italy) c Universit degli Studi di Trieste, Dipartimento di Biochimica, Biofisica e Chimica delle Macromolecole, Via L. Giorgieri 1, 34127 Trieste (Italy) Receptor modeling for particle source apportionment requires characterization of emission sources: in this study we report some of our experimental planning and results aimed characterizing adimensional profiles with specific attention on PAHs for an industrial source and for domestic burning systems. In the different cases the methods applying ground-based high volume (filters + PUF) sampling and diluted exhaust isokinetic sampling will be discussed. Gas chromatographic mass spectrometric analyses are applied. Such a research is aimed to provide new data for evaluation of contribution of different emitting sources to measured PM, beside strategies that uses mainly out-of-date emission factors. A synoptical study reports about tests that are used for assessing toxicity on particulate matter samples, focusing on both oxidative stress and mutagenicity.
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Bibliography Watson, J. G.; Zhu, T.; Chow, J.C.; Engelbrecht, J.; Fujita, E.M.; Wilson, W.E.; Receptor modeling application framework for particle source apportionment, Chemosphere 2002, 49, 1093-1136

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MONITORAGGIO INDOOR DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI E CARATTERIZZAZIONE DELLE PRINCIPALI SORGENTI EMISSIVE Martino Amodio, Paolo Bruno, Maurizio Caselli, Gianluigi de Gennaro, Maria Rosaria Saracino, Maria Tutino Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via Orabona, 4 70126 Bari e-mail: tutino@chimica.uniba.it La qualit dellaria indoor (Indoor Air Quality) diventata oggetto di studio da parte della comunit scientifica internazionale soltanto negli ultimi anni. Questo crescente interesse legato ai sempre pi lunghi periodi di tempo trascorsi dalla popolazione all'interno di edifici pubblici e privati. Inoltre stato osservato che diversi materiali impiegati in edilizia e nellarredo possono costituire una fonte rilevante di inquinamento in quanto contengono composti considerati nocivi per luomo. Pertanto, nell'ottica di uneffettiva tutela della qualit della vita e della salute umana, risulta di primaria importanza lo studio del fenomeno dell'inquinamento indoor. In generale, la qualit dellaria indoor condizionata sia dalla qualit dellaria esterna sia, soprattutto, da sorgenti inquinanti presenti solo allinterno. In particolare limpiego di materiali sintetici sia nelledilizia che nella produzione di mobili, ladozione di nuovi stili di vita, il largo consumo di prodotti per lambiente e per ligiene personale hanno introdotto nuove fonti di rischio. In alcuni casi, infatti, gli ambienti all'interno degli edifici possono essere responsabili dell'esposizione ad inquinanti a livello superiore a quello imputabile all'ambiente esterno. Tra i composti dannosi per la salute a cui si quotidianamente esposti, particolare attenzione meritano i composti organici volatili (VOC), una miscela di composti organici aventi punto di ebollizione iniziale pari o inferiore a 250C. Essi sono considerati una componente importante nelleziologia della cosiddetta sindrome delledificio malato, (SBS) descritta dallOrganizzazione Mondiale della Sanit. Al fine di ridurre tali rischi, occorre conoscere le principali fonti di inquinamento e i livelli di concentrazione degli inquinanti attraverso il loro monitoraggio. In risposta a tali esigenza sono state effettuate campagne di monitoraggio in ambienti domestici e siti pubblici largamente frequentati dalla popolazione. In concomitanza la ricerca si propone di determinare gli impatti emissivi di alcune classi di materiali e prodotti diffusamente presenti negli ambienti monitorati. Il confronto dei profili di emissione dei diversi materiali presenti in commercio permetter di chiarire se i materiali definiti bioecologici dalle aziende produttrici emettono composti chimici classificati come pericolosi. Le informazioni ottenute saranno di particolare importanza non solo per il cittadino che, da solo, gi potr decidere di apportare mitigazioni alle situazioni esistenti in casa sua o scegliere pi oculatamente i suoi insediamenti futuri, ma soprattutto per le diverse aziende produttrici, alle quali sar fornito un ulteriore servizio ad elevato valore aggiunto. Bibliografia Baglioni, A. Aria ambiente e salute. 1999, 5, 8-10. Guo, H. F.; Murray, S. C. Building and Environment. 2003, 38, 1413-1422. Wargocki, P.; Sdell, J.; Bischof, W.;. Brundrett, G; Fanger, P.O.; Gyntelberg, F.;. Hanss, S.O. Indoor Air. 2002, 12, 113-128. Brinke, J.T.; Selvin, S.;. Hodgson. A.T. Indoor air. 1998, 3, 140-152 Maji, C.S.; Ashok, N. J. of Hazardous Materials. 2003, 105, 103-119. Nazaroff William W.; Weschler, W.; Charles, J. Atmospheric Environment. 2004, 38, 28412865. Wille, M.S.R.; Lambert W. E.E. Forensic Science International. 2004,142,135-156. 69

CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA E COMPOSIZIONALE DEL PARTICOLATO AERODISPERSO DI ORIGINE URBANA E INDUSTRIALE IN DUE CITTA DEL SUD ITALIA. Emanuela Filippoa, Daniela Mannoa, Antonio Serraa, Tiziana Sicilianoa, Marco Teporea, Pierina Ielpob, Maurizio Casellib
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Dipartimento di Scienza dei Materiali Universit del Salento Via Monteroni 73100 Lecce (Italia) b Dipartimento di Chimica, Universit di Bari Via Orabona 4 70126 Bari (Italia) e-mail:emanuela.filippo@unile.it

In questa indagine stata utilizzata la microscopia elettronica a scansione correlata ad un sistema di microanalisi a raggi X (SEM/EDAX) al fine di condurre una caratterizzazione chimico-fisica del particolato aerodisperso con diametro aerodinamico inferiore a 10 m (PM10) in due citt del Sud Italia (Bari e Taranto) con condizioni climatiche simili ma densit abitative e attivit produttive molto diverse. Lo scopo del presente lavoro quello di stabilire il legame che esiste tra le caratteristiche morfometriche e composizionali delle particelle di aerosol e di mostrare possibili relazioni con le sorgenti di tali particelle, differenziando inoltre il contributo di ciascuna sorgente (industria, traffico, aerosol marino, suolo..) sullinquinamento ambientale urbano. possibile con queste informazioni determinare limpatto che le diverse sorgenti possono avere sul particolato in sospensione nelle citt. Nei campioni analizzati la quasi totalit del particolato costituita da particelle sferiche o ellittiche aventi diametro medio inferiore a 2.5 m. I dati ricavati dagli spettri a raggi X puntuali acquisiti su ogni singola particella sono stati caratterizzati statisticamente e hanno dimostrato che elementi come bario, zinco, ferro, rame, manganese e zolfo, prodotti da processi industriali e di combustione, sono presenti essenzialmente nelle particelle submicrometriche. Inoltre mediante la hierarchical cluster analysis (HCA) del particolato aerodisperso sono state individuate le componenti principali (cluster) presenti nei diversi siti con la relativa percentuale.

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ALTEZZA DELLO STRATO DI RIMESCOLAMENTO E VARIAZIONI NELLA DISTRIBUZIONE DIMENSIONALE DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO LUNGO PROFILI VERTICALI NELLAREA URBANA MILANESE L. Ferreroa, S. Petracconea, M.G. Perronea, G. Sangiorgia, B. Ferrinia, Z. Lazzatia, C. Lo Portoa, E. Bolzacchinia, A. Ricciob, E. Previtalic, M. Clemenzac.
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Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit di Milano - Bicocca, piazza della Scienza 1 20126 Milano, Italia; b Dipartimento di Scienze Applicate, Universit Uniparthenope, Via De Gaperi 5, 80133 Napoli; c Dipartimento di Fisica, Universit di Milano - Bicocca, INFN, piazza della Scienza 3 20126 Milano, Italia e-mail: luca.ferrero@unimib.it

Le attivit urbane influenzano direttamente la qualit dellaria; i valori pi alti di PM10 e PM2.5 sono raggiunti in aree urbane (Van Dingenen, 2004). Il bacino padano e in particolar modo la citt di Milano sono un buon esempio di questo scenario dove in aggiunta la meteorologia gioca un ruolo fondamentale nel determinare i livelli di inquinamento. Durante il 2006, nella citt di Milano, la concentrazione media di PM2.5 ha raggiunto un valore di 43 g/m3, con i valori massimi concentrati nel periodo invernale caratterizzati dalla maggior stabilit atmosferica; in particolare nel periodo dicembre 2005 febbraio 2006 stato raggiunto un valore medio di PM2.5 di 83 g/m3 (range: 17250 g/m3). Poich la modellizzazione e lamministrazione del problema richiedono una conoscenza tridimensionale dello stesso stato avviato a Milano, presso il sito di Torre Sarca (453119N, 91246E), uno studio degli effetti delle condizioni di stabilit atmosferica sulla dispersione del particolato atmosferico in termini di concentrazione numerica e distribuzione dimensionale. I profili verticali sono stati misurati mediante lutilizzo di un pallone frenato dotato di un OPC GRIMM 1.108 Dustcheck (15 classi dimensionali) e di una stazione meteorologica portatile permettendo una stima diretta della altezza dello strato di rimescolamento (Seibert, 2000) affiancata da misure di 222Rn e previsioni modellistiche (MM5). In figura mostrato landamento Profili verticali della concentrazione numerica di particelle (0.3 1.6) mm per due lanci rispettivamente del 31 Gennaio e del 1 di due profili per due giorni tipici in cui Febbraio 2006 400 una altezza dello strato di h 7:40 - 8:00 (31/01/06) 350 h 14:20-14:44 (01/02/07) rimescolamento inferiore ai 300 m AGL 300 durante tutto larco della giornata ha 250 condotto rispettivamente a concentrazioni 200 di 100 e 133 g/m3 di PM2.5; 117 e 166 150 g/m3 di PM10. Scarsa dispersione e 100 processi di accumulo giorno dopo giorno ne sono la causa maggiore (Ferrero, 50 l 2007). 0 0.0E+00 1.0E+05 2.0E+05 3.0E+05 4.0E+05 5.0E+05 6.0E+05 7.0E+05 8.0E+05 Al fine di studiare le variazioni della distribuzione dimensionale del particolato con la quota, stata effettuata una cluster analysis delle originali classi dimensionali dello strumento suddividendo i dati campionati, nel periodo invernale 2005/2006, in funzione della posizione relativa alla altezza dello strato di rimescolamento. Risulta la formazione di un primo cluster al suolo tra 0.3-0.5 m e di un cluster pi ampio in quota comprendente particelle tra 0.3-1.6 m. Calcolando per ogni profilo il diametro medio delle particelle per questultimo cluster stata osservato un buon
Quota (m AGL)
-1

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grado di correlazione tra laltezza dello strato di rimescolamento e un rapido aumento del diametro medio delle particelle facenti parte della moda di accumulazione (R2 di 0.883) suggerendo che in condizioni stabili come quelle invernali laltezza dello strato di rimescolamento separi il particolato atmosferico invecchiato da quello di fresca emissione al suolo. Bibliografia Ferrero L. & al. (2007), FEB, Vol. 16 N 6 (in press). Van Dingenen R. & al. (2004), Atm. Env., 38, 2561-2577. Seibert P. & al. (2000), Atm. Env., 34, 1001-1027.

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CARATTERIZZAZIONE DI COLORI ALCHIDICI PER ARTISTI Rebecca Ploeger, Dominique Scalarone, Oscar Chiantore Dipartimento di Chimica IFM e Centro NIS, Superfici e Interfasi Nanostrutturate Universit degli Studi di Torino oscar.chiantore@unito.it I polimeri alchidici hanno avuto una certa diffusione come leganti pittorici e colori alchidici per artisti vengono attualmente usati con buoni riscontri per la loro efficacia. Risulta importante disporre di validi metodi di caratterizzaione delle pitture alchidiche, tenuto conto che i dati riportati nella letteratura tecnica e scientifica sono scarsi. Inoltre artisti e restauratori sono interessati a conoscere a fondo le qualit di questi materiali in termini di interazione con altre sostanze e di n durabilit. In questo lavoro vengono presentati i risultati relativi alla caratterizzazione di 3 differenti colori alchidici per artisti: Fig 1: Struttura ideale di resina alchidica formata da anidride Winsor & Newton Griffin Alkyd Colours, England, Ferraro ftalica, glcerolo e acido linoleico Colore Alchidico, Italia, and Da Vinco Co., Oil with Alkyd, USA, insieme a quelli della resina pura impiegata nella linea Griffin di Winsor & Newton. Per la caratterizzazione della resina e degli additivi sono state impiegate la spettroscopia FTIR, anche in modalit riflettanza con fibre ottiche (FORS), e la pirolisi-GCMS con idrolisi e metilazione termicamente assistita. Le resine alchidiche sono poliesteri modificati con oli, e il nome alchidico deriva dai monomeri, alcol e acido, usati per preparare il poliestere. Nella polimerizzazione per condensazione sono impiegati polioli (almeno trifunzionali), acidi polibasici, e acidi grassi. La resina finale costituita da una catena di poliestere termoplastico con gruppi pendenti di acidi grassi, come schematizzato in Figura 1. La porzione di olio nelle alchidiche per artisti pu arrivare al 70% su peso di resina. E stata studiata una stessa serie di colori per i diversi produttori: le resine e le cariche sono risultate essere uguali in ciascuna linea di prodotto, mentre differiscono tra le marche. Winsor & Newton produce una resina costituita da anidride ftalica e pentaeritrite (un poliolo tetrafunzionale), mentre Ferrario e Da Vinci impiegano acido isoftalico e pentaritrite. Nei colori Da Vinci la quantit di legante bassa, e pertanto questi prodotti sono da considerare colori ad olio a cui stata aggiunta una minore quantit di resina alchidica. In tutti i campioni stata rivelata la presenza di acido azelaico, indicando che il processo di invecchiamento avviene con meccanismo di auto-ossidazione simila a quello degli oli siccativi. Una pittura alchidica secca pu essere facilmente riconosciuta, rispetto ad una pittura ad olio, mediante FTIR-ATR e FTIR-FORS in quanto se non ci sono sovvrapposizioni dovute a pigmenti, additivi o altri riempitivi, essa presenta due deboli ma ben separati picchi at 1600 e a 1580 cm-1, dovuti alla porzione aromatica del poliestere. Nello spettro IR sono poi presenti i segnali dei CH2 a 2925 e 2850 cm-1, il largo assorbimento degli OH a 3440 cm-1, il picco del carbonile estereo a 1726 cm-1 e del legame C-O a 1120 e 1258 cm-1 insieme agli assorbimenti dovuti ai riempitivi (carbonato di calcio, solfato di bario e caolino) e ai pigmenti. La tecnica FTIR FORS di recente applicazione nel settore della conservazione e il suo interesse principale risiede nellessere una tecnica non invasiva. Tuttavia gli spettri che si ottengono risentono della scarsa energia dei segnali e presentano generalmente forte rumore di fondo. Spettri di riferimento di buona qualit, confrontabili con quelli che si ottengono con
O O * O O * O O

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FTIR-ATR, sono stati raccolti da film pittorici stesi su alluminio. I picchi caratteristici dei campioni subiscono variazioni sia di intensit che di frequenze di assorbimento. Film pittorici sono stati stesi su altri substrati per verificare la possibilt di ottenere spettri IR-FORS da substrati di reale interesse per le applicazioni a manufatti artistici.

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STUDIO ANALITICO DEI PROCESSI DI DETERIORAMENTO DI ALCUNI MATERIALI LAPIDEI E STRATEGIA ENZIMATICA DI RECUPERO Alessia Diamantia, Federica Valentinib, Giuseppe Palleschib, Emanuela Tamburrib, Maria Letizia Terranovab, Simona Bellezzac, Patrizia Albertanoc. a. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Facolt di Lettere e Filosofia, via Columbia, 1- 00133 Roma b. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma c. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Biologia, via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma e-mail: federica.valentini@uniroma2.it Lattenzione di questo lavoro rivolta alla diagnosi del degrado ambientale e al conseguente recupero di alcuni supporti lapidei naturali, provenienti da siti di campionamento reali a Roma (in ambiente esterno). Tale attivit stata svolta con le seguenti metodologie analitiche: microscopia ottica, microscopia interferenziale differenziale (DIC), spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e fluorescenza X (XRF). Il presente lavoro stato finalizzato alla sperimentazione ed ottimizzazione di una nuova strategia di biopulitura enzimatica, catalizzata dallenzima Glucosio-ossidasi (GOx), testata sulle superfici dei campioni lapidei affetti da degrado chimico-biologico[1]. Le procedure ottimizzate a seguito di numerose prove di pulitura a diretto contatto con i supporti, hanno consentito di ottenere soddisfacenti prestazioni analitiche, in termini di efficienza di rimozione della patina superficiale e di non invasivit del substrato. Tali risultati possono essere interpretati sulla base di una possibile correlazione tra la microstruttura dei campioni porosi ed il meccanismo dazione enzimatico catalizzato dalla GOx, capace di produrre, in situ, acqua ossigenata e di modularne la ripartizione tra la superficie del materiale lapideo e la sua microstruttura (porosit interna). La macromolecola enzimatica GOx trattiene in superficie lH2O2 da essa prodotta, favorendo maggiori tempi di contatto con la patina superficiale (e quindi la massima efficienza di rimozione) evitando che lH2O2 si degradi. Il perossido di idrogeno essendo una molecola di piccolo taglio, in grado di percolare nei pori del materiale in funzione della porosit specifica di questo. Per quanto detto, la massima efficienza di rimozione della patina stata riscontrata per marmo, peperino e travertino, rispettivamente. Come in ogni studio analitico sistematico di base, la nuova tecnica di biopulitura stata comparata con alcuni metodi standard di recupero delle superfici lapidee degradate (come lattacco diretto con sola H2O2, il trattamento con (NH4)CO3 in soluzione satura e lattacco con EDTA+NaHCO3, in ambiente tamponato)[2]. Dalle operazioni di confronto, il nuovo trattamento enzimatico risultato in ogni caso vantaggioso, rispetto ai metodi convenzionali scelti, in termini di minima invasivit verso il substrato nel rispetto di uno dei principi cardini del restauro basato sul minimo intervento. Bibliografia 1. Albertano, P.; Bellezza, S.; Cytochemistry of cyanobacterial expolymers in biofilm from Roman hypogea. Nova Hedwigia. 2001, 123, 501-518. 2. Mora, P. e L.; Philippot, P., La conservazione delle pitture murali. Editrice Compositori, 2001.

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UN PROGETTO PER LA SALVAGUARDIA DEGLI AFFRESCHI DEL CAMPOSANTO MONUMENTALE DI PISA Alessia Andreotti, Ilaria Bonaduce, Ugo Bartolucci, Alessio Ceccarini, Maria Perla Colombini, Adriana Favara Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, via Risorgimento 35, 56126 Pisa alessia@dcci.unipi.it; ilariab@dcci.unipi.it; ugobartolucci@interfree.it; alessio@dcci.unipi.it; perla@dcci.unipi.it Il Camposanto Monumentale, iniziato nel 1277 da Giovanni di Simone, come ultimo degli edifici monumentali presenti in Piazza dei Miracoli, raccoglie importanti pitture murali, tra cui quelle realizzate da Benozzo Gozzoli, Taddeo Gaddi, Spinello Aretino e Buonamico Buffalmacco. L'edificio ha subito nel corso dei secoli molti restauri. In epoca romantica le condizioni di conservazione destavano gi numerose preoccupazioni, per via di alcuni vistosi segni di decadimento e il rovinare a terra di alcune intere parti di scene. Fin da allora inizi lopera di restauro, per tentare di arginare la perdita del colore e i distacchi dell'intonaco. Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, le bombe degli alleati incendiarono il tetto in legno e piombo del Camposanto e danneggiarono gli affreschi in modo gravissimo. I dipinti furono staccati e riapplicati su di un supporto mobile in eternit con una colla a base di caseina. Questo restauro, sebbene abbia salvato i dipinti da una perdita completa, si dimostrato nel tempo non congruo tanto che alla fine degli anni ottanta si reso necessario un nuovo intervento: infatti, leternit e le condizioni microclimatiche stavano causando un rapido degrado di ci che era stato salvato. Allo stato attuale la maggior parte dei dipinti sono stati puliti e trasferiti su un supporto inerte di vetroresina e al momento sono in fase di ricollocazione nel Camposanto Monumentale. A questo proposito va sottolineato che i dipinti verranno a trovarsi nella loro collocazione originale, ossia lungo le pareti interne del camposanto, protetti dallazione diretta degli agenti atmosferici, perch riparati, ma comunque in un ambiente aperto, poich il monumento ha la struttura di una chiesa a tre navate, di cui la centrale in realt a cielo aperto. Al momento solo quattro scene molto importanti, il Trionfo della Morte, il Giudizio Universale , lInferno e le storie degli Anacoreti probabilmente tutte opere di Buonamico Buffalmacco, attendono di essere restaurate. Queste opere sono conservate in un ambiente semi-aperto ed il loro stato di conservazione non appare ottimale. Questo lavoro presenta alcuni aspetti relativi al progetto di Conservazione sviluppato in collaborazione con lOpera della Primaziale Pisana e la Soprintendenza di Pisa; in particolare verranno discussi i seguenti aspetti: La caratterizzazione chimica delle colle usate per lapplicazione dei dipinti sul supporto in eternit tramite GC-MS e Py-GC-MS al fine di evidenziare i materiali usati e di caratterizzare il loro stato di degrado; lidentificazione e la quantificazione dei composti organici volatili (VOCs) nellaria del Camposanto Monumentale tramite SPME-GC-MS e GC-FID per valutare la qualit dellaria e limpatto che i composti organici identificati possono avere sulla stabilit dei dipinti. infatti noto che il degrado naturale a cui sono soggetti i beni artistici fortemente accelerato e reso pi intenso dallinquinamento ambientale: risulta quindi fondamentale valutare la qualit dellatmosfera di esposizione al fine di individuare le migliori pratiche che possono essere adottate per una corretta salvaguardia dei dipinti ricollocati.

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INDAGINI ANALITICHE SU MANUFATTI IN ARGENTO DAL SITO ARCHEOLOGICO DI CLASSE (RAVENNA) Sara Iacopini, Edith Joseph, Rocco Mazzeo, Daria Prandstraller, Silvia Prati Microchemistry and Microscopy Art Diagnostic Laboratory (M2ADL) Universit di Bologna, Polo di Ravenna, Via Tombesi dall' Ova 55, 48100 RAVENNA (I) Nel settembre 2005 nello scavo del podere Chiavichetta di Classe (RA) stato rinvenuto un tesoretto di oggetti in argento, di piena epoca bizantina (V-VII sec. d. C.), formato da alcuni cucchiai e una coppa1 (fig. 1). Gi dalle prime osservazioni archeologiche, risultata chiara limportanza e la preziosit degli oggetti, finemente decorati e scarsamente ergonomici, forse destinati ad un uso battesimale.

Fig. 1: Il tesoretto Bizantino al momento del ritrovamento nel sito archeologicopodere Chiavichetta, Classe (Ravenna). In collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dellEmilia Romagna, stata impostata una serie di indagini volte a raccogliere informazioni sia sulla natura dei materiali (composizione della lega e microstruttura2) sia sullo stato di conservazione dei reperti. I microcampioni prelevati in corrispondenza di zone gi danneggiate dalla permanenza nel sottosuolo, sono stati analizzati mediante XRF, microscopia stereoscopica, ottica ed elettronica a scansione a pressione variabile (VP-SEM), con sonda EDS. Alcuni prodotti di corrosione sono stati inoltre sottoposti ad analisi mediate spettroscopia FTIR (microATR e trasmissione in pasticca di KBr) e XRD. I risultati ottenuti hanno permesso di individuare sia le sequenze tecnologiche di produzione (la coppa stata ottenuta per lavorazione termomeccanica, decorata a cesello-sbalzo ed incisione ed infine dorata, mentre i cucchiai sono stati ottenuti per fusione) che le modalit di degrado: sui reperti sono stati individuati due distinti strati di corrosione, uno pi interno formato da cloruri di argento e uno pi esterno formato da solfuri di argento3. Le informazioni ottenute dalla sequenza analitica sono state utilizzate nella definizione dellintervento di restauro4. Bibliografia 1.http://www.archeobo.arti.beniculturali.it/classe/classe_scavi/tesoretto_restaurato.htm 2.D.A. Scott, Metallography and Microstructure of Ancient and Historic metals. Los Angeles, Getty Museum, 1991 3.M.B. Mc Neil, B. J. Little, JAIC, 1992, 31, 3, 355-366. 4.V.Costa, Rev. in Cons. 2001, 2, 18-34.

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STUDIO DELLE CAUSE DI DEGRADO DELLA BASILICA DI SANTA CROCE A LECCE: LA RISALITA CAPILLARE DEI SALI SOLUBILI Francesco Adducia, Giovanni Buccolierib, Alessandro Buccolierib, Alfredo Castellanob, Laura Sandra Leob, Caterina Ragusac, Fabrizio Vonad
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Universit di Bari, Dipartimento di Fisica, Bari Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, Lecce. c Soprintendenza BAP/PSAE, Lecce d Soprintendenza P.S.A.E. di Bari e Foggia, Bari E-mail: alfredo.castellano@unile.it

La Puglia ha sempre occupato un posto di rilievo nel campo della produzione e dellimpiego di materiale lapideo poich ricca di pietre calcaree dalle buone caratteristiche chimico-fisichemeccaniche e dalle gradevoli tonalit cromatiche: ci giustifica il largo uso che di queste si fatto nelle costruzioni sia recenti che passate. Le rocce calcaree impiegate in Puglia per la realizzazione di opere monumentali sono notoriamente costituite dai calcari mesozoici (pietra di Trani e Apricena), dalle calcareniti mioceniche del Salento (pietra leccese), nonch dalle calcareniti quaternarie della Puglia centro-meridionale La pietra leccese, nelle sue variet coltivate, costituita da una biocalcarenite formata da grani bioclastici (sedimenti formati da detriti di esseri viventi) e glauconite (silicati di alluminio, ferro, sodio, potassio e calcio) immersi in una fine matrice micritica (grani di carbonati finissimi) e cementati da calcite. Sovente il cemento calcitico reso opaco dalla diffusa dispersione di filamenti argillosi. In generale le variet coltivate sono sostanzialmente omogenee dal punto di vista mineralogico e differiscono tra loro per tonalit di colore e composizione granulometrica. Il fattore principale che provoca alterazione nel calcare il passaggio di acqua: lacqua si distribuisce nel calcare, viene assorbita e migra in esso per gravit e per capillarit. Lacqua capillare viene trattenuta negli spazi porosi dalle forze di attrazione capillare. Lidratazione, la cristallizzazione e il congelamento, in generale, si accompagnano a una notevole pressione allinterno dei pori con conseguente frattura della struttura. Quando nella pietra sono presenti sali solubili, la loro solubilizzazione e successiva cristallizzazione pu provocare considerevoli danni evidenziati da progressivi sfaldamenti superficiali fino alla completa dissoluzione del manufatto. Le precedenti considerazioni indicano la necessit di impedire la penetrazione di acque salmastre dai terreni circostanti e, ove i sali solubili siano gi presenti nella struttura, lopportunit di intraprendere misure al fine di desalinizzare la pietra stessa. Per la determinazione dei sali solubili presenti su differenti altari della Basilica di Santa Croce a Lecce sono stati eseguiti dei micro campionamenti e successive analisi cromatografiche e diffrattometriche, nonch valutazioni dei cloruri presenti in superficie mediante la tecnica della fluorescenza a raggi X in dispersione di energia la quale ha permesso di eseguire determinazioni quantitative in situ. I risultati ottenuti hanno evidenziato una continua risalita di sali solubili solo su alcuni altari: ci probabilmente da attribuire alle differenti condizioni microclimatiche allinterno della Basilica.

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ISOLAMENTO DI CEPPI BATTERICI CALCINOGENICI DALLA TOMBA ETRUSCA DELLA MERCARECCIA (TARQUINIA) ED IPOTESI DI UNA LORO APPLICAZIONE NEL BIORESTAURO Anna Rosa Sprocati, Chiara Alisi, Flavia Tasso, Nicoletta Barbabietola, Elisabetta Vedovato Dipartimento Ambiente, Clima e Sviluppo Sostenibile, Sezione Sviluppo di metodi innovativi per lanalisi ambientale ENEA-Casaccia, Via Anguillarese 301 00123 Roma e-mail: sprocati@casaccia.enea.it Sebbene i microorganismi siano comunemente associati agli effetti di deterioramento dei beni culturali, si sta sviluppando un crescente interesse verso lo sfruttamento delle loro capacit metaboliche come possibile soluzione per il restauro e la conservazione. In particolare, la deposizione di cristalli di carbonato di calcio da parte dei batteri offre un nuovo strumento per il consolidamento delle opere darte lapidee. I vantaggi pi evidenti sono legati alluso di un metodo pi ecologico rispetto ai metodi chimici tradizionali e di un prodotto minerale con una composizione molto simile a quella della pietra monumentale calcarea. La ricerca si inquadra in un progetto pi ampio di caratterizzazione della flora microbica eterotrofa presente allinterno della tomba etrusca della Mercareccia (Tarquinia) della necropoli di Monterozzi. Scopo del lavoro qui presentato la selezione di batteri con attivit calcinogenica e la loro applicazione in un esperimento di bioconsolidamento in scala laboratorio. Per discriminare i ceppi in grado di precipitare il carbonato di calcio, stato eseguito uno screening su 109 ceppi batterici isolati dalla tomba, coltivandoli su terreno arricchito con acetato di calcio e valutando allo stereomicroscopio leventuale formazione di cristalli sulle colonie. Ben 71 ceppi hanno mostrato capacit di deposizione dei cristalli, confermando che la biomineralizzazione un fenomeno molto diffuso tra i procarioti. Sulla base della quantit di cristalli e della velocit di deposizione, sono stati selezionati i 5 ceppi con maggiore efficienza di precipitazione: TSNRS13, TPBS4, TSC8, TSG16 e TPBF2. Sulla base dellanalisi della sequenza del gene r-DNA 16S i ceppi sono stati rispettivamente identificati come: Rhodococcus erytropolis (100%), Rhodococcus sp (99%), Microbacterium sp. (99%), Bacillus simplex (99%) e Bacillus simplex (100%). Lanalisi di diffrattometria a raggi X ha rivelato che i cristalli sono costituiti da sola calcite e, per Rhodococcus sp., da calcite mista a vaterite. Lattivit di calcinogenesi stata quindi testata in vivomediante applicazione di una sospensione batterica in terreno B4 sulla superficie di blocchetti di Pietra di Lecce, protratta per 15 giorni consecutivi. Lefficacia del trattamento, condotto in triplicato, stata valutata misurando lassorbimento dacqua per capillarit, il colore e losservazione al SEM. Il test di assorbimento capillare ha dimostrato unefficacia solamente per i trattamenti condotti con i ceppi TSNRS13 e TPBF2, che hanno ridotto di circa il 20% lassorbimento di acqua. Losservazione al SEM ha dimostrato per tutti i ceppi che sulla superficie della pietra si deposita uno strato compatto costituito da un biofilm batterico calcificato, misto a cristalli di carbonato. Tali patine batteriche alterano, tuttavia, le caratteristiche originarie della pietra, come dimostrano le analisi colorimetriche. Per ovviare a questo problema e per evitare tutti gli altri inconvenienti legati allapplicazione diretta dei batteri sulle pietre monumentali (colonizzazione secondaria da parte di funghi e microrganismi eterotrofi e sviluppo di prodotti metabolici dannosi), la ricerca stata indirizzata verso lo sviluppo di un processo di biomineralizzazione in assenza di cellule vive. In letteratura stata gi individuata una 79

frazione cellulare in grado di indurre la formazione di calcite in vitro, la frazione BCF (Bacterial Cellular Fraction), contenente le pareti cellulari e le membrane. Il lavoro , quindi, proceduto testando la capacit di indurre biomineralizzazione da parte della frazione BCF dei ceppi impiegati nel precedente esperimento, utilizzando il test di precipitazione descritto da Addadi e Weiner (1985). Risultati preliminari mostrano che la BCF di tutti i 5 ceppi in grado di indurre una significativa precipitazione di cristalli; inoltre, testando diluizioni seriali delle BCF, si osserva una progressiva riduzione del precipitato che dimostra la dipendenza del processo dalla concentrazione della frazione attiva. I risultati ottenuti depongono a favore della prosecuzione del lavoro, saggiando su pietra lefficacia del trattamento. Bibliografia Addadi L.; Weiner S. Proc. Natl. Acad. Sci. 1985, 82, 4110-4114. Barabesi C.; Mastromei G.; Perito B. in Biologia e archeobiologia nei beni culturali, conoscenze, problematiche e casi di studio 2006, AIAR e Musei Civici Como editore, 236247. Tiano P.; Biagiotti L.; Mastromei G. Journal of Microbiological Methods 1999, 36, 139-145. Webster A.; May E. TRENDS in Biotechnology 2006, 24, 255-260. Elisabetta Vedovato. Esplorazione microbiologica di un ipogeo etrusco per unanalisi descrittiva dei microorganismi colonizzatori tesi di laurea Universit di Roma la Sapienza AA.2005-2006

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LE DECORAZIONI IN STUCCO DELLA CHIESA DI S. LORENZO (LAINO, COMO): STUDIO DELLA TECNICA ARTISTICA Laura Rampazzi,a Biagio Rizzob, Chiara Colomboc, Claudia Contic, Marco Realinic, Ugo Bartoluccid, Maria Perla Colombinid Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali, Universit dellInsubria, via Valleggio 11, 22100 Como b Dipartimento di Chimica Inorganica, Metallorganica ed Analitica, Universit degli Studi di Milano, via Venezian 21, 20133 Milano c CNR ICVBC, p.zza Leonardo da Vinci 32, 2013, Milano d Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Universit di Pisa, via Risorgimento 35, 56126 Pisa e-mail: laura.rampazzi@uninsubria.it
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Il progetto Interreg IIIA Larte dello stucco nel Parco dei Magistri Comacini (Intelvesi, Campionesi e Ticinesi) delle Valli e dei Laghi: valorizzazione, conservazione e promozione, stato finalizzato allo studio e alla valorizzazione dei numerosi e pregevoli manufatti in stucco di epoca barocca presenti tra i laghi di Como e Lugano. Tra i monumenti indagati, la chiesa di S. Lorenzo di Laino (CO) si distingue per la ricchezza di decorazioni di pregevole fattura, eseguite a pi riprese da diverse maestranze artistiche. Il piano progettuale prevedeva approfondite indagini analitiche su tali cicli, con la finalit di verificare ipotesi cronologiche ed attribuzioni formulate in base a valutazioni unicamente stilistiche e documentarie. Le analisi sono state quindi progettate in collaborazione con gli storici dellarte, partner del progetto, che hanno evidenziato, sulla base delle conoscenze storiche, i manufatti pi rappresentativi ed interessanti da indagare. Le diverse metodologie analitiche utilizzate (Microscopia Ottica ed Elettronica con Microsonda in dispersione di energia, Spettroscopia Infrarossa, Diffrazione di Raggi X, Spettrometria di Massa con sorgente al Plasma accoppiato induttivamente e sistema di Ablazione Laser, Gas Cromatografia interfacciata con Spettrometria di Massa) hanno consentito di caratterizzare le componenti mineralogico-petrografiche e i composti maggioritari, minoritari ed in traccia presenti nei campioni in stucco, ossia nella malta di corpo e nelle finiture, spesso costituite da stratigrafie complesse e comprendenti resti di dorature. Lutilizzo di tecniche complementari e sensibili ha permesso di discriminare le tecniche utilizzate dai diversi artisti e, in alcuni casi, di apprezzarne le raffinate scelte in fase di esecuzione delle decorazioni.

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DIAGNOSI E DIGITALIZZAZIONE DEL CODICE DANTESCO PHILLIPS 9589 Salvatore Lorusso, Andrea Natali, Chiara Matteucci Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali Alma Mater Studiorum Universit di Bologna, via degli Ariani, 1 Ravenna andrea.natali@unibo.it Il presente lavoro riguarda lo studio del Codice dantesco miniato su pergamena conservato presso la Biblioteca del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna. Tale codice noto alla comunit scientifica internazionale con la sigla di Phillipps 9589 e deve la sua notoriet al fatto non solo di essere lunico palinsesto dantesco, ma anche di conservare, nella scriptio superior, uno tra i testimoni pi antichi di quel ramo della tradizione manoscritta della Commedia di Dante chiamata tradizione , la cosiddetta antica vulgata. La ricerca, svolta in pi fasi, si proposta di approfondire gli aspetti tecnico-diagnostici, in particolare le finalit generali sono state: - valutazione dello stato di conservazione; - caratterizzazione dei materiali; - miglioramento della leggibilit del testo dantesco e lettura del palinsesto; - valutazione dellambiente di conservazione; - digitalizzazione del codice per una fruizione intranet ed internet. A tal riguardo ci si avvalsi dellimpiego delle seguenti tecniche diagnostiche non-distruttive anche a scopo documentario: fotografia digitale; videomicroscopio ad analisi di immagine; colorimetria spettrofotometrica; fluorescenza a raggi X (XRF); sistema multispettrale per lacquisizione di immagini (MuSIS Multispectral Imaging System).

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LASER CLEANING PER LA RIMOZIONE SELETTIVA DEI PRODOTTI DI CORROSIONE SU MANUFATTI BRONZEI DI INTERESSE STORICO-ARTISTICO Francesco Adducia, Alessandro Buccolieri , Giovanni Buccolieri , b b c b Alfredo Castellano , Massimo Di Giulio , Vincenzo Nassisi , Laura Sandra Leo
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Universit di Bari, Dipartimento di Fisica, Bari Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, Lecce. E-mail: laura.leo@unile.it c Universit del Salento, Dipartimento di Fisica, Lecce

I manufatti in rame e sue leghe sono soggetti a numerosi e complessi processi di corrosione che determinano la formazione della patina, ovvero di uno strato dalterazione che si sviluppa sulla superficie del metallo e, in alcuni casi, ne provoca il progressivo degrado nel tempo [1, 2]. La patina dunque il risultato dellinterazione chimico-fisica del metallo con lambiente che lo circonda. Pertanto le caratteristiche chimico-fisiche, la stratigrafia e le propriet di strato protettivo (patina nobile) o, al contrario, di strato dannoso (patina vile), sia per la salvaguardia del manufatto che per il suo impatto estetico, sono inevitabilmente influenzate da una vasta gamma di fattori, quali le condizioni ambientali a cui il manufatto esposto, la composizione e struttura metallica dello stesso, ecc.. In tale contesto, la conoscenza profonda sia del materiale che costituisce il manufatto che dei processi di degrado cui esso soggetto, costituiscono un primo ed essenziale requisito per il corretto restauro dei bronzi antichi, anche in considerazione del fatto che qualsiasi trattamento di restauro dovrebbe essere in grado di rimuovere la patina vile senza intaccare n il bulk metallico n la patina nobile eventualmente presente. A tal riguardo, la tecnica di laser cleaning si prospetta come un trattamento di pulitura estremamente innovativo sia perch si configura come una tecnica di non contatto, sia perch permette una pulitura estremamente graduale e di conseguenza controllabile. Nel presente lavoro stata valutata lefficacia e la selettivit della tecnica di laser cleaning come metodo di pulitura di antichi manufatti in rame e in bronzo, differenti per composizione (sia del bulk che della patina) e provenienza (sia campioni interrati che esposti allaperto), utilizzando un laser a eccimeri KrF (248 nm). Al fine di monitorare gli effetti dellinterazione laser-materia ed evitare possibili danni al substrato e alleventuale patina nobile presente, le operazioni di laser cleaning sono state affiancate da analisi non distruttive quali la tecnica di fluorescenza a raggi X in dispersione di energia (EDXRF) e la tecnica di diffrattometria a raggi X (XRD). In particolare, le analisi EDXRF quantitative hanno permesso di stabilire la selettivit e il grado di accuratezza della pulitura laser raggiunte per ciascuna tipologia di campione investigato. Bibliografia 1. Scott, D.A. Copper and Bronze in Art, Getty Publications, Los Angeles, California, 2002. 2. Pedeferri, P. Corrosione e protezione dei materiali metallici, Citt Studi Edizioni, Torino, 2003.

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COLORANTI E OPACIZZANTI IN FRAMMENTI VITREI DI ETA MEDIEVALE: CARATTERIZZAZIONE CHIMICO-FISICA Alessandra Gengaa, Maria Sicilianoa, Tiziana Sicilianoa, Antonio Teporea, Angela Trainib, Annarosa Mangoneb, Caterina Laganarac Dipartimento di Scienza dei Materiali Universit degli Studi di Lecce via per Arnesano, 73100 Lecce b Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari c Dipartimento di Beni Culturali Universit di Bari, p.zza Umberto I, 70100 Bari e-mail: alessandra.genga@unile.it Lanalisi chimica dei reperti vetri di interesse archeologico fornisce utili informazioni sui cambiamenti e sulle innovazioni tecnologiche riguardanti i processi di produzione. Ci permette di caratterizzare differenti gruppi di oggetti vitrei, identificare i materiali usati per la loro fabbricazione e, non in ultimo, la possibilit di manipolare il colore e lopacit con o senza lintenzionale introduzione di agenti coloranti. Tale evidenza, infatti, rivelabile indagando la presenza e il relativo contenuto degli elementi cromofori, i quali in base alle condizioni ossidanti o riducenti dellatmosfera della fornace conferiscono agli oggetti le tonalit di colore desiderate. Il presente lavoro illustra i risultati relativi allanalisi composizionale di frammenti vitrei, datati XIII-XIV sec. e provenienti dal parco archeologico di Siponto (Foggia-Italia), per lindividuazione e determinazione degli elementi minoritari e in tracce. Lobiettivo stato quello di indagare il contenuto degli agenti coloranti presenti nei reperti e le tecniche di lavorazione impiegate per conferire ad essi colore, trasparenza o opacit. I frammenti, che in un precedente lavoro si sono rivelati essere tutti silico-sodico-calcici [1], sono caratterizzati dalla presenza di quantit relativamente alte di metalli coloranti. In particolare i campioni blu mostrano alte concentrazioni di CoO e ZnO, Sb2O5, As2O3, PbO e NiO ed unalta correlazione fra i contenuti di CoO e PbO e ZnO, Sb2O5, As2O3, e NiO. Ci lascia supporre che per la loro colorazione sia stato utilizzato come pigmento un minerale contenente cobalto e che in tale minerale il Co sia associato a Pb, Zn, Sb, As e Ni. I frammenti rossi trasparenti sono caratterizzati da unalta concentrazione di MnO e relativamente alta di BaO, Cr2O3, V2O5 e SrO. Lalta concentrazione di manganese e la sua associazione con Cr, V, Ba e Sr portano ad ipotizzare limpiego di un minerale contenente manganese con presenza in traccia dei suddetti elementi. I frammenti rossi opachi mostrano una pi alta eterogeneit composizionale. Essi sono caratterizzati da una pi alta concentrazione di CuO, Fe2O3, SnO2 e di P2O5, i quali risultano associati a Na2O, MgO, K2O e CaO (derivanti plausibilmente dalluso di ceneri). Tali evidenze suggeriscono lipotesi che per ottenere tale colorazione e opacit siano stati aggiunti alla miscela ossidi di rame, di ferro, di stagno. Bibliografia 1. Genga A., Manno D., Siciliano M., Buccolieri A., Traini A., Mangone A., Laganara C., proceedings ART05, 2005, 182.
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SISTEMI SOFT-MATTER PER LA PULITURA DI SUPERFICI PITTORICHE Rodorico Giorgi, David Chelazzi, Emiliano Carretti, Piero Baglioni CSGI (Consorzio per lo sviluppo dei Sistemi a Grande Interfase Dipartimento di Chimica Universit degli Studi di Firenze, Via della Lastruccia 3-50019 Sesto Fiorentino (Firenze) giorgi@csgi.unifi.it; chelazzi@csgi.unifi.it; carretti@csgi.unifi.it; baglioni@csgi.unifi.it

Il restauro e la conservazione delle superfici pittoriche richiede molto spesso la rimozione selettiva di materiali sintetici utilizzati nel corso di precedenti restauri. Tale operazione molto delicata e spesso dannosa per la pittura stessa, in quanto la solubilizzazione dei polimeri complicata e richiede trattamenti chimici e meccanici energici. E noto che polimeri come il paraloid B72 incorrono in processi chimici di degradazione che ne compromettono la funzionalit e favoriscono linsorgere di gravi manifestazioni di degrado sulle pitture. La degradazione di simili molecole produce materiali con propriet chimicofisiche molto diverse da quelle originarie, al punto da rendere molto bassa la possibilit della loro rimozione usando i solventi puri impiegati per lapplicazione. Limpiego di sistemi dispersi, quali soluzioni micellari, emulsioni e microemulsioni favorisce la solubilizzazione delle fasi oleose tenacemente legate alla pittura, grazie allenorme superficie di scambio di simili sistemi nano-compartimentalizzati. Inoltre possono essere caricati su gelificanti ad ottenere idrogel con grande capacit detergente per la rimozione di sostanze poco polari o apolari. Questo contributo mostra alcuni risultati ottenuti impiegando alcune classi di tensioattivi nonionici e ionici per la preparazione di microemulsioni olio in acqua adatte per trattamenti di pulitura di superfici murali. In particolare sono stati studiati tensioattivi a base di polialchilglicosidi (non-ionici) ad ottenere microemulsioni con fase olio sotto l1% in xilene per la rimozione di paraloid B72 degradato. Altre formulazioni a base di tensioattivi ionici sono state utilizzate valutando la possibilit di usare soluzioni acquose di carbonato di ammonio, quale fase disperdente della microemulsione, per intervenire su superfici lapidee e murali contaminate da residui organici e croste nere. Gli impacchi di carbonato di ammonio sono in grado di disgregare le patine ed agevolare la rimozione dei composti organici sintetici da parte della fase olio dispersa. Il presente lavoro riporta i risultati principali degli interventi eseguiti su alcune pitture murali in Siena, trattate con paraloid B72, e su pitture alluvionate in Firenze. I processi di rimozione si sono rivelati completi e del tutto soddisfacenti. Numerosi tets sono stati, infine, eseguiti allo scopo di ottenere gel capaci di caricare tali microemulsioni. In particolare sono state studiate le potenzialit applicative di alcuni gelificanti a base di acrilammide legati a nanoparticelle magnetiche recentemente sintetizzate nei laboratori del CSGI. La possibilit di ottenere gel chimici responsivi a stimoli fisici quali un campo magnetico pu consentire la perfetta rimozione di ogni residuo di gel dalla superficie trattata.

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APPROCCI QSAR PER L IDENTIFICAZIONE DI COMPOSTI CHIMICI PERSISTENTI, BIOACCUMULABILI E TOSSICI (PBTs), COME SUPPORTO PREDITTIVO PER IL REACH E LA CHIMICA SOSTENIBILE Ester Papa e Paola Gramatica Unit di Ricerca QSAR in Chimica Ambientale ed Ecotossicologia, Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale, Universit dellInsubria, via Dunant 3, Varese. e-mail: ester.papa@uninsubria.it I composti chimici, che sono contemporaneamente persistenti, bioaccumulabili e tossici (i PBT) sono al centro dellattenzione sia della Green Chemistry (tra i cui principi fondamentali inclusa la progettazione di composti meno persistenti e meno tossici) sia della nuova normativa europea REACH (che richiede per i PBT la pi severa fase dellautorizzazione e la verifica di possibili alternative pi sicure). La preoccupante realt di una limitata disponibilit di dati sperimentali relativi alle caratteristiche in esame e la conseguente generale mancanza di conoscenze per la maggior parte dei composti esistenti nellambiente e sul mercato impone la scelta di approcci integrati che permettano di sfruttare al massimo le scarse conoscenze attualmente esistenti. In questo ambito si colloca la modellistica predittiva a base strutturale QSAR (Quantitative Structure Activity Relationships), che, partendo dai pochi dati noti permette lottenimento di dati predetti anche per nuove molecole, addirittura prima della loro sintesi e consente quindi la stesura di liste di priorit. I modelli QSAR, purch validati secondo i criteri OECD, sono stati anche inclusi nellambito del REACH, in quanto permetteranno di ridurre gli elevati costi attesi, come pure la sperimentazione animale. Nella comunicazione viene presentato un approccio multivariato a base strutturale (che combina metodi chemiometrici e modellistica QSAR) per lindividuazione di composti PBT gi esistenti, come pure per la progettazione di composti alternativi pi sicuri. Il modello di regressione lineare sviluppato, basato su semplici descrittori molecolari, ha prestazioni confrontabili con il PBT-Profiler dellUS-EPA, ma molto pi semplice ed stato validato su diversi gruppi di composti gi inseriti come PBT in liste EU e USA. Bibliografia Gramatica, P.; Papa,E. Environ. Sci. Technol., 2007, DOI: 10.1021/es061773b. Papa, E.; Dearden, J.; Gramatica, P. Chemosphere, 2007, 67, 351-358. E.Papa, E; Villa, F.; Gramatica, P. J. Chem. Inf. Model 2005, 45,1256-1266.

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INQUINANTI ORGANICI EMERGENTI IN ECOSISTEMI SENSIBILI. IL CASO DEI RITARDANTI DI FIAMMA Vittorio Esposito, Annamaria Maffei, e Luisella De Vitis Consorzio I.N.C.A., Laboratorio Microinquinanti Organici di Lecce. c/o Universit del Salento, Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione, Complesso Ecotekne edificio 'La Stecca', 73100 Lecce, Italia. I ritardanti di fiamma sono una classe di additivi usati in moltissimi materiali allo scopo di prevenire il propagarsi di incendi in tutta una serie di beni di consumo che includono tessuti, mobili, ed elettrodomestici. Alla pari di altri inquinanti organici persistenti (POPs), questi composti possono venire rilasciati nell'ambiente e bioaccumularsi attraverso la catena alimentare a causa della loro bassa biodegradabilit ed elevata affinit per i tessuti grassi. La causa della crescente preoccupazione verso questi inquinanti dovuta alla mole di evidenze scientifiche sui potenziali effetti diossina-simili sulla salute umana, come ad esempio carcinogenicit, interferenze con il sistema endocrino, e neurotossicit. I polibromo difenileteri (PBDEs) sono un sottogruppo dei ritardanti di fiamma bromurati (BFR). Esistono tre tipi ti PBDE che sono comunemente chiamati Penta, Octa, e Deca BDE secondo il numero di atomi di bromo presenti nella molecola. L'Unione Europea ha condotto una valutazione del rischio associato all'uso e alla diffusione di queste sostanze nell'ambiente. Sulla base dei risultati ottenuti, l'uso di Penta e Octa BDE stato vietato dal 2004 1 . L'uso del Deca BDE stato regolamentato e sottoposto a restrizioni dalla Direttiva RoHS. Molti laboratori hanno iniziato a proporre ed effettuare l'analisi di PBDE in matrici ambientali e molti e diversi protocolli sono stati sviluppati per quantificare le concentrazioni dei singoli congeneri al livello di ultratraccia. La maggior parte di questi metodi sono basati su procedure gi esistenti per composti simili come le diossine e i PCB e questo ha facilitato il rapido sviluppo della capacit ad analizzare i PBDE in varie matrici. Tuttavia, quando queste classi di inquinanti sono contemporaneamente presenti negli estratti questo approccio ha la conseguenza di essere esposto ad interferenze e pu portare ad interpretazioni erronee dei risultati. Saranno presentati risultati di una ottimizzazione della procedura per minimizzare questi effetti 2 . Nell'ambito della sua attivit di analisi di microinquinanti organici, il Laboratorio INCA di Lecce conduce studi sulla presenza di PBDEs in campioni sottoposti alla concomitante analisi di diossine e PCB. Di questa attivit saranno illustrati i risultati preliminari.

1 DIRECTIVE 2003/11/EC OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL 2 Esposito, Aries, Anderson, Fisher, unpublished results.

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RELAZIONE ATTIVITSTRUTTURA DI NITRO-DERIVATI DI IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI Vito Librando, Andrea Alparone Centro Universitario di Ricerca per lAnalisi, il Monitoraggio e le Metodologie di Minimizzazione del Rischio Ambientale e Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Catania Viale A. Doria 6, 95125 Catania, Italia email: vlibrando@unict.it, agalparone@unict.it I nitro-derivati degli idrocarburi policiclici aromatici (N-IPA) costituiscono una classe di inquinanti di notevole interesse ambientale. Si formano prevalentemente nei processi di combustione e da reazioni in atmosfera tra IPA ed ossidi di azoto, contribuendo al particolato atmosferico.1 Molti N-IPA e loro metaboliti sono caratterizzati da elevata attivit biologica, mostrando alti livelli di tossicit su cellule e mutagenicit e carcinogenicit su batteri e mammiferi.2,3 stato dimostrato che le caratteristiche strutturali ed elettroniche dei N-IPA influenzano significativamente la loro attivit biochimica. In particolare lorientazione del piano del nitro gruppo rispetto al piano degli anelli aromatici stato spesso correlato allattivit biologica. In genere molecole con il nitro gruppo orientato perpendicolarmente o quasi al sistema aromatico presentano pi bassi valori di attivit mutagenica e/o tumorale di omologhe planari o quasi planari.4 I principali percorsi di attivazione metabolica che portano alla formazione di addotti con il DNA e allinduzione di mutazioni prevedono linterazione intermolecolare tra il sito attivo dellenzima e il substrato e successivamente reazioni di ossidazione del sistema aromatico, di nitroriduzione o loro combinazioni.1-3 pertanto molto importante determinare quelle propriet chimico-fisiche come la struttura, il momento dipolare, la polarizzabilit elettronica, il potenziale di ionizzazione, laffinit elettronica, in grado di controllare le varie fasi di attivazione metabolica del DNA. A tale scopo risulta essere molto vantaggioso limpiego di metodi computazionali, in grado di fornire accurate previsioni delle suddette propriet in tempi relativamente brevi e a bassi costi. Verrano illustrati e discussi recenti risultati su propriet elettroniche e strutturali di isomeri di importanti N-IPA quali, nitronaftaleni, nitroantraceni, nitrofenantreni e nitrobenzo[a]pireni ottenute mediante metodi di calcolo quantomeccanico di tipo semiempirico (PM6), ab initio (HF, MP2) e di teoria della densit funzionale (B3LYP), con lo scopo di fornire correlazioni con lattivit mutagenica.
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Tokiwa, H.; Ohnishi, Y. Crit. Rev. Toxicol., 1986, 17, 23-60. Fu, P. P., Drug. Metab. Rev., 1990 , 22, 209-268. 3 Howard, P. C.; Hecht, S. S.; Beland, F. A. (Eds.), In Nitroarenes: The Occurrence, Metabolism and Biological Impact, Vol. 40, Plenum Press, NY, 1990. 4 Li, Y. S.; Fu. P. P.; Church, J. S. J. Mol. Struct., 2000, 550-551, 217-223 e riferimenti allinterno.

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EMERGING CONTAMINANTS IN THE AQUATIC ENVIRONMENT: EFFECTS ON A SENTINEL ORGANISM, THE MUSSEL MYTILUS Laura Canesia*, Caterina Ciaccib, Lucia Cecilia Lorussob, Michele Bettib, Gabriella Galloa, Giulio Poianac, Antonio Marcominic.
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Dipartimento di Biologia, Universit di Genova; bIstituto di Scienze Fisiologiche, Universit Carlo Bo di Urbino; cUniversit Ca Foscari di Venezia.

Advanced environmental analysis is revealing the widespread occurrence of different classes of emerging environmental contaminants (including endocrine disrupting chemicals-EDC, pharmaceuticals and personal care products-PPCPs, nanoparticles, etc.) in aquatic ecosystems. Increasing environmental exposure to these new contaminants raised concern on their possible mechanisms of toxicity and consequent health hazard not only in humans, but also in aquatic organisms. Data are here summarised on the in vitro and in vivo effects of different emerging contaminants in a model aquatic invertebrate, the blue mussel Mytilus, that is widely utilised as a sentinel organism in biomonitoring programs. In vitro studies in mussel blood cells demonstrated that individual EDCs and PPCPs interfere with the signalling pathways involved in mediating cellular responses to environmental and hormonal signals, thus affecting the immune function. These effects were confirmed in vivo, in mussels exposed to different compounds, both individually and in mixtures; moreover, in mussel hepatopancreas, significant changes in the activity of metabolic enzymes, gene expression and biomarkers of stress were observed. The results indicate that these emerging contaminants can affect basic aspects of mussel physiology at environmental exposure levels. Finally, the potential for ecological toxicity associated with nanomaterials was considered. Because of the fast development of nanotechnology productions, nanoscale products and by products are expected to enter the aquatic environment. Data are reported here on the effects and modes of action of nanosized carbon black (CB) particles on mussel immune response and inflammation. 1. Oberdrster G.; Oberdrster E.; Oberdrster J. Nanotoxicology: an emerging discipline evolving from studies of ultrafine particles. Environ. Health Perspect., 2005, 113, 823839. 2. Fent, K.; Weston, A.A.; Caminada, D.; 2006. Ecotoxicology of human pharmaceuticals. Aquat. Toxicol. 2006, 76, 122-159.

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IL PROCESSO NEUTREC: UNA TECNOLOGIA DI RIFERIMENTO NELLA DEPURAZIONE DEI FUMI E NELLA VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI RESIDUI Stefano Brivio, Marco Riccio Solvay Chimica Italia SpA, Via Turati 12, 20121 Milano stefano.brivio@solvay.com; marco.riccio@solvay.com La depurazione dei fumi, applicata sia allattivit industriale sia alla termovalorizzazione dei rifiuti, costituisce essa stessa un processo industriale, i cui residui devono essere trattati in un quadro di tutela dellambiente e delle sue risorse non rinnovabili. E in questo contesto che sinserisce il Processo NEUTREC, messo a punto e brevettato da SOLVAY, in quanto consente da una parte una depurazione efficace dei fumi e dallaltra il recupero della quasi totalit dei prodotti di risulta, determinando cos una drastica riduzione della quantit di rifiuti destinati alla discarica. Il Processo NEUTREC permette di realizzare labbattimento delle componenti acide presenti nei fumi, utilizzando il bicarbonato di sodio, opportunamente macinato fino a raggiungere la granulometria ottimale per la resa del processo. Questultimo si articola in due fasi: La depurazione dei fumi propriamente detta; Il trattamento e la valorizzazione dei prodotti derivanti dalla depurazione. Il prodotto viene iniettato a secco nei fumi, a valle dellultima sezione di recupero energetico e prima dello stadio di depolverazione finale, rendendo possibile il pieno rispetto dei limiti previsti dalla legislazione in materia di emissioni in atmosfera. Lestrema reattivit del bicarbonato di sodio legata alla sua elevatissima superficie specifica, dovuta alla natura del processo di attivazione del reagente ed alla macinazione alla quale il prodotto sottoposto. Il bicarbonato di sodio pu essere combinato con carbone attivo, agendo cos oltre che sulle componenti acide, anche sui metalli pesanti, sulle diossine e sui furani. I benefici della tecnologia NEUTREC si riassumono quindi nellassenza di emissioni di sostanze inquinanti, nel limitato consumo di reagente, nella quantit minima di residui ultimi, nella semplicit e flessibilit impiantistica e gestionale, nella completa adattabilit allevoluzione delle normative. Il reagente basico utilizzato un prodotto neutro, non corrosivo, non irritante e atossico e quindi agevolmente maneggiabile, oltre che utilizzabile in un ampio spettro di condizioni operative e di applicazioni che vanno dalla termovalorizzazione dei rifiuti urbani, industriali e sanitari, a settori industriali diversi quali la fusione secondaria dei metalli, la produzione del vetro, lindustria della ceramica e dei laterizi, i cementifici. Inoltre il processo NEUTREC di depurazione fumi presenta lulteriore vantaggio di aver luogo interamente a secco e di non produrre, quindi, alcun refluo liquido. Infine, nel caso di ulteriori restrizioni normative, non sono necessarie modifiche impiantistiche della linea di trattamento fumi, ma semplicemente laumento del quantitativo di bicarbonato utilizzato. Con lapprovazione del Decreto Legislativo 22/97 (Decreto Ronchi) si manifestata la volont legislativa di attuare un cambiamento di rotta, prevedendo la riduzione alla fonte della quantit di rifiuti, il riutilizzo dei prodotti finiti, il riciclo delle materie ed il recupero di energia dai rifiuti stessi.

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In questambito, SOLVAY ha messo a punto una tecnologia dedicata che consente di recuperare e valorizzare i Prodotti Sodici Residui (P.S.R.), derivanti dalla depurazione dei fumi acidi con bicarbonato di sodio, sottoforma di una salamoia satura di sali sodici costituente una materia prima utilizzabile in cicli industriali. Tale recupero viene realizzato su scala industriale in un impianto dedicato, sito a Rosignano (LI) e gestito dalla societ SOLVAL (filiale al 100% SOLVAY). Tale impianto dedicato, autorizzato al trattamento di circa 13.000 tonnellate di Prodotti Sodici Residui (P.S.R.), strutturato su tre sezioni (dissoluzione, filtrazione e rettifica finale), che permettono lottenimento di una salamoia depurata satura di sali di sodio. Oggi il processo NEUTREC viene utilizzato in oltre sessanta impianti in Italia, e in un centinaio circa di installazioni europee. Questa specifica applicazione industriale del bicarbonato di sodio permette una gestione responsabile delle risorse naturali non rinnovabili e, pertanto, il processo si presenta come una soluzione pulita al problema dello smaltimento dei rifiuti.

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RIMOZIONE DI SREGOLATORI ENDOCRINI (EDC) MEDIANTE TRATTAMENTI BIOLOGICI INNOVATIVI Lydia Balest, Giuseppe Mascolo, Claudio Di Iaconi, Antonio Lopez CNR, Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA), via F. De Blasio 5, 70123 Bari. e-mail: lydia.balest@ba.irsa.cnr.it, giuseppe.mascolo@ba.irsa.cnr.it I composti organici noti come sregolatori endocrini (Endocrine Disrupter Compounds, EDC) preoccupano la comunit scientifica internazionale per gli effetti che possono indurre sia sulla salute umana che sullambiente. Si ritiene, infatti, che molti composti organici appartenenti a differenti classi (alchilfenoli, policlorobifenili, pesticidi, fitoestrogeni, estrogeni sintetici) possano influenzare il sistema ormonale degli animali. In particolare, noto che gli estrogeni possono causare effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie, anche quando sono presenti a concentrazioni molto basse (ng/L), mentre altri EDC manifestano la loro attivit a concentrazioni pi alte (g/L). Gli EDC, sia di origine estrogenica che di altra natura (per esempio gli alchilfenoli), sono presenti anche in acque reflue municipali dalle quali, durante lo stadio di ossidazione biologica con i tradizionali fanghi attivi, vengono rimossi con rese molto basse raggiungendo cos i corpi idrici recettori dove possono causare i citati effetti negativi. Attualmente, nel settore della depurazione biologica di reflui civili e/o industriali, grande interesse rivolto allo sviluppo di trattamenti innovativi che risultino pi efficienti di quelli a fanghi attivi, in termini di rimozione del COD, e contemporaneamente producano minor quantit di fango biologico da smaltire nellambiente. In questo ambito, presso IRSA-CNR stata sviluppata una nuova tecnologia che utilizza biomassa granulare (Sequential Batch Biofilter Granular Reactor: SBBGR) e che si caratterizza per mantenere unelevata concentrazione di biomassa nel reattore (fino a 40 g biomassa/L) ed una produzione di fango molto bassa. Nel presente lavoro vengono riportati i risultati di unindagine mirata a verificare lefficacia di questa tecnologia SBBGR per la rimozione di alcuni EDC presenti nei liquami urbani di un impianto di depurazione municipale. Lo studio stato focalizzato sulla rimozione dellestrone (E1), del 17-estradiolo (E2), del 4-t-octilfenolo (4tOP) e del bisofenolo A (BPA) che sono stati gli EDC identificati nel refluo preso in considerazione. Lobiettivo dello studio stato quello di verificare lefficienza della tecnologia SBBGR per la rimozione dei vari EDC e di confrontare le efficienze di rimozione con quelle ottenute nellimpianto municipale che opera con il processo convenzionale a fanghi attivi. Dei campioni compositi, rappresentativi di 24 ore di funzionamento, sono stati prelevati per diversi mesi allingresso e alluscita dellimpianto municipale oltre che alluscita dellimpianto SBBGR che trattava lo stesso refluo. I risultati hanno mostrato che con limpianto SBBGR si ottengono rimozioni maggiori che con quello municipale. Infatti, con lSBBGR la rimozioni medie sono state: per il BPA 91,8% rispetto al 71,3 %, per lE1 62,2% rispetto a 56,4%, per lE2 68,0% rispetto a 36,3% e per il 4tOP 77,9 rispetto al 64,6%. Questi risultati sono consistenti con lelevata et del fango dellimpianto SBBGR (circa 180 giorni).

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INQUINANTI PRIORITARI IN BACINI MARINO COSTIERI: ANALISI ED IPOTESI DI RECUPERO AMBIENTALE Luigi Lopez a, Nicola Cardellicchio b
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Dipartimento di Chimica Universit di Bari, via Orabona 4, 70124 Bari b Istituto CNR IAMC via Roma 3,I-74100 , Taranto e-mail: lopez@chimica.uniba.it

Il degrado ambientale, in particolare dei bacini marino costieri di Taranto, una diretta conseguenza dellincremento demografico con le sue mutate esigenze socio-economiche, dellindustrializzazione e del crescente sfruttamento delle coste. Tutto questo ha determinato limmissione nei corpi idrici recettori di un enorme quantit di inquinanti organici (POPs, PPCPs, PPPs) con effetti sulle risorse economiche e sullo stato di salute degli organismi animali e vegetali e sulluomo, anello terminale della catena trofica. Trascurando il notevole apporto di inquinanti provenienti dal fall-out di polveri sottili, il nostro interesse si concentrato sullapporto di inquinanti derivanti dallo sversamento di acque reflue nei bacini in oggetto e del loro conseguente accumulo nei sedimenti e/o nella colonna dacqua soprastante.1-3 Ipotesi di recupero ambientale, alternative al processo di dragaggio dei sedimenti, verranno discusse. Bibliografia 1. Cardellicchio, N.; Buccolieri,A.; Giandomenico, S.; Lopez, L.; Pizzulli, F.; Spada, L. Marine Pollution 2007 in press 2. Cardellicchio, N.; Buccolieri,A.; Giandomenico, S.; Lopez, L.; Pizzulli, F.; Lerario, V. Annali di Chimica 2006, (96), 51-64. 3. Cardellicchio, N.; Giandomenico, S.; Lopez, L.; Lerario, V. Annali di Chimica 2003, (93), 397-406.

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ANALISI DI SENSITIVITA E DI INCERTEZZA DI UN MODELLO DI BIOACCUMULO DI POP APPLICATO ALLA LAGUNA DI VENEZIA Stefano Ciavattaa, Tomas Lovatob, Christian Michelettia, Roberto Pastresc Consorzio Venezia Ricerche, Via della Libert, 12 - 30175 Venezia e-mail: ciavatta@unive.it b Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit di Venezia, Dorsoduro 2137, 30123 Venezia; c Dipartimento di Chimica Fisica, Universit di Venezia, Dorsoduro 2137, 30123 Venezia; Lanalisi quantitativa del bioaccumulo di sostanze potenzialmente tossiche lungo la rete trofica negli ecosistemi acquatici naturali riveste una rilevante importanza nellambito dellecotossicologia ambientale e dellanalisi di rischio, anche in relazione alla recente normativa europea in tema di tutela delle acque (2000/60/CE, Water Framework Directive), che prevede di valutare lo stato di qualit dei corpi idrici considerando lo stato di salute degli organismi che li popolano. Il bioaccumulo di una sostanza inquinante pu essere valutato in base a misure sperimentali utilizzando quali parametri di riferimento i fattori di bioconcentrazione (BCF) e di bioaccumulo (BAF). Tuttavia, i dati empirici risultano spesso incompleti, soprattutto per quanto riguarda la concentrazione dei contaminanti nei comparti biotici. In queste circostanze, come dimostrano ormai numerose pubblicazioni (van der Oost et al., 2003; Arnot e Gobas, 2004) lutilizzo di modelli numerici una valida alternativa per la stima dei BCF e BAF. Sebbene tali modelli siano ormai ampiamente utilizzati, in letteratura non sono finora stati presentati studi che mirino, da un lato, a quantificare lincertezza delle riposte del modello dovuta allincertezza dei numerosi dati di ingresso, attraverso lUncertainty Analysis (UA) e, dallaltro, ad ordinare le cause di incertezza in base alla loro importanza, attraverso la Sensitivity Analysis (SA). Tale analisi di incertezza/sensitivita risulta di particolare importanza soprattutto se si intende utilizzare il modello a fini gestionali. In questo lavoro, sono presentati i risultati preliminari dellanalisi di incertezza e dellanalisi di sensitivit (UA/SA) globali e di un modello di bioaccumulo (Arnot e Gobas, 2004) recentemente applicato alla valutazione delle concentrazioni di PCBs e PCDD/Fs in alcuni organismi acquatici che popolano la Laguna di Venezia (Lovato et al, 2005). I fattori di incertezza presi in esame sono relativi i) ai dati ambientali di input, quali temperatura dellacqua, la concentrazione dellossigeno disciolto e dei solidi sospesi ecc.; ii) parametri chimico-fisici del modello, quale la costante di ripartizione ottanolo/acqua e iii) parametri biologici quali i tassi di accrescimento e di detossificazione degli organismi. Utilizzando metodologie di UA/SA globali, stata valutata quantitativamente lincertezza delloutput in relazione allincertezza associata ai diversi parametri e ai dati di ingresso del modello. In particolare, i risultati evidenziano che i valori utilizzati per le costanti di ripartizione e la formulazione adottata per la rappresentazione dellinterazione tra bioaccumulo e la forzante climatica, ovvero la temperatura, risultano i fattori pi rilevanti nel determinare la distribuzione degli inquinanti lungo la rete trofica presa in esame. Bibliografia Arnot, J.A.; Gobas, F.A.P.C. Environ. Toxicol. Chem. 2004, 23, 2343-2355. Lovato, T.; Micheletti, C.; Pastres, R.; Marcomini, A. Scientific Research and safeguarding of Venice, Research Programme 2004-2007, Ed. Campostrini P., 2005, Volume IV. Oost R van der; Beyer, J.; Vermeulen, NPE. Environ. Toxicol. Pharmacol. 2003, 13, 57149.
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FOTODEGRADAZIONE DI FARMACI IN CONDIZIONI AMBIENTALI Marina DellaGreca, Maria Rosaria Iesce, Sara Montanaro, Lucio Previtera, Maria Rubino, Fabio Temussi Dipartimento di Chimica Organica e Biochimica, Universit di Napoli Federico II, Complesso Universitario Monte S. Angelo, Via Cintia 4, I-80126 Napoli, Italy e-mail: marubino@unina.it

Il problema dellinquinamento legato allimmissione di vari xenobiotici nei sistemi acquatici ha comportato lintroduzione di numerose normative che stabiliscono le informazioni minime per lammissibilit di tali sostanze. Tali normative, che riguardano prodotti fitosanitari principalmente, prevedono una valutazione del loro potenziale impatto ambientale con riferimento non solo al composto parentale ma anche ai metaboliti. Poco stato finora fatto per i farmaci che solo di recente sono entrati a far parte della categoria di inquinanti ambientali (1). Numerose sono le fonti di immissione nellambiente: dallo smaltimento di scorie industriali alla introduzione nei corpi idrici dovuta agli effluenti degli impianti di depurazione civile non sempre efficaci per la rimozione di tali inquinanti. Il grave limite per unindagine che riguarda i farmaci e i loro metaboliti legato non solo alla necessit di tecniche analitiche sensibili ma anche alla mancanza di dati riguardanti il destino e il comportamento ambientale di tali sostanze. In questo ambito si inquadra il nostro studio che riguarda la degradazione in condizioni ambientali di farmaci ritrovati nei sistemi acquatici, con particolare riferimento alla fotolisi e allidrolisi (2). In tale comunicazione si riportano i pi recenti risultati relativi alla fotodegradazione in acqua di alcuni farmaci di natura eterociclica. Nellindagine particolare attenzione stata data allisolamento e alla caratterizzazione dei prodotti di degradazione al fine di poterli utilizzare in saggi di tossicit e/o a scopi analitici.

Bibliografia 1. Kummerer K., in: K. Kummerer (Eds.), Pharmaceuticals in the Environment, SpringerVerlag, Heidelberg, 2004, pp. 3-11. 2. DellaGreca M., Iesce M.R., Isidori M., Nardelli A., Previtera L., Rubino M.; Chemosphere 2007, 67, 1933-1939

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SESSIONE POSTER BC: BENI CULTURALI

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BC01 ENZIMI LIPOLITICI NEL RESTAURO: STUDIO APPLICATIVO PER LA RIMOZIONE DI SOSTANZE FILMOGENE NATURALI Michela Berziolia, Elisa Campania, Antonella Casolia, Paolo Cremonesib
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Dipartimento di Chimica Generale e Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica Universit degli Studi di Parma, V.le G.P. Usberti 17/A, 43100 Parma b Cesmar7, via Lombardia 41/43, Savonara (PD) e-mail: antonella.casoli@unipr.it

Nelle applicazioni al restauro di opere policrome, luso degli enzimi pu risolvere situazioni conservative molto complesse, ma fino ad ora non stato sostenuto da studi sistematici e con un adeguato approfondimento analitico. In particolare, tra i vari tipi di enzimi idrolitici, quelli lipolitici, sono i meno studiati; al punto che vi sono risultati molto discordanti sulla loro attivit. In questo lavoro sono stati condotti studi finalizzati alla comprensione dellazione degli enzimi lipolitici su materiali naturali (oli siccativi, cera) che il restauratore si trova spesso a dovere rimuovere in operazioni di pulitura o finalizzate al consolidamento. La maggior parte delle informazioni oggi disponibili sullattivit enzimatica riguarda lambito della biologia e delle biotecnologie; pertanto, la loro validit su substrati strutturalmente e matericamente cos differenti come i manufatti artistici deve essere sistematicamente verificata. Lavorando prima su stesure appositamente preparate in laboratorio poi anche su manufatti reali, sono state effettuate numerose esperienze, allo scopo di individuare le migliori condizioni di impiego degli enzimi, valutare la loro attivit e la possibilit di completa rimozione dellenzima stesso dallopera darte una volta che ha esplicato lazione richiesta. Per la ricerca sono state impiegate tecniche spettrofotometriche e gascromatografiche. Dai risultati ottenuti, si confermato che luso degli enzimi si configura come unalternativa pi selettiva e meno tossica rispetto ai tradizionali metodi di intervento sui manufatti artistici, basati sulluso di solventi ed alcali. Bibliografia 1)Bellucci R.; Cremonesi P.; Kermes arte e tecnica del restauro, Nardini, Firenze, 1994, 21, 45-64. 2)Cremonesi P., LUso degli Enzimi nella Pulitura di Opere Policrome, Seconda Edizione, I Talenti Metodologie, tecniche e formazione nel mondo del restauro, 4, Il Prato, Padova 2002.

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BC02 STUDIO PRELIMINARE PER LUTILIZZO DI GEL RIGIDI DI AGAR E AGAROSIO NEL RESTAURO DELLE OPERE POLICROME Elisa Campania, Antonella Casolia, Paolo Cremonesib, Ilaria Saccania, Erminio Signorinib
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Dipartimento di Chimica Generale e Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica Universit degli Studi di Parma, viale G.P. Usberti 17/a, Parma b Cesmar7, via Lombardia 41/43, Savonara (PD) e-mail: antonella.casoli@unipr.it

Lacqua la sostanza necessaria, talora addirittura insostituibile, a compiere numerose operazioni nel restauro di svariati manufatti artistici: da operazioni di pulitura dellimmagine pittorica, dove in anni recenti i metodi acquosi sono andati ad affiancare i solventi organici pi consolidati nella tradizione, ad operazioni di carattere pi strutturale (umidificazione, consolidamento, foderatura). Quando sia necessario controllare le propriet superficiali dellacqua, si fa comunemente ricorso alle sostanze gelificanti (come i tradizionali Eteri di Cellulosa o il pi recente Acido Poliacrilico) per aumentarne la viscosit ed avere cos un apporto pi controllabile, pi lento, meno invasivo. Tra gli addensanti sono da annoverarsi anche materiali di uso pi recente come lAgar e lAgarosio, complessi polisaccaridi derivanti dalle alghe dellordine delle Gracilariales e Gelidiales, in grado di formare gel ad altissima viscosit e perci definiti rigidi; proprio questa caratteristica li rende adatti per lapporto controllato dacqua su opere sensibili a tale contatto, dato che il rilascio avviene in maniera estremamente graduale. Lo studio effettuato ha avuto come principale intento quello di verificare la sicurezza applicativa dei gel di Agarosio e Agar su manufatti policromi come i dipinti su tela; questi due materiali sono stati oggetto di confronto, dato lAgar, per il suo minor costo, pi adatto ad essere utilizzato nel campo del restauro. A tale scopo, stato sviluppato un protocollo per la preparazione dei gel; lapplicazione su supporti porosi (preventivamente lavati per eliminare sostanze che potessero inficiare le analisi successive) ha messo in luce che in entrambi i casi il rilascio dacqua uniforme e pertanto controllabile. Successivamente sono stati indagati gli eventuali residui organici passati nel supporto tramite FT-IR e GC-MS: le analisi hanno messo in evidenza che in particolare lAgar non lascia permeare materiale polisaccaridico allinterno del supporto. Lultima fase ha visto lapplicazione del gel di Agar su dipinti reali: il materiale ha permesso la rimozione di veline da unopera, che si era dimostrata particolarmente sensibile allacqua; oltre a ci, si dimostrato efficace per rigonfiare patinature di materiali idrofili apposte sul fronte del dipinto, nonch per la rimozione di residui di colla pasta o altri materiali dal retro della tela (mostrando tra laltro unazione pi prudente rispetto agli altri addensanti). E. Campani, A. Casoli, P. Cremonesi, I. Saccani, E. Signorini, LUso di Agarosio e Agar per la Preparazione di Gel Rigidi- Use of Agarose and Agar for Preparing Rigid Gels, QUADERNO N.4 /CESMAR 7, Ed. IL PRATO, Padova 2007.

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BC03 UNO STUDIO PER LA CONOSCENZA DEI LEGANTI PITTORICI DEL DIPINTO SACRA CONVERSAZIONE DI PALMA IL VECCHIO Elisa Campani, Antonella Casoli Dipartimento di Chimica Generale e Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica Universit degli Studi di Parma, V.le G.P. Usberti 17/A, 43100 Parma e-mail: antonella.casoli@unipr.it

Recentemente stata stipulata una convenzione nellambito del programma di rafforzamento istituzionale e assistenza tecnica del governo italiano ai Musei di Belgrado, coordinato dallIstituto Centrale del Restauro di Roma. Si svolto un corso di aggiornamento professionale per i restauratori dei Musei Pubblici della Repubblica della Serbia, che si concretizzato in un cantiere di restauro sullopera di Jacopo Palma il Vecchio (Serina 1480 Venezia 1528) denominata Sacra Conversazione, conservata presso il Palazzo Reale di Belgrado. Lo studio, rivolto allidentificazione dei materiali organici, stato compiuto al fine di completare, con un ulteriore tassello, il quadro di conoscenze finalizzato alla comprensione della tecnica pittorica del dipinto. A questo scopo stato necessario disporre di frammenti di materiale di dimensione submillimetrica. Si scelto di studiare, per ogni punto di campionamento, un micro-frammento composto dallo strato pittorico e uno sottostante di strato preparatorio. Per la ricerca sono state impiegate la micro-spettrofotometria infrarossa a Trasformata di Fourier e la gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa. Lo studio ha evidenziato che tutti i campioni di strato pittorico mostrano la presenza di olio di noce. Si pu ipotizzare con una certa ragionevolezza che la possibilit di utilizzare un olio siccativo con una minore tendenza allingiallimento rispetto allolio di lino, rappresentava per Palma una maggiore garanzia di salvaguardia di quella armonia cromatica che egli creava nei suoi dipinti, fatta di colori chiari e brillanti, quasi sempre puri. Per ci che riguarda il legante della preparazione, si possono fare alcune considerazioni alla luce dei risultati delle indagini effettuate sul dipinto di Belgrado, in cui, insieme alla colla, stato trovato latte. Dal punto di vista tecnico, non semplice comprendere la funzione del latte nella preparazione del dipinto poich, per formulare ipotesi accettabili, bisognerebbe essere certi della modalit con la quale stato inserito fra i materiali costitutivi. Ci si chiede innanzitutto se il latte sia stato mischiato allimpasto del gesso e colla o piuttosto steso sulla superficie ultimata, per farlo penetrare nella preparazione gi asciutta; pi probabile sembrerebbe la seconda soluzione perch in questo caso, il latte sarebbe funzionale al fissaggio e consolidamento di una preparazione forse troppo fragile. AA. VV. Sacra Conversazione di Palma dipinto su tavola di Belgrado, Artemide, 2007, Roma. il Vecchio. Restauro del

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BC04 LA DIAGNOSTICA CHIMICA PER IL MONITORAGGIO DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO MONUMENTALE Paola Croveri, Oscar Chiantore
Dipartimento di Chimica I.F.M. e Centro NIS, Superfici e Interfasi Nanostrutturate, Universit degli Studi di Torino, Via P. Giuria 7, 10125 Torino. E-mail: paola.croveri@unito.it, oscar.chiantore@unito.it

Il patrimonio monumentale delle citt storiche italiane sempre pi insidiato da molteplici concause, quasi sempre di origine antropica, che concorrono ad aggravarne lo stato di conservazione ed accelerarne il degrado. Mutamenti climatici e notevoli alterazioni nella composizione dellatmosfera nelle aree urbane stanno trasformando le fenomenologie di degrado dei materiali esposti e le loro cinetiche. Inquinanti gassosi e in forma condensata, aerosol e micropolveri, attivano nuovi processi chimico-fisici allinterfaccia monumentoambiente sia essa costituita dai materiali originali costituenti lopera che da materiali di restauro applicati con funzione di barriera protettiva nei confronti degli agenti di degrado esterni. Interventi di restauro, dispendiosi ed invasivi per lopera, si rendono necessari ad intervalli sempre pi ravvicinati per arginare i danni estetici e materiali prodotti dallinquinamento dellaria delle nostre citt. La conoscenza approfondita delle condizioni ambientali di contorno, lo studio dei meccanismi e delle cinetiche delle reazioni di degrado indotte dagli agenti inquinanti, lanalisi dellefficacia nel tempo dei materiali impiegati per la conservazione delle superfici risultano essere punti cardine per poter pianificare delle politiche di salvaguardia del patrimonio fondate sul concetto di monitoraggio programmato che rende possibile predisporre attivit di manutenzione ordinaria dei manufatti, adeguate sia da un punto di vista conservativo che economico. Il Dipartimento di Chimica I.F.M dellUniversit degli Studi di Torino, nellambito di un progetto svolto in collaborazione con il Settore Edifici Storici della Citt di Torino e finalizzato a sviluppare una appropriata metodologia per il controllo dello stato di conservazione dei monumenti presenti nellarea cittadina, ha affrontato diversi casi studio che hanno permesso di approfondire, con lausilio di molteplici tecniche di diagnostica chimica, le problematiche relative alle cause e agli effetti del degrado dei manufatti esposti. Linquinamento dellaria, quale causa ambientale primaria di degrado urbano, stato esaminato nello specifico studiando il particolato atmosferico e i componenti gassosi aerodispersi. La componente organica adsorbita nelle polveri incoerenti depositate sulle superfici e nelle croste nere stata estratta ed analizzata mediante pirolisi gas-massa (Py-GCMS). E stata inoltre studiata linfluenza di alcuni composti organici riscontrati come inquinanti (pirene e fluorantene, IPA) sullinvecchiamento di protettivi polimerici acrilici (Paraloid B72, Paraloid B44, Incralac). Lesposizione ad inquinanti gassosi di monumenti localizzati in zone significative della citt stata valutata con una campagna di rilevazione (NOx, SO2, O3, gas acidi) mediante campionatori passivi. La presenza di Sali solubili quali fattori di degrado in matrici lapidee stata indagata mediante spettroscopia infrarossa (FT-IR) e diffrazione di raggi X (XRD) mentre lo studio della componente solubile delle patine di corrosione del bronzo stato effettuato mediante cromatografia ionica (IC). Gli effetti del deterioramento delle superfici lapidee e metalliche esposte sono stati indagati attraverso una accurata caratterizzazione dei prodotti di degrado: depositi, croste nere, patine

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di alterazione e di corrosione. Studiati dal punto di vista colorimetrico mediante spettrofotometro di riflettanza e morfologicamente mediante videomicroscopia in-situ, i prodotti di neoformazione e le patine di corrosione sono state caratterizzati chimicamente con lausilio della spettroscopia infrarossa (FT-IR), della diffrazione di raggi X (XRD) e della spettroscopia elettronica con microsonda EDX (SEM-EDX). Lo studio diagnostico dei materiali lapidei, delle leghe bronzee e dei loro fenomeni di alterazione e corrosione fornisce un approfondimento conoscitivo dei fenomeni di degrado presenti in area torinese consentendo altres limpostazione di una corretta metodologia per le operazioni di pulitura, consolidamento e protezione da impiegare nei restauri conservativi dei monumenti esaminati.

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BC05 INDAGINI EPR SU LEGNI MODERNI E ANTICHI Antonella Maccottaa, Maurizio Marraleb, Maria Braib, Paola Fantazzinic
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Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi, Universit di Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena, Italy, e-mail: maccotta@unisi.it b Dipartimento di Fisica e Tecnologie Relative, Universit di Palermo, Viale delle Scienze, Edificio 18, 90128 Palermo, Italy c Dipartimento di Fisica, Universit di Bologna, Viale Berti Pichat 6/2, 40127 Bologna, Italy

Il degrado del legno costituente manufatti di interesse storico-artistico-archeologico comporta la formazione di vari radicali a partire dalle macromolecole che costituiscono la matrice lignea (cellulosa, lignina, emicellulosa) [1]. Tra le metodologie non distruttive in grado di fornire informazioni su questi radicali liberi pu risultare di grande interesse la Risonanza Paramagnetica Elettronica (EPR). Di recente stato intrapreso uno studio EPR su varie essenze lignee sia stagionate che degradate per investigare la presenza di radicali liberi nel legno non irradiato [2]. I primi risultati mostrano che la tipologia e il numero relativo di specie paramagnetiche dipende dal taxon ligneo e che il legno degradato presenta un segnale EPR molto pi intenso rispetto allo stesso legno non degradato, indicando cos che il numero di radicali pu essere una misura del degrado del legno. Laumento del numero di radicali pu inoltre spiegare laumento dei tempi di rilassamento protonico NMR osservato nei campioni degradati [3]. Bibliografia 3. R. A. Wach, H. Mitomo, F. Yoshii, ESR investigation on gamma-irradiated methylcellulose and hydroxyethylcellulose in dry state and in aqueous solution, Journal of Radioanalytical and Nuclear Chemistry, Vol. 261, No. 1 (2004) 113-118 4. M. Brai, A. Maccotta, M. Marrale, Indagini EPR su campioni lignei, I Workshop Tecniche di analisi non distruttive di materiali lapidei naturali e artificiali nei Beni Culturali, Palermo, 22 febbraio 2007. 5. P. Fantazzini, A. Maccotta, M. Brai, Rilassometria NMR in legni moderni e in legni trattati e non trattati provenienti da una statua lignea del XVI secolo, I Workshop Tecniche di analisi non distruttive di materiali lapidei naturali e artificiali nei Beni Culturali, Palermo, 22 febbraio 2007.

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BC06 DIAGNOSTICA DI ALTERAZIONI CHIMICHE E BIOLOGICHE SU CARTE ANTICHE PER MEZZO DI UN SEM-VP CON RIVELATORE BSD E SONDA EDS Flavia Pinzari, Mariasanta Montanari Istituto Centrale per la Patologia del Libro Laboratorio di Biologia. Via Milano, 76. 00184 Roma. e-mail: icplbio@tin.it Lo studio delle carte e dei supporti cartacei per mezzo della microscopia elettronica indirizzato da un lato alla ricostruzione della storia dei materiali e degli oggetti (archeologia del libro) attraverso la ricerca di indizi merceologici, e dallaltro allo studio di modificazioni strutturali nella trama delle fibre di cellulosa, o di situazioni di deterioramento chimico e/o biologico capaci di spiegare fenomeni degradativi altrimenti non riconducibili a cause univoche. In tutti questi casi il microscopio elettronico a scansione (SEM) porta un contributo decisivo e permette spesso di integrare le informazioni quantitative ottenute con metodi chimici e fisici, con aspetti qualitativi di rilievo. Attualmente esistono strumenti che operano con una nuova tecnologia dove la camera in cui viene posto il campione in basso vuoto (10750 Pascal) ed i campioni possono essere osservati senza essere prima fissati e metallizzati. In pressione variabile (VP) il SEM ha una risoluzione inferiore che in alto vuoto (circa 4.5 nm) ma permette ugualmente di ottenere utili informazioni. Inoltre i rivelatori che acquisiscono le immagini possono essere di diverso tipo e rilevare differenti risposte del campione alleccitazione elettronica del fascio. Oltre infatti ai rivelatori di elettroni secondari (SE) esistono rivelatori per elettroni retrodiffusi (BSD, backscattered electron detector) che ricostruiscono unimmagine del campione basata sul numero atomico degli elementi chimici in esso presenti. Ci rappresenta un avanzamento notevole per losservazione della superficie della carta in quanto limmagine ottenibile rende conto sia della topografia delle fibre utilizzate per la manifattura che del materiale di carica che, in quanto minerale, viene visualizzato con un contrasto che ne premette uno studio dettagliato. A tale metodo di analisi microscopica inoltre possibile unire la microanalisi (EDS, Energy Dispersive X.Ray Spectrometry) che permette di conoscere la composizione chimica elementare di quanto visualizzato con il SEM. Nel presente lavoro campioni di carta di pochi millimetri di diametro, ricavati da volumi di pregio affetti da alterazioni di varia origine ed estensione sono stati osservati, analizzati e descritti per mezzo di un SEM-VP EVO 50 XVP, Carl-Zeiss Electron Microscopy Group e di una sonda elettronica per microanalisi (EDS) Inca 250 (Oxford). La caratterizzazione tramite microanalisi di singoli cristalli e di impurezze presenti nelle scansioni ha rappresentato uno strumento di indagine molto potente. E, infatti, stato possibile isolare dalle immagini ottenute con il SEM, grazie al software Inca, strutture definite ed aree puntiformi in modo da limitare la scansione EDS ai soli elementi di interesse al fine di individuare e analizzare gli elementi chimici che possono aver determinato i fenomeni degradativi osservati nei materiali. Nello studio di carte di provenienza e manifattura ignota inoltre stato possibile, con la microanalisi e losservazione al SEM, individuare la provenienza vegetale delle fibre costitutive, capire quale tipo di carica contenessero, quanto questa fosse rifinita, e leventuale presenza di impurezze e tracce di elementi capaci di indirizzare la diagnosi sui materiali effettivamente utilizzati e sul tipo di processo seguito nella fabbricazione.

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BC07 POTENZIALIT DI APPLICAZIONE DI UN NASO ELETTRONICO ALLINDIVIDUAZIONE PRECOCE DEL BIODETERIORAMENTO NEI MATERIALI CARTACEI Flavia Pinzaria, Mariasanta Montanaria, Irene Rendaa, Francesco Loneroa, Corrado Fanellib, Luca Fachechic, Domenica Belluscic, Simona Grecoc
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Istituto centrale per la patologia del libro, Via Milano 76, 00184 (Roma), e-mail: icplbio@tin.it b Universit degli Studi di Roma La Sapienza (Roma), e-mail: corrado.fanelli@uniroma1.it c Technobiochip Scarl, Pozzuoli (NA), Sito Web: www.technobiochip.com

Il naso elettronico pu essere definito come uno strumento che comprende una serie di sensori chimici con una parziale specificit e un appropriato modello di riconoscimento, in grado di identificare odori semplici e complessi. Gli elementi fondamentali del naso elettronico sono i sensori chimici, che possono essere definiti come trasduttori miniaturizzati che rispondono in maniera selettiva e reversibile alla presenza di sostanze chimiche generando segnali elettrici in funzione della loro concentrazione. Per arrivare alla formulazione di sensori e di metodi di elaborazione dei segnali idonei a supportare le variabili specifiche delle biblioteche, dei magazzini, degli archivi, delle vetrine espositive, indispensabile approfondire lo studio delle molecole volatili emesse dagli organismi nocivi che si vogliono monitorare e dai materiali di cui sono costituiti i beni da tutelare. In questo studio sono state studiate le risposte di due serie di otto sensori ciascuna alla sollecitazione con miscele odorose prodotte da funghi biodeteriogeni in condizioni differenti di crescita e di misura. Lo scopo principale del lavoro consistito nella valutazione delle risposte dei singoli sensori ai composti volatili prodotti dai funghi, al fine di individuare le combinazioni di sensori pi idonee a costituire uno strumento per lindividuazione precoce delle infezioni fungine in ambienti conservativi confinati. La sperimentazione ha riguardato, in particolare, il confronto qualitativo e quantitativo delle emissioni odorose dei funghi inoculati su differenti substrati cellulosici sia in coltura pura che in colture miste. Lacquisizione dei pattern odorosi stata effettuata per mezzo di un prototipo di naso elettronico dotato di sensori con caratteristiche chimiche fra loro differenti; particolare attenzione stata posta nellevidenziare la risposta dei sensori stessi alle differenti condizioni fisiologiche cui sono stati appositamente sottoposti i funghi durante la sperimentazione. Lo studio della variabilit naturale del processo di produzione di sostanze organiche volatili da parte dei funghi rappresenta, infatti, un passaggio sostanziale del processo di valutazione della possibilit di utilizzare le sostanze volatili prodotte dai funghi quali marcatori della loro attivit e quindi della presenza, in ambienti confinati, di materiale cellulosico soggetto al biodeterioramento. Lo studio stato realizzato nellambito di una collaborazione fra lIstituto Centrale per la Patologia del Libro e la Technobiochip Scarl. di Pozzuoli, impresa che ha realizzato il prototipo di naso elettronico che stato utilizzato per le analisi. Le ricerche presentate rappresentano parte dello svolgimento di due tesi sperimentali del Corso di laurea in Scienze Applicate ai Beni Culturali de La Sapienza di Roma.

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BC08 RICONOSCIMENTO DI GOMME VEGETALI DI INTERESSE NEI BENI CULTURALI MEDIANTE PIROLISI ACCOPPIATA CON IDROLISI E METILAZIONE TERMICAMENTE ASSISTITA Chiara Riedo, Dominique Scalarone, Oscar Chiantore Dipartimento di Chimica IFM e Centro NIS, Superfici e Interfasi Nanostrutturate dellUniversit degli Studi di Torino chiara.riedo@unito.it Le gomme di origine vegetale sono presenti come materiali costitutivi nei beni culturali sotto forma di leganti per colori allacqua, o come adesivi e collanti per substrati cellulosici. Gli studi sulla caratterizzazione dettagliata di questi composti sono pochi, e fanno riferimento a metodi che richiedono lunghi trattamenti preliminari e quantit non compatibili con le applicazioni ai beni culturali. E quindi di particolare interesse poter disporre di un metodo di identificazione sufficientemente rapido e che utilizzi micro-campionamenti per il riconoscimento e la identificazione delle gomme vegetali nelle opere storico-artistiche. In questo lavoro vengono presentati i risultati ottenuti con un metodo di idrolisi e metilazione termicamente assistita utilizzando il reattivo TMAH e la pirolisi on-line. I campioni da analizzare, prima di essere introdotti nel pirolizzatore, vengono mescolati con il TMAH in soluzione acquosa. I prodotti di decomposizione passano direttamente nella colonna di un gascromatografo dove vengono separati e analizzati per mezzo di un rivelatore MS. Per lanalisi completa sono sufficienti quantit di campione inferiori al milligramo. Sono stati caratterizzati i prodotti di pirolisi derivanti da campioni standard di gomma arabica (2 gomme di diversa provenienza), gomma adragante, e gomma di ciliegio. I principali prodotti di pirolisi sono acidi aldonici metilati e parzialmente metilati, ciascuno caratteristico di determinati zuccheri epimeri. Gli acidi aldonici si formano per idrolisi alcalina degli zuccheri liberi e delle estremit riducenti dei polisaccaridi, mentre la metilazione avviene al momento della pirolisi. I meccanismi attraverso cui si formano gli acidi aldonici comportano che zuccheri epimeri in C-2 diano origine agli stessi prodotti, rendendoli di fatto indistinguibili. La presenza degli acidi aldonici caratteristici delle diverse gomme vegetali permette la classificazione adragante di queste ultime, che viene effettuata in base al contenuto relativo dei monosaccaridi ramnoso, fucoso e galattoso rispetto alla coppia arabinoso e xiloso (che producono lo stesso acido aldonico). Nel grafico tridimensionale della Figura si pu apprezzare la riproducibilit delle prove ripetute su uno stesso campione e la possibilit di differenziare ciliegio le diverse gomme esaminate. E in fase di completamento lassegnazione degli arabica spettri di massa di altri prodotti di fram-mentazione, arabica soluzione polvere in particolare degli acidi aldonici non completamente metilati eventualmente presenti.

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BC09 SVILUPPO DI UNA METODOLOGIA INNOVATIVA PER LA CONSERVAZIONE DI BENI CULTURALI Aldo Taticchia, Assunta Marrocchia, Maria Laura Santarellib, Vito Librandoc, Maria Cristina Ginnasia, Lucio Minutia Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Perugia, Via Elce di Sotto 8, 06123, Perugina: e-mail: taticchi@unipg.it b Centro di Ricerca in Scienza e Tecnica per la Conservazione del Patrimonio StoricoArchitettonico, Universit di Roma La Sapienza, Via Eudossiana 18, 00184 Roma c Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit degli Studi di Catania, V.le A. Doria 6, 95125 Catania Il danneggiamento dei materiali lapidei dovuto alla cristallizzazione di Sali rappresenta un problema rilevante per la conservazione di monumenti e siti archeologici. Lacqua presente nella porosit di questi materiali contiene sempre quantit pi o meno rilevanti di Sali che diffondono in ampie zone delle murature e si depositano sia per evaporazione dellacqua che per una variazione di temperatura e di concentrazione. Quando i cristalli di sale si formano sulla superficie esterna dei materiali porosi (efflorescenza) i danni sono limitati e spesso soltanto estetici. Se i Sali cristallizzano allinterno della porosit dei materiali (subefflorescenza), la variazione di volume associata con il processo di cristallizzazione sufficiente a distruggere la struttura interna dei materiali stessi, causando polverizzazione e distacco di croste superficiali. La cristallizzazione, infatti, genera sollecitazioni la cui entit generalmente superiore alla resistenza a rottura dei materiali lapidei comunemente utilizzati. Sono stati sviluppati vari metodi fisici per il controllo della cristallizzazione salina. Recentemente, comunque, lattenzione stata rivolta1 allo sviluppo di metodologie per il controllo della cristallizzazione mediante lutilizzo di inibitori, molecole, cio, in grado di agire sia sulla cinetica di formazione dei cristalli del sale che sulla forma del cristallo stesso, limitandone la crescita e la dannosit. Da alcuni anni nel nostro laboratorio2 in corso un ampio studio che si propone lobiettivo di acquisire conoscenze nel campo delle propriet di inibizione di cristallizzazione salina di composti organici opportunamente funzionalizzati, sia commerciali che di sintesi. In questa comunicazione verranno riportati i risultati preliminari ottenuti nella inibizione della cristallizzazione di NaCl ed Na2SO4 nella pietra di Noto e nella pietra di Palazzolo. Si tratta di pietre calcaree ampiamente utilizzate nella Sicilia SudOrientale, sia in elementi costruttivi (muri, volte, archi ecc.) che in elementi decorativi (fregi, capitelli ecc.), che subiscono facilmente degrado dovuto a tale fenomeno. Bibliografia 1. (a) Rodriguez-Navarro, C.; Linares-Fernandez, L.; Doehne, E.; Sebastian, E. Journal of Crystal Growth 2002, 243, 503-516. (b) Rodriguez-Navarro, C.; Doehne, E.; Sebastian, E. Langmuir 2000, 16, 947-954 2. Inter alia: (a) Marrocchi, A.; Taticchi, A.; Santarelli, M.L.; Minuti, L.; Broggi, A. Science and Technology for Cultural Heritage, 2006, N.1/2, 101-107 (b) Marrocchi, A.; Taticchi, A.; Santarelli, M.L.; Minuti, L.; Broggi, A.; Garibaldi, V. Science and Technology for Cultural Heritage, 2006, N.1/2, 109-114 (c) Marrocchi, A.; Taticchi, A.; Santarelli, M.L.; Broggi, A., Minuti, L.; Librando, V. Science and Technology for Cultural Heritage, 2006, N.1/2, 115-123
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BC10 INIBITORI DI CRISTALLIZZAZIONE SALINA E BENI CULTURALI. IL CASO STUDIO DEL MOSAICO DI ORFEO E LE FIERE (PERUGIA) Aldo Taticchia, Assunta Marrocchia, Maria Laura Santarellib, Maria Cristina Ginnasia, Lucio Minutia Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Perugia, Via Elce di Sotto 8, 06123, Perugia e-mail: taticchi@unipg.it b Centro di Ricerca in Scienza e Tecnica per la Conservazione del Patrimonio StoricoArchitettonico, Universit di Roma La Sapienza, Via Eudossiana 18, 00184 Roma
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Il mosaico Romano di Orfeo e le Fiere si trova nellatrio di ingresso del Dipartimento di Chimica dellUniversit degli Studi di Perugia. Ha dimensioni 8,10x14,10 m e si trova sotto il livello stradale. Il mosaico uno dei pi importanti monumenti Romani a Perugia ed databile attorno alla prima met del II sec. d.C. Probabilmente decorava parte di un complesso termale della citt Romana. Il mosaico situato in unarea soggetta ad una forte risalita capillare di umidit, cosicch, nonostante un recente intervento conservativo, larea continua a mostrare visibili danni dovuti a processi di cristallizzazione salina. In questa comunicazione verranno riportati i risultati preliminari relativi ad una sperimentazione in in corso rivolta alla conservazione del mosaico, che utilizza una metodologia innovativa da tempo in studio nel nostro laboratorio1 e che consiste nel controllo della cristallizzazione salina mediante inibitori organici, molecole, cio, in grado di agire sia sulla velocit di formazione dei cristalli del sale, sia sulla forma del cristallo stesso, limitandone la crescita e la pericolosit.

Bibliografia (a) Marrocchi, A; Taticchi, A.; Santarelli M.L.; Broggi,A.; Minuti, L. 10th EuCheMs-DCE International Conference on Chemistry and the Environment, Rimini, 2005 (b) Marrocchi, A.; Santarelli, M.L.; Taticchi, A.; Broggi, A.; Minuti, L. in: Proc. Workshop Argamassas de reboco para paredes antigas sujeitas aco de sais solveis (Lisbon, LNEC, 2005). National Laboratory for Civil Engineering (LNEC), Lisbon, 2006 Marrocchi, A.; Taticchi, A.; Santarelli, M.L.; Minuti, L.; Broggi, A.; Garibaldi, V. Science and Technology for Cultural Heritage, 2006, N.1/2, 109-114

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BC11 DIAGNOSI ANALITICA DEL BIODETERIORAMENTO SU MATERIALI LAPIDEI: STRATEGIE DI RECUPERO VIA LIPASI E Gox. Alessia Diamantia, Federica Valentinib, Giuseppe Palleschib, Emanuela Tamburrib MariaLetizia Terranovab, Simona Bellezzac, Patrizia Albertanoc. a. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Facolt di Lettere e Filosofia, via Columbia, 1- 00133 Roma b. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, via della Ricerca Scientifica,1- 00133 Roma c. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Biologia, via della Ricerca Scientifica, 1- 00133 Roma Indirizzo e-mail: federica.valentini@uniroma2.it Il presente lavoro stato condotto su campioni lapidei, di marmo bianco, provenienti dai fregi decorativi della Basilica di Nettuno, annessa al Pantheon (ambiente esterno) di Roma. Tali supporti, affetti da concrezioni nere e grigie di diverso spessore, sono stati sottoposti ad una serie di indagini analitiche di carattere morfologico e strutturale, al fine di individuare le cause di degrado e valutarne gli effetti prodotti sulle superfici stesse. Da una prima caratterizzazione morfologica, con microscopio ottico e microscopio a contrasto differenziale interferenziale (DIC), stato possibile rilevare la presenza di ossalati di calcio, prodotti da microrganismi fungini[1], e di metalli pesanti (tra cui probabilmente il Cobalto) trasportati sottoforma di specie adsorbite sulla superficie del materiale particolato sospeso, o di goccioline di vapore acqueo. La successiva caratterizzazione strutturale condotta mediante spettrofotometria IR in trasformata di Fourier (FT-IR), ha messo in luce la presenza di composti dello zolfo (come i gruppi solfonati, derivati dalle reazioni di smog fotochimico) associati alla compresenza, nelle patine nere, di solfo-batteri che traggono nutrimento da tali composti. Sia la componente biologica che quella prettamente chimica (ossia i gas inquinanti) vedono nel particolato atmosferico (soprattutto nella frazione PM2.5) un predominante veicolo di trasporto e deposito sulle superfici di interesse storico-artistico. Lulteriore presenza di gruppi funzionali quali i carbonilici, le aldeidi e le ammine alifatiche (frazione CO: Carbonio Organico) rappresenta una valida conferma dellavvenuto fenomeno di biodeterioramento delle superfici in esame. Successivamente a questa fase preliminare di diagnosi del degrado superficiale, sono state sperimentate due nuove strategie di recupero delle superfici in esame, quali: il trattamento di biopulitura catalizzato dallenzima Gox, del tutto innovativo nel campo dei Beni Culturali[2], e quello tramite enzima Lipasi[3], per la prima volta adottato qui, su supporti lapidei. Tali procedure hanno mostrato unefficienza massima di rimozione nel caso delle patine grigie di 1mm di spessore, e significativi esiti di rimozione anche nei confronti delle concrezioni nere di pi consistente spessore (3mm). Bibliografia 1. Albertano, P.; Urz, C.; Structural interactions among epilithic cyanobacteria and heterotrophic microorganisms in Roman hypogea. Microbial Ecology, 1999, 38, 244-252,. 2. Campanella, L.; et al.; Chimica per larte. Zanichelli Editore, 2007. 3. Cremonesi, P.; Luso degli enzimi nella pulitura di opere policrome. Il Prato editore, 2002.

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BC12 STRATEGIE ANALITICHE DI RIMOZIONE DELLE PATINE SUPERFICIALI SU SUPPORTI LAPIDEI, A BASE DI ENZIMI LIPASI ED AMILASI. Alessia Diamantia, Federica Valentinib, Giuseppe Palleschib, Emanuela Tamburrib, Maria Letizia Terranovab, Simona Bellezzac, Patrizia Albertanoc a. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Facolt di Lettere e Filosofia, via Columbia, 1- 00133 Roma b. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, via della Ricerca Scientifica,1- 00133 Roma c. Universit degli Studi di Roma, Tor Vergata, Dipartimento di Biologia, via della Ricerca Scientifica, 1- 00133 Roma Indirizzo e-mail: federica.valentini@uniroma2.it Per la prima volta, in questo lavoro, sono stati utilizzati enzimi Lipasi ed Amilasi in ambiente alcalino[1], noti in letteratura per la loro applicazione nel campo dei Beni Culturali, di cui non si ha testimonianza nei trattamenti di biopulitura, specifici, per materiali lapidei. I protocolli scelti per questo tipo di biopulitura sono stati eseguiti su campioni lapidei di diversa natura, provenienza e stato di conservazione, sottoposti dapprima ad indagini analitiche mediante microscopia interferenziale differenziale (DIC), spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e fluorescenza X (XRF) per la diagnostica circa le tipologie di degrado. Dagli esiti di pulitura con lenzima Lipasi, stato possibile osservare una efficienza massima di rimozione nei confronti della patina biologica superficiale, su travertino e peperino, ed una significativa rimozione della concrezione nera su marmo. Alla luce di ci, facile intuire lefficienza del meccanismo enzimatico svolto dalla Lipasi, sulla base della composizione chimica della patina superficiale che investe il supporto in esame, probabilmente costituita della frazione organica (CO- Carbonio Organico) di natura lipidica, trasportata prevalentemente dalla frazione fine (PM2.5) del particolato atmosferico [2]. Diversamente, per il trattamento di biopulitura a base di enzima Amilasi, stata riscontrata una scarsa efficienza di rimozione su ogni tipologia di supporto considerata, attribuibile probabilmente alla scarsa affinit tra lenzima ed i substrati di contatto, di composizione chimica evidentemente non polisaccaridica. Sulla base dei risultati ottenuti in questo studio, lecito affermare che entrambe i trattamenti potrebbero essere impiegati in sinergia con innovativi processi di biopulitura (come il processo ossidativo via enzima Gox, con produzione in situ di H2O2) al fine di ottimizzare al massimo il protocollo di pulitura, l dove le patine inquinanti risultino estremamente variegate a livello intrinseco[3] (come le concrezioni nere di spessore consistente e composizione mista tra la componente chimica e biologica). Bibliografia 1. Cremonesi, P; Luso degli enzimi nella pulitura di opere policrome. Il Prato editore, 2002. 2. Baird, C.; Cann, M.; Chimica ambientale. Zanichelli Editore, 2006. 3. Lorusso, S.; Marabelli, M.; Viviano, G.; La contaminazione ambientale ed il degrado dei materiali di interesse storico-artistico. Bulzoni Editore.

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BC13 IL SEALING-WAX RED GLASS NEL MOSAICO ROMANO: STUDIO ARCHEOMETRICO E RIPRODUZIONE SPERIMENTALE Cristina Boschettia, Anna Corradia, Elie Kamseua, Cristina Leonellia
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Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dellAmbiente, Universit di Modena e Reggio Emilia, via Vignolese 905, 41100 Modena cristina.boschetti@unimore.it, anna.corradi@unimore.it, elie.kamseu@unimore.it, leonelli@unimo.it

Nei mosaici romani di area italica datati tra la fine del II secolo a.C. e gli anni 70 d.C impiegato un particolare tipo di vetro di colore rosso opaco 3 e dalla struttura omogenea, noto in letteratura come sealing-wax red glass 4 . Questo vetro, prodotto a partire dalla fine del II millennio a.C. in Egitto e in area Mesopotamica 5 fortemente piombico ed colorato e opacizzato grazie alla presenza di cristalli rossi di cuprite. Il vetro impiegato per realizzare le tessere vitree stato sottoposto a caratterizzazione archeometrica (microscopia ottica portatile e fissa, SEM-EDS, XRD, ICP-AES) 6 e si poi proceduto alla riproduzione sperimentale del materiale, sia in fornace elettrica che in una fornace a legna appositamente progettata e costruita. La miscela da vetrificare stata messa a punto impiegando materie prime analoghe a quelle impiegate in epoca romana. Come frazione vetrificante stato impiegato quarzo (SiO2) polverizzato, mentre come fondenti sono stati impiegati trona [Na3(CO3)(HCO3)-2H2O], feldspato di sodio (NaAlSi3O8) e carbonato di calcio (CaCO3) e, in aggiunta, piombo. La formazione di cristalli di cuprite durante la fusione stata indagata attraverso limpiego di diversi quantitativi di rame. Sono stati sperimentati limpiego di piombo e rame in diversi stati di ossidazione (PbO, Pb2O3 e Cu2O, Cu) e, parallelamente, diverse condizioni di atmosfera e temperatura della fornace. stato possibile notare che lo sviluppo di unatmosfera riducente ottenuta introducendo nei crogioli carbone di legna favorisce la riproduzione di vetri rossi per ossidalo di rame molto simili a quelli di epoca romana. A loro volta sono stati caratterizzati i vetri ottenuti sperimentalmente per evidenziarne la microstruttura e la composizione chimica.

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Boschetti C., Corradi A., Fabbri B., Leonelli, C., Macchiarola M., Ruffini A., Santoro S., Speranza M., Veronesi P., Impiego di vasellame vitreo nel mosaico dei ninfei pompeiani. Aspetti archeologici e archeometrici, Coll. Int. Mos., 11, c.s. Freestone I. C., Composition and microstructure of early opaque red glass, The British Museum Occasional Paper 1992, 56, 173-191. Bimson M., Opaque red glass: a review of previous studies, The British Museum Occasional Paper 1992, 56, 165-171. Boschetti C., Corradi A., Leonelli C., Veronesi P., Fabbri B., Macchiarola M., Ruffini A., Speranza M., Veronesi P., Caratterizzazione archeometrica sui mosaici del ninfeo della domus del Centenario, in a cura di Santoro S., Indagini diagnostiche, geofisiche e analisi archeometriche su muri, malte, pigmenti, colori, mosaici, c. s.

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BC14 ANALISI STORICO-STILISTICA E DIAGNOSTICA DEL DIPINTO A OLIO SU METALLO CRISTO CROCIFISSO CON DUE ANGELI DOLENTI Salvatore Lorusso a,Chiara Matteucci a, Andrea Natali a, Stefano Tumidei b Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali - Alma Mater Studiorum Universit di Bologna, via degli Ariani, 1 Ravenna chiara.matteucci@unibo.it b Diipartimento delle Arti Visive Alma Mater Studiorum Universit di Bologna, p.ta Moranti, 2 Bologna Il dipinto ad olio su metallo (40x30 cm), acquistato sul mercato francese dellantiquariato, raffigura una iconografia molto diffusa derivata da un disegno di Michelangelo: Cristo Crocifisso con due angeli dolenti La particolarit del supporto di natura metallica e la buona fattura del manufatto hanno incentivato gli Autori della presente Nota ad effettuare, insieme con lanalisi storico-stilistica e relativa alla tecnica esecutiva, anche la caratterizzazione dei componenti materici e la valutazione del suo stato di conservazione mediante tecniche diagnostiche. Partendo dall'iconografia, quindi, si tentato di ricostruire la genesi del modello, invero ben noto, attraverso un inquadramento storico-artistico. Ricerche bibliografiche hanno consentito lindividuazione di alcune raffigurazioni analoghe, pi o meno note, che non esauriscono certamente la spiegazione della fortuna del modello. Anche del supporto metallico si sono ricercate pertinenze che permettessero di spiegarne la diffusione e l'utilizzo. Sono state condotte indagini diagnostiche mediante: Fotografia VIS analogica e digitale a luce diffusa e radente Riflettografia VIS, IR, UV Spettrografia di fluorescenza a raggi X Videomicroscopia ad analisi dimmagine Si constato uno stato di conservazione sostanzialmente discreto: le crettature e le abrasioni, rivelate e documentate con lausilio della microscopia, sono dovute in massima parte ad un essiccamento troppo rapido del legante. Risultano anche evidenti modesti restauri eseguite esclusivamente con colori da ritocco. I dati raccolti con la riflettografia in IR hanno evidenziato una stesura pittorica condotta con particolare perizia per la realizzazione dellimmagine del Cristo in contrasto con la vaporosit sfocata degli angeli dolenti. I risultati relativi alla composizione dei pigmenti ottenuti in spettroscopia di fluorescenza a raggi X, supportati dalla anamnesi storico-artistica, confermano tuttavia che si in presenza di un esemplare antico, databile entro i primi decenni del seicento.
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BC15 CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI IMPIEGATI IN UNA SETA DIPINTA TRAMITE TECNICHE CROMATOGRAFICHE Maria Perla Colombinia, Ilaria Deganoa, Giovanni Cambinib, Domenica Digiliob
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Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Universit di Pisa, Via Risorgimento, 35, 56126 Pisa, Italia perla@dcci.unipi.it, ilariad@dcci.unipi.it b Restauro e studio tessili di Lucca (c/o Museo Nazionale di Palazzo Mansi) gicambin@tin.it

Lo studio dei materiali impiegati nella produzione di un manufatto pu essere daiuto nel ricostruirne laspetto originario, nonch nello stabilire la sua provenienza e il periodo in cui stato realizzato. Inoltre pu fornire delle linee guida importanti durante la progettazione della procedura di conservazione. La composizione di campioni prelevati da oggetti darte estremamente complessa a causa della presenza simultanea di materiali di natura organica e inorganica, sia originari che provenienti da restauri successivi e dallambiente di conservazione; inoltre vi possono essere prodotti legati allinvecchiamento dei materiali suddetti. In questa sede sar trattata lidentificazione tramite tecniche cromatografiche dei materiali impiegati nella realizzazione di una seta dipinta dellinizio del XVII sec., incollata su tavola durante un restauro precedente al fine di garantirne lintegrit. In particolare, sono stati caratterizzati il legante utilizzato per fissare la seta al supporto e i coloranti organici impiegati per tingere la seta che costituisce il fondo della pittura. Lanalisi dei campioni prelevati per la determinazione del legante stata effettuata mediante una procedura GC-MS combinata, in grado di permettere il riconoscimento di lipidi, cere, proteine e materiale resinoso a partire da un solo micro-campione, anche grazie a metodi chemiometrici di trattamento dei dati. Lanalisi dei coloranti organici impiegati nella tintura dei filati stata condotta tramite HPLCUV-Vis. In particolare, lestrazione del colorante dalla seta stata effettuata tramite una procedura ottimizzata, che permette il recupero di cromofori di natura flavonoica e antrachinonica, nonch degli indigoidi e dei tannini. Il presente lavoro riporta i risultati pi significativi e le implicazioni rilevanti nel restauro di questo prezioso oggetto.

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BC16 COLORANTI ORGANICI NEGLI ARAZZI: UN APPROCCIO MULTI ANALITICO Maria Perla Colombini a, Ilaria Degano a, Jeannette Jacqueline ucejko a, Gianna Bacci b Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Universit di Pisa, via Risorgimento35, 56126 Pisa, Italia perla@dcci.unipi.it, ilariad@dcci.unipi.it, jlucejko@gmail.com b Laboratorio di restauro degli arazzi, Opificio delle Pietre Dure, Palazzo Vecchio, Firenze, Italia
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Fin dai tempi antichi, luomo ha impiegato miscele complesse di composti organici naturali per la colorazione dei tessuti; solo recentemente sono stati introdotti coloranti sintetici. Il numero di specie botaniche utilizzate impressionante: basti pensare che nella sola Europa sin dallantichit si utilizzavano, per ottenere tonalit gialle, lerba gualda, lo scotano, la ginestra, la serratola e le bacche di alcune specie di Rhamnus. Di pari passo con linstaurarsi di nuove rotte commerciali furono introdotte nuove materie prime, quali il legno giallo, importato dalle Indie Orientali, e il quercitrono proveniente dal Nord America. I coloranti rossi e blu pi importanti e usati erano la radice di robbia, la cocciniglia, il kermes, lindaco e il guado. Dallestremo oriente e dalle Americhe erano importati inoltre coloranti rossi e blu detti dyewood, estratti da cortecce di alberi del genere Caesalpinia. Da un punto di vista chimico i coloranti di origine naturale contengono cromofori appartenenti alle classi dei flavonoidi, antrachinoni e indigoidi, nonch carotenoidi, benzochinoni, antocianine e gallotannini. Lo studio dei materiali impiegati nella tintura dei tessuti e dei filati pu essere determinante per la datazione di un oggetto, per comprendere come esso appariva in origine e in molti casi per stabilire le strategie di conservazione. Lidentificazione dei coloranti in tessuti antichi tramite metodologie analitiche risulta per particolarmente ardua a causa della loro foto-sensibilit e della complessit dei loro processi di degradazione, non ancora completamente delucidati. In questa sede sar presentata lapplicazione delle tecniche micro-distruttive HPLC-UV/Vis, GC-MS e DE-MS allo stesso campione: i campioni sono stati prelevati da un arazzo del 16 secolo caratterizzato da una vasta gamma di colori (gialli, neri e alcuni rossi)che rivelano un significativo scolorimento. La procedura stata validata tramite la caratterizzazione di campioni di riferimento di lana e seta, sottoposti anche a invecchiamento accelerato; sono stati identificati marker molecolari caratteristici delle diverse specie coloranti. Saranno quindi discussi i risultati pi significativi riguardanti lidentificazione e i processi di degrado dellarazzo Giuseppe fugge dalla moglie di Putifarre, attualmente in fase di restauro presso lOpificio delle Pietre Dure.

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BC17 CLASSIFICAZIONE DI MALTE STORICHE: IL CASO STUDIO DEL CASTRUM ALTOMEDIOEVALE DI LAINO (COMO) Laura Rampazzia, Cristina Cortia, Barbara Giussania, Matteo Guzzoa, Marcello Marellia, Biagio Rizzob Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali, Universit degli Studi dellInsubria, Via Valleggio 11, 22100 Como b Dipartimento di Chimica inorganica, Metallorganica ed Analitica, Universit degli Studi di Milano, via Venezian 21, 20133 Milano e-mail: laura.rampazzi@uninsubria.it
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La caratterizzazione analitica di malte storiche pu essere di supporto alle indagini che solitamente vengono condotte in occasione della scoperta di un sito archeologico e dei successivi scavi. La presenza di ambienti spesso caratterizzati da numerose e complesse unit stratigrafiche complica la formulazione di ipotesi sulla coevit delle diverse fasi costruttive. Questioni quali la tecnologia adottata per la preparazione delle malte, la natura e la provenienza delle materie prime sono quindi di fondamentale importanza per supportare gli archeologi nel difficile compito di scrivere la storia del sito e per suggerire eventuali strategie conservative. Il presente lavoro prende in considerazione il caso studio del sito archeologico di Laino (Como). Si tratta di un castrum altomedievale (VI secolo), recentemente portato alla luce ad opera del Museo Archeologico P. Giovio di Como. Sono presenti diverse strutture murarie in pietre legate con malta, alcune delle quali sembrano, in base ad un esame visivo, diverse per manifattura e probabilmente per epoca. La determinazione dei componenti maggioritari e minoritari delle malte permette di classificare i campioni, ma ancora di pi lanalisi dei componenti in traccia risulta determinante e in alcuni casi risolutiva. Oltre quindi alle classiche tecniche di caratterizzazione chimico-mineralogica, quali la Spettroscopia Infrarossa e la Diffrazione di Raggi X, stata utilizzata, previo attacco acido dei campioni, la Spettrometria di Massa con Sorgente al Plasma accoppiato induttivamente per lanalisi degli elementi in traccia e per determinare i rapporti degli isotopi del piombo. Lelaborazione dei risultati, effettuata tramite analisi multivariata, insieme alle discussioni con gli archeologi responsabili dello scavo, hanno permesso di formulare ipotesi sulle fasi costruttive del sito.

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BC18 TECNOLOGIA DI PRODUZIONE DELLA CERAMICA IN EPOCA ROMANA Annarosa Mangonea; Lorena Carla Giannossaa, Rocco Lavianob, Luigia Sabbatinia, Angela Trainia
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Dipartimento di Chimica, Universit di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari, Italia Dipartimento Geomineralogico, Universit di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari, Italia e-mail: lorena.giannossa@gmail.com

La ceramica a pareti sottili rappresenta una diffusa classe nellarea Romana Mediterranea tra il secondo secolo AD ed il terzo AD. Tradizionalmente, i centri di produzione vengono ipotizzati sulla base della quantit ed omogeneit del materiale rinvenuto nei diversi siti archeologici o sul confronto con altri oggetti di provenienza certa. Gli indicatori di produzione sono pochi e, fino ad ora, questa classe di ceramica fine da mensa stata solo occasionalmente indagata mediante studi archeometrici. Nellarea Vesuviana un centro di produzione di questo tipo di ceramica stato supposto sulla base di osservazioni macroscopiche e peculiarit morfologiche degli impasti. Nellambito di un progetto di studio rivolto a materiali diversi - vitrei, ceramici, pittorici parietali provenienti dai siti archeologici di Ercolano e Pompei, reperti di ceramica a pareti sottili sono stati analizzati mediante Microscopia Ottica (MO) e Microscopia Elettronica a scansione con Spettrometria in Dispersione di Energia (EDS). L indagine archeometrica stata effettuata sui campioni, classificati dagli archeologi come produzione campana, con lo scopo, su basi di elementi univoci, di confermare o escludere le ipotesi di produzione Vesuviana. Le analisi morfo-mineralogiche mostrano che tutti i frammenti sono caratterizzati da un impasto di granulometria fine con un alto grado di sinterizzazione e dalla presenza di pirosseni, feldspati, rocce vulcaniche e minerali opachi- composti principalmente da Mg, Si e Fe- come materiali sgrassanti. Sulla maggior parte dei reperti presente un ingobbio applicato sui vasi dopo essiccazione ed ottenuto purificando la stessa argilla del corpo ceramico. Per quanto riguarda le zone superficiali, in alcuni campioni stata trovata unevidente continuit morfologica e composizionale tra le superfici colorate in rosso, in nero e il corpo ceramico, che ha permesso di escludere unaggiunta intenzionale di pigmenti. In altri campioni, invece, uno strato distinto stato osservato sul corpo ceramico di spessore medio 20 m. Questo strato presenta una struttura estremamente compatta, assenza di vacuoli e alto grado di sinterizzazione, quantit rilevanti di Al, Fe, K e basse di Ca rispetto al corpo ceramico, con differenti rapporti Al/Si e Al/Fe per le colorazioni in rosse e le nere rispettivamente.

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BC19 INDAGINI ARCHEOMETRICHE SUL VETRO TARDOANTICO E MEDIEVALE DA CLASSE (RAVENNA) Andrea Augentia, Cesare Fiorib, Alessandra Gengac, Maria Sicilianoc, Susanna Tontinia, Mariangela Vandinib Dipartimento di Archeologia - Alma Mater Studiorum Universit di Bologna (sede di Ravenna) via S.Vitale 28, 48100 Ravenna b Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali - Alma Mater Studiorum Universit di Bologna (sede di Ravenna), via degli Arinai, 1, 48100 Ravenna c Dipartimento di Scienza dei Materiali Universit del Salento, via per Arnesano, 73100 Lecce e-mail: maria.siciliano@unile.it
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Lindagine sulla produzione e la lavorazione del vetro a Ravenna e nel territorio circostante si inserisce in un pi ampio progetto di studio archeometrico del vetro antico, per la riuscita del quale risulta fondamentale la collaborazione tra tecnici specialisti ed archeologi. In questo contesto rivestono massima importanza gli scavi condotti presso il sito archeologico di Classe da una quipe dellUniversit di Bologna (Dipartimento di Archeologia Facolt di Conservazione dei Beni Culturali), a partire dal 2001. Oggetto di studio larea portuale dellantico centro urbano, che costituiva il porto di Ravenna e uno dei pi importanti scali commerciali della tarda antichit. La sequenza stratigrafica rilevata a Classe si estende dal V secolo fino allVIII. Nellambito di un edificio del porto sono stati trovati numerosi scarti di lavorazione del vetro, una fornace utilizzata per la produzione di oggetti in vetro o di vetrina usata per rivestire una particolare tipologia di contenitori in ceramica, qui attestata fin dal VI secolo. L'analisi archeometrica ed archeologica dei campioni, attualmente in corso, e lelaborazione dei dati ottenuti hanno come obiettivo la classificazione tipologica e la collocazione cronologica dei reperti. Il fine ultimo dellintero progetto di studio quello di confrontare i risultati relativi a: - reperti provenienti da un unico sito e con una precisa cronologia per evidenziarne similarit o differenze, isolando ove possibile oggetti di produzione locale da quelli di importazione; - reperti rinvenuti in diversi siti dell'area ravennate e/o aventi diversa cronologia per individuare eventuali innovazioni tecnologiche; - frammenti di oggetti finiti e scarti di lavorazione per osservare eventuali analogie produttive e indagare la possibilit di riuso; - produzione ravennate e produzioni dell'area Mediterranea. Nel presente lavoro vengono illustrati i risultati preliminari della ricerca relativi ad un primo gruppo di circa 50 campioni vitrei, comprendenti frammenti di oggetti e scarti di lavorazione, provenienti dagli scavi archeologici di Classe databili in un periodo che va dalla fine del VI al IX secolo.

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BC20 MAPPING ATR-FTIR NELLA CARATTERIZZAZIONE E LOCALIZZAZIONE STRATIGRAFICA DI MATERIALI ARTISTICI ED ARCHEOLOGICI Rocco Mazzeo, Silvia Prati, Edith Joseph, Elsebeth Kendix Microchemistry and Microscopy Art Diagnostic Laboratory (M2ADL) Universit di Bologna, Polo di Ravenna, Via Tombesi dall Ova 55, 48100 RAVENNA Il lavoro illustra le potenzialit offerte dalle varie tecniche di analisi utilizzabili in microscopia FTIR per la caratterizzazione chimica della composizione, stato di conservazione e fenomenologie di degrado a carico di materiali artistici ed archeologici. Vantaggi e limiti delle diverse tecniche di campionamento sono illustrati con lapplicazione a studi di caso riferiti a superfici policrome e bronzi archeologici. Particolare attenzione viene posta allutilizzo della spettroscopia micro ATR FTIR (Attenuated Total Reflection Fourier Transform Infrared spectroscopy) e ATR mapping. Questultima, se applicata su sezioni stratigrafiche di campioni, consente la contemporanea caratterizzazione chimica e localizzazione stratigrafica dei materiali costituenti o di degrado (prodotti di corrosione1, pigmenti, leganti organici, ecc) attraverso la selezione di bande caratteristiche di specifici gruppi funzionali presi come marker. Il lavoro illustra, inoltre, le possibilit offerte dallATR mapping nel monitoraggio non-distruttivo dellevoluzione di processi di corrosione in atto su barre bronzee standard esposte ad invecchiamento naturale in ambiente sia marino che urbano.

Fig.1: rappresentazione schematica dei risultati ottenibili con luso combinato di microscopia ottica e microATR mapping su sezione stratigrafica di dipinto

Vengono discussi i limiti della tecnica ATR, quali la risoluzione spaziale (in genere non superiore a 20 m) nonch gli effetti negativi sullinterpretazione degli spettri causati dalla resina di inglobamento nel caso di analisi di sezioni stratigrafiche. A tale proposito vengono presentati i primi risultati ottenuti con un nuovo sistema di preparazione del campione che utilizza KBr come materiale di inglobamento. Il microATR rappresenta unutile tecnica nondistruttiva nei confronti del campione analizzato che pu essere ulteriormente investigato con altre tecniche microscopiche sia molecolari (Raman) che elementari (SEM-EDX).
1. R. Mazzeo and E. Joseph,: ATR microspectroscopy mapping for characterization of bronze corrosion products. European Journal of Mineralogy (accettato per la pubblicazione), 2007

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BC21 ANALYTICAL METHOD FOR THE CHARACTERIZATION OF COINS WITH HIGH PERCENTAGE OF AG Lia Fama, Antonio Serraa, Daniela Mannoa, Aldo Sicilianob, Rosa Vitaleb, Giuseppe Sarcinellib Dipartimento di Scienza dei Materiali Universit del Salento, via Monteroni 73100 Lecce (Italia) b Dipartimento dei Beni Culturali, Universit del Salento, via D.Birago 6, 73100 Lecce (Itali) e-mail: lia.fama@unile.it In this work, an analytical method for the characterization of stateres with high percentage of Ag is presented. Ancient silver coins minted in/by Greek Colony of Taras, between the beginning of the V century B.C. and the first (1st) of the III century B.C, and 2 incuse coins minted in the last quarter of V century B.C in Metaponto e Caulonia are characterized by scanning electron microscopy (SEM) equipped with energy dispersive x-ray microanalysis (EDX) and by x-ray diffraction. The x-ray microanalysis data obtained from the examined coins were checked by the use of homogeneous Ag-Cu alloys standards. The measures were carried out at different voltage of incident electron beam in order to obtain information about relative Ag/Cu concentration values at different depth. Moreover, it is possible to obtain information about Ag/Cu relative concentration calculating the ratios of intensity of Ag-K/Cu-K signals and Ag-L/Cu-K for the samples. In order to know the exact depth a test piece made of a different number of silver sheets on a smooth copper layer has been constructed. The Cu signal is visible also in the zone where the thickness is 20m. Moreover a structural characterization of the samples was performed by XRD diffractometer. The reliability of our results has been checked analyzing with both the surface and section of some fragments of coins coming from Metaponto and Caulonia. The study of lapped part of the section by means microanalysis X has shown that the copper distribution is uniform both in surface and in cross-section of examined coins. This result confirms the reliability of the described protocol of surveying in the analysis of the surface of coins characterized by an high Ag content.
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BC22 METALLURGICAL AND TECHNOLOGICAL STUDY OF BRONZE OBJECTS OF ANCIENT VENETIC PEOPLE Maurizio Magrini, Emilio Ramous, Irene Calliari DIMEG, University of Padua, Italy The ancient venetic people were a pre-roman people living in the north east Italian regions. The paleovenetian civilization had its main development from the VIII century BC. During that age, the most important urban settlements were Este, Padova, Treviso, Verona and Vicenza, near by a lot of necropolis and worship places have been brought to light. The rich metalwork from these towns includes bronze artefacts (jewellery, drinking vessels, ceremonial objects like situlae, votive plates and small bronzes) as well as objects involved in the metallurgical manufacturing processes. In the present paper the archaeometric characterization of several fragments of laminae, belts and fibulae is presented. All the samples are dated to IV-VIII B.C. The laminae and belts have been produced by cold working and annealing. The fibulae have been produced with the lost-wax techniques and modelled with hammering and annealing. In this study special attention has been paid to the characterization of the joining area between the bow, pin and spring as it is very important to understand the connection technique used. All the examined fragments are alfa bronze, with 7-14% of Sn, but with different content of Pb.

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BC23 CONFRONTO DI DATI TERMOANALITICI, BIOSENSORISTICI E DI PERSISTENZA AMBIENTALE PER CARTA INVECCHIATA ARTIFICIALMENTE E PER CAMPIONI DI LEGNO DI NOCE INVECCHIATI NATURALMENTE Luigi Campanella, Cecilia Costanza, Mauro Tomassetti Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma email: luigi.campanella@uniroma1.it In precedenti lavori abbiamo descritto ed applicato un biosensore archeometrico per la determinazione dellet di campioni cellulosici (carta, legno, tessuto) [1, 2]. Lo stesso biosensore stato anche applicato allo studio dei processi di invecchiamento artificiale della carta extra-strong. In questo lavoro lo stesso processo viene studiato con: - metodi termogravimetrici, che vengono anche impiegati per datare campioni lignei basandosi sulle temperature di inizio dello step termogravimetrico [3] di degradazione termica della cellulosa, sui relativi valori dellenergia di attivazione, o sul rapporto fra la perdita ponderale dovuta alla cellulosa e quella dovuta alla lignina. - metodo fotosensoristico con lapplicazione di un test chimico di persistenza ambientale realizzato con un innovativo fotosensore [4-6] a TiO2. Sono stati ottenuti in ognuno dei casi dei trend monotoni discendenti, che potrebbero essere utilizzati a fini archeometrici. Interessante risultato anche il confronto con i trend ottenuti con il metodo enzimatico (enzima immobilizzato nella matrice testata vs tempo di invecchiamento che produce un arricchimento in gruppi COOH responsabili dellimmobilizzazione enzimatica). Bibliografia [1] Campanella L.; Antonelli A.; Favero G.; Tomassetti M.; LActualit Chimique 2001, Octobre 14 20. [2] Campanella L.; Chicco F.; Favero G.; Gatta T.; Tomassetti M.; Ann. Chim. 2005, 95, 133141. [3] Campanella L.; Favero G.; Rodante F.; Tomassetti M.; Vecchio S.; Ann. Chim., 2003, 93, 897 907. [4] Campanella, L.; Battilotti M.; Costanza, C. Ann. Chim. 2005, 95, 727-739. [5] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. Ann. Chim. 2006, 96, 575-585. [6] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. La Chimica e lindustria, 2005, 87, 84 89.

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BC24 CONFRONTO TRA METODI PER LA DETERMINAZIONE DELLANDAMENTO DEL Ph NEL TEMPO DI CARTE INVECCHIATE NATURALMENTE, SCRITTE E NON. Luigi Campanella, Cecilia Costanza, Alessandra DAguanno Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma email: luigi.campanella@uniroma1.it La determinazione del Ph di carte antiche utile per capirne lo stato di conservazione e il deterioramento; infatti alcune delle cause del degrado della cellulosa sono: lidrolisi catalizzata da acidi e basi e lossidazione [1-4]. Lo scopo di questo lavoro lapplicazione dellelettrodo di vetro per la determinazione del Ph di carte invecchiate naturalmente, scritte e non, con tre diversi metodi: 1) un metodo proposto dagli autori, confrontato con due dei metodi riportati in letteratura: 2) metodo superficiale [5]; 3) metodo di estrazione [5]; Le differenze tra i metodi sono la quantit di carta utilizzata, le operazioni preliminari (preparazione del campione, estrazione, etc.), la durata. Il metodo proposto dagli autori risulta essere il pi rapido, il pi riproducibile ed il meno distruttivo tra i tre. Bibliografia [1] Desai,R. L.; Shields J. A. Die Makromolekulare Chemie 1969, 122, 134 144 [2] Whitmore, P; Bogaard, J.; Restaurator, 1994, 15, 26 45 [3] Rehkov,M.; Vizrov,K.; Janiov, D.; Valoviov, M.; Varga . Durability of paper and Writing, 2004, 68 69. [4] Turanova, M.; Havlinova,B.; Ceppan, M. Durability of paper and Writing, 2004, 70 71. [5] Strli, M.;Kolar, J.;Koar, D.;Drnovek, T.;elih, V. S.; Susi,R.; Pihlar, B. e-PS, 2004, 1, 35 47.

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BC25 CARATTERIZZAZIONE DI MALTE E STUCCHI DEL TEATRO DI MARCELLO E DEL PORTICO DI OTTAVIA IN ROMA Luigi Campanellaa, Paola Ciancio Rossettob, Tania Gattaa, Rossella Grossia, Mauro Tomassettia
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Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma b Sovraintendenza Beni Culturali del Comune di Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it; mauro.tomassetti@uniroma1.it

A seguito di restauri e consolidamenti effettuati negli ultimi anni nel Teatro di Marcello in Roma su stucchi bianchi che decorano lambiente centrale della sottocavea, si sono resi disponibili piccoli campioni dello stucco pi liscio e pi esterno e frammenti di malta appartenenti allo strato immediatamente sottostante lo stucco. Poich loperazione di consolidamento ha interessato anche resti murali del Portico dedicato ad Ottavia, subentrato in et augustea al portico di Metello, sfruttando le stesse fondazioni di questultimo, si avuta anche la disponibilit di campioni di malta interstiziale, rispettivamente dei laterizi e del reticolato parietale, ed inoltre di un campione di stucco parietale anche di questa antica struttura. Modeste quantit di questi reperti (circa da 10 a 50 mg) sono stati sottoposti a diversi esami chimici strumentali, ai fini di una loro caratterizzazione e differenziazione dal punto di vista della composizione: analisi termogravimetrica (TG e DTG), analisi ICP delle soluzioni ottenute dopo dissoluzione in forno a microonde (Inductively Coupled Plasma Emission) ed analisi diffrattometrica a raggi X (metodo delle polveri). I risultati ottenuti hanno mostrato che, sia le malte che gli stucchi, risultano costituiti essenzialmente di carbonati di calcio e di magnesio (legante), derivante naturalmente dalla carbonatazione della malta originaria, e da inerte, con buona probabilit pozzolanico, essendo costituito essenzialmente da quarzo, pirossene, diopside, analcime. In genere sono state riscontrate quantit non molto significative di gesso. Ci che distingue nettamente i campioni di stucco dai campioni di malte, essenzialmente la percentuale nettamente superiore di legante, nei primi e di inerte nei secondi. Anche la percentuale di acqua contenuta nelle malte circa doppia, rispetto a quella presente negli stucchi. Inoltre mediante diffrattometria a raggi X tracce molto modeste di ossalato di calcio sono state ritrovate negli stucchi, ma non nelle malte esaminate.

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BC26 FOTOSENSORE PER LA MISURA DELLA PROTEZIONE DI CARTA DI VARIO TIPO ANCHE INVECCHIATA ARTIFICIALMENTE Luigi Campanella, Cecilia Costanza, Alessandra DAguanno, Rossella Grossi, Mauro Missori Dipartimento di Chimica Universit degli Studi di Roma La Sapienza Piazzale Aldo Moro 5 - 00185 Roma - Italia e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it Linvecchiamento del materiale cartaceo dovuto a variazioni della struttura della cellulosa; come conseguenza la carta pu diventare tanto fragile da rompersi. importante perci poter intervenire preliminarmente con trattamenti sulla carta mediante azioni protettive. In questo lavoro stato valutato leffetto del trattamento superficiale di leganti (a base di proteina vegetale o a base di poliuretano) e di una dispersione acquosa di un copolimero (di n-butilacrilato, acrilonitrile e stirene) con una soluzione polimerica, a fini protettivi di carte, fornite dal Gruppo Cordenons Spa, di diverso tipo: trattate con effetto metallico della serie Startdream; trattate con effetto matt della serie Plike; naturali permanenti per acquarello della serie Canaletto; naturali permanenti per documenti della serie Carta per Registro TipoB; non ed invecchiate artificialmente in veterometro. Sono stati applicati due metodi: 1) metodo biosensoristico, basato su un biosensore enzimatico a glucosio ossidasi. Viene valutato laumento del grado di carbossilazione della carta con linvecchiamento artificiale [1, 2]; 2) metodo fotosensoristico, basato su un fotosensore a biossido di titanio (forma anatasio). La capacit della carta di mantenere le proprie caratteristiche senza un deterioramento significativo per lunghi periodi di tempo viene valutata attraverso un indice di persistenza ambientale [3-5] Entrambi i metodi hanno evidenziato lefficacia del trattamento protettivo della carta adottato da Cordenons che si ringrazia per la fornitura dei campioni. Bibliografia [1]Campanella, L.; Favero, G.; Tomassetti, M. Sensor & Actuators B 1997, 559 565. [2] Campanella, L.; Antonelli, A.; Favero, G.; M. LActualit Chimique 2001, 14, 20. [3] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. La Chimica e lindustria, 2005, 87, 84 89. [4] Campanella, L.; Battilotti M.; Costanza, C. Ann. Chim. 2005, 95, 727-739. [5] Campanella, L.; Costanza, C.; Tomassetti, M. Ann. Chim. 2006, 96, 575-585.

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BC27 INDAGINI DIAGNOSTICHE SUI DIPINTI PREGHIERA DI TOBIA E SARA E L'ARCANGELO RAFFAELE SI RIVELA A TOBI E A SUO FIGLIO TABIA. Andrea Smeriglio1, Gianluca Nava2, Cesare Oliviero Rossi1, Silvestro Antonio Ruffolo3, Giuseppe Antonio Ranieri1
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Dipartimento di Chimica, Universit della Calabria, Via P. Bucci, Cubo 14D, 87036 Arcavacata di Rende (CS). 2 Laboratorio SEZIONE SOTTILE RESTAURI Snc via Beato Marino 14, 87040 Zumpano (CS). 3. Dipartimento Scienze della Terra, Via P. Bucci, Cubo 14B, 87036 Arcavacata di Rende (CS). Il presente lavoro riguarda le fasi diagnostiche di due opere policrome olio su tela datate al XVIII secolo: Preghiera di Tobia e Sara e L'Arcangelo Raffaele si rivela a Tobi e a suo figlio Tobia. Le opere, che raffigurano alcune scene delle vita di Tobia, sono collocate allinterno della cappella del SS Sacramento sita presso il Duomo di Cosenza. Le indagini sono state effettuate sia attraverso metodologie non invasive, come la riflettoscopia IR, sia attraverso metodiche invasive campionando microframmenti delle due tele al fine di caratterizzare la sequenza stratigrafica con il metodo delle Cross Section. Inoltre ciascuno strato stato oggetto di analisi al fine di caratterizzare i materiali utilizzati, per tale scopo sono state effettuate analisi morfologiche ed elementari al microscopio SEM e analisi su frammenti e Cross Section mediante spettroscopia FT-IR e Micro FT-IR per caratterizzare i materiali organici. Le informazioni ottenute hanno fornito indicazioni sulla tecnica di esecuzione dellautore e sulle procedure pi idonee nelle fasi di restauro.

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BC28 STUDIO STORICO-ARTISTICO E DIAGNOSTICO-MATERICO SU UN AFFRESCO DEL XV SEC. RINVENUTO NELLA CAPPELA DEI NOBILI DEL DUOMO DI COSENZA Amerigo Beneducia, Maria Caterina Galluccia, Sara Gigliottia,b Dipartimento di Chimica Universit della Calabria Via Pietro Bucci Cubo 17/D 87036 Arcavacata di Rende (CS) b Specializzanda nel corso di laurea in Diagnostica, Conservazione e Restauro per i Beni Culturali del Dipartimento di Scienze della Terra Universit della Calabria e-mail: saragigliotti@libero.it Nel 1973 stato scoperto un interessante affresco nella Cappella dei Nobili, la pi antica cappella del Duomo di Cosenza (XIII sec. a.c). Laffresco collocato sul muro originario della cappella, oggi nascosto dalla attuale parete abbellita da dipinti su tavola del Bellizzi e da stucchi del XIX sec.[1]. In seguito ai danni subiti dalla Cappella, a causa di un incendio avvenuto al suo interno nel 1973, il dipinto centrale del Bellizzi La Madonna della Misericordia, venne rimosso creando una ampia apertura attraverso cui oggi possibile ammirare in parte laffresco. Esso, di autore ignoto, raffigura Cristo in croce sul Monte Calvario, con San Giovanni e la Madonna ai suoi piedi. La ricostruzione delle varie fasi storiche della Cappella e lanalisi stilistico-iconografica da noi effettuate sullaffresco ci hanno fatto avanzare lipotesi che esso risalga al XV sec. e che sia di stile bizantineggiante. Le analisi chimiche e chimico-fisiche effettuate sullaffresco sono state principalmente rivolte al riconoscimento dei pigmenti, dei materiali costituenti lo strato di intonaco e degli inquinanti presenti sullo strato pittorico. Tali riconoscimenti sono stati effettuati su microcampioni prelevati dallOpera (campionamento semiconservativo) tramite microanalisi chimica al microscopio ottico (spot-test) e indagini morfologiche ed elementali attraverso microscopia elettronica a scansione (SEM) e spettrofotometria a fluorescenza di raggi X in dispersione di energia (EDS).
Tabella 1: composizione chimica dei pigmenti.
Pigmento Rosso scuro Rosso Rosa Bianco Giallo Nero Nome Pigmento Formula Chimica Ocra rossa Fe2O3 Ocra rossa + carbonato di calcio Fe2O3, CaCO3 Ocra rossa + carbonato di calcio Fe2O3, CaCO3 Bianco di calce CaCO3 Ocra gialla Fe2O3 * H2O Nero fumo C amorfo
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Fig. 1: Microfotografia al SEM di un campione di affresco prelevato dalla croce che mostra la presenza delle particelle sferiche inquinanti costituite da carbonio elementare.

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Lintonaco risultato essere costituito essenzialmente da carbonato e solfato di calcio. Nella Tabella 1 sono riassunti i risultati pi importanti ottenuti dallanalisi qualitativa. Nella Fig. 1 inoltre riportata una microfotografia al SEM che rileva la presenza di particelle carboniose di forma sferoidale sulla superficie di tutti i campioni analizzati, probabilmente dovute ad inquinamento da combustione [2]. Bibliografia
[1] [2]

C. Minicucci, Cosenza Sacra, Cosenza, Chiappetta 1933, 47. S. Lorusso, La diagnosi per il controllo del sistema manufatto-ambiente, Pitagora editrice, Bologna 2002, 260-265.

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BC29 IL PROGETTO ATENA: SISTEMI DIAGNOSTICI E PROGETTAZIONE MOLECOLARE A TUTELA DEI BENI CULTURALI Maria Pia Casalettoa, Francesco Carusoa, Francesco Michele Mingoiaa, Maria Luisa Testaa, Gabriel Maria Ingob, Tilde de Carob, Cristina Riccuccib Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati, Consiglio Nazionale delle Ricerche: a Via Ugo La Malfa 153, 90146 Palermo b Via Salaria km. 29,300 - CP 10, 00016 Monterotondo Stazione, Roma e-mail: mariapia.casaletto@ismn.cnr.it Un valido esempio del contributo che la chimica pu offrire nellambito della conservazione e valorizzazione dei Beni culturali rappresentato dal progetto ATENA 7 , basato sullapplicazione di tecniche innovative di indagine chimico-fisica e sullo sviluppo e sperimentazione di nuovi materiali e metodi per la conservazione di antichi manufatti ceramici e in lega di rame. Diversi manufatti rinvenuti in scavi archeologici dellItalia insulare e centrale (Sicilia, Sardegna e Lazio) sono stati campionati in funzione dello stato di conservazione per lo studio dei meccanismi di degrado. La caratterizzazione chimico-fisica stata condotta mediante le seguenti tecniche di superficie e di bulk: diffrazione di raggi X (XRD), spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS), microscopia a scansione elettronica con microsonda (SEM-EDS), microscopia ottica (OM), analisi termica differenziale (DTA), termogravimetria (TGA) e spettroscopia elettrochimica di impedenza (EIS). Lo studio delle patine e dei prodotti di corrosione sui manufatti di lega a base rame ha rivelato che la forma pi pericolosa di degrado costituita dal tumore del bronzo 1,2. Lo studio di tale meccanismo di degrado consente di progettare una strategia reversibile ed ecocompatibile per il restauro conservativo di manufatti metallici da scavo archeologico. Lapproccio innovativo del progetto risiede nella progettazione molecolare di nuovi inibitori della corrosione di leghe a base rame e nella definizione di un protocollo applicativo per il loro impiego nella conservazione di manufatti archeologici. I composti di sintesi vengono testati su campioni cavia prodotti a partire da leghe di sintesi, con caratteristiche chimiche e metallurgiche analoghe a quelle antiche, sottoposte ad un nuovo metodo di corrosione accelerata 3. Per quanto riguarda i manufatti ceramici, lindagine diagnostica condotta sia sulla vetrina che sul corpo ceramico dei campioni ha permesso di identificare i composti costituenti i depositi superficiali. La rimozione delle incrostazioni viene effettuata per via chimica mediante una semplice e sicura procedura che prevede lapplicazione di resine a scambio ionico in condizioni di umidit assoluta e temperatura controllata. Lefficacia di tale trattamento confermata dalle analisi microchimiche e microstrutturali dei campioni . Bibliografia [1] MacLeod, I.D. ICCM Bulletin, VII, ICCM Inc., Canberra, 1981, 16-26. [2] Scott, D.A. J. Am. Inst. Conserv. 1990, 29, 193-206 [3] Casaletto, M.P.; de Caro, T; Ingo, G.M.; Riccucci, C. Appl. Phys. A Mater. 2006, 83, 617-622.

Parzialmente finanziato dal MIUR (D. D. n. 1105/2002).

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BC30 IL RESTAURO DELLA CHIESA DELLE ANIME SANTE DI BAGHERIA (PA) M.L. Amadori, F. Mangani, M.F. Palla*, M. Sebastianelli** Facolt di Scienze e Tecnologie, Universit degli Studi di Urbino Carlo Bo *Laboratorio di Biologia Molecolare, Dipartimento Scienze Botaniche, Universit di Palermo **Crimisos Societ Cooperativa/Universit degli Studi di Urbino Carlo Bo m.letizia@uniurb.it La chiesa del Santissimo Crocifisso di Bagheria (Palermo) fu eretta nel 1710 e intitolata alle Anime Sante del Purgatorio. Nel 1718 vi fu annessa una cripta con funzione cimiteriale e nel 1720 fu consacrata ed affidata alla congregazione omonima di Bagheria, da cui dipesero da quel momento il mantenimento del culto e le modifiche della chiesa stessa. Originariamente lunga m 10,32 e larga m 5,62, la chiesa, che riport danni a seguito del terremoto del 1726, fu restaurata nel 1734 e ampliata a partire dallottobre del 1779, e fu riconsacrata; ma a causa dellincremento demografico delleponimo quartiere bagherese, si rese necessario un nuovo ampliamento, realizzato negli anni 1865-1870, che le confer le attuali dimensioni. Lasse longitudinale che attraversa la chiesa decorato da stucchi che costituiscono il rivestimento architettonico e decorativo della volta della navata e dellabside centrale, in un ricco susseguirsi di elementi vegetali, scene bibliche e cherubini che terminano al livello del cornicione che sovrasta le colonne portanti che delimitano le tre navate. Entro tali spazi sono stati realizzati affreschi da Onofrio Tomaselli, da F. Fazzone e pitture murali geometriche a carattere decorativo. La condizione di luogo privilegiato di visita e devozione ha comportato per la chiesa un accentuato degrado di natura antropica; provocando nelle parti alte alterazioni cromatiche per il deposito di nero fumo sprigionato dal largo utilizzo di ceri devozionali, usure nelle parti basse per il calpestio ed abrasioni da contatto. Il ricco apparato decorativo presentava alterazioni dal punto di vista strutturale, oltre che chimico-fisiche. Erano presenti, ad unosservazione ravvicinata, fratture e fessure superficiali e profonde che con il tempo sono andate accentuandosi, provocando distacchi sia delle porzioni pi aggettanti sia, in alcuni casi, di interi elementi decorativi vegetali realizzati direttamente sullintonaco umido, quindi privi di elementi fissi di ancoraggio. Molte delle superfici pittoriche erano interessate da depositi di efflorescenze saline e da fenomeni di polverizzazione superficiale probabilmente causate dallabbondante percolazione di acqua meteorica dal tetto. Lanalisi dei dati storici, affiancata allosservazione diretta delle superfici affrescate e stuccate, ha fornito un quadro conoscitivo utile allinterpretazione complessiva delle condizioni conservative ed alla pianificazione di una campagna di indagini scientifiche volte allo conoscenza dello stato di conservazione e della tecnica esecutiva in uso in un periodo che si pu considerare di passaggio tra il XIX e il XX secolo. Sono state quindi effettuate analisi in diffrattometria di raggi X (XRD) su polveri, per individuare la composizione mineralogica principale; analisi in cromatografia ionica (CI) per conoscere il contenuto dei sali solubili dei prodotti di degrado; misure di conduttivit per valutare i sali solubili totali; osservazioni al microscopio ottico su sezioni stratigrafiche e su sezioni sottili trasversali per identificare composizione di stucchi e intonaci; osservazioni al microscopio elettronico a scansione (SEM) per individuare i microrganismi; analisi molecolare mediante tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction) per identificare le specie batteriche.

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I risultati analitici hanno permesso di individuare i fenomeni di degrado in atto e adottare adeguate metodologie di intervento. Sono emersi inoltre dati utili alla conoscenza delle differenti tipologie di stucchi riconducibili a tecniche esecutive diverse legate alle varie fasi di costruzione ed ampliamento della chiesa. I dipinti murali sono stati eseguiti sia a calce su intonaco asciutto, sia ad affresco, sia a secco con limpiego di legante organico. I pigmenti utilizzati sono quelli che normalmente si riscontrano in questo periodo nella pittura murale, a base di nero di carbone, ocra rossa e gialla, oltremare artificiale e terre verdi.

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SESSIONE POSTER QP: QUALIT DELLARIA E PARTICOLATO ATMOSFERICO

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QP01 ANALISI DELLA COMPONENTE CARBONIOSA NEL PM10 E NEL PM2.5 NELLAREA URBANA DI BOLOGNA Daniela Baldaccib, Valentina Benedettia, Silvia Parmeggianib, Milena Stracquadanioa, Laura Tosittib, Sergio Zappolia a) Dipartimento di Chimica Fisica e Inorganica, Facolt di Chimica Industriale, Universit di Bologna,viale Risorgimento 4, 40136 Bologna b )Dipartimento di Chimica G. Ciamician, Universit di Bologna, via Selmi 2, 40128, Bologna La componente carboniosa pu essere considerata uno dei maggiori costituenti del particolato atmosferico fine (PM2.5) in area urbana (ten Brink et al., 2004) con contributi del 20-40% della massa totale del particolato (Rogge et al., 1993). La componente carboniosa costituita da due frazioni principali: la frazione di carbonio organico (OC), una complessa miscela di migliaia di composti organici di origine primaria o secondaria, e la frazione di carbonio elementare (EC), di origine primaria, a struttura chimica esagonale simile a quella della grafite, emessa prevalentemente durante i processi di combustione. Una frazione trascurabile della componente carboniosa ed in particolar modo nei diametri pi fini rappresentata invece dai carbonati (CC). Le frazioni di EC e OC sono generalmente definite in modo operativo dai protocolli di misura. Fino ad oggi non stato identificato un metodo standard, ma esistono diverse metodiche analitiche per la determinazione del carbonio totale (TC) e la sua speciazione in elementare e organico nel particolato. Le diverse metodiche sfruttano le differenti propriet ottiche, termiche o chimiche del carbonio particolato. Nel presente lavoro, stato determinato il TC nei filtri di particolato PM2.5 e PM10 raccolti nellautunno 2006 in un sito nel centro storico di Bologna in una zona non direttamente soggetta a traffico veicolare. Lanalisi stata effettuata su una porzione di filtro di 28.26 mm2 attraverso la completa ossidazione per mezzo di una combustione flash a 900C e successiva analisi gascromatografica con detector a conducibilit termica utilizzando un analizzatore elementare CHN Flash Eager 1000-ThermoQuest. Dai dati ottenuti risultato che il carbonio rappresenta in media circa il 20% della massa del particolato per il PM10 e circa un 30 % sul PM2.5. Dallanalisi dei dati risultato inoltre che, in media, circa 80% del TC risulta associato alla frazione di particolato con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 m. Dal confronto con i dati ottenuti su campioni di filtri di PM2.5 raccolti a luglio del 2006 risulta che la percentuale in massa di carbonio in questa stagione (in media il 20% sul totale) pi bassa di quella registrata in autunno. Bibliografia ten Brink, H.; Maenhaut, W.; Hitzenberger, R.; Gnauk, T.; Splinder, G.; Even, A.; Chi, X.; Bauer, H.; Puxbaum, H.; Putaud, J.P.; Tursic, J.; Berner, A. T. Atm. Environ. 2004, 38, 65076519 Rogge, W.F.; Mazurek, M.A.; Hildemann, L.M.; Cass, G.R.;Simoneit, B.R.T. Atm. Environ 1993, 27A, 1309-1330

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QP02 DETERMINAZIONE DEGLI IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI NELLAREA URBANA DI BOLOGNA: CONFERME E ANOMALIE Daniela Baldaccib, Andrea Musettib, Silvia Parmeggianib, Milena Stracquadanioa, Laura Tosittib, Sergio Zappolia a)Dipartimento di Chimica Fisica e Inorganica, Universit di Bologna, viale Risorgimento 4, 40136 Bologna e-mail: milena.stracquadanio@unibo.it b)Dipartimento di Chimica G. Ciamician, Universit di Bologna, via Selmi 2, 40128, Bologna Nellambito del progetto SITECOS (Studio Integrato sul TErritorio nazionale per la caratterizzazione ed il COntrollo di inquinanti atmoSferici) sono stati analizzati gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) associati al PM2.5 raccolto nella citt di Bologna. Gli IPA sono composti organici semivolatili che si trovano in atmosfera sia in fase gas che associati al particolato atmosferico. In questo studio sono stati determinati gli IPA a medio - alto peso molecolare, preferenzialmente associati al particolato atmosferico, ed in particolare Benzo(a)Antracene (BAA), Crisene (CHR), Benzo(b)Fluorantene (BBF), Benzo(k)Fluorantene (BKF), Benzo(a)Pirene (BAP), Dibenzo(ah)Antracene (DBA), Benzo(ghi)Perilene (BGP). La procedura analitica utilizzata prevedeva lestrazione in Soxhlet con acetone (3/4 cicli/h per 8 ore) di di filtro in fibra di quarzo (47 mm), la purificazione dellestratto su silice e lanalisi in HPLC con detector a fluorescenza. Da luglio 2005 a luglio 2006 sono state effettuate quattro campagne di raccolta del particolato atmosferico, suddivise in campagna estiva 2005, campagna autunnale 2005, campagna invernale 2006, campagna estiva 2006. stato quindi possibile identificare un andamento stagionale nei livelli di concentrazione degli IPA, confermando quanto gi precedentemente riscontrato nel sito in esame (Stracquadanio et al. 2007) e riportato in bibliografia per altri siti urbani. Si rilevano, infatti, le minori concentrazioni, anche prossime al limite di rilevabilit, nel periodo estivo, probabilmente per effetto della maggiore altezza dello strato di rimescolamento e per una maggiore attivit fotochimica di degradazione di questi composti. Le concentrazioni in aria aumentano a partire dal periodo autunnale, fino a registrare i pi alti valori di concentrazione nel periodo invernale (anche di due ordini di grandezza superiori a quelli estivi). Ad esempio, la concentrazione media del BAP, IPA di riferimento della normativa italiana, calcolata sullintero periodo che ha interessato il progetto SITECOS di 0.43 ng.m-3, con un minimo nel periodo estivo di 0.020 ng.m-3 e un massimo di 0.72 ng.m-3 per il periodo invernale. stata in genere riscontrata una buona correlazione fra concentrazione del PM2.5 in aria e le concentrazioni di IPA. Tale correlazione non per rispettata in giornate caratterizzate da eventi meteorologici particolari. Tali anomalie mettono in luce linfluenza marcata di taluni parametri meteorologici sulla permanenza o dispersione degli IPA nei bassi strati della troposfera. Bibliografia Stracquadanio, M.; Apollo, G.; Trombini, C. WASP 2007, 179, 227-237.

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QP03 CICLO GIORNO NOTTE DI COMPOSTI CARBONILICI NELLAREA URBANA DI BOLOGNA Annamaria Benedettib, Ermanno Erranib, Barbara Fabbria, Isacco Gualandia, Vanes Poluzzib, Isabella Ricciarellib, Milena Stracquadanioa, Sergio Zappolia
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Dipartimento di Chimica Fisica e Inorganica,Universit di Bologna,viale Risorgimento 4, 40136 Bologna b ARPA Sezione Provinciale di Bologna, via Trachini 17, 40138 Bologna e-mail: sergio.zappoli@unibo.it.

I composti carbonilici rivestono una grande importanza nella determinazione della qualit dellaria in area urbana, sia per la valutazione del rischio per la salute umana, viste le propriet tossiche e carcinogeniche di alcuni composti, sia per il loro importante ruolo nella chimica atmosferica e nella formazione dello smog fotochimico. I composti carbonilici, infatti, sono intermedi stabili delle reazioni fotochimiche di ossidazione di composti organici e partecipano alle reazioni di formazione di ozono, perossiacetilnitrato (PAN) e particolato di origine secondaria. I composti carbonilici possono essere di origine antropica o naturale, emessi direttamente in atmosfera o di origine secondaria (Hellen, 2004). Visto il ruolo decisivo di numerose aldeidi nei processi fotochimici, risulta importante studiare levoluzione di questi composti in funzione dellinsolazione e, quindi, di impostare campagne di misure che prevedano, almeno, la suddivisione giorno-notte. In questa direzione abbiamo iniziato uno studio in ambito urbano volto al campionamento di aria ad intervalli regolari per tutta la giornata. Per il campionamento e lanalisi stata adottata la procedura standard operativa (SOP MLD 022-2001), che prevede il campionamento attivo su specifiche cartucce a ad un flusso di 1 Lmin-1 I primi risultati ottenuti evidenziano che la metodica analitica consente determinazioni affidabili delle aldeidi principali in tutti i campionamenti effettuati e indicano, inoltre, la possibilit di aumentare la risoluzione temporale del prelievo (fino a unora per le aldeidi pi concentrate). Nella comunicazione verranno presentati i risultati preliminari delle campagna primaverile in corso di completamento. Dalle prime analisi effettuate si evidenzia, per tutte le aldeidi, un marcato ciclo giornaliero con massimi localizzati nelle ore centrali del giorno e valori minimi nelle ore notturne. I composti che presentano le maggiori sono risultati essere: acetone, formaldeide, acetaldeide, 2,5-dimetilbenzaldeide. Bibliografia Hellen, H., Hakola, H., Reissell, A., Ruuskanen, T. M. Atmos. Chem. Phys. Discuss., 2004, 4, 29913011. California Environmental Protection Agency, Northern laboratory Branch Monitoring and Laboratory Division Standard Operating Procedure for the Determination of Carbonyl Compounds in Air, 2001 (http://www.arb.ca.gov/aaqm/sop/sop_22.pdf)

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QP04 COCAINA IN ARIA AMBIENTE, EFFETTO INATTESO DELLABUSO DI DROGHE Angelo Cecinato, Catia Balducci, Graziano Nervegna, Massimiliano Possanzini, Giorgio Tagliacozzo Istituto Inquinamento Atmosferico CNR, Via Salaria km 29,3 CP 10, 00016 Monterotondo Stazione RM e-mail: cecinato@iia.cnr.it Lo studio della composizione della frazione organica delle polveri sospese ha inaspettatamente rivelato la presenza di tracce di cocaina in aria, talvolta accompagnata da altre droghe (es. cannabinolo). In seguito alla messa a punto di una procedura analitica dedicata, sono state osservate concentrazioni di droga in aria dellordine decine di picogrammi per metro cubo a Roma, in siti e periodi dellanno diversi. Misure estese ad altre regioni (la provincia di Taranto in Italia; larea metropolitana di Algeri in un Paese in via di sviluppo) sembrano indicare che la diffusione del consumo di droghe (relazionata alle quantit sequestrate dalle Forze di Polizia e ai numeri di ricoveri per cure disintossicanti) renda ragione dei differenti livelli di concentrazione registrati nelle tre aree, sia in termini assoluti, sia in relazione ad altri inquinanti quali il benzo(a)pirene. Infatti, confrontando i dati raccolti per Roma e Taranto, si osserva che il contenuto di benzo(a)pirene in aria simile nelle due citt (frazioni di ng m-3), mentre la cocaina assai pi presente nella capitale ( 30 pg m-3 contro 5 pg m-3 a Taranto). Questi dati sono coerenti con i corrispondenti dati clinico-epidemiologici. Inoltre, nellaria di Algeri la cocaina risulta del tutto assente, quantunque in generale i livelli dinquinamento atmosferico siano superiori a quelli delle due citt italiane. Al contrario, la cocaina risulta presente e quantificabile anche in aree suburbane romane, quali Malagrotta e Montelibretti. Significative differenze si osservano allinterno delle due aree italiane investigate. A Romacitt le concentrazioni pi alte sono state registrate nel quartiere universitario e in un parco verde, le pi basse in zone residenziali e a livello stradale. Nelle due zone suburbane (Malagrotta, sede di piccole e medie industrie, di un inceneritore e di una discarica; Montelibretti, area rurale attraversata da una strada e unautostrada e sperimentante uno sviluppo residenziale diffuso) i livelli di concentrazione di cocaina appaiono simili a quelli pi bassi registrati a Roma citt. A Taranto, due zone abitate nel centro citt e nel suburbio sembrano parimenti affette da cocaina, mentre in un sito rurale essa risulta assente.

Bibliografia Cecinato, A.; Balducci, C., Journal of Separation Science 2007 (in press).

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QP05 CARATTERIZZAZIONE DEL CONTENUTO DI METALLI PESANTI NEL PARTICOLATO ATMOSFERICO A LECCE Daniela Cesari a, Daniele Contini a, Antonio Donateo a, Salvatore Francioso b, Franco Belosi c
a

Istituto di Scienze dellAtmosfera e del Clima, CNR, S.P. Lecce-Monteroni km 1.2, Lecce b Servizio Ambiente, Provincia di Lecce, Via Umberto I, Lecce c Istituto di Scienze dellAtmosfera e del Clima, CNR, Via P.Gobetti, 101, Bologna e-mail: d.cesari@isac.cnr.it

Si presenta una caratterizzazione del particolato atmosferico nel territorio della provincia di Lecce. I rilevamenti di PM10 e PM2.5 sono stati fatti con un Laboratorio Mobile utilizzando il metodo gravimetrico su filtri di fibra di quarzo o di esteri misti di cellulosa. I campionamenti sono stati fatti per larco di 24 ore alla portata di 2.3 m3/h in accordo alle indicazioni del D.M. 60/2002 utilizzando dei filtri bianchi sul campo per la correzione di errori sistematici e la valutazione dellincertezza di misura. Maggiori dettagli possono trovarsi in Belosi et al (2006). I rilevamenti riguardano tre tipologie di sito di misura: urbano, sito di fondo urbano e sito di fondo urbano influenzato da unarea industriale. I risultati indicano una significativa variabilit delle concentrazioni medie nelle tre tipologie di sito e questo evidenzia la presenza di contributi locali al particolato atmosferico. Sono inoltre presenti contributi di trasporto a lungo raggio (fenomeni di Saharan Dust) che influenzano circa il 17% dei rilevamenti. Le intrusioni di polveri Africane aumentano in media del 19% le concentrazioni di PM10 e del 2.5% quelle di PM2.5 nei siti di fondo urbano mentre il loro effetto minore nei siti urbani. Sono inoltre stati evidenziati casi di trasporto a medio raggio di inquinanti emessi dai grandi centri industriali della Puglia siti a Brindisi e Taranto. Il rapporto medio R=PM2.5/PM10 fra le concentrazioni giornaliere R=0.71 (+/- 0.15), indicando la variabilit a livello di una deviazione standard. Tale rapporto compatibile con altre misure riportate in letteratura dove si riportano valori medi di R compresi fra 0.63 e 0.75 (Marcazzan et al 2002, Marcazzan et al 2004). I metalli analizzati, mediante spettroscopia di assorbimento atomico (AAS) o spettroscopia ad emissione ottica al plasma accoppiata induttivamente (ICP-OES), sono i seguenti: Cadmio (Cd), Vanadio (V), Ferro (Fe), Rame (Cu), Nichel (Ni), Manganese (Mn), Zinco (Zn), Arsenico (As), Piombo (Pb) e Cromo (Cr). Questi metalli costituiscono in media fra lo 0.4% ed il 1.1% della massa del PM10 nei diversi siti di misura e fra lo 0.3% ed il 0.9% della massa del PM2.5. Le analisi chimiche condotte sui filtri hanno evidenziato le difficolt di rilevare le concentrazioni di alcuni metalli (in particolare V, As, Ni, Cd e Cr sono talvolta al di sotto del limite di rilevabilit) con campionamenti a basso volume. Il calcolo del fattore di arricchimento crostale dei diversi metalli ha mostrato che Pb, Zn e Cd sono generalmente arricchiti e che il metallo presente prevalentemente nella frazione fine (PM2.5). Il Mn di origine crostale ed distribuito sia sulla frazione fine che su quella grossolana. Il Cu risulta generalmente arricchito ma presente in maniera significativa sia nella frazione fine sia in quella grossolana ed in alcuni siti probabile un contributo sia crostale che antropico. Il Ni ed il Cr risultano arricchiti e correlati fra loro in vicinanza di una zona industriale con un inceneritore (che risulta una probabile origine di questi metalli) e sia le concentrazioni che la correlazione diminuisce allontanandosi dalla zona industriale. In molti siti di misura stata osservata una correlazione fra Fe e Mn che ne evidenzia una probabile origine crostale comune.

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Bibliografia Belosi F., Contini D., Donateo A., Prodi F. Il Nuovo Cimento C 2006, 29, 4, 473-486. Marcazzan , G.M.; Valli, G.; Vecchi, R. The Science of the Total Environm. 2002, 298, 6579. Marcazzan, G.M.; Ceriani, M.; .; Valli, G.; Vecchi, R. X-Ray Spectrom. 2004, 33, 267-272.

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QP06 SIMULAZIONE DI RUN-OFF SU MATERIALI ESPOSTI ALLAPERTO Elena Bernardia, Cristina Chiavarib, Carla Martinib, Daria Prandstrallerb, Luciano Morsellia
b

Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali Dipartimento di Scienze dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche Universit di Bologna- Via Risorgimento 4, 40136 e-mail: luciano.morselli@unibo.it

Il presente contributo sinserisce allinterno di un progetto multidisciplinare teso a studiare levoluzione ed i meccanismi del degrado indotto dalle deposizioni atmosferiche sui materiali esposti allaperto. Le prove dinvecchiamento accelerato condotte fino ad ora nellambito del progetto sono state effettuate mediante la tecnica delle immersioni alternate, che simula una condizione di stagnazione del materiale nei confronti delle deposizioni umide [1,2]. Al fine di simulare sia condizioni di run-off, che cicli di deposizione secca ed umida, stata sviluppata unopportuna apparecchiatura, denominata dropping system. Tale apparecchiatura permette di far cadere, goccia a goccia, una soluzione su di un provino del materiale scelto, consentendo di variare i seguenti parametri: flusso di gocciolamento, altezza di caduta delle gocce, inclinazione del provino. La soluzione lisciviante pu essere raccolta in maniera frazionata per successive analisi ed il provino monitorato nel corso della prova. In questo lavoro sono riportate le prove di validazione del dropping system per linvecchiamento dei metalli e del metodo di campionamento messo a punto per seguire agevolmente landamento della corrosione durante le prove. Per i test di validazione sono stati utilizzati provini di bronzo G85-5-5-5 e, come soluzione lisciviante, una pioggia sintetica con composizione tipica delle piogge pi acide (pH<4.5) che cadono a Bologna nei mesi invernali. La pioggia sintetica gocciolata sui provini stata campionata ogni ora ed i metalli (Cu, Sn, Pb, Zn) discioltisi in essa sono stati determinati mediante GF-AAS. Microsezioni di superficie corrosa sono state prelevate, secondo uno schema temporalmente e spazialmente predefinito, ed analizzate, parallelamente ai provini, tramite VP-SEM con microsonda EDS. I test effettuati sono risultati riproducibili ed i dati quantitativi, ottenuti dalle analisi sui provini e sulle soluzioni, sono risultati consistenti. I campioni prelevati, inoltre, risultano rappresentativi della corrosione del provino al momento del prelievo ed il campionamento non altera il proseguimento del test. Le prove condotte hanno dunque permesso di mettere a punto un sistema per riprodurre il rain dropping su materiali esposti allaperto e, nel caso di superfici metalliche, un metodo per seguirne la corrosione nel tempo. Bibliografia [1] Morselli,L.; Bernardi,E.; Chiavari,C.; Brunoro, G. App. Phys. A-Mater 2004, 79, 363-367 [2] Morselli, L.; Bernardi, E.; Chiavari, C.; Martini, C.; Prandstraller, D. Atti del XXII Congresso Nazionale SCI 2006, p 56

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QP07 CARBONILI VOLATILI NELLARIA DI ROMA: CONFRONTO TRA AMBIENTI INTERNI ED ESTERNI Massimiliano Possanzini, Catia Balducci, Graziano Nervegna, Angelo Cecinato, Giorgio Tagliacozzo Istituto Inquinamento Atmosferico CNR, Via Salaria km 29,3 CP 10, 00016 Monterotondo Stazione RM e-mail: @iia.cnr.it I carbonili volatili (aldeidi e chetoni C1~C7) costituiscono probabilmente il pi importante gruppo dinquinanti organici atmosferici tossici. Infatti, non solo sono state riconosciute propriet cancerogene e irritanti alla formaldeide, allacetaldeide e allacroleina, ma anche i carbonili sono stati identificati tra intermedi dei processi comunemente classificati come smog fotochimico. A differenza di altri inquinanti, i carbonili sono spesso pi abbondanti in ambienti interni che allesterno; conseguentemente, lesposizione della popolazione alle aldeidi e chetoni sembra assai pi rilevante di quanto usualmente sospettato. A dispetto di ci, le misure di aldeidi e chetoni atmosferici sono molto meno numerose di quelle di altri inquinanti meno tossici (idrocarburi volatili, IPA, diossine), anche perch non esiste una normativa adeguata, n a livello nazionale n comunitario. Le misure ambientali vengono comunemente eseguite mediante il metodo della DNPH, che consiste nel campionamento su cartuccia impregnata, seguito dallestrazione del derivati dei carbonili e analisi chimica per HPLC e rivelazione UV. Tuttavia, questa procedura consente solo la misura corretta dei congeneri C1~C3, mentre per i carbonili con 4 o pi atomi di carbonio la presenza di numerosi isomeri e di specie insature, associata al limitato potere separativo delle colonne cromatografiche, ne impedisce lidentificazione certa. A questa limitazione si pu solo parzialmente ovviare attraverso luso di un rivelatore a fotodiodi operante a pi lunghezze donda (registrando uno spettro dassorbimento luminoso), mentre per lidentificazione certa e la discriminazione di specie coeluite necessario ricorrere alla spettrometria di massa. Uno studio preliminare dei carbonili volatili presenti in aria urbana (Roma) allesterno e allinterno di un appartamento stato condotto nellautunno 2006. Allo scopo, i prelievi di aria erano eseguiti contemporaneamente per confrontare sia le distribuzioni percentuali delle varie specie, sia i livelli di concentrazione. I risultati indicano che le specie pi abbondanti, sia indoor che outdoor, sono formaldeide, acetaldeide e acetone, le cui concentrazioni sono fino a cinque volte superiori allinterno rispetto allesterno. Luso della spettrometria di massa ha consentito di riconoscere e quantificare 29 carbonili, con concentrazioni comprese tra 0.1 e 50 g m-3.

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QP08 SVILUPPO DI UNA RETE NEURALE DI TIPO FEED FORWARD BACK PROPAGATION PER LA PREVISIONE DI PM10: CONFRONTO CON UN MODELLO DI REGRESSIONE MULTIVARIATA M. Caselli, G. de Gennaro, P. Ielpo, L. Trizio Dipartimento di Chimica, Universit degli studi di Bari via E. Orabona 70126 Bari caselli@chimica.uniba.it Laria che respiriamo pu essere contaminata da sostanze inquinanti provenienti da industrie, veicoli, e molte altre fonti. questi inquinanti rappresentano un grosso problema per gli effetti dannosi che possono avere nei confronti della salute o dellambiente in cui viviamo.[1-6] uno degli inquinanti a maggiore impatto rappresentato dal pm10, ovvero materiale particolato (pm) con un diametro aerodinamico medio inferiore a 10 micron. Pu essere importante quindi costruire modelli matematici che permettano di compiere previsioni sulla concentrazione di inquinanti per informare la popolazione dell'inquinamento presente in zone specifiche oppure per prendere misure precauzionali immediate come, ad esempio, il blocco del traffico. Lobiettivo del presente lavoro la realizzazione di un Sistema di Supporto alle Decisioni a reti neurali, che, correlando i dati di qualit dell'aria con le informazioni metereologiche, sia in grado di prevedere gli episodi critici di inquinamento atmosferico al fine di indirizzare l'Amministrazione sugli interventi pi opportuni da intraprendere sul territorio urbano. Con le reti neurali si cerca di sviluppare modelli che abbiano le caratteristiche fondamentali e le capacit elaborative proprie del cervello umano. In tale lavoro saranno confrontati due differenti modelli, uno basato sulla regressione lineare ed uno a reti neurali di tipo back propagation feed-forward. [7-8] L'apprendimento della rete feed forward, ovvero il processo attraverso cui i parametri liberi vengono modificati in funzione dei continui stimoli ricevuti dall'ambiente nel quale il sistema si trova, di tipo supervisionato, su un gruppo di coppie di esempi (patterns), ciascuna formata da un ingresso e dalla corrispondente uscita desiderata. Come input per la fase di addestramento si sono utilizzati i dati di PM10 della stazione di monitoraggio di San Nicola del giorno precedente alla previsione con un intervallo di 12 ore e i dati metereologici; come output un neurone che rappresenta il valore medio giornaliero di PM10. La rete stata ottimizzata mediante un metodo Simplex[9] con i parametri quali la learning rate,lincremento massimo dei pesi, il numero di epoche e il numero di neuroni, lasciando fisse le funzioni di learning (learnrp) e di training (traingdm) che fornivano un errore medio minore. La previsione stata effettuata utilizzando i dati di previsione metereologici disponibili in rete (www.wunderground.it). Iterativamente stata effettuata la previsione di PM10 a 2 e 3 giorni, utilizzando come dati di input la concentrazione di PM10 predetta precedentemente e le previsioni dei parametri metereologici a 2 e 3 giorni. Al fine di valutare le potenzialit delle reti neurali, stato effettuato un confronto con un modello di regressione lineare multivariata per quanto riguarda la previsione a uno e a due giorni. Come dati di input al modello si considerata la concentrazione di PM10 in funzione della velocit del vento, temperatura e pressione. I valori biorari di velocit del vento sono stati suddivisi in 5 ranges (0-4, 4-8, 8-12, 12-16, >16) e per ogni giorno stato considerato il numero di volte in cui il valore di velocit cadeva in ogni range. 143

Sono state valutate le performance dei due modelli in termine di RRMSE. Bibliografia 1] Dockery, D. Pope III, C. Spengler, J. Ware , J. Fay, M. Ferris, M. Speizer F. , An association between air pollution and mortality in six U.S. cities., The New England Journal of Medicine 1993, 329, 1753-9. [2] J.F. Gamble, PM2.5 and Mortality in Long-term Prospective Cohort Studies: Cause-Effect or Statistical Associations? , Environ. Health Perspect., 1998, 106, 535. [3] G. Oberdorster, Pulmonary effects of inhaled ultrafine particles, Arch. Occup. Emviron. Health, 2001, 74, 1. [4] Dockery, D. Speizer, F. Stram, D. Ware, J. Spenmgler, J. Ferris B. , Effects of inhalable particles on respiratory health of children., Am. Rev. Respir. Dis. , 1989, 139, 587-594. [5] International Agency for Research on Cancer (IARC), Overall evaluation of carcinogenicity: an updating of IARC Monographs, Suppl. 7, IARC, Lyon, 1987. [6] James C Slaughtera, Eugene Kima, Lianne Shepparda, Association between particulate matter and emergency room visits, hospital admissions and mortality in Spokane, Washington, Journal of Exposure Analysis and Environmental Epidemiology, 2005, 15, 153 159 [7] Hecht-Nielsen R., Theory of the backpropagation neural network, Proc. Of the Int. Joint Conf. On Neural Networks, 1989, 1, pp. 543-611, IEEE Press, New York [8] Hertz J., Krogh A., Palmer R.G., Introduction to the theory of neural computation, 1991, CA, Addison Wesley [9] Nelder J.A, Mead R., Simplex method for function minimization, Comput. J., 1965, 7, 308.

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QP09 VALUTAZIONE DELLADSORBENTE XAD-2 PER IL CAMPIONAMENTO E LARRICCHIMENTO DINQUINANTI ORGANICI PERSISTENTI (POPs) IN ATMOSFERA Mario V. Russoa, Giuseppe Cinellia, Ivan Notardonatoa e Pasquale Avinob Facolt di Agraria (DISTAAM), Universit del Molise, via De Sanctis, Campobasso. E-mail: mario.russo@unimol.it b Laboratorio Inquinamento Chimico dellAria, DIPIA-ISPESL, via Urbana 167, Roma Linquinamento atmosferico in questi anni ha assunto proporzioni significative ed ha creato un notevole allarme sociale: agli inquinanti naturali si sono aggiunti gli inquinanti antropici il cui accumulo viene accentuato dalle condizioni meteorologiche. Tra le diverse classi di sostanze organiche presenti in atmosfera alcune meritano particolare attenzione per essere persistenti, bioaccumulabili e tossiche: gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), il benzene, toluene e gli xileni (BTX), gli acidi organici, le aldeidi, i PCBs, i PCDDs, i PCDFs, le sostanze organiche volatili, i pesticidi clorurati e fosforati, ecc.. Da oltre 20 anni i polimeri porosi sono utilizzati in chimica analitica anche se solo da qualche anno vengono impiegati in modo pi intenso e per diverse problematiche tanto da soppiantare quasi del tutto i carboni attivi ed altri materiali adsorbenti. Essi sono relativamente inerti, idrofobici e di norma hanno anche sviluppo superficiale molto elevata. Molti polimeri porosi trattengono poco i composti volatili, ma possono essere usati vantaggiosamente qualora si dovesse campionare un soluto presente nellatmosfera con un alto contenuto di acqua o vapori. Gli adsorbenti pi usati per il campionamento di sostanze organiche trovano spesso impiego nelle colonne di separazione gas-cromatografica o liquido-solido. Alcuni polimeri porosi utilizzati per questi scopi sono il Tenax, Porapak, Chromosorb, le resine PUF e XAD. In questo studio si riportano i risultati di una ricerca condotta su un adsorbente sintetico apolare, lamberlite (XAD-2), impiegato per concentrare alcune classi dinquinanti organici presenti in tracce nellatmosfera. I risultati ottenuti permettono di affermare che la XAD-2 pu essere impiegata convenientemente per campionare sostanze organiche presenti in tracce nellatmosfera con notevoli vantaggi rispetto agli adsorbenti tradizionali come i carboni. Uno dei vantaggi cruciali lelevato volume campionato di aria con un elevato fattore di concentrazione e con una limitata perdita di analiti. Un altro vantaggio la facilit e la velocit di riestrazione degli analiti con piccoli volumi di solvente (qualche mL) con recuperi percentuali compresi tra 77 e 109 e con una deviazione standard <10. Bibliografia Harper, M. Ann. Occup. Hyg. 1993, 37, 65-88. Peters, R.; Bakkeren, H. Analyst 1994, 119, 71-74.
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QP10 VARIAZIONI TEMPORALI DAL 2002 AL 2005 DI METALLI PESANTI NEL PM10 PRELEVATO NEL SALENTO Alessandro Buccolieria, Giovanni Buccolieria, Nicola Cardellicchiob, Angelo DellAttic
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Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, via per Monteroni, 73100 Lecce. E-mail: alessandro.buccolieri@unile.it b C.N.R.-I.A.M.C. - Sede di Taranto, via Roma n. 3, 74100 - Taranto c Osservatorio di Monitoraggio dellInquinamento dellAtmosfera e dello Spazio Circumterrestre, via S. Giuseppe 30, 73012, Campi Salentina (LE)

Lo sviluppo industriale ha s prodotto beni e servizi volti a migliorare il tenore di vita dei cittadini, ma per numerosissimi anni ha ignorato i problemi legati allimpatto ambientale e alla salute delluomo, minando fortemente la qualit della vita che pure aveva cercato di favorire e promuovere. Negli ultimi decenni il problema dellinquinamento atmosferico diventato sempre pi pressante anche in considerazione di una crescente presa di coscienza del rischio che tale fenomeno implica. Conseguentemente i decreti nazionali e comunitari sono stati continuamente aggiornati con provvedimenti via via pi restrittivi al fine di migliorare la qualit dellaria, anche con strategie di intervento quali rinnovo del parco veicolare con veicoli catalizzati, uso di combustibili a basso impatto ambientale, realizzazione e/o integrazione di efficienti sistemi di trasporto pubblico; occorrerebbero per cambiamenti culturali ben pi ardui da realizzare. Per valutare la qualit dellaria lindice pi studiato senza dubbio il PM10. Oltre a valutare la sua concentrazione fondamentale determinarne la composizione chimica e quantificare la concentrazione delle specie tossiche presenti allo scopo di individuare le sorgenti naturali e/o antropiche. In virt delle suddette considerazioni, nel presente lavoro si riportano le variazioni temporali dal 2002 al 2005 della concentrazione del PM10 e di dieci microinquinanti metallici (cadmio, cromo, rame, ferro, manganese, nichel, piombo, titanio, vanadio e zinco) contenuti in esso. La concentrazione di PM10 stata determinata mediante tecnica gravimetrica e la concentrazione dei microinquinanti metallici mediante spettroscopia di emissione atomica con plasma accoppiato induttivamente, previa solubilizzazione dei filtri mediante mineralizzazione acida in un sistema a microonde. Per ogni periodo di campionamento sono state registrate le condizioni meteorologiche e le immagini MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) al fine di evidenziare le possibili correlazioni fra la variazione della concentrazione del PM10 e/o dei metalli investigati con le condizioni meteorologiche e gli eventi di trasporto di sabbie sahariane, fenomeni frequenti nel Salento. I dati sperimentali sono stati elaborati mediante tecniche statistiche multivariate ed stato calcolato il fattore di arricchimento per verificare lesistenza di correlazioni fra i metalli, per determinare le probabili sorgenti di materiale particolato atmosferico e per discriminare i campioni in relazione alle diverse condizioni meteorologiche, al sito e al periodo di campionamento.

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QP11 LINVENTARIO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA PER LA REGIONE PUGLIA: LE EMISSIONI DA RISCALDAMENTO RESIDENZIALE E TERZIARIO L. de Gennaroa, P. Brunob, M. Casellib, G. de Gennarob, E. Andrianib, M. Brattolia, M.A. De Leonibusb, A.E. Parenzab
a b

Lenviros srl spin off dellUniversit degli Studi di Bari, via E. Orabona,4 70126 Bari Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via E. Orabona,4 70126 Bari e-mail: lucreziadegennaro@lenviros.it

Un inventario delle emissioni in atmosfera una serie organizzata di dati relativi alla quantit di inquinanti in atmosfera. Linventario si differenzia dal semplice catasto derivante dalle dichiarazioni delle aziende ai sensi del DPR 203/88 (spesso incomplete o poco attendibili) in quanto non solo una semplice raccolta e schedatura di dati ma costituito da una serie organizzata di dati relativi alla quantit di inquinanti introdotti in atmosfera da sorgenti naturali e/o attivit antropiche tale da permettere di conoscere con precisione limpatto ambientale delle emissioni e le loro ripercussioni sulla qualit dellaria. Linventario, infatti, in grado di: - fornire un supporto, insieme ai modelli di dispersione, per la valutazione e la gestione della qualit dellaria ambiente affiancando le misure di qualit dellaria effettuate dalle reti di monitoraggio; - permettere la stesura di mappe delle emissioni per la pianificazione territoriale, sia per quanto riguarda lidentificazione delle aree a rischio, sia per programmare la distribuzione di nuove sorgenti; - fornire i dati di input ai modelli matematici di dispersione per calcolare le concentrazioni al suolo di inquinanti in atmosfera; - rendere possibile lelaborazione di scenari di intervento al fine di ridurre lincidenza di uno o pi inquinanti in unarea soggetta a studio; - realizzare una banca dati a cui attingere nel caso di obblighi di legge a cui assolvere: stesura Piani Urbani di Traffico, Valutazione dellImpatto Ambientale, Piani di Risanamento, ecc.; - consentire la valutazione, attraverso il supporto di modelli matematici ad hoc, del rapporto costi/benefici sia delle politiche di controllo che di intervento. Al fine di redigere linventario per la Regione Puglia si sta seguendo la metodologia CORINAIR (COoRdination INformation AIR, un progetto nato dalla Comunit Europea al fine di raccogliere ed organizzare informazioni sulle emissioni in atmosfera in base alla codifica SNAP che classifica tutte le attivit antropiche e naturali che possono dare origini a emissioni in atmosfera ripartendole in undici macrosettori) secondo quanto dettato dalle linee guida APAT. La metodologia prevede due tipologie di approccio: il bottom up che consiste nellanalisi delle singole sorgenti con lacquisizione di informazioni dettagliate ed il top down che prevede la ripartizione su scala locale delle emissioni note su vasta scala avvalendosi di variabili surrogato (proxy). Dal momento che entrambi gli approcci presentano degli svantaggi (molto dispendioso il bottom up e troppo approssimato il top down per il livello locale), per il lavoro in questione si sta utilizzando lapproccio misto. In particolare si deciso di applicare lapproccio bottom up essenzialmente al comparto industriale. In questo contributo sono presentati i risultati preliminari dellattivit di stima, validazione, georeferenziazione e visualizzazione delle informazioni raccolte per il Macrosettore 2

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(emissioni da riscaldamento residenziale e terziario) per il quale stata sviluppata unapposita metodologia di stima delle emissioni. Bibliografia Regione Lombardia - Direzione Generale Qualit dell'Ambiente - ARPA Lombardia, 2003, Database INEMAR (INventario EMissioni ARia) Regione Puglia, 2006, Piano Energetico Ambientale Regionale P.E.A.R. ISTAT 2001, 14 Censimento della popolazione e delle abitazioni ISTAT 2001, 8 Censimento dellindustria e dei servizi

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QP12 CONTROLLO DELLESPOSIZIONE ALLA FORMALDEIDE IN RELAZIONE ALLA NUOVA CLASSIFICAZIONE IARC Cecchetti Gaetanoa, Marta Iacobuccia, Marcelo Enrique Contib Centro per le Valutazioni Ambientali delle Attivit Industriali - Facolt di Scienze e Tecnologie - Universit degli Studi di Urbino Carlo Bo - Campus Scientifico Sogesta Localit Crocicchia - 61029 Urbino (Pu) b Dipartimento di Controllo e Gestione delle Merci e del loro Impatto sull'Ambiente Universit La Sapienza, Via del Castro Laurenziano, 9- 00161 Roma e-mail: g.cecchetti@uniurb.it Le norme europee definiscono procedure riguardanti il controllo e luso di sostanze classificate come cancerogene per gli esseri umani. Tali procedure prevedono in prima istanza la sostituzione delle sostanze cancerogene; ove ci non sia tecnicamente possibile, definiscono misure atte al contenimento e la controllo delle concentrazioni ambientali di tali sostanze. La formaldeide trova vari utilizzi: come disinfettante, come conservante e come additivo necessario per attivare i processi di polimerizzazione in alcuni importanti cicli industriali. Recentemente lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha rubricato la formaldeide tra le sostanze ad effetto cancerogeno su specifici organi. Tale classificazione ha determinato la necessit per molti settori industriali di rivederne i criteri duso. Lo scopo del presente lavoro la ricerca delle migliori tecnologie e delle migliori prassi applicabili ai processi industriali per la riduzione della presenza di formaldeide aerodispersa nellambiente di lavoro. In particolare, riportato il caso studio di una industria italiana per la produzione di velo filato, dove vengono utilizzate come materie prime urea-formaldeide e melamminaformaldeide.
a

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QP13 CARATTERIZZAZIONE DELLA COMPONENTE ORGANICA DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO DI AREE AD ELEVATO INTERESSE STORICO E CULTURALE Vito Librando, Giuseppe Tringali, Giancarlo Perrini, Zelica Minniti, Silvio DAmico Universit di Catania, Dipartimento di Scienze Chimiche, Viale Doria, 6 95127 Catania: e-mail: vlibrando@unict.it Il particolato atmosferico interagisce con le superfici lapidee dei beni culturali provocandone lannerimento e creando un ambiente favorevole per successivi processi di degrado. A tal fine stata eseguita una campagna di monitoraggio autunnale del particolato totale sospeso, TSP, nelle citt di Augusta e Noto, di particolare interesse storico e culturale, caratterizzate da condizioni ambientali e topografiche molto differenti. I valori di TSC sono stati definiti per via gravimetrica, dopo raccolta del particolato su filtri di quarzo, quantificando per ogni singolo campione la frazione di carbonio totale, carbonio organico e carbonio elementare tramite analisi termo-ottica. La caratterizzazione della componente organica stata eseguita utilizzando la tecnica HPLC-MS di dieci IPA ad elevato peso molecolare.
200 180
TC

160 140 120 100 80 60 40 20 0 1A 2A 3A 4A 5A 1N 2N 3N

OC EC

4N

5N

Quantit in g/cm2 di TC, OC e EC individuate sui campioni di particolato di Augusta e Noto.

stata riscontrata una composizione qualitativa e quantitativa diversa tra i campioni prelevati nelle due citt, con una prevalenza degli IPA a pi alto peso molecolare nel particolato raccolto presso Noto, sebbene la quantit misurata di TSP sia inferiore in relazione alla minore intensit del traffico veicolare.

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QP14 CARATTERIZZAZIONE DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO SEGREGATO DIMENSIONALMENTE NELLA CITTA DI CATANIA Vito Librandoa , Giuseppe Tringalia, Giancarlo Perrinia, Zelica Minnitia, Silvio DAmicoa, Maria Cristina Facchinib, Lorenza Emblicob
(a) Universit

di Catania, Dipartimento di Scienze Chimiche, Viale Doria, 6 95127 Catania (b) ISAC-CNR. Via Gobetti 101 I-40129 Bologna. e-mail: vlibrando@unict.it

La caratterizzazione chimica dellaerosol in funzione delle dimensioni fondamentale nello studio dei processi chimico fisici del particolato atmosferico dal momento che le dimensioni delle particelle ne influenzano notevolmente la potenzialit e limpatto sullambiente naturale. L'oggetto di questo articolo riguarda la caratterizzazione delle frazioni di particolato atmosferico segregate dimensionalmente, raccolte tramite impattore multistadio di Berner. stata adottata una tecnica di campionamento a doppio substrato allumino-tedlar in modo da eseguire una completa analisi delle principali componenti organiche e inorganiche. Il confronto tra i dati analitici e la massa determinata per via gravimetrica indica che questo tipo di approccio, che prevede lutilizzo di due supporti, ha portato a risultati molto positivi e promettenti che rappresentano un notevole passo avanti rispetto alle conoscenze ottenute fino ad ora sulla composizione chimica dellaerosol atmosferico in funzione della sua distribuzione dimensionale.
14% 25%
3%

a
nssSO4 WINCM WSOM NO3 NH4

8% 5%

b
nssSO4 WINCM WSOM

45% 18%

NO3 NH4 Sea salt nssCa

1% 1% 8% 4% 17% 30%

Sea salt nssCa Unacc

0% 17%

Unacc

4%

Suddivisione nelle principali componenti per la frazione fine (a) e per la frazione grossolana (b)

stato tentato il bilancio di massa per le varie frazioni raccolte, raggiungendo risultati pi precisi nel caso delle frazioni pi fini. Il confronto tra i dati analitici e la massa determinata per via gravimetrica indica che questo tipo di approccio, che prevede lutilizzo dei due supporti nellimpattore di Berner, ha portato a risultati molto positivi e promettenti che rappresentano un notevole passo avanti rispetto alle conoscenze ottenute fino ad ora sulla composizione chimica dellaerosol atmosferico in funzione della sua distribuzione dimensionale.

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QP15 CARATTERIZZAZIONE DELLA COMPONENTE INORGANICA ED ORGANICA DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO FRAZIONATO NELLA CITTA DI CATANIA V. Librandoa, G. Perrinia, S. DAmicoa, Z. Minnitia, E. Forestib, I.G. Lescib, S. Petraroiab e N. Roverib Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Catania , Viale Andrea Doria 6, 95125, Catania, Italia b Dipartimento di Chimica Giacomo Ciamician, via F. Selmi 2, 40126, Bologna, Italia e-mail: vlibrando@unict.it Gli aerosol sono costituiti da un insieme di particelle solide o liquide in sospensione nellatmosfera. Le prime costituiscono il particolato e mostrano un diametro variabile tra 0.1 e 30m. Tra le varie sorgenti naturali (continentali, vulcaniche, di combustione, oceaniche, extraterrestri), quelle che arricchiscono maggiormente la componente inorganica del particolato, sono quelle continentali e vulcaniche. Infatti le sorgenti continentali originano gran parte della componente inorganica del particolato atmosferico (dust), per lo pi caratterizzata da rocce metamorfiche, sedimentarie ed ignee. Il 51% del dust costituita da feldspati, il 14% da silicati di Ca, Fe, Mg tra cui i pirosseni e gli anfiboli, il 11% da argille, l8% da ossidi, solfati, carbonati e fosfati, il restante 16 % da altri tipi di silicati tra cui talco, mica e serpentini. Nelle localit site in prossimit del mare non si pu per trascurare la componente marina che arricchisce laerosol di tutti quei sali maggiormente presenti nellacqua di mare. Il presente lavoro riguarda il particolato urbano aerodisperso proveniente dalla citt di Catania ed stato campionato con un impattore ad alto volume a sei stadi. stato riscontrato che la componente inorganica del particolato atmosferico campionato presenta una composizione mineralogica varia, quasi sempre costante in tutti gli stadi nella tipologia delle fasi, ma non nella quantit. Dall analisi cromatografia dei sali solubili stata ricavata la distribuzione, nelle diverse frazioni, degli anioni e dei cationi: la maggior parte di essi si concentra nei primi tre stadi cio tra 10 m e 1,5 m. Le elevate quantit di nitrati e di solfati riscontrati con la cromatografia ionica, sono indice della formazione in atmosfera di acidi minerali di origine antropogenica caratteristici delle aree urbane fortemente inquinate. Al fine di fare un confronto tra la componente inorganica e la componente organica del particolato atmosferico, negli stessi campioni stata anche determinata la distribuzione di 11 IPA, potenti agenti cancerogeni molto pericolosi per la salute umana. Lanalisi stata condotta estraendo la frazione organica da ciascun filtro con CH2Cl2 e analizzando quindi lestratto mediante un HPLC-FD. Le maggiori quantit di IPA sono state trovate nelle frazioni pi fini, comportamento comunemente riscontrato con questo tipo di inquinanti organici che tendono ad associarsi alle particelle pi piccole (diametro aerodinamico inferiore a 1 m). Il nostro studio ha cos evidenziato che le particelle con il maggior potenziale cancerogeno non sono tutte quelle che costituiscono il PM10 ma quelle ultrafini, cio il PM1. Bibliografia 1)A. Cecinato et al.; Journal of Chromatography A, 1999, 846, 255-264 2)Y. Kawanaka et al.; Atmospheric Environment, 2004, 38, 2125-2132 3)N. Yassaa et al.; Atmospheric Environment, 2001, 35, 1843-1851 152
a

QP16 CAMPIONAMENTO E COMPOSIZIONE CHIMICA DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO (PM10, PM2.5 E PM1) PER LAREA URBANA MILANESE E PER IL SITO REMOTO ALPINO DI ALPE S. COLOMBANO (M. 2260, SO). Claudia Lo Porto, M.G. Perrone, G. Sangiorgi, L. Ferrero, S. Petraccone, Z. Lazzati, E. Bolzacchini Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit Milano-Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20126 Milano. loporto.claudia@gmail.com Dal 2005 presso il sito di background urbano di Torre Sarca (Milano) e presso il sito remoto alpino di Alpe S. Colombano (m.2260, Sondrio) condotto un campionamento gravimetrico giornaliero di PM10, PM2.5 e PM1. I campioni raccolti sono in parte conservati in frigorifero (T=4C) per la costruzione di una banca campioni disponibile per studi tossicologi e chimico-fisici del particolato che richiedono lunghe serie storiche di campioni; in parte sono gi stati analizzati per una caratterizzazione chimica completa del particolato urbano e remoto: principalmente frazione ionica inorganica, EC/OC, IPA e composizione elementare. In particolare si evidenzia una concentrazione ed una composizione chimica del particolato diversa nelle diverse stagioni legata, nel sito urbano, sia alle sorgenti primarie sia ai processi di formazione secondaria. Presso il sito remoto alpino le differenze stagionali sono legate principalmente alle condizioni meteorologiche: durante i mesi invernali il sito alpino di alta quota si trova al di sopra del mixing layer e quindi isolato dalle masse daria di pianura. Durante il periodo primaverileestivo il sito risente del trasporto di masse daria inquinate e ci comporta concentrazioni maggiori di particolato atmosferico ed una composizione chimica simile a quella delle aree urbane da cui hanno origine (fig.1). Cambia anche la qualit tossicologica del particolato, che durante i mesi invernali, presso il sito urbano milanese, risulta essere, ad esempio, arricchito in contenuto in Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), oltre 6 volte che in primavera-estate, mentre presso il sito alpino, durante i mesi estivi si continua a notare linfluenza delle aree urbane.
concentrazione [g/m3]
90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

Luglio 2005 Settembre- Ottobre 2005 Febbraio 2006 Giugno-Luglio 2006

MILANO

S. COLOMBANO

Figura 1: andamento stagionale del PM2.5 presso il sito di background urbano di Milano e il sito remoto alpino di Alpe S. Colombano

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QP17 MAPPATURA DEI DATI STORICI DI PM10 E OZONO IN LOMBARDIA S. Petraccone1, M. Cameletti2, A. Fass2, L. Ferrero1, M.G. Perrone1, C. Lo Porto1, G. Sangiorgi1, Z. Lazzati1, E. Bolzacchini1 1-Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit Milano-Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20126 Milano; 2 - Universit di Bergamo - via Marconi 5, 24044 Dalmine (BG) Negli anni il monitoraggio degli inquinanti presenti in atmosfera (PM10, Ozono, Ossidi dAzoto, Ossidi di Zolfo, Benzene, etc.) cambiato nel tempo cercando di ricoprire lintero territorio regionale con lintento di zonizzare la Regione Lombardia. Il motivo da attribuirsi a ricerche che hanno constatato la mancanza di conoscenza territoriale al di fuori delle zone densamente popolate (capoluoghi di provincia). Attualmente LARPA Lombardia disposizione di 148 centraline di monitoraggio sparse in tutta la Regione Lombardia. Nonostante ci i tentativi di mappare la regione con una cartografia degli inquinanti risulta lacunosa in particolare. La raccolta dei dati storici permette di evidenziare, tramite la creazione di mappe di concentrazione, come la situazione degli inquinanti si sia evoluta dal 2000 al 2006 soprattutto per quanto riguarda il PM10 e lozono. La creazione delle mappe si basa un modello geostatistico gerarchico [1, 2] che considera congiuntamente a) le concentrazioni osservate dalla rete di monitoraggio, b) alcune significative variabili esogene definite su una griglia regolare, c) errori di misura riferiti allincertezza delle misure ed errori di modello caratterizzati da una distribuzione di probabilit in grado di cogliere la struttura di correlazione spazio-temporale dei dati osservati. Estendendo la metodologia statistica , inoltre, possibile costruire delle mappe di incertezza relative ai valori interpolati: questo approccio permette di considerare tutte le fonti di variabilit che caratterizzano il fenomeno dellinquinamento atmosferico.

[1] Fass A., Cameletti M. (2007) A general spatio-temporal model for environmental data, WorkingPaper GRASPA n.27, www.graspa.org. [2] Fass A., Cameletti M., Nicolis O. (2007) Air qualit monitorino using heterogeneous networks, Environmetrics, 18, 3.

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QP18 PROFILI VERTICALI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI NELLATMOSFERA URBANA DI MILANO G. Sangiorgia, L. Ferreroa, M.G. Perronea, B. Ferrinia, Z. Lazzatia, C. Lo Portoa, S. Petracconea, A. Balzarinia, E. Bolzacchinia, B. Larsenb, M. Duaneb Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit di Milano - Bicocca, piazza della Scienza 1 20126 Milano, Italia; b Institute for Environment and Sustainability, EU Joint Research Centre Ispra, 21020 Ispra, Varese, Italia e-mail: giorgia.sangiorgi@unimib.it I composti organici volatili (Volatile Organic Compounds, VOC) hanno importanza nella chimica dellatmosfera per i loro effetti su ambiente, ecosistemi e uomo. Il lavoro si concentrato sullo studio dei VOC precursori dellozono troposferico indicati nella Direttiva 2002/3/CE. Lobiettivo descrivere il profilo verticale della concentrazione di questi VOC in funzione delle condizioni di stabilit/instabilit atmosferica e della reattivit chimica nellaria urbana di Milano. I gas sono stati campionati utilizzando una pompa a membrana dacciaio e sacchi in Tedlar (Supelco) (durata campionamento: 5 min). Per raccogliere i campioni in quota si montata la strumentazione su un pallone aerostatico frenato manovrato da verricello. Al campionamento dei VOC si accoppiata in parallelo la misura del particolato atmosferico mediante contatore ottico di particelle (1.108 Dustcheck, GRIMM; una misura ogni 6 secondi). Ogni profilo verticale stato composto da due campioni: uno preso al suolo e uno in quota (tra 50 e 300 m). Al fine di evitare la degradazione degli analiti, i campioni dei VOC sono stati conservati al buio e analizzati entro 24 ore. Lanalisi stata eseguita mediante GC-FID con doppia colonna (PLOT alumina column e WCOT) e doppio rivelatore FID (Latella e al., 2005). I risultati ottenuti (in Fig. 1 il profilo del 14/04/2006 allalba) per il periodo marzo-giugno 2006 indicano una chiara Profilo vericale del numero di particelle (dae 0,3-0,8 m) e della correlazione tra i profili verticali concentrazione dei VOC (14-apr-2006, alba) 300 dei VOC e del PM, entrambe PM (salita) PM (discesa) 17001 ppt influenzate dalle condizioni di 250 [VOC] stabilit/instabilit atmosferica. 200 Con atmosfera stabile si osserva un forte gradiente di 150 concentrazione dei VOC - 61% 100 (riduzione con la quota di circa 61%). Al contrario, in condizioni 50 di forte instabilit, che favorisce 61117 ppt 0 i moti convettivi e quindi il rimescolamento dellaria nel mixing layer, si osserva una [VOC] (ppt) Particelle (N/L) concentrazione costante dei VOC con la quota (riduzione della concentrazione tra suolo e quota di circa 2%) Inoltre, il gradiente verticale della concentrazione dei singoli VOC sembra legato anche alle differenti caratteristiche di reattivit chimica: ad es., le specie pi reattive con il radicale OH (etano,
Quota (m)
0.0E+00 1.0E+04 2.0E+04 3.0E+04 4.0E+04 5.0E+04 6.0E+04 7.0E+04 8.0E+04 9.0E+04 1.0E+05 1.1E+05 1.2E+05 1.3E+05 1.4E+05 1.5E+05 1.6E+05 1.7E+05 1.8E+05

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propano, n-butano) diminuiscono la loro concentrazione pi velocemente con laltezza rispetto alla media dei VOC. Bibliografia Latella, A.; Stani, G.; Cobelli, L.; Duane, M.; Junninen, H.; Astorga, C.; Larsen, B.R. J. Chromatogr. A 2005, 1071, 29-39.

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QP19 CARATTERIZZAZIONE CHIMICO-FISICA DI PARTICOLATO ATMOSFERICO IN UN SITO DI FONDO URBANO Daniela Cesaria, Daniele Continia, Antonella De Marcob, Alessandra Gengab, Maria Sicilianob, Tiziana Sicilianob
b

ISAC-CNR Unit di Lecce, Str. Prv. Lecce-Monteroni km 1.2, 73100 Lecce Dipartimento di Scienza dei Materiali-Universit del Salento, via per Arnesano, 73100 Lecce e.mail: d.contini@isac.cnr.it

Nel luglio 2006 stata effettuata presso il Comune di Secl, in provincia di Lecce, sito caratterizzabile come fondo urbano, una campagna di monitoraggio ambientale per la determinazione dei metalli pesanti presenti nel particolato atmosferico (PTS, PM10 e PM2.5). Lobiettivo del lavoro di ricerca stato quello di individuare le correlazioni esistenti tra il contenuto dei metalli pesanti e i parametri atmosferici per avanzare ipotesi relative alle possibili sorgenti di emissione. Le frazioni del materiale particolato, campionate utilizzando una pompa Aquaria CF20 (per il PTS), una campionatore Zambelli Explorer per il PM2.5 ed un campionatore sequenziale Thermo-Andersen (F95SEQ) per il PM10. Il particolato stato raccolto su filtri in fibra di quarzo aventi un diametro pari a 47 mm ed i filtri sono stati sottoposti allanalisi gravimetrica e alla caratterizzazione chimica. Sono stati determinati As, Fe, Cu, Hg, Al, Cd, Cr, Ni, V, Pb e Sb mediante Spettrometria di Emissione Atomica in Plasma Induttivamente Accoppiato a (ICP-AES) e Spettrometria di Assorbimento Atomico con Fornetto di Grafite (GF-AAS) con correzione del fondo ad effetto Zeeman. Per lo studio dei parametri atmosferici sono stati presi in considerazione i dati meteorologici relativi ai radiosondaggi di Brindisi alle quote di circa 500 m e 2000m ed i rilevamenti a bassa quota (circa 10 m dal suolo) della stazione meteorologica installata sul laboratorio mobile posto nel sito di campionamento. I risultati delle analisi indicano un livello medio di PTS, PM10 e PM2.5 pari rispettivamente a 34.2 + 7,5 g/m3, 27.8 + 5,0 g/m3 e 20.3 + 5,2 g/m3. Ci evidenzia la conformit dei livelli rilevati nei filtri campionati con i valori obiettivo indicati dalla Legislazione vigente, dalla Direttiva Europea 2004/107/CE e dalla WHO Regional Publications 2002. Inoltre la presenza di alcuni picchi relativi ad una serie di metalli, tra cui Pb, Ni, Cd, Zn, generalmente associati a fenomeni di natura antropica, quali emissioni di traffico veicolare, impianti industriali e di incenerimento, suggerisce lipotesi che il sito scelto per il campionamento, pur essendo di fondo urbano, risenta in determinate condizioni dellinflusso di polveri dovute al trasporto da media e lunga distanza. Tale situazione confermata anche dallo studio dei fattori di arricchimento crostale.

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QP20 VALUTAZIONE DELLINQUINAMENTO OLFATTIVO MEDIANTE OLFATTOMETRIA DINAMICA: INDAGINE PRELIMINARE G. de Gennarob, P. Brunob, M. Casellib, M. Brattolia, L. de Gennaroa, M.A. De Leonibusb, A.E. Parenzab
a b

Lenviros srl spin off dellUniversit degli Studi di Bari, via E. Orabona,4 70126 Bari Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via E. Orabona,4 70126 Bari e-mail: giangi@chimica.uniba.it

Lodore una caratteristica ambientale che influenza profondamente la vivibilit dei luoghi ed il benessere psico-fisico delluomo. Sebbene le molestie olfattive non siano in genere pregiudizievoli per la salute perch legate ad una insofferenza sensoriale piuttosto che ad un pericolo immediato, si configurano come un fattore di stress psicofisico per i soggetti esposti. Esse diventano spesso un elemento di conflitto sia nel caso di impianti esistenti sia nella scelta del sito di localizzazione di nuovi impianti produttivi e depurativi. Le varie attivit che possono determinare emissioni di sostanze odorigene sono riconducibili a differenti categorie, quali impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, allevamenti zootecnici e attivit industriali di vario tipo. Pur essendo quello dei cattivi odori un problema trasversale, attualmente la normativa italiana non contiene norme specifiche in materia di emissione di odori, n limiti di emissione o standard di qualit dellaria. La regolamentazione delle emissioni odorigene prevista solo a livello europeo attraverso la EN 13725, nella quale sono descritte le procedure standard per il campionamento di arie osmogene, per la determinazione della concentrazione di odore espresse in unit odorimetriche (UO/m3, unit di misura introdotta per esprimere i livelli di odore, in relazione alla soglia olfattiva di percezione), per la selezione del panel (standardizzazione del sensore) e per la calibrazione strumentale del dispositivo di diluizione, costituito dallolfattometro. Il Dipartimento di Chimica dellUniversit di Bari ha attrezzato un laboratorio olfattometrico conforme alla EN 13725 nellambito di un progetto esplorativo finanziato dalla Regione Puglia e di un progetto finanziato dalla Provincia di Bari. Lobiettivo comune ad entrambi i progetti la valutazione di tecnologie di abbattimento di composti odorigeni prodotti da impianti a rischio osmogeno. Lolfattometria dinamica una tecnica sensoriale basata sullimpiego della sensibilit olfattiva di un panel di valutatori, attraverso cui possibile ottenere dei risultati significativi, in quanto direttamente correlati alleffetto generato dallodore. Nellambito del lavoro progettuale stata condotta la selezione del panel in conformit con la Normativa Europea al fine di garantire loggettivazione delle misure olfattometriche. Tale selezione ha rappresentato la fase successiva allallestimento del laboratorio olfattometrico ed stata fatta in base alla valutazione della risposta olfattiva (in termini di soglia di percezione) dei rinoanalisti verso un odorante di riferimento, il gas nbutanolo. Il dispositivo, infatti, permette di presentare ai valutatori lodore di riferimento diluito con aria neutra (in un definito rapporto di diluizione) oppure un bianco costituito dalla sola aria di riferimento, che serve come controllo. Le persone esaminate, alle quali stato presentato il codice di comportamento previsto dalla Normativa, sono state chiamate ad annusare il gas uscente dalla porta di annusamento ad indicare la percezione dellodore (metodo si/no). I risultati ottenibili con tale metodologia permetteranno di individuare le fasi critiche di un processo e quindi di intervenire direttamente su di esso attraverso il miglioramento dei sistemi di abbattimento. Inoltre,

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lanalisi delle emissioni odorigene potr essere di supporto per interventi di regolamentazione legislativa, necessari in questo campo, sia per fissare limiti di emissioni, sia nellottica di una programmazione sostenibile delle aree industriali. Bibliografia EN 13725, 2003 Air Quality Determination of Odour Concentration by Dynamic Olfactometry. Bruno, P; Caselli, M; de Gennaro, G; Solito, M; Tutino, M; Waste Management 2006, 27, 539544. Centola, P; Sironi, S; Capelli, L; Del Rosso, R; Ed. AIDIC servizi Srl, Milano 2004. Sironi, S; Il Grande, M; Del Rosso, R; Cntola, P; Carrera, A; Ricicla 2002, Atti dei seminari 2002.

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QP21 METODOLOGIE DI CARATTERIZZAZIONE DI RESIDUI POLIMERICI NEL PARTICOLATO ATMOSFERICO E. Bolzacchinia, L. Ferreroa, B. Ferrinia, Z. Lazzatia, M. Orlandia, C. Lo Portoa, G. Perronea, G. Sangiorgia, S. Petracconea, L. Zoiaa
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Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit di Milano Bicocca, Piazza della Scienza 1, 20026, Milano, Italia e-mail: zelda.lazzati@unimib.it

La frazione organica di particolato atmosferico a composizione non nota (Capiello et al., 2003) risulta essere costituita, in relazione ai dati sin ora prodotti, da una percentuale inferiore allo 0.02% (De Leeuw, 2002) di microinquinanti di origine secondaria. Il restante apporto proviene dalle unit monomeriche, oligomeriche e polimeriche derivate da residui lignei originariamente dispersi in atmosfera. Queste molecole assumono importanza rilevante nellambito dei processi di nucleazione e coagulazione, quindi destino ed invecchiamento, nello studio della speciazione della matrice particolato (Rogge et al., 1993). La problematica prevede la messa a punto di un protocollo generale di trattamento campione e successiva indagine dello stesso mediante molteplici tecniche analitiche quali GC-MS; ZEISEL; GPC; LC-UV-MS; 1H, 13C, 31P NMR, allo scopo di potenziare le informazioni ottenute. Gli studi preliminari sin qui condotti hanno confermato la presenza di monomeri provenienti da polimeri sia ligninici che cellulosici. In particolare, le analisi mediante GC-MS hanno rilevato presenza di vanillina, acido veratrico; acido vanillico; acido siringico; acido sinapico tra i markers della lignina e di vari residui derivati dal glucosio. Dalle analisi mediante ESILC-MS si riscontra presenza oltre che di alcuni monomeri (fra tutti lalcool sinapilico) anche di unit intermonomeriche quali il guaiacil fenyl propano (G; m/z 196) ed il siringil fenyl propano (S; m/z 226), indice della presenza di residui biogenici lignei nella matrice (Crestini et al., 2006). Lo stesso campione processato mediante protocollo Zeisel, ha condotto alla quantificazione della sola componente derivante dalla lignina costituente il particolato. Infine le analisi 1H NMR indicano la presenza della frazione aromatica e dei costituenti contenenti gruppi idrossilici come predominante rispetto alla frazione alifatica nota. Bibliografia Cappiello, A.; De Simoni, E.; Fiorucci, C.; Mangani, F.; Palma, P.; Facchini, M.C.; Fuzzi, S. Env. Science and Tech. 2003, 37, 1229-1240. Rogge, W.F.; Mazurek, M.A.; Hildemann L.M.; Cass, G.R.; Simonet, B.R.T. Atmosp. Env. 1993, 27A, 1309-1330. Crestini, C.; Orlandi, M.; Tolppa, E-L; Zoia, L.; Saladino R. Vienna 31-agosto-1 settembre 2006, COST E41, Joint Analysis Effort on wood and fiber characterisation. Characterisation of lignin by different spectroscopic and aromatic techniques. De Leeuw, F. A. A. M. ; Env. Science and Policy 2002, 5, 135-145.

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QP22 RAPID MICROWAVE HEATING OF FLY ASH AND BOROSILICATE GLASS MIXTURES Isabella Lancellotti a Michael La Robina b, Luisa Barbieri a, Anna Corradi a , Cristina Leonellia
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Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dellAmbiente,Universit di Modena e Reggio Emilia, Via Vignolese 905, 41100 Modena b Institute of Materials and Engineering Science, ANSTO, New Illawarra Road, Lucas Heights NSW,2234, Australia e-mail: lancellotti.isabella@unimore.it

Fly ash from municipal solid waste (MSW) incinerators has a fine grain size, including the breathable fraction, and is characterised by a high concentration of thermally mobile species (heavy metal) and chlorine compounds. The volatile metals (Pb, Cd...) form chlorides which are volatilised in the combustion chamber. They condense when the gases are cooled down to around 200C and hence are mixed into the fly ash. Furthermore, since carbon content of the MSW cannot totally be converted into CO2 a minor amount of product of incomplete combustion such as CO and soot particles are found in the gases. In this context, a suitable treatment to immobilize these toxic and/or volatile substances is necessary. Vitrification is one of the most efficient techniques for incorporating heavy metals into the amorphous structure of glass. At the same time, toxic organic compounds decompose when melted above 1300C. Rapid heating techniques, such as plasma or induction heating are very promising since the melting time is short enough to decrease volatilization of elements such as chlorides. Depending upon the fly ash starting composition and content of the borosilicate glass, the coupling of the sample with the electromagnetic field can be more or less intense leading to different heating rate (Fig. 1). EDS analyses before and after short heating cycles proved that chlorides is only partly volatilised and they are found on the crucible wall. SEM observation (Fig. 2) showed homogeneous glassy material.

Figure 1: Temperature and time cycles of different fly ash

Figure 2: SEM image of a polished surface showing homogeneous glass

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QP23 IMPORTANZA DELLO STRATO DI RIMESCOLAMENTO NELLA RELAZIONE TRA I VALORI DI AOD RICAVATI DA IMMAGINI SATELLITARI E LA CONCENTRAZIONE DEGLI AEROSOL AL SUOLO PER LA CITT DI MILANO B. Ferrinia, L. Ferreroa, M.G. Perronea, G. Sangiorgi a, Z. Lazzatia, C. Lo Portoa, S. Petracconea, E. Bolzacchinia, A. Ricciob Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit di Milano - Bicocca, piazza della Scienza 1, 20126 Milano, Italia; b Dipartimento di Scienze Applicate, Universit Parthenope, Via de Gasperi 5, 80133 Napoli, Italia e-mail: barbara.ferrini@gmail.com, luca.ferrero@unimib.it Negli ultimi anni lalta concentrazione di aerosol, soprattutto nelle grandi citt, ha portato alla necessit, a livello scientifico e politico, di elaborare informazioni spazio-temporali complete relative ai parametri di inquinamento atmosferico (Sarigiannis, 2004). Da qui lesigenza di utilizzare nuovi strumenti, quale il satellite, nello studio delle problematiche collegate al particolato atmosferico. La Lombardia, ed in particolare la citt di Milano, caratterizzata da alti livelli di PM10 e di PM2.5. Nellanno 2006 le concentrazioni di PM10 hanno superato il limite di 50 g/m3 in 144 giorni con un valore medio di 54 g/m3 (ARPAL). Si osservato il medesimo comportamento per il PM2.5, con un valore medio di 43 g/m3. Tali valori sono causati da un basso strato di rimescolamento e da condizioni di stabilit che, specialmente durante i periodi invernali, favoriscono il processo di accumulo degli inquinanti al suolo (Ferrero et al., 2007). In questo lavoro sono state studiate le correlazioni tra le concentrazioni di PM2.5 per la citt di Milano e i dati da satellite. Poich il segnale satellitare rappresenta un integrale del particolato sulla colonna atmosferica fondamentale correggerlo alla luce della quota dello strato di rimescolamento, entro la quale la maggior parte del particolato si concentra, soprattutto in area urbana. Le concentrazioni di PM2.5 sono state misurate nel sito di Torre Sarca (453119N, 91246E; Universit di Milano-Bicocca); i valori di AOD corretto a 550nm sono stati estratti dal prodotto MOD04, ricavato dalle immagini MODIS acquisite dal sensore Terra, per lanno 2006 ed i dati relativi allaltezza dello strato di rimescolamento sono stati stimati mediante luso di modelli numerici per la previsione delle condizioni atmosferiche (MM5). Questi ultimi sono stati confrontati, per determinati giorni, con le altezze dello strato ricavate dallo studio dei profili verticali ottenuti mediante lutilizzo di un pallone frenato equipaggiato con un contatore ottico di particelle e una stazione meteorologica portatile. Si osservato un grado di correlazione diretta tra i valori di AOD e PM2.5 variabile in funzione dei singoli mesi e della stagione, (es: Marzo R2=0.66, Giugno R2=0.26); se si considera lintero anno tale correlazione viene meno (R2=0.001) a causa dellinfluenza dellaltezza dello strato di rimescolamento. Tuttavia utilizzando anche questo parametro per correggere la relazione tra lAOD MODIS e il PM2.5: si osserva un netto miglioramento della correlazione (R2=0.65).
Questo lavoro supportato dal Fondo Sociale Europeo, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Regione Lombardia, INGENIO.
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Bibliografia: Ferrero L. et al (2007) Vertical profiles of particulate matter over Milan during winter 2005/2006 FEB, Vol 16 N6 (in press). MM5: http://dsa.uniparthenope.it/dsa/Servizi/PrevisioniMeteomarine/tabid/361/Default.aspx Sarigiannis D. A. et al (2004) Information fusion for computational assessment of air quality and health effects. Photogrammetric engineering & remote sensing Vol 70, N2 pp. 235-245

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QP24 POLVERI DA INCENERITORE: CARATTERIZZAZIONE E VETRIFICAZIONE Luisa Barbieria, Anna Corradia, Isabella Lancellottia, Luciano Morsellib, Fabrizio Passarinib, Ivano Vassurab, Andrea Zardina
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Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dellAmbiente -Universit di Modena e Reggio Emilia, Via Vignolese 905, 4100, Modena, ITALY b Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali - Universit di Bologna, viale Risorgimento 4, 40146 Bologna e-mail: lancellotti.isabella@unimore.it

Negli ultimi decenni le problematiche connesse alla produzione e alla gestione dei rifiuti hanno assunto proporzioni sempre maggiori. Nel 2005 sono stati prodotti in Italia 31.7 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Lattuale gestione dei rifiuti ha lobiettivo di operare in modo integrato applicando soluzioni di riciclo e recupero di materia sin dove possibile in termini tecnologici ed economici. Tali soluzioni per non coprono tutta la gestione dei rifiuti, la quale richiede altri processi quali ad esempio lincenerimento, che oltre a diminuire il volume e la massa di rifiuti, permette un parziale recupero di energia dai rifiuti contenenti materiale con potere calorifico. Come conseguenza si ha produzione di residui solidi, quali scorie e ceneri leggere le quali a loro volta devono essere gestite in discarica o avviate al trattamento. Nel presente lavoro viene mostrata la caratterizzazione chimico-fisica dei rifiuti solidi di due impianti di incenerimento al fine di trovare una metodologia di smaltimento alternativa alla discarica. La caratterizzazione sperimentale stata completata con unanalisi computazionale procedendo attraverso una cluster analysis (individuazione di gruppi di campioni e variabili simili tra loro) ed unanalisi delle componenti principali (PCA). Con queste tecniche si osservato che le scorie hanno composizione simile indipendentemente dallimpianto e non mostrano significative differenze nella composizione n in funzione della stagione n dellora di prelievo, dimostrando che la combustione omogeneizza efficacemente il rifiuto in ingresso. Al contrario le ceneri leggere, essendo un residuo volatile sono pi soggette a differenze che si vengono a creare durante lesercizio dellimpianto (in temperatura e pressione). Altri fattori che influenzano la variazione di composizione (Na, K, Cl e carbonio) di tali residui sono i differenti quantitativi di reattivi introdotti per labbattimento degli inquinanti e le differenze nel rifiuto in ingresso. E stato inoltre dimostrato che possibile vetrificare le scorie, poich questo rifiuto ha una composizione in ossidi riconducibile a quella di un sistema inorganico, quale il vetro. I vetri realizzati sono stati sottoposti ad un test ambientale di rilascio di metalli (test a 24 ore in acqua bidistillata), i cui risultati sono stati confrontati con quelli del medesimo test applicato alle scorie tal quali, al fine di dare una valutazione ambientale di tale processo. Da questo confronto emerso che i rifiuti non vetrificati mostrano forti rilasci, sia di metalli pesanti quali As, Cd, Cr e Pb che Na e K, a dimostrazione che la matrice in cui si trovano non in grado di inglobarli efficacemente. Le scorie vetrificate, al contrario, mostrano rilasci fortemente diminuiti dimostrando che il reticolo vetroso in grado di immobilizzarli efficacemente.

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QP25 CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DELLE DEPOSIZIONI ATMOSFERICHE NEI PRESSI DI UN INCENERITORE Luciano Morselli, Ivano Vassura, Fabrizio Passarini, Silvia Ferrari Universit di Bologna, Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali, Polo di Rimini. E-mail: vassura@ms.fci.unibo.it Al fine di monitorare la pressione ambientale delle emissioni di un inceneritore di RSU, stato realizzato un monitoraggio delle deposizioni atmosferiche. Il flusso di materiale secco e umido dallatmosfera verso il suolo costituito da una componente antropica e una componente naturale sia di origine litologica che marina. Il presente studio si pone lobiettivo di valutare, attraverso lindagine della composizione chimica delle deposizioni raccolte attraverso campionatori bulk, lorigine dei flussi di deposizione, discriminando leventuale contributo dellinceneritore in questione soprattutto in riferimento ai metalli pesanti. Le deposizioni sono state raccolte per un intero anno su periodi medi mensili in quattro siti. La rete di monitoraggio stata realizzata sulla base delle informazioni del modello di dispersione degli inquinanti emessi dallimpianto. Tre dei siti individuati sono stati collocati dove il modello indica le maggior probabilit di trasporto delle emissioni dallinceneritore, mentre il quarto sito stato collocato in un area non influenzata dalle emissioni dellimpianto. Per ogni periodo di campionamento sono stati registrati i dati meteoclimatici quali velocit del vento, direzione, piovosit, temperatura media. Su ogni campione si determinato conducibilit e pH. Dopo filtrazione su membrana a 0.45um si separata la frazione solubile da quella insolubile. Su entrambe le frazioni sono stati determinati i metalli principali tra cui As, Cd, Co, Cr, Cu, Mn, Ni, Pb, Sn, Hg, V, Zn. Mentre nella frazione solubile sono stati determinati anche gli ioni principali (Na+, NH4+, K+, Ca2+ e Mg2+, F-, Cl-, NO3-, NO2-, Br-, SO42+). Dai dati di concentrazione sono stati quindi ricavati i flussi di deposizione annuali (ug/m2) dei diversi analiti. Dai risultati ottenuti si potuto valutare un forte contributo nelle deposizioni di sali di origine marina, soprattutto nei mesi invernali, in conseguenza ad eventi di tempesta. Gli anioni e cationi principali negli altri mesi dellanno mostrano una forte omogeneit in tutti i siti, ad indicare unorigine comune della maggior parte del materiale rimosso dallatmosfera. Per quanto riguarda i metalli, le cui concentrazioni risultano mediamente in linea con quanto riportato da altri studi effettuati in aree urbane o suburbane, si notano deposizioni maggiori di As e Cd nei siti soggetti allinfluenza dellinceneritore mentre al contrario Cu e Zn sono pi abbondanti nel sito di riferimento. Per gli altri metalli la deposizione omogenea nellintera area di studio. Lintegrazione dei risultati con lanalisi chimica dei suoli ha successivamente permesso di determinare i fattori di arricchimento (EF), che sono indice del contributo antropico ai flussi di deposizione. I risultati evidenziano che gli elementi che presentano un flusso di deposizione omogenea nellarea effettivamente non risentono o risentono in modo non statisticamente significativo degli apporti antropici e possono essere associati a materiale di origine terrigena.

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QP26 CARATTERIZZAZIONE DELLE CENERI VOLANTI DA CDR E DELLE MISCELE STABILIZZATE CON LEGANTE A BASE LATERIZIO/CALCE P. Ubbraco, A. Trainia, D. Manigrassia, D. Calabrese Dipartimento di Ing. Civile ed Ambientale, Politecnico di Bari, via Orabona 4, Bari, Italy a Dipartimento di Chimica, Universit di Bari, via Orabona 4, Bari, Italy p.ubbriaco@poliba.it

Le ceneri leggere da combustibile derivante da rifiuti (CDR) costituiscono dei residui speciali che devono essere innocuizzati prima dello smaltimento in discarica. Comunque per le loro caratteristiche chimiche e mineralogiche risultano interessanti sia per uno studio del processo di innocuizzazione, che per il potenziale utilizzo come miscele solidificate. E possibile preparare miscele di ceneri e legante idraulico, a base di laterizio e calce, la cui solidificazione determina una stabilizzazione tale da consentire il conferimento dei materiali stagionati in discarica per rifiuti inerti, soluzione pi economica e sostenibile. In tale ambito si sviluppato il presente lavoro che si basa sullo studio della preparazione delle miscele di ceneri volanti da CDR e di legante idraulico a base laterizio-calce. Le ceneri sottoposte ad indagini mineralogiche e chimiche sono state separate in un impianto di termovalorizzazione di CDR, dove la biomassa subisce la combustione in sospensione. Le paste indurite di cenere e legante mostrano resistenze meccaniche accettabili per la conservazione in forma monolitica. Le prove di eluizione dei materiali stagionati condotte con acqua deionizzata evidenziano un trascurabile rilascio di metalli pesanti indice del buon comportamento della matrice stabilizzata. Lutilizzazione di un legante idraulico nettamente pi economico dei classici solidificanti (cemento, silicati, ecc.) consente inoltre di smaltire un altro residuo, quali gli scarti di laterizio da attivit edili, a beneficio della sostenibilit ambientale.

Bibliografia 1) P. Ubbraco, P. Bruno, A. Traini, J. Anal. and Environ. Chem., 2002, 92, 903-910. 2) P. Ubbraco, P. Bruno, A. Traini, S. Misceo, D. Calabrese, D. Manigrassi, 8 Con. Naz. AIMAT, 2006, n. 129, 27 Giugno 1 Luglio, Universit di Palermo, Palermo.

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QP27 UTILIZZO DELLE PROPRIET OTTICHE DELLAEROSOL DERIVATE DAL SENSORE MODIS PER LA STIMA DELLE CONCENTRAZIONI DI PM2.5 A LIVELLO DEL SUOLO NEL NORD ITALIA Walter Di Nicolantonio(1), Alessandra Cacciari(1), Ezio Bolzacchini(2), Luca Ferrero(2), Barbara Ferrini (2), Marialuisa Volta(3), Enrico Pisoni(3) (1)Carlo Gavazzi Space S.p.A @ ISAC-CNR, via Gobetti, 101, Bologna, w.dinicolantonio@isac.cnr.it (2)Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e del Territorio, Universit di Milano Bicocca, P.za della Scienza, Milano. (3)Dipartimento di Elettronica per l'Automazione, Universit di Brescia, via Branze 38, Brescia. Il monitoraggio della qualit dellaria a scala urbana e regionale in genere condotto mediante lutilizzo di misure in-situ; anche i modelli chimici di trasporto vengono utilizzati per la valutazione e la predizione della qualit dellaria. Durante gli ultimi anni stata rivolta una grande attenzione alla possibilit di monitorare le concentrazioni di PM2.5 al suolo mediante lutilizzo di immagini satellitari. In particolare, sono state utilizzate le potenzialit dei sensori MODIS, situati a bordo delle piattaforme Terra ed Aqua della NASA, di derivare i valori di Aerosol Optical Depth (AOD) troposferico al fine di verificare il grado di correlazione esistente tra i valori di AOD satellitari ricavati a 550 nm e le concentrazioni di PM2.5 misurate a livello del suolo. Tuttavia, diversi fattori influenzano la relazione tra lAOD colonnare e le concentrazioni di PM2.5. Tra questi, i due fattori pi importanti sono la distribuzione verticale degli aerosol e lumidit relativa del particolato sospeso a livello del suolo. In questa analisi, condotta allinterno dei progetti ESA PROMOTE-2 (Protocol Monitoring for the GMES Service Element for Atmosphere) e ASI QUITSAT (Italian Space Agency Pilot Project for Air quality assessment through the fusion of E.O, ground-based and modeling data), viene mostrato come limplementazione di questi parametri pu aumentare il grado della citata correlazione, fornendo una pi affidabile parametrizzazione per la stima del PM2.5 a partire dal dato satellitare. Bibliografia: Wang, J., et al., (2003), Geophys. Res. Lett., 30, 21, 2095, doi: 10.129/2003GL018174. Liu Y., et al., (2005), Environ. Sci. Technol., 39, 3269-3278. Randriamiarisoa et al., (2006) Atmos.Chem.Phys., 6, 1389-1407.

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QP28 LA CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PM10 IN TOSCANA (PROGETTO PATOS): 2. LA COMPONENTE CARBONIOSA Martina Giannonia, Dario Vannucchia, Tania Martellinia, Massimo Del Bubbaa, Alessandra Cincinellia, Franco Lucarellib, Silvia Navab, Massimo Chiarib, Silvia Becaglia, Roberto Udistia, Francesco Rugia e Luciano Lepria
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Univ. degli Studi di Firenze, Dip. di Chimica, Via della Lastruccia 3, 50019 Sesto F.no (FI) b Univ. degli Studi di Firenze, Dip. di Fisica, Via G. Sansone 1, 50019 Sesto F.no (FI) e-mail: martina.giannoni1@tin.it

Una campagna intensiva di monitoraggio del PM10 stata condotta nel periodo settembre 2005 - gennaio 2006 in sei aree a diverso grado di antropizzazione della regione Toscana. I siti di campionamento si differenziano per le fonti di emissione a cui sono esposti e, per questo, sono stati classificati come aree urbana-fondo, urbana-traffico e periferica. Questo studio fa parte del Progetto PATOS (Particolato Atmosferico in TOScana), patrocinato dalla Regione Toscana. Lobiettivo principale di questo lavoro stato quello di ottenere informazioni sulle concentrazioni in atmosfera e sulle fonti di emissione di IPA e n-Alcani. Gli IPA comprendono solo una piccola frazione dellaerosol atmosferico. Tuttavia, essi sono una classe di inquinanti ambientali ubiquitari noti come mutagenici e/o cancerogenici (Dockery et al., 1993). La maggior parte degli IPA emessi in atmosfera si forma durante i processi di combustione incompleta, e le maggiori sorgenti includono le emissioni dei veicoli a motore, la produzione di energia per combustione di carbone e petrolio, lincenerimento dei rifiuti urbani, la combustione del legname, gli impianti di riscaldamento domestico e i processi industriali (Harrison et al., 1996). I rapporti diagnostici degli IPA mostrano un alto contributo delle emissioni di veicoli a benzina e diesel. E stato misurato anche il Benzo(a)pirene, come richiesto dalla Direttiva Europea: in alcuni casi supera il valore guida di 1ng/mc fissato dal Ministero dellAmbiente. I n-Alcani possono derivare da fonti biogeniche, che includono le particelle liberate dalle cere cuticolari delle piante, la sospensione di pollini, i microrganismi e i prodotti della combustione incompleta di combustibili fossili e legname. Le concentrazioni dei n-Alcani sono in accordo con quelle generalmente ritrovate in aree urbane di altre citt europee. Per valutare lorigine dei n-alcani sono stati determinati CPI, %WNA, UCM. I gas cromatogrammi della frazione dei n-Alcani mostrano profili caratteristici che evidenziano differenti origini petrogeniche. E stato misurato anche il Carbonio Totale (TC) che risulta avere una andamento simile a quello del PM10 e valori pi alti nei mesi invernali. Lutilizzo di modelli statistici (PCA e APCA) ha messo in evidenza il forte contributo di fonti antropogeniche come ad esempio il traffico veicolare e gli impianti di riscaldamento. Dockery, D.W., Pope III, C.A., Xu, X., Spengler, J.D., Ware, J.H., Fay, M.F., Ferris, Jr, B.G., Speizer, F.E. An association between air pollution and mortality in six U.S. cities. The New England Journal of Medicine, 1993, 329, 1753-1759. Harrison, R.M., Smith, D.J.T., Luhana, L. Source apportionment of atmospheric polycyclic aromatic hydrocarbons collected from an urban location in Birmingham, U.K. Environ. Sci. Technol., 1996, 30, 825-832.

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QP29 HYDROCARBONS AND INERT GASES DETERMINATION OF GASES BYPRODUCTS OF REFORMING PROCESSES BY HIGH SPEED GAS ANALYSER Filippo Lo Coco1, Giuliana Vinci2, Pierluigi Barbieri3, Gianluca Stani4, Donatella Restuccia2, Gianni Gasparini5
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Dipartimento di Scienze Economiche, Area Ambientale, Universit di Udine - Via Tomadini, 30/A - 33100 Udine - Italy; filippo.lococo@uniud.it 2 Universit, Dipartimento per leTecnologie, le Risorse e lo Sviluppo, La Sapienza Universit di Roma - Via del Castro Laurenziano, 9 - 00161 Roma - Italy; giuliana.vinci@uniroma1.it; donatella.restuccia@uniroma1.it; 3 Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Trieste - Via L. Giorgieri, 1 34127 Trieste - Italy; barbierp@units.it 4 SRA Instruments Italia srl, Area Ambientale - V.le Assunta, 101 - 20063 Cernusco sul Naviglio, Milano - Italy; stani@srainstruments.com 5 ENI, Raffineria di Venezia, Laboratorio Chimico - Via dei Petroli, 4 - 30175 Porto Marghera, Venezia - Italy; gianni.gasparini@eni.it

Most refining processes generate gas streams. Each gas stream has a function in the refinery as a fuel gas or a feedstock for further processing. Refinery gas streams vary considerably in composition. Determining individual components of each gas stream is a challenge. An exact measure of stream components is essential in achieving optimum control and assuring product quality. Early methodology can be traced to UOP method 539-97. Despite the ability of the instrumentation to provide adequate separation of most of the analytes of interest, there were many difficulties as (a) long analysis time of about 48 min, (b) coelution of Butene-1 and Isobutylene and (c) elution of H2S in the Butane region with difficulty of separation. Improvements in gas chromatographic instrumentation, columns and their components have increased the reliability and productivity of refinery gas analysers. In this paper a new high-speed Refinery Gas Analyser (RGA) to evaluate the composition of gases by-products of reforming processes was used. This system determines and reports the composition of this gas streams in about seven minutes and characterizes: C1 - C5 and C6+ hydrocarbons; inert gases including nitrogen, hydrogen, helium, oxygen, carbon monoxide, carbon dioxide and hydrogen sulphide. The RGA system contains six columns and is subdivided into three separate analytical channels. One channel determines helium and hydrogen, the second channel is used to determine the remaining inert gases and hydrogen sulphide. Both channels use the same Thermal Conductivity Detector (TCD) for the signal detection. The third channel separates the hydrocarbons on the Porous Layer Open Tubular (PLOT) column and their detection by Flame Ionisation Detector (FID). All channels operate simultaneously to provide a high-speed analysis. The RGA system generates two chromatograms and one total analysis report. The Detection Limit (DL) of this RGA system is: 0.02 % (mol/mol) for inert gases, 0.01 % (mol/mol) for hydrocarbons, 0.1 % (mol/mol) for hydrogen sulphide.

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QP30 BIOMONITORAGGIO DEGLI ELEMENTI IN TRACCIA NELLE DEPOSIZIONI ATMOSFERICHE MEDIANTE LUTILIZZO DEL MUSCHIO PLEUROCHAETE SQUARROSA Micaela Buonocorea, Nicola Cardellicchiob, Luigi Lopeza, Lucia Spadaa
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Dipartimento di Chimica, Universit di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari. C.N.R. - Istituto per lAmbiente Marino Costiero, via Roma 3, 74100 Taranto buonomicaela@libero.it

Questo studio rappresenta nellarea di Taranto il primo approccio per la valutazione della contaminazione da inquinanti atmosferici mediante lutilizzo di briofite. Lattenzione stata rivolta alla scelta della specie di muschio, allo studio dei meccanismi di assorbimento dei metalli dallaria e dalle precipitazioni, alla valutazione dellinfluenza del regime dei venti e della contaminazione da suolo, nonch alle sorgenti di inquinamento. Per la valutazione della qualit dellaria, concentrazioni di elementi in traccia (Cd, Cr, Cu, Ni, Mn, Pd, Hg, V, As, Pb, Al, Fe) sono state determinate mediante muschi appartenenti alla specie indigena Pleurochaete squarrosa. Le analisi sono state condotte su muschi epigei campionati in aree soggette a diverso impatto antropico. Sono state effettuate tre campagne di monitoraggio in stagioni diverse per correlare i livelli di contaminazione da metalli con fattori meteoclimatici. I metalli analizzati sono stati quelli derivanti sia da emissioni industriali (stabilimento siderurgico dellILVA, raffineria ENI), che da traffico veicolare. I risultati ottenuti confermano la validit di Pleurochaete squarrosa come bioindicatore della contaminazione atmosferica da metalli e concordano con gli indici di qualit dellaria misurati dalle centraline di monitoraggio automatico. Bibliografia T. Berg , E. Steiness, Environmental Pollution, 1997, pp.61-71. G. Tyler, Ambio 1972, 1(2), 52-59. P.C. Onianwa, Environmental Monitorino and Assestment, 2001, 71,13-50. R. Gerold, L. Bragazza, R. Marchesini, R. Alber, L. Sonetti, G. Lorenzoni, M. Achilli, A. Buffoni, N. De Marco, M. Franchi, S. Pison, S. Giaquinta, F. Calmieri, P. Spezzano. Environmental Pollution, 2000, 108, 201-208. Rhling (ed.). Atmospheric heavy metal deposition in Europe - estimation based on moss analysis. NORD,1994, 9, 1-53. Cenci, R.M. e F.Palmieri. Inquinamento, 1997, 1, 36-45.

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QP31 CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DELL'AEROSOL NEL MAR MEDITERRANEO. UN CASO DI STUDIO: ISOLA DI LAMPEDUSA Silvia Becaglia, Carlo Bommaritob, Emiliano Castellanoa, Omar Cerria, Massimo Chiaric, Franco Lucarellic, Federica Marinod, Silvia Navac, Alcide di Sarrae, Damiano M. Sferlazzob, Mirko Severia, Francesco Rugia, Rita Traversia, Roberto Udistia Dipartimento di Chimica, Universit di Firenze, Sesto F.no I-50019, Firenze b ENEA, Climate laboratory, I-90141, Palermo a Dipartimento di Fisica, Universit di Firenze e INFN, Sesto F.no, I-50019, Firenze d DISAT, Universit di Milano Bicocca, I-20126, Milano e C.R. Casaccia, S. Maria di Galeria I-00123, Roma e-mail: silvia.becagli@unifi.it Leffetto degli aerosol atmosferici sul clima terrestre, sui cicli bio-geo-chimici di componenti naturali e antropici, sulla salute degli esseri viventi, sulla degradazione dei materiali e sulla trasparenza dellatmosfera ha posto lattenzione sullimportanza di conoscere le principali sorgenti antropiche e naturali del particolato atmosferico primario e secondario in regioni a differenti tipologie, in modo da esercitare una efficace politica di riduzione delle emissioni. Le particolari caratteristiche geografiche dellItalia, il cui territorio mostra per la maggior parte una complessa orografia e si trova relativamente vicino ad aree marine, impongono una particolare attenzione al contributo di aree relativamente remote (montane, forestali e marine) al budget complessivo dellaerosol atmosferico. Infatti, contributi rilevanti (e, talora, dominanti) al carico atmosferico e alla composizione chimica del particolato possono derivare da processi di trasporto di masse daria marina (ricche dei componenti tipici dello spray marino, come sodio, cloruri e magnesio) e continentali (con particolare riguardo ai maggiori eventi di trasporto di polveri desertiche provenienti dalle regioni del Nord-Africa). Tali contributi naturali possono fortemente alterare la concentrazione atmosferica del particolato, comportando superamenti delle soglie previste dalla normativa vigente per la qualit dellaria, ma non comportando un reale rischio per la salute e per lambiente. I dati ottenuti dallanalisi chimica su campioni di PM 10, PM 2.5, PM1, raccolti a partire da giugno 2004 a tuttoggi, hanno permesso di caratterizzare le fonti principali naturali e antropiche dellaerosol atmosferico in unarea relativamente remota del bacino del Mediterraneo Meridionale, colmando una lacuna conoscitiva in una regione marina su cui si affacciano tre diverse aree continentali: Europa, Asia e Africa. Lanalisi dei profili delle sorgenti ottenuti con la tecnica statistica APCA (Absolute Principal Component Analysis) ha permesso di identificare numerosi eventi di tipo salt-storm e Saharan dust che sono stati confermati con lanalisi delle retrotraiettorie (Hysplit model). Allo scopo di valutare i forcing radiativi di ciascun tipo di aerosol, la composizione degli eventi identificati dai profili delle sorgenti stata posta in relazione con le propriet ottiche della colonna daria (indice di Angstrom e spessore ottico), misurate nello stesso sito. Per gli eventi di tipo Saharan dust, sono stati determinati i rapporti caratteristici fra il contenuto totale di selezionati metalli che possono essere utilizzati come marker della sorgente sahariana. E stato, inoltre, valutato il rapporto fra la concentrazione totale del metallo (misurata con tecnica PIXE) e la frazione solubile determinata con tecnica HR ICP MS (pH 1.5) o cromatografia ionica. Ca e Mn presentano una elevata percentuale in forma solubile (80 e 54% rispettivamente); al contrario Fe e Al sono principalmente presenti in forma insolubile. Nelle condizioni di estrazione a pH 1.5, la frazione solubilizzabile rappresenta solo il 4% per il Fe e il 15% per il Mn. 171
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QP32 CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PM10 IN TOSCANA (PROGETTO PATOS): 1. LA COMPONENTE INORGANICA Roberto Udistia, Silvia Becaglia, Emiliano Castellanoa, Omar Cerria, Alessandra Cincinellia, Massimo Chiarib, Martina Giannonia, Luciano Lepria, Franco Lucarellib, Tania Martellinia, Silvia Navab, Mirko Severia, Francesco Rugia, Rita Traversia.
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Dipartimento di Chimica, Universit di Firenze, Sesto F.no I-50019, Firenze Dipartimento di Fisica, Universit di Firenze e INFN, Sesto F.no, I-50019, Firenze e-mail: udisti@unifi.it

Nellambito del progetto PATOS (Particolato Atmosferico in Toscana) stata effettuata una campagna di campionamento della durata di un anno in sette siti della Toscana, scelti come rappresentativi di differenti livelli di impatto antropico. Il questo lavoro viene focalizzata lattenzione sulla componente inorganica solubile e insolubile, capace di dare informazioni sui contributi primari naturali dellaerosol (marini e crostali) e antropici secondari (SO42-, NO3- e NH4+). Lanalisi stata effettuata su filtri di Teflon raccolti con campionatori a norma EN 12341 (24 h, 2.3 m3/h) posti in sette siti in Toscana: Firenze (background urbano), Prato (urbana traffico), Capannori-Lucca (urbana background), Arezzo (urbana traffico), Grosseto (urbana background), Livorno (suburbana background), Montale-Pistoia (background rurale). I campionamenti sono stati effettuati nellarco temporale di un anno a partire da Settembre 2005. Tre campionatori sono stati utilizzati a rotazione in sei siti per cicli di campionamento di 15 giorni. Un altro campionatore stato utilizzato sporadicamente per il campionamento di PM2.5 nel sito di Firenze e di PM10 nel sito di Montale-Pistoia. I filtri di teflon, dopo la pesata, sono stati tagliati in tre parti sotto cappa a flusso laminare classe 100. Un quarto di ogni filtro stato dedicato allanalisi per cromatografia ionica di anioni inorganici, cationi, acido metansolfonico e acidi carbossilici a corta catena; un altro quarto stato utilizzato per lanalisi della frazione solubilizzabile a pH1.5 di selezionati metalli (Al, Fe, Mn, Cu, Zn, Cr, Ni, V, Mo, Pb, Cd, As, Hg) per HR-ICP-MS; la rimanente met stata utilizzata per lanalisi del contenuto totale degli elementi con tecnica PIXE. I risultati di un cos esteso set di dati hanno permesso la caratterizzazione chimica del particolato atmosferico, con una ricostruzione della massa superiore al 95% in tutte le stazioni. Lapplicazione dellanalisi statica delle componenti principali (APCA) ha permesso lidentificare e la quantificazione delle sorgenti primarie e secondarie, di distinguere fra le sorgenti naturali e antropiche e di valutare i livelli di fondo regionale in modo da evidenziare contributi locali. Inoltre, lo studio dei profili temporali delle sorgenti e dei singoli marker in funzione dei parametri meteorologici (come ad esempio la formazione dello strato di inversione termica e trasporti di polvere da grande distanza) ha permesso di comprendere quali siano le condizioni emissive e meteorologiche che controllano le concentrazioni di particolato atmosferico.

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QP33 MONITORAGGIO DELLARIA (INDOOR E OUTDOOR) NELLA CITT DI TIRANA Luigi Campanella, Dalina Lelo Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it; dalinalelo@uniroma1.it I problemi ambientali sono pi che mai oggi molto importanti. L'ingresso dei vari paesi dellEst nella comunit Europea porter sicuramente cambiamenti radicali di sviluppo tecnologico ed economico. Cos con l'aumento della quantit di emissione degli scarichi ambientali sar sempre pi necessario il monitoraggio dell'ambiente (domestico e urbano). La caratterizzazione chimica dei composti presenti nei depositi secchi latmosferici un dato essenziale per la qualit dell' atmosfera. Il deposito secco una fonte importante di informazione e il monitoraggio dell'ambiente legato ad esso. Queste particelle si formano dalla polverizzazione delle sostanze combustibili, dalla lavorazione dei metalli, dal trasporto, dalle erosioni vulcaniche, dalle polveri della terra, dallaerosol di origini di mare. I problemi di inquinamento da metalli pesanti sono sempre pi attuali anche per la loro influenza sulla catena alimentare e sulla salute umana. In questo lavoro, viene effettuata lanalisi chimica di campioni ambientali da ecosistemi diversi e in particolare modo lanalisi di polveri per la determinazione dei metalli pesanti in ambienti urbani e domestici della citt di Tirana. Come metodo base impiegato AAS. 1. Questo studio ha due obiettivi: fare una valutazione generale dellinquinamento, in modo indiretto basandosi sulla composizione chimica dei polveri. 2. paragonare il grado di inquinamento dellaria in varie zone valutando anche diversi fonti di inquinamento solido. Per la realizzazione di questi obiettivi si effettuato un piano di monitoraggio in varie zone, tenendo presente il livello di presenza dei autotrasporti e altri fonti di inquinamento. Sono stati scelti due tipi di campioni: polvere di strada e polvere dellambiente di casa. Lanalisi chimica dei polveri si articola in due stadi importanti: 1. Disgregazione dei campioni 2. Determinazione analitica. Il primo stadio realizza il passaggio del campione dallo stato solido ad un stadio di soluzione; il secondo stadio, la valutazione quantitativa del contenuto dei metalli pesanti nella soluzione ottenuta dopo la disgregazione. Il metodo di disgregazione del campione correlato allo scopo dellanalisi. Le analisi eseguite hanno riportato i metalli Cu, Fe, Mg, Li, Cr, Cd, Pb, si anche effettuata la correlazione tra vari elementi: Cos Pb-Zn. Pb-Cu,Pb-fe, Pb-Cd, Cu-Zn, Cu-Fe e la loro concentrazione nelle varie zone della citt. Inoltre si effettuato la normalizzazione dei dati per identificare lindice di geoaccumulazione e l aumento relativo degli elementi analizzati in vari stazioni. Infine, questo lavoro ha premesso di identificare che la distribuzione dei metalli, diversa per le aree urbane e domestiche e che la concentrazione di Pb in ambienti domestici, pi bassa da valori di altri paesi Europei. Bibliografia [1] Joseph, J. Dulca, J,J; Risby, T,H.; Anal. Chem. 1976, 48, 8. [2] Hubert, J.; Candelaria, M,R.; Atom. Spectro. 1980, 1 4.(jul-aug).

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QP34 BIOSENSORE AMPEROMETRICO PER LA DETERMINAZIONE DELLA TOSSICIT INTEGRALE DI PARTICOLATO ATMOSFERICO Maria Anna Benincasa, Fabio Borzetti, Nicola Caretto, Rossella Grossi, Luigi Campanella Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: nicocare@libero.it Lattenzione della ricerca scientifica nel selezionare e verificare soluzioni per la descrizione dei parametri legati al materiale particolato aereodisperso (MPA), nasce dalle crescenti preoccupazioni in merito agli effetti biologici di tali materiali sia attraverso sollecitazioni chimiche che fisiche a livello dellapparato respiratorio umano. Analizzando i limiti stabiliti dalla legge, si evince che essi sono solo limiti quantitativi. Unanalisi qualitativa invece assai importante proprio per la valutazione della tossicit dellMPA e, quindi, del suo potenziale impatto sulla salute umana. Le comuni tecniche di analisi del materiale particolato raccolto, generalmente tecniche microscopiche e spettrometriche sono costose e richiedono personale altamente qualificato. In questo lavoro viene proposto un sistema di facile utilizzo, poco costoso e che non richiede per luso particolari esperienze per ottenere una risposta rapida ed affidabile circa la tossicit del particolato raccolto dalle stazioni di prelievo. I filtri contenenti materiale particolato vengono incubati con le cellule di lievito ed determinata mediante la misura amperometrica (elettrodo di Clark) dell'O2 disciolto in soluzione linibizione dellattivit respiratoria delle cellule dopo esposizione al PM. Dallanalisi dei dati sperimentali si pu affermare che lindice di inibizione respiratoria non univocamente determinato dalla massa di particolato raccolto su filtro. Tale risultato congruente con le nostre ipotesi: infatti, una quantit di MPA pi elevata pu non corrispondere ad una maggiore tossicit integrale, poich pu essere dovuto alla deposizione di materiale di provenienza naturale (sabbia, polveri) .Un altro risultato che ci conforta che i filtri con PM 10 sono, generalmente, pi tossici di quelli contenenti solo le frazioni minori; infatti queste sono contenute in quello. Nellinibizione respiratoria emerso un buon accordo fra quanto atteso e quanto trovato sulla base della natura del sito campionato (urbano, rurale, intensivo e ventilato) e delle condizioni atmosferiche al momento del campionamento. Bibliografia [1] Campanella, L.; Dragone, R.; Fisco, L.; Tomassetti, M. Analytical Letters 2004, 37, 30473061; [2] Rapporti ISTISAN 06/13 - Stazione di rilevamento dellIstituto Superiore di Sanit per lo studio della qualit dellaria: anni 2003 e 2004 - A cura di Giorgio Cattani e Giuseppe Viviano.

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QP35 ANALISI HPLC-FD DI COMPOSTI MUTAGENI NEL PARTICOLATO FRAZIONATO DELLA CITTA DI CATANIA V. Librando, G. Perrini, S. DAmico, Z. Minniti, G. Tringali Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Catania , Viale Andrea Doria, 6, 95125, Catania; e-mail: vlibrando@unict.it I nitroderivati degli idrocarburi policiclici aromatici esistono in tracce in tutti i comparti ambientali. Linteresse scientifico per questa classe di composti deriva dalla loro attivit cancerogena e mutagena. I nitro-IPA provengono direttamente o indirettamente dai processi di combustione e, dopo essersi formati in fase gas, sono adsorbiti sul particolato. Gli studi pi recenti hanno dimostrato che le frazioni di particolato pi pericolose per la salute umana sono quelle finissime, con diametro al di sotto di 1 m, che arrivano fino ai bronchi e agli alveoli polmonari: abbiamo quindi ritenuto utile misurare le quantit di nitro-IPA presenti nei vari tagli dimensionali raccolti nella citt di Catania. Il particolato stato prelevato e frazionato mediante un impattore ad alto volume TischTE235, ed estratto con CH2Cl2. I nitro-IPA analizzati sono stati: 1-nitropirene, 2nitrofluorene, 9-nitroantracene, 3-nitrofluorantene, 6-nitrocrisene, 6-nitroB[a]pirene. Lestratto stato purificato in due stadi: su SPE con cartucce di silice, e successivamente su una colonna preparativa in silice 250mm x 10mm allo scopo di eliminare le interferenze dovute alla coeluizione di altre sostanze fluorescenti. Lanalisi stata condotta con un HPLC dotato di rivelatore a fluorescenza e accoppiato a una cella elettrochimica; in questo modo stato possibile ridurre i nitro-IPA, molto poco fluorescenti, ad ammino-IPA, composti caratterizzati da una intensa fluorescenza. La quantit riscontrate di nitro-IPA sono simili a quelle di letteratura [1-3] per campionamenti svolti in condizioni analoghe e la somma delle concentrazioni di tutte le frazioni risulta un ordine di grandezza pi bassa rispetto agli IPA. Le maggiori quantit di nitro-IPA sono state riscontrate nella frazione pi fine (<0,49m), anche se quantit discrete sono state trovate in tutte le altre frazioni. Bibliografia 1)M. Wada et al.; Environmental Pollution, 2001, 115, 139-147 2)C. Schauer et al.; Anal. Bioanal. Chem., 2004, 378, 725-736 3)F. Reisen, J. Arey ; Environ. Sci. Technol., 2005, 39, 64-73

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QP36 SISTEMA INTEGRATO PER IL MONITORAGGIO DEL PARTICOLATO ATMOSFERICO (SIMPA) M. Casellia, B.E. Darestaa, G. de Gennaroa, P. Ielpoa, C.M. Placentinoa, A. Febo, A. Forgioneb, A.C.R. Imperatoreb, F.De Tomasic, M.R. Perronec, S. Di Sabatinod Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via Orabona, 4 70126 Bari b FAI Instruments, Via Aurora, 29 00013 Fonte Nuova (RM) c Dipartimento di Fisica, Universit degli studi di Lecce, Via Arnesano, 73100 Lecce d Dipartimento di Scienza dei Materiali, Universit degli studi di Lecce, Via Arnesano, 73100 Lecce e-mail: pieraielpo@chimica.uniba.it Con il termine particolato atmosferico viene indicato un insieme di particelle solide e liquide con composizione complessa e variabile nel tempo e nello spazio. Una parte di esso ha origine locale, mentre una parte proviene da sorgenti esterne come il deserto del Sahara e le aree industriali del Nord e dellEst Europa. La misura della massa di particolato, ad esempio delle frazioni indicate come PM10 o PM2.5, non rende pienamente conto della sua natura: molti dei componenti della materia particolata pi rilevanti dal punto di vista dei loro effetti sulla salute o sulle caratteristiche ottiche dellatmosfera, sono concentrati nellintervallo di dimensioni al di sotto del micrometro che influisce molto poco sulla massa totale. E quindi necessario disporre di un sistema integrato che misuri contemporaneamente: la massa del particolato in almeno due frazioni granulometriche; la distribuzione dimensionale dei diametri; le condizioni meteorologiche con particolare riferimento al PBL; la provenienza del particolato in riferimento al trasporto sia orizzontale che verticale su scala locale, regionale e planetaria. Questo contributo si propone di illustrare i contenuti e gli obiettivi del progetto Sistema Intergrato per il Monitoraggio del Particolato Atmosferico (SIMPA), un Progetto Strategico finanziato dalla Regione Puglia (BURP- n. 107 del 25-8-2005). Tale progetto vede coinvolti due enti di ricerca: Universit di Bari (dipartimento di Chimica) ed Universit di Lecce (dipartimento di Fisica e dipartimento di Scienza dei Materiali) e due aziende private: FAI Instruments s.r.l.(Roma) e LEnviroS s.r.l.(Spin-off dellUniversit di Bari). Una prima fase del progetto prevede la progettazione, lo sviluppo e la sperimentazione sul campo di un prototipo per la determinazione dei contributi locali, regionali e transfrontalieri alle concentrazioni di particolato fine. Strumenti quali un OPC Multicanale (contaparticelle ottico multicanale) per la caratterizzazione in tempo reale ed in continuo della distribuzione granulometrica del materiale particellare aerodisperso nell'intervallo >0.3m, uno SWAM dual channels per il campionamento e determinazione di PM10 e PM2,5, un anemometro sonico, ed un PBL Mixing Monitor, per monitorare laltezza dello strato rimescolato, verranno installati in un cabinet modulare e portatile. Obiettivo del prototipo quello di identificare i parametri essenziali e le loro relazioni al fine di caratterizzare le frazioni fine e corse del particolato atmosferico e di identificarne le sorgenti, a partire dai dati ottenuti dal monitoraggio integrato. Una seconda fase prevede la progettazione, lo sviluppo e la sperimentazione sul campo del prototipo per la determinazione dei contributi delle singole sorgenti (fugitive emission) alle concentrazioni di particolato fine. Si tratta di sviluppare un sistema integrato che prevede l'identificazione di tre postazioni intorno ad una sorgente (sito): una delle quali sar costituita
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dal cabinet assemblato con la strumentazione sopra descritta, mentre le altre due saranno delle stazioni standard di monitoraggio della qualit dellaria. Il progetto prevede, inoltre, un sistema integrato esteso per il monitoraggio del materiale atmosferico particolato su vasta area, attraverso luso di osservazioni terrestri mediante immagini satellitari e dati derivati da simulazioni numeriche del flusso e della dispersione in supporto a misure effettuate al suolo. Gli obiettivi sono il confronto dei dati di PM10 di diverse stazioni di monitoraggio presenti sul territorio regionale con quelli di PM10 ricavati da dati satellitari; lutilizzo della modellizzazione nel caso di dati mancanti o non affidabili; lindividuazione delle principali sorgenti di inquinanti di origine locale e non; la determinazione dellevoluzione spazio-temporale dei pi importanti eventi inquinanti di origine locale o trasportati su lunghi percorsi come gli eventi di Saharan dust; la ricostruzione dei campi di vento e della turbolenza nelle aree di studio e quindi la determinazione di mappe di concentrazione di particolato a partire dai valori mediati su aree dellordine dei 10km x 10km forniti dalle misure satellitari. Infine saranno effettuati confronti ed integrazioni dei dati al suolo, ottenuti dal prototipo sviluppato, con i dati forniti da satellite e dati ottenuti con modelli diffusionali. Bibliografia World Health Organization; Report on a WHO working group meeting E 82790., 2004. Querol, X.; Alastuey, A.; Ruiz, C.R. et al. Atmospheric Environmet, 2004, 38, 6547-6555; Sillanpaa, M.; Hillamo R., Saarikoski S. et al. Atmospheric Environmet, 2006, 40, S212-S223; Gonzales, R.; Schaap, C.; de Leeuw, M. et al.Atmos.Chem. Phys. 2003, 3, 521-533

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QP37 ANDAMENTI DEL PM10 NELLE REGIONI DI PUGLIA E BASILICATA M. Amodioa, P. Brunoa, M. Casellia, P.R. Dambruosoa, G. de Gennaroa, P. Ielpoa, L. Trizioa, A. Ricciob, B. Bovec, A.M. Criscic, G. Di Nuzzoc, C. Mancusic, L. Mangiamelec, G. Mottac
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Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari Dipartimento di Scienze Applicate, Universit degli Studi di Napoli Parthenope, via De Gasperi 5, 80133 Napoli c ARPA Basilicata, via della Fisica 18, 85100 Potenza e-mail: caselli@chimica.uniba.it

Il particolato atmosferico, prodotto sia da sorgenti locali, quali il riscaldamento domestico, impianti di incenerimento, industrie metallurgiche, traffico autoveicolare etc. sia da trasporto trans-frontaliero (eventi di Saharan dust), durante il suo tempo di residenza in atmosfera subisce diversi processi chimici e fisici. Il prodotto risultante un sistema polidisperso di particelle chimicamente eterogenee variabile sia nel tempo che nello spazio. In questo lavoro vengono presentati dati di PM10 relativi al periodo Gennaio 2005 - Aprile 2007 rilevati in diverse stazioni di monitoraggio automatico della qualit dellaria delle regioni Puglia e Basilicata. I dati di PM10 raccolti nella regione Puglia derivano sia dalla rete di monitoraggio della qualit dellaria del Comune di Bari, in particolare vengono presentati dati raccolti in due stazioni site nel centro della citt (in corso Cavour e piazza Luigi di Savoia), una sita in un quartiere residenziale (viale Archimede) ed una periferica sita presso lo stadio S.Nicola; sia dalla rete di monitoraggio della Provincia di Bari: sono mostrati dati relativi alle stazioni site a Casamassima (20 Km a sud-est di Bari), Monopoli (paese costiero a 44 Km a sud di Bari) e Altamura (50 Km a sud-ovest di Bari). Della rete di monitoraggio della qualit dellaria della regione Basilicata, gestita da ARPAB, vengono mostrati dati raccolti in diverse stazioni regionali, ovvero dati raccolti in quattro stazioni ubicate nella citt di Potenza (due in zone urbane, una in zona suburbana ed unaltra in una zona industriale), nella stazione di Melfi (53 Km a nord di Potenza), in quella di Viggiano (60 km a sud di Potenza) e nella stazione di Matera (100 km ad est di Potenza e 18 Km a sud di Altamura). Sono mostrati gli andamenti di PM10 in relazione ai parametri meteorologici (pressione, velocit e direzione del vento ecc), agli eventi di Saharan dust, ai valori di PBL (Planetary Boundary Layer). Sono evidenziati ed interpretati particolari fenomeni critici. Gli andamenti di PM10 relativi ai vari siti considerati non mostrano evidente stagionalit e le sue concentrazioni sembrano essere indipendenti da sorgenti locali. Moreno, T.; Querol, X.; Alastuey, A.; Viana, M.;Gibbons,W. Atmosph. Environm, 39, 2005, 6109-6120 Charron, A.; Harrison, M. R.; Quincey, P. Atmosph Environm, March 2007 1960-1975

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QP38 SPECIAZIONE INORGANICA DI PARTICOLATO ATMOSFERICO PM10 E PM2.5 NELLA CITTA DI BOLOGNA DURANTE IL PROGETTO SITECOS Laura Tosittia, Daniela Baldaccia, Silvia Parmeggiania, Sergio Zappolib, Milena Stracquadaniob, Daniele Ceccatoc Dip. Chimica G. Ciamician Univ. di Bologna Via Selmi ,2 40126 Bologna e-mail: laura.tositti@unibo.it b Dip. Chimica-Fisica ed Inorganica, Univ. di Bologna, Viale Risorgimento 4, 40136 Bologna; c INFN-Laboratori Nazionali di Legnaro, Viale dellUniversit 2, 35020 Legnaro (PD) Vengono presentati i dati di speciazione inorganica per cromatografia ionica ed analisi elementale mediante PIXE (Proton Induced X-ray Emission) presso la large scale facility dell INFN di Legnaro (PD) ottenuti nel corso dei campionamenti di aerosol atmosferico PM10 e PM2.5 nella citt di Bologna previsti dal Progetto Nazionale COFIN SITECOS. Il presente studio stato supportato dalle conoscenze provenienti da un precedente progetto effettuato a Bologna (collab. UNIBO/ARPA-EMR-Progetto PolveRE) basato sull'impiego di un campionatore Andersen ad alto volume, a stadi ossia su aerosol frazionato dimensionalmente. Tali dati sono risultati fondamentali per la migliore interpretazione dei dati di SITECOS stesso, basati invece su prelievi bulk. In entrambi i progetti si constatato un ruolo rilevante della frazione fine (<2.5um) nel determinare la massa del PM10 a Bologna (61% fine in estate, 71% fine in autunno, 81% fine) con i seguenti livelli medi di concentrazione (ug m-3) estate : PM10 = 35 +/-11, PM2.5 = 21 +/-7, PM(10-2.5) = 17+/-7 autunno : PM10 = 46+/- 17, PM2.5 = 33+/-18, PM(10-2.5) = 12+/-11 inverno : PM10 = 51+/-31, PM2.5 = 41+/-26, PM(10-2.5) = 1.0+/-8 L'aerosol di Bologna presenta minimi estivi e massimi invernali associati all'andamento stagionale dell'altezza dello strato rimescolato e delle differenti condizioni di diluizione/ridistribuzione del particolato. I dati gravimetrici ottenuti con il campionatore PM2.5 manuale hanno rivelato una minore rispondenza rispetto al sequenziale ARPA-BO (R2=0.78), a causa della manipolazione dei filtri, mentre nelle campagne 2006, la corrispondenza migliorata, a causa dell'introduzione del campionatore sequenziale (R2 =0.91 relativamente al campionatore ARPA), pur nella considerazione di due diversi siti di campionamento. Durante la campagna invernale gli ioni inorganici idrosolubili rappresentano una parte cospicua della massa totale del PM, oscillando tra il 45% e il 49%; l'apporto maggiore dovuto principalmente a solfati, nitrati e ammonio (pi del 90% del contributo ionico totale), tipico di un'area continentale fortemente antropizzata. Il minore contributo relativo dei nitrati durante il periodo estivo, con concentrazioni notevolmente inferiori rispetto ai solfati, dovuto alla natura semivolatile del nitrato d'ammonio, mentre, la maggiore intensit della radiazione solare in estate, comporta un aumento relativo dei solfati, le cui concentrazioni estive sono circa uguali a quelle invernali, salvo fluttuazioni meteorologiche, con conseguente aumento della cinetica di ossidazione dell' SO2. La presenza di potassio nella frazione dimensionale fine caratterizzata da un andamento stagionale in accordo con le concentrazioni di PM2,5, indicando l'esistenza di una sorgente ad 179
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alta temperatura, quale l'emissione di ceneri in processi di combustione di rifiuti e/o biomassa. Al, Mg e Ti mostrano un fattore di arricchimento relativo al Silicio EF < 10 sottolineandone lorigine crostale, mentre elementi come S, Cu, Zn, Br, Pb, Se, Ni, Co, Cl risultano notevolmente arricchiti, suggerendo invece sorgenti antropiche.

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SESSIONE POSTER IP: INQUINANTI PRIORITARI

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IP01 SCREENING, BASATO SU MODELLI QSAR, DI COMPOSTI CHIMICI AD ATTIVITA ESTROGENICA Ester Papa, Huanxiang Liu e Paola Gramatica Unit di Ricerca QSAR in Chimica Ambientale ed Ecotossicologia, Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale, Universit dellInsubria, via Dunant 3, Varese. e-mail: ester.papa@uninsubria.it Nel corso degli ultimi decenni unattenzione sempre maggiore stata rivolta dalla comunit scientifica al problema degli interferenti endocrini (EDCs), sostanze con propriet tali da causare conseguenze sulla salute di un organismo o della sua progenie, a seguito di cambiamenti nelle funzioni endocrine, in particolare con alterazioni sul sistema riproduttivo. Lelevato numero di EDCs presenti nellambiente giustifica la necessit di sviluppare nuovi ed efficaci metodi di screening utili per lidentificazione di questa tipologia di sostanze nellambito del processo di valutazione del rischio tossicologico e della nuova normativa europea per la registrazione, valutazione ed autorizzazione delle sostanze chimiche (REACH). In questo lavoro, diversi modelli QSAR di regressione e classificazione sono stati sviluppati per predire laffinit di legame al recettore estrogenico, valutata per un ampio set di molecole organiche strutturalmente eterogenee. I modelli sono stati sviluppati a partire da uninformazione strutturale globale rappresentata dai descrittori molecolari teorici, calcolati mediante il software DRAGON. Il modello di regressione lineare multipla-OLS, basato su otto variabili strutturali, presenta caratteristiche soddisfacenti relative ai parametri comprovanti la sua validit statistica, valutata anche mediante validazione esterna (Q2= 0.750.85). I modelli di classificazione ottenuti con diversi metodi (Least Square Support Vector Machine (LS-SVM), Counter Propagation Artificial Neural Network (CP-ANN), e k-nearest Neighbor (kNN)) si sono rivelati in grado di predire, con buone prestazioni, lattivit estrogenica non solo delle sostanze utilizzate per la costruzione dei modelli (training set) ma anche di nuove sostanze utilizzate per la validazione esterna (prediction set). Inoltre lefficacia dei modelli, qui proposti come strumenti di screening per potenziali EDCs, stata valutata su un ampio dataset costituito da 58.000 composti organici di cui circa il 76% stato predetto come non-EDC. I modelli QSAR presentati, basati esclusivamente su caratteristiche strutturali e caratterizzati da una buona qualit statistica e da una reale capacit predittiva, possono dunque essere proposti come strumenti utili per un rapido screening dellattivit estrogenica di composti organici, siano essi gi presenti nellambiente o non ancora sintetizzati. Bibliografia Liu; H., Papa; E; Gramatica, P. Chem. Res. Toxicol., 2006, 19, 1540-1548. Liu; H., Papa; E; Gramatica, P. J.Mol. Graph. Model., 10.1016/j.jmgm.2007.01.003

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IP02 PREVISIONE DELLA MUTAGENICITA E GENOTOSSICITA DI COMPOSTI AROMATICI POLICICLICI MEDIANTE MODELLI QSAR Paola Gramatica , Pamela Pilutti e Ester Papa Unit di Ricerca QSAR in Chimica Ambientale ed Ecotossicologia, Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale, Universit dellInsubria, via Dunant 3, Varese. e-mail: ester.papa@uninsubria.it I composti policiclici aromatici (PAC), e tra questi gli idrocarburi IPA sono inquinanti ubiquitari dellaria urbana, di elevato impatto ambientale, per cui la conoscenza delle ripercussioni negative sulla salute umana risulta di straordinaria importanza. Diversi test biologici sono stati messi a punto per studiare le potenziali attivit mutagene o genotossiche di queste sostanze, ma la disponibilit di dati sperimentali comunque inferiore al numero di inquinanti di questo tipo esistenti nellambiente. La modellistica a base strutturale QSAR viene quindi applicata per sviluppare modelli predittivi che permettano di classificare i PAC per mutagenicit o genotossicit. I dati di mutagenicit su B-linfoblastoidi umani per 70 PAC ossigenati, nitrati o non sostituiti (IPA), evidenziati nellaerosol urbano in forma adsorbita sul PM, sono stati modellati mediante metodi QSAR di classificazione: k-NN (k-Nearest Neighbour) e CART (Classification and Regression Tree), utilizzando descrittori molecolari teorici, selezionati dallAlgoritmo Genetico. I migliori modelli ottenuti hanno alte prestazioni in predizione, verificati anche su composti che non hanno partecipato allo sviluppo dei modelli (sensitivit: 76.9-90.3%, specificit: 55.6-87.5%). La genotossicit di 276 composti policiclici aromatici altamente eterogenei (PACs) misurata dal SOS Chromotest, stata, in modo analogo, modellata mediante classificazioni CART e kNN, basate su descrittori molecolari teorici. Per verificare la capacit predittiva esterna sono stati confrontati i risultati ottenuti a seguito di tre diverse tipologie di splitting dei dati disponibili (Disegno Sperimentale D-ottimale, Reti neurali con Mappe di Kohonen e selezione Random). I migliori modelli QSAR, basati su solo 2 descrittori molecolari 1D- and 2D-, sono stati sviluppati su un training set di 174 composti e verificati per la loro predittivit su 102 molecole (sensitivit: 69.7- 78.8% e specificit 82.695%) . La classificazione dei PAC secondo la loro mutagenicit o genotossicit, basata su pochi descrittori molecolari teorici, permette una preliminare valutazione del rischio per la salute umana derivante da questi composti e lindividuazione dei composti prioritari. Bibliografia Gramatica, P.; Pilutti, P.; Papa, E. SAR &QSAR Environ. Res., 2007, 18 , 169-178..

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IP03 THEORETICAL STUDY ON PAH AND SOOT STRUCTURE AND OXIDATION Anna Giordana,a Andrea Maranzana,a Giovanni Ghigo,a Mauro Caus,b and G. Tonachinia (a) Dipartimento di Chimica Generale e Organica A., Universit di Torino, Corso Massimo D'Azeglio 48, 10125 Torino, Italy (b) Dipartimento di Chimica, Universit di Napoli "Federico II", ComplessoUniversitario di Monte Sant'Angelo, Via Cintia 1, I-80126 Napoli, Italy e-mail: glauco.tonachini@unito.it We initially aimed to define suitable PAH-like or periodic models for a soot platelet, then examined the gas-solid interaction of some small species (H, NO, NO2, and NO3) by which soot functionalization can take place.[1] We then considered soot oxidation operated by ozone and compared its features with some experimental studies.[2] Finally, we have explored the nature of the oxidized soot surface through the theoretical study of the desorption mechanisms of a variety of polar groups, and attempted to give a contribution to the interpretation of Temperature Programmed Desorption (TPD) spectra.[3] The investigation is now extended to different model systems, which can be reasonably assumed to form during combustion. These are made up by an odd number of carbon atoms, such as those detected in flames (where they are almost as important as the even ones), or can contain 5-membered rings. For these systems, we compare the reactivity of both internal and peripheral positions toward ozone. 1. Ghigo, G.; Maranzana, A.; Tonachini, G.; Zicovich-Wilson, C. M.; Caus M. J. Phys. Chem. B 2004, 108, 3215-3223 2. Maranzana, A.; Serra, G.; Giordana, A.; Tonachini, G.; Barco, G.; Caus M. J. Phys. Chem. A 2005, 109, 10929-10939 3. Barco, G.; Maranzana, A.; Ghigo, G.; Caus M.; Tonachini, G. J. Chem. Phys. 2006, 125, 184706.

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IP04 IMPLICAZIONI TOSSICOLOGICHE DI NUOVI CONTAMINANTI AMBIENTALI: IL CASO DI Pd, Pt E Rh Chiara Frazzolia, c, Roberto Dragoneb, Alberto Mantovania, Cristiana Massimic, Luigi Campanellac a)Dip.to Sanit Alimentare ed Animale e Centro di Collaborazione OMS/FAO per la Sanit Pubblica Veterinaria, Istituto Superiore di Sanit, V.le Regina Elena 299, 00161 Roma b) Istituto dei Sistemi Complessi CNR c/o Dipartimento di Chimica Universit di Roma La Sapienza c)Dipartimento di Chimica Universit di Roma La Sapienza P.le Aldo Moro 5, 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it Numerosi lavori segnalano il rilevante accumulo, avvenuto negli ultimi decenni, degli Elementi del Gruppo del Platino (Platinum Group Elements, PGE), nei diversi comparti ambientali. Questi metalli (in particolare Pd, Pt e Rh) vengono rilasciati nellambiente principalmente dalle marmitte catalitiche e possono passare nelle acque, nei sedimenti, nel suolo, nella catena alimentare e infine nellorganismo umano. Lesposizione umana documentata da numerosi studi condotti sui fluidi biologici e tessuti di soggetti particolarmente esposti per ragioni occupazionali e di soggetti diversamente esposti perch residenti in aree urbane o rurali. La tossicit dei PGE costituisce ancora un argomento controverso. Quando si considerano le reazioni biologiche, la forma metallica dei PGE risulta inerte, mentre nota la biodisponibilit e tossicit di alcune forme clorurate; riportato, infatti, che tali composti possono legare gli atomi di N e S nelle proteine portando ad una ridotta attivit enzimatica. I pochi dati di letteratura sulla tossicit dei PGE focalizzano sugli effetti citogenetici, portando anche a risultati contraddittori. Pertanto, ad oggi, non sono disponibili informazioni sufficienti per valutare la correlazione fra esposizione, accumulo nei tessuti e potenziali conseguenze tossiche e/o mutagene. Allo scopo di ottenere informazioni complementari alle indagini di effetti fini-citogenetici, il test di tossicit basato sul biosensore respirometrico stato utilizzato per individuare i livelli citotossici dei cloruri dei tre metalli. Il biosensore costituito dallaccoppiamento di un ossimetro di Clark con una sospensione di cellule di lievito (Saccaromyces cerevisiae). La respirazione stata monitorata quale indicatore della normale attivit mitocondriale e del metabolismo cellulare. Con tale test stato esplorato lintervallo di inibizione respiratoria fra il 10 e l80%. Le risultanti curve dose-risposta sono state interpretate in base alla pendenza ed ai valori di EC10 ed EC50 dopo 2 ore di esposizione. stata inoltre valutata la persistenza delleffetto tossico osservandone la reversibilit dopo 14 ore dalla somministrazione del tossico. Per convalidare i risultati, sono state identificate e valutate le fonti di incertezza durante le diverse fasi del protocollo analitico ed stata infine stimata lincertezza del metodo.

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SESSIONE POSTER TR: TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO, BONIFICHE, RIFIUTI

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TR01 PHOTOCATALYTIC DEGRADATION OF ORGANIC POLLUTANTS IN WATER: TOWARD THE DESIGN OF A NEW GENERATION OF HYBRID TIO2 BASED CATALYSTS WORKING UNDER VISIBLE LIGTH Giuseppe Melea, Li Jun b, Leonardo Palmisanoc, Rudolf Sotad, Giuseppe Vasapolloa Dipartimento di Ingegneria dellInnovazione, Universit del Salento, Via Arnesano, 73100 Lecce b Department of Chemistry, Northwest University, Xian 710069, PR China c Dipartimento di Ingegneria Chimica dei Processi e dei Materiali, Universit di Palermo,Viale delle Scienze, 90128, Palermo, Italy d Institute of Chemistry University of Opole ul. Oleska 48 45 - 095 Opole, Poland e-mail: giuseppe.mele@unile.it Photodegradation of organic compounds in water solutions by means of economically advantageous and environmental friendly processes is a topic of growing interest. In the recent years a great attention has been devoted to TiO2 based photocatalysts for the oxidative degradation of various organic pollutants under UV light irradiation. Recently, TiO2 based photocatalysts, some of which having a modified surface by immobilized sensitizers, have been used in environmental friendly water purification processes [1-4]. The photocatalytic activity of polycrystalline TiO2 samples impregnated with different sensitizers (i. e. phthalocyanines, porphyrins, rare earth metal diphthalocyanines) has been investigated studing the photocatalytic degradation of 4-nitrophenol (4-NP) both under UV and/or solar light irradiation. A significant improvement of the photoreactivity was observed in the case of TiO2 impregnated with copper porphyrins. Also Ho, Sm and Nd double-decker phthalocyanine complexes were proved beneficial for the photoactivity of the studied systems. References (1) Marc, G.; Mele, G.; Palmisano, L.; Pulito, P.; Sannino, A. Green Chem. 2006, 8, 439. (2) Mele, G.; Ciccarella, G.; Vasapollo, G.; Garca-Lpez, E.; Palmisano, L.; M. Schiavello, Appl. Catal. B: Environ., 2002, 38, 309. (3) Mele, G.; Del Sole, R.; Vasapollo, G.; Garca-Lpez, E.; Palmisano, L.; Schiavello, M.; J. Catal., 2003, 217, 334. (4) Mele, G.; Del Sole, R.; Vasapollo, G.; Garca-Lpez, E.; Palmisano, L.; Attanasi, O. A.; Filippone P., Green Chem. 2004, 6, 604.
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TR02 RIUTILIZZO DI ACQUE REFLUE A SEGUITO DI TRATTAMENTI FOTOCATALITICI CON BIOSSIDO DI TITANIO PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE Luigi Campanella, Rosa Vitaliano, Nicodemo Bruzzese, Nicola Caretto, Fabio Borzetti Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it In un quadro di sviluppo sostenibile su scala mondiale, ogni Paese obbligato ad affrontare il problema dellinquinamento ambientale a seguito dello sviluppo delle attivit antropiche, civili e industriali, e della crescita demografica. Anche lItalia partecipa attivamente a progetti di sviluppo sostenibile definiti a livello internazionale e che sono riuniti nell' "Agenda 21", documento di propositi ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e societ e sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo. In questo contesto, uno dei punti pi drammatici la riserva mondiale di acqua dolce che, di per s gi limitata e sempre pi a rischio dinquinamento, in futuro non sar pi in grado di sopperire al crescente fabbisogno. Per questo lacqua riclicata costituisce una risorsa che deve essere presa in considerazione per un piano sostenibile di approvviggionamento idrico. Il riutilizzo di acque reflue perci una pratica in continuo sviluppo e su tale argomento in questi ultimi anni sono stati svolti diversi studi. Il presente lavoro costituisce un contributo alla sperimentazione rivolta allelaborazione di un metodo di trattamento delle acque reflue basato sulla fotocatalisi eterogenea con biossido di titanio. Detto ci, sono stati simulati dei reflui acquosi contenenti: atrazina, SDS, propranololo, nitrobenzene, scelti col criterio di rappresentare le quattro principali classi di inquinanti organici rispettivamente pesticidi, tensioattivi, farmaci, derivati idrocarburici che, presenti in acque reflue urbane e industriali, si riversano nellambiente e hanno la caratteristica di accumularsi in esso perch resistenti ai naturali processi di degradazione. In questa ricerca la fotodegradazione stata realizzata in veterometro, strumento dotato di una serie di lampade in grado di irradiare con UV i campioni e di simulare su scala di laboratorio un eventuale processo industriale. Il monitoraggio degli analiti durante il trattamento fotodegradativo ha consentito di poter individuare le condizioni ottimali di reazione: tempo, irradianza, temperatura, quantit di catalizzatore, necessari al miglior rendimento delle reazioni di fotodegradazione. Inoltre stato possibile determinare lordine cinetico delle reazioni e le rispettive costanti di velocit, nonch l'influenza su di esse del mezzo di reazione. Il sistema utilizzato ha sempre consentito la fotodegradazione catalizzata di detti inquinanti organici, a concentrazioni piuttosto elevate, in condizioni non drastiche di temperatura, irradianza e pressione. Solo nei casi delle sostanze inquinanti particolarmente persistenti, la reazione di fotocatalisi ha richiesto lausilio di una sostanza ossidante, lH2O2, la quale fotodegradandosi integralmente fornisce unalta concentrazione di radicali ossidrili, i maggiori responsabili della fotodegradazione, senza tuttavia generare alcuna ulteriore contaminazione del refluo. La tossicit del refluo modello stata valutata con biosensore a cellule di lievito immobilizzato. I risultati sperimentali hanno evidenziato che le fotodegradazioni condotte in presenza di fotocatalizzatore sono pi veloci e pi quantitative rispetto a quelle non catalizzate e portano a prodotti meno tossici o del tutto non tossici.

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TR03 LA QUALIT DEL SUOLO NELLA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI: UN ASPETTO TRASCURATO Francesca Pedron, Gianniantonio Petruzzelli Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, CNR - Area della Ricerca, Via Moruzzi 1, 56124 Pisa; petruzzelli@ise.cnr.it Dagli inizi degli anni 90, il concetto di qualit del suolo si evoluto in risposta ad una aumentata richiesta di un uso sostenibile del territorio. Sono state riconosciute le funzioni essenziali che il suolo svolge per lambiente e ci si resi conto che la qualit del suolo, non legata esclusivamente alla produttivit agronomica, ma che pu influenzare in maniera determinante anche la qualit dellambiente e la salute delluomo. Di recente, anche la Comunit Europea, ha elaborato una serie di documenti per supportare una strategia di difesa del suolo. In questi documenti, tra le minacce che gravano sul suolo, una delle pi importanti, anche se sicuramente non la principale, quella legata allinquinamento, che trova il suo punto di maggiore criticit nella problematica dei siti inquinati. Quello dei siti inquinati uno dei settori di maggiore sofferenza del suolo e la necessit di conservare inalterata linsostituibile azione di protezione che il suolo svolge nei confronti di altri comparti ambientali, si manifestata, in questi ultimi anni, proprio in seguito alla problematica della bonifica dei siti contaminati. Linteresse nei confronti dell'inquinamento del terreno diventato uno dei punti centrali di molte normative ambientali. Tuttavia nelle operazioni di bonifica la qualit del suolo stata spesso considerata solo marginalmente essendo lobiettivo primario degli interventi quello di raggiungere i livelli di concentrazioni residue dei contaminanti richiesti dalla normativa, con una ridotta attenzione alle possibili conseguenze che le tecnologie impiegate possono avere sulla qualit del suolo. Con lo svilupparsi di un crescente interesse per l'applicazione di nuove tecnologie in grado di rispondere ai requisiti fondamentali di minor costo e di maggior accettabilit pubblica, oggi il concetto di qualit del suolo pu divenire una parte importante delle strategie di risanamento. Questa possibilit si rispecchia anche nellevoluzione dellapplicazione delle tecnologie di bonifica, infatti oggi limpiego di strategie innovative in continuo aumento e maggiore lattenzione agli effetti che possono avere sullambiente. Un esame delle tecnologie applicate a livello internazionale e nazionale, mostra una positiva, anche se talora inconscia, evoluzione nella considerazione della matrice suolo. Nel caso dei suoli nei siti contaminati il rapporto terreno - contaminanti molto complesso, spesso caratterizzato dalla presenza contemporanea di differenti classi chimiche di composti, che si sono accumulate nel tempo. In questo ambito la chimica del suolo deve offrire, allinterno di un approccio multidisciplinare, un contributo essenziale per una scelta corretta delle strategie di recupero in modo che il suolo non sia pi considerato semplicisticamente come un rifiuto da trattare, ma come una matrice che esplica funzioni essenziali di protezione degli altri comparti ambientali, orientando, di conseguenza, anche la scelta delle tecnologie di bonifica, verso quelle soluzioni che consentono di ottenere al termine delle operazioni una suolo, per quanto possibile, con unelevata funzionalit.

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TR04 BROWNFIELDS BESIDE RECREATIONAL AREAS: SOME CONCEPTUAL MODELS AND CHALLENGES FOR SENSIBLE REMEDIATION TECHNOLOGIES C. Della Torre1, G. Pignolo1, R. Urbani2, P. Sist2, A. Bandiera2, A. Falace3, M. Sesso4, P. Plossi5, P. Barbieri1 Universit di Trieste, Dip. di Scienze Chimiche, Via L. Giorgieri 1, 34127 Trieste, barbierp@units.it 2 Universit di Trieste, Dip. di Biochimica, Biofisica e Chimica delle Macromolecole, Via L. Giorgieri 1, 34127 Trieste 3 Universit di Trieste, Dip. di Biologia, Via Weiss 2, 34127 Trieste 4 Agricola Monte San Pantaleone Coop. Sociale, Via De Pastrovich 1, 34127 Trieste 5 Provincia di Trieste, Funzione Ecologia e VIA, Via S. Anastasio 3, 34142 Trieste Beside brownfields located within industrial areas - eventually constituting megasites there are cases where contamination affects areas in valuable landscapes. Two sites from the province of Trieste are considered, that are respectively close to a park hosting cultural, research, didactical and health services and another one close to recreational coastal shoreline. Combustion ashes have been discharged in the first site for several decades, while sediment from ship-building docks have been used for advancing the coastline in the second one. After preliminary chemical and geological characterization, zonation is conducted, and conceptual models are built, that link secondary sources of contamination to potential targets. Restoration techniques are also considered, with special regard to phyto- and bio-remediation. Low impact technologies even if slow -are preferred by public administrations that have property on the areas. An experimentation on a selected number of hyperaccumulating plant species has started. A special case is the coastal one, where sediment contamination also appears. Artificial submarine barriers that promote bacterial and benthic activity with biological mussel filtrating sections for controlled bioaccumulation are tested for attenuation of marine sediment contamination.
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TR05 PRODUZIONE DI AMMENDANTE COMPOSTATO VERDE: VALUTAZIONE DEL PROCESSO E DEL PRODOTTO Marco Girardini a, Lorena Franz b, Luca Paradisi b, Alberto Ceron b, Francesco Loro b, Lucio Bergamin b, Federica Germani b, Daniele Formigoni c, Bruno Pavonia Universit Ca Foscari di Venezia, Dip. di Scienze Ambientali, Calle Larga S.Marta, 2137, 30123 Venezia b ARPA Veneto, Dip. Prov. Treviso, Oss. Reg. Rifiuti e Compostaggio, Via Baciocchi 9 31033 Castelfranco Veneto (TV) c S.I.E.M. S.p.A., Via Ariosto 49, 46100 Mantova e-mail: girardini@unive.it Dai rifiuti vegetali raccolti in maniera differenziata e sottoposti a compostaggio si ottiene un prodotto di qualit (ammendante compostato verde, ACV) che pu trovare una collocazione sul mercato come ammendante o substrato di coltura. Per essere venduto come prodotto sul mercato italiano lACV deve possedere le caratteristiche fissate dal D.lgs. 217/2006. Inoltre esiste un sistema di certificazione di qualit del prodotto promosso e gestito dal Consorzio Italiano Compostatori (CIC). Entrambi i sistemi sono basati sul rispetto di valori limite per parametri chimico-fisici, chimici o microbiologici. Non sono invece previste misure di stabilit e maturit del materiale, attualmente incluse solamente nel sistema di certificazione regionale del Compost Veneto. Valori limite per la stabilit del compost (misurata come Indice di Respirazione Dinamico, IRD) sono spesso fissati dalle regioni con lobbiettivo non tanto di garantire la qualit del prodotto quanto piuttosto di regolamentare lesercizio degli impianti di compostaggio. Il presente lavoro illustra i risultati del monitoraggio di due processi di compostaggio a scala reale di materiale vegetale da raccolta differenziata. Vengono riportati i dati relativi ai principali parametri di processo (umidit, sostanza organica, forme dellazoto) ed i risultati delle prove di stabilit (Dissolved Organic Carbon, DOC e IRD) e maturit (saggio di fitotossicit con Lepidium sativum). Dai dati ottenuti possibile calcolare i bilanci di massa e formulare un giudizio sul prodotto finale e sul processo in base alla normativa italiana di riferimento (D.lgs. 217/2006) e agli standard di qualit di adozione volontaria proposti dal CIC. I risultati indicano che i parametri adottati dalla normativa e dal sistema di assicurazione di qualit del CIC non sono sufficienti a garantire la qualit dellACV prodotto in quanto anche materiali non stabili possono risultare conformi alla normativa o addirittura ai criteri per il riconoscimento di qualit. Esperimenti condotti precedentemente dallOsservatorio avevano confermato questa osservazione. Questo studio mette in risalto limportanza di prevedere un sistema di controllo del processo, come avviene per il Compost Veneto, insieme con una periodica verifica delle caratteristiche chimicofisiche del prodotto finito. Alla luce dei risultati si pu inoltre ipotizzare che il consumo di sostanza organica dovuto ad un processo di compostaggio che raggiunga le condizioni di stabilit del materiale abbassi il tenore di carbonio organico al di sotto del limite di normativa (> 30% su s.s.) con conseguente declassamento dellACV da prodotto pregiato a rifiuto. Si suggerisce pertanto una correzione di questo limite in sede di revisione della normativa, in quanto troppo alto.
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TR06 ANALISI DI RISCHIO ASSOCIATA ALLE EMISSIONI DI UNA DISCARICA DI RIFIUTI NON PERICOLOSI Morselli L., Piccari L., Passarini F., Vassura I. Universit di Bologna, Dip. di Chimica Industriale e dei Materiali, Polo di Rimini. e-mail: laura.piccari@unibo.it Gli effetti sulla salute e sullambiente delle emissioni di inquinanti costituiscono un elemento di evidente interesse nel dibattito sulla compatibilit ambientale di molte attivit umane. Per rispondere alle esigenze di una gestione del territorio in linea con i principi dello sviluppo sostenibile, lAnalisi di Rischio, che integra il Sistema di Monitoraggio Ambientale (SIMA), rappresenta un valido strumento di conoscenza sistemica e multidisciplinare del territorio utilizzabile come metodologia di controllo degli impatti sulla salute umana da applicare sullintero percorso di gestione dei rifiuti. Inoltre strumento integrante dei processi di valutazione degli impatti ambientali, strumento tecnico-operativo di supporto alla valutazione di scenari alternativi di gestione dellimpianto stesso, di certificazione aziendale, e strumento utile al fine di adottare decisioni trasparenti e sostenibili ed infine di comunicazione dei rischi verso la popolazione. Lo studio riguarda una discarica avviata nel 1990, con un volume complessivo di 2.525.000 mc e unutenza di 200.000 abitanti, attualmente in fase di postchiusura. Sulla base dei dati di emissione lo scopo del lavoro quello di valutare gli impatti dellintero corpo discarica sul territorio circostante. Lente gestore porta avanti un piano di monitoraggio come previsto e disciplinato dal D.Lgs 36/03, e controlli legati ad ulteriori aspetti ambientali dellattivit svolta considerati significativi in fase di analisi ambientale del sito. Tali dati sono parte integrante degli input in ingresso al modello. Lanalisi impostata sul percorso generale cos come definito dallUS EPA, che prevede le 4 fasi successive di identificazione del pericolo, valutazione dellesposizione, valutazione della dose-risposta e caratterizzazione del rischio. Gli strumenti utilizzati per condurre la valutazione degli effetti delle sostanze inquinanti emesse dallimpianto sono database costruiti ad hoc, fogli di calcolo elettronici, modelli Fate & Transport per la valutazione della dispersione degli inquinanti nei comparti ambientali dalla sorgente al corpo recettore e strumentazione GIS (Geographic Information System) per la gestione, lanalisi e la visualizzazione delle informazioni con contenuto geografico/spaziale. Per la valutazione dellesposizione, e quindi del rischio, vengono presi in considerazione i principali percorsi di diffusione degli inquinanti nelle tre matrici ambientali aria, suolo e acque (superficiali e sotterranee), in funzione delle caratteristiche costruttive del sito e quindi delle tecnologie utilizzate per prevenire possibili vie di migrazione dei contaminanti, nonch delle caratteristiche quali-quantitative del percolato e del biogas (prodotto sia dai rifiuti abbancati che dalle attivit di trattamento e trasformazione dello stesso) generati dallimpianto. Bibliografia US EPA, 2005, Human Health Risk Assessment Protocol for Hazardous Waste Combustion Facilities, Final. Office of Solid Waste and Emergency Response. EPA 530-R-05-006. APAT, 2005, Criteri metodologici per lapplicazione dellanalisi assoluta di rischio alle discariche.

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TR07 STUDIO SULLA DEFINIZIONE DI BIODEGRADABILIT DEI RIFIUTI DI ORIGINE URBANA E CONFRONTO SPERIMENTALE TRA LE PRINCIPALI METODOLOGIE DI DETERMINAZIONE ANALITICA Lara Zanin a, Lorena Franz b, Luca Paradisi b, Marco Girardini a e Bruno Pavoni a Universit Ca Foscari di Venezia, Dip. di Scienze Ambientali, Calle Larga S. Marta, 2137, 30123 Venezia b ARPA Veneto, Dip. Prov. Treviso, Oss. Reg. Rifiuti e Compostaggio, Via Baciocchi 9 31033 Castelfranco Veneto (TV) e-mail: girardini@unive.it La conoscenza del livello di biodegradabilit dei rifiuti costituisce un aspetto chiave per definirne una corretta gestione. La normativa europea impone, infatti, la riduzione della quantit di frazione biodegradabile in discarica e della biodegradabilit dei rifiuti non recuperabili prima dello smaltimento. A livello normativo e scientifico, per, non c ancora chiarezza sulla definizione di biodegradabilit, sulle metodiche per determinarla e sui valori limite di riferimento. Il lavoro ha comportato una classificazione delle definizioni e delle metodiche analitiche riscontrate in letteratura, distinguendo tra biodegradabilit istantanea e potenziale e unindagine sperimentale finalizzata al confronto delle metodiche analitiche pi comunemente proposte in letteratura e nella normativa. Nelle prove di laboratorio, per la determinazione del livello di biodegradabilit istantanea ed il contenuto di solidi volatili come misura di quella potenziale, sono stati utilizzati tre test respirometrici: Indice di Respirazione Statico-IRS (ARPAV, 2004), Specific Oxygen Uptake Rate-SOUR (Lasaridi e Stentiford, 1998; Adani et al., 2001), Indice di Respirazione Dinamico-IRD (Adani et al., 2001). Sono state analizzate diverse tipologie di rifiuti, comunemente avviati a discarica, per valutare lapplicabilit delle diverse tecniche analitiche a matrici con caratteristiche merceologiche e chimico-fisiche differenti. La correlazione tra i parametri stata valutata attraverso un approccio monovariato con costruzione di una matrice di correlazione e un approccio multivariato basato sullAnalisi delle Componenti Principali (PCA). Da questo studio stata confermata la correlazione tra IRS e IRD, gi evidenziata in letteratura (Franz et al., 2005) ed emersa la significativit statistica, oltre che tecnica, della distinzione tra le definizioni e le metodiche analitiche che misurano la biodegradabilit istantanea e quella potenziale. Bibliografia Adani F.; Lozzi P.; Genevini P.L. Compost Science and Utilization, 2001, 9 163-178. ARPAV, 2004. Compostaggio nel Veneto, strategie di recupero dei rifiuti organici, 1-13, 6777, 101-117, 145-168. Franz L.; Ceron A.; Paradisi L.; Germani F.; Bergamin L.; Caravello G. Rifiuti Solidi, 2005, 19, 22-26. Lasaridi K.E.; Stentiford E.I. Water Resources, 1998, 3, 3717-3723.
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TR08 ARC NON-TRANSFERRED PLASMA TORCH FOR WASTE TREATMENT Mariagrazia Muolo, Marco Giannini, Francesco Tedeschi, Carmine Pappalettere Centro Laser S.c.r.l. Str. Prov. Per Casamassima Km. 3, 70010 Valenzano (BA) (I) e-mail: mariagrazia.muolo@centrolaser.it The new trend in the world environmental policy recommends to limit the production of waste and industrial residues, the reduction of their hazardness and promotes recycling. It is very difficult to reduce waste production and alternative technologies have been investigated to reduce their hazardness and to promote material recycling. The difficulties are connected not only to the content of toxic element of many residues, but also to the complexity of waste composition and to their scarce reproducibility. A valuable help to overcame these obstacles could be the thermal plasma induced vitrification. The plasma is able to transform organic compounds in energetic gas and promotes the vitrification of inorganic compounds, generating homogeneous amorphous materials that can be recycled. This paper presents a new plasma torch for waste treatment that operates in non-transferred arc mode (nominal power = 50 kW). The experimental data available on existing thermal plasma systems demonstrate its capability to be efficiently employed for the treatment of hazardous wastes that can hardly be cleaned in classical ways. In fact high temperature is very often required in order to achieve a high destruction efficiency and low environmental risks.

Plasma Torch section Keywords: Plasma torch; thermal plasma; Waste.

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TR09 ASPETTI METODOLOGICI DELLANALISI DEL DISSOLVED ORGANIC CARBON NEL COMPOST: EFFETTO DEL RAPPORTO DI ELUIZIONE E DELLA GRANULOMETRIA DEL MATERIALE Marco Girardini a, Lorena Franz b, Luca Paradisi b, Alberto Ceronb, Francesco Loro b, Lucio Bergamin b, Federica Germani b e Bruno Pavoni a Universit Ca Foscari di Venezia, Dip. di Scienze Ambientali, Calle Larga S. Marta, 2137, 30123 Venezia b ARPA Veneto, Dip. Prov. Treviso, Oss. Reg. Rifiuti e Compostaggio, Via Baciocchi 9 31033 Castelfranco Veneto (TV) e-mail: girardini@unive.it La misura della stabilit biologica di compost e rifiuti generalmente effettuata attraverso misure respirometriche, ma si stanno sviluppando diversi metodi pi rapidi, semplici e meno dispendiosi. Tra questi vi il DOC o WSC (Dissolved Organic Carbon, Water Soluble Carbon), una misura di Carbonio organico sulleluato da test di cessione in acqua deionizzata, che rappresenta una stima della frazione di sostanza organica prontamente disponibile e facilmente degradabile per i microrganismi (Garcia et al., 1991). Il DOC risulta quindi legato al grado di attivit biologica esplicabile dal materiale compostato e diversi autori ne hanno proposto lutilizzo come parametro per misurare la stabilit biologica del compost (Hue and Liu, 1995; Bernal et al., 1998; Zmora-Nahum et al. 2005). I protocolli per la misura del DOC presentati in letteratura, pur basandosi sullo stesso principio, differiscono per alcuni aspetti importanti quali la preparazione del campione da sottoporre ad analisi (essiccazione, setacciatura) e le modalit di esecuzione del test di cessione (rapporto di eluizione, tempo di contatto, modalit di agitazione). Dai dati di letteratura, le principali differenze tra le procedure sono il rapporto liquido:solido impiegato nel test di cessione e le dimensioni delle particelle sottoposte ad analisi, in quanto influenzano i processi di ripartizione durante il test. stata quindi realizzata unindagine sperimentale per verificare se, a parit di altre condizioni operative, queste differenze possono rappresentare un elemento sostanziale di divergenza dei protocolli. I risultati ottenuti sembrano confermare che i dati ottenuti da autori con metodi che usano diversi rapporti di eluizione e diverse granulometrie non sono immediatamente confrontabili. Lapplicazione del DOC come strumento per controllare il grado di stabilit biologica non pu prescindere da una fase di standardizzazione del protocollo operativo, anche in vista di applicazioni in sede normativa (esempio DM 5 agosto 2005, Criteri per lammissibilit in discarica). stata inoltre svolta unindagine di confronto con dati di stabilit misurata come IRD in quanto resta ancora da chiarire la relazione del DOC con questo parametro di stabilit. Bibliografia Bernal M.P.; Paredes C.; Sanchez-Monedero M.A.; Cegarra J. Bioresource Technology 1998, 63, 91-99. Garcia C.; Hernandez T.; Costa F. Environmental Management 1991, 16, 433-499. Hue N.V.; Liu J. Compost Science and Utilization 1995, 3, 8-15. Zmora-Nahun S.; Markovitch O.; Tarchitzky J.; Chen J. Soil Biology and Biochemistry 2005, 37, 2109-2116. 197
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TR10 CARATTERIZZAZIONE CHIMICO-FISICA DEL CAR FLUFF AI FINI DELLA VOLORIZZAZIONE L. Morsellia, V. Baravellia, D. Fabbrib , A. Paludia, F. Passarinia, I. Vassuraa a: Facolt di Chimica Industriale, Polo Scientifico Didattico di Rimini, Universit di Bologna. b: Laboratori R. Sartori, Centro Interdipartimentale di Ricerca per le Scienze Ambientali (C.I.R.S.A), Universit di Bologna. e-mail: valentina.baravelli@unibo.it Lo studio in questione si colloca nellottica dellazione di prevenzione e di recupero di materia ed energia dai rifiuti, cos come espresso dalla normativa comunitaria. Oggi si ricicla mediamente il 75% in peso dei veicoli a fine vita, i cosiddetti residui di rottamazione, mentre il 25%, consistente nel residuo da frantumazione non ferroso, disposto in discarica con problemi di contaminazione di acqua e suolo. Tale residuo viene denominato car fluff, o ASR (Automobile Shredder Residue). Il problema correlato allo smaltimento del fluff deriva soprattutto dal fatto che, essendo costituito essenzialmente da materiali organici, potrebbe avere un PCI superiore a quello individuato dalla normativa vigente per lo smaltimento in discarica (13.000 kJ/kg secondo la Dir 1999/31 Ce). Lo scopo di questo lavoro quello di caratterizzare il materiale attraverso unanalisi chimico-fisica e merceologica, al fine di individuare le potenzialit nella valorizzazione dell ASR o di alcune sue frazioni come plastiche o metalli. Il car fluff tipicamente ha una densit di 405 kg/m3 e contiene il 6% di umidit. Dalle analisi effettuate, suddividendo il residuo secondo la granulometria (D=0-20mm, D=2050mm,D=50-100mm, D>100mm), risulta che l84% in peso del materiale ha dimensioni minori di 50mm e solo l1,7% del residuo costituito da materiale con dimensioni superiori a 100mm. In seguito allanalisi merceologica stato possibile riscontrare che le componenti principali sono plastiche e tessuti, mentre i metalli pesanti, soprattutto piombo, manganese, nichel e cromo, rappresentano l1,4% in peso sul totale e sono concentrati maggiormente nella frazione con granulometria compresa fra 50 e 100 mm. Al fine di approfondire la caratterizzazione e, soprattutto per individuare una possibile tecnica di valorizzazione per questo materiale di scarto, sono state fatte prove di pirolisi sia su scala analitica che attraverso un reattore da banco a letto fluido. La pirolisi un trattamento termochimico ad alte temperature che avviene in atmosfera inerte e dal quale si ottengono un prodotto liquido (bio-olio), uno solido (char) e gas. Con la pirolisi analitica si sono integrate le informazioni ottenute dalla caratterizzazione merceologica riguardanti la composizione delle 4 frazioni, mentre, in seguito alla pirolisi del car fluff su reattore da banco a letto fluido stato possibile quantificare il bio-olio e il char prodotti, corrispondenti, rispettivamente, all8 % e al 66 %.

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TR11 INDAGINE SU FIBRE DI CARBONIO E INTERAZIONE CON LACQUA MEDIANTE RILASSOMETRIA NMR Antonella Maccottaa, Paola Fantazzinib, Giuseppe Alonzoc, Mirko Gombiab Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi, Universit di Siena, Via A. Moro 2, 53100 Siena, Italy, e-mail: maccotta@unisi.it b Dipartimento di Fisica, Universit di Bologna, Viale Berti Pichat 6/2, 40127 Bologna, Italy c Dipartimento di Ingegneria e Tecnologie Agro-Forestali, Viale delle Scienze, Edificio 4, 90128 Palermo, Italy
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Le fibre di carbonio sono costituite da un sistema eterogeneo di piani di grafene che durante il processo di sintesi si piegano a formare dei vuoti. Sono caratterizzate da unalta conducilibit elettrica e riscaldandosi, per effetto Joule, possono essere utilizzate per trattamenti termici ai terreni agricoli, in particolare possono essere utilizzate per la disinfezione e la disinfestazione del terreno dagli agenti patogeni come tecnica alternativa e pi rispettosa dellambiente rispetto, ad esempio, ai mezzi chimici. Il diverso comportamento delle fibre dipende dalla struttura chimica: le fibre costituite da pi cilindri stratificati, a differenza delle fibre a parete singola, possono presentare una elevata porosit e quindi una diversa interazione con lacqua che pu essere studiata mediante la Risonanza Magnetica Nucleare (NMR). Infatti tecniche che utilizzano lNMR per i fluidi nei Materiali Porosi (tecniche MRPM), sono gi ampiamente utilizzate per lo studio e la caratterizzazione di materiali porosi di diversa natura [1] fornendo informazioni sulla porosit e sullassorbimento e la diffusione dellacqua. In questo lavoro abbiamo studiato, mediante Rilassometria NMR, tre diverse fibre di carbonio che, pur avendo la stessa composizione chimica, hanno mostrato caratteristiche differenti e soprattutto comportamenti diversi nellassorbimento di acqua. Bibliografia 6. P. Fantazzini, J.Gore, Editors, PROCEEDINGS of the Eighth International Bologna Conference on Magnetic Resonance Applications to Porous Media, Bologna, 10-14 September 2006, Magn. Res. Imaging: 25 (4) (2007)

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TR12 CARATTERIZZAZIONE DELLE COMPONENTI BIOTICHE E ABIOTICHE DI UN SITO CONTAMINATO DA CENERI DI RIFIUTI SOLIDI URBANI Emanuele Argese a, Stefano Bedini b, Pierluigi Figliola a, Ulrike Gamper a, Giancarlo Rampazzo a, Chiarafrancesca Rigo a, Marta Simion a, Luca Zamengo
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Dipartimento di Scienze Ambientali, Universit Ca Foscari - Venezia, Dorsoduro 2137, 30123 Venezia b Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Via del Borghetto 80, 56124 Pisa c Dipartimento di Chimica Fisica, Universit Ca Foscari - Venezia, via Torino 155, 30172 Venezia e-mail: chiarafr@unive.it

Lisola di Sacca S. Biagio situata nella laguna centrale di Venezia e si estende su una superficie di circa 45000 m2. Sullisola sono state riversate le ceneri risultanti dallattivit di termodistruzione di un inceneritore per rifiuti solidi urbani attivo negli anni 70. Tale area rientra nel sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera da bonificare e risulta contaminata principalmente da metalli pesanti. Scopo di questo lavoro la caratterizzazione del substrato, in particolare la valutazione della frazione di metalli potenzialmente biodisponibili, e la ricerca di relazioni tra le concentrazioni di metalli pesanti nel substrato e quelle presenti nei tessuti vegetali di sette specie erbacee raccolte sullisola scelte tra quelle pi abbondanti nel sito. A tal fine stata indagata la concentrazione di metalli nel substrato e nelle piante mediante analisi ICP-AES e ICP-MS ed stata effettuata una caratterizzazione semi-quantitativa del substrato con SEM-EDS e XRD. Il sito risulta contaminato principalmente da rame, piombo e zinco e sono stati osservati particelle, composti ed aggregati contenenti metalli pesanti e minerali di neo-formazione derivanti da processi di weathering [Piantone et al., 2004]. La mobilit dei metalli e la loro potenziale biodisponibilit per la vegetazione stata valutata mediante estrazioni con HCl 0.5 M ed acido citrico; i risultati indicano una bassa mobilit gi ipotizzabile in base alla natura della matrice considerata [Meima et al., 1999]. Le radici e la porzione epigea delle piante sono state analizzate separatamente. Dai risultati emersa una grande variabilit nella risposta biologica delle diverse specie, ma si possono comunque individuare delle tendenze generali: ad esempio Rumex crispus e Conyza canadensis sembrano traslocare facilmente molti dei metalli considerati verso la porzione aerea, mentre Cynodon dactylon mostra un comportamento opposto e potrebbe perci essere considerata una specie escluditrice, nella quale i metalli rimangono concentrati nelle radici e la traslocazione verso le parti aeree minima [Fitz and Wenzel, 2002]. Bibliografia: Fitz, W.J., Wenzel, W.W. Journal of Biotechnology 2002, 99, 259-278 Meina, J.A., Comans, R.N.J. Applied Geochemistry, 1999, 14, 159-171 Piantone, P., Bodnan, F., Chatelet-Snidaro, L. Applied Geochemistry, 2004, 19, 1891-1904

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TR13 BONIFICA DI SEDIMENTI INQUINATI DA METALLI PESANTI. PROVE PRELIMINARI N. Cardellicchioa, B.M. Petroniob, M. Pietrantoniob, M. Pietrolettib, R. Caracciolob, L. Grifab Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto dellAmbiente Marino Costiero, Via Roma 3, 74100 Taranto. b Dipartimento di Chimica, Universit La Sapienza, piazzale A. Moro 5, 00185 Roma biancamaria.petronio@uniroma1.it I metalli pesanti presenti in forma disciolta e particellata nelle acque naturali provengono sia da fonti naturali che antropogeniche quali scarichi urbani e industriali, acque di dilavamento di aree agricole, fanghi di depurazione, ecc. Unelevata quantit di metalli pesanti negli ambienti acquiferi pu causare significative alterazioni ambientali ed ecologiche, legate alla loro persistenza e tossicit. Va sottolineato che i metalli pesanti presenti nelle acque possono essere trasferiti da queste ai sedimenti nei quali si accumulano in gran quantit. Da qui la necessit di decontaminare i sedimenti. In questo lavoro viene presa in esame la possibilit di asportare i metalli presenti nel sedimento utilizzando fanghi da cartiera che, attraverso meccanismi diversi quali precipitazione ed assorbimento, sono in grado di legare i metalli in forma stabile, come evidenziato da precedenti lavori relativi sia ad acque che a suoli (1,2). Sono stati utilizzati per la sperimentazione fanghi da cartiera provenienti da una cartiera del basso Lazio e sedimenti provenienti dal Mare Piccolo (Taranto). I fanghi da cartiera sono stati caratterizzati e per alcuni dei metalli considerati sono state costruite le isoterme di adsorbimento. Nel sedimento stato determinato sia il contenuto totale di Cu, Zn, Pb, Ni, Fe, Mn, Hg sia la loro distribuzione in forme chimiche di interesse ambientale. Sono state eseguite due serie di prove tendenti a simulare trattamenti diversi: prove in cui il sedimento stato messo a contatto con lastrine di vetro supportanti uno strato di fango (simulante un intervento extra-situ) e prove in cui una certa quantit di acqua di mare ricopre il sistema sedimento-fango (simulante prove in-situ). Dopo un mese sulle lastrine e sulle porzioni di sedimento comprese tra due lastrine sono state determinate le concentrazioni dei singoli metalli. I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti in quanto si riscontrato: un aumento delle concentrazioni di alcuni metalli sul fango; un accumulo di metalli nello strato di sedimento a stretto contatto con il fango. Tali risultati sottolineano una migrazione dei metalli dal sedimento verso il fango. Bibliografia N. Calace, E. Nardi, B.M. Petronio, M. Pietroletti, G. Tosti, Chemosphere 51 (2003) 797-803 N. Calace, T. Campisi, A. Iacondini, M. Leoni, B.M. Petronio, M. Pietroletti Environ. Pollut., 136 (2005) 485-492.
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TR14 EFFICACIA DI Phragmites Australis NELLA FITORIMEDIAZIONE DI TERRENI CONTAMINATI DA IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA): IL CASO DI CERANO (BR) Marta Nicola, Erbana Epifania, Giovanni Ingrossoa Luisella De Vitisb, Annamaria Maffeib, Vittorio Espositob Laboratorio di Chimica Organica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Universit del Salento. Lecce. Italy. b Consorzio INCA, Laboratorio Microinquinanti Organici di Lecce, c/o Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione, Universit del Salento. Lecce. Italy Labilit del suolo di sostenere la biocenosi naturale e lagricoltura negativamente influenzata dalla contaminazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) che rappresentano un rischio tossicologico per le piante coltivate in un agrosistema. E dimostrato che uno dei principali meccanismi di fitorimediazione di terreni agricoli contaminati da IPA rappresentato dalla capacit di alcune piante di promuovere la degradazione microbica degli inquinanti a livello di rizosfera1,2. Particolarmente attiva nella fitorimediazione di terreni contaminati da IPA Phragmites Australis o reed2: reed rimedia con succeso il terreno degradando, a livello di rizosfera, sino al 70% degli IPA presenti in esso. Gli obiettivi di questo lavoro sono la valutazione dellattivit di fitorimediazione di Phragmites Australis attraverso monitoraggi della contaminazione da IPA in terreni con e senza questa pianta e la valutazione dellandamento stagionale della suddetta attivit. Il monitoraggio prevede un campionamento mensile per quindici mesi di terreni prelevati da tre siti differenti: 1) senza Phragmites Australis sottoposto ad inquinamento; 2) con Phragmites Australis sottoposto ad inquinamento; 3) lontano da qualsiasi fonte di inquinamento. Come sito inquinato stato scelto Cerano (BR), presso la centrale termoelettrica a carbone ENEL. Le tecniche analitiche per IPA basate sulla gascromatografia ad alta risoluzione con determinazioni tramite spettrometria di massa si impongono per la precisione dei risultati richiesti, cos come l'uso di standard marcati al deuterio per la quantificazione dei singoli analiti. Nei primi mesi di monitoraggio, la comparazione della degradazione di IPA nel terreno con e senza reed ha dimostrato che la concentrazione totale di IPA nel terreno con reed inferiore del 20% rispetto a quella senza reed.
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1. Kanaly, R. A.; Hayama, S. Journal of Bacteriology, 2000, 182(8), 2059-2067. 2. Muratova, A. Yu. O.; Turkovskaya, V.; Hubner, T. and Kuschk. P. Applied Biochemisty and Microbiology, 2003, 39 (6), 599-605.

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SESSIONE POSTER MI: METODI INNOVATIVI DI INDAGINE

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MI01 ANALISI DI FITOTOSSICI CON UN BIOSENSORE AD INIBIZIONE ENZIMATICA E STUDIO DI POSSIBILI INTERFERENTI, QUANDO SI OPERI IN SOLUZIONE ACQUOSA OD IN SOLVENTE ORGANICO Luigi Campanella, Dalina Lelo, Elisabetta Martini, Mauro Tomassetti Dipartimento di Chimica, Sapienza Universit di Roma P.le A. Moro, 5 00185 Roma e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it; mauro.tomassetti@uniroma1.it. superfluo ricordare la grande importanza che riveste l'analisi dei fitotossici, in particolare dei pesticidi, in molti campioni reali. Negli ultimi anni sono state condotte numerose ricerche sui biosensori ad inibizione per l'analisi di pesticidi (soprattutto della classe degli organofosforici o dei carbammati). In pratica tutti questi biosensori sono basati sulla misura del grado di inibizione dell'attivit enzimatica. La principale difficolt, che spesso insorge nell'applicazione di questi biosensori all'analisi di campioni reali dovuta alla scarsa solubilit, in soluzione acquosa, sia di parecchi pesticidi, sia di molte delle matrici reali che li contengono. Il recente sviluppo degli (OPEEs organic phase enzyme electrodes) ha ovviato a questo inconveniente. Il nostro gruppo di ricerca ha progettato e realizzato a questo scopo diversi OPEE ad inibizione, basati, in un primo tempo, sull'inibizione dell'enzima butirrilcolinesterasi, pi recentemente sull'inibizione dell'enzima tirosinasi: prima di tutto per l'analisi dei pesticidi triazinici, quindi anche per la determinazione dei carbammati e degli organofosfati, operando in cloroformio saturo d'acqua. stato perci possibile effettuare l'analisi del contenuto di questi pesticidi (correlato allazione inibitrice rilevata) in diversi tipi di campioni vegetali, ma anche in acque naturali; effettuando direttamente la misura in questo solvente organico, dopo averlo utilizzato come estraente dei pesticidi stessi. Nella presente ricerca l'attenzione stata focalizzata soprattutto su due punti di estremo interesse: innanzitutto sullo studio di altri potenziali inibitori dell'enzima tirosinasi, costituiti, soprattutto quando si operi in soluzione acquosa, da diversi ioni di metalli pesanti, o da acidi carbossilici, quale il cinnamico, il sorbico ed il benzoico, che possono interferire quindi nell'analisi ad inibizione dei fitotossici; in secondo luogo su un confronto approfondito per stabilire se la possibilit di effettuare l'analisi in solvente organico, anzich in soluzione acquosa, dopo estrazione con cloroformio, possa costituire, o no, un vantaggio, quando si effettui la determinazione dei fitotossici in presenza dei possibili interferenti sopra ricordati. Bibliografia [1] Campanella, L.; .Dragone, R.; Lelo, D.; Martini, E.; Tomassetti, M.; Anal. Bioanal.Chem 2006, 384, 915-921. [2] Campanella, L.; Lelo, D.; Martini, E.; Tomassetti, M.; Anal.Chim.Acta. 2007, 587, 22-32.

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MI02 SVILUPPO DI BIOSENSORI PER IL MONITORAGGIO DELLA CONTAMINAZIONE AMBIENTALE DA IDROCARBURI MEDIANTE BATTERI RICOMBINANTI Luigi Campanellaa, Nicodemo Bruzzesea, Manuela Aiossaa, Maddalena Papacchinib, Patrizia Di Gennaroc, Giuseppina Bestettic Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi di Roma "La Sapienza", Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma; b ISPESL, Dipartimento di Insediamenti Produttivi ed Interazione con l'Ambiente, Monteporzio Catone, Roma; c Dipartimento di Scienze dellAmbiente e del Territorio, Universit degli Studi di Milano Bicocca - Piazza della Scienza, 1 - 20126, Milano. e-mail: luigi.campanella@uniroma1.it La protezione della salute pubblica e la salvaguardia dellambiente impongono di contenere quanto pi possibile i livelli di pericolosi inquinanti come gli idrocarburi aromatici. Per questa classe di composti, infatti, i valori ammissibili sono stati recentemente dimezzati. Per monitorare tale basso grado di contaminazione e garantire sempre pi la salute dei cittadini quindi indispensabile sviluppare metodi analitici altamente sensibili e facili da applicare. Un biosensore per benzene, etilbenzene, toluene e xilene (BTEX) stato realizzato adoperando Pseudomonas putida, che ha la capacit di utilizzare tali idrocarburi come fonte di carbonio, ma la sensibilit e la specificit di questo sistema non pi sufficiente. Le biotecnologie, scegliendo distinti elementi genici, consentono di preparare nuovi microrganismi che procurano vantaggi allo sviluppo di strumenti bioanalitici ultrasensibili e estremamente selettivi. Abbiamo ottenuto ceppi ricombinanti di Escherichia coli, che portano i geni codificanti la benzene diossigenasi e la cis-benzene diidrolo deidrogenasi, espressi in diversi sistemi. I ceppi ricombinanti sono capaci di convertire il benzene e i composti aromatici derivati accumulando i corrispondenti catecoli. Le cellule non necessitano di particolare preparazione e possono essere trasferite dalle colture, o da aliquote congelate, direttamente al dispositivo per la rilevazione degli idrocarburi. Stiamo attualmente esaminando le possibilit applicative dei ceppi ottenuti. Luso di microrganismi in un biosensore richiede oltre alle cellule specificamente sensibili, un trasduttore del segnale e un dispositivo di misura che possano essere applicati a differenti matrici ambientali: acqua, aria, suolo. Nei ceppi costruiti, i catecoli accumulati possono essere finemente misurati in HPLC, rapidamente rilevati mediante un biosensore a tirosinasi, o determinati con metodo colorimetrico. Lanalisi dei catecoli mediante cromatografia pu essere estremamente sensibile e specifica per misurare ridotti livelli degli idrocarburi. Le cellule ricombinanti combinate al sensore enzimatico a tirosinasi, che utilizza un elettrodo amperometrico per lossigeno come trasduttore, possono portare allo sviluppo di uno biosensore in-linea di elevata sensibilit. Lanalisi colorimetrica pu indicare con rapidit le quote e la persistenza nel tempo dei contaminanti. Considerati tali presupposti il ceppo ricombinante di E. coli, che esposto a BTEX accumula catecoli, pu risultare concretamente applicabile al controllo della contaminazione ambientale. [1] Campanella L.; Crescentini G.; DOnorio M.G.; Favero G.; Tomassetti M. Ann. Chim. 1996, 86, 527-538. [2] Campanella L.; Bonanni A.; Martini E.; Todini N.; Tomassetti. Sensor & Actuators B 2005, 111-112,505-514 [3] Xu Z.; Mulchandani A.; and Chen W. Biotechnol. Prog. 2003, 19, 1812-1815.
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MI03 DETERMINAZIONE DI METILXANTINE MEDIANTE CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC). Luigi Lopez Carlo Zambonin, Francesco Latanza Dipartimento di Chimica Universit di Bari, via Orabona 4, 70124 Bari e-mail: lopez@chimica.uniba.it Nellambito di un pi vasto progetto, che vede coinvolti lIstituto CNR IAMC di Taranto e il Corso di Laurea in Scienze Ambientali del polo Universitario di Taranto, in questa comunicazione verranno discusse nuove ipotesi di bonifica dei siti marino costieri locali, privilegiando metodologie avanzate e nuove infrastrutture derivanti dalla conoscenza del territorio nei suoi molteplici aspetti. La necessit di conoscere il territorio verr enfatizzato in uno studio preliminare sui livelli di concentrazione delle metilxantine, escrete con le urine, da cui estrapolare le quantit delle stesse presenti nelle acque reflue influenti in un impianto di depurazione, o direttamente sversate nei bacini idrografici di Taranto.

Bibliografia (a) Breton R., Boxall A. 2003, QSAR Comb. Sci. ,22, 399; (b) Daughton C.G. 2003. Environmental Health Perspectives, 111, 757; (c) Daughton C. G. 2003, Environmental Health Perspectives, 111, 775; (d) Daughton C.G., Ternes T.A. 1999, Environmental Health Perspectives, 107, 907 and refererences therein.; (e) Daughton. C:G. 2004, Environ. Impact Asses. Review, 24, 711; (8f) Voulvoulis N. 2004 Organohalogen Compounds, 66, 3481 and references therein

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MI04 ANALISI DI SCREENING DEI VOC NELLE MATRICI SOLIDE E APPLICAZIONE AL CONTROLLO DEI FANGHI DI DEPURAZIONE Giuseppe Anzilottaa, Teresa Trabacea, Achille Palmaa
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Metapontum Agrobios s.r.l. S.S. Ionica km 448.2 Metaponto (MT) e-mail: ganzilotta@yahoo.it

Le metodiche di analisi dei composti organici volatili applicate alle matrici solide (terreni, fanghi e sedimenti) indicate dallEPA1 prevedono limpiego di due tecniche di estrazione: il campionamento dello spazio di testa statico (HS) e dello spazio di testa dinamico (Purge & Trap) precedute dallestrazione con metanolo e diluizione acquosa nel caso di campioni a concentrazioni maggiori di 0.2 g/g1 . Come si potuto verificare lestrazione metanolica, in questo caso, necessaria anche ad evitare effetti di contaminazione incrociata tra il campione contaminato e il successivo. Rispetto a quanto suggerito dallEPA stata testata e validata una metodologia che prevede direttamente unanalisi di screening dei campioni sullestratto metanolico diluito di un fattore cento seguita nel caso di campioni contaminati da unanalisi sullestratto diluito maggiormente. Le motivazioni a favore di questa scelta sono: un rischio minore di contaminazione del sistema; risultati sicuramente pi accurati, ripetibili e indipendenti dalla tipologia di matrice solida indagata e un rischio minore di falsi negativi; limpossibilit nel caso di analisi sul campione tal quale di dosare una concentrazione che non rientra nel range lineare in funzione di poter decidere la diluizione da fare cos come previsto nel metodo EPA 5030. La metodica stata validata su due matrici certificate di terreno denominate CRM-624 e CRM-625 rispettivamente a un livello di contaminazione basso e alto e i risultati confrontati con quelli prodotti e sia dallHS che dal P&T sul campione tal quale, dimostrando in ogni caso di essere da preferire. Il metodo stato quindi usato e confrontato con lanalisi dello spazio di testa statico per analizzare campioni di fanghi di depurazione perlopi di reflui urbani. Questi hanno presentato valori compresi in un intervallo 0.5-3600 ppm, quindi superiore a quanto riportato da studi effettuati in precedenza con un decremento della concentrazione in dipendenza dal tempo di essiccamento. La presenza dei composti organici volatili nei fanghi dimostra quanto sia pi che mai opportuno inserire il controllo dei VOC tra i controlli obbligatori da effettuare sui fanghi soprattutto in vista di un loro possibile reimpiego in agricoltura. Un ultimo aspetto che stato valutato limportanza dellanalisi del bianco, che in questo caso costituito dal metanolo stesso usato per lestrazione e trattato come un campione. La presenza di impurezze volatili a vari livelli riscontrata nei solventi venduti in commercio per questo tipo di applicazione va tenuta ben presente al momento dellacquisto e bisogna valutare caso per caso lopportunit di esprimere i risultati analitici dopo sottrazione del bianco.
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EPA Method 5035A Crathorne B.; Donaldson K.; James H. A.; Rogers H. R.; Organic contaminants in wastewater, sludge and sediment. The determination of organic contaminants in UK sewage sludges. Elsevier Applied Science. 1989

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MI05 DETERMINATION OF TRACE LEVEL PERCHLORATE IN DRINKING WATER Patrizia Iannecea, Domenico Acanforaa, Oriana Mottab and Antonio Protoa
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Dipartimento di Chimica, bDipartimento di Scienze dell Educazione Universit degli Studi di Salerno, 84084 Fisciano (SA), Italy e-mail: omotta@unisa.it

Perchlorate (ClO4-) is an emerging pollutant that has been detected in soil, ground and drinking waters, vegetables, milk, and, most recently, in wine and beer [1-3]. High local concentrations of perchlorate have been associated with the manufacture or use of ammonium perchlorate as an oxidant in rocket fuel, munitions, or blasting materials. It is also used in air bag inflators, pyrotechnics, tanning and finishing leather, batteries and lubricating oil additives [4]. Perchlorate ingestion has potential health effects related to its ability to interfere with the normal thyroid function. This can lead to metabolic problems in adults ad anomalous development during gestation and infancy [5]. In 2005, the United States Environmental Protection Agency (EPA) estabilished a drinking-water equivalent level of 24.5 g/L of perchlorate in water [6]. Several methods have been published for the analysis of perchlorate; however, ion chomatography (IC) is, presently, the most common system for its determination in water samples. Typical IC reporting limits are 2.5-4 g/L [7-9]. In this work we describe a simple, less expensive, and less-time consuming method for the determination of perchlorate in drinking water using IC. The procedure based on the IonPac AS20 column with a 100mM NaOH eluent, a large loop injection (1000L), and suppressed conductivity detection permits to quantify 1 g/L of ClO4- in drinking water. By cool evaporation of water under nitrogen flux it is also possible to detect 0.1 g/L of ClO4-.The method is free of interference from common inorganic anions, linear over the range of 0.1100g/L and quantitative recovery are obtained.

[1] Kirt, A.B.; Martinelango, P.K.; Tian, K.; Dutta A.; Smith, E.E; Dasgupta, P K. Environ. Sci. Technol. 2005, 39, 2011-2017. [2] Aribi, H.; Le Blanc, Y.J.C.; Antonsen, S.; Sakuma, T. Anal. Chim. Acta 2006, 567, 39-47. [3] Krynitsky, A.J.; Niemann R.A.; Williams A.D.; Hopper M.L. Anal. Chim. Acta 2006, 9499. [4] Motzer W.E. Environ. Forensics 2001, 2, 301. [5] B.C. Blount,; J.L. Pirkle; J.D. Osterloh; L.V. Blasini; K.L. Caldwell Environ. Health Perspect. 2006, 114, 1865-1871. [6] National Academy of Sciences 2005, 102, 16152. [7] Koester C.J.; H.R. Beller; Halden R.U. Environ. Sci. Technol. 2000, 34, 1862-1864. [8] Jackson P.E.; Gokhale S.; Streib T.; Rohrer J.S.; Pohl C.A. J. Chromatogra. 2000, 888, 151- 158. [9] Snyder S.A.; Vanderford B.J.; Rexing D.J. Environ. Sci. Technol. 2005, 39, 4586-4593.

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MI06 STIMA DEI TASSI DI PRODUZIONE E RESPIRAZIONE IN LAGUNA DI VENEZIA ATTRAVERSO LANALISI DI DATI IN CONTINUO DI QUALITA DELLACQUA Stefano Ciavattaa, Christian Badettib, Giorgio Ferrarib, Roberto Pastresc Consorzio Venezia Ricerche, Via della Libert, 12 - 30175 Venezia e-mail: ciavatta@unive.it c Magistrato alle Acque di Venezia, 19 San Polo-Rialto, 30125 Venezia, Italy d Dipartimento di Chimica Fisica, Universit di Venezia, Dorsoduro 2137, 30123 Venezia; Nell'ambito dei monitoraggi della qualit dell'acqua, sono utilizzati sempre pi diffusamente strumenti di rilevazione automatica ed in continuo dei dati, anche in ottemperanza delle recenti disposizioni normative in tema di tutela dei corpi idrici: il D. Lgs 152/06 e la Direttiva Comunitaria 2000/60/CE. Tali strumenti consentono infatti di rilevare in continuo serie storiche di osservazioni di variabili chimico-fisiche dell'acqua, permettendo di sorvegliare in tempo reale lo stato di salute dell'ecosistema. Inoltre, i sistemi di monitoraggio in continuo possono rappresentare un vantaggiosa alternativa, in termini di costi e continuit temporale, rispetto alle metodologie sperimentali comunemente utilizzate per indagare complesse dinamiche ambientali, se i dati raccolti vengono elaborati mediante opportuni strumenti statistici e modellistici (Beck e Lin, 2003). In questo lavoro, dati di ossigeno disciolto (OD), temperatura dellacqua e salinit, rilevati con la frequenza di 30 minuti nella Laguna di Venezia dal sistema di monitoraggio SAMANET del Magistrato alle acque di Venezia (Ferrari et al., 2004), sono utilizzati per la stima giornaliera dei tassi di produzione primaria (P), di consumo (R) e di scambio con latmosfera (k) dellOD. I tassi di respirazione e riareazione sono stimati attraverso linterpolazione di un modello del bilancio dellOD rispetto ai dati rilevati nelle ore notturne. Le stime ottenute sono successivamente utilizzate nel modello per stimare il tasso di produzione planctonica di OD attraverso lelaborazione dei dati raccolti in automatico durante le ore diurne. Testi statistici sono applicati per eliminare i valori ottenuti per i tre parametri nei casi in cui essi non risultino significativi. Tale procedura di stima stata applicata allelaborazione delle serie storiche rilevate in un sito lagunare nel corso degli anni 2002-2004, consentendo di investigare levoluzione stagionale di P, R e k. I valori mediani mensili mostrano che la produzione ed il consumo di ossigeno risultano confrontabili nei mesi invernali, mentre la respirazione del sistema risulta maggiore della produzione da aprile a dicembre. I risultati ottenuti hanno inoltre consentito la stima della produzione netta annuale del sistema (NEP), che risultata negativa, indicando che le aree lagunari in cui la produzione planctonica risulta dominante rispetto a quella di fanerogame e macroalghe, possono risultare, su base annuale, rilevanti fonti di carbonio per latmosfera. Bibliografia Beck, M. B.; Lin, Z. Wat. Sci. Tech. 2003, 47, 43-51. Ferrari, G.; Badetti, C.; Ciavatta, S. Sea Technology 2004, 45, 22-26.
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MI07 DETERMINAZIONE DI METALLI ALCALINI, ALCALINO-TERROSI E DI AMMONIO MEDIANTE CROMATOGRAFIA IONICA IN ACQUE DESTINATE A CONSUMO UMANO Maria Concetta Bruzzonitia, Rosa Maria De Carloa, Martino Fungib, Corrado Sarzaninia
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Dipartimento di Chimica Analitica, Universit di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino e-mail: rosa.decarlo@unito.it b Societ Metropolitana Acque di Torino SpA, C.so XI febbraio 14, 10152 Torino

La cromatografia ionica ampiamente utilizzata per la determinazione di metalli alcalini, alcalino-terrosi e dello ione ammonio nelle acque destinate ad uso umano. Tuttavia, qualora questi analiti siano contenuti in rapporti di concentrazione molto diversi, la loro separazione e quantificazione difficoltosa soprattutto se tali analiti eluiscono luno in prossimit dellaltro. Un caso tipico rappresentato dalle concentrazioni molto basse di ione ammonio e dagli elevati livelli di ione sodio che possono essere presenti nelle acque. Poich gli scambiatori cationici classici mostrano una selettivit simile per queste due specie, non possibile ottenere una risoluzione dei due picchi se le concentrazioni di tali ioni differiscono di qualche ordine di grandezza. Unaltra problematica rappresentata dalla determinazione di Ba2+ e Sr2+ nelle acque. Poich laffinit di Ba2+ e Sr2+ per gli scambiatori cationici convenzionali molto elevata, la loro eluizione cromatografica comporta tempi di analisi piuttosto lunghi e lutilizzo di eluenti acidi concentrati. Per questo motivo, la loro determinazione solitamente effettuata mediante spettroscopia di emissione atomica. In questo lavoro presentato lo studio di ottimizzazione per la separazione cromatografica di Li+, Na+, K+, Ca2+, Mg2+, NH4+ in presenza di Ba2+ e Sr2+. Lo studio si sviluppato attraverso lutilizzo di due colonne a scambio cationico IonPac CS12A a diverse dimensioni (250 mm x 4 mm e 150 mm x 3 mm) e di eluenti a diversa composizione contenenti acido metansolfonico, acetonitrile e etere 18-corona-6. I risultati ottenuti evidenziano il ruolo determinante delletere 18-corona-6 nel variare la selettivit della colonna e risolvere eventuali parziali sovrapposizioni dei picchi di Na+ e NH4+ a diversi rapporti di concentrazione.

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MI08 SEPARAZIONE DI IONI METALLICI IN SCAMBIO CATIONICO MEDIANTE SUBSTRATI SILICEI MESOPOROSI FUNZIONALIZZATI Maria Concetta Bruzzonitia, Rosa Maria De Carloa, Sonia Fiorillib, Edoardo Garroneb, Barbara Onidab, Ambra Prellea, Corrado Sarzaninia, Flaviano Testac Dipartimento di Chimica Analitica, Universit di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino e-mail: rosa.decarlo@unito.it b Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica, Politecnico di Torino, Corso Duca degli Abruzzi, 24 10125 Torino c Dipartimento di Ingegneria Chimica e dei Materiali, Universit della Calabria, Via Pietro Bucci-Cubo 44A, 87030 Rende (CS)
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Nellultimo decennio, i materiali mesoporosi a base silicea hanno trovato applicazione come fasi stazionarie per la separazione cromatografica di composti organici. Se opportunamente funzionalizzati, i materiali mesoporosi mostrano unaffinit anche per gli ioni metallici e risultano pertanto utilizzabili nel recupero/rimozione di tali specie. Attualmente, laffinit verso gli ioni metallici esaltata attraverso lintroduzione di gruppi funzionali quali mercapto-, amminopropilici, etc. In questo lavoro si sono valutate le prestazioni di un materiale mesoporoso siliceo (SBA-15) funzionalizzato con trietossisililbutirronitrile, precursore di gruppi (CH2)3COOH, quale fase stazionaria per leluizione di ioni di metalli pesanti (Cd2+, Co2+, Cu2+, Fe3+, Ni2+, Pb2+, Zn2+) in cromatografia di scambio cationico. Dopo la sintesi, il materiale (SBA15-COOH) stato caratterizzato mediante tecniche di diffrazione di raggi X, FTIR e mediante misure di adsorbimento-desorbimento di N2. Attraverso una titolazione potenziometrica sono state inoltre valutate capacit acida e pKa dei gruppi (CH2)3COOH. Il comportamento cromatografico dei metalli sulla fase stazionaria SBA15-COOH stato studiato con diverse tipologie di eluente (acidi metansolfonico, piridin-2,6-dicarbossilico e ossalico), variandone le condizioni di concentrazione, pH e forza ionica. Attraverso i risultati ottenuti si sono discriminate le propriet di coordinazione e di scambio cationico del materiale verso i metalli e si ottimizzata uneluizione a gradiente per la separazione di cinque fra gli ioni metallici considerati.

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MI09 SEPARAZIONE E ARRICCHIMENTO DI TENSIOATTIVI ANIONICI IN MATRICI ACQUOSE MEDIANTE CROMATOGRAFIA IONICA Maria Concetta Bruzzoniti, Rosa Maria De Carlo, Corrado Sarzanini Dipartimento di Chimica Analitica, Universit di Torino, Via P. Giuria 5, 10125 Torino e-mail: rosa.decarlo@unito.it

Lutilizzo di tensioattivi ampiamente diffuso e correlato a diverse attivit antropiche. A seconda delle loro caratteristiche chimiche i tensioattivi possono essere classificati in anionici, cationici, non-ionici e anfoteri. Per quanto riguarda i tensioattivi anionici, i composti appartenenti alle famiglie degli alcansolfonati, alchilsolfati e alchilbenzensolfonati sono impiegati soprattutto nella produzione di detergenti e il loro uso estensivo comporta il loro inevitabile rilascio nellambiente, con particolare riferimento al comparto acquoso. La metodica ufficiale per la determinazione dei tensioattivi anionici nelle acque (espressi come tensioattivi totali) basata sulla determinazione colorimetrica dopo reazione con blu di metilene. In questo lavoro si sviluppato un metodo per la determinazione degli acidi metan-, etan-, propan-, butan-, pentan-, esan-, eptan-, ottan-, nonan-, decan-, dodecan-, benzen-, p-toluensolfonico, ottil- e dodecil- solfato di sodio mediante cromatografia di scambio anionico e rivelazione conduttimetrica con soppressione. La fase stazionaria uno scambiatore anionico IonPac AS11 (Dionex) idrossido- selettivo. Visto lelevato numero di analiti considerati e la loro eterogeneit, lottimizzazione della separazione avvenuta attraverso uno studio dettagliato della variazione dei fattori di capacit al variare della composizione delleluente. In particolare, si studiato leffetto della concentrazione di NaOH e della presenza di modificanti organici (CH3OH e CH3CN) sulla separazione. I risultati ottenuti hanno dimostrato la necessit di operare mediante uneluizione a gradiente la cui composizione finale, dopo ottimizzazione, ha portato alla separazione di tutti gli analiti considerati. Successivamente, si sono valutate eventuali interferenze dovute ad anioni tipicamente presenti nelle acque (Cl-, NO3-, SO42-) e si sviluppata una procedura di arricchimento fuori-linea dei tensioattivi mediante estrazione in fase solida con cartucce a riempimento polimerico (SDB-1, Baker). Le rese di recupero sono particolarmente elevate per gli alchilsolfati, gli alchilbenzensolfonati e per gli alcansolfonati a catena medio-lunga. Il metodo sviluppato stato applicato alla preconcentrazione e determinazione dei tensioattivi in un campione di acqua di mare.

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MI10 BIOMARKERS NEL LOMBRICO Lumbricus terrestris Antonio Calisi, Maria Giulia Lionetto, Maria Elena Giordano, Trifone Schettino Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Ambientali- Universit del Salento, Via Provinciale Lecce- Monteroni 73100 Lecce e-mail: a.calisi@fisiologia.unile.it, giulia.lionetto@unile.it, trifone.schettino@unile.it I lombrichi sono organismi molto importanti per la funzionalit del sistema suolo in quanto intervengono nel riciclo dei materiali organici e nella loro trasformazione in humus e svolgono unimportantissima azione di rimescolamento del terreno con conseguente aumento dellaerazione e della capacit di drenaggio del suolo. Per tali motivi i lombrichi sono largamente utilizzati come bioindicatori della qualit del suolo (Lanno et al., 2004). Obiettivo del presente lavoro lo studio di una batteria di biomarkers molecolari e cellulari in Lumbricus terrestris, una delle pi comuni specie di lombrico, al fine di un suo potenziale utilizzo nella valutazione del rischio chimico ambientale del suolo. Esemplari di Lumbricus terrestris sono stati esposti in laboratorio ad alcuni dei pi comuni pesticidi utilizzati in agricoltura quali il solfato di rame e il metiocarb. Su tali esemplari stato studiato un nuovo biomarkers, rappresentato dalla misura di alterazioni morfometriche dei celomociti, insieme a biomarkers gi standardizzati, quali livelli tissutali di metallotioneine, attivit di acetilcolinesterasi e stabilit della membrana lisosomiale. I biomarkers molecolari e cellulari sono stati confrontati con la misura di endpoints ecologici quali la misura della biomassa e della mortalit. I risultati ottenuti hanno mostrato un significativo (P<0.01) incremento delle dimensioni dei celomociti sia negli animali esposti al CuSO4 sia in quelli esposti al metiocarb, suggerendo una potenziale applicazione di tale alterazione come biomarker generale di esposizione a contaminanti chimici. Negli animali esposti al CuSO4 stato registrato un significativo incremento dei livelli di metallotioneine (P<0.001), mentre in quelli esposti al metiocarb si osservato un significativo decremento dellattivit di acetilcolinesterasi (P<0.0001). La stabilit della membrana lisosomiale ha subito un significativo decremento in entrambi i gruppi (P<0.0001). I biomarkers molecolari e cellulari hanno manifestato una buona correlazione con la misura della biomassa e della mortalit sia negli animali trattati con solfato di rame sia in quelli trattati con metiocarb. I risultati ottenuti hanno permesso di standardizzare una batteria di biomarkers generali e specifici in Lumbricus terrestris utile per lindividuazione della sindrome di stress indotta dai contaminanti chimici in questi organismi bioindicatori della qualit del suolo. Questo lavoro contribuisce ad incrementare le conoscenze sulle risposte molecolari e cellulari (biomarkers) che questi organismi sviluppano nei confronti dei contaminanti chimici presenti nel suolo al fine del loro utilizzo nella valutazione del rischio chimico nel suolo. Bibliografia Lanno, R.; Wells, J.; Conder, J.; Bradham, K.; Basta, N. Ecotox. Environ. Saf. 2004, 57, 3947.

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MI11 ATTIVIT ENZIMATICHE E INDUZIONE DI METALLOTIONEINE NEL MYTILUS GALLOPROVINCIALIS ESPOSTO AL CADMIO Antonella Di Leoa, Ermelinda Pratoa, Francesca Biandolinoa, Giovanna Calzarettib, Elisabetta Casalinob, Nicola Cardellicchioa
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Istituto Ambiente Marino Costiero - CNR - Taranto Via Roma , 3 - 74100 Taranto. Laboratorio di Biochimica Veterinaria, Dipartimento Farmaco Biologico, Universit di Bari, Str. Prov. per Casamassima, Km3 - 70010 Bari. e-mail: magda.dileo@iamc.cnr.it

Per contrastare gli effetti delle sostanze tossiche, gli organismi con levoluzione hanno sviluppato sistemi di difesa e detossificazione attraverso processi di biotrasformazione. Lo studio del metabolismo degli inquinanti in organismi acquatici pu svolgere un ruolo importante nella comprensione del destino ambientale, della biodisponibilit e degli eventuali processi di detossificazione a cui essi possono essere sottoposti nellambiente naturale. I molluschi bivalvi, quali Mytilus galloprovincialis. sono utilizzati in programmi di monitoraggio ambientale, attraverso lo studio di attivit di enzimi di detossificazione indotti dal bioaccumulo dei contaminanti. A tal proposito stata avviata una ricerca preliminare per valutare nel M. galloprovincialis, prelevato nel Mar Grande di Taranto, le risposte biochimiche allesposizione di cadmio. In laboratorio gli organismi, prima dellesposizione al contaminante, sono stati acclimatati per una settimana alle condizioni di laboratorio (T=162C, Salinit=36, pH=8.2) in acquari continuamente areati. Le analisi sono state eseguite sullepatopancreas di mitili di differente taglia [piccola (lunghezza 1.360.24cm), media (lunghezza 2.45 0.20cm) e grande (lunghezza 4.800.37cm)] esposti a concentrazioni crescenti di cadmio (100-200-300 gCd/l) per 4-7-10 giorni. Sugli esemplari stato determinato, oltre allaccumulo di Cd, il livello di Superossidodismutasi (SOD), della Catalasi, della Glutatione perossidasi (GPX), della glutatione reduttasi (GR) e linduzione delle metallotioneine. Il confronto tra i livelli di cadmio e le risposte biochimiche ha permesso di valutare, in particolare, le risposte dei mitili di taglia differente agli inquinanti. Dallanalisi multifattoriale (PCA) si evince che nei mitili di taglia piccola la glutatione perossidasi e la glutatione reduttasi diminuiscono allaumentare delle concentrazioni del Cd, mentre i livelli di metallotioneine e superossidodismutasi aumentano. Nei mitili, sia di taglia media che grande, solo la glutatione perossidasi diminuisce allaumentare delle concentrazioni del Cd, mentre le metallotioneine e la superossidodismutasi presentano nei mitili di taglia media lo stesso andamento riscontrato nei mitili di taglia piccola. Nei molluschi pi grandi, invece oltre alle metallotioneine anche la catalasi aumenta allaumentare dei livelli di cadmio. Sono state riscontrate, inoltre, differenze significative tra i mitili di controllo di taglia piccola e quelli medio-grandi nei diversi parametri studiati.

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MI12 STUDIO DI UN NUOVO BIOASSAY IN VITRO BASATO SULLA MISURA DI INIBIZIONE DELLATTIVIT ENZIMATICA DI ANIDRASI CARBONICA E. Erroi, M.G. Lionetto, M.E. Giordano, T. Schettino Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali; via Prov.le Lecce-Monteroni, Universit del Salento (Italy) e-mail: elisaerroi@libero.it I bioassays sono saggi ecotossicologici che utilizzano sistemi biologici in vitro o in vivo (specie test) per rilevare la presenza di composti chimici tossici nelle matrici ambientali (acque, sedimenti, reflui) (Tarazona et al., 1995). Negli ultimi anni cresciuto linteresse nei confronti dei bioassays in vitro che risultano strumenti facili da gestire, poco costosi e adatti per il pre-screening di campioni ambientali e, inoltre, riducono lutilizzo di animali vivi. In un precedente studio (Lionetto et al., 2005) stato sviluppato un bioassay in vitro basato sullinibizione dellattivit dellenzima anidrasi carbonica (isoforma II estratta da eritrociti bovini) da parte di contaminanti chimici ambientali quali metalli pesanti, PCB e pesticidi. Lanidrasi carbonica (CA) un metallo-enzima ubiquitario, presente in batteri, piante e animali, che catalizza la reazione di idratazione reversibile di CO2 in H+ e HCO-3, utilizzando lo zinco come cofattore, e gioca un ruolo fondamentale in molti processi fisiologici, come la respirazione, il trasporto ionico, la regolazione acido-base e la calcificazione. Lo scopo del presente lavoro stato quello di utilizzare questo bioassay in vitro, precedentemente standardizzato solo su composti puri, per rivelare la tossicit generale di campioni ambientali reali, rappresentati da elutriati ottenuti da campioni di sedimento provenienti dal porto di Brindisi. Lattivit enzimatica di CA stata dosata elettrometricamente attraverso la misura della variazione di pH della miscela di reazione contenente CO2 come substrato dellenzima. Il nuovo bioassay in vitro stato standardizzato per lapplicazione su campioni marini e ha manifestato un diverso grado di sensibilit nei confronti delle varie diluizioni degli elutriati. Nel corso di tale studio, per comprendere al meglio la sensibilit di tale bioassay, gli stessi campioni di elutriato sono stati analizzati con altri due tests di tossicit, gi standardizzati e consigliati dallICRAM per la valutazione della tossicit di sedimenti marini, quali il test di spermiotossicit su Paracentrotus lividus e il test di sopravvivenza a 24 ore su Brachionus plicatilis. I risultati ottenuti con questi due tests in vivo sono simili a quelli ottenuti con il nuovo bioassay in vitro, dimostrandone laffidabilit. Il bioassay in vitro basato sullinibizione dellattivit enzimatica di CA pu rappresentare un nuovo strumento affidabile, sensibile, di facile impiego e a basso costo per le analisi di routine nel monitoraggio ambientale. Esso pu fornire utili informazioni sulla tossicit generale di campioni ambientali reali senza la necessit di utilizzare organismi vivi. Bibliografia Lionetto M.G., Caricato R., Erroi E., Giordano M.E., Schettino T. International Journal of Environmental Analitical Chemistry 2005, 85:895-903 Tarazona J.V., Carballo M., Castaoz M.J. In: Cell Biology Environmental Toxicology, Cajaraville M.P. editor, 1995 pp.15-28

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MI13 FITOMONITORAGGIO: UTILIZZO DELLA VEGETAZIONE ESISTENTE PER LA DETERMINAZIONE DELLA QUALIT AMBIENTALE Alessandra Gengaa, Marco Lazzoia, Antonio Micelib, Carmine Negrob, Maria Sicilianoa, Luca Tommasib
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Dipartimento di Scienze dei Materiali; bDipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali - Universit del Salento, Via per Monteroni, 73100 Lecce Alessandra.genga@unile.it

Il monitoraggio ambientale basato sulle convenzionali metodologie di rilevamento presenta spesso dei limiti in quanto in grado di controllare solo pochi inquinanti in stazioni fisse, necessariamente ridotte come numero a causa degli alti costi di impianto, gestione ed esercizio. A ci si aggiunge la necessit di acquisire informazioni relative allaccumulo ed ai conseguenti effetti biologici degli inquinanti. Considerando la rarit di episodi acuti e la diffusione e persistenza di specie inquinanti anche a basse concentrazioni su aree geografiche di diversa estensione, duopo valutare il danno invisibile conseguente alle variazioni di parametri fisico-chimici ambientali. Risulta, quindi, necessario integrare i dati analitici convenzionali con altri in grado di evidenziare anche gli effetti biologici. A tal fine, trovano ampia applicazione le tecniche di biomonitoraggio che, utilizzando organismi viventi, permettono di determinare gli effetti sugli stessi degli inquinanti presenti nellambiente. Un ruolo rilevante giocato dal fitomonitoraggio, il quale offre la possibilit di valutare il danno biologico e/o laccumulo di sostanze tossiche in piante idonee esistenti o coltivate e/o esposte nellambiente da analizzare. Nel presente lavoro sono illustrati i risultati preliminari di una campagna di fitomonitoraggio, effettuata nel settembre 2006, per la determinazione di alcuni metalli pesanti (Cr, V, Pb, Cu e Cd) contenuti in due specie vegetative (Vitis spp. e Pinus spp.), campionate in una zona agricola della provincia di Lecce, localizzata nelle vicinanze di un cementificio. In particolare il campionamento consistito nella raccolta di foglie di vite e aghi di pino presenti in un raggio compreso tra 0.4 e 2 km dal cementificio. Le concentrazioni degli elementi su indicati sono state determinate mediante Spettroscopia di Assorbimento Atomico con fornetto di grafite e i dati ottenuti sono stati elaborati tramite tecniche statistiche multivariate (PCA). I risultati mostrano come il contenuto dei metalli sia mediamente maggiore nel pino; inoltre, nei campioni di vite si pu notare una notevole variabilit della quantit di Cu, la cui presenza pu essere attribuita anche allimpiego, piuttosto frequente nelle pratiche agricole, di anticrittogamici. Lelaborazione statistica dei dati ha evidenziato, per la prima volta a nostra conoscenza, la stretta correlazione nellaccumulo di Cr e V, in entrambe le specie vegetali analizzate, probabilmente dovuta a meccanismi fisiologici di accumulo simili. Il Pb, inoltre, mostra un comportamento differente nelle due specie: nella vite covaria insieme a Cr e V, mentre nel pino presenta un andamento indipendente, il che potrebbe essere dovuto ad un diverso meccanismo fisiologico di accumulo e/o trasporto nelle due specie.

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MI14 APPLICAZIONE DELLA TECNICA COMBINATA SDFFF-CID-ETAAS PER LA CARATTERIZZAZIONE DI MATERIALE PARTICOLATO COLLOIDALE DI INTERESSE AMBIENTALE Gabriella Bloa, Catia Contadoa, Cristina Costaa, Francesco Dondia, Antonella Pagnonia , Alessio Ceccarinib, Roger Fuocob a) Dipartimento di Chimica, Universit di Ferrara, via L. Borsari 46, 44100 Ferrara. b) Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Universit di Pisa, via Risorgimento 35, 56126 Pisa e-mail: gbc@unife.it Si presentano alcuni risultati dello studio di caratterizzazione dimensionale ed elementale di particolati colloidali di interesse ambientale, in relazione al loro contenuto di metalli pesanti, mediante lapplicazione di un sistema analitico di tecniche accoppiate, la tecnica di Sedimentation Field Flow Fractionation (SdFFF), combinata in modalit on-line, con la tecnica Electrothermal Atomic Absorption Spectroscopy (ETAAS), attraverso un particolare sistema di deposizioneconcentrazione diretta del campione nel fornetto di grafite, denominato CID (Capillary Injection Device)1. Il sistema analitico messo a punto, mediante laccoppiamento on-line degli strumenti SdFFF ed ETAAS, tramite CID, presenta prestazioni di sensibilit ed accuratezza che consentono di evitare le lunghe operazioni di preconcentrazione off-line, laboriose e ad elevato rischio di contaminazione o alterazione del campione. La duplice caratterizzazione realizzata con questo approccio metodologico interessante per lo studio di matrici naturali come il particolato sospeso nei corpi idrici (SPM), laerosol atmosferico (PM) ed i sedimenti, il cui ruolo nei processi ambientali fortemente condizionato dalle loro dimensioni. Lo studio applicativo svolto ha interessato la caratterizzazione di alcuni campioni di queste matrici ambientali, per la determinazione di alcuni elementi specifici (Fe, Al e Pb).

Bibliografia 1. Blo G.; Ceccarini A.; Conato C., Contado C.; Fagioli F.; Fuoco R.; Pagnoni A.; Dondi F. Anal.Bioanal.Chem. 2006, 384, 922-30.

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MI15 PREPARAZIONE DEL CAMPIONE ED ANALISI GC-MS DI STIRENE ED ALTRI VOC NELLE RESINE POLIESTERE INSATURE Giovanna Mangani e Alessandro Tiberi Universit degli Studi Carlo Bo di Urbino Centro di Studio per la Chimica dellAmbiente e le Tecnologie Strumentali Avanzate Via Saffi 2 61029 Urbino Italy giovanna.mangani@uniurb.it Lo stirene ed altri VOC quali -metilstirene, o, m, p, metilstirene sono presenti nelle resine poliestere insature sia come solventi che come monomeri per contribuire alle reazioni di polimerizzazione quando alla resina viene aggiunto un catalizzatore perossidico. La determinazione quantitativa dello stirene e degli altri VOC riveste molta importanza sia dal punto di vista occupazionale che tecnico dato il largo impiego nellindustria, con particolare riguardo allindustria nautica. Esistono metodi di analisi dei VOC sia gravimetrici che gascromatografici con colonna impaccata e rivelatore FID che non permettono lidentificazione certa dei VOC presenti nella resina. In questo lavoro viene proposto un metodo di preparazione del campione ed analisi GC-MS dei VOC presenti nelle resine poliestere insature, che permette sia la loro determinazione qualitativa che quantitativa. La preparazione del campione stata eseguita utilizzando levaporazione sotto vuoto dei VOC seguita dal loro adsorbimento in trappole contenenti Carbograph 4. Successivamente i VOC sono stati recuperati dalla trappola per eluizione con diclorometano e 2L delleluato sono stati iniettati nellapparato GC-MS. Per la calibrazione stato utilizzatolo stirene deuterato, che veniva aggiunto in quantit nota al campione da analizzare. Sono riportati i risultati relativi allanalisi di 7 diverse resine poliestere insature.

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MI16 IMMOBILIZZAZIONE DI INQUINANTI SU CELLULE BATTERICHE: IDENTIFICAZIONE DI SITI DI BINDING MEDIANTE SPETTROSCOPIA ATRFTIR DIFFERENZIALE Livia Giottaa, Francesca Italianob, Francesco Milanob, Angela Agostianob,c, Massimo Trottab Dipartimento di Scienza dei Materiali, Universit del Salento, Strada Provinciale per Monteroni, 73100 Lecce, bCNR - Istituto per i Processi Chimico-Fisici, Sezione di Bari, c/o Dipartimento di Chimica, via Orabona, 4 - 70124 Bari c Dipartimento di Chimica, Universit di Bari, via Orabona, 4 70124 Bari e-mail: livia.giotta@unile.it Diversi microrganismi presentano interessanti capacit bioassorbenti nei confronti di sostanze tossiche e risultano pertanto interessanti per lo sviluppo di tecniche di risanamento di siti inquinati (bioremediation)1,2. In particolare limmobilizzazione di metalli pesanti sulla superficie cellulare esterna stata dimostrata per una ampia variet di ceppi batterici. La parete cellulare e la membrana esterna (per i Gram-negativi) presentano infatti una struttura chimica molto complessa, ricca di gruppi funzionali che manifestano elevata affinit per i protoni e per diversi cationi metallici tossici. Allo scopo di selezionare i ceppi pi versatili ed eventualmente realizzare un miglioramento dei microrganismi basato sullingegneria genetica, fondamentale identificare i siti di binding maggiormente coinvolti nellimmobilizzazione dei metalli pesanti. Le transizioni energetiche nellambito dei livelli vibrazionali delle molecole, promosse dalla radiazione elettromagnetica infrarossa, sono fortemente influenzate dallintorno chimico risultando sensibili ad eventi di binding. La spettroscopia infrarossa in riflettanza totale attenuata (ATR) stata dunque utilizzata con successo per delucidare la natura chimica dei gruppi funzionali protonabili, responsabili dellimmobilizzazione di Co2+ e Ni2+ sulla superficie esterna di Rhodobacter sphaeroides3, un microrganismo fototrofo Gram-negativo, appartenente alla famiglia dei batteri rossi non sulfurei. Lutilizzo di una cella in flusso e la modalit differenziale di acquisizione degli spettri ha permesso di sviluppare un protocollo altamente efficace per lanalisi di sottili biofilm batterici e di rivelare con estrema sensibilit gli eventi di binding a carico delle strutture cellulari esterne.
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Malik. A. Environ Int 2004, 30, 261-78 Munoz, R.; Alvarez, M.T.; Munoz, A.; Terrazas, E.; Guieysse, B.; Mattiasson B. Chemosphere 2006, 63, 903-11 3 Buccolieri, A.; Italiano, F.; DellAtti, A.; Buccolieri, G.; Giotta, L.; Agostiano, A.; Milano, F.; Trotta, M. Ann Chim 2006, 96, 195-203

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MI17 ANALISI PROTEOMICA DELLEFFFETTO DEL COBALTO SULLAPPARATO FOTOSINTETICO DI RHODOBACTER SPHAEROIDES R26.1. Francesco Pisani(a), Luigi R. Ceci(b),Raffaele Gallerani(a,b), Francesca Italiano(c), Massimo Trotta(d), L. Zolla (e), S. Rinalducci (e) e Francesca De Leo(b)
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Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare - Universit degli studi di Bari, (b) Istituto di Biomembrane e Bioenergetica (CNR), (c) Dipartimento di Chimica - Universit di Bari, (d) Istituto per i Processi Chimico Fisici (CNR) - Sezione di Bari, (e) Dipartimento di Sc. Ambientali Universit della Tuscia Viterbo. f.pisani@biologia.uniba.it

Rhodobacter sphaeroides un batterio Gram negativo, anaerobio facoltativo, fotosintetico, anossigenico non sulfureo, ben caratterizzato da un punto di vista biomolecolare, il suo genoma risulta infatti completamente sequenziato (1). Una caratteristica importante di questo batterio la capacit di crescere in presenza di elevate concentrazioni di cobalto nel mezzo di coltura (2). stato ipotizzato il coinvolgimento della biosintesi dellapparato fotosintetico nella risposta a questo metallo pesante. La nostra attenzione focalizzata allidentificazione delle proteine coinvolte in questa risposta attraverso unapproccio olistico, che possa quindi offrire un quadro generale a tal proposito. Tale approccio consistito nel confronto di una mappa elettroforetica bidimensionale ottenuta da Rhodobacter sphaeroides cresciuto in presenza di Co(II) con il relativo controllo. Abbiamo ottimizzato tale procedura sperimentale producendo un protocollo 2DE-PAGE che ci ha consentito di rilevare circa 800 spot nella sola porzione idrosolubile a punto isoelettrico acido (intervallo 4-7). Lanalisi differenziale delle mappe 2D ha rilevato circa 100 spot coinvolti nella risposta al cobalto. Per 21 di questi si sono ottenute informazioni quantitative. Tra questi ultimi ritroviamo enzimi coinvolti nella biosintesi della batterioclorofilla: la porfobilinogeno deaminasi e laconitasi, che risultano entrambi sotto-espressi in risposta al cobalto. Allanalisi proteomica stata affiancata lanalisi cinetica, questa ha dimostrato una riduzione dellattivit enzimatica della porfobilinogeno deaminasi, in proteine estratte da Rh. Spaeroides cresciuto in presenza di cobalto, di circa dieci volte rispetto al controllo. Questa inbizione sembra essere il risultato di effetto diretto da parete del Co(II) sullenzima, come ampiamente dimostrato in letteratura ma anche da una riduzione del livello trascrizionale e/o traduzionale del gene che codifica la porfobilinogeno deaminasi, come dimostrato dallanalisi 2D. Concludendo, lpproccio proteomico ha permesso di dimostrare che il Co(II) possiede uneffetto sulla biosintesi della batterioclorofilla anche a livello trascrizionale o traduzionale. Ultreiri analisi riguardo lattivit dellaconitasi sono in corso di attuazione per chiarire meglio il meccanismo di inbizione della biosintesi della batterioclorofilla da parte del cobalto. (1) http://www.rhodobacter.org/ (2) Giotta L., et al. Chemosphere 62 (2006) 1490-1499.

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MI18 RISULTATI PRELIMINARI SULLUTILIZZO DI SENSORI ANALITICI BIOLOGICI NEL MONITORAGGIO DELLE ACQUE MARINE COSTIERE Nadia Beatrice Barile a, Eliana Nerone a,Giuseppina Mascilongo a, Luca Bolellib, Stefano Girotti b Centro di Biologia Marina, Istituto Zooprofilattico Sperimentale dellAbruzzo e Molise G.Caporale, Viale Marinai dItalia, 20, 86039 Termoli, n.barile@izs.it b Dipartimento di Scienza dei Metalli, Elettrochimica e Tecniche Chimiche- Universit di Bologna, Via San Donato, 15, 40127 Bologna, stefano.girotti@unibo.it. Ai fini della valutazione della qualit delle acque marine costiere, stato sperimentato, un nuovo sistema biologico di preallarme (Mosselmonitor -Delta Consult-Olanda) che utilizza una batteria di otto molluschi bivalvi appartenenti alla specie Mytilus galloprovincialis e che rileva la percentuale di apertura valvare. Il sistema stato installato a circuito chiuso con acqua prelevata off-shore e, durante la sperimentazione, stato osservato il comportamento dei bivalvi sia in regime di alimentazione quotidiana con rata ipodietetica di Cheatoceros spp. e ricambio dellacqua su base settimanale sia in assenza di somministrazione algale e ricambio dellacqua effettuato ogni 36 ore. I parametri chimico-fisici dellacqua (T, pH, O2 e Salinit) sono stati rilevati ogni due ore attraverso una sonda multiparametrica.Dopo le fasi di adattamento ed osservazione degli organismi sono state simulate diverse prove di tossicit con concentrazioni crescenti di metalli pesanti (rame, mercurio, cadmio e piombo) per la valutazione della sensibilit del sistema agli inquinanti e per verificare, durante un periodo di esposizione di ventiquattro ore, il tipo e la durata degli allarmi prodotti.Il sistema utilizzato risultato utile al rilevamento dei livelli di inquinamento realmente presenti in natura. Per la valutazione della sensibilit del sistema agli inquinanti, sono state individuate le concentrazioni minime di effetto (LOEC) che hanno determinato gli allarmi di chiusura prolungati: 5 ppb per il rame, 0,01 ppb per il mercurio, 80 ppb per il cadmio e 250 ppb per il piombo. La performance del Mosselmonitor stata comparata con la risposta di un test per la tossicit acuta ampiamente utilizzato, il Microtox, basato su batteri marini bioluminescenti Vibrio fischeri. Il test della bioluminescenza risultato essere meno sensibile con le concentrazioni minime di effetto (LOEC) pari a 1 ppm per il rame, 0,5 ppm per il mercurio 10 ppm per il cadmio e 1 ppm per il piombo. Bibliografia Baldwin I.G., Kramer K.J.M., Biological Early Waming Systems (BEWS), Biomonitoring of Coostal Waters and Estuaries. K.J.M. Kramer (Ed.), CRC Press, Boca Raton FL, 1994, pp.1128. Barile N.B., Recchi S., Nerone E., Monitoraggio delle acque marine costiere con molluschi bivalvi, Acqua & Aria, 2004, 7, 28-31 S.Girotti, L.Bolelli, F.Fini, M.Monari, G.Andreani, G.Isani, E.Carpen. Trace metals in the archid clam Scapharca inaequivalvis: effects of molluscan extract on bioluminescent bacteria. Chemosphere, 65 (4), 627-633, 2006.
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MI19 CALIBRAZIONE DI UN PROFILATORE PER MISURE FLUORIMETRICHE IN SITU PER LO SVILUPPO DI MODELLI BIOOTTICI SATELLITARI Raffaella Matarresea, Vito De Pasqualeb, Sergio Rochirac, Pinalysa Cosmac, Massimo Trottad, Maria Teresa Chiaradiaa, Guido Pasquariellob Dipartimento interateneo di Fisica Politecnico di Bari, bCNR - Istituto di Studi sui Sistemi Intelligenti e lAutomazione cDipartimento di Chimica Universit degli studi di Bari dCNR Istituto per i Processi Chimico Fisici - Bari e-mail: Raffaella.matarrese@ba.infn.it Le acque costiere rappresentano solo una piccola frazione delle acque naturali del pianeta, ma risultano di fondamentale importanza per il loro ruolo economico, sociale ed ecologico. Il loro monitoraggio assume, dunque, una particolare rilevanza. La misura di parametri fisici, chimici e biologici che fungono da indicatori della qualit delle acque effettuata tradizionalmente con campagne periodiche di prelievo di campioni a mare. I recenti sviluppi dei sistemi di elaborazione dati di immagini satellitari, hanno mostrato come questa nuova tecnica possa integrarsi a quelle tradizionali, fornendo informazioni sinottiche e a basso costo di alcuni indici dello stato delle acque. Da misure satellitari sono determinabili solo quelle sostanze che interagiscono con la radiazione solare che ha attraversato la superficie marina, ovvero la clorofilla di alghe e cianobatteri, i sedimenti sospesi e la sostanza gialla. Gli algoritmi ad oggi disponibili sono ottimizzati per misure in acque oceaniche (Caso I). Per le aree costiere (Caso II), tuttavia, tali algoritmi possono non essere adeguati ed quindi necessario svilupparne una versione che sia adatta alle caratteristiche di queste acque, che possono variare drasticamente da zona a zona. Tale sviluppo pu essere effettuato solo utilizzando misure chimiche, biochimiche e radiometriche in situ. Il contenuto in clorofilla di unacqua direttamente legato alla quantit di microrganismi fotosintetici ivi contenuti. La loro distribuzione in termini di specie e di concentrazione fortemente dipendente dalle caratteristiche chimico fisiche delle acque, come ad esempio temperatura, pH e soprattutto concentrazione di nutriliti. Questi parametri dipendono dalla zona costiera dalla quale i prelievi sono effettuati e tendono ad essere differenti fra i siti di Taranto, Margherita di Savoia e Isole Tremiti oggetto dellindagine. Le misure in situ del contenuto in clorofilla parametro su cui si focalizza questo lavoro, sono effettuate tramite misure fluorimetriche. Campioni di acqua prelevati nelle posizioni delle misure, sono successivamente analizzati in laboratorio con cromatografia liquida. Le misure fluorimetriche sono cos calibrate con i valori ottenuti in laboratorio e vengono a loro volta utilizzate per calibrare gli algoritmi satellitari. In questo lavoro verranno presentate misure fluorimetriche e radiometriche, ottenute con un profilatore della Satlantic Inc., che rappresentano i valori di riflettanza superficiale dellacqua corretti atmosfericamente da satellite. Saranno inoltre presentate le calibrazioni del profilatore ottenute con le alghe Clorella, Laminaria, Fucus vesciculus ed il cianobatterio Spirulina e la correlazione di questi dati con le misure di fluorescenza in situ. Mobley, C.D. Light and water: radiative transfer in natural waters. 1994 Academic Press
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MI20 SIMPLE AND RAPIDE DETERMINATION OF POLYCYCLIC AROMATIC HYDROCARBONS IN DIFFERENT WASTEWATERS, SEWAGE SLUDGES AND STREAM WATERS SAMPLES BY LIQUID CHROMATOGRAPHY WITH FLUORIMETRIC AND UV DETECTION Filippo LoCoco1, Donatella Restuccia2, Giuliana Vinci2 , Gianpiero Adami3
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Department of Economic Sciences, Environmental Field, University of Udine Via Tomadini, 30/A 33100 Udine - Italy; filippo.lococo@uniud.it 2 Department for the Technologies, Resources and Development Sapienza University of Rome - Via del Castro Laurenziano, 9 00161 Rome - Italy; giuliana.vinci@uniroma1.it; donatella.restuccia@uniroma1.it 3 Dpartment of Chemical Sciences, University of Trieste - Via L. Giorgieri, 1 - 34127 Trieste, Italy. adami@dsch.univ.trieste.it

Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) are an important group of organic and ubiquitous contaminants with carcinogenic and mutagenic properties, persistent in different ecosystems (1). Several natural and anthropogenic processes are responsible for PAHs production such as human excretion products, household disposals, fossil fuel spillage, and urban runoff inputs that flush the organics deposited on the ground surface from vehicles or heating systems (2). The aim of this work is the analytical determination of 16 priority EPA PAHs in different samples coming from an Italian garbage dump applying liquid chromatography with both fluorimetric and UV detection. Extraction and clean-up of the compounds have been achieved in a single step procedure (3). Different sample typology has been analyzed: 16 wastewater (WW), 3 sewage sludges (SS) and 2 stream water (SW) samples. The method showed recovery values ranging from 92% (pyrene) to 106% (naphthalene) with good values of linearity, sensitivity, reproducibility and repeatability. The sum of 16 considered compounds ranged from 0.96 to 21.45 g/L for WW, from 1.26 to 9.54 g/L for SW and from 152.31 and 502.41 g/Kg for SS. References 1) Wild S:R.; Jones K.C. Environ. Poll., 1995, 88, 3 2) Roger H.R. Sci. Total Environ. 1996, 185, 1706 3) Zoccolillo L., Amendola L., Tarallo G.A., Intern. J. Environ. Anal. Chem., 1996, 91, 91-98

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MI21 IDENTIFICAZIONE DI MOLECOLE SEGNALE MEDIANTE CROMATOGRAFIA LIQUIDA E SPETTROMETRIA DI MASSA IN TRASFORMATA DI FOURIER (LCESI-FTMS) ED IMPLICAZIONI DEL QUORUM SENSING IN BATTERI GRAMNEGATIVI COINVOLTI NEI PROCESSI DI BIORISANAMENTO AMBIENTALE Tommaso R.I. Cataldi, Giuliana Bianco, Giuseppe Pace, Salvatore Abate Dipartimento di Chimica, Universit degli Studi della Basilicata, Via N. Sauro, 85, 85100, Potenza. (tommaso.cataldi@unibas.it) Linquinamento del suolo e delle risorse idriche da metalli pesanti, idrocarburi e sostanze xenobiotiche rappresenta un problema ambientale sempre pi pressante. La bioremediation o "risanamento mediato da agenti biologici", consiste nell'uso di organismi viventi per la degradazione e mineralizzazione di contaminanti organici e per la rimozione di quelli inorganici dai siti inquinati: suoli e acque. Numerosi ceppi batterici presenti nel suolo, manifestano livelli pi o meno elevati di resistenza ad inquinanti, come alcuni metalli pesanti, e sono in grado di biodegradarli, rendendoli innocui o meno tossici. I microrganismi sembrano essere particolarmente adatti ai cosidetti processi di biodegradazione di inquinanti ambientali per ragioni presumibilmente legate a: (i) struttura cellulare estremamente semplice; (ii) altissima capacit di adattamento, anche agli ambienti pi difficili; (iii) crescita di tipo esponenziale. La riduzione di Cr(VI) a Cr(III) ad opera di Pseudomonas aeruginosa [ i ], la biodegrazione del fenolo da parte di Serratia liquefaciens [ ii ], e degli idrocarburi policiclici aromatici ad opera di P. fluorescens, S. liquefaciens e ceppi di Micrococcus [ iii ] sono esempi di processi di detossificazione di siti contaminati ad opera di batteri. Nel caso di degradazione di contaminanti organici, i batteri utilizzano tali composti quale fonte di carbonio e di energia per supportare il metabolismo cellulare e la crescita della popolazione. La bioremediation mediata da biofilm considerata una strategia molto interessante dal momento che le cellule in un biofilm hanno una migliore possibilit di adattamento e sopravvivenza, specie durante periodi di stress, essendo protetti dalla matrice [ iv ]. Un biofilm una comunit strutturata di cellule batteriche racchiuse in una matrice polimerica autoprodotta ed adesa ad una superficie inerte o vivente. Lorganizzazione del biofilm in strutture multicellulari complesse percepita dalle cellule una volta che sia stata raggiunta una concentrazione soglia, ed regolata da una costante modulazione dei segnali chimici intercellulari con una sorta di comunicazione che si traduce in un processo noto come quorum sensing [ v ]. Nei batteri gram-negativi, la comunicazione cellulare avviene attraverso lattivit di autoinduttori appartenenti alla famiglia dei lattoni omoserinici acilati (AHL) [ vi ]. Lalta densit di popolazione di cellule nei biofilm, porta all'ipotesi che gli AHL potrebbero avere importanti funzioni in queste comunit, stimolando limmobilizzazione e la degradazione degli inquinanti ad opera dei microrganismi autoctoni presenti [ vii ]. Ad esempio, il microrganismo fotosintetico Rhodobacter sphaeroides un batterio gram-negativo in grado di bioassorbire diversi metalli pesanti [ viii ]. La sua aggregazione cellulare con conseguente formazione di biofilm e lattivit metabolica influenzata dal quorum sensing attraverso la produzione di 7,8-cis-N-(tetradecenoil)omoserin-lattone, C14:1-HSL, in qualit di autoinduttore [ ix ]. Le attivit in corso nel nostro laboratorio sono rivolte, alla determinazione dellintera famiglia di molecole segnale coinvolte nel quorum sensing mediante cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa con ionizzazione ESI e rivelazione con trappola ionica ciclotronica in trasformata di Fourier caratterizzata da altissima accuratezza e risoluzione 225

(LC-ESI-FTICR-MS) [ x ], allo sviluppo di algoritmi per ottimizzare e rendere pi rapida lindividuazione di molecole segnale e dei loro precursori (S-adenosil-metionina, 5-deossi5-metiltio-adenosina, esteri dellacido 3-idrossi-palmitico, lipopeptidi ciclici, ecc.) e alla selezione di batteri gram-negativi di elevato interesse ambientale ed industriale per la rimozione di inquinanti da matrici contaminate. Molto promettente limpiego di colture differenti che risultano in genere pi efficaci per i sinergismi biodegradativi che possono risultare dalla presenza contemporanea di gruppi microbici affini o complementari in termini di attivit. In questa comunicazione saranno riportati i risultati ottenuti nella fase di caratterizzazione dellintero set di lattoni dellN-acilomoserina in estratti di colture batteriche di P. aeruginosa e S. liquefaciens. Oltre ai noti AHL: butanoil-, esanoil-, ottanoil-, decanoil-, dodecanoil-, tetradecanoil-, 3-cheto-esanoil-, e 3-cheto-ottanoil (i.e., C4-HSL, C6-HSL, C8HSL, C10-HSL, C12-HSL, C14-HSL, 3-O-C6-HSL, e 3-O-C8-HSL), sono stati identificati per la prima volta, mediante misure di massa accurate, alcuni AHL insaturi, con singola o doppia insaturazione, 3-O-C10:1-HSL, 3-O-C11:2-HSL, 3-O-C13:2-HSL e persino un composto con un numero di atomi di carbonio della catena laterale pari a 16: 3-idrossi-C16-HSL. Il ruolo di tutti questi autoinduttori nella comunicazione batterica intercellulare in generale e nel risanamento ambientale resta tutto da definire. Bibliografia 1) Ganguli, A., Tripathi, A.K., Lett. Appl. Microbiol. 1999, 28, 76-80. 2) Sharma, A., Kachroo, D., Kumar, R., Environ. Monit. Assess. 2002, 76, 195-211. 3) Mesdaghinia, A.R., Nasseri, S., Arbabi, M., Rezaie, S., Proceedings of the 9th International Conference on Environmental Science and Technology, Rhodes Island, Greece, 1-3 September 2005 (accesso al sito: April 2007, http://www.ath.aegean.gr/srcosmos/showpub.aspx?aa=6464) 4) Decho, A.W., Cont. Shelf Res. 2000, 20, 1257-1273. 5) Stanley, N.R., Lazazzera BA. Mol. Microbiol. 2004, 52, 917-924. 6) Cmara, M., Daykin, M., Chabra, S.R., Meth. Microbiol., 1998, 27, 319-330. 7) Singh, R., Paul, D., Jain, R.K., Trends Microbiol. 2006, 14, 389-397. 8) Giotta, L., Agostiano, A., Italiano, F., Milano, F., Trotta, M., Chemosphere 2006, 62, 1490-1499. 9) Puskas, A., Greenberg, E.P., Kaplan, S., Schaefer, A.L., J. Bacteriol. 1997, 179, 75307537. 10) Cataldi, T.R.I., Bianco, G., Abate S., inviato per la pubblicazione, 2007.

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MI22 SVILUPPO DI UNA NUOVA COLONNA PER LA MISURA DI ACIDI ALOACETICI NELLACQUA POTABILE CON IC/MS E IC/MS/MS S. Cavalli, S. Ghirlanda - Dionex (Europe) Management AG R. Al-Horr, C. Saini, R. Slingsby e C. Pohl - Dionex Corporation, Sunnyvale, CA, USA Gli acidi aloacetici (HAA) risultano tra i sottoprodotti della disinfezione generate durante la clorazione dellacqua contenete material organica di origine naturale e bromuri. I metodi EPA 552.1 e 552.2 usati per determinare gli HAA richiedo una tediosa derivatizzazione e diversi passaggi di estrazione seguiti da gas cromatografia (GC) con rivelazione a cattura delettroni (ECD) e spettrometria di massa (MS). Laccoppiamento cromatografia ionica spettrometria di massa (IC-MS e IC-MS/MS) offre unalternativa sensibile e selettiva e non richiede pretrattamento del campione. Lacqua iniettata direttamente nel cromatografo ionico accoppiato ad uno spettrometro di massa con triplo quadrupolo. La separazione di tutti i 9 HAA citati nel metodo EPA si realizza su una colonna a scambio anionico ad alta capacit da 2 x 250 mm o 1 x 250 mm usando un semplice gradiente idrossido. Si ottiene uneccellente risoluzione dei picchi e linearit tra 0.4 g/L e 100 g/L in una matrice contenente fino a 250 mg/L ciascuno di cloruri e solfati e 30 mg/L di nitrate. Usando 13CClH2COOH come standard interno il limite di rivelabilit inferiore a 0.4 g/L per ciascuno dei 5 HAA regolamentati e meno di 1 g/L per gli altri quattro. Non si osserva alcun significativo effetto matrice. In una matrice simulata delle concentrazioni riportate, i recuperi di tutti i nove HAA sono superiori al 90%.

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MI23 DETERMINAZIONE DI CONTAMINANTI IONICI IN MATRICI DIVERSE USANDO LA TECNICA DI ESTRAZIONE ACCELERATA CON SOLVENTE (ASE) S. Cavalli, S. Ghirlanda - Dionex (Europe) Management AG, Olten CH S. Henderson, E. Francis, R. Carlson, B. Murphy, B. Dorich e B. Richter - Dionex Corporation, Salt Lake City, Utah USA Una tecnica di estrazione automatizzata come lestrazione accelerata con solvente (ASE) sostituisce tecniche laboriose e che richiedono elevate quantit di solvente come il Soxhlet e lestrazione con ultrasuoni. Lestrazione delle maggior parte delle sostanze da un matrice solida d luogo ad una miscela di componenti. La tecnica ASE ampiamente utilizzata per lestrazione di composti apolari e polari, ma scarsamente usata per lestrazione dei composti ionici. Scegliendo la polarit del solvente di estrazione in modo che coincida con quella dellanalita bersaglio si ottiene unestrazione selettiva e nel presente lavoro si utilizzata questa tecnica di estrazione per lanalisi di coloranti proibiti in tessuti, perclorati nel suolo derivanti da contaminazioni ambientali da parte di propellenti per razzi, esplosivi e concimazioni, cromo nel suolo e nelle pelli. La tecnica ASE ha dimostrato la sua applicabilit anche allestrazione di composti ionici in differenti matrici.

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MI24 DETERMINAZIONE HPLC DI RITARDANTI DI FIAMMA POLIBROMURATI (PBFR) OTTIMIZZAZIONE E MIGLIORAMENTO DEI TEST ROHS. PARAGONE DEI METODI HPLC/UV, HPLC/MS E GC/MS Michael Riess1, Sandro Ghirlanda2, Silvano Cavalli2, John Richardson2 e Marion Wolf3
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Motorola Physical Realisation Research Center Europe, Rapid Environmental Assessment Lab, Heinrich-Hertz-Str 1, 65232 Taunusstein D 2 Dionex (Europe) Management AG - Solothurnerstrasse 259, 4600 Olten CH 3 University of Erlangen-Nuremberg, Institute for Inorganic Chemistry, Egerlandstr 1, 91058 Erlangen D

La Motorola opera il Rapid Environmental Assessment Lab (REAL) in Taunusstein, Germania come centro di eccellenza per la valutazione ambientale dei prodotti. Il laboratorio agisce come servizio interno a Motorola e per client esterni. REAL stabilisce le prestazioni dei prodotti elettronici secondo le direttive EU sulla restrizione delluso di sostanze pericolose (Restriction of Hazardous Substances Directive - RoHS) e dei rifiuti dellindustria elettrica ed elettronica (Waste from Electrical and Electronic Equipment - WEEE). La tecnica HPLC/UV permette la determinazione dei ritardanti di fiamma (bifenili polibromurati PBB e bifenili polibromurati ossidi PBDE) che sono limitati da RoHS. La prestazione del metodo HPLC/UV, usando strumentazione Dionex, sviluppato per permettere la determinazione e la quantificazione dei ritardanti di fiamma bromurati dalle famigli di PBB e PDE stato dimostrata. Il metodo stato presentato alla valutazione dei metodi test IEC come metodo per la valutazione RoHS. Il metodo stato paragonato alle prestazioni ottenute con tecniche LC/MS e GC/MS. Tutti e tre i metodi permettono la separazione del nona- dal decabromodifeniletere consentendo lanalisi di concentrazioni di nonabromodifeniletere che non sono esentate da RoHS.

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SESSIONE POSTER SM: SOSTENIBILIT AMBIENTALE E MONITORAGGIO

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SM01 INTEGRATING ENVIRONMENTAL ASPECTS IN TRADITIONAL ECONOMIC EVALUATION: THE CASE OF THE PROVINCE OF PESCARA Roberto Ridolfi, Riccardo Maria Pulselli, Antonio C. I. Pizzigallo, Simone Bastianoni Dept. of Chemical and Biosystems Sciences and Technology - University of Siena Via A. Moro, 2 53100 Siena e-mail: pizzigallo@unisi.it Different methodologies can be integrated in order to provide an organic evaluation of the environmental sustainability at the territorial level. A territory is a complex, dynamic and open system where a population lives, uses resources, produces, consumes, depletes and finally obtains economic performances. All these elements characterise human behaviour, which can be monitored, measured and compared to the capacity of the environment to sustain it in the long run. This paper presents an environmental sustainability assessment of the Province of Pescara based on the Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW) and the Greenhouse Gas Inventory. This study is aimed to study the interdependency of environmental, social and economic aspects, indicating sustainable development as the key for integrating the main (social, economic and environmental) dimensions of development in planning and policymaking. The ISEW is an ecological economic instrument created in order to integrate environmental and social aspects in the information embodied in GDP. The ISEW has been already calculated for several national economies but rarely for a region. This case-study is one of the first time series analyses for ISEW (1971-2003) applied to a local territorial system. The results show a stagnation of the ISEW after the 1980s, compared to a constant increase of GDP during the period 1971-2003. Greenhouse Gas Inventory is a methodology based on the guidelines by IPCC in order to link the responsibility of the emission of equivalent CO2 to certain behaviours of a population on a given area. This method is applied to the provincial system in the year 2003. Results show that the total emissions are equal to 2822 Gg eq. CO2. The emissions per capita are higher than the italian average value: 8.9 t eq. CO2/inhab. for the local system, and 8.2 t eq. CO2/inhab. for Italy. The major contributor to the final result is the energy sector that represents about of 61% of total emissions; this result is due to the high industrial density of the system. This paper shows that the results of these two approaches are important and complementary, and can provide fundamental information to policy makers interested in taking into consideration the issues of sustainable development. References Daly, H.E.; Cobb, J.B.; For the Common Good: Redirecting the Economy Towards Community, the Environment, and a Sustainable Future Beacon Press, Boston 1989, 482 pp. IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories; Eggleston H. S.; Buendia L.; Miwa K.; Ngara T.; Tanabe K. (eds). 2006, Published by IGES, Japan. Pulselli, F.M., Ciampalini, F., Tiezzi, E., Zappia, C., Ecological Economics, 2006, 60, 271281.

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SM02 THERMODYNAMICS AND ANTHROPIC SYSTEMS: A PHYSICAL VIEW OF GLOBALIZATION Nadia Marchettini, Federico Maria Pulselli, Enzo Tiezzi Dept. of Chemical and Biosystems Sciences and Technology - University of Siena Via della Diana, 2/A 53100 Siena email: fpulselli@unisi.it The 2nd Law of thermodynamics shows the universal tendency towards disorder (the general trend toward an entropy maximum), which is also loss of information and usable energy availability. This tendency to the Clausius thermal death takes to the thermodynamic equilibrium, through the destruction of gradients as well as diversities. There are two ways to achieve such a condition: a) when a system, becoming isolated, consumes its resources, increasing its internal entropy and, at the end, self-destruction; b) when, through energy exchanges as heat fluxes, a loss of differences in temperature occurs and nothing more can be done, because no exchange of usable energy is allowed. Contrary to living systems, that try to keep themselves as far as possible from thermodynamic equilibrium, as demonstrated by Prigogine and Morowitz, economic systems seem to be unaware of second principle. Two opposite trends of our society can be shown to put on evidence that twofold risk of entropic euthanasia at both local and global level. On the one hand, autarky: it is clear that an autarkical system, that is isolated from other systems, dealing with only its self-conservation, will tend towards thermodynamic equilibrium. On the other hand, globalization: it is defined as the economic integration of the globe by free trade, free capital mobility, and to a lesser extent by easy migration. It is the effective erasure of national boundaries for economic purposes, and a growing, and apparently endless, process, whose need is the worldwide compliance with market rules. Furthermore, the growing demand of energy and matter to support the global system and the increasing greenhouse effect imply that globalization contravenes the fundamental rules for a dissipative structure to survive. Thermodynamics does not justify the project of an infinite growth in a finite planet Our society cannot ignore 2nd Law. A country, a nation, a system that makes a political dogma of its isolation, of its refusing of cultural contamination (cross-fertilization), of its castling on extremist positions of self-conservation, will go to the thermal death, to the final destruction. Globalization, the destruction of both biological and cultural diversities, homogenisation and the unique thought take inescapably to the same end. In sum, an excessive defence of ones diversity and a complete loss of diversity are two faces of the same thermodynamic foolishness. And this become apparent from a thermodynamic, ecological and socio-political point of view. References Daly, H. and Farley J., 2004. Ecological Economics: Principles and Applications. Island Press, Washington DC. Morowitz, H., 1979. Energy flow in biology. Ox Bow Press, Woodbridge, Connecticut. Prigogine, I., 1954. Introduction to thermodynamics of irreversible processes. C.C. Thomas, Springfield. Pulselli, F.M., Bastianoni, S., Marchettini, N., Tiezzi, E., 2007. Plus and Minus of Sustainability. Wit Press, Southampton, UK (in press). Tiezzi, E., 2003. The essence of time. Wit Press, Southampton, UK.

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SM03 IL DATA-BASE LIMNO PER LA VALUTAZIONE PREVISIONALE DELLA SENSIBILITA AL MERCURIO DEGLI ECOSISTEMI LACUSTRI ITALIANI
L. Guzzi a, G. Tartari b
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CESIRICERCA SpA, Dipartimento Ambiente e Sviluppo Sostenibile, Via Rubattino 54, Milano b CNR - Istituto di Ricerca sulle Acque, Brugherio (MI)

Studi recenti hanno evidenziato lesistenza di unelevata correlazione tra il valore della concentrazione del metilmercurio nella fauna ittica ed alcuni parametri idrochimici delle acque lacustri (Driscol et al., 2006). In particolare emerso che nei pesci le concentrazioni superiori a 0,3 mg/kg peso fresco, valore indicato dallUS EPA come limite di qualit per le acque dolci (US EPA, 2002), si riscontrano in quei laghi che sono caratterizzati da valori di fosforo totale < 30 g/L, di pH < 6, di alcalinit < 100 eq/L e di carbonio organico disciolto (DOC) > 4,0 mg C/L. In quanto statisticamente correlati allentit del bioaccumulo del metilmercurio da parte dei pesci, i parametri di qualit delle acque possono essere utilizzati quali un indicatore surrogato dei livelli attesi di concentrazione del mercurio nella fauna ittica lacustre. Utilizzando le informazioni idrochimiche disponibili per fosforo totale, alcalinit totale e pH per 275 laghi (166 artificiali, 109 naturali) dei 365 laghi presenti nel data-base LIMNO (Tartari et al., 2003) stata effettuata una valutazione di screening della sensibilit di tali ambienti alle deposizioni di mercurio. E emerso che 194 laghi (circa il 70%) presentano valori di fosforo totale < 30 g/L, 30 laghi (circa 11%) valori di alcalinit totale < 100 eq/L e 9 laghi (3%) valori di pH < 6 unit. Lanalisi non ha considerato il carbonio organico disciolto in quanto tale informazione disponibile soltanto per pochissimi laghi. Sulla base dei dati di fosforo totale, e limitando lanalisi ai soli ecosistemi lacustri caratterizzati da dati analitici sufficientemente numerosi (> 10), si pu ritenere che la sensibilit al mercurio dei laghi riguardi circa il 10% circa dei laghi (28 complessivamente, di cui 2 artificiali e 26 naturali su 275) in quanto caratterizzati da valori di fosforo totale < 30 g/L. Sulla base dei dati di alcalinit totale e di pH, anche in questo caso per i soli ecosistemi lacustri caratterizzati da dati analitici sufficientemente numerosi, la sensibilit risulterebbe minore in quanto soltanto 4 laghi naturali hanno valori < 100 eq/L e 2 laghi naturali hanno valori di pH < 6. Adottando un approccio basato sul caso peggiore stata effettuata una estrazione multipla dei dati per i 3 indicatori di sensibilit; emerso che 22 laghi (13 artificiali, 9 naturali) presentano contemporaneamente valori di fosforo totale < 30 g/L e di alcalinit totale <100 eq/L; 6 laghi (2 artificiali, 4 naturali) presentano contemporaneamente valori di fosforo totale < 30 g/L e di pH < 6; 5 laghi (1 artificiale, 4 naturali) presentano contemporaneamente valori di fosforo totale < 30 g/L, di alcalinit totale < 100 eq/L e di pH < 6. Supponendo che luniverso campionario contenuto in LIMNO (275 laghi) sia qualitativamente rappresentativo delle caratteristiche idrochimiche della totalit dei laghi italiani (circa 1.100) il numero dei laghi sensibili, cio di quelli potenzialmente in grado di favorire laccumulo del mercurio da parte della fauna ittica, dovrebbe essere moltiplicato per quattro ottenendo rispettivamente valori di circa 90 laghi (per la coppia fosforo totalealcalinit totale), di 25 laghi (per la coppia fosforo totale-pH) e infine di 20 laghi per linsieme dei tre indicatori (fosforo totale, pH, alcalinit totale).

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Tale valutazione di sensibilit al mercurio, basata esclusivamente sullapplicazione di un modello statistico ricavato da indagini su ambienti lacustri presenti in un diverso contesto geografico, richiede una pi approfondita valutazione che sar realizzata attraverso leffettuazione di specifiche indagini sperimentali sulle concentrazioni di mercurio nei pesci in alcuni dei laghi individuati come potenzialmente sensibili. Lopportunit di dare indicazioni mirate alla valutazione del rischio trova principalmente riscontro nella mancanza di una visione completa del problema a scala nazionale soprattutto in ragione della scarsit di dati che possono confermare le previsioni modellistiche. A ci si sovrappone la tendenza al recupero della qualit trofica degli ambienti lacustri in relazione agli obbiettivi di qualit indicati dalla Direttiva 60/2000/CE, che stabilisce il raggiungimento di uno stato di buono entro il 2015. In questi termini le prospettive di un recupero della qualit ecologica pongono il problema dellincremento di situazioni a rischio che si possono prefigurare con lincremento di ambienti in condizioni di oligo e mesotrofia (concentrazioni di fosforo totale inferiori a 30 g/L). Bibliografia Driscoll C. T., Y. J. Han, C. Y. Chen, D. C. Evers, K. F. Lambert, T. M. Holsen, N. C. Kamman, R. K. Munson (2006). Mercury contamination in forest and freshwater ecosystems in the Northeastern United States: sources, transformations and management options, 38 pp. (in press). Tartari G., E. Buraschi, C. Monguzzi, A. Marchetto, D. Copetti, L. Previtali, F. Salerno, S. Tatti, G. Barbiero, R. Pagnotta (2003). Progetto LIMNO: qualit delle acque lacustri italiane. Vol. 1. Sintesi dei risultati. CNR, Istituto di Ricerca Sulle Acque, Quaderni, 120: 334 pp. US EPA (2002). National Recommended Water Quality Criteria: 2002. US Environmental Protection Agency, Office of Water and Office of Science and Technology, EPA-822-R02-047, 33 pp.

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SM04 ENVIRONMENTAL SUSTAINABILITY OF AGRO-INDUSTRIAL PROCESSES TOWARD THE EXTRACTION OF FINE CHEMICALS: UTILITY OF A WEB GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEM Giuseppe Mele, Mario Fiorentino, Eleonora Margapoti, Marco Palazzo, Matteo Serafino, Lorenzo Vasanelli, Giuseppe Vasapollo Universit del Salento, Dipartimento di Ingegneria dellInnovazione, via Arnesano, 73100, Lecce e-mail: giuseppe.mele@unile.it There is nowadays an increasing interest in the preparation of natural products and new fine chemicals based on renewable organic materials using sustainable processes. At the same time innovative developments associated to main local productions (e.g. olive oil and wine industries) as well as to the extraction fine chemicals from less important local cultivar (e.g. mulberry, black-berry, bilberry etc.), are of topical importance in view of a sustainable green chemistry. Emerging technologies for simulating, controlling, and optimizing complex systems are nowadays considered, crossing a long list of disciplines such as, botanical, chemical, computational, material science and process simulation. In this context we report our studies concerning a planned sampling of local agri-food and non-food species (traditional and/or minor cultivar), which could be interesting for this purpose. With this sampling we are able to trace the real distribution of local cultivations and to map these on a Geographic Information System (G.I.S.). Then, each sample will be listed depending on its own biological properties and physical condition of the selected cultivar. So that, because our main objective is to build a relationships between cultivar and finechemicals we had to develop a Web-Based Information System in order to provide the following services: Supporting and controlling the project processes and their progress. Taking trace relationships between fine chemicals, raw materials, extraction processes and geographical cultivation placements. Selecting kind of plants from which can be pull out fine-chemicals with different rate distribution and characteristics, depending on the species and the extraction processes. Comparing all the results and pointing out performance production. Providing a base knowledge for researchers, and agricultural and chemical industries. CUIS and Consorzio di Comuni Valle della Cupa are acknowledged for the financial support

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SM05 MISURE DI RADON NELLA FALDA DEL SALENTO Alessandro Buccolieri, Giovanni Buccolieri, Alfredo Castellano, Angelo DellAtti, Laura Sandra Leo, Lorena Rizzo Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, via Monteroni, 73100, Lecce. E-mail: giovanni.buccolieri@unile.it Il gas radon fa parte delle sorgenti naturali di radiazioni alle quali luomo stato esposto fin dalla sua comparsa sulla terra. Esso presente in 26 forme isotopiche, ma la sua pericolosit legata principalmente allisotopo Rn-222 che appartiene alla serie di decadimento dellU-238 e decade con un tempo di dimezzamento di 3.82 giorni emettendo una particella da 5.49 MeV. La sua disintegrazione d luogo a una catena di elementi radioattivi, tutti solidi, che termina con il Pb-206 [1]. Il radon, se introdotto nel corpo umano per inalazione e/o ingestione, si deposita nei polmoni o nellapparato digerente dove, decadendo, irraggia le cellule delle mucose, dei bronchi e di altri tessuti causando danni al DNA. LOrganizzazione Mondiale della Sanit ha identificato il radon come cancerogeno collocandolo al secondo posto, dopo il fumo, quale causa di tumori polmonari. Il radon costantemente generato dalle rocce della crosta terrestre, quindi le acque delle falde acquifere, a diretto contatto con le rocce, possono presentare unelevata concentrazione di radon in funzione della geologia del sottosuolo. Per tali ragioni necessaria unaccurata determinazione dei valori di radon in acqua se questa utilizzata direttamente dalluomo [2, 3]. In questo lavoro sono riportati i risultati ottenuti da una campagna di misura finalizzata alla determinazione della concentrazione di radon nelle acque di falda del Salento. Sono state analizzate le acque di 15 pozzi artesiani appartenenti al consorzio di bonifica Ugento e li Foggi. Le analisi sono state eseguite mediante un rivelatore a stato solido di particelle , prodotto dalla DURRIGE Company, modello RAD7. Sono state inoltre eseguite delle determinazioni al fine di valutare le variazioni della concentrazione di radon a differenti profondit di prelevamento. Bibliografia 1. Cother, C. R.; Smith, J. E. Environmental radon, 1987. 2. Nazaroff, W., Reviews of Geophysics 1992, 30, 137-160. 3. Cothern, C. R.; Rebers, P. A. Radon, Radium and Uranium in drinking water, Lewis Publishers, 1990.

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SM06 A BIOSENSOR BASED ON SILVER NANOPARTICLES EMBEDDED IN STARCH FOR DETERMINATION OF HYDROGEN PEROXIDE Emanuela Filippo, Daniela Manno, AnnaRita De Bartolomeo, Massimo Di Giulio, Antonio Serra Dipartimento di Scienza dei Materiali Unit CNISM Universit del Salento Via Monteroni 73100 Lecce e-mail:emanuela.filippo@unile.it Metal and semiconductor nanoparticles are of great importance due to their potential applications in emerging areas of nanoscience and technology. Size, shape, and surface morphology play pivotal roles in controlling the physical, chemical, optical, and electronic properties of these nanoscopic materials. Preparation of nanoparticles generally involves the reduction of metal ions in solutions or in high temperature gaseous environments. Most of the synthetic methods reported to date rely heavily on organic solvents. This is mainly due to the hydrophobicity of the capping agents used. There have been approaches reported for the synthesis of H2O-soluble metal nanoparticles. The majority of methods reported to date use reducing agents such as hydrazine, sodium borohydride (NaBH4), and dimethyl formamide (DMF). All of these are highly reactive chemicals and pose potential environmental and biological risks. In this work we propose a preparation method of silver nanoparticles and nanowire based onto hydrothermal synthesis that uses solvent medium, reducing agent, and capping agent that are all environmentally benign and nontoxic material. In the present approach, H2O is utilized as the environmentally benign solvent throughout the preparation. The reducing sugar, -D-glucose, is used as the reducing agent. With gentle heating, this system is a mild, renewable, inexpensive, and nontoxic reducing agent. The final, and perhaps most important, issue in the preparation of nanoparticles is the choice of starch as the capping material used to protect or passivate the nanoparticle surface. The obtained silver nanostructures have been analysed by High Resolution Transmission Electron Microscopy (HREM) methods, X-Ray Diffraction (XRD), Scanning Electron Microscopy (SEM), Atomic Force Microscopy (AFM) and UV-Vis spectroscopy. The silver nanostructures were electrodeposited onto suitable substrates with gold interdigital electrodes. The obtained amperometric biosensors showed an high sensitivity to hydrogen peroxide as shown in Figure 1 where a typical resistance-time response curve for successive addition of H2O2 is reported.
10 8 6 4 2 0 0 200 400 600 800 1000 1200

Resistance ( k )

Time ( s )

Figure 1 - Typical resistance-time response curve for successive additions of 10, 20, 30 and 40 L 30 mM H2O2 in 100 mL H2O pH 5.4

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SM07 PARAMETRI CHIMICI IN PROSSIMIT DELLA SEDIMENT-WATER INTERFACE DI UNAREA DEL GOLFO DI TRIESTE ESPOSTA AGLI SCARICHI DELLIMPIANTO DI DEPURAZIONE CITTADINO G. Adamia, E. Reisenhofera, S. Cozzib, C. Cantonib, L. Celica , P. Barbieria e F. Lo Cococ Dipartimento di Scienze Chimiche, Universit di Trieste, Via Giorgieri 1, 34127 Trieste e-mail: gadami@units.it; b Istituto di Scienze Marine, CNR, Sezione di Trieste; cDipartimento di Scienze Economiche, Universit di Udine. Lambiente marino delle zone costiere di una citt come Trieste un ecosistema a rischio. Questo lavoro parte sulla base dei dati da noi gi raccolti negli anni scorsi1-3, e volti ad approfondire il carico antropico dello scarico dellimpianto di depurazione cittadino nel Golfo di Trieste, che un ecosistema tipicamente a rischio: nel caso particolare si tratta di acque circoscritte, quindi scarsamente rinnovate, e poco profonde (la massima profondit si aggira sui 25 m). Nel presente studio si focalizzata lattenzione sullimpatto dellimpianto di depurazione sui fondali dellarea che riceve i liquami trattati: negli ultimi decenni lo studio degli strati dacqua vicini al fondale marino ha assunto una notevole importanza. La Sediment-Water Interface (SWI), cio linterfaccia sedimento-acqua, luogo di continui interscambi: il materiale particellato pu depositarsi costituendo un flusso di composti verso il sedimento, che quindi costituisce un bacino di raccolta di specie anche inquinanti, e in pari tempo d origine a fenomeni di rimobilizzazione degli stessi comportando un inquinamento secondario. In questa area critica tale fenomeno stato finora poco studiato, anche perch la fase di campionamento decisamente complicata e la messa a punto di apparecchiature idonee a tal fine molto recente. Nel 2005 Sauter et al.4 hanno proposto sistemi che permettono di campionare a diversi livelli la Bottom-Water (BW) che, operativamente, lo strato tra 5 e 40 cm sopra al fondale marino. Noi abbiamo programmato un campionamento su una griglia di 1.50.7 Km, alla profondit di 21-22 m, mediante un carotiere a gravit che preserva la SWI dai disturbi di risospensione e di mescolamento, permette il mantenimento delle condizioni in situ del campione, evitando infiltrazioni dacqua dal top della carota, e consente di raccogliere agevolmente 200-250 ml di acqua nello strato fra 5 e 20 cm sopra il fondale. Simultaneamente al campionamento di BW, abbiamo campionato il sedimento e la colonna dacqua sovrastante a vari livelli per consentire confronti con i rispettivi dati analitici di metalli pesanti, nutrienti eutrofizzanti e DOM, DON, DOP, DOC. Abbiamo in tal modo parametrizzato il comportamento dei nutrienti e dei metalli in queste acque di fondo, evidenziando in pari tempo una diffusione non omogenea dei liquami (con dati anomali in aree ristrette), concentrazioni elevate di metalli quali il rame, e valori elevati di nutrienti nei fondali rispetto alla colonna dacqua sovrastante. Questa serie di dati sar utile per futuri confronti temporali e valutazioni sullimpatto delle acque del depuratore in questarea critica dellAlto Adriatico.
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Barbieri, P.; Adami, G.; Reisenhofer, E.; et al.. An. Chim. Acta; 1999, 398, 227-235. Barbieri, P.; Adami, G.; Reisenhofer, E.; et al.. Tox. Env. Chem. 1999, 71, 105-114. 3 Cozzi, S.; Adami, G.; Barbieri, P.; et al.. Mar. Poll. Bull. 2004, 48, 587-603. 4 Sauter, E.J.; Schluter, M.; Wegner, J.; Labahn, E., J. Sea Res., 2005, 54, 204-210.

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SM08 ANALISI DEL MATERIALE PARTICOLATO IN ACQUE NATURALI N. Calace, B.M. Petronio, M. Pietrantonio, M. Pietroletti Dipartimento di Chimica, Universit La Sapienza P.le A.Moro 5, 00185 Roma Viene definito materiale particellato la miscela di sostanze organiche ed inorganiche che trattenuta da filtri aventi una dimensione dei pori di 0.45 m. La composizione chimica del materiale particellato pu risultare estremamente variabile a seconda dellambiente che si sta analizzando, anche se la componente organica deriva in gran parte da materiale detritico di origine fitoplanctonica, zooplanctonica e/o batterica e la componente inorganica costituita da detriti minerali argillosi, ossidi e idrossidi di Fe e Mn e carbonati. Inoltre in associazione al materiale particellato possono essere presenti metalli pesanti, contaminanti organici e sostanza organica naturale trasformata (sostanze umiche). Da un punto di vista analitico, le difficolt e le incertezze che si verificano durante lanalisi del materiale particellato dipendono essenzialmente dal processo di filtrazione che, come riportato in molti lavori di letteratura, presenta numerose criticit. In particolare le criticit maggiormente evidenziate in letteratura sono riconducibili: - alla quantit in volume di campione liquido filtrato; - alla tempistica operativa del processo di filtrazione ovvero filtrazione in campo allatto del prelievo del campione o filtrazione in laboratorio previo stoccaggio e trasporto del campione al luogo di analisi. In effetti in letteratura sono riportati molti studi comparativi focalizzati sulle differenze riscontrabili tra una filtrazione di piccoli volumi (1-4 L) e di grandi volumi di campione (anche oltre 100 L) dove i piccoli volumi vengono filtrati in laboratorio mentre i grandi volumi vengono filtrati direttamente allatto del prelievo (pompe peristaltiche dotate in linea di un supporto per filtro di 0.45 m). Il nostro studio ha come scopo quello di evidenziare eventuali differenze tra filtrazione di piccoli e grandi volumi condotte entrambe nelle stesse condizioni operative, ovvero in laboratorio. I risultati ottenuti con una serie di campioni provenienti dal Mare di Ross (Antartide) hanno messo in evidenza che filtrando piccoli volumi (2-4 L) di campione si ottengono concentrazioni di particellato mediamente pi alte di quelle ottenute filtrando grandi volumi (30-40 L). Tali differenze sono state per determinate esclusivamente su campioni di acqua di mare superficiale e sui campioni di acque di fondo mentre le stesse procedure applicate a campioni relativi a quote intermedie della colonna dacqua non hanno mai evidenziato differenze significative tra piccoli e grandi volumi filtrati. Le due quote critiche sono quelle in cui, generalmente, la quantit di materiale organico presente, sia disciolto che particellato, maggiore in quanto interessate, la prima, a processi di produzione fitoplantonica ed a rilascio di materiale sia organico che inorganico da parte dei ghiacci, e la seconda a processi di risospensione. Le discrepanze osservate potrebbero essere pertanto spiegate, come fatto da alcuni autori, considerando lassorbimento da parte del filtro di materiale organico disciolto (in prevalenza di natura colloidale), tanto maggiore quanto minore la superficie del filtro utilizzato. Inoltre, poich le differenze osservate tra filtri grandi e filtri piccoli sono estremamente variabili, si pu supporre che sia la composizione chimica del materiale particellato che la natura del materiale disciolto influiscano notevolmente sulla determinazione quantitativa del materiale particellato rendendo estremamente difficile individuare un fattore correttivo che possa rendere confrontabili i dati di concentrazione del particellato ottenuti filtrando volumi differenti di campione.

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SM09 LA BIOMAGNIFICAZIONE DEL MERCURIO NEL MAR PICCOLO DI TARANTO Cristina Annicchiaricoa, Nicola Cardellicchio a, Antonella Di Leoa, Santina Giandomenico a , Luigi Guzzi b, Walter Martinotti b, Stefania Santoro a, Lucia Spada a
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C.N.R. - Istituto per lAmbiente Marino Costiero, via Roma 3, 74100 Taranto b CESI RICERCA - Via Rubattino 54, 20134 Milano n.cardellicchio@iamc.cnr.it

Linteresse verso lo studio della contaminazione ambientale da mercurio andato via via crescendo in questi ultimi anni in funzione dellaumento delle emissioni del metallo in atmosfera, legato anche ad un maggior uso di carbone in processi di generazione elettrica. Di conseguenza, si avvertita la necessit di approfondire gli studi del ciclo biogeochoimico del mercurio, soprattutto in ecosistemi sensibili dove, a causa di particolari condizioni ambientali, alta la possibilit di formazione di metilmercurio. Da diversi anni stato intrapreso nel Mar Piccolo di Taranto, esempio di bacino chiuso eutrofizzato, uno studio rivolto a valutare sia il grado di contaminazione dei sedimenti marini, sia i processi di metilazione del mercurio e la possibilit di accumulo del metallo negli organismi attraverso i meccanismi delle catene alimentari. A questo proposito, dopo indagini preliminari condotte sui sedimenti e rivolte ad individuare lestensione della contaminazione, gli studi sono stati focalizzati su tutti quei fattori che possono in qualche modo influenzare il rilascio del mercurio allinterfaccia acqua-sedimento, ovvero ciclo della sostanza organica, potenziale redox, presenza di solfuri e batteri solfato-riduttori. Lanalisi di speciazione, effettuata secondo lo schema proposto da Bloom, ha dimostrato che, in tutte le stazioni esaminate, le particolari condizioni ossido-riduttive dei sedimenti consentono che, anche in presenza di un eccesso di solfuri, la forma prevalente di mercurio sia il mercurio metallico, forma presumibilmente poco biodisponibile per gli organismi marini. Al fine di valutare le correlazioni tra lo stato di contaminazione dei sedimenti e laccumulo di mercurio in organismi, specialmente bentonici, stato studiato un tipico modello di catena alimentare marina caratteristico del Mar Piccolo di Taranto. I risultati ottenuti dimostrano come gli organismi di fondo, sia per fenomeni di contatto che per ingestione di particelle di sedimento, risultano pi contaminati da mercurio. Il rischio per la popolazione umana stato valutato determinando il mercurio e il metilmercurio in mitili, essendo il Mar Piccolo di Taranto una delle aree di mitilicoltura pi importanti dItalia. I risultati ottenuti dimostrano per che i livelli di contaminazione dei molluschi sono accettabili e compresi entro i limiti fissati dalle recenti normative. Ulteriori analisi, basate sulla determinazione di isotopi stabili del carbonio e dellazoto, permetteranno di ricostruire le catene alimentari marine e i rapporti tra gli organismi esaminati.

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SM10 VALUTAZIONE DELLACCUMULO DI POLICLOROBIFENILI (PCB) NEL POLICHETE Sabella spallanzanii Laura Trianni a, Santina Giandomenico b, Adriana Giangrande a, Nicola Cardellicchio b
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Laboratorio di Zoologia e Biologia Marina, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Universit del Salento, Via per Monteroni, 73100 Lecce b C.N.R. - Istituto per lAmbiente Marino Costiero, via Roma 3, 74100 Taranto

I policlorobifenili (PCB) sono microinquinanti ubiquitari nellambiente, resistenti alla degradazione biologica, chimica e fotolitica. Utilizzati in passato per le loro caratteristiche fisico-chimiche in innumerevoli applicazioni industriali e commerciali (dispositivi elettrici, scambiatori di calore, plastiche, tinture) sono stati attualmente banditi, perch dannosi per lambiente. A causa della loro natura lipofilica, i PCBs vengono adsorbiti in ambiente marino, sulla frazione organica del sedimento e dal particellato in sospensione, tendendo poi ad accumularsi nei compartimenti lipidici degli organismi. I PCB entrano cos nella catena alimentare attraverso il fenomeno della biomagnificazione. Nel presente lavoro stato valutato il livello di contaminazione da PCBs nel polichete filtratore Sabella spallanzanii (Gmelin). Tale invertebrato un organismo sessile, filtratore, con corpo protetto da una struttura esterna. Queste caratteristiche biologiche sono simili a quelle dei mitili, molluschi pi studiati e utilizzati in programmi di monitoraggio come bioindicatori. La concentrazione di PCB stata determinata sia in sedimenti che nei policheti (porzione corpo e tubo ) prelevati da cinque localit della costa pugliese soggette a diverso impatto antropico. In una di queste stazioni, inoltre, stato valutato laccumulo dei PCB in relazione alla taglia corporea e al periodo riproduttivo dellanimale. Laccumulo nei corpi e nei tubi dei policheti risultato correlato alla concentrazione di inquinante presente nei sedimenti, secondo relazioni lineari altamente significative. I tubi sono in grado di accumulare inquinanti fino a 3.5 volte in pi rispetto ai sedimenti, mentre i corpi presentano concentrazioni 60 volte superiori al livello di PCB nei sedimenti. Laccumulo di PCB, nei copri dei policheti, in funzione della taglia, ha rivelato che la concentrazione di inquinante cresce allaumentare delle dimensioni corporee. Il confronto con mitili (Mytilus galloprovincialis) di taglia grande, prelevati dallo stesso sito di studio, ha evidenziato una concentrazione di PCB paragonabile a quella presente in S. spallanzanii di taglia piccola. Policheti appartenenti a taglia media o grande, quindi, sono in grado di accumulare PCB a concentrazioni da 3.7 a 5 volte superiori a quelle riscontrate in mitili di taglia grande. Inoltre, un confronto effettuato tra policheti e mitili in fase di riposo riproduttivo e durante il periodo di pre-spawning, ha mostrato come la concentrazione di PCB sia maggiore nei policheti in fase di riposo rispetto a quelli in fase di pre-spawning. Tali concentrazioni sono, inoltre, superiori rispetto a quelle riscontrate nei mitili nei diversi stadi del ciclo riproduttivo. Questi risultati preliminari sembrano incoraggiare lipotesi di individuare nel polichete S. spallanzanii un nuovo organismo bioindicatore.

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SM11 CONTAMINAZIONE DA ELEMENTI IN TRACCIA IN SEDIMENTI ED ORGANISMI DEL MAR PICCOLO DI TARANTO: BIOACCUMULO E CONSIDERAZIONI ECOTOSSICLOGICHE Nicola Cardellicchioa, Antonella Di Leoa, Cristina Annicchiaricoa, Luigi Lopezb, Lucia Spadab
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C.N.R. - Istituto per lAmbiente Marino Costiero, via Roma 3, 74100 Taranto. b Dipartimento di Chimica, Universit di Bari, via Orabona 4, 70126 Bari. e-mail:luciaspada@hotmail.com

Il Mar Piccolo di Taranto rappresenta un bacino interno, semichiuso a scarso idrodinamismo suddiviso in due seni, denominati primo e secondo seno. Il bacino influenzato da input antropici di diversa natura legati ad attivit cantieristiche, navali, militari e mitilicoltura. Queste attivit rappresentano una fonte potenziale di contaminazione da metalli. Questi ultimi, presenti in genere in basse concentrazioni nella colonna dacqua, tendono a concentrarsi nei sedimenti che fungono, conseguentemente, da serbatoio e da sorgente potenziale di contaminazione per gli organismi, soprattutto bentonici. Nel presente studio metalli pesanti (Hg, Pb, Cu, Ni, V, Cd, Cr e Zn) e metalloidi (As) sono stati determinati, mediante la tecnica ICP-MS, in sedimenti ed organismi marini, presenti nellambiente di studio ed aventi un rapporto pi o meno stretto con il sedimento stesso (Mytilus, Pecten, Hexaplex, Aplysia, Sabella, Symphodus). Scopo del lavoro stato quello di determinare il livello di contaminazione da metalli pesanti nel Mar Piccolo e di ottenere informazioni sul relativo bioaccumulo. I dati ottenuti relativi ai sedimenti sono stati confrontati con le Linee Guida mean Sediments Quality Guidelines quotience (mPELq, mERMq) al fine di individuare il livello di rischio del sito oggetto di studio. Concentrazioni preoccupanti sono state riscontrate in corrispondenza del primo seno, in particolare nelle stazioni influenzate dalle attivit dellArsenale Militare. I risultati mostrano che particolari organismi tendono ad accumulare determinati metalli: V, Pb, Ni e Hg per le alghe, As per la Sabella, Cd e Zn per Murex. Il confronto con le Linee Guida Internazionali evidenzia un frequente rischio ecotossicologico, soprattutto nelle stazioni a maggior impatto del primo seno. Il calcolo dei quozienti PELq ed ERMq, ha permesso di confermare lelevata contaminazione del sito da cui la necessit di interventi di salvaguardia e decontaminazione. Bibliografia Di Toro, D.M.; Zarba, C.S.; Hansen, D.J.; Berry, W.J.; Swartz, R.C.; Cowan, C.E. Environ Toxicol Chem. 1991, 10, 1541 83. Long, E.R.; MacDonald, D.D.; Smith, S.L.; Calder, F.D. Environmental Management, 1995, 19(1), 81-97. Mountouris, A.; Voutsas, E.; Tassios, D. Mar. Poll. Bull. 2002, 44, 1136-1141.

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SM12 STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE DI IPA IN 5 CAROTE DI SEDIMENTO PRELEVATE NEL GOLFO DI TARANTO N. Cardellicchio a, S. Giandomenico a, L. Lopez b, F. Pizzulli b, L. Spada b Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto dellAmbiente Marino Costiero, Via Roma 3, 74100 Taranto. b Universit degli Studi di Bari, Dipartimento di Chimica, Via Orabona 4, 70126 Bari Le concentrazioni dei 15 IPA, indicati dallEPA come inquinanti prioritari pi il benzo(e)pirene, sono state determinate in cinque carote di sedimento campionate nellarea marino-costiera della citt di Taranto. In particolare, 4 carote sono state campionate nel primo seno del Mar Piccolo (MP01, MP02, MP03, MP04) e una nel Golfo di Taranto (GT01). Il rateo di sedimentazione per i sedimenti stato determinato tramite i profili attivit-profondit del 210Pb e del 137Cs. Al fine di valutare lorigine della contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici, stato applicato il metodo di fingerprintingche consente, attraverso lo studio di particolari rapporti tra i vari IPA, di risalire alle probabili fonti responsabili dei livelli di inquinamento riscontrati. Le concentrazioni pi elevate di IPA totali (65587 ng g-1 p.s.) sono state determinate nella carota GT01, prospiciente larea industriale di Taranto. Nelle carote del Mar Piccolo, i valori massimi di concentrazione degli IPA risultavano inferiori e compresi tra 3845 ng g-1 p.s. e 21744 ng g-1 p.s.. In generale gli strati pi contaminati sono risultati quelli superficiali, intorno ai 10 cm di profondit, tranne che nelle carote MP01 e MP03 del Mar Piccolo, dove lo strato pi inquinato risulta quello compreso tra i 40 e 45 cm. Lutilizzo del metodo di fingerprinting ha evidenziato che nellarea costiera tarantina, gli IPA hanno prevalente origine pirogenetica. La datazione dei sedimenti ha consentito di ricostruire il trend storico della distribuzione degli idrocarburi nelle varie carote, identificando il ventennio 1960-1980 come periodo di maggiore immissione di questi inquinanti nellambiente marino costiero.
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SM13 EFFECTS OF COMMERCIAL AND PURIFIED NANOSIZED CARBON BLACK (NCB) ON MOLLUSCAN IMMUNOCYTES Laura Canesia*, Caterina Ciaccib, Michele Bettib, Rita Fabbria, Giulio Poianac, Antonio Marcominic
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Dipartimento di Biologia, Universit di Genova; Istituto di Scienze Fisiologiche, Universit Carlo Bo di Urbino; c Universit Ca Foscari di Venezia.

Carbon black (NCB) has widespread applications in both industrial and domestic products, such as rubber products (mainly tyres and fabrics), inks, paints and plastics. The ultrafine and nanosized carbon black is recently substituting the larger -sized counterpart in many of these products, since its superior performances. Increasing environmental exposure to NCB raised concern on their possible mechanisms of toxicity and consequent health hazard not only in humans, but also in aquatic animals. In this work, a detailed chemical characterization of NCB was performed by applying both GC and HPLC coupled with Mass Spectrometry in order to detect organic impurities of potential toxicity. The biological effects of commercial cNCB and purified pNCB (1-10 g/ml) were evaluated on the immunocytes of the mollusc Mytilus. Significant uptake of both cNCB and pNCB was observed without significant cytotoxic effects. Moreover, NCB induced hydrolytic enzyme release, oxidative burst and nitric oxide (NO) production, indicating stimulation of the immune function leading to inflammatory processes. Although some differences in the extent and time course of the response to cNCB and pNCB were observed, the results indicate that the impurities associated to cNCB do not play a major role in mediating the biological effects. Other factors., such as shape, surface area, porosity, etc. may be involved in determining the interactions of NCB with biological systems.

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SM14 MIGRAZIONE GLOBALE IN SIMULANTI ALIMENTARI DI MANUFATTI POLIMERICI MONOUSO Anna Farina a, Carmela Cavaliere a, Oriana Motta b, Mario Capunzo b, Francesco De Carob, Antonio Proto a Dipartimento di Chimica, b Dipartimento di Scienze dellEducazione Universit degli Studi di Salerno, via P.Don Melillo 84084 Fisciano (SA) e-mail: omotta@unisa.it I contenitori per alimenti possono contenere sostanze a basso peso molecolare utilizzate per migliorare le caratteristiche del materiale stesso. Tali sostanze possono diffondere dal manufatto allalimento e causare problemi tossicologici al consumatore o, pi semplicemente, variazioni organolettiche dellalimento. In questo lavoro sono stati studiati gli effetti del tempo e della temperatura sulla migrazione globale da manufatti commerciali a base di polistirene (PS), polipropilene (PP) e contenitori di vetro per alimenti. Sono stati inoltre analizzati manufatti a base di PS variamente colorati. Le prove sono state eseguite a temperature di contatto costanti (40, 70 e 100C) e tempi di contatto variabili, utilizzando acqua, soluzioni acquose al 3% di acido acetico e 15% di etanolo per simulare le propriet estrattive degli alimenti. I risultati ottenuti mostrano che la quantit di sostanza rilasciata per unit di superficie segue landamento tipico della legge di diffusione di Fick, pertanto la migrazione pu essere considerata come un processo dinamico. I valori di migrazione globale di tutti i campioni analizzati, posti in commercio da diversi produttori, rispettano i limiti imposti dal Decreto del Ministero della Sanit del 21 Marzo 1973 Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, materiali, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze duso personale. Tuttavia si evidenzia che i manufatti colorati, per restando entro i limiti di legge, presentano generalmente valori della migrazione globale maggiori di quelli non colorati. Bibliografia Vijayalakshmi, N.S.; Baldev Raj, P. Ravi and Mahadeviah M. Deutsche Lebensmittel-Rund Schau ,1999, 95 Jahrgang, Heft 1, 22-26 Cwiek-Ludwicka K; Jurkiewicz M; Stelmach A; Poltorak H; Mazanska M. Rocz Panstw Zakl Hig. 2002; 53(1):47-58. Robertson.G.L. Ficks law in migration. Ed.Marcel Dekker Publ.1985/2005 624(20) Robert.A. Food packaging migration and legislation. Pira international (2)26-27 Schlotter, N.E.; Furlan, P.Y., Polymer 1992, 3, 3323-3342.
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SM15 CARATTERIZZAZIONE CHIMICO-FISICA DELLE ACQUE DI FALDA NEL SALENTO Alessandro Buccolieria, Giovanni Buccolieria, Nicola Cardellicchiob, Dario Corliana
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Universit del Salento, Dipartimento di Scienza dei Materiali, via per Monteroni, 73100 Lecce. E-mail: alessandro.buccolieri@unile.it b C.N.R.-I.A.M.C., Sede di Taranto, via Roma n. 3, 74100 - Taranto

Le acque di falda circolanti nel Salento, territorio privo di significativi corsi dacqua superficiali, rappresentano la principale risorsa dacqua per scopi potabili e irrigui. La ricchezza delle acque sotterranee stata compromessa da un uso incontrollato della risorsa stessa, caratterizzato da prelievi eccessivi e non pianificati che in prossimit della costa possono provocare il richiamo della sottostante acqua marina causando la salinizzazione delle falde. La qualit di questa risorsa andata progressivamente peggiorando anche a causa dellimpiego crescente, a volte irrazionale, di pesticidi e concimi chimici. Per tali ragioni, nel 1991 stato intrapreso il monitoraggio delle acque sotterranee del Salento al fine di valutarne la loro qualit, il possibile impiego per usi irrigui e i fenomeni di salinizzazione. Nel presente lavoro sono illustrati i risultati dellultima campagna di indagine svolta nel Maggio 2006 su quindici significativi pozzi artesiani del comprensorio di bonifica della provincia di Lecce Ugento e Li Foggi con lobiettivo di effettuare la classificazione delle acque in base alla normativa proposta dalla FAO per usi irrigui [1], valutare eventuali variazioni del livello piezometrico, i fenomeni di intrusione in falda di acqua di mare e la contaminazione da concimi chimici rispetto a indagini precedenti [2]. Sui vari campioni sono stati determinati pH, conducibilit elettrica, solidi totali a 180 C, ioni calcio, magnesio, sodio, potassio, bicarbonato, bromuri, fluoruri, cloruri, solfati, nitrati, fosfati, ammoniaca, silice, durezza totale, Al, As, Be, Cd, Cr, Cu, Fe, Li, Mn, Mo, Ni, Pb, Se, Sn, Sr, Ti, Tl, V e Zn. Per valutare la salinit delle acque sono stati calcolati anche i parametri S.A.R. (rapporto di assorbimento di sodio) e R.S.C. (carbonato di sodio residuo), mentre per lintrusione di acqua marina in falda sono stati presi in considerazione il limite di Todd e i rapporti ionici Na+/Cl- e SO42-/Cl-. Per una migliore visualizzazione dei risultati e per cercare di evidenziare aree con particolare vulnerabilit i dati ottenuti sono stati elaborati mediante il software GIS e le tecniche statistiche multivariate Bibliografia [1] FAO, 1994. Water quality for agricolture - FAO irrigation and drainage. Ayers R.S. e Westcot D.W., 29, Rev. 1, Reprinted 1989. [2] Buccolieri, A.; Buccolieri, G., Cardellicchio N.; Maci A. Annali di Chimica. 2005, 95, 227-237.

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SM16 CONTAMINAZIONE DA COMPOSTI ORGANOSTANNICI E INQUINANTI ORGANICI PERSISTENTI (PCB, IPA, PESTICIDI CLORURATI) IN MOLLUSCHI GASTEROPODI AFFETTI DA IMPOSEX PRELEVATI LUNGO LA COSTA SLOVENA Seta Noventaa, Elena Centannia, Elisa Pistolatoa, Francesca Garaventab, Marco Faimalib, Bruno Pavonia
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Universit Ca Foscari di Venezia, Dipartimento di Scienze Ambientali Calle Larga S. Marta 2137, Venezia, Italia b CNR - Istituto di Scienze Marine, Dipartimento di Tecnologie Marine Via de Marini 6, Genova, Italia * e-mail: brown@unive.it

Il fenomeno dellimposex consiste nella sovrapposizione di caratteri sessuali maschili sullapparato genitale femminile di molluschi gasteropodi. Tale fenomeno, riportato in letteratura per pi di 63 generi e 150 specie di gasteropodi prosobranchi1, un chiaro esempio di perturbazione del sistema endocrino notoriamente associato alla presenza di composti organostannici (OTC) in ambiente marino-costiero. Alcuni studi hanno evidenziato che anche altri composti possono intervenire nellinduzione di tale fenomeno2,3. Partendo da questa osservazione, gli autori hanno condotto uno studio di carattere epidemiologico4 ipotizzando un possibile contributo al fenomeno anche da parte di inquinanti organici persistenti, quali policlorobifenili (PCB), idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e pesticidi clorurati, recentemente riconosciuti come agenti perturbatori del sistema endocrino. In questo lavoro sono stati campionati organismi appartenenti alla specie Hexaplex trunculus in sei stazioni poste lungo il litorale sloveno con lo scopo di approfondire tale ipotesi. Sugli organismi sono state condotte analisi biologica per la determinazione del sesso e del grado di imposex e analisi chimiche per valutare le concentrazioni di OTC, PCB, IPA e pesticidi clorurati nei tessuti degli organismi. Per ciascuna stazione sono stati calcolati gli indici di popolazione VDSI (Vas Deferens Sequence Index, media degli stadi di imposex nella popolazione campionata) e RPSI (Relative Penis Size Index, rapporto percentuale del cubo della lunghezza media del pene femminile e maschile). Le popolazioni di H. trunculus dellarea slovena sono risultate profondamente colpite dal fenomeno di imposex, coinvolgendo la totalit delle femmine campionate e con valori di VDSI e RPSI che variano tra 4.60.3 e 4.90.3 e tra 20 e 70, rispettivamente. Le analisi chimiche hanno rilevato concentrazioni piuttosto variabili di OTC (123642527 ng Sn g-1 d.w.), PCB (1822396 ng g-1 d.w.), IPA (31185670 ng g-1 d.w.) e pesticidi (2.00.29.00.8 ng g-1 d.w). Dal confronto dei dati chimici con quelli biologici emersa una buona correlazione tra RPSI e concentrazioni di OTC e PCB (rispettivamente r=0.95 e r=0.92, p<0.05) e tra VDSI e pesticidi (r=0.93, p<0.05). Schulte-Oehlmann, U.; Tillmann, M.; Markert, B.; Oehlmann, J.; Watermann, B.; Scherf, S. Ecotoxicolog 2000, 9, 399-412 2Nias, D.J.; McKillup, S.C.; Edyvane, K.S. Mar. Pollut. Bull. 1993, 26, 380-384 3 Evans, S.M.; Kerrigan, E.; Palmer, N. Mar. Poll. Bull. 2000, 40, 212-219 4 Maran, C.; Centanni, E.; Pellizzato, F.; Pavoni, B. Environ. Toxicol. Chem. 2006, 25, 486495
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SM17 LAGO DI COMO: STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE E DELLA SPECIAZIONE DI METALLI IN TRACCIA NEL BACINO LACUSTRE MEDIANTE ANALISI MULTIVARIATA Barbara Giussani, Damiano Monticelli, Elena Ciceri, Andrea Credaro, Laura Rampazzi, Andrea Pozzi, Sandro Recchia, Carlo Dossi Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali, Universit degli Studi dellInsubria via Valleggio 11, 22100 Como e-mail: laura.rampazzi@uninsubria.it

Dal dicembre 2001 il gruppo di ricerca di Chimica Analitica dellUniversit degli Studi dellInsubria si dedicato allo studio del Lago di Como e, in particolare, della distribuzione di metalli in traccia nei differenti comparti ambientali quali acqua e sedimento. Lo studio ha interessato le acque lacustri, allo scopo di valutarne la composizione ionica e la distribuzione di metalli in traccia di interesse ambientale quali nichel, cobalto, ferro, manganese, rame e uranio lungo la colonna. Sono stati condotti, inoltre, studi di speciazione per determinare la distribuzione dello ione rame tra le diverse forme chimiche nelle acque lacustri: acquoione, complessi inorganici labili e organici forti. Lindagine stata estesa alle acque degli immissari del lago, alla ricerca di informazione riguardo le fonti dei metalli oggetto di indagine: i campionamenti eseguiti nellarco di un anno hanno permesso di studiarne, oltre la composizione chimica, anche la variabilit temporale. Sono stati considerati, infine, i sedimenti lacustri, archivi ambientali in grado di immagazzinare informazione riguardo il passato dellintero ecosistema. Le analisi chimiche sono state condotte mediante Cromatografia Ionica (IC), Spettrometria di Assorbimento Atomico con Atomizzazione Elettrotermica (ETAAS), Voltammetria di Ridissoluzione Catodica (ACSV) e Spettrometria di Massa con Sorgente al Plasma (ICP-MS). Per le analisi di speciazione dello ione rame stata impiegata la tecnica di equilibrio competitivo dei leganti con determinazione voltammetrica della frazione labile. La fase di analisi stata preceduta da una lunga fase di ottimizzazione delle metodiche analitiche impiegate a partire dalle procedure di campionamento, di conservazione del campione e di pretrattamento, per garantire accuratezza e precisione dei dati analitici ottenuti. A causa della complessit e del grande numero di dati ottenuti, sono state impiegate tecniche di analisi multivariata quali Analisi in Componenti Principali (PCA) e metodi three-way (Tucker3) per studiare la relazione tra la composizione chimica delle acque lacustri, delle acque superficiali e dei sedimenti.

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SM18 CONTAMINAZIONE DA COMPOSTI ORGANOSTANNICI IN MOLLUSCHI BIVALVI DELLA LAGUNA DI VENEZIA Francesca Zanona, Nadia Radoa, Elena Centannib, Nadezhda Zharovab, Bruno Pavonib
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ARPAV - Dipartimento Regionale Laboratori - Servizio Laboratorio Provinciale di Venezia Via Lissa, 6, Mestre (Venezia) b Universit Ca Foscari di Venezia, Dipartimento di Scienze Ambientali Calle Larga S. Marta 2137, Venezia * e-mail: fzanon@arpa.veneto.it

Negli anni sessanta sono state introdotte nel mercato vernici antivegetative a base di tributilstagno (TBT), studiate per limitare la formazione del fouling sugli scafi delle imbarcazioni e, in generale, su tutte le superfici sommerse; anche il trifenilstagno (TPhT), un tempo usato essenzialmente in agricoltura, stato introdotto nelle vernici antifouling, come cobiocida (Morcillo e Porte, 1998). Nel 1975 sono stati osservati in ostriche Crassostrea gigas, nella molluschicoltura della baia di Arcachon in Francia, i primi effetti nocivi dovuti ai composti organostannici (Alzieu, 1998). Negli anni successivi la presenza di queste sostanze nellambiente acquatico fu correlata alla comparsa di caratteri sessuali maschili nelle femmine di molluschi gasteropodi, fenomeno noto come imposex. Attualmente limposex stato registrato in 118 specie appartenenti a 63 generi (Terlizzi et al., 1998). Tra il 1999 e il 2003, in un periodo di 5 anni e con frequenze di campionamento anche stagionali, sono stati campionati in 20 stazioni distribuite nellintera area della Laguna di Venezia molluschi bivalvi eduli appartenenti alle specie Mytylus Galloprovincialis e Tapes sp.. Gli obiettivi dellindagine sono stati: valutare la contaminazione da composti organostannici nei tessuti di questi organismi nel periodo precedente lentrata in vigore della normativa europea sulla limitazione delluso di composti organostannici nelle vernici antivegetative; monitorare la variazione dei livelli di concentrazione di tali composti in organismi commestibili e valutare il potenziale rischio per la salute umana dovuto al loro consumo. Nei mitili sono state rilevate delle concentrazioni che variano tra 388 e 67001300 g kg-1 d.w., come catione (TBT+) e risultano significativamente pi alte (ANOVA, p<0.05) di quelle osservate nelle vongole (61 2300400 g TBT+ kg-1). Nellarco di tempo considerato non sono state osservate variazioni statisticamente significative delle concentrazioni di composti butilici per alcuna delle due specie analizzate (ANOVA, p>0.05). Il confronto delle concentrazioni di TBT rilevate con il Tolerable Average Residue Level (TARL, Belfroid et al., 2000) evidenzia in alcune stazioni un potenziale rischio per la salute umana associato al consumo di Mytilus galloprovincialis. Bibliografia Alzieu, C. Ocean Coast. Manage. 1998, 40, 23-36 Belfroid, A.C.; Purperhart, M.; Ariese, F. Mar. Pollut. Bull. 2000, 40, 226-232 Morcillo, Y.; Porte, C. Trend Anal. Chem. 1998, 17, 109-116 Terlizzi, A.; Geraci, S.; Minganti, V. Mar. Pollut. Bull. 1998, 36, 749-752

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SM19 THE ECODONET PROJECT: DEVELOPMENT OF A MODEL WEB BASED VIRTUAL OBSERVATORY OF ACHERONTAS, KALAMAS AND TORRE GUACETO ECOSYSTEMS AND ITS APPLICATION AS A MOBILE EXHIBIT AND PERMANENT ENVIRONMENTAL KIOSK TOWARDS PUBLIC AWARENESS AND SUSTAINABLE DEVELOPMENT OF COASTAL ECOSYSTEMS Dimitris Karamanisa, Giuseppe Meleb, Panayotis Assimakopoulosa, Kostas Ioannidesa, Apostolos Katsikisa, Ioannis Leonardosa, Chrisanthy Papadopouloua, Kostas Stalikasa, Kostas Stamoulisa, Cosimino Malitestac, Rosaria Anna Piccac, Lorenzo Vasanellib, Giuseppe Vasapollob, Eleonora Margapotib, Nikos Kotsiosd, Alechandra Koroud, Kostas Griniase, Evaggelos Mellose, Alessandro Ciccolellaf The University of Ioannina, 45110 Ioannina, Greece; bUniversity of Salento, Department of Innovation Engineering, via Arnesano, 73100 Lecce, Italy, cUniversity of Salento, Department of Material Science, via Arnesano 73100 Lecce, Italy; dManagement Authority of Kalamas and Acherontas Ecosystems, 46100 Igoumenitsa, Greece; eIgoumenitsa Port Authority, 46100 Igoumenitsa, Greece; fManagement Authority Consortium AMP of Torre Guaceto, via S. Anna 6, 72012, Carovigno (Brindisi) Italy e-mail: dkaraman@cc.uoi.gr and giuseppe.mele@unile.it The preservation of the environment has become an important challenge for modern society. To address this complex problem involving researchers, public and the environment, a close interdisciplinary collaboration approach is required. In this context, the ECODONET project has been initiated with a complete community-based, Internet-served monitoring strategy that involves all aspects of a typical monitoring strategy: data input, analysis of monitoring data, presentation of results, community training and involvement, cartographic visualization, and access via the Internet. Future upgrades are also planned which include the system integration with decision support based on knowledge-based systems, inclusion of capabilities for remote sensing of ecosystems and its expansion with more ecosystems from the Epirus and Apulia regions. Aims of the ECODONET project consist in the improvement of the management, protection and sustainability of Acherontas, Kalamas and Torre Guaceto ecosystems. The objective will be first accomplished via satellite and investigative identification of the current ecosystems quality. Furthermore, a mobile Web based virtual observatory with simplified scientific ecosystem information will be developed. This hand on mobile exhibit will be model used to motivate and train specific groups of local population in the region of Acherontas-Kalamas and Apulia region. The expected result will be the establishment of a regional electronic network of volunteers and stakeholders and the foundation of a Community Based Ecosystem Monitoring Network (CBEM). The EcoDO system audience will eventually be expanded with the installation of permanent electronic environmental information kiosks. Acknowledgement This work is supported by the Greece-Italy Interreg IIIA Community Initiative programme.
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SM20 INFLUENZA DELLE CARATTERISTICHE SITO-SPECIFICHE SULLA METILAZIONE DEL MERCURIO IN ECOSISTEMI ACQUATICI FLUVIALI L. Guzzi - W. Martinotti CESI RICERCA SpA- Dipartimento Ambiente e Sviluppo Sostenibile Via Rubattino 54, 20134 Milano

La presenza del mercurio nellambiente fonte di preoccupazione in quanto pone potenziali rischi per la salute umana e per la vita animale in generale. Le sorgenti di mercurio sono sia di origine naturale (vulcani, evaporazione dalla crosta terrestre e dai corpi dacqua, ecc.) che antropogenica (emissioni da impianti produttivi e di combustione). Il mercurio un metallo presente in pressoch tutte le componenti ambientali (aria, suolo, acqua, organismi) e circola tra loro partecipando a svariati processi biogeochimici. La chimica del mercurio abbastanza complessa. Questo metallo pu trasformarsi in differenti specie chimiche ciascuna caratterizzata da peculiari propriet. Di tutte le specie chimiche, quella del metilmercurio ritenuta la pi pericolosa dal punto di vista della tossicit. Il metilmercurio, bioaccumulato nei tessuti degli organismi acquatici, viene biomagnificato nei livelli pi elevati alti delle catene alimentari. Il consumo di animali contaminati rappresenta la principale via di esposizione per la popolazione umana. Nonostante oggi molto si conosca sul comportamento ambientale del mercurio, i pi recenti studi indicano che occorre ulteriormente approfondire la conoscenza di questo elemento in relazione soprattutto alle modalit del suo trasporto e destino finale. Nellambito delle attivit di Ricerca di Sistema per il settore elettrico*, stato avviato da CESIRICERCA un programma avente come obiettivo la qualificazione sperimentale, in tre tipologie di ecosistemi acquatici fluviali campione, di un indicatore sintetico dellefficienza complessiva di metilazione del mercurio in rapporto ai principali fattori strutturali e funzionali dellambiente (entit delle deposizioni, uso del territorio, qualit delle acque). A tal fine, sono stati individuati e caratterizzati i bacini imbriferi campione del torrente Agogna (Piemonte), del fiume Vara (Liguria-Toscana) e del fiume Cesano (Marche), sui quali sono in corso campagne sperimentali di prelievo e misura.

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INDICE DEGLI AUTORI

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Autori Abate S. Acanfora D. Adami G. Adduci F. Agostiano A. Aiossa M. Albertano P. Alfano D. Alfano M. Al-Horr R. Alisi C. Almeida C.M.R. Alonzo G. Alparone A. Amadori M.L. Amodio M. Andreotti A. Andriani E. Annicchiarico C. Antiochia R. Anzilotta G. Argese E. Assimakopoulos P. Augenti A. Avino P. Bacci G. Badetti C. Baglioni P. Bagnuolo G Baldacci D. Balducci C. Balest L. Balzarini A. Bandiera A. Baraldi P. Baravelli V. Barbabietola N. Barbieri L. Barbieri P. Barile N.B. Bartolucci U. Bastianoni S. Becagli S. Bedini S. Bellezza S. Bellusci D. Belosi F. Benedetti A. Benedetti V. Beneduci A. Benincasa M.A.

pagina 225 209 224, 240 57, 78, 83 51, 220 206 75, 110, 111 65 65 227 46, 79 32 199 88 130 59, 69, 178 76 147 242, 244 44 208 200 252 118 145 115 210 85 54 135, 136, 179 138, 142 92 155 68, 192 55 198 79 161, 164 68, 169, 192, 240 42, 222 76, 81 233 168, 171, 172 200 75, 110, 111 106 139 137 135 127 174

Autori Bergamin L. Bergamo A. Bernardello M. Bernardi E. Berto D. Berzioli M. Bestetti G. Betti M. Bianco G. Biandolino F. Blo G. Bolelli L. Bolzacchini E. Bommarito C. Bonaduce I. Bonanni P. Bonserio C. Borzetti F. Boschetti C. Bove B. Brai M. Brattoli M. Brigolin D. Brivio S. Brunetti G. Bruno P. Bruzzese N. Bruzzoniti M.C. Buccolieri A. Buccolieri G. Buonocore M. Cacace C. Cacciari A. Calabrese D. Calace N. Calisi A. Calliari I. Calzaretti G. Cambini G. Cameletti M. Campanella L. Campani E. Canesi L. Cantoni C. Capunzo M. Caracciolo R.

pagina 193, 197 62 43 141 40, 43 99 206 89, 246 225 215 218 42, 222 71,153,154,155,160, 162, 167 171 76 61 48 44, 56, 174, 190 112 178 67, 104 147, 158 40 90 54 59, 69, 147, 158, 178 190, 206 211, 212, 213 51, 57, 62, 78, 83, 146, 238, 248 51, 57, 62, 78, 83, 146, 238, 248 170 61 167 166 241 214 121 215 114 154 34, 44, 56, 58, 122, 123, 124, 125, 173, 174, 186, 190, 205, 206 66, 99, 100, 101 89, 246 240 247 201

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Cardellicchio N.

93, 146, 170, 201, 215, 242, 243, 244, 245, 248 Caretto N. 174, 190 Carlson R. 228 Carofalo I. 62 Carretti E. 85 Caruso F. 129 Casaletto M.P. 129 Casalino E. 215 Caselli M. 59, 69, 70, 143, 147, 158, 176, 178 Casoli A. 66, 99, 100, 101 Castellano A. 57, 78, 83, 238 Castellano E. 171, 172 Cataldi T.R.I. 225 Caus M. 185 Cavaliere C. 247 Cavalli S. 227, 228, 229 Ceccarini A. 76, 218 Ceccato D. 179 Cecchetti G. 149 Ceci L.R. 51, 221 Cecinato A. 138, 142 Celic L. 240 Centanni E. 43, 249, 251 Ceron A. 193, 197 Cerri O. 171, 172 Cesareo R. 57 Cesari D. 139, 157 Chelazzi D. 85 Chiantore O. 73, 102, 107 Chiaradia M.T. 223 Chiari M. 168, 171, 172 Chiavari C. 141 Ciacci C. 89, 246 Ciancio Rossetto P. 124 Ciavatta S. 94, 210 Ciccolella A. 252 Ciceri E. 250 Cincinelli A. 45, 168, 172 Cinelli G. 145 Clemenza M. 71 Colombini M.P. 76, 81, 114, 115 Colombo C. 81 Contado C. 218 Conti C. 81 Conti M.E. 149 Contini D. 139, 157 Corlian D. 248 Corradi A. 112, 161, 164 Corrocher E. 50 Corti C. 116 Cosma P. 223 Costa C. 218 Costanza C. 58, 122, 123, 125

Covelli S. Cozzi S. Cozzutto S. Credaro A. Cremonesi P. Crisci A.M. Critto A. Croveri P.

40 240 68 250 35, 99, 100 178 39 102

DAguanno A. 58, 123, 125 DAmico S. 150, 151, 152, 175 Dambruoso P.R. 59, 178 Daresta B.E. 59, 176 De Bartolomeo A.R. 239 De Carlo R.M. 211, 212, 213 De Caro F. 247 De Caro T. 129 De Gennaro G. 59, 69, 143, 147, 158, 176, 178 De Gennaro L. 147, 158 De Gregorio M. A. 63 De Leonibus M.A. 147, 158 De Marco A. 157 De Pasquale V. 223 De Tomasi F. 176 De Tommaso B. 54 De Vitis L. 87, 202 Degano I. 114, 115 Del Bubba M. 45, 168 Del Moro G. 47 DeLeo F. 51, 221 DellAtti A. 51, 62, 146, 238 Della Torre C. 192 DellaGreca M. 95 Di Gennaro P. 206 Di Giulio M. 83, 239 Di Iaconi C. 47, 92 Di Leo A. 215, 242, 244 Di Monte L. 68 Di Nicolantonio W. 167 Di Nuzzo G. 178 Di Sabatino S. 176 Di Sarra A. 171 Diamanti A. 75, 110, 111 Digilio D. 114 Donateo A. 139 Dondi F. 64, 218 Dorich B. 228 Dossi C. 250 Doumett S. 45 Dragone R. 56, 186 Duane M. 155 Emblico L. Epifani E. 151 202

258

Errani E. Erroi E. Esposito V. Fabbri B. Fabbri D. Fabbri R. Facchini M.C. Fachechi L. Faimali M. Falace A. Fam L. Fanelli C. Fantazzini P. Fantinati A. Farina A. Fass A. Favara A. Febo A. Feo M. L. Fermo P. Ferrari G. Ferrari S. Ferrero L. Ferri E. Ferrini B. Fibbi D. Figliola P. Filippo E. Fiorentino M. Fiori C. Fiorilli S. Fonti P. Foresti E. Forgione A. Formalewicz M. Formigoni D. Francioso S. Francis E. Franz L. Frazzoli C. Fumo M.G. Fungi M. Fuoco R. Gaddi R. Gallerani R. Galli P. Gallo G. Gallucci M.C. Gamper U. Garaventa F. Garrone E. Gasparini G.

137 216 87, 202 137 198 246 151 106 249 192 120 106 67, 104, 199 50 65, 247 154 76 176 49 63 210 165 71, 153, 154, 155, 160, 162, 167 42 71, 155, 160, 162, 167 45 200 70, 239 237 118 212 42 152 176 43 193 139 228 193, 195, 197 186 42 211 218 61 51, 221 56 89 127 200 249 212 169

Gatta T. Genga A. Germani F. Ghezzi P. Ghigo G. Ghirlanda S. Giandomenico S. Giangrande A. Giani M. Giannini M. Giannoni M. Giannossa L.C. Gigliotti S. Ginnasi M.C. Giordana A. Giordano M.E. Giorgi R. Giotta L. Giovagnoli A. Girardini M. Girotti S. Giussani B. Gombia M. Gramatica P. Greco S. Grifa L. Grinias K. Grossi R. Gualandi I. Guzzi L. Guzzo M. Henderson S.

124 84, 118, 157, 217 193, 197 44 185 227, 228, 229 242, 243, 245 243 40, 43 196 168, 172 117 127 108, 109 185 214, 216 85 51, 220 61 193, 195, 197 42, 222 116, 250 67, 199 86, 183, 184 106 201 252 124, 125, 174 137 235, 242, 253 116 228

Iacobucci M. 149 Iacopini S. 77 Iannece P. 209 Ielpo P. 59, 70, 143, 176, 178 Iesce M. R. 95 Imperatore A. C. R. 176 Ingo G.M. 129 Ingrosso G. 202 Ioannides K. 252 Italiano F. 51, 220, 221 Janssens K. Joseph E. Jun L. Kamseu E. Karamanis D. Katsikis A. Kendix E. 52 77, 119 189 112 252 252 119

259

Korou A. Kotsios N. La Robina M. Laganara C. Lancellotti I. Larsen B. Latanza F. Laviano R. Lazzati Z. Lazzoi M. Lelo D. Leo L. S. Leonardos I. Leonelli C. Lepri L. Lesci I.G. Librando V. Lionetto M.G. Liu H. Lo Porto C. LoCoco F. Lonero F. Lopez A. Lopez L. Loro F. Lorusso L. C. Lorusso S. Losacco A. M. Lovato T. Lucarelli F. ucejko J.J. Maccotta A. Maffei A. Magrini M. Maiolini E. Malitesta C. Mancusi C. Mancuso S. Mangani F. Mangani G. Mangiamele L. Mangone A. Manigrassi D. Manno D. Mantovani A. Manzo S. Maranzana A. Marchettini N. Marcomini A. Marelli M.

252 252 161 84 161, 164 155 207 117 71, 153, 154, 155, 162 217 173, 205 57, 78, 83, 238 252 112, 161 45, 168, 172 152 88, 108, 150, 151, 175 214, 216 183 71, 153, 154, 155, 162 68, 169, 224, 240 106 47, 92 93, 170, 207, 244, 193, 197 89 82, 113 48 94 168, 171, 172 115 67, 104, 199 87, 202 121 42 54, 252 178 45 130 219 178 84, 117 166 70, 120, 239 186 46 185 234 39, 50, 89, 246 116

160,

152,

160,

Margapoti E. Marino F. Marrale M. Marrocchi A. Martellini T. Martini C. Martini E. Martinotti W. Mascilongo G. Mascolo G. Massimi C. Matarrese R. Matteucci C. Mazzeo R. Mele G. Mellos E. Miceli A. Micheletti C. Milano F. Mingoia F.M. Minniti Z. Minuti L. Missori M. Montanari M. Montanaro S. Monticelli D. Morselli L. Motta G. Motta O. Mucha A.P. Muolo M. Murphy B. Musella R. Musetti A. Nassisi V. Natali A. Nava G. Nava S. Negro C. Nerone E. Nervegna G. Nicol M. Notardonato I. Noventa S. Onida B. Orlandi M. Paccagnella F. Pace G. Pagnoni A. Palazzo M. Palla M.F.

245

237, 252 171 67, 104 108, 109 168, 172 141 44, 205 242, 253 222 54, 92 186 223 82, 113 77, 119 189, 237, 252 252 217 39, 94 51, 220 129 150, 151, 152, 175 108, 109 125 105, 106 95 250 31, 141, 164, 165, 194, 198 178 65, 209, 247 32 48, 196 228 46 136 83 82, 113 126 168, 171, 172 217 222 138, 142 202 145 43, 249 212 160 55 225 218 237 130

260

Palleschi G. Palma A. Palmisano L. Paludi A. Paolillo V. Papa E. Papacchini M. Papadopoulou C. Pappalettere C. Paradisi L. Parenza A.E. Parmeggiani S. Pasquariello G. Passamano M. Passarini F. Pasti L. Pastres R. Pavoni B. Pedron F. Perrini G. Perrone M.G. Perrone M.R. Petraccone S. Petraroia S. Petronio B.M. Petruzzelli G. Piazzalunga A. Picca R.A. Piccari L. Pietrantonio M. Pietroletti M. Pignolo G. Pilutti P. Pinzari F. Pisani F. Pisoni E. Pistolato E. Pizzigallo A.C. I. Pizzulli F. Placentino C.M. Ploeger R. Plossi P. Pohl C. Poiana G. Poluzzi V. Possanzini M. Pozzi A. Prandstraller D. Prati S. Prato E. Predonzani S. Prelle A. Previtali E.

75, 110, 111 208 189 198 59 86, 183, 184 206 252 196 193, 195, 197 147, 158 135, 136, 179 223 65 164, 165, 194, 198 64 40, 94, 210 43, 193, 195, 197, 249, 251 191 150, 151, 152, 160, 175 71, 153, 154, 155, 162 62, 176 71, 153, 154, 155, 160, 162 152 201, 241 191 63 252 194 201, 241 201, 241 192 184 105, 106 221 167 249 233 245 59, 176 73 192 227 50, 89, 246 137 138, 142 250 77, 141 77, 119 215 40 212 71

Previtera L. Proto A. Pulselli F.M. Pulselli R.M. Rado N. Ragusa C. Ramadori R. Ramous E. Rampazzi L. Rampazzo F. Rampazzo G. Ranieri G.A. Realini M. Recchia S. Reisenhofer E. Renda I. Restuccia D. Ricciarelli I. Riccio A. Riccio M. Richardson J. Richter B. Ricucci C. Ridolfi R. Riedo C. Riess M. Rigo C. Rinalducci S. Rizzo B. Rizzo L. Rochira S. Rossi C.O. Roveri N. Rubino M. Ruffolo S.A. Ruggiero P. Rugi F. Russo M.V. Sabbatini L. Sabetta M. Saccani I. Saini C. Sangiorgi G. Santarelli M.L. Santoro S. Saracino M.R. Sarcinelli G. Sarzanini C. Scaggiante B. Scalarone D. Scarabino C. Schettino T.

95 65, 209, 247 234 233 251 78 47 121 81, 116, 250 40 200 126 81 250 240 106 169, 224 137 71, 162 90, 178 229 228 129 233 107 229 200 221 81, 116 238 223 126 152 95 126 52 168, 171, 172 145 117 36 100 227 71, 153, 154, 155, 160, 162 108, 109 242 69 120 211, 212, 213 68 73, 107 65 214, 216

261

Sebastianelli M. Semenzin E. Serafino M. Serra A. Sesso M. Severi M. Sferlazzo D.M. Siciliano A. Siciliano M. Siciliano T. Signorini E. Simion M. Sist P. Slingsby R. Sota R. Smeriglio A. Spada L. Spagnuolo M. Sprocati A. R. Sprovieri M. Stalikas K. Stamoulis K. Stani G. Stracquadanio M. Tagliacozzo G. Tamburri E. Tartari G. Tasso F. Taticchi A. Tedeschi F. Temussi F. Tepore A. Tepore M. Terranova M.L. Terzano R. Testa F. Testa M.L. Tiberi A. Tiezzi E. Tomassetti M. Tommasi L. Tonachini G. Tontini S. Tositti L. Trabace T. Traini A.

130 39 237 70, 120, 239 192 171, 172 171 120 84, 118, 157, 217 70, 84, 157 100 200 68, 192 227 189 126 170, 242, 244, 245 52 46, 79 49 252 252 169 135, 136, 137, 179 138, 142 75, 110, 111 235 46, 79 108, 109 48, 196 95 84 70 75, 110, 111 52 129, 212 129 219 234 44, 122, 124, 205 217 185 118 135, 136, 179 208 84, 117, 166

Traversi R. Trentelman K. Trianni L. Tringali G. Trizio L. Trotta M. Tumidei S. Tutino M. Ubaldi C. Ubbraco P. Udisti R. Urbani R. Uricchio V. F. Valentini F. Valli G. Vallotto D. Vandini M. Vannucchi D. Vasanelli L. Vasapollo G. Vasconcelos M.T. Vassura I. Vecchi R. Vedovato E. Vekemans B. Vezzil C. Vinci G. Vitale R. Vitaliano R. Volta M. Vona F. Wolf M. Zambonin C. Zamengo L. Zanin L. Zannini P. Zanon F. Zappoli S. Zardin A. Zharova N. Zoia L. Zolla L.

171, 172 66 243 150, 151, 175 143, 178 51, 220, 221, 223 113 59, 69 46 166 168, 171, 172 68, 192 54 75, 110, 111 63 50 118 168 237, 252 189, 237, 252 32 164, 165, 194, 198 63 79 52 68 169, 224 120 190 167 57, 78 229 207 200 195 55 251 135, 136, 137, 179 164 251 160 221

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