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no scomparsi, e noi, che dobbiamo La funzione in un mondo di finzione

r questo i paesaggi diventano le pre-


e virtuali di territori che non esistono Riuso del patrimonio storico
ome le stelle delle quali vediamo an- e principio di disgiunzione tra forma e contenuto
r essendo “morte” da lungo tempo.
Bruno Pedretti
la, Violenza, ospitalità: il senso del pae-
rtoghesi, R. Scarano (a cura di), Il pro-
tura, Newton & Compton, Roma 1999,

-Rethel, Geistige und körperliche Ar-


nheim 1989, pp. 1-2.
Nei nostri anni si sono moltiplicati gli esempi di do industriale, e questo processo,
, Vorwort, in Landschaft, Suhrkamp,
1986, p. 8.
aree industriali e ferroviarie dismesse ridisegnate riducibile a esclusive questioni uti
el, Filosofia del paesaggio, in id., Il vol- quali insediamenti per nuove professioni terzia- sulta di particolare interesse per ca
aggi sull’arte, il Mulino, Bologna 1985, rie e servizi ma anche per ricavarne sedi esposi- patrimoniali contemporanee.
tive e nuove tipologie residenziali: grandi docks Lo stesso fenomeno del recupero
p. 78. inglesi del passato coloniale accolgono oggi tura industriale si presenta anche
p. 79. musei di arte, storia e tecnica, sedi universitarie, saggistica, dove luoghi di dramm
p. 81. gallerie commerciali, parchi urbani; a Parigi una missione dell’ambiente cambiano
p. 83. stazione ferroviaria è diventata un importante rifiutati» in «paesaggi riciclati»2
eau-Ponty, L’occhio e lo spirito, SE, Mi-
museo di pittura; a Vienna vecchi silos sono stati cordo, talvolta addirittura trauma
6-27.
Passarge, Die Grundlagen der Lan-
trasformati in residenze di singolare morfologia; potenziato e riconnotato da inter
Hamburg 1919. nella Ruhr si è recuperata un’industria chimica da una «artalizzazione in situ»3 c
ardel, L’homme et la Terre, PUF, Pa- inserendovi spazi di ritrovo collettivi tra cui una gli strumenti della Land Art allo
it. L’uomo e la terra, Unicopli, Milano piscina; il monumento industriale del Lingotto seguire una sorta di riscatto delle
a Torino è mutato in un centro di esposizioni, da cave, attività estrattive e proce
weig, Pays, villes, paysages, Belfond, fiere, concerti, servizi e commercio, con inoltre mento del territorio dietro cui sta
l’inserimento sull’antica pista automobilistica in te generazioni di sfruttamento del
oth, Le città bianche, Adelphi, Milano copertura di una collezione d’arte pubblica... nel recupero del patrimonio archi
Questi e molti altri casi contemporanei dei re- che qui si attribuisce una persiste
cuperi delle aree e dei manufatti industriali di- paesaggistica in assenza della fun
smessi sono ampiamente documentati,1 ma non determinata; come nel riuso del
ne è stato altrettanto approfondito il carattere striali dismesse, anche a scala terr
che li inscrive nel problema della disgiunzione ereditate e contenuti originari no
tra forma e contenuto che soggiace alle pratiche ma vengono per così dire ricucit
e alle teorie del restauro e del riuso. Eppure, tessitura estetica introdotta con l’
come confermano le analisi, nella quasi totalità ne» del paesaggio.
dei casi il recupero progettuale dei precedenti Tutti questi fenomeni fanno emer
luoghi della produzione non si limita ad ade- to architettonico, pur con propr
guarli per nuove attività lavorative, oggi in gran problemi che si inquadrano nell’a
parte terziarie, e a fianco di alcuni nuovi spazi to sulla memoria culturale nell’era
professionali si introducono spesso altre destina- dibattito che, per le forti pressioni
zioni d’uso. È evidente quindi che ci troviamo molti fronti politici e sociali, rich
di fronte alla rioccupazione con nuove funzioni affrontato guardando oltre le str
delle precedenti forme architettoniche del mon- disciplinari e le considerazioni p
rire i modelli di trasmissione del studioso traeva i suoi esempi artistici, ossia quelli già presenti in Nietzsche, ed esatt
lturale posti a giustificazione delle che trapassano da un Medioevo cristiano di di- in cui il filosofo distingueva i «tre
cupero e del riuso. sgiunzione sincretistica a un Rinascimento nel cui «al vivente occorre la storia»:
quale p qui in curiosa sintonia con l’idea nietz- storia monumentale, una specie an
scheana dei «popoli antichi» p si sarebbe invece specie critica», le quali dovevano
ne culturale secondo cercata finalmente una «reintegrazione di forma convogliare in una storia «al servi
i disgiunzione» classica e contenuto classico». Panofsky ha in- che, in quanto tale, «non potrà né
somma proposto il suo principio di disgiunzione re mai pura scienza».11
gio assertivo divenuto raro, sin da- come uno strumento storiografico concentrato Diversamente dalla concezione “vi
del Novecento lo storico dell’arte sulle diverse concezioni artistiche medioevali e storia di Nietzsche, la conoscenza
ky cominciò a elaborare quello che rinascimentali, ma è evidente quanto dalle sue prevede naturalmente di operare se
alizzerà come il «principio di di- implicazioni di metodologia si dipani una sfida stanza “scientifica” tra sé e il patri
uesto principio dice che «dovun- teoretica che mira a intercettare alcune strutture Ciò nondimeno si dovrà ammette
e basso Medioevo, un’opera d’arte profonde nei sistemi di trasmissione culturale. blema nietzscheano della «saturazi
pria forma da un modello classico, Come ha scritto Nikolaus Himmelmann, l’uso Capitello doppio con l’uccisione di un toro, 1170-1190 ca, Monreale, Chiostro. resta l’enigma centrale nel rappor
è quasi senza eccezioni riempita della norma panofskyana dà inevitabilmente luo- raneo con la memoria culturale, e
to non classico, normalmente cri- go «ad eccezioni e incoerenze di notevole peso», un contenuto che consenta l’inserimento di quella la nostra conoscenza più scientific
nque, nell’alto e basso Medioevo, ma essa si rivela «in molti casi feconda ed oggi figura in un programma le cui linee generali sono potrà mai essere certificata con l’a
te trae il proprio tema dalla poesia, è sotto molti aspetti utile per ordinare e spiega- già predeterminate)?»9 Alle domande poste dal za di prescindere dalle interferenz
, dalla storia o dalla mitologia clas- re i fenomeni iconografici». Infatti, allo storico principio di disgiunzione, Settis risponde con le Certo, con principi come quelli di
ma è senza eccezioni presentato in dell’arte che abbia l’accortezza di ricordarsi che categorie che danno il titolo al suo saggio dedica- “originalità” tentiamo di sottrarre l
classica, normalmente contempo- egli è anche uno storico delle idee, non potrà to all’argomento: il problema della disgiunzione tate alle aggressioni della storia suc
sfuggire «tutta una gamma di trapassi da forme si inscriverebbe nel passaggio delle nostre cultu- non significa affatto renderle imp
Panofsky, proponendo la discor- sacre prevalentemente anticheggianti fino a raf- re dalla continuità con la tradizione alla distanza proiezioni della nostra memoria.
a e contenuto quale fattore deter- figurazioni più fortemente caratterizzate da una storica, sino alla conoscenza archeologica. Questa l’impossibilità (e l’inutilità) di acco
stesso processo costitutivo della coloritura contemporanea», dove «personaggi e tripartizione (che tende a corrispondere con una to secondo un esclusivo modello di
oraggioso tentativo di intercettare scene centrali della storia sacra cristiana vengono evoluzione culturale dispiegatasi lungo gli ultimi ologica, ma dato altresì il sostanzi
«governano i meccanismi di tra- eseguiti in forme antiche» o «rappresentazioni di secoli) riassume con efficacia le sorti che hanno derno di rapportarsi al preesistent
n patrimonio culturale».5 La sua contenuto antico» si trasformano in allegorie cri- segnato nelle diverse epoche il rapporto con il modello di continuità tradizionale
cheggia, sebbene ne eviti i procla- stiane.7 passato, mostrando come la parabola del «para- intenzionale, come vanno interpret
considerazioni di Friedrich Nietz- Se dunque i processi di disgiunzione tra forma e digma fondato sulla continuità» sia da declinare contemporanee della trasmissione
auspicava proprio «l’annientamen- contenuto sono costitutivi degli stessi esiti arti- nelle specifiche varianti che ne sono via via deriva- culturale? Il principio di disgiunzio
i tra forma e contenuto» vedendo stici, cosa dobbiamo pensare della trasmissione te. Queste, riassumendo, passerebbero dalla pale- no, utile a capire i fenomeni di ibr
ei limiti dell’«uomo moderno: lo culturale là dove p come nel caso emblematico se disgiunzione applicata dalla cristianità nei con- storia dell’arte, non potrebbe esse
sto di un interno a cui non corri- trattato da Panofsky p in un doppio capitello del fronti del mondo antico, a quella della (presunta) lo statuto inevitabile dei processi
esterno, e di un esterno a cui non chiostro di Monreale vediamo in stridente con- reintegrazione di forma e contenuto classici nel delle culture tanto sociali quant
essun interno, un contrasto che i traddizione un sacerdote cristiano che sacrifica un Rinascimento, per giungere alla «distanza storica» L’ambiguità che permea gli scam
non conoscono».6 Sebbene Panof- toro, ossia «una scena in cui lo scultore ha usato che in epoca moderna segnerà il progressivo af- contenuti determinando in senso pi
a riferimenti diretti a Nietzsche e un esempio … dell’uccisione rituale degli animali fievolirsi della tradizione da auctoritas in vetustas mi di sincretismo tra debito storico
conclusioni altrettanto imperative, che era stata praticata dagli Ebrei come dai Genti- favorendo l’imporsi di una autonomia «archeolo- culturale, non potrebbe essere ass
e sapesse di spingersi con il suo li, e che la cristianità aveva rimpiazzato col sacrum gica» che guarda al passato non più con le licenze anche del nostro rapporto con il pa
isgiunzione ben oltre una applica- sacrificium della Messa»?8 Davanti a tali fenome- del sincretismo iconografico né come fedele rein- La categoria di tradizione o di de
storia dell’arte indagata nelle di- ni di disgiunzione ci si chiede, per usare le parole tegrazione di forma e contenuto, bensì come os- una volta dismesso l’abito troppo c
ografiche tra elementi figurativi e di Salvatore Settis: «“Viene prima” il contenuto servazione filologica e preservazione distaccata.10 continuità storica, nel mondo mod
come era consapevole di proporne (che innesca la ricerca di una formula iconografi- Anche dalla tripartizione di Settis su continuità, critiche radicali in nome della dis
on ristretta ai soli secoli da cui lo ca adeguata) o la forma (che provoca la ricerca di distanza, conoscenza fanno capolino intuizioni nuovo, del moderno, appunto. Ma
pologicamente simili della trasmissione culturale
di forme e contenuti disgiunti possano portare a
risposte anche molto diverse.

Patrimonio storico e ermeneutica fisica


dell’architettura

Spostando il principio panofskyano dalle arti


figurative all’architettura, è subito evidente
come qui esso trovi una mole di riscontri anche
maggiore che in pittura o in scultura. Incorpo-
razione di resti classici in nuove strutture urba-
ne, riuso di elementi di antichi templi in chiese
cristiane, ripresa non solo di materiali ma anche
di tecniche e modelli nelle nuove architetture,
un uso delle rovine che via via lascerà il posto
al culto delle stesse, infine il recupero del patri-
monio edificato di svariate tipologie, sono tutti
fenomeni che in architettura denotano una forza
inerziale che sembra ancor più tenace che nelle
arti visive, una permanenza patrimoniale che,
sfruttando la particolare longevità fisica delle
opere architettoniche, le lega in uno stretto rap-
porto al passato indipendentemente dalle poeti-
che dichiarate di recupero stilistico dell’eredità
storica.
Sebbene l’architettura condivida con le altre
arti l’incessante reinterpretazione (compresi i
relativi rischi) delle opere del passato, rispetto
ca, Mantova, Broletto. Andrea Mantegna, progetto per la statua di Virgilio, 1499, Il Soldato morente, restaurato da Bertel Thorvaldsen nel
ad altri generi artistici si distingue dunque per nel 1972, Monaco, Glyptothek.
una maggiore resistenza materiale nel tempo dei
ime in senso intellettuale, operativo le innovazioni del sapere e gli stessi accadimenti suoi manufatti. Questi, per causa maggiore, han- contenuti differenti. Tanto che è p
en vedere sfoggiano una fierezza in risulterebbero “discreti”, autoreferenziali, mona- no comportato continui innesti sul preesistente, dinamica fisicizzata della disgiunzi
ie della cesura con il passato non di dell’esperienza senza debiti verso il precedente non fosse altro che per motivi di necessità pra- e contenuto (un contenuto spesso
o affidabili nei relativi sostegni teo- né crediti verso il susseguente. tica, di risparmio sulle materie, di riutilizzo di architettura con la riduttiva catego
quelle del moderno sembrano piut- Riconoscere la plausibilità del principio di di- costruzioni destinate a ospitare più generazioni ne”) a costituire uno dei principali
definitive” come le separazioni tra sgiunzione significa allora ridurre il facile orgoglio di fruitori. Si potrebbe in tal senso dire che il la cultura architettonica moderna
lusi, che non per questo sfuggiran- del nuovo delle culture moderne, svincolandole principio di disgiunzione occupi un posto pri- prese con le difficoltà di stabilire il
ai ricordi. Se peraltro nella cultura allo stesso tempo dalle altrettanto facili retoriche vilegiato in una cosiddetta “ontologia” dell’arte ginalità e integrità di opere fatte o
essero legami memoriali, nessuno di un loro assoggettamento coatto al debito cultu- architettonica, poiché le sue opere sono aperte che in altre arti a innesti e rifacime
irebbe a descrivere i fenomeni sto- rale. Ma, per evitare che la nostra epoca si ritrovi non solo ai mutamenti interpretativi della frui- rifunzionalizzazioni e riusi fisici.
doli all’interno di genealogie in cui parificata con epoche tradizionalistiche o che ven- zione postuma come in tutte le altre arti, bensì a Il problema del riuso architetto
sono debitori a fatti precedenti: se ga viceversa abbandonata a una indistinta ideolo- una vera e propria ermeneutica fisica che spesso ricorrente nelle epoche premod
a la sua forza il principio della di- gia del sempre nuovo che nega qualsiasi rapporto ne ha trasformato materialmente i lasciti costrui- tuttavia aspettare a grandi linee i
tte le opere d’arte, così come tutte con la storia, occorrerà capire come “leggi” antro- ti piegandone le forme longeve a usi successivi, a per dispiegarsi nelle articolate im
antenati [che] si rappresentavano tutto ciò che proprio tempo? Perché nel Medio
aveva avuto luogo nel passato esattamente come scimento si imboccarono strade i
gli stessi fatti sarebbero loro apparsi nello loro culturale veniva inglobato senza s
epoca».13 Con queste affermazioni sul pensiero per spontaneo (ancorché incong
storico che ci distinguerebbe dai nostri «ante- smo o per programmatica (ancorc
nati» che riportavano tutto a una sorta di epoca le) rinascenza dell’eredità classic
unica protetta dalla tradizione, Morris dimo- mondo moderno queste proced
strava di cogliere quanto il tema del patrimonio viceversa il primo pericolo delle
culturale si stesse intrecciando con il problema Medioevo e Rinascimento sono l
della disgiunzione tra forma e contenuto, il più significative per illustrare i due
quale da una parte lo spingeva verso sogni no- cipio panofskyano: la prima per
stalgici di reintegrazione ma dall’altra gli faceva che assorbe la disgiunzione tra f
pio della Speranza incorporate nella Chiesa di San
ma. denunciare ogni storicismo considerandolo un e arte cristiana, la seconda per l’
«mascherarsi con abiti smessi dagli altri».14 Alle esplicita di reintegrare forma e co
o poi nel dibattito odierno. A intuizioni di Morris in materia di continuità tra- ci nelle nuove opere d’arte. Cosa c
della crisi in cui erano entrati i dizionalistica e discontinuità storica rispondeva ticolare lungo l’Ottocento, perc
odelli di rapporto con il patrimo- a distanza, con preoccupazioni simili, Eugène modelli di trasmissione del patrim
soprattutto nell’Ottocento che si Viollet-le-Duc. Questi si distingueva da Morris vengano sottoposti a critiche cres
o progressivamente le complesse quando dichiarava la legittimità di «restaurare sempre più, i vari tentativi di “rito
ate distinzioni tra le categorie di un edificio in uno stato completo»15 (il cosid- evo o al Rinascimento o persino all
stanza e conoscenza. Tramontati i detto “restauro integrativo”), ma lo faceva pur sica verranno stigmatizzati quali
so sincretistico di ascendenza me- sempre in nome di una «alleanza della forma Probabilmente ciò è dovuto alla c
rigore classicistico celebrato come con i bisogni e con i mezzi della costruzione», che a venire meno fosse esattame
minante della reintegrazione di invitando anch’egli ad abbandonare gli stili sto- lità di combinazione di forma e c
nuto, l’Ottocento scoprirà così lo rici «da cui non può venire nulla di nuovo né di modelli precedenti, pur seguend
cui aporie diventeranno il bersa- vivo», per imparare al contrario dagli ingegneri, versi, riuscivano a garantire.
del nascente modernismo. che nel disegno della locomotiva «non si sono In attesa che si dispiegassero le f
Il Castello di Pierrefonds dopo e prima del restauro
e almeno alcuni motivi di fondo sognati di copiare un gancio di diligenza».16 su progetto di Eugène Viollet-le-Duc, 1858-1885. modernismo novecentesco, che s
ttocentesca di un nuovo modello Questi precetti di Viollet-le-Duc, sostenitore del no comunque presto a loro volt
con l’eredità culturale, è utile par- restauro integrativo di importanti monumenti e mo sia i valori morrisiani di un ritorno “socia- di elaborare sistemi di relazione t
Ruskin, che, per difendere le sue al contempo propugnatore di progetti moderni lista” alle pratiche artigianali del Medioevo, sia il preesistente, durante l’Ottocen
tiche sulla salvaguardia dei cen- radicalmente nuovi, sebbene possano apparire quelli ruskiniani di una “proprietà” delle opere somma crescendo la convinzione
on solo dei maggiori monumenti, contraddittori, erano in realtà del tutto conse- che supera gli individui e le generazioni; men- erodendo le possibilità di una reint
n abbiamo alcun diritto di toccare quenziali al pari dei coevi sogni morrisiani, cui li tre, in materia di nuova progettualità, vediamo stificata della memoria storica nel
passato. Non sono nostri. In parte accomunava il principio che sui vari fronti del- procedere paralleli tanto i richiami di Viollet-le- raneità. Tra oscillazioni che spazia
ietà di coloro che li hanno costru- le pratiche artistiche, tanto del restauro quanto Duc all’«alleanza di forme, funzioni e mezzi di plateali regressioni storicistiche all
i tutte le generazioni dell’umanità delle nuove opere, si dovesse perseguire «l’alle- costruzione», quanto le accuse di Morris contro nascenti aspirazioni modernistich
nno».12 Ruskin si fa qui paladino anza della forma con i bisogni». l’architettura degli «abiti smessi dagli altri» e le ponendo l’idea che più nessuna si
ione patrimoniale per taluni aspet- In cima agli interessi di “moralizzatori” delle esortazioni di Ruskin all’«onestà» architettonica ca” fosse possibile perché i nuovi c
a per altri ancora assoggettata al arti quali Ruskin, Morris, Viollet-le-Duc, sta- che egli formula nella sua Lampada della verità modernità avrebbero forzatament
radizione. Difatti, presto William vano dunque i problemi di una reintegrazione condannando i falsi strutturali, di superficie ed forme ereditate in falsificazioni for
vrebbe risposto per sottolineare delle forme e dei contenuti sul doppio versante esecutivi che stanno alla base dello storicismo.17 sgiunte dall’onestà interna, strutt
grande cambiamento che si è in- dei modelli di rapporto con l’eredità storica e Ma a questo punto dobbiamo chiederci: perché ra, estranee alla sincerità del proce
ondo trasformando la natura del dell’esercizio della nuova espressività. Per que- in epoche precedenti non si avvertiva il peccato ed espressivo, disgiunte quindi da
o e della sua conoscenza della sto- sto, nelle ambizioni a reintegrare la disgiunzione dello storicismo, di modo che il passato, secon- o contenuto chiamato a legittimar
utto diversa da quella dei «nostri che verrà poi diagnosticata da Panofsky, ritrovia- do le parole di Morris, era vissuto come coevo al venza storica della forma.
sulla “società dello spettacolo”, dei “simulacri”, logica delle opere di architettura,
dell’“industria culturale”, sul mondo della “com- Nochlin è vero il contrario, ossia ch
pressione spazio-temporale” che riduce la “condi- sociale di un edificio è fondata sop
zione postmoderna” a emporio di stili.20 teri non “realistici”, ma associazio
Vanno riconosciute molte ragioni a Valéry quan- questo nell’Ottocento ebbe tanta f
do afferma che «“riprendere, rinnovare una tra- tecture parlante, dove banche a for
dizione” è espressione falsa» perché se ne prende classico trasmettevano una fiducia
«solo ciò che piace», e hanno altrettante buone nella finanza; e per questo nel nost
ragioni i molti “fustigatori” che, da Tocqueville e chitettura continua a “parlare” con
Feuerbach ai filosofi francofortesi e ai situazioni- vece si presentano spesso nelle form
sti, hanno denunciato la disgiunzione di forma e industriali di matematica, razionale
contenuto come problema del finzionalismo mo- Il problema della disgiunzione tra
derno. 21 tenuto introduce così alle strategie
un’incisione del 1686 e in una veduta aerea moderna.
ura della città (1966), Città Studi, Milano 1995. Ma nel mondo del finzionalismo moderno vivia- “architettura parlante” con cui la c
mo, anche in ambito architettonico, e all’interno tuale continua a dover fare i conti
di esso non si potrà evitare di cercare dei percor- dei progetti contemporanei (non
edotta dalla finzione se, a inibire ogni possibilità di reintegrazione di si per ritrovare una relazione intenzionale con la della tutela storica bensì della pro
forma e contenuto, tanto che i diversi tentativi storia, degli spazi in cui sperimentare punti di ri- si interroga sul rapporto con il de
e meglio colsero la nuova confi- spiritualistici e dandystici dell’Aesthetic Move- congiunzione tra le forme ereditate e quei nuovi vediamo a questo proposito disp
ocentesca della disgiunzione tra ment che vagheggeranno una nuova unità di sen- contenuti che in architettura si dovranno allora poste che, se si escludono le paro
nuto spicca per lucidità Alexis de so divenuta ormai parodistica, susciteranno di lì identificare in qualcosa che va al di là della stretta ricismo postmodernista, possiam
he nel 1840 scriveva, in La demo- a poco reazioni anche caustiche. “funzione”. Se infatti nell’architettura, anche in per semplificazione in due indiriz
rica: «Nella confusione di tutte le Lo vediamo chiaramente nelle riflessioni di Paul quella storica, contasse soltanto il valore di una l’architettura come modificazione e
spera di poter apparire quello che Valéry, che intorno agli Venti del Novecento pura funzionalità esente da ogni finzione della come figurabilità.
i tutto per riuscirvi. Non è la de- tratteggerà senza sconti questo panorama otto- forma, assisteremmo di continuo alla distruzione
scitare questo sentimento, che è fin centesco, scrivendo: «Si riparlò di cattedrali, di dei vecchi edifici o a una loro sopravvivenza a
le nel cuore dell’uomo, ma essa lo Poussin e di Racine. Ci si invaghì dell’artigiano patto che essi si prestino a un uso del tutto simile Architettura come modificazione,
se materiali: l’ipocrisia della virtù del Medioevo, e alcuni pittori e scultori si abbi- a quelli originari (come accade per esempio con architettura come figurabilità
pi; quella del lusso in modo più gliarono a sua somiglianza. Venne pronunciato le tipologie residenziali nei centri storici delle
opria all’età democratica. Per sod- il nome tradizione. Alcuni furono condotti dal nostre città); oppure assisteremmo al rifacimento Vittorio Gregotti ricorda in suo
nuovi bisogni della vanità umana, loro zelo per il passato fino ai piedi degli alta- radicale di edifici preesistenti non appena fosse siano stati numerosi nella storia gl
ura alla quale le arti non facciano ri che tanto avevano trascurato dopo l’infanzia; considerato economicamente vantaggioso sfrut- tichi di rimodellazione, incorpor
parecchi giunsero sino al chiostro. Altri ancora tarli quali scatole vuote, involucri neutri utili ad mento di monumenti; e altrettan
apisce che è lo statuto moderno rimasero pagani, non prendendo dalla tradizione accogliere nuove esigenze, nuove funzioni. Ma il casi di ampliamento, di cambiam
, dell’apparenza, a frapporsi come se non ciò che gli piaceva».19 tema è appunto più complesso, e per capire la completamento interpretativo», ta
rocessi della continuità storica in- Le parole di Valéry riassumono impietosamente tenacia della domanda di sopravvivenza storica «rari i monumenti arrivati integri
ei comportamenti «l’ipocrisia delle la fragilità della condizione contemporanea. De- occorrerà introdursi nel concetto di “funzione” tando come ineludibile l’ermeneu
». Ora sembra non resti sulla scena clinata la tradizione come trasmissione in con- affrancandolo dalla sua banale contrapposizione accompagna la storia delle opere d
ioco di forme, usate per apparire tinuità del patrimonio culturale, i gesti di reistitu- materialistica al concetto di forma o “finzione”. egli ritiene che oggi «non si tratti s
i è nell’arena della confusione de- irla non sono che il saccheggio di chi va a spasso Come ha scritto Linda Nochlin, bisogna doman- quali aree vanno difese rispetto a
le classi sociali. Costruire banche tra i secoli prelevando ciò che gli piace, così come darsi «rispetto a che cosa l’architettura debba all’indifferenza della costruzione,
classici e residenze borghesi neo- i “democratici” di Tocqueville fanno shopping per essere funzionale». Per capire come si articola il e vincolare alla demolizione tessut
durre teiere domestiche cesellate poter apparire quello che non sono. L’eclettismo principio di disgiunzione nell’era della modernità, gruppi di costruzioni specifiche su
scultore barocco e lampadari da ottocentesco così descritto ci appare già “post- andrà dunque sgomberato il campo da una ridut- nostro giudizio negativo, un giud
no stampati come cappelle gotiche moderno”, e sarà infatti da questi annunci che si tiva nozione di “funzionalità”, poiché essa condu- simmetrico rispetto a quello dell
È il regno della finzione, del come dirameranno le numerose analisi novecentesche ce a una visione essenzialista, piattamente onto- ne». Un innesto così deciso del c
nei manufatti storici si giustifica riportando le forme passate non a loro possibili Ma se il funzionalismo non può esaurire la for- sufficiente a definire la continuità
otti non solo per una esplicita as- sintesi con nuovi contenuti, ma a un linguaggio ma, occorre trovare un diverso punto in cui la … e non spiega nessun fenomen
sponsabilità circa ciò che merita o morfologico che attraversa come una grammati- disgiunzione si possa reintegrare in chiave mo- venza»,30 l’interpretazione rossian
rvazione, ma anche perché, ripren- ca il tempo imponendo di volta in volta diver- derna. Rossi muove a questo riguardo una criti- chiave fenomenologica cerca dunq
inzione tra conservazione e restau- se relazioni con la storia e facendo della stessa ca a Camillo Sitte, secondo cui «artisticamente la disgiunzione tra forma e contenu
a Manfredo Tafuri», ogni progetto ermeneutica fisica dell’architettura un materiale importante [nella città] è soltanto ciò che può ventare attuale la storia nelle sue «
è «forma interpretativa del restau- progettuale privilegiato. essere abbracciato con lo sguardo», per spiega- Il linguaggio morfologico e la per
odificazione delle relazioni tra le La polemica contro il “tipo” che Gregotti avan- re invece che «la città come opera d’arte non è logica, la modificazione e la figurabi
nti e instaurazione di nuova legge za in nome dell’architettura come modificazione riducibile a qualche episodio artistico o alla sua risposte indirette al principio di
misura con l’antico».23 rimanda all’altra risposta della relazione con il leggibilità» e reclamando una «artisticità come panofskyano che tentano di non ce
la categoria di modificazione, Gre- debito culturale: l’architettura come figurabilità. figurabilità» in cui «il tutto è più importante del- to del contenuto come piatto fun
liquidare la tradizione come «no- Questa posizione, che tra le sue versioni anno- le sue parti … compresi anche il sistema stradale all’opposto, dell’autonomia della
artenenza» in «versione nostalgi- vera anche le derive del kitsch postmodernista, e la topografia urbana fino alle cose che si pos- nietzscheano «esterno a cui non c
so tempo invita ad andare oltre il vede in Aldo Rossi uno degli interpreti più sot- sono apprendere passeggiando su e giù per una interno». Il loro interesse discipli
e pratiche di avanguardia. Ciò che tili. In Rossi, l’ermeneutica fisica dell’architettura strada».28 Egli convoca poi a proprio sostegno di talune analogie dei due architet
uova possibilità consisterebbe nel è accolta non come una ricorrenza grammaticale Quatremère de Quincy, là dove questi afferma le-Duc da un lato e con Ruskin
nguaggi del nuovo» dell’avanguar- ispirata dalla morfologia, bensì come una perma- nel suo Dictionnaire del 1832 che «in ogni pae- nel tentativo di elaborare la crisi
me di linguaggi della modificazio- nenza antropologica. Riprendendo le sue stesse se, l’arte del fabbricare regolarmente è nata da retorica del nuovo che ha spinto,
ppando «la teoria rogersiana delle parole: «la città e la regione, la terra agricola e un germe preesistente. È necessario in tutto un spingere, l’architettura contempo
mbientali, con l’interesse per la i boschi diventano cosa umana perché sono un antecedente; nulla, in nessun genere, viene dal approdi piattamente funzionali a
i] i confini del movimento moder- immenso deposito di fatiche, sono opera delle nulla; e ciò non può non applicarsi a tutte le in- “programma”, o alla reazione opp
ore che emergano le forme di «un nostre mani; ma in quanto patria artificiale e cosa venzioni degli uomini». L’omaggio di Quatremè- nalità figurativa che vende − secon
alismo (addirittura di un nuovo costruita esse sono anche testimonianza di valori, re alla memoria quale fondamento delle culture di Tocqueville − «l’apparenza di
egli sancisce la necessità normativa sono permanenza e memoria. La città è nella sua disciplinari non serve ad Aldo Rossi solo per ri- è». Queste risposte progettuali son
lsiasi «risposta mimetica» e propo- storia».26 Rossi assume qui la dilatazione del con- badire che la “figurabilità” contiene un valore di perché suggeriscono di interrogar
e ogni progetto «come racconto di cetto di bene culturale che lungo il Novecento durata, ma anche per riprendere e rilanciare un tà del nostro rapporto con il patri
ze, di relazioni che, non colmabili si è aperto dalle tipologie monumentali alle pre- concetto caro al teorico delle arti francese: quello sfuggendo ai rischi di una pragma
unitari, fissano campi specifici di senze storiche, agli intrecci contestuali. In una di “tipo”. Scrive difatti Rossi: «La parola “tipo” funzionalistica del passato o, all’i
verso i quali è possibile conoscere tale visione, che affida all’architettura un valore non rappresenta tanto l’immagine d’una cosa sua triviale estetizzazione formalist
nasce da quelle distanze». Il rico- artistico di memoria antropologica, l’ambien- da copiarsi o da imitarsi perfettamente, quanto
el problema della disgiunzione tra te edificato viene di conseguenza liberato dalla l’idea d’un elemento che deve egli stesso servire
nuto è esplicito e si risolve per Gre- «concezione del funzionalismo, dettata da un di regola al modello».29 All’interno di una “arti- Dal principio di disgiunzione alla
gazione di ogni «atto unitario», il ingenuo empirismo, secondo cui le funzioni rias- sticità” che per Rossi è memoria storico-antro- della rioccupazione
occupato da un linguaggio della sumono la forma e costituiscono univocamente pologica, il “tipo” diventa così lo strumento per
come dialogo morfologico con il il fatto urbano e l’architettura. Un tale concetto sfuggire all’immagine mimetica o storicistica e al Addentrandosi nei numerosi casi
non condanna però soltanto le ri- di funzione, improntato alla fisiologia, assimila la contempo per affrancare architettura e città dal nei di recupero e riuso delle arch
iche, ma considera anche «il tipo forma a un organo per cui le funzioni sono quelle gretto funzionalismo senza doversi per questo che, delle aree industriali e persin
di coincidenze tra area, tecniche che giustificano la sua formazione e il suo svilup- consegnare all’istanza morfologica gregottiana, compromessi della civiltà modern
one, bisogni simbolici ed abita- po e l’alterazione della funzione implicano una il cui modello di memoria cognitiva comprime come a guidare i progetti vi siano s
iù significativamente proponibile alterazione della forma».27 l’importanza della storia sin quasi a farla scom- estetizzazione che depotenziano la
to sintetico». E usando la formu- Rossi risponde dunque implicitamente alle do- parire. Alla grammatica morfologica Rossi oppo- le di tali luoghi, scelte perseguite
a, afferma: «Non sarà per caso la mande riposte nel principio di disgiunzione li- ne la «costante tipologica» come deposito delle per esempio le aree produttive di
sediativa a prevalere decisamente quidando innanzi tutto il primato del contenuto «permanenze» dell’architettura, poiché «la dif- spazi di piacere e i paesaggi dell’
io come serbatoio di modelli e so- sulla forma, poiché «la struttura dei fatti urbani» ferenza tra passato e futuro … consiste proprio mento del territorio in opere di La
condo questa procedura il princi- non è riducibile a «un problema di organizzazio- nel fatto che il passato è in parte sperimentato be però ingannevole limitarsi a cog
zione panofskyano viene affrontato ne di qualche funzione più o meno importante». adesso». Dato che a suo parere «la funzione è in- interventi il semplice passaggio da
ato a una posticcia forma del con- ai fenomeni sociali più quotidiani dove la civiltà
da uno statuto funzionale origina- dell’immagine fa dell’apparenza un mezzo quasi
cessiva “pelle” estetica. Anche là salvifico tramite la moda, i consumi e vari gesti di
o a trasformazioni che sembrano riappropriazione soggettiva della speranza.
ra visibilità”, sarà più pertinente Questo panorama viene spesso letto come un
ttosto perché l’estetizzazione sia processo di mondanizzazione moderna del prece-
strumento capace di sincretizzare dente sistema escatologico cristiano, ma proprio
nuti in modi propri e nuovi, per a questa filiazione diretta Blumenberg si oppone,
ui o persino ridicoli essi ci possa- poiché a suo parere ciò significherebbe che restia-
e infatti nelle pratiche contempo- mo ancora tutti cristiani pur sotto mentite spo-
o non fosse all’opera un tentativo glie, le spoglie appunto di una secolarizzazione
Il Lingotto di Torino prima e dopo la ristrutturazione
culturale, non si spiegherebbe il dei precedenti sistemi teologici che resisterebbe- su progetto di Renzo Piano, 1988-2003.
rno del recupero del patrimonio ro come “contenuti” sotto la pellicola di “forme”
storico, così come non si spieghe- contemporanee che sempre più spesso vediamo sempre le domande precedono le risposte», ben- re oggi in una economia terziaria,
cese polemiche su legittimità del assumere valenze estetiche, spettacolari, fittizie. sì le risposte già date chiedono a chi viene dopo scambi estetici, e non più in una re
ternità al passato che ossessionano Il filosofo non nega affatto la realtà della monda- di confrontarsi con la loro «sopravvivenza» quali fisico, meccanico, di fabbrica.
re. nizzazione moderna, ma ritiene che ad essa vada domande. Come accadde «anche al Cristianesi- Come ha scritto Odo Marquard
di solito si incorre è quello che, ba- attribuita una specifica legittimità storica e cultu- mo cui si presentarono, provenienti dal mondo distanza con Blumenberg, l’esteti
i come quelli sollevati dal principio rale. Il rapporto del moderno secolarizzato con ellenistico, … questioni per la cui soluzione esso «compensazione» che è «integrazi
e panofskyano, vede nel passato un la tradizione cristiana andrà allora spiegato a suo non era naturalmente predisposto», così accade tero»,35 non può però risolvere in
ntenuto e nel presente un primato parere non come travestimento mondano, politi- al mondo moderno nei confronti della tradizio- nico» la disgiunzione di forma e co
condo una contrapposizione in cui co, estetico del contenuto religioso soggiacente: ne, perché ogni epoca deve accettare «la soprav- vata tra gli altri da Panofsky con il
o non resterebbe altro che vivere in la «presunta trasmigrazione degli attributi» non vivenza dei sistemi delle questioni al di là del La rioccupazione delle questioni d
nzionalismo che si limita a giocare sarà da leggere come «una mondanizzazione mutamento epocale».34 concorda a questo riguardo Blu
i precedenti estetizzandole. dell’escatologia», ma da interpretare come una In questo confronto che spinge le culture a pro- può sempre ambire ad avere la st
oprio le semplificazioni sul finziona- «mondanizzazione per mezzo dell’escatologia».32 durre una «nuova occupazione di posizioni dive- totalità di quando la domanda e la
, il filosofo Hans Blumenberg è par- Per correggere «l’anacronismo moderno del teo- nute vacanti da parte di risposte le cui relative sta sono sorte, ma ciò nondimeno
o indagando sulle categorie di “se- rema della secolarizzazione», egli propone quindi domande non poterono essere eliminate», risulta ne mantiene un dovere di totalit
” e “mondanizzazione”. Con queste di parlare di una «struttura della rioccupazione». evidente quanto nella modernità secolarizzata come dimostra anche la fortuna
li scrive, si indica quel «processo di La rioccupazione permette infatti di riconoscere la dimensione estetica (quella che Toqueville tismo in epoca moderna, sarebbe
attraverso il quale, tanto nella vita il debito culturale con il preesistente, ma segnala dipingeva come «impostura delle arti») assuma conoscenza «senza intero»,35 la n
in quella quotidiano-pubblica, vie- altresì che la nuova cultura si assume le sue re- un posto rilevante. Ma, per tornare ad esempi all’impossibile reintegrazione total
n affievolimento di legami religiosi, sponsabilità intervenendo nella «rioccupabilità architettonici, a questo punto ciò non potrà si- ed esterno» che, come sentenzia
ti trascendenti, di attese ultraterre- del luogo dell’idea». È questo il caso, argomenta gnificare semplicemente che la trasformazione sembrerebbe attribuibile ai «popo
ali», cosicché «l’età moderna sareb- Blumenberg, del passaggio dal concetto di infi- di un’architettura industriale in un luogo “este- preclusa all’«uomo moderno».
pura mondanità, e di conseguenza nito a quello di progresso, dove quest’ultimo, tizzato” per mostre d’arte rappresenti solo una Se queste considerazioni sono c
rebbe quello secolare».31 Come ci per vincere il proprio «disagio non solo dovuto sostituzione della funzione nella permanenza deriva che quando ci confrontia
segnali storici ma anche l’esperien- ai risultati ma all’indeterminatezza del suo corso della forma: l’estetizzazione del luogo come ri- cupero del patrimonio storico, da
effetti di questa mondanizzazione [ha] recuperato l’idea di una rivoluzione ultima cordo depotenziato della precedente funzione ci monumenti veri e propri sino al ri
in diversi momenti e in molteplici e definitiva che fermerebbe il suo processo»: da dirà piuttosto che si è rioccupato il «sistema delle tettura industriale e dei paesaggi
ti della «autoaffermazione moder- qui la scelta «attraente di una condizione finale, questioni» dell’antico lavoro con nuovi usi che smessi, non lo facciamo solo per d
ficazione dell’artista moderno alle quale è proclamata nel Manifesto comunista, che si propongono come risposte alla persistenza di memorialistici in alcuni casi o per
giche trasportate nei programmi non solo può convertire l’impazienza e l’insoddi- domande cadute fuori dalla loro epoca. Nel caso tismo in altri, e nemmeno in nome
ensioni utopistiche espresse da varie sfazione … ma deve anche essere accompagnata specifico dell’architettura industriale recuperata postmoderno pastiche estetizzato
inari e dalle stesse scienze ai sogni dalla teoria della sua possibilità».33 e trasformata, il riuso segnalerà quindi la rispo- me e nuove funzioni: con la nostra
estetica delle culture giovanili, sino Secondo Blumenberg, nella storia culturale «non sta odierna alla risposta precedente: poter vive- neutica lo facciamo piuttosto per r
ra i precedenti «luoghi delle idee», _ 18. A. de Tocqueville, La democrazia in America,
e dare nuove risposte alle risposte Città aperta, Troina (En) 2005, vol. II, p. 62.
e sopravvivono nel nostro tempo _19. P. Valéry, Degas Danza Disegno, in Id., Scritti
e. sull’arte, TEA, Milano 1984, p. 61.
_20. Cfr. D. Harvey, La crisi della modernità, il Sag-
giatore, Milano 1993, pp. 347 sgg.
iere la vastità bibliografica che accom- _ 21. Cfr. O. Marquard, Arte come antifinzione, in Id.,
lo gli esempi italiani, si veda: A. Bon- Estetica e anestetica, il Mulino, Bologna 1994, pp. 167 sgg.
gari, C. Franco, L. Gibello, Stop & Go. _ 22. L. Nochlin, Realismo, cit., p. 115 sgg.
e industriali dismesse in Italia, Alinea, _ 23. V. Gregotti, Necessità del passato, in B. Pedretti
. Ronchetta, M. Trisciuoglio (a cura (a cura di), Il progetto del passato. Memoria, conserva-
er il patrimonio industriale, Celid, To- zione, restauro, architettura, Bruno Mondadori, Mila-
e compare anche una prima versione no 1997, pp. 18 sgg.
gio con il titolo Sull’ermeneutica fisica _ 24. V. Gregotti, Modificazione, “Casabella”, 498-499,
. gennaio-febbraio 1984, numero monografico dedicato a
rasi, Paesaggi rifiutati, paesaggi ricicla- Architettura come modificazione; testo ripreso in Id., Que-
stioni di architettura, Einaudi, Torino 1986, pp. 79-84.
Progetto
attive dismesse nel paesaggio: fenome-
roblema progettuale, Editrice Librerie _ 25. Ibidem, p. 82.
2001. _ 26. A. Rossi, L’architettura della città, Città Studi,
a formula, tradotta con un brutto ne- Milano 1978 (ed. or. 1966), pp. 27 sgg.
egata da Alain Roger e riportata in N. _ 27. Ibidem, p. 36.
cit., p. 18. _ 28. Ibidem, p. 30.
sky, Rinascimento e rinascenze nell’arte _ 29. Ibidem, p. 32.
trinelli, Milano 1971, p. 105; brano qui _ 30. Ibidem, p. 59.
raduzione riveduta da S. Settis nell’In- _ 31. H. Blumenberg, La legittimità dell’età moder-
Saxl, La fede negli astri, Boringhieri, na, Marietti, Genova 1992, p. 9.
38. _ 32. Ibidem, in particolare pp. 43 sgg.
_ 33. Ibidem, pp. 91-92.
ietzsche, Sull’utilità e il danno della _ 34. Ibidem, pp. 71 sgg.
, Adelphi, Milano 1973, pp. 16 e 32. _ 35. O. Marquard, Estetica, cit., p. 216.
elmann, Nudità ideale, in S. Settis (a _ 36. Cfr. H. Blumenberg, La legittimità, cit., p. 71.
ia dell’antico nell’arte italiana, II. I generi
, Einaudi, Torino 1985, pp. 251 sgg.
sky, Rinascimento, cit., p. 118.
, Continuità, distanza, conoscenza. Tre
n Id. (a cura di), Memoria, cit., III. Dal-
’archeologia, pp. 404-405.
in particolare pp. 484 sgg.
che, Sull’utilità, cit., p. 16.
ombrich, La conservazione delle città:
Ruskin per il nostro tempo, in Id., Ar-
tro tempo, Einaudi, Torino 1994, p. 79.
hoay, L’allegoria del patrimonio, Offici-
ma 1995, pp. 102 e 202.
er, L’architettura moderna e il design,
1968, pp. 30 sgg.
hoay, L’allegoria, cit., p. 103.
er, L’architettura, cit., p. 30.
ochlin, Realismo. La pittura in Europa nel
udi, Torino 1979, pp. 127 sgg.; E. Gom-
ll’ordine, Einaudi, Torino 1984, pp. 58 sgg.

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