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Il 

pianoforte appartiene alla categoria dei cordofoni a corde percosse. I cordofoni


sono strumenti a corda che producono il suono tramite le vibrazioni create dalle
corde. Nel pianoforte le percussioni sulle corde avvengono tramite i martelletti.
Questi ultimi vengono messi in azione con la tastiera. Essa si compone di 88 tasti di
cui 52 bianchi di dimensioni maggiori e 36 neri più piccoli. Il pianoforte venne
perfezionato in Germania; attualmente viene utilizzato in molti concerti di
musica classica e leggera. Per suonare il pianoforte bisogna sedersi su uno sgabello
regolabile; inoltre, si devono utilizzare sia le mani per i tasti che i piedi per i pedali.
Suonare il pianoforte apre le porte a nuove opportunità. È opportuno sapere che
può essere un toccasana soprattutto contro l'invecchiamento cerebrale.

Posizione
Le persone che suonano il pianoforte devono assumere una corretta postura sullo
sgabello. Essa è essenziale per raggiungere scioltezza, rilassatezza e per poter suonare
continuativamente per molte ore. Una cattiva posizione può provocare
indolenzimenti, dolori alle spalle, dolori alla schiena e forti tendiniti. La schiena deve
restare eretta quanto più possibile; bisogna controllare sempre che le spalle ed il collo
siano rilassati. Si devono perciò adottare alcuni semplice accorgimenti per non
correre il rischio di cadere in queste dolorose situazioni. È fondamentale sistemarsi
sul sgabello in modo da non sedersi completamente, cioè si deve occupare metà del
sedile. Si devono posizionare le dita sui tasti e si deve mantenere una distanza di circa
30 cm (dalla tastiera al bacino). Sedersi troppo distanti oppure troppo vicini al
pianoforte arreca danni alla colonna vertebrale.

Altezza
Gli sgabelli per pianoforte sono di forma rettangolare; la loro altezza deve essere
regolata in modo tale che braccio ed avambraccio formano un angolo di 90°. Lo
sgabello non deve essere troppo alto, ma nemmeno troppo basso; ciò permette di
mantenere una posizione rilassata ed allo stesso tempo dinamica. Per ottenere una
giusta posizione il gomito si deve trovare appena sopra la tastiera. Non è consigliabile
l'utilizzo di sgabelli rotondi oppure movibili in quanto non offrono una sufficiente
stabilità. Se l'allievo non riesce ancora a toccare il pavimento con i piedi è
consigliabile utilizzare uno sgabello della giusta altezza. In questo modo le gambe
non ciondolano. Inoltre, non è opportuno flettere troppo gli arti inferiori, altrimenti si
ha difficoltà ad utilizzare al meglio i pedali.
Equilibrio
Tantissimi musicisti hanno affermato che non esiste una posizione assoluta, cioè
quella "maggiormente corretta". Essi hanno ribadito che posizioni non convenzionali
delle mani possono dare migliori risultati. Si può dire che il vero segreto è quello di
trovare un equilibrio affinché tutti gli arti possano funzionare correttamente e con il
minor sforzo possibile. È giusto sapere, senza essere smentiti, che per trovare
l'equilibrio devono funzionare l'apparato spalla-braccio-avambraccio-dita e quando è
necessario tutto il corpo. Inoltre, il dito deve colpire la nota con il polpastrello e
bisogna tenere la nota per almeno 10 secondi. L'esercizio può essere eseguito con una
mano oppure simultaneamente con entrambe. È indispensabile effettuare l'esercizio
quotidianamente. Infine, l'impostazione al pianoforte si cura sin dalle prime lezioni,
anche con l'aiuto del maestro. Se vengono seguite attentamente tutte le indicazioni di
questa breve guida probabilmente si riesce ad avere una corretta postura sullo
sgabello quando si suona il pianoforte.

La chiave di violino o chiave di sol è una delle chiavi musicali più utilizzate. Fra le sette
chiavi esistenti, questa è la più comune poiché ci sono molti strumenti che leggono le note
utilizzando questa chiave. Solo per citarne qualcuno:

 Pianoforte (mano dx)


 Voce
 Flauto
 Clarinetto
 Violino
 Ecc…
Solitamente è la prima chiave che si inizia a studiare, proprio perché è considerata la
più universale assieme alla chiave di basso, con la tendenza, negli ultimi anni, ad
accantonare le chiavi antiche (chiavi di Do).

Prima di vedere nel dettaglio come si leggono le note in chiave di violino, c’è da fare una
precisazione. Le note nel pentagramma cambiano a seconda della chiave di
lettura. Le note non sono mai assolute ma cambiano a seconda della chiave che troviamo
posizionata all’inizio del pentagramma.

Ti faccio vedere ora qui di seguito uno dei classici esempi errati che si trovano su internet
o su alcuni testi di teoria musicale:
Queste note nel pentagramma, senza una chiave musicale posta all’inizio del rigo, non
hanno alcun significato. Perciò dimentica quest’immagine che ti ho appena fatto vedere.

Pentagramma e accollatura
Il rigo musicale è formato da 5 righe che creano 4 spazi. Queste 5 righe o linee sono
parallele ed equidistanti. Disegnando queste righe poste in orizzontale otteniamo il rigo
musicale o pentagramma.

All’inizio di ogni pentagramma ci deve sempre essere una chiave. La chiave ci indica in


che modo leggere le note.

Per fare un paragone potrei dire che ogni chiave musicale corrisponde a una lingua
diversa. La chiave di Sol è l’italiano, la chiave di Basso è l’inglese, la chiave di contralto è il
francese e così via. Sono linguaggi simili ma allo stesso tempo diversi.

Imparare a leggere una chiave significa appropriarsi di un linguaggio universale.


Lo stesso linguaggio che conosci tu lo conosce anche l’americano e anche il sud coreano.
La musica tutta è un linguaggio universale.

Un gruppo di più pentagrammi da leggersi contemporaneamente formano l’accollatura.


Tramite la parentesi graffa si raggruppano i righi musicali che procedono in modo
simultaneo. Tuttavia se questi righi sono molti, come in una partitura orchestrale, la
parentesi può essere anche quadra.

Nomenclatura delle note


Premettendo che ogni sistema musicale utilizza una propria nomenclatura per i suoni che
lo compongono, il nostro sistema (sistema temperato equabile) è basato sulla successione
di 7 suoni diatonici che venivano inizialmente indicati con le lettere alfabetiche:

A (la) B (si) C (do) D (re) E (mi) F (fa) G (sol)

Nella prima metà dell’XI secolo, Guido d’Arezzo sostituì – a fini esclusivamente pratici –


le lettere (modificando il punto di partenza, non più il La ma il Do) con le sillabe iniziali dei
singoli versetti di un Inno a San Giovanni, versetti che, in perfetta successione, iniziavano
con i suoni della scala diatonica:

Utque –antla-xis

Re-so-na-re- fi-bris

Mi-ra ge-sto-rum

Fa-mu-li-tu-o-rum,

Sol-ve pol-lu-ti

Là-bi-i re-a-tum,

San-cte Jo-as-nes

Nei paesi di lingua inglese e tedesca viene ancora utilizzata la nomenclatura con le lettere
dell’alfabeto.

La prima sillaba (Ut) continua ad essere usata nella terminologia francese. Divenne poi il
famoso Do nella pratica italiana (pare che derivi dalla sillaba iniziale del teorico Giovanni
Doni, 1594-1647).
La chiave di violino: funzionamento
Come dicevamo sopra, ogni chiave è una lingua a sé. In questo articolo ci soffermiamo
sulla chiave di violino o di Sol, ma ci sono altre sei “lingue” che dovrai conoscere se
intendi intraprendere il percorso di studi del conservatorio.

Ogni chiave (di Sol, di Fa o di Do) indica la posizione di una nota. Grazie a quella posizione
noi possiamo conoscere tutte le altre.

La chiave di Sol fissa la posizione del Sol. Il Sol è posizionato sulla seconda riga del
pentagramma e corrisponde al Sol immediatamente sovrastante il Do centrale del
pianoforte.

Una nota posizionata sul secondo rigo (evidenziato in rosso a titolo pratico) equivale al Sol
posizionato sopra al Do centrale (frequenza 440 Hz).

Come si leggono le note in chiave di violino


Diamo un’occhiata insieme a questo schema:

A partire dal Sol (seconda riga), possiamo salire (andare verso l’alto in blu) o scendere
(andare verso il basso in rosso), ottenendo così le altre note.

Quello che è importante capire è che ogni passaggio fra una riga e uno spazio di un
pentagramma o viceversa, comporta un cambio di nota. Come vedi, se dal Sol (seconda
riga) saliamo verso l’alto di un “gradino” otteniamo il La (secondo spazio). Se dal La
(secondo spazio) saliamo sopra di un altro “gradino” otteniamo il Si (terza riga) e così via.
Perché salendo dal Sol abbiamo il La e poi il Si?

 Quando dal Sol, vai verso l’alto, devi utilizzare la scala musicale in senso
ascendente (Sol, La, Si, Do, Re, Mi, Fa ecc…)
 Quando dal Sol, vai verso il basso, devi utilizzare la scala musicale in senso
discendente (Sol, Fa, Mi, Re, Do, Si, La ecc…)
Se devi trovare una nota che è situata al di sopra della seconda riga, allora devi utilizzare
la scala in senso ascendente. Viceversa se devi trovare una nota posizionata sotto il
secondo rigo.

Per facilitare la lettura, alcuni metodi preferiscono dividere le note sulle righe con
quelle negli spazi. Ottenendo questo risultato:

Suddividendo le note in questo modo potrai avere le note in 4 negli spazi (Fa-La-do-Mi) e
5 sulle righe (Mi-Sol-Si-Re-Fa).

Questa suddivisione in gruppi di 4 e di 5 note serve per una questione mnemonica.

Come si leggono le note fuori dal pentagramma


Le note all’interno del pentagramma non riescono ad occupare tutta la gamma dei suoni di
alcuni strumenti ma solo una piccola parte. Ecco il motivo per il quale occorre talvolta
uscire fuori dal pentagramma.

Le note possono essere sopra il pentagramma o sotto. In ogni modo occorre inserire
i tagli addizionali per far sì di avere delle linee guida di riferimento. I Tagli addizionali
non sono altro che brevi tratti di linea che si aggiungono provvisoriamente al di sopra o al
di sotto del pentagramma e che si scrivono soltanto in corrispondenza delle singole note
per le quali sono necessari.

Per capire i tagli addizionali  dobbiamo immaginarci un proseguimento immaginario delle


linee del pentagramma.

In questo modo abbiamo delle note sopra il pentagramma negli spazi e nelle righe, e delle
note fuori dal pentagramma sotto, negli spazi e nelle righe.

Solitamente è buona norma non inserire più di quattro tagli addizionali per non rendere la
lettura difficoltosa.

La chiave di basso è una delle chiavi musicali più conosciute del setticlavio. Fa parte
della famiglia della chiave di fa (con la chiave di baritono e la meno conosciuta chiave di
subbasso) e viene espressa con un segno grafico convenzionale (vedi figura 1) posto
sul quarto rigo del pentagramma a indicare l’altezza della nota fa.

La chiave di basso è importante?


Conoscere la chiave di basso, oltre alla chiave di violino, è fondamentale per un pianista.
La maggior parte delle partiture per pianoforte sono formate da due righe musicali, la riga
superiore in chiave di violino (o di sol) e la riga inferiore in chiave di basso. Le note scritte
sulla riga superiore saranno eseguite, generalmente, dalla mano destra, mentre quelle
della riga inferiore dalla mano sinistra.

Fig. 2
– Esempio di partitura classica per pianoforte
 
A cosa serve la chiave di basso?
La chiave di basso viene utilizzata per leggere con maggiore chiarezza e
semplicità le note gravi che difficilmente sarebbero state comprensibili se scritte in
chiave di violino. Immagina quanti tagli addizionali sarebbero stati necessari per scrivere
un do2.

Come si leggono le note sulla chiave di basso?


Per leggere le note sulla chiave di basso esistono principalmente due strategie:

1) memorizzare le note in base alla posizione. Le note sulle righe, dal basso verso
l’alto sono: sol, si, re, fa, la. Mentre le note negli spazi dal basso verso l’alto sono: la do
mi sol;

2) immaginare la nota scritta in chiave di basso spostata di due posizioni e


leggerla in chiave di violino. Il sol della chiave di basso, spostato di due posizioni
(quindi nella riga successiva), corrisponde esattamente al sol letto nella chiave di violino.

Io consiglio vivamente la prima strategia di memorizzazione, in quanto è più veloce e


non sarai dipendente da calcoli o elaborazioni che rallenteranno, a lungo termine, la tua
abilità nel leggere. Inoltre ti troverai avvantaggiato quando dovrai studiare le restanti
cinque chiavi del setticlavio.

Tonalità e circolo delle quinte


Ogni volta che affrontiamo un brano musicale, dobbiamo capire in che tonalità è (Do
Magg, re min ecc).

Capire la tonalità di un brano è molto semplice e per farlo è sufficiente prestare attenzione
ad alcuni fattori:

 le alterazioni in chiave: la presenza o assenza di alterazioni in chiave ci porta


a escludere ben 28 possibilità su 30 totali, e quindi a tenerne in considerazione
soltanto due, che saranno rispettivamente una tonalità maggiore e la sua
relativa minore. Per esempio: la presenza in chiave di fa# e do# ci fa capire che
il brano potrà essere soltanto o in Re Maggiore o in si minore ed escludiamo
quindi tutte le altre tonalità.
 guardare l’andamento musicale, armonico e melodico del brano: può
essere utile guardare subito attorno a quali note e accordi girano l’inizio e la fine
del brano, perché generalmente una composizione comincia e termina con la
stessa tonalità. Tuttavia questa non è una regola precisa applicabile in tutti i
casi, quindi si può procedere analizzando il brano dall’inizio fino, ad esempio, alla
fine della prima frase musicale; qualora ancora non avessimo le idee chiare sulla
tonalità del brano, dovremo continuare l’analisi estendendola anche alle frasi
successive, finché non saremo in grado di poter escludere con certezza una delle
due tonalità avanzate dalla scrematura precedente.

Circolo delle quinte

Il circolo (o ciclo) delle quinte è uno schema che ci permette di identificare con facilità
tutte le tonalità musicali esistenti e di capire esattamente quali alterazioni (diesis e
bemolli) ha in chiave ciascuna di esse. Per costruire questo schema, dobbiamo partire
dal DO centrale – scala di Do Maggiore, considerato il punto di riferimento perché è l’unico
suono comune a tutti gli strumenti musicali.

Le tonalità sono 36, 18 Maggiori, 18 minori.

Occorre specificare che 6 di queste tonalità, 3 Maggiori e 3 minori, esistono in base alle
regole teoriche, ma non vengono mai utilizzate all’atto pratico, poiché la loro armatura di
chiave richiede l’uso dei doppi diesis e dei doppi bemolli. Sono:

 Re# Maggiore – si# minore.


 Mi# Maggiore – dox minore.
 Sol# Maggiore – mi# minore.
All’atto pratico, quindi, vengono utilizzate soltanto 30 tonalità, 15 Maggiori e 15 minori.
Costruendo il circolo delle quinte, troveremo 6 tonalità di queste 30, 3 Maggiori e 3 minori,
dette “omologhe” od “omofone”: significa che i suoni che le compongono coincidono con
quelli di altre tonalità, pur avendo nomi diversi.

Costruzione del circolo delle quinte

Proprio come dice il nome, lo schema è di forma circolare e si costruisce partendo dal Do
centrale procedendo per intervallo di quinta  giusta  ascendente,
o quinta giusta discendente.  Troveremo rispettivamente le scale Maggiori e minori che in
chiave hanno i diesis # nel primo caso, e le scale Maggiori e minori che in chiave hanno i
bemolli b nel secondo caso.

quinta giusta discendente                      quinta giusta ascendente

Scale con bemolli b  DO centrale  Scale con diesis #

SCALE E GRADI DELLA SCALA

Prima di parlare di tonalità, è importante avere chiari alcuni concetti di teoria musicale.

Si definisce “scala musicale” una successione ordinata di suoni di grado congiunto


compresi in un intervallo di ottava.

Per esempio, scala di Do Maggiore:

DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI – DO

I       II     III     IV     V       VI   VII


Ognuno di questi suoni (detti “gradi”) che compongono una qualsiasi scala maggiore o
minore, prende il nome in base alla sua funzione:

1. il I grado della scala si chiama TONICA, poiché dà il nome alla scala e alla


tonalità, e ha la funzione di trasmettere un senso di stabilità nel fraseggio
musicale;
2. il II grado della scala si chiama SOPRATONICA, poiché segue la tonica;
3. il III grado della scala si chiama MODALE, poiché definisce il “modo” cioè
maggiore, o minore;
4. il IV grado della scala si chiama SOTTODOMINANTE, poiché precede la
dominante;
5. il V grado della scala si chiama DOMINANTE, poiché ha la funzione di dare al
fraseggio musicale un senso di instabilità e sospensione (l’esatto opposto della
tonica), rivestendo quindi un ruolo di grande importanza nel fraseggio musicale;
6. il VI grado della scala si chiama SOPRADOMINANTE, poiché segue la
dominante;
7. il VII grado della scala si chiama SENSIBILE se dista 1 semitono dalla tonica;
mentre è chiamato SOTTOTONICA se dista 1 tono dalla tonica. Occorre
specificare che in tutte le scale Maggiori il VII grado si trova a distanza di 1
semitono dalla tonica, per cui prenderà il nome di sensibile; mentre in tutte
le scale minori naturali il VII grado dista sempre 1 tono dalla tonica, e quindi
prenderà il nome di sottotonica.
Inoltre è importante ricordare che ogni tonalità maggiore ha una sua relativa minore e
viceversa. Il VI grado della scala Maggiore ci indica qual è la sua relativa minore, mentre
il III grado della scala minore ci indica qual è la sua relativa Maggiore. Le scale relative
tra loro avranno la stessa armatura di chiave.

Per esempio:

– Sol Magg. (armatura di chiave fa#)-> VI grado = mi -> relativa minore: mi


min. (armatura di chiave fa#)

– Sib Magg. (armatura di chiave sib e mib)-> VI grado = sol -> relativa minore: sol min.
(armatura di chiave sib e mib)

– do# min. (armatura di chiave fa#, do#, sol#, re#) -> III grado = mi -> relativa
Maggiore: Mi Magg. (armatura di chiave fa#, do#, sol#, re#)
– la min. (no alterazioni) -> III grado = do -> relativa Maggiore: Do Magg. (no
alterazioni)

Gli intervalli musicali


L’intervallo in musica è la distanza fra due suoni. Un Intervallo può essere classificato
in diversi modi:

 Intervallo ascendente: Re-Fa


 Intervallo discendente: Fa-Re
 Intervallo semplice: è quello compreso all’interno dell’ottava (Do-Sol)
 Intervallo composto: è quello che supera l’ottava (Do e Re dell’ottava
successiva).
Gli intervalli poi vengono classificati in base alla loro estensione (grandezza) e in base
alla loro specie (o qualifica) determinata dai rapporti diatonici o cromatici  dell’intervallo
stesso nei confronti della scala.

Prendiamo ora in esame la scala di Do maggiore e andiamo ad esaminare gli intervalli


che si formano a partire sempre dalla tonica:

Dunque abbiamo visto che un intervallo di seconda è formato dalle note Do-Re, un
intervallo di terza dalle note Do-Mi e così via.

Ora dobbiamo fare una classificazione di questi intervalli e ti chiedo di imparare a


memoria tale classificazione.

 Gli intervalli “normali”: 2°, 3°, 6°, 7°


 Gli intervalli “giusti”: 1°, 4°, 5°, 8°
Gli intervalli del primo tipo sono intervalli maggiori poiché nascono sulla scala maggiore.
Dunque Do-Re è una seconda maggiore, Do-Mi è una terza maggiore e così via.

Se ad uno di questi intervalli (2°, 3°, 6°, 7°) interveniamo restringendolo, ecco che non
otteniamo più intervalli maggiori ma intervalli minori.

 Do-Reb = seconda minore


 Do-Mib = terza minore
 Do-Lab = sesta minore
 Do-Sib = settima minore
Bene, abbiamo capito la differenza tra un intervallo maggiore ed uno minore. Ora ci
mancano da vedere gli intervalli giusti (1°, 4°, 5°, 8°).

Questi intervalli sono appunto definiti giusti  poiché se proviamo ad allargarli o restringerli


non otteniamo un intervallo maggiore o minore, bensì aumentato o diminuito.

Dunque per gli intervalli seguono queste regole:

 Se l’intervallo è un semitono  più ampio rispetto ad un intervallo maggiore (o


rispetto ad un intervallo giusto) si chiamerà aumentato o eccedente;
 Se l’intervallo è un semitono  più stretto rispetto ad un intervallo minore (o
rispetto ad un intervallo giusto) si chiamerà diminuito;
 Se l’intervallo è 2 semitoni  più ampio rispetto ad un intervallo maggiore (o
rispetto ad un intervallo giusto) si chiamerà più che aumentato o più
che eccedente
 Se l’intervallo è 2 semitoni  più stretto rispetto ad un intervallo minore (o rispetto
ad un intervallo giusto) si chiamerà più che diminuito;

La regola del 9
Tutti gli intervalli semplici possono essere rivoltati. Un Do-Mi (ascendente) può diventare
un Mi-Do (ascendente). Rivoltare significa portare all’ottava superiore il suono più basso.

La classificazione del rivolto la troviamo facilmente seguendo queste due regole:

 L’ampiezza del rivolto si ottiene sottraendo dal numero fisso 9, l’ampiezza


dell’intervallo di partenza (se l’intervallo di partenza è Do-Mi, dunque una terza,
per scoprire il rivolto devo fare 9 – 3, ovvero 6);
 La  specie del rivolto diventa l’ Se l’intervallo era maggiore, diventa minore, se
era diminuito diventa eccedente e così via. Gli intervalli giusti rimangono tali
anche nel loro rivolto.
Dunque facciamo un chiaro esempio:

Do-Mi è un intervallo di terza maggiore. Quale sarà dunque il suo rivolto?

Mi-Do è il rivolto, dunque se l’intervallo originario era maggiore, questo sarà minore e


sarà una sesta (9 – 3).

Regola per calcolare un intervallo


Per finire ecco le operazioni che devi fare per determinare un intervallo:
 Realizzare mentalmente la scala musicale dell’intervallo, tenendo in
considerazione che la prima nota dell’intervallo corrispondere alla tonica (se
l’intervallo è Re-Sol, significa che siamo in scala di Re maggiore)
 Calcola l’ampiezza dell’intervallo in rapporto alla successione delle note della
scala (Re-Sol è una quarta)
 Verifica la specie dell’intervallo per capire se è giusto o meno.
 Considera quali sono le alterazioni fisse di quella tonalità (Re-Fa# potrebbe
sembrare un intervallo di terza aumentata ma è una terza maggiore poiché il
Fa# fa già parte della scala di Re maggiore)

Le scale musicali
Secondo la teoria, una scala musicale è una successione di suoni (gradi) congiunti.
Praticamente significa che per ottenere una scala musicale, bisogna suonare in
successione un tasto dopo l’altro.

Questa definizione è però superficiale poiché ogni scala musicale (scala di DO maggiore,
scala di Do minore, scala di Do# maggiore, scala di Do# minore, scala di La maggiore
ecc.) ha uno schema rigido da seguire.
Se noi suoniamo la successione di tasti bianchi che va da un Do più basso a un Do più
acuto, otteniamo la scala di Do maggiore.

Se noi invece suoniamo la successione di tasti bianchi che vanno dal Re più basso a quello
più acuto, non otteniamo la scala di Re maggiore e nemmeno quella di Re minore.

Per conoscere gli “schemi” sui quali sono costruite le scale musicali, ci basterà prendere
come riferimento una sola scala maggiore e tre scale minori. Esiste un unico
modello per la costruzione di una scala maggiore (a parte altre scale particolari come la
“maggiore armonica”) e tre modelli per le scale minori.

Cominciamo a esaminare quello della scala maggiore.

Il primo passo che dobbiamo fare è quello di prendere in esame una qualsiasi scala
maggiore e analizzarla. Per semplificare prenderemo in esame la scala di Do maggiore,
poiché è priva di alterazioni fisse.
Le note che compongono la scala di Do maggiore sono:

Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do

Prima di continuare devo però aprire delle parentesi doverose:

 Nota bene che per completare una scala è importante che ci siano almeno 8
suoni. Una successione di sole 4 note per esempio rappresenta solo
un frammento di scala musicale.
 In alcuni testi puoi trovare la definizione di scala musicale con solo 7 note: Do,
Re, Mi, Fa, Sol, La, Si ; escludendo il Do acuto poiché è intesa come ripetizione
del primo grado. Tuttavia trovo incompleta una scala con l’assenza dell’ottavo
grado (o primo grado ripetuto all’ottava più acuta).
 In questo articolo leggerai spesso la parola “grado” o “gradi”. In una scala
musicale, per esempio quella di Do maggiore, la nota “Mi” è il terzo grado, la
nota “La” è il sesto grado e così via.
 Il “semitono” è la più piccola distanza fra due tasti (Do-Do#, Mi-Fa, La-Lab, Re-
Re# ecc..). Il “tono” è la somma di due semitoni (Do-Re, Fa#-Sol#, Sib-Do, Re-
Mi ecc…).

Le scale maggiori
Ora possiamo ritornare alla nostra scala di Do. Analizziamo i rapporti che ci sono fra un
suono e quello successivo:

Do-Re = 1 Tono

Re-Mi = 1 Tono

Mi-Fa = 1 Semitono

Fa- Sol = 1 tono

Sol-La = 1 Tono

La-Si = 1 Tono

Si-Do = 1 Semitono
 

Bene. Guarda e memorizza questa successione di toni e semitoni perché ci servirà per
applicare questa successione a qualsiasi scala musicale maggiore. Proviamo insieme?
Proviamo a costruire la scala maggiore a partire dalla nota La. Ciò significa che dal La
dovremo suonare tutti i tasti, bianchi o neri che siano, fino ad arrivare al La successivo.

Il primo passo che dobbiamo fare è quello di costruire 1 tono a partire dal La.

La-Si= 1 Tono

Il primo gradino di scala è composto dalle note La-Si.

Ora dalla nota “Si” che abbiamo ricavato, dobbiamo salire di un altro tono.

Si-Do# = 1 Tono (fra Si e Do vi è un Semitono, ecco perché il Do è diventato “diesis”).

La scala prende forma: La-Si-Do#.

Ora dal “Do#” si va ancora sopra, ma questa volta di un semitono e si ottiene il Re.

La scala ora è composta da: La-Si-Do#-Re.

Dal Re, saliamo di 1 tono e otteniamo il Mi.

E ora abbiamo: La-Si-Do#-Re-Mi.

Dal Mi abbiamo 1 tono e quindi arriviamo al Fa#

Ecco cosa abbiamo fino ad ora: La-Si-Do#-Re-Mi-Fa#.

Dal Fa# dobbiamo salire di 1 tono e otteniamo il Sol#.

Scala: La-Si-Do#-Re-Mi-Fa#-Sol#.

Infine dal Sol# dobbiamo salire di 1 semitono:

Scala completa: La-Si-Do#-Re-Mi-Fa#-Sol#-La.
Mettiamo a confronto la Scala di Do maggiore con questa di La maggiore che abbiamo
ricavato:

Do                                                             La

1 tono                                                      1 tono

Re                                                             Si

1 tono                                                      1 tono

Mi                                                             Do#

1 semitono                                              1 semitono

Fa                                                             Re

1 tono                                                      1 tono

Sol                                                            Mi

1 tono                                                      1 tono

La                                                             Fa#

1 tono                                                      1 tono

Si                                                              Sol#

1 semitono                                             1 semitono

Do                                                            La
Prova ad andare al pianoforte e a suonare la successione di queste scale e sentirai come
le sonorità saranno molto affini.

Le scale minori
Abbiamo detto che principalmente esistono tre tipi di scale minori.

 Scala minore naturale (molto utilizzata nella musica moderna)


 Scala minore armonica
 Scala minore melodica
 

Ognuna di queste scale ha una sua struttura ben precisa. Prendiamo in esame ciascuna
scala, osservando quella di La minore che è priva di alterazioni fisse. N.B. la scala
minore melodica è l’unica che varia nei due sensi (ascendente e discendente).

Scala min. Scala min. Sc. Min. Melodica Sc. Min. Melodica
Naturale Armonica – asc. – disc.
La La La La
Tono Tono Tono Tono
Si Si Si Sol
Semitono Semitono Semitono Tono
Do Do Do Fa
Tono Tono Tono Semitono
Re Re Re Mi
Tono Tono Tono Tono
Mi Mi Mi Re
Semitono Semitono Tono Tono
Fa Fa Fa# Do
Tono Tono + semitono Tono Semitono
Sol Sol# Sol# Si
Tono Semitono Semitono Tono
La La La La
 

 
Come puoi notare da questa tabella, ognuna di queste scale ha una sua struttura ben
precisa.

Perché esistono 3 tipi di scale minori?

Perché ogni scala ha una funzione differente. La prima, la scala minore naturale, viene
poco utilizzata nella musica classica perché ha uno stile più “modale”. Infatti la
successione di note La-Si-Do-Re-Mi-Fa-Sol-La formano proprio il modo eolio.

La seconda, la scala minore armonica (per ricordarcela possiamo ricordarci il suo suono


un po’ “arabeggiante”), molto utilizzata invece, ha una caratteristica ben particolare
(utilizzata per esempio nella sinfonia n.40 di Mozart). Come vedi è l’unica scala che ha,
ad un certo punto, l’intervallo di 1 tono + 1 semitono (1 tono e mezzo) tra un suono e
l’altro.

Ricordi cosa abbiamo detto all’inizio dell’articolo? Che la scala musicale è


una successione di gradi congiunti. L’intervallo di un tono e mezzo non crea una
congiunzione ma un salto, che può dare inizio a un arpeggio di un accordo minore o
diminuito.

Ecco che, per ovviare a questo inconveniente, è stata creata la scala minore
melodica, una scala che ha il sesto grado alzato, in modo tale che non ci sia più il gradino
Fa-Sol# (di 1 tono e mezzo) ma Fa#-Sol# (di 1 tono).

Per studiare le scale musicali ti consigliamo di consultare anche queste lezioni:

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