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STORIA DEL VIOLINO

Le fonti più antiche riguardanti il violino ci permettono di far risalire la sua nascita all'inizio del XVI secolo.
Anche I primi esemplari (i cosiddetti protoviolini) erano probabilmente soltanto un'evoluzione di strumenti ad arco preesistenti.
Erano costruiti in "famiglie" comprendenti 3 taglie diverse di strumenti, approssimativamente corrispondenti alle tessiture di
soprano, contralto o tenore e basso.
Nella prima parte del XVI secolo, il soprano ed il contralto di viola da braccio avevano solamente tre corde, mentre per il basso si
trovavano strumenti sia a tre che a quattro corde, secondo i trattati dell'epoca, arrivandosi talvolta fino a cinque, secondo alcune
fonti iconografiche.
La gran parte delle ipotesi tradizionali pone l'apparizione dei primi violini veri e propri, dotati della stessa forma e medesima
accordatura usata ancora ai nostri giorni, nel nord Italia, a Cremona, con Andrea Amati, a Brescia con Gasparo da Salò, Zanetto e
Pellegrino Micheli, a Venezia con la famiglia Linarol; tuttavia ricerche più recenti evidenziano fondati dubbi su quasi tutte le
attribuzioni degli strumenti ad arco italiani del XVI secolo. Perciò, non rimane agli studiosi che basarsi sui soli documenti, la cui
interpretazione è resa più difficile da problemi terminologici. Tuttavia, da questi dati si vede chiaramente che la nuova famiglia di
strumenti ad arco apparve quasi allo stesso tempo in varie parti d'Europa: oltre che nell'Italia del Nord, in Francia (Parigi e Lione),
in Germania (dove Martin Agricola segnala nel 1545 la presenza di gruppi di violinisti polacchi), nei Paesi
Bassi (specialmente Bruxelles ed Anversa), a Praga. Si può quindi supporre che il violino sia nato come strumento di musicisti
ambulanti, durante i primi decenni del XVI secolo, da una fusione di strumenti diversi, quali le vielle e le ribeche a tre corde. Tra
questi musicisti possiamo collocare sia i violinisti polacchi citati da Agricola, sia i gruppi di polistrumentisti e danzatori di origine
ebraica, che dalla Lombardia si diffusero fino ai Paesi Bassi ed all'Inghilterra, il cui influsso fu probabilmente ancor più
determinante per lo sviluppo della famiglia delle viole da braccio.
Il violino nel XVI secolo era utilizzato principalmente nella musica di danza, tuttavia in Italia molto presto assunse ruoli più
nobili, nelle corti o nelle chiese: nel 1530 a Brescia abbiamo la citazione di un violino usato durante una messa e, circa dieci anni
dopo, anche a Venezia troviamo violini in varie "Scuole" e durante le messe e le processioni.
Molti strumenti della famiglia del violino, conservati in musei o collezioni private, sono attribuiti a liutai della seconda metà del
XVI secolo, quali i bresciani Zanetto Micheli da Montichiari, il figlio Peregrino, Gasparo da Salò, il veneziano Ventura Linarol, il
cremonese Andrea Amati, il padovano Dorigo Spilmann, o Gasparo Tieffenbrucker, che lavorò a Bologna e Lione. Gran parte di
queste attribuzioni sono oggi considerate non attendibili, o riferite a strumenti pesantemente trasformati da modifiche che li hanno
alterati profondamente.
A partire dall'inizio del XVII secolo, sotto la spinta dello sviluppo di una nascente letteratura idiomatica per il violino, la
costruzione dello strumento vede un notevole sviluppo. Due città, in particolare, assumono la preminenza: Brescia e Cremona. La
prima era nota per la costruzione di strumenti ad arco già dall'inizio del XVI secolo; la fama per i violini si deve in particolare a
due costruttori: Gasparo da Salò (1540–1609) e Giovanni Paolo Maggini (battezzato nel 1580 e morto probabilmente nel 1630–
31). A Cremona, lavora Andrea Amati (prima del 1511-1577), capostipite di una famiglia di liutai che marcò profondamente la
costruzione degli strumenti ad arco, in particolare attraverso i suoi figli Antonio e Girolamo, che firmavano insieme i loro
strumenti, ed il figlio di quest'ultimo, Nicola, considerato il culmine della liuteria seicentesca italiana.
A partire dalla metà del XVII secolo, l'arte della liuteria si irradia in tutta Europa. Si formano importanti "scuole", con
caratteristiche omogenee al loro interno, quali alcune particolarità nella forma o nella tecnologia costruttiva, oppure un particolare
colore della vernice.
Cremona rimane il centro più importante dell'arte liutaria: vi lavorano il figlio di Girolamo Amati, Nicola, vero capostipite
della liuteria classica cremonese, ed i suoi discepoli Antonio Stradivari, Andrea Guarneri, Giovanni Battista Ruggeri e Francesco
Rogeri. Ancora, tra i maggiori liutai cremonesi, si deve ricordare Giuseppe Guarneri, detto anche ”del Gesù”, e gli allievi di
Stradivari, i figli Omobono e Francesco e Carlo Bergonzi.
Sempre in Italia, vera culla della liuteria, abbiamo: a Venezia, Santo Serafino, Domenico Montagnana, Matteo
Gofriller, Francesco Gobetti e Pietro Guarneri; a Milano, Giovanni Grancino, altro discepolo di Amati, i Testore, Pietro Landolfi,
i Mantegazza; a Bologna, i Tononi e i Guidanti; a Firenze, i Gabrielli; a Napoli, Alessandro Gagliano (uscito dalla scuola di
Stradivari) ed i suoi discendenti; a Roma, David Tecchler e Michele Plattner; a Torino, Giovanni Battista Guadagnini ed i suoi
discendenti.
Si sviluppò anche una scuola tirolese, piuttosto indipendente dall'influenza cremonese, con Jacob Stainer e la famiglia Klotz, il cui
capostipite, Mathias I, aveva appreso la professione dallo Stainer e dal solito Nicola Amati.
Nel XIX secolo vennero ancora costruiti eccellenti violini: p. es. da Giovanni Francesco Pressenda e Joseph Rocca a Torino e
Genova, Jean-Baptiste Vuillaume, di Mirecourt, a Parigi; ma raramente paragonabili ai capolavori dei secoli precedenti. Anche
oggi, i solisti cercano preferibilmente di esibirsi con strumenti del XVII e XVIII secolo.
Il XX secolo ha pure visto una ricca fioritura di liuterie in tutto il mondo, con nomi ormai affermati quali: Bisiach (Milano),
Garimberti (Milano), Fiorini (Monaco), Poggi (Bologna), Gaggini (Nizza), Sacconi (New York), Carl Becker
(Chicago), Peresson (Philadelphia), Bauer (Angers); ed altri, ancora attivi e in via di
affermazione: Zygmuntowicz (Brooklyn), Curtin & Alf (Ann Arbor), Regazzi (Bologna), Luiz Bellini (Jackson Heights, New
York), Robin (Angers), Roger Graham Hargrave (Meyenburg).
La forma esterna del violino non è cambiata dal XVII secolo ad oggi, ma, almeno fino alla fine del XIX, si sono modificate alcune
caratteristiche costruttive secondarie, in funzione della musica che vi veniva eseguita. Gli strumenti costruiti prima del 1800 sono
stati quasi tutti modificati secondo le nuove esigenze, quindi oggi tutti i migliori strumenti antichi sono molto lontani dallo stato
originale. Vi è tuttavia un movimento di interpretazione della musica del passato secondo la prassi esecutiva dell'epoca, che
utilizza strumenti costruiti tra il XVI ed il XVIII secolo rimessi nella ipotetica condizione d'origine, o eventualmente copie di
strumenti dell'epoca; il violino che presenta tali caratteristiche è comunemente detto violino barocco.

Letteratura violinistica
Dalle origini al 1700
All'inizio della sua storia, durante la seconda metà del XVI secolo, il violino era utilizzato non come strumento indipendente, ma
come componente della famiglia delle viole da braccio[26], nella quale ricopriva il posto della voce di soprano, analogamente a
quanto accadeva con altri tipi di strumenti: flauti dolci, viole da gamba, bombarde, tromboni, cornetti, cromorni. Perciò, le prime
composizioni destinate al violino appartengono a quell'ampio repertorio strumentale polifonico del '500 che veniva eseguito
indistintamente da un qualsiasi tipo di famiglia di strumenti: fantasie, suites di danze, trascrizioni di brani vocali.
Una delle primissime forme che si stacca dalla pratica polifonica e delinea il violino in funzione solistica è la pratica
dell'improvvisazione (diminuzione) su madrigali o altri brani vocali, che fiorisce soprattutto nel finire del secolo XVI e nell'inizio
del XVII, ad opera dei primi virtuosi di tutti i vari tipi di strumenti: cornettisti, flautisti diritti e traversi, violinisti, violisti da
gamba, tastieristi, liutisti, arpisti.
Le prime opere solistiche espressamente dedicate al violino vedono la luce nei primi anni del '600 in Italia e sono prodotte da una
nutrita schiera di compositori che mettono la pratica strumentale al servizio delle istanze espressive di Claudio Monteverdi e degli
altri compositori di musica vocale della cosiddetta "seconda prattica". Tra i più importanti, ricordiamo  Dario Castello, Giovanni
Paolo Cima, Biagio Marini, Salomone Rossi, Giovanni Battista Fontana, Marco Uccellini. Le forme più usate sono la canzone e
la sonata; l'organico che immediatamente predomina è quello formato da due violini (dove uno dei violini può essere sostituito da
uno strumento di un'altra famiglia, in particolare dal cornetto) e dalla parte del basso continuo, eseguito da uno o più strumenti
polifonici (organo, clavicembalo, arpa, liuto), al quale si può talvolta trovare aggiunta una parte di "basso obbligato", eseguibile
con uno strumento ad arco (violoncello, viola da gamba) o anche a fiato (fagotto, trombone). La scrittura si caratterizza
immediatamente per uno spiccato interesse alla sperimentazione tecnica.
Nella seconda metà del secolo XVII, se in Italia si va gradualmente verso uno strumentalismo più "classico", in una ricerca di
maturità e plasticità, che trova la sua massima espressione in Arcangelo Corelli, nei paesi di lingua tedesca si afferma una scuola
violinistica ancora molto interessata all'aspetto della sperimentazione tecnico-espressiva; a questa corrente appartengono
anche Johann Jakob Walther, Johann Heinrich Schmelzer ed il suo allievo Heinrich Ignaz Franz Biber. In questi compositori,
l'interesse per il linguaggio solistico polifonico del violino (le cosiddette "doppie corde", ovvero accordi formati da 2 a 4 suoni,
eseguiti appoggiando l'arco contemporaneamente su due corde e muovendolo poi nel corso dell'arcata fino a toccare anche le altre
note) diventa ossessivo ed elabora la tecnica che sarà poi utilizzata nelle opere per violino solo da Johann Sebastian Bach ai giorni
nostri.
Dal 1700 al 1800
La scrittura corelliana diviene un modello di riferimento nelle forme più tipiche della letteratura violinistica: la sonata a tre, la
sonata "a solo", ossia violino e violoncello o cembalo (basso continuo), e il concerto grosso. A sua volta, ognuna di queste forme
presenta due diverse tipologie: da chiesa e da camera. La sua influenza attraversa tutta la musica strumentale di gusto italiano
della prima metà del XVIII secolo, in particolare nell'ambito sonatistico. Tra i più importanti compositori di sonate in stile
italiano, ricordiamo Antonio Vivaldi, Francesco Geminiani, Francesco Veracini, Francesco Antonio Bonporti, Giuseppe
Tartini, Tomaso Albinoni. Oltre che nella musica di stile italiano, la sonata corelliana introduce di fatto in Francia una scrittura
strumentale più sviluppata dal punto di vista tecnico, armonico e drammatico; essa è fonte d'ispirazione, pur mescolata agli stilemi
caratteristici del gusto francese, per le opere di Élisabeth Jacquet de La Guerre e, più tardi, di François Couperin e Jean-Marie
Leclair. Ancora, in Inghilterra, le sonate di ambiente romano della seconda metà del '600 sono studiate, imitate e diffuse dai
compositori più importanti che operano nel paese: Henry Purcell, alla fine del '600, Georg Friedrich Händel nel '700.
Successivamente, la sonata si sviluppa in due direzioni: da un lato, a partire dalle 6 Sonate per violino e clavicembalo di Johann
Sebastian Bach, verso una letteratura con strumento a tastiera concertato, in cui il violino ricopre un ruolo secondario (ricordiamo
innanzitutto la splendida serie delle sonate e variazioni per pianoforte e violino di Wolfgang Amadeus Mozart), tipologia formale
che sfocerà nella sonata romantica per pianoforte e violino; dall'altro lato, verso l'allargamento ad organici
nuovi: trii, quartetti, quintetti, di soli archi o con pianoforte (più raramente con flauto o oboe). In particolare, la nuova forma
del quartetto d'archi assume una grande importanza nell'elaborazione del nuovo linguaggio strumentale della II metà del XVIII
secolo, in particolare attraverso opere marcate da grandi differenze di scrittura "nazionale": tra i molti che vi si cimentarono,
ricordiamo Johann Christian Bach (tedesco, ma attivo prima a Milano e poi a Londra), Luigi Boccherini e Giuseppe
Cambini in Italia, François-Joseph Gossec e Rodolphe Kreutzer in Francia, Carl Stamitz in Germania, Franz Joseph
Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart in Austria.
Il concerto corelliano pone le radici da cui si sviluppa la forma del concerto solista, che a partire dai primi esperimenti
di Giuseppe Torelli si sviluppa nelle opere di Antonio Vivaldi, Johann Sebastian Bach, Pietro Antonio Locatelli, Jean-Marie
Leclair e Giuseppe Tartini in una forma di enorme successo.
Nella seconda metà del secolo, il violino concertante, da principale (ossia primo violino dell'orchestra che si stacca
episodicamente, eseguendo i suoi assoli) diventa un elemento indipendente che si contrappone alla massa orchestrale. Da questo
momento, "il concerto per violino ha costituito sino ai nostri giorni la palestra più completa per l'estrinsecazione delle capacità
tecniche ed emotive dell'esecutore".I concerti appartenenti a questo periodo di transizione sono oggi poco eseguiti, con l'eccezione
delle opere di Wolfgang Amadeus Mozart, Franz Joseph Haydn e Giovanni Battista Viotti.
Dal 1800 a oggi
Il nuovo secolo, fortemente marcato da una nuova sensibilità artistica, il Romanticismo, non crea nuove forme ma elabora e
sviluppa quelle che si erano affacciate nella seconda metà del secolo precedente: il concerto, la sonata (pianoforte e
violino, trio con pianoforte e violoncello, quartetto e quintetto di soli archi, o con pianoforte). Insieme al pianoforte, il violino è lo
strumento che meglio si adatta alle richieste espressive dei compositori di questo periodo: oltre alle possibilità liriche, già
ampiamente sfruttate nei secoli passati, una legione di violinisti virtuosi sperimenta una nuova tecnica esecutiva irta di difficoltà e
funambolismi che viene largamente utilizzata dai maggiori compositori dell'epoca in funzione eroica e drammatica. Tra questi
virtuosi, che lasciarono un repertorio (soprattutto di concerti) ancora oggi apprezzato, ricordiamo Niccolò Paganini, Henri
Vieuxtemps, Henryk Wieniawski.
Sull'onda della scrittura violinistica fortemente drammatizzata di Ludwig van Beethoven, che per il violino scrisse opere mirabili,
quali il concerto op. 61, le sonate con pianoforte, i trii con piano e violoncello ed i quartetti, tutti i maggiori compositori
dell'Ottocento dedicano al violino un ampio repertorio.
Tra le sonate con piano, ricordiamo soprattutto quelle di Franz Schubert, Robert Schumann, Johannes Brahms, César
Franck, Edvard Grieg, Gabriel Fauré, Claude Debussy, Sergej Sergeevič Prokof'ev, Maurice Ravel, Béla Bartók.
Nella forma del quartetto d'archi, oltre ai già citati Schumann, Schubert, Brahms, abbiamo opere importanti di Luigi
Cherubini, Felix Mendelssohn e della sorella Fanny, Antonín Dvořák, Alexander Borodin, e venendo più vicino a noi, oltre a
Ravel, Prokof'ev e Bartók, Giacomo Puccini, Nino Rota, Arnold Schönberg, Dmitri Shostakovich, Gian Francesco
Malipiero, György Ligeti, Robert Crumb.
Nel concerto, e più in generale nell'organico composto da violino solista con orchestra, trovano una felice espressione in
particolare Mendelssohn, Franz Schubert, Robert Schumann, Dvořák, Brahms, Édouard Lalo, Max Bruch, Ottorino Respighi, Pëtr
Il'ič Čajkovskij, Camille Saint-Saëns, Jan Sibelius, Béla Bartók, Igor' Fëdorovič Stravinskij, Alfredo Casella, Alban Berg, Dmitri
Shostakovich, Arvo Pärt.
Nel corso del XX secolo avanzato, i compositori di musica classica, pur continuando, come abbiamo già visto, la tradizione
ottocentesca, ricominciano parallelamente ad esplorare con grande libertà le forme della musica con violino, con una generale
tendenza alla forma piccola ed all'organico contenuto, forse per reazione al gigantismo che aveva caratterizzato la musica del
secolo precedente, ulteriormente amplificato dall'estetica gonfia di retorica, ispirata dai nazionalismi del primo '900. In questo
senso, si riscontra un ritorno anche alla scrittura per violino solo, in qualche misura sempre ispirata all'opera di  Johann Sebastian
Bach ed ai Capricci di Nicolò Paganini. Ricordiamo in particolare le opere di Eugène Ysaÿe, e ancora di Bartók, Sergej Sergeevič
Prokof'ev, Ernest Bloch, Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez, John Cage, Steve Reich (con nastro magnetico), Giacinto
Scelsi.

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