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Mauro giuliani

Ultimogenito di una famiglia benestante, Mauro aveva tre sorelle e un fratello, Nicola, che fu pure musicista, specializzato in armonia e canto.
Trasferitasi la famiglia a Barletta, Mauro e il fratello studiarono violoncello e chitarra francese presso tale Gaetano Lucci. Giuliani partecipò quindi a
vari concerti e pubblicò alcune opere. Provò a pubblicare a Napoli le sue opere, ma a Napoli non c’erano stamperia, ma copisti. Ma poiché in Italia
la musica strumentale non era tanto coltivata e apprezzata quanto la musica vocale (e la chitarra restava negletta), Mauro si trasferì nel 1806
a Vienna con moglie e figlio, rimanendovi fino al 1819. 
In questa 'capitale' del mondo musicale europeo Giuliani si mise ben presto in luce come straordinario virtuoso di uno strumento fino ad allora
ritenuto marginale, folcloristico oppure riservato al privato svago musicale dilettantistico. Nel 1808 eseguì per la prima volta il "primo gran concerto
per chitarra e orchestra Op.30": composizione di carattere brillante ed eroico, costruita in ossequio al gusto napoleonico del momento. L'inedita
ampiezza di impianto cameristico, con ampi squarci sinfonici, sfatava di colpo il luogo comune dei limiti popolari e domestici attribuiti allo strumento.
D'altro canto, i numerosi e apprezzati concerti viennesi di Giuliani, da solista e in varie formazioni - stando a una recensione dell'epoca pare che
persino Beethoven andasse con piacere a quei concerti -, non solo rinnovarono clamorosamente l'immagine della chitarra quale strumento
cameristico alquanto versatile, del quale si scopriva l'interessante dimensione orchestrale concertante, ma aprirono anche un fortunato filone nella
fiorente editoria musicale di consumo dilettantistico. Il "Paganini della chitarra", come fu ribattezzato, divenne famosissimo e si conquistò la stima e
l'amicizia di Paganini stesso, nonché di Rossini, Moscheles e Beethoven. Durante il soggiorno viennese produsse più di un centinaio di
composizioni, fra le quali i tre concerti per chitarra e orchestra, alcune sonate per chitarra sola e brani destinati ad ensemble di vario tipo. La stima
dell’arciduchessa Maria Teresa d’Austria lo portò ad essere nominato “ Virtuoso onorario della da camera”.
Nel 1811 lascia Vienna per debiti, i suoi beni furono sequestrati e si trasferì a Venezia per intraprendere una tournée. La tournée non si realizzò e
si trasferì a Roma e li scrisse le sue opere più monumentali: variazioni sul tema di Hendel , “studi” , “ Rossiniane”.
Poi si trasferì a Napoli e si esibirà con la lira-chitarra che gli era stata donata, si esibì anche con la figlia Emilia (concertista) e con il nipote Michele
Guglielmi (chitarrista e cantante).
Mentre riscuoteva un discreto successo, si separò dalla moglie, ebbe una figlia illegittima e contrasse debiti che lo indussero ad abbandonare
Vienna. Tornando in Italia nel 1819, tenne un concerto a Trieste, "molto applaudito", ed altri in alcune città del nord. Si stabilì dal 1820 al 1823
a Roma, poi a Napoli, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita pubblicando una cinquantina di composizioni. [2]
Durante la sua carriera Giuliani, come altri colleghi chitarristi, non si limitò alla composizione e al concertismo, ma fu anche uno dei più prestigiosi
insegnanti, vantando persino allievi d'alto rango, come l'imperatrice Maria Luigia, seconda moglie di Napoleone Bonaparte, dalla quale ricevette in
dono la lira che Napoleone aveva commissionato per lei, nonché il titolo di musicista di corte e Cavaliere del Giglio. Pochi giorni dopo la sua morte,
il necrologio apparso sul giornale del Regno delle due Sicilie, informava il pubblico: "La mattina del giorno 8 di questo mese Don Mauro Giuliani
famoso chitarrista morì in questa capitale. La sua chitarra fu trasformata nelle sue mani in un'arpa che molceva i cuori degli uomini". La sua fama
restò viva a lungo. In Francia e in Inghilterra, a distanza di dieci anni dalla sua morte, ancora erano stampate raccolte di sue brevi e armoniose
composizioni per chitarra sola, The Giulianad (Le Giulianate) era una rivista fondata nel 1832. Giuliani, unitamente al non meno rilevante contributo
dello spagnolo Fernando Sor, costruì la nuova immagine della chitarra, e fece interessare alla chitarra anche compositori come Paganini e Diabelli,
che hanno lasciato per questo strumento molti interessanti lavori.

La produzione è molto vasta:

- privilegiò le Variazioni sul tema (non la forma sonata) compose Valzer, overture (61), studi, duetti, romanze, trii, quartetti, quintetti, variazioni e polonaise,
lezioni progressive, è importante l’op.48 che ha un carattere didattico (esercizi); op.1 120 arpeggi.

- molto importante fu la produzione per chitarra e orchestra (dove la chitarra dialoga con la massa)

- non si hanno notizie circa l’uso delle unghia (il mignolo era distaccato dalla massa)

- la postura è di concezione moderna per facilitare lo scambio di posizione.

Concerto per chitarra e orchestra n. 1 (Giuliani) op.30

Il Concerto per chitarra e orchestra op. 30, composto da Mauro Giuliani, è uno dei primi concerti orchestrali apparsi nel repertorio della chitarra.
La prima esecuzione a noi nota che Giuliani ne diede fu il 3 aprile 1808 a Vienna, e riscosse un grande successo fra pubblico e critica. In un primo
momento il compositore non pubblicò il concerto, con l'intenzione di eseguirlo esclusivamente di persona – del resto erano ben pochi i chitarristi
all'epoca che potessero raggiungere l'abilità strumentale del virtuoso italiano. In seguito diede comunque alle stampe una riduzione per chitarra
e quartetto d'archi, mentre Anton Diabelli alcuni anni dopo ne curò una per chitarra e pianoforte; la pubblicazione della versione orchestrale
originale è misteriosa, e le parti dell'orchestra sono giunte a noi solo tramite alcuni spartiti oggi conservati presso la Royal Library di Copenaghen.
È stata opinione di alcuni commentatori che l'orchestrazione del concerto op. 30 fosse stata opera di Hummel; tale tesi però non ha trovato nel
tempo riscontri oggettivi.
Dopo il declino della fama di Giuliani negli ambienti musicali, il concerto - insieme a gran parte del prezioso repertorio chitarristico del primo
ottocento - è rimasto per lungo tempo scarsamente considerato. A richiamare l'attenzione dei chitarristi su questa opera brillante fu la riedizione
del 1958 ad opera del chitarrista e musicologo romano Mario Gangi, il quale pure vi apportò correzioni severamente criticate. Fra i pochi concerti
per chitarra e orchestra composti nell'Ottocento, questo è probabilmente l'unico a godere oggi di vasta ammirazione da parte dei grandi interpreti
internazionali - come è ravvisabile dalla discografia dedicata.

Movimenti :
- Il primo movimento, Allegro maestoso, ha una lunga introduzione di soli archi, che conducono due temi contrastanti, uno dal ritmo
saltellante e l'altro più lirico, prima dell'entrata della chitarra, che sviluppa le sue parti solistiche alternandosi sui due temi. La sezione
centrale è in La minore, che ritorna nella tonalità maggiore conclusa con la maestosità tipica delle cadenze di Giuliani.
- Il secondo movimento, Andante siciliano, è guidato da una melodia sentimentale, tipica della scuola strumentale italiana del primo
ottocento e che riflette la forte influenza dello stile operistico – specialmente rossiniano – sulle composizioni di Giuliani.
- Il terzo movimento è una Polonaise mossa e vivace, che conclude il concerto con brillantezza ed energia.
Joaquín Rodrigo

Joaquín Rodrigo, marchese dei giardini di Aranjuez (Sagunto, 22 novembre 1901 – Madrid, 6 luglio 1999), è stato un


compositore e pianista spagnolo.
Musicista classico, è noto principalmente per il suo Concerto d'Aranjuez.
Rodrigo nacque a Sagunto e divenne cieco all'età di tre anni per via della difterite. Studiò musica con Francisco Antich aValencia e con Paul
Dukas a Parigi. Dopo un breve ritorno in Spagna, si trasferì ancora a Parigi per completare gli studi e specializzarsi in  musicologia, prima
con Maurice Emmanuel e poi con André Pirro.
L'opera "Cinco Piezas Infantiles" permise a Rodrigo di vincere il premio nazionale spagnolo per orchestra nel 1925. A Valencia nel 1933, sposò
Victoria Kamhi, una pianista turca di origini ebraiche.
L'opera più famosa di Rodrigo è il Concerto d'Aranjuez (1939 - Parigi), un concerto per chitarra e orchestra. Il secondo movimento, l'adagio, è uno
dei più conosciuti della musica classica del XX secolo, con il dialogo della chitarra con il corno inglese.
Grazie al successo di questa composizione, molti importanti solisti commissionarono dei brani a Rodrigo, inclusi il flautista James Galway e
il violoncellista Julian Lloyd Webber. Il suo "Concerto Andaluso", per quattro chitarre e orchestra, fu commissionato da Celedonio Romero per se
stesso e i suoi tre figli.
La figlia Cecilia è nata il 27 gennaio 1941. Dal 1947 è stato professore di storia della musica, alla Cattedra di Musica 'Manuel de Falla' della Facoltà
di Lettere e Filosofia dell'Università Complutense di Madrid.
Nel 1991, Re Juan Carlos gli conferì il titolo nobiliare di marchese dei giardini di Aranjuez. Vincitore del prestigioso Premio Principe delle
Asturie nel 1996, fu inoltre nominato "Commendatore" dell'Ordre des Arts et des Lettres dal governo francese nel 1998.
Morì nel 1999 a Madrid. Joaquín Rodrigo e la moglie Victoria sono sepolti nel cimitero di Aranjuez.

Il Concerto d'Aranjuez (Concierto de Aranjuez) è probabilmente l'opera più nota di Joaquín Rodrigo, uno deicompositori spagnoli più famosi del
primo dopoguerra. Scritto all'inizio del 1939 a Parigi, in un'atmosfera tesa per le ultime vicissitudini della guerra civile spagnola e per
l'imminente seconda guerra mondiale, costituisce la prima opera scritta da Rodrigo per chitarra e orchestra. La strumentazione è unica, dal
momento che è raro trovare una chitarra solista che si confronta con il suono prodotto da un'intera orchestra. Ciò nonostante, la chitarra non viene
mai coperta, pur rimanendo l'unico strumento solista per l'intera esecuzione, in quanto suona nei momenti di piano e pianissimo(fino a raggiungere
dei ppp di soli fiati di accompagnamento), mentre nei pieni orchestrali la chitarra solista è in pausa.
Il concerto è suddiviso in tre movimenti: Allegro con spirito, Adagio e Allegro gentile. Senza dubbio il secondo movimento è il più conosciuto. Da
esso è stato tratto materiale tematico per un'altra composizione, Aranjuez, Mon Amour. Il terzo movimento è caratterizzato da un interessante
metro libero, ma prevalentemente di 3/8 + 3/4.
Scritto ispirandosi ai giardini del Palazzo Reale di Aranjuez, la residenza di primavera del re Filippo II nella seconda metà del secolo XVI, in seguito
ricostruito a metà del secolo XVIII per Fernando VI, il concerto cerca di trasportare l'ascoltatore ai suoni della natura sebbene questi siano lontani
nello spazio e nel tempo.
Secondo il compositore, il primo movimento è "animato da una forza ritmica e da un vigore pur in assenza dei due temi... interrompendo il suo
implacabile ritmo". Il secondo movimento "rappresenta un dialogo tra la chitarra e gli strumenti solisti, mentre l'ultimo movimento "ricorda un ballo
formale che nella combinazione di un ritmo doppio e triplo mantiene un tempo teso prossimo alla misura prossima". Egli descrive il concerto come
la cattura della "fragranza di magnolie, il canto degli uccelli ed il fragore delle fontane" dei giardini di Aranjuez.
Rodrigo, cieco dall'età di tre anni, fu un pianista e non suonava la chitarra. Tuttavia, seppe captare lo spirito della diversità della chitarra spagnola.
Molti sono i musicisti che hanno reinterpretato l'opera: tra loro Dalida, Claudio Villa, Jim Hall, John Williams, Tommy Emmanuel, Paco de
Lucia e Miles Davis,Narciso Yepes e anche Carlos Santana. Questi ultimi due artisti hanno per giunta dedicato un loro disco all'opera del maestro
Rodrigo. Nell'album Sketches of Spain, Davis afferma: "Si tratta di una melodia che è talmente forte che più piano la esegui, più forte risulta, mentre
se la esegui con più forza, risulta più debole". Esistono anche canzoni scritte sulla melodia del concerto, di  Mina, Fabrizio De André e Richard
Anthony; l'autore però non fu molto contento delle loro versioni e fece ritirare dal commercio i dischi con quelle incisioni. Il brano  Spain del
pianista Chick Corea, pubblicato nel 1972, costituisce, invece, una interpretazione strumentale jazz del Concerto d'Aranjuez in cui il tema e la
progressione armonica sono tratti proprio dal secondo movimento della composizione di Joaquín Rodrigo.
Secondo uno studio pubblicato dalla Società Generale degli Autori ed Editori spagnola (SGAE) nel luglio del  2005, il Concerto d'Aranjuez è il brano
musicale spagnolo che riscuote la maggiore popolarità in Giappone.

 Prima esecuzione
 9 novembre 1940
 Regino Sáinz de la Maza, Orchestra Filarmonica di Barcellona
 Palau de la Música Catalana, Barcellona
 Direttore: César Mendoza Lasalle

l Concierto de Aranjuez di Joaquin Rodrigo è il più popolare Concerto che sia stato mai scritto per chitarra ed orchestra, ed,
anche, uno dei brani più amati dell’intero repertorio orchestrale del ‘900. Le fonti biografiche riportano che l’idea di scrivere il
Concerto nacque quasi per caso durante un pranzo   svoltosi alla fine dell’estate del 1938 in un ristorante della città di San
Sebastian. 
A tavola sedevano insieme al compositore, il Marchese di Bolarque, nobile gentiluomo spagnolo suo amico, e il chitarrista Reino
Sainz de la Maza. Qui il Marchese  chiese espressamente a Rodrigo di scrivere un lavoro per il celebre interprete ospite del
pranzo. A quanto pare l’idea entusiasmò subito Rodrigo. Una volta tornato a Parigi, città dove all’epoca risiedeva (erano gli anni,
in Spagna, della guerra civile, per cui molti spagnoli preferivano vivere fuori della propria patria), il compositore cominciò subito
a lavorare al progetto, pur se tra mille esitazioni dovute alle difficoltà legate alla natura stessa del compito. 
Narra lo stesso Rodrigo  che, dopo numerose riflessioni, il secondo movimento ed il terzo gli apparvero una mattina in mente,
sotto la spinta di un’ispirazione improvvisa, quasi “sovrannaturale”. Il tema dell’adagio fu così generato di getto, nella sua
interezza, e poco dopo venne fuori allo stesso modo anche quello del terzo movimento, nella sua forma pressoché definitiva. Su
queste prime idee fu, poi, sviluppata l’orchestrazione. Per ultimo fu composto il primo movimento, che, a differenza degli altri
due, fu frutto di un lavoro più elaborato di gestazione e sviluppo, legato più al calcolo ed alla riflessione compositiva, che alla
pura ispirazione. 
La scrittura del concerto ebbe inizio nel 1938 e terminò un anno dopo, nel 1939 (in coincidenza con il ritorno da Parigi del
compositore e con la decisione di stabilirsi definitivamente a Madrid). Va ricordato che in quegli anni avevano visto la luce due
altri importanti concerti per chitarra ed orchestra, tra i primi ad essere scritti nel ‘900, legati entrambi alla figura di Segovia. Nel
1939, infatti, Mario Castelnuovo-Tedesco, alla vigilia della partenza per l'esilio statunitense, scrisse per il celebre chitarrista
spagnolo il Concerto in re maggiore op. 99, e l'anno seguente, 1940, Manuel Ponce dedicò sempre a Segovia il Concierto del Sur,
che aveva avuto una lunga e “sofferta” gestazione: entrambe le opere furono eseguite in prima mondiale a Montevideo. Tra
quelle due storiche “prime”, il 9 novembre 1940 ebbe luogo a Barcellona la “prima esecuzione” del Concierto de Aranjuez,
presentato al Palau de la Musica dal suo dedictario, Regino Sainz de la Maza, con l'Orchestra Filarmonica di Barcelona diretta da
Cesar Mendoza Lassalle. 
Alquanto atipica risultò, quindi, l’esclusione di Segovia dal progetto originario del  Concierto de Aranjuez in un’epoca, in cui, la
figura del celebre interprete Andaluso sembrava “monopolizzare” i gusti e le aspettative della chitarra. Questa, esclusione fu, in
parte, “consensuale”: il celebre interprete non eseguì, infatti, mai la pagina (forse per ripicca per essere stata dedicata a Sainz
de la Maza), e preferì piuttosto suonare la Fantasia para un Gentilhombre, a lui espressamente dedicata in un secondo
momento, nel 1954 dallo stesso Rodrigo. 
Il Concierto de Aranjuez sin dalla sua prima uscita guadagnò immense fortune di pubblico e critica, al punto da divenire in breve
una vera e propria “icona” della  musica e della chitarra spagnola. Numerosissimi sono stati gli interpreti che fino ad oggi hanno
eseguito il concerto ed altrettanto numerose sono le incisioni discografiche succedutesi, in una continua crescita di consensi, che
sembra, sino ad oggi, non essersi mai arrestata. 

Il Concierto de Aranjuez
Un’analisi del Concierto de Aranjuez non può fare a meno di prendere le mosse dalle parole dello stesso compositore e dalle
autorevoli opinioni suscitate sin dal suo apparire tra critici e musicologi. 
Rodrigo, in una sua celebre dichiarazione, così sintetizza il carattere del lavoro: 
“Il Concierto de Aranjuez, sintesi del classico e del popolare, di forma e di sentimento, suona nascosto sotto le fronde
del parco che circonda il Palazzo Barocco e vuole soltanto essere agile come una farfalla ed elegante come una
 
veronica ”.
Ancora, in uno dei suoi primi scritti riguardanti il Concerto, tratto dalle note di sala della prima esecuzione a Barcellona del 1940,
Rodrigo così illustra il lavoro: 
“…Una volta concepito il Concerto, bisognava collocarlo in un'epoca e, ancor più, in un luogo. Un'epoca durante la quale
i fandanghi si riducono in fandanguillos e il canto e la buléria scuotono l'àmbito ispanico: Carlos IV, Fernando VIII,
Isabel II, toreri, Aranjuez, America. 
Ai grandi virtuosi non bastava brillare come solisti: avevano bisogno di distinguersi in mezzo e al di sopra di un
complesso strumentale, in una suprema esibizione di tecnica. Da questo desiderio nasce il Concerto, forma suntuaria e
decorativa che, volendo contrapporre lo strumento all'orchestra, ha ingrandito in proporzioni considerevoli le possibilità
degli strumenti solisti. Lo stesso sforzo è stato richiesto alla chitarra e questo improvviso processo di ingrandimento ha
posto una serie di insoliti problemi tecnici che Sainz de la Maza ha dovuto, non solo risolvere ma addirittura dominare.
Sarebbe ingiusto richiedere forza a questo Concerto e invano attenderemmo da esso le grandi sonorità: sarebbe come
falsare la sua concezione e imbastardire lo strumento fatto di sottili vaghezze. La sua forza va cercata nella leggerezza
e nell'intensità dei contrasti. Il Concierto de Aranjuez suona nascosto nella brezza che agita il fogliame dei suoi parchi e
 4
vorrebbe solamente essere forte come una farfalla e sottile come una veronica ” .
In seguito, sempre Rodrigo, con più dovizia di particolari, così descrive la sua composizione:
 Il “Concierto de Aranjuez” prende il titolo dal famoso sito reale a 50 km. da Madrid sulla strada per l’Andalusia. Questo
era un luogo particolarmente caro ai Borboni.
 Anche se questo Concerto è un brano di musica pura senza alcun programma, nel situarlo ad Aranjuez ho voluto
assegnargli un’epoca: fine del XVIII e inizi del XIX secolo, le Corti di Carlo IV e Fernando VII. Era un’epoca
caratterizzata da Majas e cani da caccia, da melodie Spagnolo-americane.
La chitarra con un’audacia senza precedenti si contrappone all’intera orchestra formata da ottavino, flauto, oboe, corno
inglese, due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe e quartetto. E in ogni momento la chitarra è solista, e l’orchestra
provvede ad un delicato contrasto in una trasparente tessitura e con una costante vivacità. 

 Il primo movimento (“Allegro con Spirito”) è tutto animato dalla stessa forza e allegria ritmica senza che i due temi che
lo compongono interrompano il suo vibrante incedere.
 Il secondo (“Adagio”) vuole essere un dialogo elegiaco tra la chitarra e gli strumenti solisti: corno inglese, fagotto,
oboe, tromba ecc. Un profondo e ininterrotto battito sorregge l’intero edificio sonoro di questo movimento.
 Il terzo movimento (“Allegro gentile”) evoca una danza cortigiana nella quale la combinazione di due ritmi (a 2 e a 3
tempi) così come una struttura leggerissima mantengono il tempo in allerta fino alla corona finale. 

L’esposizione del primo movimento non manca di alcune curiosità. Il tutti orchestrale tipico dei concerti, che in uno stile
grandioso preannuncia le esposizioni dei due temi del primo movimento, è in questo lavoro rimpiazzato da un breve preludio; la
chitarra, supportata da un affascinante suono d’arco al contrabbasso, che espone un soffuso pedale di Re, scandisce e “strappa”
una caratteristica figurazione ritmica sull’accordo perfetto di Re maggiore, che guadagna in intensità e dalla quale segue un altro
elemento ritmico che ha una maggiore energia in stile staccato. Tutto ciò risolve in una rapida scala discendente, dopo la quale
la sezione d’archi dell’orchestra, e l’intera orchestra ripete questo piccolo preludio. Tutto è nella tonica di Re maggiore; e in
questa stessa tonalità i violini espongono il primo tema del lavoro, accompagnato e seguito dalle due figurazioni ritmiche
dell’introduzione che si ripresentano in una larga parte del primo movimento. 
Mario Castelnuovo-Tedesco
Mario Castelnuovo-Tedesco nacque a Firenze il 3 aprile del 1895 in un'agiata famiglia ebraica. Mostrò fin da piccolo un precoce talento musicale.
Ricevute le prime lezioni di piano dalla madre, si iscrisse al Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, dove studiò pianoforte con Edgardo Del Valle
de Paz (1861-1920), pianista e compositore allievo di Beniamino Cesi, e quindi composizione con Ildebrando Pizzetti, che, giunto a Firenze da
Parma nel 1908, era il musicista allora più significativo in città (a lui Castelnuovo-Tedesco dedicherà anche uno dei suoi "Caprichos de Goya").
Ottenuto nel 1914 il diploma di pianoforte e nel 1918 quello di composizione, Castelnuovo-Tedesco riscosse sin dall'inizio della carriera ottimi
consensi in tutta Europa come concertista e compositore. La sua produzione attrasse l'attenzione di Alfredo Casella, che la incluse nel repertorio
della Società Nazionale di Musica(fondata da Casella nel 1917) e già nel 1922 opere di Castelnuovo-Tedesco furono eseguite a Salisburgo al primo
festival della International Society for Contemporary Music. Nel 1925, con La mandragola, vinse un importante concorso di composizione e l'opera
fu rappresentata al Teatro La Fenice di Venezia.Arturo Toscanini e la New York Philharmonic Orchestra presentarono in prima rappresentazione
diverse opere di Castelnuovo-Tedesco, inclusi I profeti (Concerto per violino no. 2) nel 1933 con Jascha Heifetz come solista e, nel 1935, il
Concerto per violoncello con Gregor Piatigorsky come solista. Nel 1932 Castelnuovo-Tedesco incontrò a Venezia per la prima volta Andrés
Segovia con il quale stabilì una collaborazione destinata a protrarsi negli anni e che avrebbe fatto di Castelnuovo-Tedesco uno dei più importanti
compositori del Novecento per chitarra classica.. A Firenze, dalla quale non si allontanò mai, prese parte attiva alla vita musicale e culturale, non
solo con la sua musica ma con una vasta produzione saggistica e collaborando con Vittorio Gui alla nascita del Maggio Musicale Fiorentino.
Nel 1939 a causa delle leggi razziali promulgate dal regime fascista, i compositori ebrei italiani si trovarono senza lavoro, le loro opere messe al
bando. Al pari dei colleghi Renzo Massarani e Vittorio Rieti, Castelnuovo-Tedesco si vede costretto a lasciare l'Italia con la sua famiglia. Grazie
all'aiuto offertogli da Arturo Toscanini,Jascha Heifetz e Albert Spalding si trasferì negli Stati Uniti, dapprima a New York, dove al suo arrivo
nel 1939 poté esibirsi come solista al pianoforte per la prima esecuzione del suo Concerto n.2 per pianoforte con la New York Philharmonic
Orchestra, in un concerto diretto da John Barbirolli. Ricevette quindi un contratto (e un lavoro stabile) a Hollywood con la Metro-Goldwyn-
Mayer affermandosi come stimato autore di colonne sonore per film. 11 sono quelle che furono a lui accreditate, ma tra il 1940 e il 1971 furono oltre
200 quelle a cui collaborò (non accreditato) nel ruolo di compositore di musiche originali o come arrangiatore.Accanto alla carriera cinematografica,
Castelnuovo-Tedesco continuò la sua attività di compositore di musica classica e dal 1946 lavorò come insegnante di composizione al
conservatorio di Los Angeles. Ebbe tra i suoi allievi musicisti del calibro di Elmer Bernstein, Jerry Goldsmith, John Williams, Henry Mancini(la
pantera rosa), André Previn, Nelson Riddle.
Nel 1946 Castelnuovo-Tedesco ottenne la cittadinanza americana, ma rimase molto legato all'Italia, tornandovi di frequente in visita o per lavoro.
Nel 1958 vinse il Concorso Campari con l'opera Il mercante di Venezia, che fu rappresentata nel 1961 al Maggio musicale fiorentino sotto la
direzione di Franco Capuana conRosanna Carteri e Renato Capecchi.
Castelnuovo-Tedesco morì a Beverly Hills in California il 17 marzo 1968.
Nel 2000 il ricchissimo archivio contenente i manoscritti musicali e la corrispondenza epistolare del compositore fu donato nella sua interezza dagli
eredi alla Library of Congress di Washington a formare la Mario Castelnuovo-Tedesco Collection.Il fondo che il compositore stesso aveva avviato
nel 1966, si era già arricchito tra il 1970 e il 1978 con una serie di donazioni da parte della vedova. Consiste oggi in 161 scatole di materiale
manoscritto. Il catalogo è accessibile online.[4]
Nel 2005 viene pubblicata in Italia, con il titolo Una vita di musica: un libro di ricordi, l'autobiografia del compositore, da lui composta nel
dopoguerra.
Composizioni
Castelnuovo-Tedesco fu un autore molto prolifico. Nel corso della sua carriera scrisse, tra l'altro, sei opere liriche, cinque oratori, undici ouverture
per altrettanti lavori shakespeariani, quattro balletti, concerti per pianoforte, violino, chitarra, violoncello, arpa e oboe, oltre cento composizioni
per pianoforte e altrettante perchitarra, più di cento composizioni corali, quasi quattrocento composizioni vocali e un gran numero di
composizioni cameristiche.
Dotato di una vena melodica ricchissima e fluente, Castelnuovo-Tedesco eccelse soprattutto nel campo della musica vocale: «Ho scritto una
grande quantità di melodie vocali nella mia vita; ne ho pubblicate centocinquanta (per non parlare di quante sono rimaste inedite nel cassetto) e le
ho composte in tutte le lingue che conosco - italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, latino. La mia ambizione e, ancora più, una urgenza
profonda, è sempre stata quella di unire la mia musica ai testi poetici che hanno destato il mio interesse e la mia emozione, per coglierne
l'espressione lirica»
Compositore colto e raffinato, musicò autori come Cavalcanti, Petrarca, Vogelweide, Cervantes, Shakespeare, Lorca, Whitman. Accanto agli autori
classici e contemporanei, la propria cultura ebraica fu fonte di continua ispirazione per il compositore, che scrisse opere di argomento biblico o per
la liturgia sinagogale. La preparazione tecnica solidissima gli permise di avere un dominio assoluto della forma e del contrappunto. Nel secondo
dopoguerra fu criticato (anche aspramente) per il suo linguaggio conservatore, legato in egual misura al romanticismo tardo ottocentesco,
all'impressionismo e al folklore spagnolo.
Oggi è ricordato dal grande pubblico soprattutto per la sua produzione per chitarra, strumento a cui si dedicò con attenzione per tutta la vita, e a cui
regalò alcune delle sue pagine più ispirate e autobiografiche.
Un elenco delle sue opere più famose comprende i seguenti brani:
- Opere per pianoforte

- Opere per chitarra

- Variazioni (attraverso i secoli...) op. 71 (1932)

- Sonata (omaggio a Boccherini) op. 77 (1934)

- Capriccio diabolico (omaggio a Paganini) op. 85a (1935)

- Tarantella e Aranci in fiore op. 87 (1936)

- Variations plaisantes sur un petite air populaire op. 95

- Rondò op. 129 (1946)


- Escarramán op. 177 (1955)

- Tre preludi mediterranei (in memoriam Renato Bellenghi) (1955)

- Passacaglia (omaggio a Roncalli) op. 180 (1956)

- 24 Caprichos de Goya op. 195 (1961)

- Appunti op. 210 (1967)

- Suite op.133

- Concerti

 Concerto n. 1 (L'Italiano) per violino e orchestra (1924)


 Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra (1928)
 I profeti, Concerto n. 2 per violino e orchestra op. 66 (1933)
 Concerto per violoncello e orchestra (1935)
 Concertino per arpa e orchestra da camera op. 93 (1937)
 Concerto n. 1 per chitarra e orchestra op. 99 (1939)
 Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra (1939)
 Sérénade per chitarra e orchestra, op. 118 (1943)
 Concerto n. 2 per chitarra e orchestra op. 160 (1953)
 Concerto per due chitarre e orchestra op. 201 (1962)

- Composizioni vocali
- Musica da camera

 Quintetto op. 143 (1951), per chitarra e archi


 Fantasia op. 145 (1950), per chitarra e pianoforte
 Sonatina canonica op. 196 (1961), per due chitarre
 Les guitares bien tempérées op. 199 (1962), per due chitarre
 Sonatina op. 205 (1965), per flauto e chitarra
 Ecloghe op. 206 (1966), per flauto, corno inglese e chitarra
 Fuga elegiaca op. R210a (1967), per due chitarre

- Opere liriche e musiche di scena


- Balletti[modifica | modifica wikitesto]
- Colonne sonore
Elenco completo degli 11 film, dei quali Castelnuovo-Tedesco fu accreditato come "autore della colonna sonora"

 1. Il ritorno del vampiro (The Return of the Vampire), regia di Lew Landers (1944)
 2. The Black Parachute, regia di Lew Landers (1944)
 3. She's a Soldier Too, regia di William Castle (1944)
 4. Dieci piccoli indiani (And Then There Were None), regia di René Clair (1945)
 5. Prigionieri del destino (Time Out of Mind), regia di Robert Siodmak (1947)
 6. Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen), regia di Charles Vidor (1948)
 7. Viva Robin Hood (Rogues of Sherwood Forest), regia di Gordon Douglas (1950)
 8. Fiesta d'amore e di morte (The Brave Bulls), regia di Robert Rossen (1951)
 9. La maschera del vindicator (Mask of the Avenger), regia di Phil Karlson (1951)
 10. Salvate il re (The Brigand), regia di Phil Karlson (1952)
 11. La lunga notte (The Long Wait), regia di Victor Saville (1954)
Elenco dei film, ai quali Castelnuovo-Tedesco collaborò (non accreditato) come "compositore di musiche originali"

La sua produzione si divide in 3 parti


1°periodo in Italia: neoclassico: incontro con segovia. sonata omaggio a Boccherini; capriccio diabolico; tarantella; 1°concerto per chitarra e
orchestra in re maggiore.
2°periodo in America dal 40 al 53: 2°concerto in do maggiore; serenade, Rondò , Suite, Fantasia; quintetto.
3° periodo in cui rappresenta cose extramusicali: 24 capricci di goya; musica da camera; 24 preludi e fughe, ballata dell’esilio.

Il Concerto per chitarra e orchestra n.1 (op. 99) 


fu composto da Mario Castelnuovo-Tedesco fra il dicembre 1938 e il gennaio 1939. È uno dei concerti più famosi ed eseguiti nel repertorio di
questo strumento, insieme ai concerti per chitarra di Joaquin Rodrigo. Si struttura in 3 movimenti, la tonalità è il Re maggiore.
L'idea di affrontare la composizione del concerto venne da una richiesta del chitarrista Andrés Segovia, che in quegli anni - e già a partire danni
anni '20 - era impegnato nell'opera di valorizzazione e rivalutazione della chitarra nell'ambito della musica classica; aspetto fondamentale di questo
progetto era quello di arricchire notevolmente il repertorio musicale dello strumento con composizioni originali di grande spessore, e il fiorentino
Castelnuovo-Tedesco fu uno dei maggiori contributori in questo senso. Fu questa la prima volta in cui egli si trovava ad affrontare il problema
dell'affiancamento di un'orchestra ad una chitarra - strumento dalla portata sonora ben più modesta, ad esempio, di un pianoforte o di un violino. La
difficoltà venne superata brillantemente, ottenendo un dialogo raffinato fra chitarra e orchestrazione che mai sovrasta il solista; in seguito scrisse
anche un Concerto per chitarra n.2 (op. 160) e un Concerto per due chitarre (op. 201).
La prima esecuzione del concerto avvenne il 28 ottobre 1939 all'Auditorio de SODRE di Montevideo, con Andrés Segovia alla chitarra e la direzione
di Lamberto Baldi. L'entusiasmo riscosso fu grandissimo, e l'esecuzione è tuttora testimoniata da una rara registrazione dell'epoca.
Successivamente fu sempre Segovia a pubblicare la prima registrazione ufficiale dell'opera, con la New London Orchestra diretta da Alec Sherman;
datata 1949, si tratta probabilmente della prima registrazione discografica di un concerto per chitarra, ma la qualità e la cura nell'acquisizione del
suono appaiono sorprendenti.
Concerto n. 1
in re maggiore
op. 99

 I. Allegretto
 II. Andantino alla romanza
 III. Ritmico e cavalleresco 

Data di composizione: dicembre 1938-gennaio 1939


Dedica: Andrés Segovia
Prima esecuzione pubblica: Montevideo, 28 ottobre 1939, chitarrista Andrés Segovia, S.O.D.R.E. Orchestra diretta da
Baldi
Editore: Schott, London 1954
Organico: chitarra e orchestra (flauto, oboe, 2 clarinetti, fagotto, corno, timpani, archi - 2 violini primi, 2 violini
secondi, 2 viole, 2 violoncelli, 1 contrabbasso)
Discografia: 
- SIEGFRIED BEHREND, Castelnuovo-Tedesco: Concerto op. 99, Nürbergerer Sinfoniker, direttore Helmuth Golmann,
Colosseum 
- SIEGFRIED BEHREND, Rodrigo: Concierto de Aranjuez - Castelnuovo-Tedesco: Concerto op. 99, Berliner
Philharmoniker, direttore Reinhard Peters, Deutsche Grammophon DGG 139 166 (ora ristampato su CD Eloquence 457
306-2) NB: Si tratta di una registrazione realizzata con i Berliner Philharmoniker nel 1966: per Behrend è già la seconda
incisione del Concerto!
- ERNESTO BITETTI, Rodrigo: Concierto de Aranjuez, Castelnuovo-Tedesco: Concerto op. 99, Orquesta de Conciertos
de Madrid, direttore José Buenagu, Hispavox-Erato 10-335
- COSTAS COTSIOLIS, Concerte pentru chitara si orchestra, Ionescu-Galati direttore, Electrecord 01930 
- ALIRIO DIAZ, The Virtuoso Guitar, Vol. 2, I Solisti di Zagabria, direttore Antonio Janigro, Vanguard VDS-71152; ora
in Cuatro siglos de Guitarra Española, Vanguard Classics 
- EDUARDO FERNÁNDEZ, Rodrigo & Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concertos, English Chamber Orchestra, direttore
Miguel Gomez, Decca 417 199-2 
- NICOLA HALL, Paganini/Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concertos, London Mozart Players, direttore An-drew Litton,
Decca 440 293-2 
- NORBERT KRAFT, Rodrigo, Villa-Lobos, Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concertos, Northern Chamber Orchestra,
direttore Nicholas Ward, Naxos 8.550729 
- VLADIMIR MIKULKA, Guitar and Orchestra, (Orchestra Sinfonica di Radio Praga), Panton 11 0608 G 
- PEPE ROMERO, Villa-Lobos & Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concertos, Academy of St. Martin-in-the-Fields, direttore
Sir Neville Marriner, Philips 416 357-2 
- ANDRÉS SEGOVIA, Concerto per chitarra e orchestra, EMI CO 53-01021; anche in The Complete 1949 London
Recordings, New London orchestra, direttore Alec Sherman, Testament SBT 1043 NB: La registrazione venne effettuata
tra l'11 e il 12 luglio del 1949. Probabilmente è la prima incisione mai realizzata di un concerto per chitarra e orchestra.
- ANDRÉS SEGOVIA, Mario Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concerto in D major op. 99, Quintet for Guitar and Strings
op. 143, Theorema TH 121.165 
- EMANUELE SEGRE, Rodrigo, Villa-Lobos, Castelnuovo-Tedesco: Concertos for Guitar & Orchestra, Grande Orchestra
Sinfonica di Milano "Giuseppe Verdi", direttore Gianandrea Noseda, Claves CD 50-9516; anche allegato a "La chitarra
classica", Amadeus Speciale, ottobre 1996 
- MARCOS TSESSOS, Guitar Concertos from Two Centuries, Chamber Orchestra of St. Petersburg Philharmony,
direttore Vladimir Altschuler, Infinity Digital 64335
- JOHN WILLIAMS, Rodrigo, Castelnuovo-Tedesco: Two Guitar Concertos, Philadelphia Orchestra, direttore Eugene
Ormandy, Columbia ML 6234
- JOHN WILLIAMS, Castelnuovo-Tedesco: Concerto, Op. 99; Dodgson: Concerto No. 2; Arnold: Serenade for Guitar &
Strings, English Chamber Orchestra, direttore Sir Charles Groves, CBS 76634; ora in The Great Guitar Concertos, CBS
M2K 44791 e in Guitar Concertos, CBS M2YK 45610
- KAZUHITO YAMASHITA, Rodrigo: Concierto de Aranjuez; Castelnuovo-Tedesco: Concerto in re op. 99, Tokyo
Philharmonic Orchestra, direttore Shigenobu Yamaoka, RCA RCL-2280 (JRL 1-1570) 
- KAZUHITO YAMASHITA, Mario Castelnuovo-Tedesco: Concertos No. 1 & 2, Concerto for 2 Guitars, Naoko
Yamashita, London Philharmonic Orchestra, direttore Leonard Slatkin, BMG RD 60355
- NARCISO YEPES, Chefs-d'œuvre de la guitare espagnole, London Symphonic Orchestra, direttore Garcia Navarro,
Deutsche Grammophon 445 441-2

L'imponente discografia testimonia l'enorme successo che questo concerto ha sempre riscosso presso il pubblico e gli interpreti,
secondo per popolarità solo alConcierto de Aranjuez di Rodrigo. Eppure Castelnuovo-Tedesco era seriamente preoccupato dal
fatto di dover affrontare il delicatissimo equilibrio tra la chitarra e l'orchestra:

Finalmente Segovia mi fece una richiesta che mi lasciò molto perplesso: mi chiese unConcerto per Chitarra e Orchestra! Questa
volta finalmente esitai: [...] mi sentivo ormai abbastanza sicuro della tecnica chitarristica [... ma] non riuscivo ancora ad
immaginare (non avendola mai sentita) 'l'associazione' della Chitarra con gli altri strumenti dell'orchestra. [...] Era un problema
insieme di 'quantità' e di 'qualità' di suono che mi spaventava, e che non osavo affrontare!

[...] Intanto gli eventi precipitavano: nel 1938 s'accese la 'campagna razziale', ed io mi preparavo a lasciare l'Italia (con quale
strazio nell'anima nessuno può immaginarlo!): pieno d'angoscia e di preoccupazioni, da sei mesi non componevo più [...]. Allora
Segovia compì un gesto squisito, che non dimenticherò: in quel periodo in cui tanti colleghi mi voltavan le spalle (o almeno mi
evitavano accuratamente) Segovia venne a Firenze apposta per passare le vacanze di Natale con me, e per incoraggiarmi a
sperare in un migliore avvenire: mi disse che non dovevo disperare, che avevo talento e che in America avrei saputo rifarmi una
vita; insomma mi confortò grandemente. Ed io rimasi così commosso da quel suo gesto amichevole che gli promisi che il primo
lavoro che avrei scritto sarebbe stato il Concerto per Chitarra e Orchestra, che tante volte gli avevo promesso. Anzi, durante il
suo soggiorno a Firenze, scrissi senz'altro, tutto d'un fiato, il I° tempo, e lo collaudammo insieme; dopo Segovia partì per
l'America del Sud [...], ma, nel gennaio del '39, composi gli altri due tempi e glieli spedii. Il Concerto ebbe la sua prima
esecuzione a Montevideo nell'ottobre del 1939, e da allora ha, si può dire, girato tutto il mondo; ma io (separato da Segovia
durante il periodo della guerra) non l'ho udito, per intero, che tre anni fa [1949], a Los Angeles! (1)

Il risultato del lavoro di Castelnuovo-Tedesco fu superlativo, e lo stesso compositore giungerà ad affermare un giorno che tale
concerto è, tra le sue opere migliori, «forse l'unico capolavoro» (2). Lo stesso Segovia ne era evidentemente entusiasta tanto
che nel 1949 decise di inciderlo; la registrazione, effettuata a Londra l'11 e il 12 luglio con la New London Orchestra diretta da
Alec Sherman è molto probabilmente la prima di un concerto per chitarra e orchestra mai realizzata e sbalordisce ancora oggi
per l'eccellente qualità tecnica della ripresa del suono.

La limpida struttura — quasi settecentesca — del Concerto (tre movimenti dei quali il primo è bitematico e tripartito) permette di
inserire a pieno titolo l'opera nell'ottica del neoclassicismo italiano. L'orchestrazione è finissima e trasparente al punto da non
coprire mai il solista; gli strumenti dell'orchestra dialogano in maniera concertante con la chitarra e il gusto tutto francese
dell'orchestrazione è palese al punto che c'è chi vi scorge echi raveliani (3). È curioso notare che degli eventi drammatici vissuti
dal compositore nell'inverno '38-'39 non vi sia praticamente traccia: la musica di questo Concerto scorre serena e spensierata, a
tratti venata di malinconia.

Sembra quasi che il compositore, ormai pronto al distacco dalla propria terra, si abbandoni ad un flusso di memorie
mediterranee, le quali scorrono tra la grazia e l'eleganza del primo tempo, il lirismo gentile e appassionato del secondo tempo, il
piglio epico del terzo tempo, nel quale si evocano giostre e tornei. La chitarra è collocata con naturale proporzione accanto ad
un'orchestra i cui timbri trasparenti risultano sempre adatti al dialogo con lo strumento solista. (4)

Il primo movimento è scritto in una chiarissima forma-sonata bitematica e tripartita. Dopo l'esposizione del primo tema da parte
dell'orchestra, la chitarra fa il suo ingresso con una breve cadenza solistica alla quale fa seguito la riesposizione del tema,
affidata questa volta al solista accompagnato dagli archi in pizzicato e da leggere volatine del flauto. Il secondo tema, dal
carattere "interrogativo" e modulante, si trova al termine di un'altra breve cadenza della chitarra; questa volta i ruoli sono
invertiti: la presentazione spetta alla chitarra e successivamente l'orchestra lo riprende; allo sviluppo — basato soprattutto su
elementi presi dal primo tema — segue la ripresa: in essa le idee tematiche vengono riesposte in forma più succinta e una nuova
cadenza della chitarra porta il primo movimento alla sua conclusione.

L'Andantino alla romanza è un movimento elegiaco e pastorale dove la nostalgia per il paesaggio toscano si sente in maniera
particolarmente evidente. La suggestiva bellezza del materiale tematico si basa essenzialmente su tre idee. La prima viene
esposta inizialmente dalla chitarra e ripresa dai fiati (in particolar modo da clarinetto e flauto che la eseguono insieme a canone);
la seconda idea è costituita da un breve inciso in tempo più mosso e dal carattere ritmico più marcato. Ad esso segue il vero e
proprio secondo tema esposto inizialmente dall'orchestra e successivamente ripreso dalla chitarra in una lunga cadenza solistica
di non facile esecuzione a causa di una densa scrittura accordale (che Segovia sfoltisce molto nella sua revisione).

L'ultimo movimento ha il compito di chiudere in maniera virtuosistica e spettacolare il Concerto; il


carattere ritmico e cavalleresco indicato dall'autore è ben espresso dai due temi principali, il primo scritto in un agile tempo di
3/8 e il secondo in 4/4. Le straordinarie capacità combinatorie dell'autore fanno sì che nel finale, dopo una lunga e difficile
cadenza della chitarra e la riesposizione del tema principale, le due idee vengano riproposte l'una sull'altra: mentre gli archi
eseguono il primo tema ai legni è affidato il secondo.

Christopher Parkening ricorda con affetto questa importante pagina del repertorio chitarristico:

Ho avuto la fortuna di frequentare Mario Castelnuovo-Tedesco fin da giovanissimo, e ovviamente i ricordi sono molti. A 14 anni,
ad esempio, suonai il suo Concerto in Re alla Royce Hall di Los Angeles, e fu proprio in quell'occasione che il compositore inviò un
nastro della mia performance a Segovia, chiedendogli di accettarmi tra i suoi allievi alla sua primamasterclass americana che si
sarebbe svolta nel 1964 presso l'Università di Berkeley, in California. Il giorno del concerto, il 10 marzo 1963, Castelnuovo-
Tedesco mi donò il manoscritto originale del suo Melancolia con la dedica "A Christopher Parkening che oggi ha suonato così
bene il mio Concerto. M.C.T." Durante i sei mesi precedenti l'esibizione mio padre mi accompagnò ogni settimana a casa sua, a
Beverly Hills, per studiare il Concerto con il compositore stesso che, al pianoforte, eseguiva la parte orchestrale.

Concerto n. 2
in do maggiore
op. 160

 I. Allegretto (sognante, quieto e scorrevole)


 II. Sarabanda con Variazioni
 III. Fiesta: Allegretto vivace (ma non troppo)
Data di composizione: 1953
Dedica: -
Prima esecuzione pubblica: Los Angeles, gennaio 1966, chitarrista Christopher Parkening, California Chamber Symphony, direttore Henry
Temianka
Editore: Schott, Mainz 1968
Organico: chitarra e orchestra (ottavino, 2 flauti, oboe, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, tromba, timpani, campana tubolare in si bemolle,
triangolo, piatto sospeso, tamburino, tamburo, castagnette, archi) 
Discografia: 
- MASSIMO FELICI e LORENZO MICHELI, Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concertos (Complete), Orchestra Sinfonica Abruzzese, direttore Michael
Summers, Brilliant 
- JORGE ORAISON, Mario Castelnuovo-Tedesco, Concertgebouw Chamber Orchestra, Haarlem, direttore Adam Gatehouse, Etcetera ETC 1001 
- KAZUHITO YAMASHITA, Mario Castelnuovo-Tedesco: Concertos No. 1 & 2, Concerto for 2 Guitars, Naoko Yamashita, London Philharmonic
Orchestra, direttore Leonard Slatkin, BMG RD 60355

In seguito ad una fortunata serie di concerti a Londra e a New York, Segovia venne invitato a tenere altri sei concerti per la stagione successiva.
In quel periodo, Joaquín Rodrigo stava scrivendo per lui la Fantasía para un gentilhombre, e Segovia ebbe l'idea di affiancare a questa
composizione un altro concerto per chitarra e orchestra. Il progetto venne sottoposto a Castelnuovo-Tedesco, il quale, però, non riusciva a
decidere se accettare: egli temeva infatti che non sarebbe più riuscito a ripetere il buon esito del Concerto n.1. Il seme era però stato ormai
gettato e le idee cominciarono a scaturirgli in abbondanza: in brevissimo tempo (dal 9 febbraio al 23 marzo del 1953) il nuovo Concerto era
terminato.

La composizione ha un carattere decisamente sinfonico e in questo si distacca decisamente rispetto al primo concerto; la chitarra gioca infatti
un ruolo maggiormente dialogante nei confronti di un'orchestra che appare oltretutto molto più ricca nell'organico rispetto ai precedenti lavori
concertanti dell'autore. Anche le dimensioni sono nettamente più dilatate: se il primo concerto ha una durata totale di circa venti minuti, qui il
solo secondo movimento ne dura almeno quindici. Una simile "abbondanza" gioca in parte a sfavore dell'intera composizione che, come è stato
più volte rilevato, pur essendo ricca di eccellenti spunti melodici risulta un po' troppo prolissa; tutto ciò, unito al ruolo poco "appariscente"
assegnato al solista, è alla base dello scarso successo che il Concerto ha ottenuto presso il pubblico e gli interpreti.

In questa partitura, più elaborata e complessa, predomina il vasto secondo movimento, una Sarabanda con variazioni in cui nuovamente l'autore
si affida alla memoria, ma non tanto per un atto di evocazione affettiva — come nel primo Concerto — quanto nell'intento di celebrare
l'immutabile (a suo modo di sentire) attualità della forma classica; tuttavia, pur nella sua magniloquenza, il neoclassicismo di questo brano non
esclude momenti di slancio romantico o di appassionata teatralità, quale la conclusiva ripresa del tema, che si svolge in un clima scopertamente
pucciniano. Il primo tempo — che più propriamente degli altri due si può definire "sereno" — è una contemplazione piuttosto rarefatta in cui il
compositore svolge una precisa ricerca di colore, suscitando atmosfere fiabesche alla Ravel. Dopo la gravità del secondo movimento, una
lepida Fiestacampestre in do maggiore — con irridenti rintocchi di una campana tubolare in si bemolle — conclude in toni di giubilo la variopinta
composizione, formalmente assai meno equilibrata del primo Concerto e, in un certo senso, un po' pericolante a causa del suo eclettismo, ma
ricca di spunti felici e di piacevoli trovate timbriche. La chitarra dialoga qui con un'orchestra più nutrita di quella del primo Concerto, e perciò il
suo dominio solistico è meno evidente, in specie nel secondo tempo: questo spiega la rinuncia di Segovia, che pure aveva insistito per ottenere
dall'autore un secondo Concerto, ad eseguirlo.(1)

Il concerto (conosciuto anche come Concerto sereno sebbene questo titolo non gli sia stato assegnato dall'autore) è suddiviso in tre movimenti; il
primo, Allegretto, è un classico tempo di sonata bitematico e tripartito dove al primo tema lirico e sognante si contrappone un secondo tema
più mosso e inquieto. Il secondo movimento è una Sarabanda variata in do minore nella quale ognuna delle variazioni è scritta in forma di danza,
formando così una vera e propria suite all'interno del concerto. Le variazioni assumono di volta in volta il carattere di una Pavana, di un
Minuetto con Trio, di una Giga, di un'Aria e di una Fuga in un crescendo emozionante dove la successiva ripresa della sarabanda iniziale da parte
di tutta l'orchestra svolge un elettrizzante effetto catartico. L'ultimo movimento — Fiesta — è decisamente più leggero e spensierato e il suo
carattere "sbarazzino" è sottolineato da un'irriverente campana in si bemolle:

Sono contento che il 2° Concerto ti sia piaciuto e sono d'accordo con te: i primi due tempi sono superiori al 3°, d'altra parte... non c'era altro da
fare, dopo quelle "monumentali Variazioni", l'unica via d'uscita era di fare un brillantissimo finale e di proposito, ho scelto quel temino
"innocente" (complicandolo con tutti i possibili contrappunti... ci sono perfino dei "canoni quadrupli!") coll'idea di mandare a casa il pubblico
fischiettando e danzando. E ti assicuro che l'effetto (dalla "cadenza" accompagnata dalla percussione fino alla fine, con quella campana in Sib
che rintocca su tutto quel Do maggiore) è veramente irresistibile.(2)

La storia editoriale del Secondo Concerto è piuttosto travagliata: come per molte altre sue composizioni, Castelnuovo-Tedesco attendeva da
Segovia la revisione chitarristica del testo, revisione che però non arrivava mai, in parte a causa degli impegni concertistici di Segovia, in parte
a causa di una effettiva difficoltà di realizzazione.(3) La revisione della parte chitarristica del brano fu così effettuata da Christopher Parkening
(che del concerto è stato anche il primo interprete), ma la riduzione pianistica lasciò decisamente insoddisfatto l'autore:

...non ti parlerò ancora del 2° Concerto, perché ne ho fin sopra i capelli! Proprio ieri mattina mi è arrivato da Schott un pacco di bozze da
riguardare, comprese quelle della partitura d'orchestra (sono "lussi" ai quali non ero più abituato da tempo...) per un totale di oltre 250
pagine... Efficientissimi questi tedeschi! (sono ancora i migliori editori del mondo); però zucconi! Figurati che si sono presi la briga di rifare
(senza consultarmi!) la riduzione pianistica della parte orchestrale, sopprimendo (quando era possibile) i righi supplementari e "concentrando"
tutto in due pentagrammi: col resultato che... si legge malissimo e si suona anche peggio! Pare, invece di musica mia, "Il Vascello Fantasma"!
Sicché iersera ho passato la serata a sparare accidenti! e se avessi avuto quel revisore sotto le mani, l'avrei strangolato

Quintetto
op. 143

 I. Allegro, vivo e schietto


 II. Andante mesto
 III. Scherzo. Allegro con spirito, alla Marcia
 IV. Finale. Allegro con fuoco 
Data di composizione: 1950
Dedica: Andrés Segovia
Prima esecuzione pubblica: Los Angeles, 26 aprile 1951, interpreti Andrés Segovia e il Quartetto Paganini
Editore: Schott, Mainz 1959
Organico: chitarra e quartetto d'archi
Discografia: 
- MATS BERGSTRÖM e THE TALE QUARTET, Mario Castelnuovo-Tedesco, Proprius PRCD 9124
- ALIRIO DIAZ e THE ALLEGRI STRING QUARTET, Emi Sinfonica vol. 60, 3C053-02100
- GREGG NESTOR, Mediterranean Impressions, Cambria CD-1049
- CLAUDIO PIASTRA, CD Mondo Musica MM96007 
- MANUEL LÓPEZ RAMOS e THE PARRENIM QUARTET, Castelnuovo-Tedesco: Quintetto op. 143 - Bondon: Concerto
de Mars, RCA Victrola VICS - 1367
- ANDRÉS SEGOVIA e GLI ARCHI DEL QUINTETTO CHIGIANO, The Segovia Collection, Vol. 8, MCA MCD10056;
anche in Mario Castelnuovo-Tedesco: Guitar Concerto in D major op. 99, Quintet for Guitar and Strings op. 143,
Theorema TH 121.165
- STEPHAN SCHMIDT e il QUATOR PARISII, Mario Castelnuovo-Tedesco: intégrale de l'œuvre pour musique de
chambre et guitare, Valois Auvidis V4789
- ARTURO TALLINI e I SOLISTI DI ROMA, Castelnuovo-Tedesco: Guitar Chamber Works, Musikstrasse MC 2113.1
- KAZUHITO YAMASHITA e THE TOKYO STRING QUARTET, Boccherini - Mario Castelnuovo-Tedesco: Guitar
Quintets, BMG RD60421

Rincuorato sulle possibilità delle chitarra di dialogare con altri strumenti — dopo il successo del primo Concerto — e convinto del
fatto che, per i chitarristi, «la musica da camera sarebbe la […] salvezza» (1), Castelnuovo-Tedesco si lancia in una serie di
lavori cameristici, il primo dei quali è il Quintetto op. 143; l'occasione che fece nascere questo capolavoro è raccontata dallo
stesso autore:

Quando Segovia venne nel 1950 a Los Angeles per suonarlo [il Concerto n.1], il direttore del Los Angeles Music Guild gli chiese di
partecipare ad un concerto di musica da camera con chitarra, programmato per la stagione successiva. Segovia era riluttante ad
accettare l'invito a causa della limitatezza del repertorio in questo campo. Egli accettò, comunque, di prenderne parte a
condizione che io scrivessi per l'occasione un quintetto per chitarra e archi.

Immediatamente mi misi al lavoro, e il Quintetto op. 143 fu terminato in meno di un mese (tra il 7 febbraio e il 5 marzo del
1950). Fu eseguito per la prima volta al Music Guild di Los Angeles da Segovia e il Quartetto Paganini il 26 aprile del 1951.

Si tratta di un'opera melodiosa e serena, in parte neoclassica e in parte neoromantica (come la maggior parte dei miei lavori).
Potrei dire che è scritto in modo quasi schubertiano, dal momento che Schubert è sempre stato uno dei miei compositori
preferiti.

Il primo dei quattro movimenti, Allegro, vivo e schietto, è scritto nella tipica forma-sonata. Il secondo movimento, Andante
mesto, ha un carattere lirico, con la Spagna in sottofondo (il secondo tema è indicato come "Souvenir d'Espagne"). Il terzo
movimento, Allegro con spirito, alla Marcia, è uno Scherzo con due Trii. L'ultimo movimento, Allegro con fuoco, è in forma di
rondò, molto brillante e contrappuntistico; il secondo tema è nuovamente in stile Spagnolo: cosa potrebbe esserci di più
appropriato per Andrés Segovia? (2)

L'opera divenne presto celebre grazie soprattutto ad una fortunata registrazione realizzata a Siena nel 1953 da Segovia con gli
archi del Quintetto Chigiano; Castelnuovo-Tedesco però non fu molto soddisfatto di quell'incisione:

Segovia lo suonò stupendamente la prima volta che lo fece qui [a Los Angeles], nel 51, col Quartetto Paganini (e sotto la mia
supervisione). Poi, quando glielo sentii rifare, nel 52, a Siena col Quartetto Chigiano, era già un'altra cosa… pareva
«ossessionato» dal timore di non esser sentito, e per questo «precipitava» nel fraseggio (questo si sente ancora di più nel disco!)
col resultato che i poveri Quartettisti non sapevano più come fare a suonare, e (specialmente i Violini), cercando di «annullarsi»,
emettevano dei «suonini» che parevan Flauti [...]. (3)

Le sessioni di registrazione del Quintetto furono particolarmente tormentate, come ha recentemente ricordato Riccardo Brengola,
primo violino del Quintetto Chigiano:

I ricordi sono tanti e le esperienze sono state molte e anche divertenti. La prima volta che abbiamo suonato il Quintetto a Siena
(4), al momento di iniziare il concerto, Segovia, che solitamente era molto nervoso e scrupoloso prima di un concerto, si rivolse
a me e mi disse: "Senta, Brengola, e se ce ne andassimo?". In quel momento egli si sentiva preso da quel panico che con
frequenza assale gli interpreti prima di uscire sul palcoscenico, ma anche perché era la prima volta in assoluto che questa difficile
composizione veniva eseguita (5). Il concerto ebbe molto successo e da ciò nacque l'idea di fare il disco. Furono fatti venire i
tecnici da New York perché in Italia non c'erano allora le attrezzature adeguate. L'incisione fu realizzata a Milano (6).
Nello studio ne successero un po' di tutti i colori, soprattutto perché il Quintetto è un brano molto difficile da registrare. Allora le
tecniche di registrazione erano molto diverse da quelle oggi in uso. Intanto non si facevano tagli e nemmeno tante ripetizioni;
era quasi una questione d'onore il non dover ripetere tante volte. Per la nostra registrazione ci fu piazzato un solo microfono per
i cinque strumenti; i problemi sorsero quando si dovette regolare la distanza tra ogni strumento ed il microfono: la chitarra,
contrapposta ai quattro archi, non si ascoltava mai sufficientemente bene. Finalmente incominciammo a suonare per l'incisione.
Durante l'"Adagio", per esempio, si erano verificati alcuni inconvenienti. I tecnici volevano fare dei piccoli rifacimenti ma lo stesso
Segovia si era rifiutato. Egli era molto scrupoloso e molto esigente con se stesso; non gli piaceva fare montaggi; non lo riteneva
serio. E così, abbiamo rifatto l'"Andante" da capo. Mentre incidevamo l'ultimo movimento, ci furono due momenti molto difficili.
Eravamo molto stanchi; stavamo lavorando da più di dieci ore. E Segovia, poveretto, aveva le dita gonfie dal tanto suonare. Era
ormai molto tardi, ma finalmente tutto stava procedendo molto bene; eravamo quasi alla fine del pezzo quando sentimmo il
cigolare della porta in fondo alla sala di registrazione: era il pompiere della ronda notturna che, viste le luci, aveva aperto la
porta per controllare cosa stesse succedendo. Quella che era la migliore registrazione che avevamo realizzato nel corso della
giornata, dovette essere buttata via. E così, con santa pazienza, ci rimettemmo al lavoro. Segovia si fece portare un catino con
dell'acqua fresca per dare sollievo alle mani e senza nemmeno riposarci un po', riprendemmo a suonare. Anche questa volta la
nostra esecuzione stava riuscendo molto bene; evidentemente eravamo ben "caricati". Io ero seduto accanto a Segovia. Ad un
certo punto ho visto che un mazzo di chiavi cominciava a sporgere in modo minaccioso dalla tasca sinistra dei suoi pantaloni.
Mentre suonavo ero ossessionato da quelle chiavi e pregavo perché il mazzo si fermasse, perché non cadesse prima della fine del
brano che stavamo incidendo. Ma non si fermava, e pian pianino continuava a scivolare fuori, fuori, fino a terra! E così, anche
questa volta il nostro bel lavoro era andato perso! A questo punto, Segovia, ormai stanco come noi stessi, perse la pazienza,
borbottò qualche grossa parola e ci congedò con un "Basta! Ci vediamo domani!". Finimmo d'incidere l'indomani. E tutto andò
per il meglio! (7)

Fantasia per chitarra e pianoforte op145

2 movimenti( calmo e vivacissimo)

Chiari richiami al simbolismo di Debussy e al folclore spagnolo

Nel primo movimento inizia la chitarra con degli accordi, dilatati oniri e molto impressionistici. Poi un più mosso e scanevole porta ad un
andamento ritmico più mosso.

Il secondo movimento vivacissimo, richiama ad un’opera del suo terzo periodo. È un conversato tra i due strumenti che rapidamente hanno degli
scambi tematici.

Si tratta di un’opera impressionista.

“le chitarre ben temperate” 24 preludi e fughe per 2 chitarre op. 199

1-G minor – Très fluide – Très modéré 5’33

2-D major – Très soutenu et pompeux – Assez vif. Tempo di Giga 5’01
3-A minor – Andante molto mosso – Modéré et tranquille 6’00

4-E major – Andante mosso – Allegretto giocoso. Tempo di Bourrée 5’19

5-B minor – Piuttosto mosso e agitato – Calmo 5’15

6-F sharp major – Rapide et léger – Risoluto. Alla Marcia 4’29

7-C sharp minor – Piuttosto mosso e agitato – Molto moderato e malinconico 5’48

8-A flat major – Andantino dolce e tranquillo – Allegretto grazioso 5’59

9-E flat minor – Mesto, funèbre – Moderato e mesto 6’26

10-B flat major – Allegretto scherzando. Alla Rumba – Allegretto burlesco. Alla Marcia 4’38

11-F minor – Lento, cupo e spettrale – Molto moderato e triste

12-C major – Allegramente. Quasi Fanfara – Lo stesso tempo e lo stesso tema, ma più grazioso e un poco meno mosso 3’52

13-G major – Allegretto. Moderato e grazioso – Grazioso. Tempo di Minuetto 4’58

14-D minor – Grave. Sostenuto e pomposo – Lo stesso tempo, ma in 4: Mosso e deciso 5’29

15-A major – Molto animato – Tempo di Gavotta. Allegretto grazioso 4’21

16-E minor – Agitato e tempestoso – Molto moderato. Cupo e mesto 5’27

17-B major – Badinerie. Molto mosso (aussi vite que possible…) –Tempo di Bourrée.Gaio e ben ritmato 3’51

18-F sharp minor – Mosso e scorrevole (e un poco agitato) – Un poco più lento. Andantino malinconico 5’36

19-C sharp major – Andantino (molto moderato e gentile: quasi Arietta) –Quasi lo stesso tempo (Allegretto, ma in 4) 4’13

20-G sharp minor – Mosso ed energico – Mosso e deciso. Alla Marcia 4’16

21-E flat major – Allegretto. Mosso e scorrevole –Andantino pastorale. Tempo di Siciliana (comme un coucou au printemps…) 4’59

22-B flat minor – Allegretto mefistofelico – Mosso e deciso 4’45

23-F major – Mosso e gaio. Tempo di Fulana – Molto tranquillo. Semplice e idilliaco 4’00

24-C minor – Andante eligiaco (a piacere – quasi improvisando) – Mosso e deciso 5’16

organico: 2 chitarr

intrisa di temi popolari spagnoli ed italiani mario castelnuovo scrive quest’opera nel 1962, pochi anni prima di morire nel 1968… la crea in un tempo
veramente brevissimo: solo 3 mesi… il risultato è eccezionale: la tradizione rappresentata dalle ferree regole della fuga (che in realtà l’autore poi
piega facilmente e spesso al suo volere) si fondono con danze moderne come la rumba (preludio e fuga n°10), la giga ed il minuetto con diversi
accenni alla musica jazz (preludio 20 in sol diesis minore), all’ estrema cantabilità del fraseggio mediterraneo italiano e spagnolo…Non riesco ad
evidenziare dei passaggi migliori, più rappresentativi, in quanto la bellezza di tutta la composizione non viene mai meno: non c’è stanchezza, nè
sterile meccanicità… le 2 chitarre si dividono l’estensione musicale, una affrontando la parte bassa, l’altra la parte alta, dialogando molte volte in
maniera squisitamente intricata, ma mai intellettuale, fine a se stessa…E come avviene nei 24 preludi e fughe di shostakovich, il preludio è spesso
intriso di malinconia ed estrema libertà di vagabondare nei secoli della creazione musicale, mentre il clima cambia profondamente nella fuga,
matematica astrazione che non perde mai il filo, il piacere della spiccata, suadente melodia… il contrasto tra le due forme è estremamente
stimolante, colmo di poesia, fremente di sentimento…Il compositore fiorentino venne spinto a scrivere per la chitarra da un grande virtuoso dello
strumento, lo spagnolo andrés segovia, forse il chitarrista classico più influente del XX secolo… lasciò l’italia nel 1939 quando vennero promulgate
le leggi razziali contro gli ebrei e visse sino alla morte negli stati uniti, scrivendo musica per molti film importanti (a volte senza che il suo nome
apparisse) e insegnando composizione (tra i suoi allievi Elmer Bernstein, Jerry Goldsmith, John Williams, Henry Mancini, André Previn)…

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