Sei sulla pagina 1di 18

Epifania della Parola

nuova serie

1. V. Mannucci, Giovanni il Vangelo narrante.


Introduzione all'arte narrativa del quarto Vangelo
2. La Lettera ai Romani ieri e oggi, a cura di S. Cipriani
3. M. Nobile, Introduzione all'Antico Testamento.
La letteratura veterotestamentaria
4. In spirito e verità. Letture di Giovanni 4,23-24, a cura di P.C. Bori
5. L. Alonso Schokel. Salvezza e liberazione: l'Esodo

Testi ermeneutici
6. P. Rosa, Gli occhi del corpo e gli occhi della mente.
Cirillo Alessandrino.- testi ermeneutici
7. Gregorio di N'issa, Omelie sul Cantico dei cantici,
a cura dì V. Bonato
8. Origene, Testi ermeneutici, a cura di U. Neri
9. Tìconio, Sette regole per la Scrittura, a cura di L. e D. Leoni
10. Flacio Illirico, Comprendere le Scritture, a cura di U. Neri

1. A. Wénin, Non di solo pane... Violenza e alleanza nella Bibbia


2. M. Balmary, Abele o la traversata dell'Eden
3. A. Wénin, L'uomo biblico. Letture nel Primo Testamento
4. M. Balmary, La divina origine. Dio non ha creato l'uomo
5. M. Grilli, Quale rapporto tra i due Testamenti? Riflessione critica
sui modelli ermeneutici classici concernenti l'unità delle Scritture
ò. F. Belli - I. Carbajosa - C. Jódar Estrella - L. Sànchez Navarro,
L'Antico nel Nuovo. Il ricorso alla Scrittura nel Nuovo Testamento
7. R. Meynet, Preghiera f filiazione nel Vangelo di Luca
8. M. Nobile, Introduzione all'Antico Testamento.
La letteratura veterotestamentaria. Nuova edizione riveduta e aumentata

Sotto la direzione di Massimo Grilli e Alfio Filippi

1. J.-D. Causse - É. Cuvillier - A. Wénin, Violenza divina.


Un problema esegetico e antropologico
2. J.-N. Aletti, Il Gesù di Luca
3. J.-F. Boutors, Paolo l'ebreo
4. D. Marguerat - A. Wénin. Sapori del racconto biblico. Una nuova guida
a testi millenari
Daniel Marguerat
André Wénin

Sapori
del racconto
biblico
Una nuova guida
a testi millenari

gJI [fra
mMD)
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
3. Conclusione: il protagonista del racconto

Todorov distingue tra i racconti centrati sulla trama e i racconti cen-


trati sui personaggi, in quanto questi ultimi rivelano una forte compo-
nente psicologica.26 Come nella storiografia ellenistica, nel racconto di
Luca-Atti prevale l'intreccio o trama. I personaggi (secondari) vengono
abbandonati lungo il racconto se la trama spinge più oltre l'interesse
del lettore. Ma quanto abbiamo visto nel corso di questo studio, è l'ar-
te lucana di mettere in scena i personaggi in modo tale che essi cri-
stallizzino un motivo teologico della trama. Si tratta certamente di una
subordinazione dei personaggi alla trama, ma con la particolarità che
tra loro e la trama si svolge un gioco di anticipazione o di conferma.

26 Citato da S. CHATMAN, Story and Discourse, Cornell University Press, Ithaca-London

1978, 113; tr. it. Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Prati-
che, Parma 1981, ried. Il Saggiatore, Milano 2010. Utile riflessione sul rapporto fra per-
sonaggio e trama in 0. LEHTIPUU, «Characterization and Persuasion: The Rich Man and the
Poor Man in Luke 16,19-31», in D. RHOADS - K. SYREENI (edd.), Characterization in the Go-
spel. Reconceiving Narrative Criticism, Sheffield Academic Press, ShefHed 1999, 74-81.
Capitolo settimo

IL GIOCO DELL'IRONIA
DRAMMATICA.
L'ESEMPIO DEI RACCONTI
DI ASTUZIE E INGANNI

André Wénin

Questo capitolo si propone di illustrare le capacità narrative dell'i-


ronia e di approfittarne per abbozzare una tipologia dei racconti che
narrano un inganno, una dissimulazione, una menzogna, e che, nel ra-
contarle, creano una certa ironia drammatica. 1 In questo ambito, non
sarà certamente inutile un breve richiamo all'ironia come tecnica nar-
rativa. L'ironia nasce da una schermaglia tra le posizioni dei perso-
naggi del racconto e del lettore, posizioni determinate dai rispettivi li-
velli di conoscenza di cui dispongono. Generalmente distinguiamo due
tipi di ironia. L'ironia verbale è frutto di un «contrasto fra due sensi
possibili di un'unica dichiarazione, contrasto inerente ai termini della

* Prima pubblicazione sotto il titolo: «Le jeu de l'ironie dramatique dans les récits
de ruses et de tromperies», in A. PASQUIER - D. MARGUERAT - A. WÉNIN (edd.), L'intrigue
dans le récit biblique. Quatrième colloque international du RRENAB, Université Laval,
Québec, 19 mai - 1er juin 2008, Peeters, Leuven 2010, 159-170.

1 Non ogni racconto di tal genere sviluppa necessariamente questo motivo narrati-

vo allo scopo di ottenere degli effetti di ironia. Così, per esempio, nell'episodio detto «del-
la moglie sorella» in Gen 12,10-20; 20 e 26,7-11, il trucco del patriarca non dà spazio
ad alcuna particolare ironia. Inoltre, il motivo non viene sviluppato come tale, nella mi-
sura in cui non si racconta l'inganno propriamente detto.
frase», cioè legata alla formulazione stessa della parola. 2 Così, ad
esempio, dopo che Assalonne ha rovesciato Davide suo padre, l'amico
di quest'ultimo, Cusài, va da lui con lo scopo di fare la spia a favore del
re destituito. Arrivando, saluta Assalonne dicendo: «Viva il re! Viva il
re!» (2Sam 16,16). Ma qual è questo re? Dovrebbe essere Assalonne,
che Cusài sta salutando; in realtà quest'ultimo pensa a Davide, che sta
cercando di aiutare efficacemente (cf. 15,33-37). 3
L'ironia drammatica o di situazione risulta invece da un «contrasto
fra la percezione non corretta di una situazione da parte perlomeno di
uno dei personaggi e la percezione più completa della situazione da
parte del lettore (e, a volte, anche di alcuni dei personaggi)». 4 Nelle pa-
gine che seguono tratteremo questo tipo di ironia.
Un'ultima precisazione: nel senso letterale del termine, l'ironia non
è necessariamente divertente. Non va confusa con l'umorismo, anche
se il suo uso può far sorridere o ridere. Si caratterizza soprattutto per
il suo carattere allusivo o suggestivo, che lascia al lettore il compito di
riconoscerla. In questo si distingue dal sarcasmo o dalla derisione, che
di solito sono più espliciti, più pesanti e quindi anche più aggressivi.5
Detto questo, analizzeremo tre modelli presenti nei libri della Ge-
nesi e di Samuele. Il primo è di gran lunga il più ricorrente e il più at-
teso: il lettore vi si trova in posizione uguale a quella dell'ingannatore
e, con lui, in posizione superiore a quella dell'ingannato che paga lo
scotto dell'ironia. Nel secondo modello, il lettore, che conserva una po-
sizione superiore a quella dell'ingannato, è tuttavia in posizione infe-
riore in rapporto al personaggio che gioca d'astuzia. In un terzo mo-
dello, il narratore garantisce al lettore una posizione superiore o ugua-

2 J.-L. SKA, «I nostri padri ci hanno raccontato». Introduzione all'analisi dei rac-
conti dell'Antico Testamento, HUB, Bologna 2012, 97; ed. ir. «/Vos pères nous ont ra-
conté». Introduction à l'analyse des récits de l'Ancien Testament, Cahiers Évangile 155,
Cerf, Paris 2011, 58. Per una trattazione sintetica dell'ironia nei racconti biblici, cf. que-
sto studio pp. 95-101, o D. MAHWIWIAT - Y. BOUBOUIN, Per leggere i racconti biblici. Inizia-
zione all'analisi narrativa. Boria, Roma 2001, 117-118 e 122.
3 C. CONROY, Absalom Absalom! Narrative and Language in 2Sam 13-20, Biblical In-

stitute Press, Roma 1978, 114.


4 SKA, «I nostri padri ci hanno raccontato», 100.
5 E . M . GOOD, Irony in the Old Testament, Almond Press, Sheffield 1 9 8 1 , 2 7 - 3 0 , che di-

stingue anche la parodia (basata su un effetto di stile) e la satira, un sarcasmo sviluppato.


le a quella dell'ingannatore e inferiore a quella dell'ingannato: in que-
sto caso l'ironia colpisce l'ingannatore più che l'ingannato, come nel
caso dei primi due modelli.

1. Al pari dell'ingannatore,
il lettore è superiore all'ingannato
Visto che l'ironia dipende dalle rispettive posizioni dei personaggi
e del lettore, il caso più frequente dei racconti di dissimulazione e di
astuzia è quello in cui il lettore si trova allo stesso livello di cono-
scenza dell'ingannatore e in posizione superiore a quella dell'ingan-
nato. Da questa posizione il lettore è in grado di seguire l'intero gioco
tra i personaggi, in particolare l'attuazione dell'inganno. L'ironia si
esplica quindi interamente a spese dell'ingannato. Questo tipo di sce-
na può essere molto breve oppure può dar vita a racconti più o meno
sviluppati, come nel caso di Gen 27,1-29 (Giacobbe inganna Isacco per
ottenere la sua benedizione), o Gen 39,11-20 (la moglie di Potifàr in-
ganna tutti sul conto di Giuseppe). Ecco in breve alcuni esempi.
In Gen 27,42-28,2, Rebecca è informata dell'ira vendicatrice di
Esaù nei confronti di Giacobbe. Dopo aver rivelato la cosa a Giacobbe
e avergli consigliato di mettersi al riparo per un certo tempo presso lo
zio Labano, si rivolge a Isacco: il suo modo di esprimersi («Se Giacob-
be prende moglie [...] tra le ragazze della regione, a che mi giova la
vita?») mostra chiaramente al lettore quello che Rebecca vuole: per-
suadere Isacco della necessità di inviare Giacobbe all'estero per pren-
dere moglie. Ma il lettore sa che ella omette di svelare al marito il ve-
ro motivo della sua iniziativa, cioè la paura di perdere i suoi due figli
nello stesso giorno, motivo che ha espresso parlando poco prima con
Giacobbe (27,45b). Quando, in seguito, Isacco convoca Giacobbe per
inviarlo presso Labano, non si rende conto di essere stato manipolato.
Questo fatto non è sfuggito al lettore che così è di nuovo «attirato» nel
campo di Giacobbe e Rebecca.
In Gen 31,33-35, dopo che Labano ha frugato tutte le tende del
campo di Giacobbe per trovarvi i suoi dèi che Rachele ha rubato, en-
tra nella tenda della ladra e la trova seduta sulla sella del cammello in
cui, come il narratore ha rivelato al lettore, ha nascosto il suo bottino.
Rachele usa il pretesto di una indisposizione femminile per non alzar-
si e rischiare di essere smascherata. Ignaro dell'inganno, Labano la-
scia la tenda a mani vuote. Con Rachele, il lettore respira e gode del-
l'ironia che colpisce il padre vendicativo.
In ISam 11,1-11, gli anziani di Iabes di Gàlaad, assediati dagli am-
moniti, domandano a Nacas, il re nemico, di poter beneficiare di una
tregua di sette giorni - il tempo di vedere se qualcuno in Israele verrà
a salvarli. Il narratore racconta allora che i messaggeri, a detta degli an-
ziani inviati in tutto il Paese di Israele, arrivano direttamente nella cit-
tà di Saul che è appena stato proclamato re. Quando i messaggeri tor-
nano a Iabes e annunciano ai loro concittadini assediati che la salvez-
za è vicina, questi informano Nacas che andranno da lui il giorno se-
guente. L'effetto-sorpresa è totale negli ammoniti, quando Saul li attac-
ca di primo mattino. Così diventano ugualmente vittime dell'ironia del
narratore.
In ISam 27,8-12, Davide è diventato vassallo del principe filisteo
Achis che gli ha donato la città di Siklag. Da lì, Davide attacca alcuni
gruppi stranieri del sud del Paese. Quando il suo sovrano filisteo glie-
ne chiede conto, Davide fa intendere di aver condotto le sue razzie con-
tro Giuda e i suoi alleati. Il narratore racconta come Achis cada nella
trappola: egli crede che Davide, per dimostrarsi leale verso di lui, non
abbia esitato a rendersi odioso verso il suo popolo. Per colmo di iro-
nia, in 29,6-11, Achis dirà perfino a Davide quanto lo stimi, mentre
quest'ultimo non esiterà a calcare la dose presentandosi come un an-
gioletto (v. 8).
In questi pochi esempi, il narratore offre al lettore tutti gli elemen-
ti necessari perché possa godersi l'ironia osservando il nucleo del pro-
cesso della dissimulazione o dell'inganno così come è messo in atto
dall'ingannatore. Se necessario, fa uso della sua onniscienza per chia-
rire alcuni elementi suscettibili di far vedere come l'inganno riesca a
spese dell'ingannato, che rimane in posizione inferiore e non si rende
conto di essere stato abbindolato. Quando, in seguito, il narratore rac-
conta come l'ingannato si renda conto, ma troppo tardi, di essere sta-
to tradito, l'effetto dell'ironia si trova raddoppiato nella misura in cui
è evidenziata l'impotenza del personaggio. Così, in ISam 19,11-17,
quando Saul, informato dai suoi emissari, scopre che Mical ha protet-
to la fuga di Davide, deve accontentarsi di rimproverare sua figlia che
si è dimostrata più astuta di lui.
2. Il lettore in posizione inferiore
in rapporto all'imbroglione

Non sempre il lettore domina del tutto la situazione. Si verifica que-


sto caso quando il lettore non dispone di un livello di conoscenza suf-
ficiente per osservare l'insieme del procedimento. Il gioco dell'ironia
diventa qui più sottile. Lo illustreremo con tre esempi.

2.1. L'astuzia dei figli di Giacobbe a Sichem (Gen 34)

In Gen 34,13, nell'episodio di Dina a Sichem, il narratore ricorre


all'onniscienza per avvertire esplicitamente il lettore che si sta prepa-
rando una furberia. Vediamo come. In seguito all'avventura tra il prin-
cipe e Dina, i figli di Giacobbe sono in trattative con il giovane e suo
padre. Affermano che alleanze matrimoniali saranno possibili tra i lo-
ro clan, a patto che le genti di Sichem accettino la circoncisione. Ma -
il narratore ne informa direttamente il lettore - la proposta nasconde
un imbroglio, un tranello (b e mirmah, «con astuzia»). Ciò crea una si-
tuazione particolare per il lettore così informato.
Da un lato, il lettore si trova in posizione superiore in rapporto a
Sichem e a suo padre Camor. Ora, sul momento, questi ultimi consi-
derano interessante la proposta di cui ignorano che procede dalla vo-
lontà degli ingannatori (v. 18). Anzi si affrettano a metterla in atto in
modo da venir incontro alle esigenze dei fratelli nella speranza di ot-
tenere il matrimonio con Dina. Li vediamo allora mentre dispiegano
tutto il loro talento retorico - parlando persino di interessi economici
dei quali i figli di Giacobbe non hanno parlato - al fine di convincere
gli uomini di Sichem ad accettare di essere circoncisi (vv. 19-24). In
questi discorsi, Camor e Sichem usano essi stessi una certa astuzia per
influenzare con belle maniere i loro concittadini; con ciò è rafforzata
l'ironia verso il principe e suo padre.6 Infatti, ascoltandoli parlare, il

6 Su questo punto, cf. le pertinenti osservazioni di G. VON RAD, La Genèse, Labor et


Fides, Genève 1968, 340, che parla di «piccolo capolavoro di diplomazia» e che sottoli-
nea il fatto che Camor e Sichem tacciono accuratamente il vero motivo della loro mos-
sa. Cf. anche D. LUCIANI, Dina (Gen 34). Sexe, mensonges et idéaux. Safran, Bruxelles
2009, 68-71.
lettore si tiene a distanza perché è stato avvisato dal narratore che la
proposta dei fratelli di Dina è un'astuzia. Si dice allora che queste per-
sone fanno probabilmente una cattiva scelta e che Sichem, che occu-
pa una posizione molto influente ma è accecato dal desiderio (v. 19),
sta per trascinare il suo popolo in un'avventura pericolosa. Va notato
che il narratore non è avaro della sua onniscienza per far percepire
tutto questo (vv. 18-19).
D'altra parte, il narratore mantiene il lettore in una posizione sub-
alterna in rapporto ai fratelli, e ciò impedisce di approfittare piena-
mente dell'ironia della situazione. Infatti, fino a questo punto il lettore
continua a ignorare quale tranello si nasconda dietro le parole dei fra-
telli di Dina.7 Sa che la circoncisione richiesta nasconde un tranello,
ma non percepisce ancora in che modo i fratelli sfrutteranno la situa-
zione una volta che gli uomini di Sichem saranno circoncisi; ignora
perfino se abbiano preparato un piano in anticipo. Questa posizione in-
feriore del lettore non può certo essere fonte di ironia. Invece, è utile
per attirare la curiosità, far crescere la suspense prima di creare la sor-
presa quando, tre giorni dopo, Simeone e Levi approfitteranno vergo-
gnosamente della fiducia dei sichemiti convalescenti per passarli tran-
quillamente a fil di spada e riprendersi la sorella (vv. 25-26).

2.2. L'inganno di Ioab e della donna di Tekòa (2Sam 14)

Un caso un po' diverso si trova in 2Sam 14, nell'episodio della don-


na di Tekòa. È meno esplicito, dal momento che il narratore svela so-
lo indirettamente che c'è un inganno e si guarda bene dall'annuncia-
re subito di che cosa si tratta. Soltanto il contesto permette al lettore
di capirlo. .
Assalonne, figlio di Davide, è stato bandito dal padre dopo l'uccisio-
ne del fratello Amnon. Tre anni dopo, le cose sono cambiate, come il
narratore dimostra usando per due volte della sua onniscienza: «Poi il
re cessò di sfogarsi contro Assalonne, perché si era consolato per la
morte di Amnon. Ioab, figlio di Seruià, si accorse che il cuore del re si
rivolgeva ad Assalonne» (13,39-14,1). Il racconto prosegue così: «Allo-

7 Sull'indeterminatezza nella quale il narratore tiene il lettore a proposito della na-

tura dell'inganno, cf. LUCIANI, Dina (Gen 34), 62-68.


ra mandò a prendere a Tekòa una donna saggia, e le disse: "Fingi di es-
sere in lutto, mettiti una veste di lutto, non ti ungere con olio e com-
pòrtati da donna che pianga da molto tempo un morto; poi entra pres-
so il re e parlagli così e così". Ioab le mise in bocca le parole» (14,2-3).
Vedendo che la scelta di Ioab cade su una donna «saggia» (h a ka-
mah) e ascoltando le sue istruzioni perché finga di essere in lutto, il let-
tore capisce che il generale di Davide prepara un inganno a spese del
re. Ma la somma stringatezza che caratterizza la parte finale del suo
discorso non permette di saperne di più. D'altra parte, il fatto che Ioab
prenda questa iniziativa dopo che si è reso conto del cambiamento di
atteggiamento da parte di Davide nei confronti di Assalonne fa pensa-
re che il sèguito sia legato a questa situazione. Ma né il narratore né
Ioab lasciano filtrare qualcosa su questo punto.
Il lettore, quando vede la donna entrare dal re, è chiaramente in
posizione superiore in rapporto a Davide, in quanto conosce i prece-
denti di ciò che sta accadendo. Ma resta altrettanto chiaramente in po-
sizione inferiore in rapporto a Ioab e alla donna, dei quali non cono-
sce né la strategia né le intenzioni. Da questa posizione intermedia
ascolta il discorso della donna a Davide con un orecchio ben diverso
da quello del re. A mano a mano che avanza il racconto della donna
riguardo al figlio che ha ucciso il suo fratello e il cui avvenire è mi-
nacciato dall'atteggiamento del suo ambiente, egli prende coscienza
che si tratta di Assalonne che ha assassinato suo fratello e di ciò che
suo padre farà di lui. E quando la donna assilla Davide affinché pren-
da delle misure protettive verso l'assassino, capisce finalmente dove
Ioab vuole arrivare con il suo stratagemma: impedire che Assalonne
subisca la vendetta e permettergli di tornare dall'esilio.
Del significato criptato del discorso della donna, Davide non si ren-
de conto. Quindi, a mano a mano che il lettore (al corrente del fatto che
si tratta di un'astuzia) comprende ciò che è celato nel discorso della
donna, aumenta l'ironia nei confronti di Davide. E infatti, più si ridu-
ce la posizione di inferiorità del lettore nei confronti di Ioab e della
donna e più la sua posizione diventa superiore in rapporto a Davide.
Capita dunque che la posizione iniziale del lettore lo costringa a dar
prova di intelligenza per comprendere lo stratagemma che sa svolger-
si sotto i suoi occhi; e, nella misura in cui riesce in questo lavoro di de-
cifrazione, egli si assicura una posizione che gli permette di vedere più
chiaramente in ciò che avviene e che Davide non può capire. In que-
sto processo, a poco a poco si fa avanti una suspense: progressiva-
mente il lettore arriva ad attendere con crescente impazienza la con-
clusione della faccenda, cioè il momento in cui Davide vedrà chiaro pu-
re lui. Infatti, mentre nella conversazione la donna conduce a poco a
poco Davide a prendere posizione verso il «figlio assassino del fratel-
lo», il lettore sa che egli si impegna a sua insaputa su un terreno in cui
lo aspetta la realtà della sua stessa famiglia. Che cosa farà quando in-
fine si troverà di fronte a questa realtà?

2.3. L'inganno di Tamar (Gen 38)

In Gen 38, l'episodio di Giuda e Tamar, le cose si presentano in ma-


niera analoga, con il lettore in posizione superiore rispetto all'inganna-
to e inferiore in rapporto a chi inganna. Ma il modello è ancora più raf-
finato che nei racconti visti in precedenza, e questo per due ragioni.
La prima è che qui la storia è quella di un ingannatore ingannato,8
che, concatenandoli, unisce ì primi due modelli. Giuda, quando ri-
manda Tamar dal padre dopo la morte di Onan (v. 11), lascia intende-
re che questo allontanamento è provvisorio: «Fin quando il mio figlio
Sela sarà cresciuto», afferma. Ma il narratore onnisciente cita in se-
guito un monologo interiore che svela la vera intenzione di Giuda: egli
allontana Tamar per timore di veder morire Sela. Il lettore comprende
che Giuda non ha intenzione di dare un giorno suo figlio a questa don-
na, che egli vede come portatrice di sfortuna per i suoi. Condividendo
la conoscenza di Giuda - è avendo quindi la capacità di valutare que-
sto atteggiamento che pregiudica un'innocente - il lettore è in posizio-
ne superiore nei confronti di Tamar che torna dal padre suo (questo
caso di inganno si rifà infatti al primo modello, e notiamo che non dà
luogo a ironia verso Tamar, nella misura in cui nessuna attenzione è
stata finora accordata al suo personaggio). Molto tempo dopo - e quat-
tro versetti più avanti -, la situazione si rovescia. Tamar ha capito il
gioco di Giuda; infatti, anche se Sela è cresciuto, si accorge che non gli
è stata data in matrimonio (v. 14b). Il narratore fa di nuovo uso della

* Per un'analisi sistematica dell'ironia in Gen 38, cf. M. O'CALLAGHAN, «The Structu-
re and Meaning of Genesis 3: Judah and Tamar», in Proceedings of the Irish Biblical As-
sociation 5 ( 1 9 8 1 ) , 7 2 - 8 8 , e J.-L. SKA, «L'ironie de Tamar (Gen 3 8 ) » , in Zeitschrift fiir die
alttestamentliche Wissenschaft 1 0 0 ( 1 9 8 8 ) , 2 6 1 - 2 6 3 .
sua onniscienza per svelare al lettore, questa volta, il punto di vista del-
la donna. In questo modo rovescia le posizioni: con la sua intuizione,
Tamar raggiunge la posizione del lettore e di Giuda, ma all'insaputa di
quest'ultimo. Il lettore si ritrova così a fianco di Tamar, e guadagna una
posizione superiore rispetto a Giuda, un ingannatore che, a sua insa-
puta, sta per essere ingannato a sua volta da un'astuzia di colei che
egli cerca di trarre in inganno.
In realtà, in rapporto a Tamar, le cose sono più complesse. Infatti,
prima ancora che il narratore garantisca al lettore una posizione ugua-
le a quella della nuora di Giuda in ciò che concerne il motivo della sua
iniziativa, gliel'ha mostrata mentre si travestiva e si velava, poi mentre
andava ad aspettare Giuda a lato della strada (w. 13-14a). Assicura co-
sì la posizione superiore del lettore nei confronti di Giuda, ma lo lascia
in posizione inferiore rispetto a Tamar per quanto riguarda la strategia
concreta e lo scopo che essa persegue mascherandosi in quel modo.
Verso i personaggi il lettore si ritrova dunque nella stessa posizio-
ne rilevata in 2Sam 14. Ma qui il modello è anche più raffinato. In-
fatti, le indicazioni del narratore che permettono al lettore di uscire a
poco a poco dalla sua iniziale posizione inferiore in rapporto a Tamar
sono nettamente più sottili e nel racconto giungono più tardi. Duran-
te tutto l'incontro della donna con Giuda, il lettore gode dell'ignoran-
za di costui sottolineata dal narratore (Gen 38,15-18); inoltre, nulla
capisce della strategia di Tamar e delle sue intenzioni, per esempio
quando ella chiede dei pegni a Giuda. Nulla del resto gli rivela che es-
sa abbia delle idee precostituite al riguardo: troppi elementi della si-
tuazione gli sfuggono. Quando il lettore viene a sapere che lei ha con-
cepito dal suo rapporto intimo con Giuda, può immaginare che po-
trebbe aver raggiunto uno dei suoi scopi: avere un figlio dal sangue
del marito defunto (v. 19), ma il narratore non lo conferma. In segui-
to, quando vede che Giuda si rassegna a lasciare alla «prostituta» i pe-
gni per non coprirsi di ridicolo, ma senza la minima coscienza di ciò
che realmente sta facendo - nuovo tratto di ironia a suo discapito -
(vv. 20-23), il lettore si dice che Tamar sarà in grado, in caso di falli-
mento, di fornire le prove dell'identità del genitore di suo figlio, ma
ignora se essa ne farà uso, e, in caso affermativo, in che modo. Solo
quando Giuda ordina di condurla per essere bruciata il lettore com-
prende come Tamar userà delle prove che ha in mano e che quindi
Giuda sta per essere smascherato, mentre è ben lungi dall'immagi-
nare ciò che lo aspetta (vv. 24-25).
Qui, insomma, la posizione superiore del lettore in rapporto alla
parte ingannata si rafforza solo lentamente, anche se si verifica in più
riprese. Il lettore è lasciato per così dire in aspettativa. Quanto alla sua
posizione inferiore in rapporto al personaggio che inganna, essa evol-
ve, diversamente da ciò che accade nell'episodio di Dina nel quale nul-
la filtra prima dello scioglimento. Ma questa evoluzione è molto lenta,
cosa che contribuisce a tenere intatto il mistero, ad accrescere l'impa-
zienza del lettore e quindi a rafforzare l'effetto sorpresa dell'azione de-
cisiva, costituita dall'iniziativa intempestiva del personaggio inganna-
to a sua insaputa. Questo modello sarà riprodotto su vasta scala nel
lungo racconto dei capitoli da 42 a 45 della Genesi, nei quali il lettore
si trova in posizione superiore in rapporto ai fratelli di Giuseppe e al
loro padre Giacobbe (lui stesso in posizione inferiore in rapporto ai fi-
gli), ma in posizione inferiore riguardo a Giuseppe. Anche qui il ribal-
tamento è dovuto all'iniziativa di uno dei personaggi vittima (di nuo-
vo) della strategia di dissimulazione, e cioè di Giuda (44.18-34). 9

3. Il lettore in posizione inferiore


in rapporto all'ingannato

In tutti gli esempi precedenti, il narratore assicura al lettore una po-


sizione superiore rispetto alla persona ingannata, ottenendo effetti di
ironia a spese di quest'ultimo. Alcuni racconti, più rari, rovesciano
questa situazione: il narratore pone il lettore in posizione uguale o su-
periore in rapporto all'ingannatore, ma in posizione inferiore in rap-
porto all'ingannato. Due esempi mostreranno le possibilità che questa
opzione rappresenta nel tipo di racconto di cui stiamo trattando.

9 A tal proposito cf. A. WÉNIN, «L'aventure de Juda en Genèse 38 et l'histoire de Jo-

seph», in Revue Biblique 111(2004), 5-27 (soprattutto pp. 19-21), e ID., Giuseppe o l'in-
venzione della fratellanza. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. IV. Gen
37-50, EDB, Bologna 2007, passim.
3.1. Saul cerca di attirare Davide in una trappola
(ISam 18,14-29)

La scena del matrimonio di Davide offre un primo esempio di que-


sto modello poco frequente. In questo racconto, Saul tenta di attirare
Davide in un tranello: gli promette successivamente la mano delle sue
due figlie Merab e Mical, mettendo come condizione il successo in ope-
razioni militari rischiose contro i filistei, nelle quali il re conta che il gio-
vane perderà la vita. Il racconto comincia così: «Davide riusciva in tut-
te le sue rischiose, poiché il Signore era con lui. Saul, vedendo che ri-
usciva proprio sempre, aveva timore di lui» (w. 14-15). Questo avvio
pone immediatamente il lettore in posizione superiore rispetto a Saul.
Il narratore onnisciente lo informa infatti non solo dei successi di Davi-
de, ma anche della presenza del Signore con lui, al suo fianco. Saul, che
constata questi successi, non percepisce da chi siano favoriti e comin-
cia a temere. In seguito, per tutta la durata della scena, il narratore ap-
profitta della sua onniscienza per svelare i maneggi segreti di Saul, del
quale fa vedere chiaramente la doppiezza del linguaggio dietro alla qua-
le egli nasconde la volontà di eliminare Davide. Pur allettando quest'ul-
timo con la prospettiva di sposare sua figlia, spera che ciò gli sia fata-
le; si sbarazzerà così del suo giovane rivale senza aver dovuto fare al-
cuna cosa contro di lui (w. 17.21 e 25). Comportandosi in questo mo-
do, il narratore rende Saul trasparente per il lettore, non nasconden-
dogli nulla del tranello che prepara per Davide (posizione uguale).10 Ma,
a differenza di Saul, il lettore sa già che è fatica sprecata, dal momen-
to che il Signore assiste Davide. Saul acquisirà coscienza su questo pun-
to quando, per due volte, Davide sarà sfuggito all'insidia dei filistei:
«Saul si accorse che il Signore era con Davide e che Mical, sua figlia, lo
amava» (v. 28). Nel corso dell'intero episodio, l'ironia del narratore si
esercita dunque a detrimento del re.
Dal lato dell'«ingannato» potenziale, però, la situazione si presen-
ta diversamente. Mentre, nei racconti esaminati precedentemente, i
personaggi che si vuole ingannare ne sanno meno del lettore (e del-

10 Sulle tecniche narrative che permettono di rendere Saul trasparente per il letto-

re, cf. A. WÉNIN, «Marques linguistiques du point de vue dans le récit biblique. L'exem-
ple du mariage de David (1S 18,17-19)», in Ephemerides Theologicae Lovanienses
83(2007), 319-337.
r«ingannatore», evidentemente), David resta straordinariamente in
ombra. Davanti alle proposte insidiose di Saul, risponde con domande
o, con molta diplomazia, evita di confidarsi: «Chi sono io, che cos'è la
mia vita, e che cos'è la famiglia di mio padre in Israele, perché io pos-
sa diventare genero del re?» (v. 18); e ai servitori: «Vi pare piccola co-
sa diventare genero del re? Io sono povero e di umile condizione» (v.
23b). Fiuta forse la trappola di Saul che ha già tentato due volte di uc-
ciderlo (18,11)? Vuole nascondere il suo desiderio o le sue ambizioni?
Anche se l'espressione «diventare genero di» lascia intravedere il pun-
to di vista del giovane eroe, forse anche la sua speranza inespressa, le
sue risposte lasciano il lettore - e verosimilmente anche Saul - in una
posizione inferiore. Solo poco prima della conclusione finale il narra-
tore rivela al lettore il sentimento di Davide in rapporto alla proposta
di Saul che «a Davide sembrò giusta» (v.'26a), cosa che lo decide a met-
tersi all'opera per ottemperare alla condizione fissata dal re che vede
fallire il suo trucco quando Davide gli porta i prepuzi di duecento fili-
stei (w. 26b-27). Così, in questa scena, se l'ironia scorna seriamente
l'immagine del re, non intacca affatto la personalità di Davide.

3.2. Davide cerca di ingannare Uria (2Sam 11,7-13)

Un altro episodio dello stesso tipo vede questa volta Davide essere
oggetto di un'analoga ironia dalla parte del narratore. Questa è tutta-
via più fine che nel racconto appena letto, nella misura in cui il narra-
tore lavora molto di più per allusione, lasciando al lettore la cura di in-
dovinare ciò che è scritto tra le righe. Si tratta della breve scena che
narra diversi incontri tra Davide e Uria l'Ittita in 2Sam 11,7-13.
Dopo aver saputo che Betsabea è incinta in seguito al suo adulterio
con lei, Davide manda a chiamare Uria al fronte. Da quando questi ar-
riva, il narratore fa capire al lettore che il re non si comporterà leal-
mente. «Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come an-
dasse la guerra» (v. 7b). 11 narratore comincia dunque riassumendo ra-
pidamente un interrogatorio che Davide ha probabilmente voluto esau-
stivo, come fa pensare la triplice ripetizione del termine lishlòm («no-
tizie»). Riporta in seguito in extenso e con l'uso del discorso diretto le
ultime parole del re che, per il lettore che conosce gli avvenimenti pas-
sati ed è al corrente della gravidanza di Betsabea, mostrano chiara-
mente dove Davide vuole arrivare. «Poi Davide disse a Uria: "Scendi a
casa tua e lavati i piedi"» (v. 8a). Con ogni evidenza, il trucco di Davi-
de mira ad addossare a Uria la paternità del figlio dell'adulterio per
mascherare quest'ultimo.11 In questo contesto, l'offerta di cibo desti-
nata a Uria (v. 8b) ha come probabile scopo di ben disporlo quando ri-
entrerà da sua moglie. Ma quando il lettore vede in seguito che Uria
rimane col corpo di guardia del palazzo e va a dormire con i servi del
re, capisce che il trucco di Davide è fallito. Del resto, il narratore vi in-
siste quando conclude riprendendo (ironicamente) le parole dell'ordi-
ne reale: «Non scese a casa sua» (v. 9). Dopo la spiegazione dell'Ittita
alla domanda stupefatta di Davide che gli chiede perché non è andato
a casa sua, il narratore riprende la scena con altri elementi di su-
spense. Anche se Davide lo ha ubriacato durante un pasto ben innaf-
fiato, Uria esce nuovamente «la sera per andarsene a dormire sul suo
giaciglio [...] con i servi del suo signore». E il narratore torna a sotto-
lineare lo scacco della strategia di dissimulazione del re ripetendo: «Ma
non scese a casa sua» (v. 13).
Diversamente da quanto accade nel racconto precedente, il narra-
tore non usa mai la sua onniscienza per svelare chiaramente il trucco
di Davide. Preferisce limitarsi a una narrazione apparentemente og-
gettiva della scena, lasciando al lettore il compito di comprendere da
sé quanto accade tra i personaggi. Ma focalizzando l'attenzione, dall'i-
nizio e per tutta la scena, sui soli tentativi di Davide di condurre il ma-
rito tradito a rientrare a casa sua, fa in modo che il lettore, al corren-
te del problema al quale il re cerca di dare una soluzione, possa capi-
re chiaramente la strategia di Davide. Ma in questo modo non è solo
una posizione uguale che il narratore dà al lettore nei confronti di Da-
vide. Infatti, se questi cerca di nascondere il suo gioco, lo smaschera-
tore - a sua insaputa, potremmo dire - si trova in vantaggio su di lui.
Così il narratore offre astutamente al lettore una posizione superiore
nei confronti del re e gli concede di gustare l'ironia che lo colpisce
quando vede i suoi ripetuti sforzi scontrarsi con la resistenza tanto fer-
ma quanto inattesa dell'ufficiale ittita.12

11 È l'ipotesi bene argomentata di M. STEHNBEHC, The Poetics of Biblical Narrative.


Ideological Literature and the Drama of Reading, Indiana University Press, Blooming-
tun 1985, 200.
12 In questo senso. STERNBERG, The Pontics of Biblical Narrative. Ideological Litera-
ture and the Drama of Reading, 200-201, che precisa come queste inferenze riguardanti
lo scopo degli intrighi del re siano necessari per la coerenza del racconto.
Invece, per quanto riguarda Uria, il narratore procede in tutt'altro
modo. Non rivela né ciò che pensa, né i motivi per cui resiste agli in-
viti così benevoli e allettanti del re. La replica relativamente lunga che
fa sentire al v. 11 può infatti essere compresa in due modi. Ecco cosa
dice: «L'arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore
e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna, e io do-
vrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per giacere con mia mo-
glie? Per la tua vita, per la vita della tua persona, non farò mai cosa si-
mile». Da un lato, la fermezza di propositi e l'argomentazione avan-
zata danno di Uria l'immagine di un militare integro che si attiene a
quello che riconosce come suo dovere, anche quando un re compren-
sivo si mostra incline a permettergli una piccola deviazione. Dall'altro
lato, il modo in cui esplicita senza giri di parole la proposta del re di
«scendere a casa sua» seguita da un regalo di vivande, in termini di
«entrare, mangiare, bere e giacere con mia moglie» fa sospettare che
abbia ben compreso dove il re vuole arrivare, ma che non intenda far-
gli questo piacere. Dopo tutto, come dimostra M. Sternberg, non è im-
possibile che sospetti qualcosa di quanto è accaduto tra il re e sua mo-
glie.13 Allo stesso modo, dicendo che il «suo signore» è Ioab piuttosto
che Davide, potrebbe lasciar intravedere il suo disprezzo nei confron-
ti di un re che si lascia andare a certe manovre. Tra queste due possi-
bilità, né Davide né il lettore hanno modo di scegliere. Quest'ultimo ri-
mane dunque in posizione inferiore in rapporto all'Ittita, pur godendo
dell'ironia sull'impotenza di Davide che la resistenza del soldato con-
tribuisce a creare.
Possiamo notare che, in questi ultimi due esempi, il narratore rac-
conta un'astuzia che fallisce. Con beneficio di inventario, è forse pre-
cisamente questo che conduce il narratore a garantire al lettore una
posizione superiore nei confronti dell'ingannatore, del quale è impor-
tante mettere a nudo le intenzioni per poter rendersi conto del loro fal-
limento. Infatti, non si vede bene come un ingannatore il cui trucco ri-
esce potrebbe essere oggetto di ironia nel racconto stesso che narra il

13 STKHNBHBG, The Poetics of Biblical Narrative. Ideological Literature and the Dra-
ma of Reading, 201-203 si basa principalmente sul fatto che la venuta di Betsabèa e l'an-
nuncio dolla sua gravidanza hanno avuto dei testimoni, fossero pure soltanto i messag-
geri che, per almeno due volte, hanno fatto da tramite fra gli amanti di una sera (11,4-
5). Per l'analisi della dichiarazione di Uria. cf. pp. 203-207.
suo successo - per quanto effimero possa essere. Invece, se qualcuno
cerca di ingannare e non ci riesce, non presta facilmente il fianco al-
l'ironia?

4. Conclusione

Questo capitolo non è esaustivo. Tenta solamente di mettere in lu-


ce alcune potenzialità narrative del gioco sui livelli di conoscenza e sul-
le rispettive posizioni dei personaggi e del lettore, potenzialità corren-
temente sfruttate nei racconti di astuzie e inganni. Questi giochi con-
tribuiscono potentemente a creare effetti di ironia, ma anche di su-
spense e di sorpresa; non sono senza importanza nemmeno per la ca-
ratterizzazione dei personaggi coinvolti e a volte servono a orientare il
giudizio del lettore in rapporto alle loro azioni.

Potrebbero piacerti anche