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1
P. Anello, Le popolazioni epicorie di Sicilia nella tradizione letteraria in S. Tusa (a cura
di),Preistoria. Dalla coste della Sicilia alle Isole Flegree. Saggi. Istituto Suor Orsola Benincasa
Napoli, 5 maggio – 3 giugno 2001, pp. 539 – 559.
2
V. Tusa, Gli Elimi in S. Tusa (a cura di),Preistoria. Dalla coste della Sicilia alle Isole Flegree.
Saggi. Istituto Suor Orsola Benincasa Napoli, 5 maggio – 3 giugno 2001, pp. 521 – 527
di una troiana (Timeo? Licofrone, IV – III sec. a. C.), e più tardi al principe
Elimo, figlio naturale di Anchise e fratello di Enea (Servio, IV sec. d.C.).
Le tracce materiali indicano, tuttavia, una frequentazione del sito a partire
dall’Eneolitico e una fase di urbanizzazione in età tardo – arcaica: evidente è il
silenzio delle fonti fino al V sec. a.C.; probabilmente, in quest’epoca, Entella
era percepita all’interno dell’ambiente di provenienza achea che consentiva di
collocarla nel “panorama elimo” dominato da Segesta e dal santuario di Erice.
Definire il “carattere elimo” di Entella resta, dunque, un problema aperto: la
posizione strategica e ben difesa, il controllo sulla fitta rete di vie naturali, il
territorio destinato ad attività agricole e pastorali, i costumi funerari, le
abitudini alimentari esprimono una realtà arcaica non necessariamente locale,
né specificatamente elima e fortemente influenzata dalla cultura di stampo
ellenico che caratterizzava le città di Selinunte, Himera e Gela.
Entella assume però un ruolo particolare all’interno di quella koinè artigianale
determinato dalla produzione di ceramica – incisa, impressa e dipinta – che si
diffonde nella Sicilia centro – occidentale dalla preistoria all’età arcaico –
classica; l’esistenza di un’area artigianale extra – urbana suggerita dal
rinvenimento di due forni da vasaio arcaici fa della città un centro rilevante
della produzione ceramica.
L’Entella “elima” compare per la prima volta nella tradizione letteraria, in
occasione di una tragedia che sconvolge la sua popolazione: mercenari italici
(Campani), assoldati prima dai Cartaginesi (410 a.C.) e poi dai Siracusani, una
volta congedati dopo il trattato del 405 a.C., si insediano in varie città
dell’isola.
Un gruppo di loro, giunto a Entella nel 404 a.C., elimina l’intero corpo civico
attraverso lo sterminio della popolazione maschile e matrimoni misti e prende
possesso della città, situazione che non coinvolge, tuttavia i nuclei di entellini
sparsi nel territorio (Diodoro Siculo).
I Campani di Entella, pur nella loro autonomia rivelata dalle serie monetali,
mostreranno a lungo sempre una tendenza filopunica (φιλία) come ci rivela lo
storico Eforo, che li indica come esempio di fedeltà e amicizia in funzione anti-
siracusana.
L’adesione all’alleanza cartaginese, tuttavia, non dura a lungo, già nel 365 a.C.
la città sostiene il tiranno siracusano Dionisio I e negli anni successivi, muterà
più volte alleanze. La città sarà distrutta, ad opera dei Cartaginesi, nel 262
a.C., periodo al quale si attribuiscono i noti “Decreti di Entella” 3. Si tratta di
documenti in lingua greca incisi su tavole di bronzo, nei quali si fa riferimento
alle richieste di aiuto da parte del corpo civico entellino alle comunità vicine per
la ricostruzione della città e che testimoniano la forte influenza greca su
Entella.
Passata ai Romani dopo il primo conflitto punico, la città gode di un periodo di
prosperità e viene citata da Cicerone nelle Verrine e rimane ancora tributaria
di Roma nel I sec. d.C. come testimoniato dalle opere di Silio Italico e Plinio il
Vecchio.
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G. Nenci, S. Tusa e V. tusa (a cura di), Gli Elimi e l’area elima, Palermo, 1988 - 1989
Dal II sec. d.C. la città cade in rovina e viene abbandonata fino al
ripopolamento ad opera di arabi provenienti dalla Tunisia, nel IX sec. d.C., tale
popolazione ne fece successivamente una delle roccaforti principali (Ruccat –
Antalla). La città divenne capitale dell’emirato di Ibn – Abbad, durante le
rivolte anti – federiciane del 1246 che culminarono con la distruzione di Entella
da parte delle truppe imperiali.
La cinta muraria (fig. 2) di Entella misurava 2800 m ca. e proteggeva il
versante N della città, accessibile dal fondovalle e dal ramo sinistro del fiume
Belice (antico Krimisos), sui lati S, E ed W, le pareti rocciose offrivano una
difesa naturale, talvolta integrata da interventi umani.
Le indagini condotte sul versante NO hanno rivelato un muro di fortificazione
con un bastione circolare databile all’età tardo – arcaica e riutilizzato in età
medievale a scopo abitativo e funerario. La porta delle mura arcaiche fu,
invece riutilizzata a partire dall’età ellenistica (con più ristrutturazioni, tra cui
l’inserimento di una porta interna) fino all’età medievale, epoca a cui si data
l’inserimento di una torre.
Nella parte centrale della città (fig. 3) , lungo il versante orientale del vallone
Est, furono costruiti ed utilizzati tra gli inizi del V e la metà del III sec. a.C.
degli edifici che costituivano un fronte monumentale proiettato verso uno degli
accessi alla città.
Sono individuabili due fasi edilizie in quest’area pubblica della città: la prima
(inizi del V sec. a.C.) vide la realizzazione di un edificio di culto con pianta ad
“oikos” ed altare interno, contenuto da un grande muro a blocchi
parallelepipedi.
La seconda fase è rappresentata dalla costruzione di un granaio, costruito alla
fine del IV sec. a.C. e distrutto da un incendio che ne interrupe l’uso dopo circa
un cinquantennio.
Il granaio ha restituito anche un deposito di fondazione, a scopo votivo, che ha
restituito una serie di statuette raffiguranti portatrici di porcellino e di fiaccola.
Le necropoli (fig. 4), denominate A, B e C si sviluppano sui versanti S, N ed W
della Rocca, fuori dalle mura e lungo le vie d’accesso alla città.
La necropoli A — l‛unica finora ben indagata — fu destinata ad uso funerario fin
da età arcaica, come dimostra una tomba a pozzetto ellittico senza corredo e
una a grotticella (VII sec. a.C.) da cui proviene un‛anfora indigena con
decorazione impressa.
Della necropoli B si conoscono solo resti di tombe saccheggiate ed un cippo
tardo-arcaico con parte di un‛iscrizione greca in caratteri selinuntini. Al margine
S dell‛area si trova una tomba a grotticella di epoca protostorica.
La necropoli C, così come la A, fu forse utilizzata da età arcaica ad età tardo-
ellenistica (VI-I sec. a. C.) e, certamente, nel Medioevo.
Chiara testimonianza della presenza di Campani ad Entella è rappresentata da
due tombe contigue, una maschile ed una femminile databili al IV sec. a.C.
Il corredo personale includeva, infatti, oggetti di origine italica: un cinturone di
bronzo e tre fibule di ferro, di cui una, con apofisi di corallo.
Bibliografia:
G. Nenci, S. Tusa e V. tusa (a cura di), Gli Elimi e l’area elima, Palermo, 1988 -
1989
V. Tusa, Gli Elimi in S. Tusa (a cura di),Preistoria. Dalla coste della Sicilia alle
Isole Flegree. Saggi. Istituto Suor Orsola Benincasa Napoli, 5 maggio – 3
giugno 2001, pp. 521 – 527
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