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Il soggetto fu ispirato da un tragico episodio di cronaca dell’epoca. Nel 1816, la nave Medusa
naufragò al largo delle coste africane. Le scialuppe, che avevano a bordo gli ufficiali,
cercarono di rimorchiare per un tratto 151 superstiti, ammassati su una zattera di fortuna, ma
quando le corde si ruppero (o furono tagliate), la zattera andò alla deriva. I naufraghi,
terrorizzati e affamati, giunsero a nutrirsi dei corpi dei compagni morti di stenti. Undici giorni
dopo, la nave di soccorso Argo passò in prossimità della zattera ma senza scorgerla; al
tredicesimo giorno, invece, la incrociò, raccogliendo solo quindici superstiti. Géricault, che
voleva esprimere con sufficiente immediatezza tutta l’angoscia e l’orrore che avevano
accompagnato i naufraghi, cercò di raccogliere ogni informazione possibile sulla vicenda e
riuscì anche a parlare con tre dei sopravvissuti. Scelse, così, di rappresentare il mancato
salvataggio dell’undicesimo giorno.
Pianta della zattera della Medusa.
Théodore Géricault,
Studio di un uomo affogato, 1819. Olio su tela, 46 x 38 cm. St.Louis (Missouri), Forest Park,
Saint Louis Art Museum.
I personaggi
La composizione, segnata dalla drammaticità delle figure, sviluppa un progressivo “moto
emotivo” ascensionale, che va dallo sconforto alla speranza, ben esemplificato dall’onda
umana, creata dai naufraghi, che si erge verso destra. Un uomo anziano, seduto sconsolato
fra i morti, regge sulle ginocchia le spoglie di un ragazzino nudo.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare con il vecchio e il
cadavere del ragazzino, a sinistra.
Un cadavere, nella parte inferiore del dipinto, sta per essere trasportato via dalla corrente.
Accanto al vecchio, un giovane volge debolmente la testa verso la parte anteriore della
zattera. Un gruppo di naufraghi è ridestato dalle grida dei compagni che, all’ombra della vela,
indicano la nave Argo all’orizzonte. I più attivi, fra i quali un marinaio di colore, agitano le
proprie camicie per attirare l’attenzione dei soccorritori.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare con il marinaio di colore.
Nel dipinto si contrappongono spinte contrastanti: una, quella dei naufraghi che si agitano
per fare segnalazioni, ha la direzione parallela alla diagonale ascendente del quadro ed è
rivolta decisamente verso il largo; le altre spinte hanno direzione parallela alla diagonale
discendente: la prima, evidenziata dal vento che gonfia la vela, spinge la zattera verso sinistra,
la seconda, indicata dalle onde del mare, verso destra, in basso.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare.
Leggi anche: Il bacio di Hayez: amore e libertà
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare.
La zattera viene insomma sballottata da una parte e dall’altra, in balia di forze opposte che
comunque non la fanno avvicinare alla meta. Infatti, se la nave Argo è quasi un miraggio, una
macchia appena visibile all’orizzonte, la zattera è vicinissima allo spettatore, al punto che il
lato inferiore della tela taglia uno degli angoli del relitto e la parte superiore di un
cadavere.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare con il cadavere, a destra.
Una straordinaria, quanto inconsapevole, anticipazione del cosiddetto taglio fotografico, che
tanta fortuna avrebbe avuto a partire dalla stagione impressionista. Con tali accorgimenti,
l’artista intendeva ridurre il più possibile la distanza psicologica tra osservatore e dipinto e
trasformare la fredda contemplazione da parte del pubblico in partecipazione sofferta.
La valenza psicologica del colore
Il dipinto presenta colori molto chiari, utilizzati per rendere il pallore dei corpi dei naufraghi,
che contrastano con i colori fangosi e scuri, tendenti al grigio e al marrone, adottati per i
vestiti di alcuni marinai e per il cielo. Qui, l’autore usò molto il bitume, una sostanza
catramosa che, nel tempo, è diventata una melassa nera nascondendo, in modo irreversibile,
alcuni dettagli dell’opera. Il mare ha un colore verde intenso, invece del tradizionale blu
scuro.
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare.
Queste tonalità tetre e fortemente espressive creano un clima, anche psicologico, oscuro e
hanno il compito di spingere l’osservatore a condividere l’angoscia e la sofferenza dei
protagonisti. Anche l’illuminazione è cupa e richiama le atmosfere pittoriche di Caravaggio.
Solo la nave Argo, che trarrà in salvo i superstiti, è illuminata da una luce più chiara che
comunica un senso di speranza.
Théod
ore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare con la nave Argo all’orizzonte.
Eroi o antieroi?
La zattera della medusa non ebbe il successo sperato, con grandissimo rammarico
dell’autore che ne fece quasi una malattia. Fu considerata un attacco all’incuria del potere
regale restaurato e un’allegoria della sventura della Francia; si criticò l’eccessiva importanza
concessa a un marinaio di colore; in generale, infastidì che un semplice, per quanto
drammatico, episodio di cronaca fosse stato illustrato in una tela di grandi dimensioni, al pari
di un importante evento della storia. Chi erano, in fondo, quei marinai? Quali meriti potevano
vantare, se non quello di essere sopravvissuti a una sciagura? Di questo, alla fine, Géricault
era accusato: di aver reso protagonisti uomini qualunque, anonimi cittadini, semplici
lavoratori.
Uno sparuto gruppo di antieroi, privi di medaglie e di gloria, divenuti eroi loro malgrado, per
il solo fatto di aver resistito ai micidiali ingranaggi del destino, per il semplice motivo di
avercela fatta. La realtà irrompeva nell’arte. E poco contava che l’artista avesse cercato di
nobilitarla, dipingendo ogni singola figura con estrema precisione, descrivendola in modo
esatto: le pose assunte dai marinai sono infatti quelle degli studi accademici, i loro fisici sono
possenti, perfetti, privi di ferite.
Non sfugge, per esempio, che uno dei marinai, visto di spalle richiama la parte posteriore di
un celebre capolavoro greco di età ellenistica, il Galata morente, che anche David,
contemporaneo e “antagonista neoclassico” di Géricault, aveva preso a modello quarant’anni
prima.
Théodore Géricault,
La zattera della Medusa, 1818-19. Particolare con un marinaio visto di spalle.
Leggi anche: Il Viandante sul mare di nebbia di Friedrich
Gala
ta morente, copia antica da un originale del 225- 200 a.C. Marmo, lunghezza 1,8 m. Roma,
Musei Capitolini. Veduta posteriore.
Leggi anche: La fucilazione: da Goya a Guttuso e Sassu
Jacques-Louis David, Patroclo, 1780. Olio su tela, 1,22 x 1,70 m. Cherbourg-Octeville,
Musée des beaux-arts Thomas Henry.
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