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IL LABIRINTO CANNIBALE
VIAGGIO NEL
MANOSCRITTO TROVATO A SARAGOZZA
DI JEAN POTOCKI
Milano
2007
© 2007 Isabella Mattazzi
isabella.mattazzi@unibg.it
ISBN 978-88-7695-358-3
Ristampe:
7 6 5 4 3 2 1 0
2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007
I LABIRINTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
II CIBI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
III SERRATURE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
IV SPECCHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
V LIQUIDI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
Anche non volendo entrare nel merito di un lavoro di carattere strettamen-
te filologico, ogni lettura critica del Manuscrit trouvé à Saragosse deve
necessariamente fare i conti con l’incertezza strutturale della genesi delle
sue pagine.
I curatori delle edizioni storiche del romanzo di Potocki, Roger Caillois
(Paris, Gallimard, 1958) e René Radrizzani (Paris, José Corti, 1989), si
sono dovuti confrontare con una dispersione capillare di documenti, con
testi mozzi, varie riscritture, traduzioni di traduzioni.
Gli stessi François Rosset e Dominique Triaire, curatori dell’edizione più
recente del Manuscrit (Louvain-Paris, Peeters, 2006) hanno optato (con un
significativo avanzamento delle ipotesi sulla nascita e la storia del testo) per
la scelta di una doppia pubblicazione, facendo uscire due “Manoscritti”:
una prima versione del 1804, lasciata incompiuta dall’autore alla 45° gior-
nata, e una versione del 1810, questa volta completa (61 giornate) e, per
molti aspetti, significativamente diversa dalla precedente.
Quale è allora il vero testo di Potocki? Quello del 1804? Quello del 1810?
Un primo abbozzo scritto nel 1794, o ancora quello del traduttore ottocen-
tesco Edmund Chojecki ripreso in parte da René Radrizzani, o quello tron-
co di Roger Caillois?
Di fatto scegliere una copia al posto di un’altra vorrebbe dire scartare deci-
samente una serie di elementi che hanno costituito e costituiscono tuttora il
fascino della scrittura di Potocki e del suo mondo di meraviglie. Il
Manoscritto, libro senza corpo, opera senza un luogo preciso che ne con-
tenga e protegga sistematicamente il senso, più che ad un nucleo compatto
fondato su un’equivalenza immediata tra testo e significato, sembra somi-
gliare piuttosto ad una costellazione, ad una nebulosa di temi e figure del-
l’immaginario, dispersi certo, divergenti anche, eppure incontestabilmente
affini e riconoscibili all’interno dell’universo letterario di fine Settecento.
Sebbene quindi l’edizione del Manuscrit trouvé à Saragosse a cui si fa qui
principalmente riferimento è la versione del 1810 (61 giornate) curata da
François Rosset e Dominique Triaire, sono stati presi in esame durante la
stesura del presente lavoro sia il secondo volume della stessa edizione (Ma-
nuscrit trouvé à Saragosse-1804), che il Manoscritto (64 giornate) curato
da René Radrizzani, opera sulla quale di fatto sono andati costituendosi gli
studi specialistici degli ultimi vent’anni.
Per quanto riguarda la grafia di nomi e luoghi, si è scelto pertanto di uni-
formarsi alla edizione 1810, rimandando alla consultazione in nota per
eventuali discrepanze con le stesure precedenti del testo.
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IL LABIRINTO CANNIBALE
VIAGGIO NEL
MANOSCRITTO TROVATO A SARAGOZZA
DI JEAN POTOCKI
CAPITOLO I
LABIRINTI
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IL LABIRINTO CANNIBALE
2
L’astensione da ogni tipo di attività commerciale riguarda princi-
palmente la vita all’interno dell’universo a-sociale della Sierra Morena.
Nelle singole storie raccontate dai personaggi (narrazioni di secondo grado),
il tema del denaro è invece presente a segnalare il sostanziale stacco tra lo
scenario senza legge della cornice narrativa e una “realtà esterna” ancora or-
dinata secondo i precisi parametri del vivere civile.
3
Per quanto riguarda la redazione del Manoscritto del 1804, in un
unico caso Alphonse mostra di avere del denaro con sé durante il viaggio
nella Sierra. All’arrivo dell’Ebreo Errante dentro la capanna dell’eremita
(IXème journée), il giovane soldato getta nel cappello dello sconosciuto
una “pièce d’or” a conferma, più che della propria generosità, dell‘estremo
potere di fascinazione del misterioso personaggio. Anche in quest’unica ac-
cezione, il denaro sembra però essere stato del tutto spogliato di qualsiasi
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LABIRINTI
schi (uno per tutti Alvare, il giovane ufficiale innamorato del ro-
manzo di Cazotte, alle prese con un sistema di crediti e debiti
estremamente dettagliato4), Alphonse vive una situazione quasi
infantilizzante. Grazie alle leggi non scritte dell’ospitalità no-
made, alla carità cristiana dell’eremita o alla gentilezza sedut-
tiva di Emina e Zibeddé, cibo e vino gli vengono offerti come
puri doni spontanei. Altrimenti, in mancanza di un ospite, è il
caso a prendersi cura delle necessità primarie del giovane sol-
dato sotto le forme di un paniere di fichi e di arance abbando-
nato sulla strada, o di un letto trovato intatto in una locanda
senza avventori5. Persino il suo cavallo viene nutrito e strigliato
durante la notte senza che nessuno sembri apparentemente in-
teressato a richiedere un qualche compenso per il proprio di-
sturbo:
Il me fallut faire à pied toute la vallée de Los Hermanos
et celle de la venta, ce qui ne laissa pas de me fatiguer
carattere economico per farsi gesto, non monetizzabile, di pura dépense (un
atto perfettamente equiparabile, in questo, al dono delle castagne che poco
più avanti l’eremita farà all’ebreo). “L’inconnu se mit à genoux devant moi
et ôta son chapeau. Alors je vis qu’il avait un bandeau sur le front. Il me pré-
senta son chapeau de l’air dont on demande l’aumône. J’y jetai une pièce
d’or (…) après m’avoir donné cet avis, l’inconnu se mit à genoux devant
l’ermite qui remplit son chapeau de châtaignes” (J. Potocki, Œuvres IV, 2
Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], Louvain-Paris, Peeters, 2007, p.88).
4
Cfr. J. Cazotte, Le diable amoureux (1772).
5
“Lorsque nous fûmes arrivés à Los Alcornoques, je trouvai sur
l’abreuvoir un panier rempli de feuilles de vignes; il paraissait avoir été
plein de fruits et oublié par quelque voyageur. J’y fouillai avec curiosité et
j’eus le plaisir d’y découvrir quatre belles figues et une orange” (J. Potocki,
op.cit., p.37).
“Boitant tout bas, je gagnai les bords du Guadalquivir, et j’y trouvai
le déjeuner que les deux voyageurs avaient abandonné; rien ne pouvait me
venir plus à propos, car je me sentais très épuisé. Il y avait du chocolat qui
cuisait encore, du sponhao (“de l’esponjado” nell’edizione Radrizzani)
trempé dans du vin d’Alicante, du pain et des oeufs” (Ivi, pp.50-51).
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6
Ibidem
7
Occorre sottolineare che questo evidente vuoto all’interno dell’in-
sieme di pratiche chiamate a regolare la quotidianità di Alphonse è esten-
sibile alla quasi totalità dei personaggi presenti nella Sierra Morena. Si
confronti infatti il modo, certamente poco ortodosso, con cui il cabalista si
procurerà la cena durante la notte trascorsa alla Venta Quemada: “Je partis
un peu tard et n’arrivai ce jour-là qu’à la venta Quemada. Je trouvai ce ca-
baret abandonné par la peur des revenants, mais comme je ne les crains pas,
je m’établis dans la chambre à manger, et j’ordonnai au petit Nemraël de
m’apporter à souper. Ce Nemraël est un petit génie d’une nature très ab-
jecte, que j’emploie à des commissions pareilles, et c’est lui qui est allé
chercher votre lettre à Puerto Lapiche. Il alla à Andujar où couchait un
prieur des bénédictins, s’empara sans façon de son souper, et me l’apporta.
Il consistait dans ce pâté de perdrix que vous avez trouvé le lendemain
matin” (Ivi, p.118).
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LABIRINTI
8
La quantificazione delle risorse della miniera coincide infatti con il
loro stesso esaurirsi. Cfr. nota 167.
9
La maggior parte degli studi su Jean Potocki ha trattato ampiamente
il problema del linguaggio e della sua strutturazione all’interno del Mano-
scritto. In particolar modo si segnala: F. Rosset, Le théâtre du romanesque.
Manuscrit trouvé à Saragosse entre construction et maçonnerie, Lausanne,
L’Age d’Homme, 1991.
10
Nell’edizione del 1804 anche l’ebreo errante.
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11
F. Rosset, op.cit., p.39.
12
Un’interessante ipotesi sul tema del padre come elemento di strut-
turazione e destrutturazione della parola all’interno del Manoscritto la for-
nisce Jan Herman, con: “La désécriture du livre”, in: “Europe”, n°863, mars
2001.
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16
Dall’edizione 1804: “L’on croit communément qu’il est impossible
d’aimer plus d’une femme à la fois. C’est sans doute une erreur, car vous
m’êtes également chères. Mon cœur ne vous sépare point et, comme sur
mes sens, vous y régnez toutes les deux avec le même empire” (J. Potocki,
Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.309).
17
J. Potocki, op.cit., p.75.
– 17 –
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18
“Mon père avait ôté ses habits et s’était revêtu d’un drap de lit en
forme de linceul. Il était assis et regardait le soleil couchant. Après une
assez longue contemplation, il éleva la voix et dit: -Astre dont les derniers
rayons ont frappé mes yeux pour la dernière fois, pourquoi avez-vous
éclairé le jour de ma naissance? Avais-je demandé à naître? Et pourquoi
suis-je né? Les hommes m’ont dit que j’avais une âme, et je m’en suis oc-
cupé aux dépens même de mon corps. J’ai cultivé mon esprit, mais les rats
l’ont dévoré; les libraires l’ont dédaigné. Rien ne restera de moi, je meurs
tout entier, aussi obscur que si je n’étais pas né. Néant requis donc ta proie”
(Ivi, p.349).
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21
J. Potocki, op.cit., p.36.
22
Ivi, p.80.
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23
Ivi, p.34.
24
Ivi, p.36.
25
“Si bien dit-il, si bien dit-elle que tout en marchant et devisant, ils
arrivèrent au bout du faubourg, à une chaumière isolée dont le petit nègre
ouvrit la porte avec une clef qu’il avait à sa ceinture. Certes, l’intérieur de
la maison n’était pas d’une chaumière. On y voyait belles tentures de Flan-
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ont creusé ces vastes cavernes qui se trouvent encore en Allemagne et que
les indigènes n’ont jamais eu intérêt à fouiller (…) Pendant leur demi-siè-
cle de solitude ils (les juifs) avaient étudié la divination et particulièrement
l’art de dire la bonne aventure par l’inspection de la main; ce qui ne de-
mande ni instrument, ni appareil, ni dépense aucune; et ils comptèrent bien
que la chiromancie leur procurerait quelque argent” (J.A.S. Collin de
Plancy, Dictionnaire Infernal (1844), Paris, Lacour, 1993, p.93).
28
“Monte-Salerno” nell’edizione 1804.
29
E ancora: il labirinto sotterraneo di Osymanydas, unico dedalo nel
testo di natura non puramente letteraria (pur non facendo cenno alle sue ro-
vine nel suo Voyage en Turquie et en Egypte del 1784, sono più che note le
conoscenze approfondite di Potocki sulla geografia e la cultura egizie). “Ici
les porteurs firent du feu et nous portèrent encore quelque cent pas jusqu’à
une espèce de môle où des barques étaient amarrées. Mes porteurs m’of-
frirent ici quelque nourriture; eux-mêmes se fortifièrent en buvant et en fu-
mant du hascisch, qui est une espèce de chanvre. Ensuite ils allumèrent une
masse résineuse qui répandait un grand éclat; ils la portèrent à la proue d’un
bateau. Nous nous embarquâmes et nos porteurs devenus rameurs nous fi-
rent naviguer sous terre tout le reste du jour. Sur le soir, nous arrivâmes à
un bassin circulaire où le canal se partageait en plusieurs branches. Syd-
Hamet me dit qu’en cet endroit commençait le labyrinthe d’Osymanydas,
si célèbre dans l’antiquité. La partie souterraine de l’édifice est la seule qui
subsiste encore. Elle communique avec les caves de Louxor et avec toutes
les cavernes de la Thébaïde. (…) Le lendemain on recommença de ramer.
Notre barque avançait sous des galeries spacieuses, couvertes en pierre pla-
tes d’une dimension prodigieuse. Quelques-unes étaient couvertes d’hiéro-
glyphes” (J. Potocki, op.cit., pp.554-555).
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30
Questo episodio non è presente nella redazione del 1810, la cita-
zione è tratta dall’edizione 1804 del Manoscritto (J. Potocki, Œuvres IV, 2
Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.84).
31
J. Attali, Chemins de sagesse. Traité du labyrinthe, Paris, Fayard,
1996, p.63.
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34
Varie sono le ipotesi interpretative che vedono il Manoscritto come
un libro dalla struttura labirintica. Segnalo qui il lavoro monografico di Luc
Fraisse, Potocki ou l’itineraire d’un initié, Nimes, Lacour, 1992: “Grâce à
l’ampleur qu’il confère à son roman, grâce aussi au cloisonnement qu’il in-
troduit entre les récits et les vies de ses personnages, Potocki expérimente
à l’intérieur d’un seul livre le principe qui fascinera plus tard Balzac, à par-
tir du Père Goriot, le retour des personnages. Le labyrinthe du Manuscrit
trouvé à Saragosse dessine une Comédie Humaine dont l’auteur aurait pré-
féré maintenir ensemble et même entremêler les divers volumes” (L.
Fraisse, op.cit., p.42).
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35
J. Potocki, op.cit., p.32.
36
Ibidem
37
Sullo stretto rapporto tra struttura labirintica e percorso iniziatico, ri-
mando, tra gli altri, ai noti studi di K. Kerényi riuniti nella edizione ita-
liana: Nel labirinto, Torino, Bollati Boringhieri, 1983.
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IL LABIRINTO CANNIBALE
38
Cfr. R. Barthes, op.cit., p.23.
39
V. Turner, The Ritual Process. Structure and Anti-Structure (1969),
tr. it., Il processo rituale, Brescia, Morcelliana, 2000, pp.113-114.
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40
A. Van Gennep, Les rites de passage (1909), tr.it., I riti di passag-
gio, Torino, Bollati Boringhieri, p.98.
41
“Celui (l’hôte) de l’hôtellerie d’Andujar attestait Saint Jacques de
Compostelle de la vérité de ces récits merveilleux. Enfin, il ajoutait que les
archers de la sainte Hermandad avaient refusé de se charger d’aucune ex-
pédition pour la Sierra Morena, et que les voyageurs prenaient la route de
Jaen ou celle de l’Estrémadure. Je lui répondis que ce choix pouvait con-
venir à des voyageurs ordinaires, mais que le roi don Philippe Quinto ayant
eu la grâce de m’honorer d’une commission de capitaine aux gardes wal-
lonnes, les lois sacrées de l’honneur me prescrivaient de me rendre à Ma-
drid par le chemin le plus court, sans demander s’il était le plus dangereux”
(J. Potocki, op.cit., pp.31-32).
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Seigneur Alphonse,
C’est de la part de notre roi don Fernand quarto, que je
vous fais parvenir l’ordre de ne point entrer encore en
Castille. N’attribuez cette rigueur qu’au malheur que
vous avez eu de mécontenter le saint tribunal, chargé de
conserver la pureté de la foi dans les Espagnes. Ne di-
minuez point de zèle pour le service du roi. Vous trouve-
rez ci-joint un congé de trois mois. Passez ce temps sur
les frontières de la Castille et de l’Andalousie, sans trop
vous faire voir dans aucune de ces deux provinces42.
Il labirinto iniziatico, luogo illusorio di ambiguità e continue
mescolanze, appartiene infatti al mondo del quotidiano che lo
delimita e lo contiene come un vuoto indispensabile. È uno spa-
zio indifferenziato, muto, ma al contempo gravido di una parola
futura, di un discorso sociale realizzabile soltanto al di fuori
dei suoi confini evanescenti43. Prima che Alphonse possa giun-
gere a Madrid, entrando nel nuovo ordine di un universo adulto
(un universo senza più padri, di nuovo regolato dallo scandire
del tempo civile44), sono infatti le sessantuno giornate all’in-
terno della Sierra a deciderne la crescita, a sgrossarne la natura
42
Ivi, pp.113-114.
43
“Proprio per il fatto che la componente communitas è elusiva, diffi-
cile da puntualizzare, non la si può dire non importante. Qui viene a pro-
posito la storia della ruota del carro di Lao-Tse. I raggi della ruota e il mozzo
(cioé la parte centrale della ruota che tiene l’asse e i raggi) al quale sono
uniti sarebbero inutili, egli diceva, se non fosse per il buco, lo scarto, il
vuoto al centro. La communitas con il suo carattere non strutturato che rap-
presenta il “punto vivo” del reciproco rapporto umano, quello che Buber ha
chiamato das Zwischenmenschliche, potrebbe essere rappresentata dal
“vuoto al centro”, che è tuttavia indispensabile al funzionamento della strut-
tura della ruota” (V. Turner, op.cit., p.143).
44
“J’arrivai à Madrid le 20 juin 1739. Je reçus de la maison Moro une
lettre dont le cachet de cire noir m’annonçait quelque événement funeste.
En effet mon père était mort d’apoplexie” (J. Potocki, op.cit., pp.568-569).
– 30 –
LABIRINTI
“un peu simple”45. Sono le prove del labirinto, più che la vitto-
riosa sconfitta dei suoi mostri, il vero materiale, il ferro, il
legno, con cui costruire la propria nuova corazza di giovane
uomo.
Le prove iniziatiche di un labirinto cannibale, divoratore di
ogni forma precostituita di spazio e di tempo. I mostri di un la-
birinto abitato esso stesso da cannibali dove mangiare o essere
mangiati, fagocitare o essere fagocitati, sembra rappresentare
certamente ben più di una semplice avventura commestibile.
45
“Puis il (le cabaliste) me dit: “Non, vous n’êtes pas des nôtres; vous
vous appelez Alphonse, votre mère était une Gomelez, vous êtes capitaine
aux gardes wallonnes, brave, mais encore un peu simple” (Ivi, p.110).
– 31 –
CAPITOLO II
CIBI
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IL LABIRINTO CANNIBALE
47
Si confronti, a questo proposito, l’unica descrizione, nel testo, della
fisionomia di Alphonse ricavata da un assunto generale del suo servo Lopez
sulla natura inquietante dei valloni: “Hélas, dit-il pourquoi ne m’en suis-je
pas rapporté à Fray Heronimo de la Trinidad, moine, prédicateur, confes-
seur et l’oracle de notre famille (…) Il m’avait bien dit que les officiers aux
gardes wallonnes étaient un peuple hérétique, ce que l’on reconnaît aisé-
ment à leurs cheveux blonds, à leurs yeux bleus, et à leurs joues rouges, au
lieu que les vieux chrétiens sont de la couleur de Notre Dame d’Atocha,
peinte par saint Luc” (Ivi, p.34).
48
L’attenzione di Potocki per il cibo non sembra tralasciare né le sue
modalità, le più disparate, di ingestione, né le sue valenze di ordine di-
chiaratamente simbolico:
“Cependant les heures se passaient. Je commençais d’avoir faim et,
comme j’avais entendu dire que les cachots étaient quelquefois garnis de
pain et d’une cruche d’eau, je me mis à chercher avec les jambes et les pieds
si je ne trouverais pas quelque chose de semblable. Effectivement je sentis
bientôt un corps étranger qui se trouva être la moitié d’un pain. La difficulté
était de la porter à ma bouche. Je me couchai à côté du pain et je voulus le
saisir avec les dents, mais il m’échappait et glissait faute de résistance. Je
le poussai tant, que je l’appuyai contre le mur; alors je pus manger, parce
que le pain était coupé par le milieu. S’il avait été entier, je n’aurais pu y
mordre. Je trouvai aussi une cruche, mais il me fut impossible de boire. À
peine avais-je humecté mon gosier, que toute l’eau se versa” (Ivi, p.76).
“Ce fut aussi à la fin de ma douzième année que l’on nous boucla,
tous les deux avec beaucoup d’exactitude, et pour que rien ne démentît la
– 34 –
CIBI
– 35 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
50
Ivi, pp.141-142.
51
È significativo a questo proposito il vero e proprio passaggio di te-
stimone tra i due temi all’interno del testo. Con il procedere del racconto
verso la sua conclusione, la curiosità descrittiva di Potocki per il cibo si fa
sempre meno incisiva fino a quasi a scomparire lasciando spazio al denaro,
suo sostituto simbolico, che sembra entrare a buon diritto (anche se pur
sempre nelle narrazioni di secondo grado e non direttamente nel mondo
senza legge della Sierra) all’interno del Manoscritto (Cfr. Cap.IV).
52
M. Bacchiega, Il pasto sacro, Padova, C.I.D.E.M.A., 1971, p.46.
– 36 –
CIBI
53
J. Potocki, op.cit., p.187.
E ancora, dalla versione del 1804: “Comme le Bohémien en était à
cet endroit de son récit, on vint le chercher pour les intérêts de sa peuplade.
Lorsqu’il fut sorti, Velasquez prit la parole et dit:
– 37 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
-J’ai beau faire attention aux récits de notre chef, je n’y puis rien
comprendre. Je ne sais plus qui parle ou qui écoute. Ici c’est le marquis de
Val Florida qui raconte son histoire à sa fille, qui la raconte au Bohémien,
qui nous la raconte. En vérité, cela est très confus. Il m’a toujours paru que
les romans et autres ouvrages de ce genre devraient être écrits sur plusieurs
colonnes, comme les traités de chronologie.
-En effet, dit Rébecca, on lirait dans une colonne que madame de Val
Florida trompait son mari, et dans l’autre on verrait ce que son mari deve-
nait par là” (J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804],
cit., pp.290-291).
54
F. Rosset, op.cit., p.46.
55
Il tema classico del monofagos, ovvero di colui che mangia da solo,
lontano dal consesso degli uomini perché malvagio o portatore di sventura,
ritorna qui, anche se in sordina, ad affermare la dimensione prevalente-
mente stanziale e comunitaria del pasto nella cultura di Potocki. Rébecca,
– 38 –
CIBI
Se cenare tra vivi sembra essere una delle forme più alte di
comunione per i personaggi del Manoscritto, altra cosa è ce-
nare con i morti. All’interno della passione narrativa di Potocki
per gli aspetti fagocitanti del quotidiano, sono numerose le “ta-
vole miste” apparecchiate lungo le pagine del romanzo: Lan-
dulphe de Ferrare e Blanca de Rossi, Thibaud de la Jacquière e
Orlandine, Ménipe de Lycie e la sua sposa vampiro.
L’incontro con il fantasma, la condivisione del pasto con un
corpo che per sua stessa natura non sembra più avere bisogno
di alcun nutrimento, rivela la funzione sostanzialmente inizia-
tica del codice nutrizionale nel Manoscritto. Il cibo per Potocki,
più che uno strumento di verosimiglianza, un pegno mimetico
a garanzia per il lettore di una qualche corrispondenza tra pa-
rola del testo e realtà, sembra essere un fatto simbolico, sotto-
messo pertanto alle leggi imperscrutabili del sacro56.
– 39 –
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CIBI
57
J. Potocki, op.cit., p.72 (il corsivo è mio).
58
Ancor più inquietante sembra essere la conclusione dello stesso epi-
sodio nella versione Chojecki del Manoscritto riportata dall’edizione Ra-
drizzani: “A présent, cher Landulphe, je dois te remercier de ton souper”.
Puis, lui posant les mains ensanglantées sur le cou, il se mit à rire en faisant
claquer sa mâchoire (J. Potocki, Manuscrit trouvé à Saragosse, Paris, Corti,
1989, p.49).
59
“Il pasto sacro primitivo non è un’assunzione pura e semplice delle
energie di colui che è stato divorato, come avviene per il pasto profano, ma
è soprattutto un fatto misterioso, e precisamente, l’acquisizione della di-
mensione dell’aldilà, ove si trova il trapassato che viene mangiato, così che
è possibile attingere a “quella” vitalità. Il feroce divoramento del congiunto,
dell’amico, del figlio, è un confronto disumano con la morte che, nell’urto,
produce uno schianto interiore, un vero salto ad un livello esistenziale di-
verso. Attraverso il pasto cannibalico, che proprio per questo è sacro, si for-
zano le barriere della vita a colpi di esperienze conoscitive, trasformanti, e
si entra così nel sacro” (M. Bacchiega, op.cit., p.59).
– 41 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
– 42 –
CIBI
61
Ivi, pp.137-138.
62
Sul tema classico degli usi alimentari, magici, terapeutici, simbolici
del sangue cfr.: P. Camporesi, Il sugo della vita, Milano, Garzanti, 1997; O.
Cavalcanti, Cibo dei vivi Cibo dei morti Cibo di Dio, Catanzaro, Rubbet-
tino, 1995; E. Tagliaferro, “Sangue: area lessicale nell’epigrafia greca ar-
caica”, in: “Sangue e Antropologia Biblica”, Roma, 1981.
63
Cfr.: J.C. Aguerre, La naissance du vampire au XVIIIème siècle,
Paris, Université de Paris VIII, 1981; P. Barber, Vampiri. Sepoltura e morte,
Parma, Pratiche, 1994.
64
A questo proposito non è certamente significativa la posizione scet-
tica di Dom Calmet nei confronti del fenomeno, quanto piuttosto l’attesta-
zione della sua importanza (della sua necessità di essere messo in
discussione) all’interno del dibattito settecentesco sulla esistenza dei vam-
piri: “Quant à ce quelques-uns avancent, qu’on entend ces morts manger et
mâcher comme des porcs dans leur tombeaux, cela est manifestement fa-
buleux et ne peut être fondé que sur des préventions ridicules” (A. Dom
Calmet, op.cit., p.213).
– 43 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
65
J. Potocki, op.cit., p.52.
66
Effusione descrittiva ed “effusione della materia” sottolineate anche da
F. Madonia nel suo saggio L’eshtétique de la laideur dans le Manuscrit trouvé
à Saragosse, in: (J. Herman, P. Pelckmans, F. Rosset, a cura di), Le Manuscrit
trouvé à Saragosse et ses intertextes, Louvain-Paris, Peeters, 2001.
– 44 –
CIBI
67
J. Potocki, op.cit., p.58.
68
Ivi, pp.91-92.
– 45 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
69
Ivi, p.92.
70
Su questa confusione tra sessualità e impulso antropofagico si veda,
nell’episodio di Thibaud de La Jacquière, la terminologia di caccia utiliz-
zata dal giovane per descrivere la sua strategia di corteggiamento: “Quel-
quefois même, elle faisait de faux pas et lui serrait le bras en voulant
s’empêcher de choir: alors le cavalier, voulant la retenir, poussait son bras
contre son cœur, ce qu’il faisait pourtant avec beaucoup de discrétion pour
ne pas effaroucher le gibier” (Ivi, p.128).
– 46 –
CIBI
71
A questo proposito cfr.: J. C. Baroja, Vidas mágicas e Inquisición,
Madrid, Taurus, 1967; J. Renales, “De Argentario a Pandesowna (Avatares
del Bandolero Antropófago)”, in: “Fílologia Románica”, Madrid, Editorial
Universidad Complutense, n°8, 1991.
72
Sade, Histoire de Juliette ou les prospérités du vice (1797), Paris,
Union Générale d’Éditions, 1976, vol.II, p.224.
– 47 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
glia del testo, gli incauti lettori: Las Gitanas, le “zingare” ap-
punto, de Sierra Morena quieren carne de hombres73; poi l’In-
quisitore, ossessionato dalla natura demoniaca delle due
principesse di Tunisi; poi l’indemoniato Pascheco, a testimo-
niare con il suo unico occhio della bestialità dell’unione car-
nale tra il giovane soldato e due impiccati; poi Apollonius, poi
Thibaud e così via.
Un terrore, quello per le donne e i loro discutibili appetiti,
così tenacemente radicato nel tessuto simbolico della scrittura
da mettere in discussione ogni incontro d’amore, ogni cena ro-
mantica all’interno del libro.
Di fronte al pranzo di nozze in onore di Ménipe, strata-
gemma niente affatto sottile per mettre à l’engrais la vittima
umana di un pasto vampiresco, è quasi giocoforza infatti, re-
trospettivamente, non temere qualche cosa di simile per la “ta-
vola delle meraviglie” apparecchiata da Emina e Zibeddé la
prima notte alla Venta Quemada:
Nous nous mîmes à table et la même dame, avançant
vers moi un vase du Japon, me dit:
- Seigneur Cavalier, vous trouverez ici une olla podrida,
composée de toutes sortes de viandes, une seule excep-
tée, car nous sommes fidèles, je veux dire musulmanes.
(…)Lorsqu’on se fut aperçu que ma première faim était
apaisée et que je m’en prenais à ce que l’on appelle las
dolces, la belle Émina ordonna aux négresses de me
faire voir comment on dansait dans leur pays (…) Je de-
mandai à leurs belles maîtresses si elles dansaient quel-
quefois. Pour toute réponse, elles se levèrent et
demandèrent des castagnettes(…) Je les contemplai
quelque temps avec une sorte de sang-froid; enfin leurs
mouvements pressés par une cadence plus vive, le bruit
73
J. Potocki, op.cit., p.31. L’attacco della prima giornata è con ogni
evidenza ambiguo dal punto di vista della focalizzazione. Obiettivamente
è piuttosto difficile dare una risposta certa su chi sia l’autore delle riflessioni
iniziali sulla Sierra Morena e sui suoi abitanti.
– 48 –
CIBI
74
Ivi, pp.39-40.
75
Ivi, pp.541-542.
– 49 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
– 50 –
CAPITOLO III
SERRATURE
76
J. Potocki, op.cit., p.482.
– 51 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
77
È superfluo sottolineare come il secolo di Potocki, le Siècle des lu-
mières appunto, affidi la propria stessa immagine identitaria ad una meta-
fora della visione.
78
J. Potocki, op.cit., p.116.
– 52 –
SERRATURE
79
Ivi, p.124 (il corsivo è mio).
80
Una strategia di frantumazione continua dello sguardo e della co-
noscenza messa in atto da Potocki lungo tutti i livelli tematici della narra-
zione. Si confronti ad esempio lo stratagemma ingegnoso per difendere il
segreto della grotta dei Gomelez: “Le secret des souterrains fut écrit sur un
parchemin qui fut ensuite coupé en six bandes, perpendiculairement à l’écri-
ture, qu’on ne put lire qu’autant que le six bandes étaient mises l’une à côté
de l’autre. Chaque bande fut confiée à l’un de six chefs de famille, et sous
peine de mort il lui était défendu de la communiquer à un autre”(Ivi, p.547).
– 53 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
81
“Giralda” nell’edizione1804.
82
Ivi, p.209.
– 54 –
SERRATURE
83
Ivi, p.38.
84
Ibidem
– 55 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
85
“Sa petite hongreline était de velours bleu, brodée en or et garnie de
zibelines; elle lui descendait à la moitié des jambes et couvrait même une
partie de ses bottines qui étaient en maroquin jaune. Son bonnet, également
garni de zibelines était aussi en velours bleu et surmonté d’une houppe de
perles qui tombaient sur une épaule. Sa ceinture était en glands et cordons
d’or, et son petit sabre enrichi de pierreries. Enfin, il avait à la main un livre
de prières monté en or” (Ivi, pp.91-92).
86
Un’uguale valenza illusionistica riscontrabile già in Sade, come sot-
tolinea giustamente Barthes. Cfr. R. Barthes, op.cit., p.27.
– 56 –
SERRATURE
87
Lo sguardo magico settecentesco, in questo, è certamente fratello
dell’occhio libertino, di quella visio perfettamente codificata che, come
scrive C. Reichler “implique d’abord que sujet et objet sont placés face à
face à l’intérieur d’un espace divisé; la séparation n’est pas absolue mais au
contraire franchissable. Cette barrière qu’on outrepasse sans la supprimer
répond au mouvement de l’interdit et de la transgression et dans notre scène
le franchissement est par essence visuel: la regard du sujet dérobe une in-
timité, s’empare d’un secret, mais la distance physique est momentanément
maintenue; elle exige la mise en place d’une représentation du corps de
l’autre, substitut que le sujet peut s’approprier et manipuler” (C. Reichler,
“La représentation du corps dans le récit libertin”, in: Aa.Vv. F. Moureau e
A.M. Rieu (a cura di), Éros philosophe - discours libertins des lumières,
Paris, Champion, 1984, p.86).
88
P. Chartier, “Asmodée ou l’effraction”, in: “Dix-huitième Siècle”,
12, 1980, p.213.
89
Trentacinquesima per l’edizione Radrizzani.
90
“Les maisons m’étaient fermées, mais les lucarnes m’étaient ou-
vertes. Tapi dans les greniers, j’étais au milieu de mes concitoyens sans
qu’ils le sussent; ils m’hébergeaient sans le vouloir, j’habitais leurs mai-
sons malgré eux, à peu près comme les rats. J’avais aussi de commun avec
ces animaux l’habitude de m’introduire dans le garde-manger quand je le
pouvais et d’en entamer les provisions” (J. Potocki, op.cit., pp.285-296).
91
Sulla tematizzazione letteraria del diavolo in questa occorrenza, oltre
– 57 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
– 58 –
SERRATURE
93
Ivi, p.31.
94
Si fa qui riferimento all’edizione 1804 del Manoscritto (J. Potocki,
Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.82).
95
J. Potocki, op.cit., p.142. Il problema dell’identité segmentée di
Emina e Zibeddé viene sottolineato anche da L. Fraisse nel paragrafo
“Comment construire un personnage de roman?” in: L. Fraisse, op.cit.
– 59 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
– 60 –
SERRATURE
– 61 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
100
J. Derrida, Mémoires d’aveugle. L’autoportrait et autres ruines,
Paris, Editions de la Réunion des Musées Nationaux, 1990, p.106.
101
Altro tema certamente significativo è la perdita degli occhi come
simbolo di castrazione, Unheimlichkeit fortemente presente nella storia di
Pascheco tutta giocata ambivalentemente su una trasgressione di ordine
sessuale (l’accoppiamento dell’indemoniato con la matrigna e la sorella) e
sul conseguente “accecamento punitivo” da parte del doppio fantasmatico
(i fratelli impiccati) delle due donne.
– 62 –
SERRATURE
102
J. Potocki, op.cit., p.158.
– 63 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
103
“Nous entrâmes encore dans un souterrain où mille autres automa-
tes nous offrirent le spectacle le plus singulier. Des paons faisant la roue éta-
lèrent une queue émaillée et couverte de pierreries. Des perroquets dont le
plumage était d’émeraudes volaient sur nos têtes. Des nègres d’ébène nous
présentaient des plats d’or, remplis de cerises en rubis, et de raisins en sa-
phirs; mille autres objets surprenants remplissaient ces voûtes merveilleu-
ses dont l’oeil n’apercevait pas la fin” (Ivi, p.164).
– 64 –
SERRATURE
104
“Le parquet était en lapis, incrusté de pierres dures en mosaïque de
Florence, dont une table coûte plusieurs années de travail. Le dessin avait
une intention générale et présentait l’ensemble le plus régulier. Mais lorsque
l’on en examinait les divers compartiments, l’on voyait que la plus grande
variété dans les détails n’ôtait rien de l’effet que produit la symétrie. En
effet, quoique ce fût le même dessin, ici il offrait l’assemblage des fleurs les
mieux nuancées, là c’étaient les coquillages les mieux émaillés, plus loin
des papillons, ailleurs des colibris. Enfin, les plus belles pierres du monde
étaient employées à l’imitation de ce que la nature a de plus beau” (Ivi,
pp.158-159).
105
Ivi, p.165.
– 65 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
106
Ivi, p.132.
107
Dall’edizione 1804: - Orlandine, Orlandine, s’écria-t-il, que veut
dire ceci? Orlandine n’était plus. Thibaud ne vit à sa place qu’un horrible
assemblage de formes hideuses et inconnues:
-Je ne suis point Orlandine, dit le monstre d’une voix épouvantable.
Je suis Belzébut et tu verras demain quel corps j’ai animé pour te séduire”
(J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., p.109,
il corsivo è mio).
– 66 –
SERRATURE
108
J. Potocki, op.cit, pp.49-50.
109
“Je ne savais plus si j’étais avec des femmes ou bien avec d’insi-
dieuses succubes. Je n’osais voir, je ne voulais pas regarder, je mis ma main
sur mes yeux et je me sentis défaillir” (Ivi, p.40).
– 67 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
110
“Comme la barbarie est l’ère du fait, il est donc nécessaire que l’ère
de l’ordre soit l’empire des fictions – car il n’y a point de puissance capa-
ble de fonder l’ordre sur la seule contrainte des corps par les corps. Il y faut
des forces fictives. L’ordre exige donc l’action de présence de choses ab-
sentes, et résulte de l’équilibre des instincts par les idéaux” (P. Valéry, Pré-
face aux Lettres Persanes, in: Id., Oeuvres, Paris, Gallimard 1957, I,
pp.508-509).
111
Si fa qui riferimento all’edizione 1804: J. Potocki, Œuvres IV, 2 Ma-
nuscrit trouvé à Saragosse (1804), cit., p.84.
– 68 –
SERRATURE
– 69 –
CAPITOLO IV
SPECCHI
– 71 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
112
“Hermosito se leva, et je crois qu’il voulut baiser le bas de ma robe,
ses genoux ployèrent sous lui, sa tête tomba sur les miens et ses bras m’en-
lacèrent avec beaucoup de force. Dans cet instant, je jetai les yeux sur une
glace: j’y vis la Mencia avec le duc, mais les traits de celui-ci avaient une
expression de fureur tellement effrayante que l’on avait de la peine à le re-
connaître. Mes sens furent glacés d’horreur. Je levai les yeux sur la même
glace et je ne vis plus rien. (…) La vision que j’avais eue me donnait be-
aucoup d’inquiétude, mais on m’assura que le duc était absent” (J. Potocki,
op.cit., p.264).
– 72 –
SPECCHI
113
Ivi, pp.171-172.
114
Rimando naturalmente al noto saggio di Jean Starobinski su Rous-
seau e il tema dello sguardo in: J. Starobinski, L’œil vivant, Paris, Galli-
mard, 1961.
– 73 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
115
J. Potocki, op.cit., pp.132-133.
– 74 –
SPECCHI
116
J. Starobinski, op.cit., p.106.
– 75 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
117
J. Potocki, op.cit., p.134.
118
R. Caillois, “Destin d’un homme et d’un livre: Le comte Jean Po-
tocki et le Manuscrit trouvé à Saragosse”, in: J. Potocki, La duchesse
d’Avila. Manuscrit trouvé à Saragosse, Paris, Gallimard, 1972, pp.29-31.
– 76 –
SPECCHI
119
T. Todorov, Introduction à la littérature fantastique (1970), Paris,
Seuil, 1995, p.29.
120
Una compresenza sottolineata dalla stessa struttura compositiva del
libro (mi riferisco in questo caso alla stesura del 1804). Nel momento in
cui la formulazione dei racconti procede per cornici successive, è inevita-
bile che alcuni personaggi si trovino ad essere contemporaneamente vivi e
morti a seconda del diverso grado di mise en abîme del racconto.
“Lorsqu’il (le Bohémien) fut sorti, Velasquez prit la parole et dit:
- J’ai beau faire attention aux récits de notre chef, je n’y puis plus rien
comprendere: je ne sais plus qui parle ou qui écoute. Ici c’est le marquis de
Val Florida qui raconte son histoire à sa fille qui la raconte au Bohémien qui
nous la raconte. En vérité cela est très confus (…)Voici par exemple le duc
de Sidonia dont je dois étudier le caractère, tandis que je l’ai vu déjà mort”
(J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Saragosse [1804], cit., pp.290-
291).
– 77 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
121
V. Turner, op.cit., p.112.
122
J. Potocki, op.cit., p.530.
– 78 –
SPECCHI
123
Ivi, pp.385-386.
124
Ivi, p.366.
125
Nella versione del 1804 d’altra parte, come osserva giustamente F.
Rosset, il messaggio relativista del Manoscritto sembra essere ancora più
importante, “fortement coloré par le courant matérialiste des Lumières qui
se manifeste de la façon la plus claire dans la combinaison des leçons du
Juif errant en matière de religion et des propos du géomètre Velasquez” (F.
Rosset, Présentation, in: J. Potocki, Oeuvres IV, 1, cit., p.7).
– 79 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
126
Cinquantacinquesima nell’edizione Radrizzani.
– 80 –
SPECCHI
Anche qui gli elementi del doppio ci sono tutti. Due sorelle
(una altera, l’altra ingenua, ma tanto simili fisicamente da sem-
brare quasi gemelle). Un uomo innamorato di entrambe. Una fi-
nestra, attraverso la quale intravedere, non visti, l’oggetto della
propria passione:
Les fenêtres des vis-à-vis étaient ouvertes et je voyais
jusqu’au fond de l’appartement. Léonore avait fait mi-
tonner une olla. Instruite dans ce grand art par sa gou-
vernante, elle en retirait les viandes et les rangeait dans
un plat, tout cela avec de grandes joies et des grands
rires. Puis elle couvrit la table d’une nappe très blanche
et de deux simples couverts qui semblaient attendre
deux époux. Léonore était en simple corset, les man-
ches de sa chemise relevées jusqu’aux épaules. On
ferma fenêtres et jalousies, mais ce que j’avais vu avait
fait sur moi une forte impression127.
A complicare la scena, la morte di una delle due. Una morte
propizia, da un punto di vista strettamente narrativo, perché in
grado di rilanciare il gioco dei raddoppi fino alle soglie ultime
della specularità, verso quella commistione di orrore e meravi-
glia che necessariamente accompagna la somiglianza tra un
corpo e la sagoma senza carne della propria imago fantasma-
tica:
Minuit sonna, je me mis à la fenêtre. Je vis dans la
chambre vis-à-vis, l’enfant endormi ainsi que la nour-
rice. La femme blanche parut une lampe à la main. Elle
s’approcha du berceau, regarda longtemps l’enfant, le
bénit, puis elle vint à la fenêtre et regarda longtemps de
mon côté. Puis elle sortit de la chambre et je vis de la lu-
mière dans l’étage supérieur. Enfin la femme blanche
parut sur le toit, en parcourut légèrement l’arête, passa
sur un toit voisin et disparut à mes yeux128.
127
J. Potocki, op.cit., p.396.
128
Ivi, p.403.
– 81 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
129
“Minuit sonna, je fus à ma fenêtre. Bientôt je vis entrer non pas la
femme blanche, mais une sorte de nain qui avait le visage bleuâtre, une
jambe de bois et une lanterne à la main. Il s’approcha de l’enfant, le regarda
attentivement, puis il alla à la fenêtre, s’y assit, les jambes croisées et se mit
à me considérer avec attentino. Puis il sauta de la fenêtre dans la rue ou plu-
tôt il eut l’air de glisser et vint frapper à ma porte” (Ivi, pp.403-404).
– 82 –
SPECCHI
130
Ivi, pp.405-406.
– 83 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
131
“Le capucin n’eut pas plus tôt achevé sa phrase que j’entendis un
long gémissement, et trois spectres affreux se firent voir sur le mur du ci-
metière. Cette apparition et le gémissement dont elle fut accompagnée
épouvantèrent les quatre fossoyeurs et le capucin, leur chef: ils s’enfuirent
en poussant des grands cris. Quant à moi, j’eus peur aussi, mais l’effet en
fut différent, car je restai comme cloué à ma fenêtre et dans un état voisin
de l’anéantissement. Je vis alors que deux spectres s’élancèrent de dessous
le mur dans le cimetière et donnèrent la main au troisième qui avait de la
peine à descendre, Puis d’autres spectres parurent et sautèrent aussi dans le
cimetière jusqu’au nombre de dix à douze. Alors celui à qui les autres ava-
ient donné la main pour le faire descendre vint sous le portique examiner
les trois morts puis se tournant du côté des autres spectres, il leur dit:
- Mes amis, voici le corps du marquis de Valornez. Vous avez vu le
traitement que m’ont fait éprouver les ânes mes confrères. Cependant ils
s’étaient tous trompés en prenant la maladie du marquis pour une hydropi-
sie de poitrine. Moi seul, moi le docteur Sangro-Moreno, j’ai su toucher au
but, en y reconnaissant l’anguina polyposa, si bien décrite par les maîtres
de l’art” (Ivi, pp.229-230).
– 84 –
SPECCHI
132
“Le châtelain s’en alla. Je me mis à prier et de temps en temps à
mettre quelque bûche dans le feu, mais je n’osais trop regarder dans la salle,
car les portraits me semblaient prendre un air tout à fait vivant. Si j’en fi-
xais un, de suite il me paraissait cligner les yeux et tordre la bouche, sur-
tout le sénéchal et sa femme, qui étaient des deux côtés de la cheminée; je
crus voir qu’ils me jetaient des regards pleins de courroux et qu’ensuite ils
se regardaient l’un l’autre” (Ivi, p.376).
– 85 –
CAPITOLO V
LIQUIDI
– 87 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
134
Un primo studio sul tema dei liquidi all’interno del Manoscritto si
può trovare in: J. Herman, “Le traité des sensations de Potocki”, in: J. Her-
man, P. Pelckmans, F. Rosset (a cura di), Le Manuscrit trouvé à Saragosse
et ses intertextes, cit.
135
È interessante sottolineare come, nella costruzione perfettamente
coerente dell’universo di Potocki, gli elementi del romanzo siano costan-
temente sovrapposti gli uni agli altri a formare una sorta di tessuto tematico
estremamente compatto. Spesso i labirinti sotterranei del Manoscritto (Osy-
manydas, la grotta dei Gomelez, la sorgente di Ondine) sono infatti labirinti
anche sommersi dalle acque: “Au bout de trois heures, j’avais détaché plus
d’or que dix hommes n’en eussent pu porter. Alors je m’aperçus que le sou-
terrain se remplissait d’eau. Je gagnai l’escalier, mais l’eau s’élevait an-
core. Je vis donc qu’il me fallait remonter” (J. Potocki, op.cit., pp.541).
– 88 –
LIQUIDI
136
Sul legame tra elemento liquido e morte si confronti naturalmente il
noto saggio di Bachelard: “L’eau aussi est un type de destin, non plus seu-
lement le vain destin des images fuyantes, le vain destin d’un rêve qui ne
s’achève pas, mais un destin essentiel qui métamorphose sans cesse la sub-
stance de l’être (…) L’eau est vraiment l’élément transitoire. Il est la mé-
tamorphose ontologique essentielle entre le feu et la terre. L’être voué à
l’eau est un être en vertige. Il meurt à chaque minute, sans cesse quelque
chose de sa substance s’écroule. La mort quotidienne n’ est pas la mort exu-
bérante du feu qui perce le ciel de ses flèches; la mort quotidienne est la
mort de l’eau”. (G. Bachelard, L’eau et les rêves. Essai sur l’imagination
de la matière, Paris, Corti, 1942, pp.8-9).
– 89 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
137
J. Potocki, op.cit., p.77 (il corsivo è mio).
138
Ivi, p.377.
– 90 –
LIQUIDI
139
F. Moretti, Segni e stili del moderno, Torino, Einaudi, 1987, pp. 130,
125.
140
G. Bataille, “Emily Brontë”, in: La littérature et le mal, Paris, Gal-
limard, 1957, p.13.
– 91 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
141
Dall’edizione 1804: J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Sa-
ragosse (1804), cit., p.81.
142
Ivi, p.82.
143
“Jeune Nazaréen, vous voyez cet arbre d’or dont le riche feuillage
ombrage mon trône. Il qui représente notre généalogie; ces noms attachés
aux branches sont ceux des Gomelez qui sous différents noms ont occupé
les trônes de l’Afrique. Vous voyez devant moi cet autre arbre hérissé d’af-
freuses épines; les noms qu’on y lit sont ceux des Gomelez restés chrétiens
– 92 –
LIQUIDI
et qui ont langui dans l’obscurité. Puisse le saint Prophète éclairant votre
esprit vous faire passer de l’arbre de mort à l’arbre de la vie sainte et pure!“
(J. Potocki, op.cit., p.542).
Nell’edizione 1804 i due alberi sono riuniti in un unico fusto dalle
doppie braccia.
144
Dall’edizione 1804: J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Sa-
ragosse (1804), cit., pp.310-311.
– 93 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
145
J. Potocki, op.cit., pp.65-66.
146
“Oh restes adorés du plus aimable des époux! Que ne puis-je,
comme une seconde Artémisie, mêler vos cendres à ma boisson! Elles cir-
culeraient avec mon sang et ranimeraient ce coeur qui n’a jamais battu que
pour vous” (Ivi, p.233).
– 94 –
LIQUIDI
147
Una doppia economia alimentare riscontrabile del resto già in Sade,
come sottolineato da Barthes: “Chocolat restaurant: “Tout est dit: monsei-
gneur énervé se recouche; on lui prépare son chocolat…” ou: “Après son
orgie, le roi de Sardaigne m’offrit la moitie de son chocolat, j’acceptai; nous
politiquâmes” – Chocolat assassin: “Quand j’aurai bien foutu monsieur son
cher fils, nous lui ferons prendre une tasse de chocolat demain matin…” (R.
Barthes, op.cit., p.24).
148
Anche in questo caso è da sottolineare il continuo intrecciarsi dei
temi all’interno del testo. La scena dell’avvelenamento del conte di Me-
dina Sidonia viene spiata dalla dueña Girona dal buco di una serratura: “Je
fis venir la Girona et je lui rapportai le discours du docteur. Son trouble la
trahit.
-Vous avez, lui dis-je, empoisonné mon époux; comment une chré-
tienne se rend-elle coupable d’un pareil crime?
-Je suis chrétienne, me dit-elle, mais je fus mère. Si l’on égorgeait
votre enfant, vous deviendriez, peut-être plus cruelle que la lionne en furie.
Je n’eus rien à lui répondre. Je lui observai pourtant qu’elle aurait pu
m’empoisonner au lieu du duc.
-Non, me répondit-elle, j’avais l’œil au trou de la serrure, et si vous
aviez touché la tasse, j’entrais à l’instant” (J. Potocki, op.cit., p.266).
– 95 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
149
Dall’edizione 1804: J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé à Sa-
ragosse (1804), cit., p.82.
150
“Thibaud n’eut pas plus tôt bu et mangé, qu’il lui sembla qu’un feu
liquide circulait dans ses veines” (J. Potocki, op.cit., p.132, il corsivo è
mio).
“Je gagnai mon lit et tâchai de m’endormir. La bonbonnière était sur
une table de nuit; elle répandait un parfum délicieux. Je ne pus résister à la
tentation; je mangeai deux pastilles, et j’eus ce qu’on appelle une nuit in-
quiète, c’est-à-dire agite par des songes (…) Le trouble de mes sens alla
jusqu’à l’emportement; je sentais le feu circuler dans mes veines, je voyais
à peine les objets environnants, une nuage couvrait ma vue” (Ivi, pp.362-
363, il corsivo è mio).
– 96 –
LIQUIDI
151
Ivi, pp.33-34.
152
“-Ô Belial ! m’écriai-je, Belial, je sais bien qui tu es, et pourtant je
t’invoque.
-Me voici, s’écria l’esprit immonde. Prends ce poignard, fais couler
ton sang et signe le papier que je te présente.
-Ah! bon ange, m’écriai-je alors, m’avez-vous tout à fait abandonné?
-Tu l’invoques trop tard, s’écria Satan, grinçant les dents et vomis-
sant la flamme. En même temps, il imprima sa griffe sur mon front. J’y
sentis une douleur cuisante et je m’évanouis, ou plutôt je me croyais éva-
noui, mais j’étais réellement en extase. Une lumière soudaine éclaira la pri-
son. Un chérubin aux ailes brillantes me présenta un miroir et me dit:
-Vois sur ton front le Thau renversé: c’est le signe de la réprobation.
Tu le verras à d’autres pécheurs; tu en ramèneras douze dans la voie du
salut, et tu y rentreras toi-même. Prends cet habit de pèlerin et suis-moi”
(Ivi, p.368).
– 97 –
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153
Ivi, p.126.
154
Ivi, pp.147-148 (il corsivo è mio).
– 98 –
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155
“Mon père se décida donc à faire venir du Toboso une de ces gran-
des jarres de terre dont on se sert pour la fabrication du salpêtre. Lorsqu’elle
fut arrivée, il la fit maçonner sur un petit fourneau, dans lequel on entrete-
nait constamment le feu de quelques braises. Un robinet adapté au bas de
la jarre servait à en tirer le liquide, et en montant sur le fourneau, l’on pou-
vait assez commodément le remuer avec un pilon de bois” (Ivi, p.148).
156
Ivi, p.143.
– 99 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
157
“Imaginant qu’il tenait une plume au lieu d’un crayon, il le trempa
dans son verre de limonade qu’il prenait pour son encrier. On le laissa faire”
(Ivi, p.414).
Nell’edizione 1804 si tratta invece di cioccolata: “Ici le géomètre
tira de sa poche des tablettes et un crayon, mais, s’imaginant tenir une
plume, il trempa son crayon dans le chocolat. Voyant ensuite que le chocolat
n’écrivait pas à son gré, il voulut essuyer sa plume contre son habit noir et
l’essuya à la jupe de Rébecca” (J. Potocki, Œuvres IV, 2 Manuscrit trouvé
à Saragosse [1804], cit., p.193).
158
Cfr: J. Herman, “Tout est écrit ici-bas. Le jeu du hasard et de la né-
cessité dans le Manuscrit trouvé à Saragosse”, in: “Cahiers de l’Associa-
tion Internationale des Études Françaises”, n°51, 1999.
È da sottolineare inoltre, come scrive F. Rosset, che la combinazione
Avadoro-Pandesowna non è altro che un anagramma di Van Worden. Cfr.:
J. Potocki, op.cit., p.143.
– 100 –
LIQUIDI
159
Per una prima analisi del termine cfr.: J. Chevalier, A. Gheerbrant,
Dictionnaire des symboles, Paris, Laffont, 1970.
160
Certo, in questa sede, sarebbe forse azzardato tentare una lettura del
testo di Potocki come roman maçonnique, anche se il complotto iniziatico
di matrice massonica, l’ipotizzazione di una sorta di società segreta in
grado, a fin di bene, di dirigere i passi e manipolare i comportamenti di un
ignaro viaggiatore è un motivo certamente presente (da Séthos dell’Abbé
Terrasson, di inzio secolo, fino al più famoso Maister goethiano) tra le carte
tematiche del gioco letterario settecentesco.
Cfr. a questo proposito F. Rosset, Le théâtre du romanesque. Ma-
nuscrit trouvé à Saragosse entre construction et maçonnerie, cit.; C. Nico-
las, “Du bon usage de la franc-maçonnerie dans le Manuscrit trouvé à
Saragosse” in: “Les cahiers de Varsovie”, 3, 1975; D. Triaire, “Jean Po-
tocki franc-maçon”, in: “Ars regia” 3/4, 1993.
– 101 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
161
J. Potocki, op.cit., p.541.
162
Ivi, p.154.
163
Cfr. M. E. Zoltowska, “Potocki, lecteur des romans de Diderot”, in:
“Europe”, cit.
– 102 –
LIQUIDI
164
Cfr. J. Herman, “Tout est écrit ici-bas. Le jeu du hasard et de la né-
cessité dans le Manuscrit trouvé à Saragosse”, in: cit., pp.148-149: “Au bout
du labyrinthe, il trouvera enfin le filon d’or qui assurera la fortune de tous
ses descendants, jusqu’à son épuisement, dont Alphonse sera témoin (…)
L’explosion qui détruira le labyrinthe souterrain répond assez exactement à
l’explosion du livre, le livre qui fait éclater ses propres limites. Le secrète du
filon d’or, révélé par l’inscription sur la pierre, est donc confié au livre. Le
parchemin prend la relève de l’inscription. La prose du monde va devenir
libre. Mais cette écriture à l’encre n’est que le succédané d’une écriture plus
vieille qui correspond à l’inscription du monde dans sa propre matière. Le
secret est toujours déjà écriture, tout est déjà écrit ici-bas”.
165
J. Potocki, op.cit., p.567.
166
Potocki non è certamente il primo e neppure l’ultimo ad istituire un le-
game metaforico tra oro e linguaggio. A questo proposito si confrontino le tra-
duzioni come spiccioli di rame di Montesquieu o le cambiali poetiche di Goethe
analizzate da H. Weinrich nel noto lavoro del 1958 “Münze und Wort” (“Mo-
neta e parola”). Tr.it. in: H. Weinrich, Metafora e menzogna, Bologna, Il Mu-
lino, 1976.
– 103 –
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167
J. Potocki, op.cit., p.570.
168
“Don Henri de Sa, gouverneur de Cadix, est un de nos affiliés. Il
vous a récommandé Lopez et Mosquito qui vous ont abandonné à l’abreu-
voir dos Alcornoques. Vous avez bravement continué votre chemin jusqu’à
la venta Quemada. Là vous avez trouvé vos épouses. Mais au moyen d’un
breuvage narcotique, le lendemain vous vous êtes trouvé couché sous le
gibet des frères Zoto. De là, vous êtes venu à mon ermitage où vous avez
trouvé le terrible démoniaque Pascheco lequel n’est proprement qu’un sal-
timbanque basque qui s’est crevé un œil en faisant un saut périlleux. J’ai cru
que sa terrible histoire vous ferait quelque impression et que vous trahiriez
le secret juré à vos cousines, mais vous êtes resté fidèle à votre parole
d’honneur. Le lendemain nous vous avons mis à une épreuve bien plus ter-
rible: un feint inquisiteur vous à menacé des plus affreux supplices et n’a
pu vous intimider. Nous voulions vous mieux connaître et nous vous avons
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LIQUIDI
vigliosi del romanzo così come ben poca cosa, rispetto al te-
soro perduto dei Gomelez, sarà l’incarico di governatore di Sa-
ragozza con cui Alphonse si assicurerà una onesta vecchiaia.
Al di fuori del tempo iniziatico della scrittura, al di fuori del
labirinto, vita e morte non possono più trovare alcuno spazio di
coincidenza.
E non c’è appunto ipotetico stato di veglia che non comporti
necessariamente la morte del sogno.
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BIBLIOGRAFIA
Testi:
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IL LABIRINTO CANNIBALE
Studi:
– 108 –
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IL LABIRINTO CANNIBALE
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BIBLIOGRAFIA
– 111 –
IL LABIRINTO CANNIBALE
– 112 –
Finito di stampare
nel mese di Maggio 2007
presso
Digital Print Service
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