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Mobilità sociale: le principali teorie

Le principali teorie che andremo a menzionare sono le seguenti:


 Teoria liberale dell’industrialismo
Si sostiene che, più è avanzata l’economia di un paese, maggiore è il grado di
mobilità assoluta e relativa che esso presenta. Questo sviluppo fa crescere la
mobilità assoluta perché causa continui mutamenti nel mercato del lavoro (ad
esempio, la diminuzione dell’occupazione agricola e l’espansione di quella
industriale) e un costante aumento delle posizioni di vertice che richiedono
alti livelli di specializzazione. Allo stesso tempo esso determina un aumento
della mobilità relativa perché provoca un processo di razionalizzazione, il
passaggio dal particolarismo all’universalismo, dal dominio dei ruoli ascritti a
quello dei ruoli acquisiti. Nel reclutare le persone nelle diverse posizioni ciò
che conta è sempre di meno chi sono e sempre di più cosa esse sanno fare.

 Teoria dei fattori culturali e politici


La forte mobilità sociale di alcuni paesi è dovuta a fattori di ordine culturale o
politico. Alcuni studiosi ritengono che gli Stati Uniti (o, talvolta, l’Australia)
siano il paese in cui spostarsi da una classe all’altra è particolarmente facile:
essi sostengono che questo é dovuto alle peculiarità delle sue istituzioni e
della sua cultura nazionale. Essi si rifanno alle considerazioni di Alexis de
Tocqueville, che durante il suo soggiorno negli Stati Uniti scrive La
Democrazia in America. Tocqueville cerca di analizzare la società americana
cercando di scoprire i fattori che rendono possibile l’applicazione della
democrazia nel contesto americano. Tocqueville guarda con rispetto la società
americana, questa infatti è una società aperta in cui ogni individuo gode degli
stessi diritti, non ci sono distinzioni di classi e ognuno ha la possibilità di
affermarsi.
Coloro invece che credono che siano i paesi socialisti sorti nell’Europa
orientale alla fine della seconda guerra mondiale o quelli nordici
socialdemocratici ad avere una notevole mobilità sociale sono convinti che
questo dipenda dalla loro storia politica, dal fatto cioè che i governi hanno per
molto tempo preso delle misure volte a rendere più fluida la società.

 Teoria di Sorokin
Sorokin era consapevole della disuguaglianza esistente tra i vari esseri umani,
e riteneva la stratificazione sociale un elemento imprescindibile per il corretto
funzionamento della società. Per Sorokin non esiste un unico principio di
ordinamento, perché le dimensioni della stratificazione sociale sono assai
numerose e variabili, anche se riconducibili a tre tipi principali: la
stratificazione economica, la stratificazione politica e la stratificazione
professionale. Esiste una stretta correlazione tra queste tre dimensioni della
disuguaglianza; chi si trova, ad esempio, nello strato economicamente
superiore è, generalmente, in posizione sovraordinata anche sul piano politico
e professionale.  Lo studio della mobilità sociale per Sorokin ha lo scopo di
analizzare sia il movimento degli individui all'interno dello spazio sociale, sia le
conseguenze che ne derivano sugli assetti della struttura sociale, sul
mantenimento dell'ordine sociale e sui processi di mutamento. Non è
possibile individuare delle leggi generali del mutamento nel sistema delle
disuguaglianze, né stabilire linee di tendenza o correlazioni precise tra le
diverse dimensioni dello spazio sociale.
fluttuazioni, ondate di maggiore mobilità o immobilità sono determinate dalla
diversa importanza assunta da fattori esogeni (rivoluzioni, guerre, invasioni)
ed endogeni (ad esempio, l’interesse di coloro che occupano posizioni di
vertice a non far cadere alcune barriere o a sostituirle con altre) al sistema di
stratificazione.

 Teoria di Lipset e Zetterberg


Secondo questi studiosi l’andamento della mobilità sociale è alquanto simile
nelle diverse società industriali occidentali. Una forte mobilità sociale, assoluta, è
una caratteristica peculiare dell’industrializzazione. A differenza però della teoria
dell’industrialismo, questi studiosi non pensano che il tasso di mobilità continui a
crescere con lo sviluppo economico. Sostengono invece, che esiste un “effetto
soglia” e che la mobilità di una società diventa elevata quando la sua
industrializzazione, e quindi la sua espansione economica,  raggiunge un certo
livello (solitamente nella fase di decollo di questo processo si osserva il maggior
grado di mobilità sociale).
 La teoria di Featherman, Jones e Hauser
Questi studiosi sostengono, a differenza di Lipset e Zetterberg, che la mobilità
sociale assoluta sia differente tra i vari paesi sviluppati poiché dipende da
fattori esogeni (di carattere economico, tecnologico, demografico) che
variano, dunque, a seconda dei paesi. Riguardo la mobilità sociale relativa,
questi studiosi sono fortemente critici nei confronti della teoria
dell’industrialismo. Difatti sostengono che la mobilità relativa sia all’incirca la
stessa in tutti i paesi sviluppati e non cresce parallelamente al loro sviluppo
economico.

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