Traduzioni di: Manuela Tassan (saggio di A. Arce e N. Long);
Adele Vacca Graffagni (R. Apthorpe); Lucia Rodeghiero( J. Ferguson); Valentina Mutti (A. Escobar); Melissa Pignatelli (S. Latouche). vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico, non autorizzata. Meltemi editore via Merulana, 38 00185 Roma tel. 06 4741063 fax 06 4741407 info@meltemieditore.it www.meltemieditore.it a cura di Roberto Malighetti Oltre lo sviluppo Le prospettive dellantropologia MELTEMI Ai miei genitori, Liliana e Ugo Indice p. 7 Introduzione Fine dello sviluppo: emergenza o decrescita Roberto Malighetti 51 Riconfigurare modernit e sviluppo da una prospettiva antropologica Alberto Arce, Norman Long 109 Il discorso delle politiche dello sviluppo Raymond Apthorpe 133 Sviluppo e potere burocratico nel Lesotho James Ferguson 151 Sovranit mobile e derive umanitarie: emergenza, urgenza, ingerenza Mariella Pandolfi 187 Immaginando unera di postsviluppo Arturo Escobar 219 La decrescita come condizione di una societ conviviale Serge Latouche Immaginando unera di postsviluppo Arturo Escobar* Se sapessi con certezza che un uomo stes- se venendo a casa mia con il dichiarato progetto di farmi del bene, dovrei mette- re al sicuro la mia vita () per paura di dover accettare anche solo una parte di questo bene fatto per me. (Thoreau 1977, p. 328) Introduzione Da qualche tempo a questa parte, risulta difficile par- lare di sviluppo, di protesta o di rivoluzione con la stessa sicurezza e lo stesso sguardo dinsieme con cui una volta intellettuali e attivisti parlavano di questi temi fondamen- tali. come se i discorsi eleganti degli anni Sessanta la grande stagione per i temi dello Sviluppo e della Rivolu- zione siano stati sospesi, lasciati a mezzaria mentre pro- ducevano il loro massimo sforzo e, come fragili bolle, sia- no esplosi, lasciando alle spalle una traccia confusa del lo- ro glorioso passaggio. Forse con esitazione, ma con una persistenza che deve essere considerata seriamente, emer- so un nuovo discorso: quello della crisi dello sviluppo da un lato e quello dei nuovi attori sociali e dei nuovi movimenti sociali dallaltro. Molti studiosi hanno anche proposto una re-interpretazione radicale della realt so- ciale e politica basata su un nuovo insieme di categorie co- me sviluppo alternativo, nuove identit, pluralismo ra- dicale, storicit e egemonia. Fino a poco tempo fa, la relazione tra veridicit e realt che caratterizzava il discorso politico era relativamente chiara e immediata. Lo sviluppo era soprattutto una que- stione di capitale, tecnologia ed educazione, e di politiche appropriate e meccanismi pianificatori per combinare questi elementi con successo. La resistenza, dallaltra par- te, era principalmente una questione di classe e di impe- rialismo. Al giorno doggi questa distinzione stata con- fusa e perfino classe e imperialismo sono pensati come og- getti di innumerevoli mediazioni. Tuttavia, mentre la ri- cerca innovativa sulla natura della resistenza e sulla pra- tica politica in crescita, non si pu dire lo stesso per quanto riguarda lo sviluppo. La teoria dei movimenti so- ciali, in particolare, diventata, pi o meno nellultima de- cade, una delle arene centrali per le scienze sociali e il pen- siero critico di base (Touraine 1981; Laclau, Mouffe 1985; Slater, a cura, 1985; Kothari 1987; Shet 1987; Melucci 1989; Shiva 1988; Caldern et al., 1992; Escobar, Alvarez, a cura, 1992). La stessa vitalit non caratterizza la seconda arena fon- damentale che riguarda questo scritto, quella dello svi- luppo. Mentre molti considerano lo sviluppo come mi- serabilmente morto o fallito, poche eventuali concezioni alternative e pochi progetti di cambiamento sociale sono proposti al suo posto. In questo modo, limmaginario del- lo sviluppo continua a dominare. Nel quadro della teoria dei movimenti sociali si possono chiaramente immagina- re nuovi ordini sociali, ma nellarena dello sviluppo lim- magine offuscata e lascia intravedere una societ futura sviluppata dove solo i bisogni di base sono affronta- ti. Tuttavia lapprodo a questa societ (ammettendo che sia possibile) comporterebbe che tutto il clamore su pluralit, differenza e autonomia nozioni centrali nel discorso del movimento sociale sia stato inutile. Lapparente incapacit di immaginare un nuovo do- minio che lasci finalmente alle spalle limmaginario dello sviluppo e trascenda la dipendenza dello sviluppo dalla modernit e dalla storicit occidentale, solleva una serie di domande: perch lo sviluppo stato cos resistente al- la critica radicale? Che tipo di pensiero critico e pratica sociale potrebbe permettere di pensare alla realt del Ter- 188 ARTURO ESCOBAR zo Mondo in maniera differente? I discorsi egemonici sullo sviluppo iscritti in molteplici forme di sapere, tec- nologie politiche e relazioni sociali possono essere si- gnificativamente modificati? Lemergere di un potente discorso alternativo da parte dei movimenti sociali solle- va ulteriori questioni: in che modo lazione popolare di- venta oggetto di conoscenza nel discorso del movimento sociale? Se stanno emergendo nuovi discorsi e nuove pra- tiche che contribuiscono a dare forma alla realt alla qua- le fanno riferimento (Foucault 1985), qual il dominio re- so visibile da questo discorso? Chi in grado di cono- scere, secondo quali regole e quali sono gli oggetti per- tinenti? Quali criteri politici vengono attuati, con quali conseguenze per gli attori popolari? Infine, qual la re- lazione tra la morte dello sviluppo e la nascita dei movi- menti sociali? Questo testo intende collegare queste due aree di ri- cerca. Largomento pu essere riassunto in tre proposi- zioni. Innanzitutto, molte critiche allo sviluppo hanno raggiunto unimpasse. La presente impasse non richiede una maniera migliore di fare sviluppo e neanche un al- tro sviluppo. Una critica del discorso e della pratica del- lo sviluppo pu aiutare a sgombrare il campo per imma- ginare in modo pi radicale le alternative future. Secon- dariamente, lo sviluppo non semplicemente uno stru- mento di controllo economico della realt fisica e sociale dellAsia, dellAmerica Latina e dellAfrica. anche unin- venzione e una strategia prodotta dal Primo Mondo ri- spetto al sottosviluppo del Terzo Mondo. Lo svilup- po stato il meccanismo primario attraverso cui il Terzo Mondo stato immaginato e ha immaginato se stesso, emarginando o precludendo in questo modo altri modi di vedere e di agire. In terzo luogo, pensare alle alternative allo sviluppo richiede una trasformazione teoretica e pra- tica delle nozioni esistenti di sviluppo, modernit ed eco- nomia. Questo pu essere realizzato al meglio strutturan- IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 189 do le pratiche del movimento sociale, specialmente quel- le nel Terzo Mondo. Questi movimenti sono essenziali per la creazione di visioni alternative della democrazia, del- leconomia e della societ. Legemonia dello sviluppo La costruzione del Terzo Mondo attraverso i discorsi e le pratiche dello sviluppo deve essere vista in relazione allintera storia della modernit occidentale, della quale lo sviluppo sembra essere uno degli ultimi e pi insidiosi ca- pitoli (Escobar 1995; Watts 1995; Cowen, Shenton 1995). Da questa prospettiva, lo sviluppo pu essere descritto nel modo migliore come un apparato che connette forme di conoscenza attorno al Terzo Mondo con il dispiegarsi di forme di potere e di intervento che sfociano nella map- patura e nella produzione delle societ del Terzo Mondo. Lo sviluppo costruisce il Terzo Mondo contemporaneo si- lenziosamente, senza che ce ne accorgiamo. Per mezzo di questo discorso, individui, governi e comunit sono visti come sottosviluppati e trattati come tali. Inutile dire che le popolazioni dellAsia, Africa e Ame- rica Latina non si siano sempre viste in termini di svi- luppo. Questa visione unificante risale solo al dopo- guerra, quando gli apparati della produzione del sapere e dellintervento occidentali (come la Banca Mondiale, le Nazioni Unite e le agenzie di sviluppo bilaterale) venne- ro globalizzati e stabilirono la nuova economia politica del- la verit (cfr. Sachs, a cura, 1992; Escobar 1984; 1988). Esa- minare lo sviluppo in quanto discorso richiede unanalisi del perch siano arrivati a concepirsi come sottosviluppa- ti, di come il raggiungimento dello sviluppo sia divenuto un problema fondamentale, e di come sia stato realizzato attraverso il dispiegamento di una miriade di strategie e programmi. 190 ARTURO ESCOBAR Lo sviluppo in quanto discorso condivide delle carat- teristiche strutturali con altri discorsi colonizzanti, come lOrientalismo che, come sostiene Said: pu essere studiato e discusso come linsieme delle istituzioni create dallOccidente al fine di gestire le proprie relazioni con lOriente, gestione basata oltre che su rapporti di forza eco- nomici, politici e militari anche su fattori culturali; si tratta insomma dellOriente come modo occidentale per esercita- re la propria influenza e il proprio predominio sullOriente (). Ritengo infatti che, a meno di concepire lOriente co- me discorso, risulti impossibile spiegare la disciplina co- stante e sistematica con cui la cultura europea ha saputo trat- tare e perfino creare, in una certa misura lOriente in cam- po politico, sociologico, ideologico, scientifico e immagina- tivo dopo il tramonto dellIlluminismo (Said 1978, p. 3). Nello stesso modo, lo sviluppo ha funzionato come meccanismo di assoluto potere per la produzione e la ge- stione del Terzo Mondo nel periodo dopo il 1945. Il pre- cedente sistema di produzione del sapere fu rimpiazzato da uno nuovo, modellato secondo le istituzioni e gli stili nordamericani (Fuenzalida 1983; Escobar 1989). Questa trasformazione ebbe luogo per assecondare le richieste dellordine dello sviluppo del dopoguerra, che faceva af- fidamento in larga misura sulla ricerca e sul sapere per for- nire un quadro attendibile dei problemi sociali ed eco- nomici del paese. Le discipline e le sotto-discipline dello sviluppo incluse leconomia dello sviluppo, le scienze agrarie, le scienze della salute, della nutrizione e delle- ducazione, la demografia e la pianificazione urbana proliferarono. I paesi del Terzo Mondo diventarono cos il bersaglio dei nuovi meccanismi di potere incorporati in infiniti pro- grammi e strategie. Le loro economie, societ e culture furono offerte come nuovi oggetti di sapere che, a loro vol- ta, crearono nuove possibilit di potere. La creazione di IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 191 una vasta rete istituzionale (dalle organizzazioni interna- zionali alle universit fino alle agenzie di sviluppo locale) assicurava lefficiente funzionamento di questo apparato. Una volta consolidato determin cosa poteva essere det- to, pensato, immaginato; in breve, defin un ambito per- cettivo, ovvero lo spazio dello sviluppo. Industrializza- zione, pianificazione familiare, Rivoluzione Verde, po- litica macroeconomica, sviluppo rurale integrato e altri ancora, tutti esistono allinterno di quello stesso spazio. Tutti ripetono la stessa verit di base, vale a dire che lo svi- luppo consiste nellaprire la strada alla realizzazione di quelle condizioni che caratterizzano le societ ricche: in- dustrializzazione, modernizzazione agricola e urbanizza- zione. Fino a poco fa, sembrava impossibile sfuggire da questo immaginario dello sviluppo. Ovunque si guardas- se, si trovava la realt frenetica e ripetitiva dello sviluppo: governi che progettano ambiziosi piani di sviluppo, isti- tuzioni che portano avanti programmi di sviluppo sia in citt, sia in campagna, esperti che studiano i problemi dello sviluppo e producono teorie ad nauseam, esperti stranieri dappertutto e societ multinazionali introdotte nel paese in nome dello sviluppo. In sintesi, lo sviluppo ha co- lonizzato la realt ed diventato la realt. Una critica dello sviluppo come discorso ha incomin- ciato a coalizzarsi in anni recenti (Mueller 1987a; 1987b; Ferguson 1990; Marglin 1990; Sachs, a cura, 1992). Le cri- tiche mirano a esaminare la fondazione di un ordine del sapere sul Terzo Mondo e sulle modalit in cui il Terzo Mondo costituito nella rappresentazione e attraverso di essa. La realt del Terzo Mondo iscritta con precisione e persistenza dai discorsi e dalle pratiche di economisti, pianificatori, nutrizionisti, demografi e simili, rendendo difficile per le persone definire i propri interessi nei loro termini, in molti casi rendendoli, in realt, incapaci di far- lo (Illich 1977). Lo sviluppo procedeva creando anorma- lit (il povero, il malnutrito, lanalfabeta, le don- 192 ARTURO ESCOBAR ne incinte, i senza terra) che si poneva poi il compito di gestire o normalizzare. Cercando di sradicare tutti i pro- blemi, finiva col moltiplicarli allinfinito. Incorporato in una molteplicit di pratiche, istituzioni e strutture, ha avuto un profondo effetto sul Terzo Mondo: relazioni so- ciali, modi di pensare, visioni del futuro sono tutti segnati e formati indelebilmente da questo operatore onnipre- sente. La visione dello sviluppo come discorso si distanzia si- gnificativamente da altre analisi portate avanti da pro- spettive di economia politica, modernizzazione o anche di sviluppo alternativo. Queste analisi hanno prodotto proposte per modificare lattuale regime dello sviluppo: modi di migliorare questo o quellaspetto, teorie o conce- zioni rivedute, anche il suo riutilizzo entro una nuova ra- zionalit (per esempio, socialista, antiimperialista o eco- logista). Queste modificazioni, comunque, non costitui- scono una presa di posizione radicale nei confronti del di- scorso; sono invece un riflesso di quanto sia difficile im- maginare un dominio realmente diverso. Il pensiero criti- co dovrebbe aiutare a riconoscere il carattere pervasivo e il funzionamento dello sviluppo come paradigma di au- todefinizione. Ma pu andare oltre e contribuire alla tra- sformazione o allo smantellamento del discorso? Innanzitutto bisogna chiedersi se un tale dominio pos- sa essere immaginato. I filosofi ci hanno resi consapevoli che non possiamo descrivere esaustivamente il periodo in cui ci capita di vivere, dato che dallinterno delle sue re- gole che parliamo e pensiamo e che questo ci fornisce la base per le nostre descrizioni e la nostra stessa storia (Benjamin 1969, pp. 253-264; Foucault 1972, pp. 130- 131; Guha 1989, pp. 215-223). Possiamo essere consape- voli di regioni o di frammenti della nostra era, ma solo una certa distanza da essa ci permetter di tentare una descri- zione critica della sua totalit come di unera che ha smes- so di essere nostra. Possiamo affrontare questo punto in IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 193 relazione allordine dello sviluppo del dopoguerra. Le cri- tiche allo sviluppo da parte dei teorici della dipendenza, per esempio, si muovono ancora entro lo stesso spazio di- scorsivo dello sviluppo, anche se cercano di attaccarlo con una diversa razionalit internazionale e di classe. Stia- mo ora avvicinandoci al punto in cui possiamo delimita- re con pi chiarezza lera trascorsa. Forse stiamo comin- ciando ad abitare lo spazio fra il vecchio e il nuovo ordi- ne che inizia a emergere lentamente e dolorosamente. For- se non saremo obbligati a dire le stesse verit, parlare lo stesso linguaggio e prescrivere le stesse strategie. Grande attenzione deve essere posta per salvaguarda- re questo nuovo discorso dai tentativi di recuperare lo sviluppo attraverso nozioni alla moda come sviluppo so- stenibile, sviluppo di base, donne e sviluppo, svi- luppo market-friendly e cos via, o di ristrutturare il Ter- zo Mondo in linea con le richieste simboliche e materiali di una nuova divisione del lavoro internazionale basata sul- lalta tecnologia (Castells 1986; Harvey 1989; Amin 1990; Lpez Maya 1991). Il pensiero critico pu risvegliare la consapevolezza sociale circa il potere che lo sviluppo ha ancora nel presente. Potr anche aiutare a visualizzare al- cuni possibili percorsi lungo i quali le comunit possono allontanarsi dallo sviluppo verso un dominio differente, an- cora sconosciuto, nel quale il bisogno naturale di svi- lupparsi sia finalmente sospeso e in cui si possano speri- mentare modalit diverse di organizzare societ ed eco- nomia e di rapportarsi con la devastazione di quattro de- cadi di sviluppo. Il numero di studiosi del Terzo Mondo che sono dac- cordo con questa prescrizione in crescita. Invece che cer- care sviluppi alternativi, questi parlano di alternative al- lo sviluppo e cio di un rifiuto dellintero paradigma. Vedono questa riformulazione come una possibilit stori- ca gi in atto in movimenti ed esperimenti innovativi di ba- se. Nelle loro valutazioni, questi autori condividono una 194 ARTURO ESCOBAR serie di caratteristiche: una posizione critica riguardo al sa- pere scientifico istituzionale: un interesse per lautono- mia, la cultura e i saperi locali; e la difesa dei movimenti di base localizzati e pluralisti con i quali alcuni di loro han- no lavorato a stretto contatto (Esteva 1987; Kothari 1987; Nandy 1987; Fals Borda 1988; Rahnema 1988a; 1988b; Shiva 1988; Parajuli 1991; Sachs, a cura, 1992). Per que- sti autori, nel momento in cui diventa pi evidente il le- game fra lo sviluppo e la marginalizzazione della vita e dei saperi della gente, si fa pi intensa anche la ricerca di al- ternative. Limmaginario dello sviluppo e del mettersi al- la pari con lOccidente ha esaurito il suo fascino. In sin- tesi, si stanno aprendo nuovi spazi nel vacuum lasciato dai meccanismi colonizzanti dello sviluppo, sia attraverso linnovazione che la sopravvivenza e la resistenza di pra- tiche popolari. Ci che in gioco la trasformazione del regime poli- tico, economico e istituzionale della produzione della ve- rit che ha definito lera dello sviluppo. Questo richiede, a sua volta, cambiamenti nelle istituzioni e nelle relazioni sociali, apertura a varie forme di sapere e manifestazioni culturali, nuovi stili di partecipazione, maggiore autono- mia locale nella produzione di norme e discorsi. Se que- sto porti o meno a trasformazioni significative nel regime predominante, tutto da vedere. Il futuro non pu esse- re predetto in questo campo n pu essere proposta una strategia precisa. In ogni caso, le iniziative di base dei mo- vimenti sociali possono portare facilmente in questa dire- zione. I movimenti sociali costituiscono un terreno anali- tico e politico nel quale possono essere definiti ed esplo- rati sia lindebolirsi dello sviluppo sia la rimozione di cer- te categorie della modernit (ad esempio, il progresso e le- conomia). nei termini del discorso del movimento sociale che lo sviluppo e il suo ruolo fondativo nella costituzione del Terzo Mondo e dellordine economico internazio- nale del dopoguerra pu essere messo alla prova. IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 195 I movimenti sociali e la trasformazione dellordine del- lo sviluppo C poco senso nello speculare in astratto sul caratte- re dellera del postsviluppo. Se accettiamo che il pensiero critico debba essere situato (Haraway 1989; Fraser 1989), allora la discussione di questi temi deve essere orientata alla pratica e occuparsi delle azioni e delle ri- vendicazioni politicizzate dei movimenti di opposizione. A lungo andare, saranno questi movimenti che determi- neranno in larga misura lo scopo e il carattere di ogni pos- sibile trasformazione. Perci importante collegare le proposte di trasformazione dello sviluppo con il lavoro in corso di questi movimenti. Nonostante ci sia disaccordo sulla natura e sulle di- mensioni degli odierni movimenti sociali, chiaro alla mag- gior parte degli analisti che iniziato un cambiamento nella struttura dellazione collettiva () un nuovo spazio per la teoria e lazione sociale (Caldern, Reyna 1990, p. 19). Questioni sulla vita quotidiana, la democrazia, lo Stato, la pratica politica e la ridefinizione dello sviluppo possono es- sere portate avanti pi efficacemente nel contesto dei mo- vimenti sociali. Ma come devono essere studiate le pratiche dei movimenti sociali? Come possono le scienze sociali ren- dere visibile il dominio delle pratiche popolari e i significa- ti intersoggettivi che vi sottostanno? Come pu lautoin- terpretazione degli attori essere presa in considerazione? Qual il campo di significati in cui sono iscritte le azioni po- polari e come questo campo stato prodotto dai processi di dominazione e resistenza, dalle strategie e dalle tattiche, dai saperi scientifici e popolari e dalle tradizioni? Quali so- no le relazioni tra definizioni culturali della vita sociale e cul- tura politica? In che modo gli attori collettivi costruiscono identit collettive e come creano nuovi modelli culturali? Limportanza della vita quotidiana e delle sue pratiche per lo studio dei movimenti sociali sempre pi apprez- 196 ARTURO ESCOBAR zata in America Latina. Le riflessioni sulla vita quotidia- na devono essere situate nellintersezione fra i micropro- cessi della produzione di significato e i macroprocessi di dominazione. Lindagine sui movimenti sociali da questa prospettiva cerca di restituire centralit alle pratiche po- polari senza ridurre i movimenti a qualcosa daltro: la logi- ca della dominazione o dellaccumulazione del capitale, la lotta della classe operaia o il lavoro dei partiti. Questa procedura privilegia il valore delle pratiche quotidiane nella produzione del mondo in cui viviamo. Se vero che la maggior parte delle persone vive entro strutture di do- minazione da loro stesse create, anche vero che parteci- pano a queste strutture, adattandole, resistendo ad esse, trasformandole e sovvertendole attraverso molteplici tat- tiche (de Certeau 1984; Scott 1985; Fiske 1989; Willis 1990; Comaroff, Comaroff 1991). La maggior parte della recente letteratura d per scon- tato che unimportante trasformazione sociale abbia gi avuto luogo, forse, in senso generale, lavvento di una nuova fase. Il vecchio spesso associato ad analisi del- la modernizzazione o della dipendenza; alle politiche in- centrate su attori tradizionali come i partiti, le avanguar- die e la classe operaia in lotta contro il controllo dello Stato; e a una visione della societ come composta da strutture pi o meno immutabili e relazioni di classe che solo grandi cambiamenti (per esempio imponenti schemi di sviluppo o sconvolgimenti rivoluzionari) possono mo- dificare in maniera significativa. Il nuovo, al contrario, evocato in analisi basate non su strutture ma su attori so- ciali; la promozione di stili politici democratici, egualita- ri e partecipatori; la ricerca non di grandi trasformazioni strutturali ma di costruzioni di identit e di maggiore au- tonomia attraverso le modificazioni delle pratiche e delle credenze quotidiane. Il discorso sul movimento sociale identifica cos due or- dini il vecchio e il nuovo caratterizzati da specifiche ca- IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 197 ratteristiche storiche. In questo processo sono trascurate le molte continuit fra i due regimi, come anche i modi in cui, per esempio, vecchi stili politici sono ancora pervasi- vi nei nuovi movimenti. Di uguale importanza, il passato dotato di caratteristiche che non sono completamente precise (per esempio la pretesa che tutti gli stili politici del passato fossero clientelari e non partecipativi). Ricono- scere le continuit che esistono fra i due periodi sia a li- vello di teorie politiche, dello sviluppo ed economiche, sia a quello delle pratiche popolari importante (Cardoso 1987; Mires 1987; Alvarez 1989). Diviene altres necessa- ria una caratterizzazione pi rigorosa della natura del cam- biamento che sta avendo luogo. Il declino dei vecchi modelli verosimilmente la con- seguenza del fallimento dello Stato sviluppista nel pro- durre miglioramenti stabili e dei meccanismi politici, sia di Sinistra che di Destra, per affrontare questo fallimen- to. Inoltre, linsostenibilit dei vecchi modelli si riflette nellattuale crisi. Questa doppia crisi dei paradigmi e delle economie sta provocando una nuova situazione, una riconfigurazione sociale, come lha giustamente de- finita Mires (1987). Per molti osservatori, la crisi dei mo- delli del dopoguerra, centrati sullazione della borghesia modernizzata e della classe operaia, comporta necessa- riamente la dissoluzione dei discorsi politici di questi at- tori sociali, aprendo cos la strada a nuove voci e mani- festazioni politiche. Al di l di queste affermazioni ge- nerali, comunque, molti discorsi sulla crisi sono a dir poco imprecisi. La crisi concettualizzata per lo pi in termini politici ed economici, ma molte questioni ri- mangono: quali sono, per esempio, le contraddizioni ine- renti agli attuali modelli? Quali specifici problemi del si- stema di controllo sembrano essere critici? Quali strut- ture vengono forzate? In che modo sono interrelate le cri- si di legittimazione fiscale ed economica nei specifici paesi dellAmerica Latina? 198 ARTURO ESCOBAR Altre domande sono ancora sollevate dal presupposto che cultura e ideologia siano incorporate nella produzio- ne e nella politica: quali caratteristiche culturali sembrano porre limiti allaccumulazione e alla persistenza di vecchie forme politiche? Il disfacimento di strutture economiche e politiche sta portando a nuove tradizioni e identit? Qua- li specifiche istituzioni si stanno disintegrando? Quali grup- pi di persone percepiscono le loro identit come partico- larmente minacciate e in che modo? Se i vecchi sistemi di identit di gruppo stanno perdendo il loro potere di inte- grazione, quali sono i nuovi sistemi per la formazione del- lidentit? Quali nuovi scopi e valori sono formulati? Qua- li nuovi discorsi sono posti in circolazione una volta che i consueti meccanismi di produzione discorsiva socio-cul- turale sono rovesciati? Tali domande non emergono sem- plicemente in relazione alle reali e drammatiche disloca- zioni che lAmerica Latina soffre attualmente. anche ne- cessario indagare pi a fondo i mutamenti e le fluttuazio- ni negli accordi istituzionali, nei significati e nelle pratiche che derivano, in parte, dalla crisi. Il numero e la qualit degli studi sui movimenti socia- li in America Latina sono cresciuti costantemente nellul- timo decennio. Fra quelli studiati vi sono i movimenti po- polari urbani, le comunit cristiane, le mobilitazioni dei contadini, i nuovi tipi di organizzazioni dei lavoratori e le nuove forme di protesta popolare (per i bisogni primari e lautonomia locale, ad esempio). Una crescente attenzio- ne viene prestata ai movimenti femminili ed etnici e a quelli di base di vario genere; al contrario, esistono pochi studi sui movimenti gay (McRae 1990) ed ecologisti (Vio- la 1987; Garca 1992). Le questioni dei diritti umani e della difesa della vita, cos come le forme giovanili di pro- testa, hanno attratto anchessi attenzione. Alloggi, lo studio pi completo lindagine su dieci paesi portata avanti dal Latin American Social Science Council (CLACSO) sotto la direzione generale di Fernando IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 199 Caldern (1986). Lo studio esamina le relazioni fra crisi, movimenti e democrazia e il possibile contributo dei mo- vimenti a costruire nuovi ordini sociali, a favorire nuovi modelli di sviluppo e a promuovere lemergere di nuove utopie (p. 12). Sono inoltre esplorati lesistenza di nuo- ve tendenze verso maggiore autonomia e pluralismo, mi- nor dipendenza dallo Stato e nuovi valori di solidariet e partecipazione. In sintesi, lo studio si propone di cercare nei movimenti la prova di una profonda trasformazione nella logica sociale () una nuova forma di fare politica e una nuova forma di socialit (). Pi significativamente, una nuova forma di mettere in relazione il politico e il sociale, il pubblico e il pri- vato, in modo che le pratiche quotidiane possano essere in- cluse fianco a fianco con il politico-istituzionale (Jelin 1986, p. 21). Una questione che sorge immediatamente come que- sta profonda trasformazione potr essere concettualiz- zata. Qui troviamo una proposizione tautologica, dal mo- mento che i movimenti sociali sono definiti precisamente nei termini di ci che si suppone producano: nuove for- me di politica e di socialit la cui definizione per lasciata non-problematizzata. Le nuove forme di fare politica non comprendono una nuova concezione della politica, ma unespansione del campo politico a includere le pratiche quotidiane. Perfino il futuro dei movimenti visto in ter- mini relativamente convenzionali: piccole organizzazioni si estenderanno in verticale e in orizzontale, formazioni non-partitiche apriranno la strada a partiti, proteste a bre- ve termine porteranno a imprese a lungo termine. Simil- mente, gli scienziati sociali vedono i movimenti sociali perseguire scopi che assomigliano molto agli obiettivi del- lo sviluppo convenzionale (principalmente, la soddisfa- zione dei bisogni di base). Questioni pi radicali sulla ri- definizione della politica e lo smantellamento dello svi- 200 ARTURO ESCOBAR luppo sono cos trascurate. Questo si combina col fatto che non c accordo su cosa si consideri come movimento e cosa lo renda nuovo. Nonostante queste difficolt, gli studi sui movimenti so- ciali hanno chiarito un certo numero di macro-temi. Le re- lazioni tra crisi, movimenti sociali e democrazia sono sta- te ampiamente definite. Le ragioni dellemergere di nuo- vi attori sono state anchesse identificate. Queste includono il carattere esclusivo dello sviluppo, la crescente fram- mentazione e lurbanizzazione precaria, la decomposizio- ne e la violenza sociale generale, la crescita del settore informale, la perdita di fiducia nel governo e nei partiti po- litici, il collasso dei meccanismi culturali e cos via. Altri hanno sostenuto che il dislocamento degli spazi e delle identit (dalla classe operaia a nuovi attori, dalla fabbrica alla citt, dalla sfera pubblica a quella domestica, dalla piazza al vicinato) spieghi i nuovi movimenti. Alcuni mo- vimenti hanno probabilmente compiuto una transizione dal micro al macro e dalla protesta alla proposta, essen- dosi coordinati tra loro nella costruzione delle coalizioni e dei movimenti politici, come il Partito dei lavoratori in Brasile, lAlleanza democratica M-19 in Colombia e il mo- vimento Cardenista in Messico (Fals Borda 1992). Il progetto CLACSO presenta inoltre una tipologia di mo- vimenti sociali basata sulle loro strutture di partecipazio- ne; sulla loro temporalit, includendo gli aspetti sincroni- ci e diacronici; sulla loro diffusione multipla ed eteroge- nea allinterno di uno spazio geografico; sulla loro relazione con le crisi e con altre forze sociali; sul loro effetto sulle relazioni sociali; sulla loro autorappresentazione e conce- zione della vita quotidiana. Infine, altri studi hanno identificato alcuni criteri per valutare il potenziale democratico dei movimenti: la misura in cui indeboliscono le pratiche autoritarie prevalenti; la misura dei loro effetti pluralistici e diversificanti sulle for- ze dominanti, omogeneizzanti e riduzioniste; il peso rela- IMMAGINANDO UNERA DI POSTSVILUPPO 201 tivo dellautonomia contro il clientelismo e la dipenden- za dallo Stato e dalle istituzioni politiche convenzionali; la possibilit di dare luogo a nuove forme economiche che trascendano la razionalit del mercato; e il possibile ruo- lo giocato dallAmerica Latina allinterno della divisione internazionale del lavoro (Caldern, a cura, 1986). 202 ARTURO ESCOBAR