PEROTINUS. IL CURIOSO CASO DI STEVE REICH Correva l'anno 1964. Il mondo della musica “colta”, in Europa, vive ancora sulla scia di quella che era la scuola di Darmstadt, nata nel '46 per riportare in Germania la musica che era ormai quasi bandita dalla politica “denazificante” degli Stati Uniti dopo la fine della Guerra (per esempio la musica di Strauss) e successivamente diventata, grazie all'apporto di personaggi quali Boulez, Berio, Stockhausen, un'icona della rivincita della “musica degenerata” e di una sorta di ideologia di totale democrazia dopo le nefandezze della dittatura (basti pensare che, nel serialismo integrale, non esiste nessun tipo di gerarchia di armonie, note, fraseggi, dinamiche, e fondamentalmente ogni elemento della musica ha eguale importanza nel risultato complessivo). Paradossalmente, così come la cultura popolare statunitense stava influenzando pesantemente quella europea, così viceversa accadde nel mondo accademico della musica; Schoenberg durante la guerra era andato a insegnare negli Stati Uniti, dove sarebbe rimasto fino alla morte, e questo aveva influenzato la loro concezione di musica, come si può notare ad esempio in John Cage. In tempi più recenti anche Luciano Berio, anche lui reduce dai corsi estivi di Darmstadt, era andato a insegnare oltreoceano. Il 1964, tuttavia, fu anche l'anno di un grande evento per la musica americana: vi è infatti la prima esecuzione di “IN C” di Terry Riley, un compositore che, in realtà già da qualche anno insieme a LaMonte Young, traduceva in musica l'espressione della cultura “hippie” che stava nascendo in America. Nella prima esecuzione di questo brano, che si compone di 53 brevi frammenti melodici da suonare in successione quante volte si vuole e non necessariamente insieme, vi è un giovane studente di composizione proprio di Berio e Milhaud al Mills College, ovvero Stephen Michael Reich, per gli amici Steve Reich, un giovane di buona famiglia di New York City con al suo attivo una laurea in Filosofia e una formazione da batterista jazz, seppur molto elementare. Lui rimase affascinato dall'idea del pezzo, di fatto un primordiale esempio di “musica processuale”, ovvero un brano che si “autocompone” sul momento quando i musicisti eseguono un processo o una serie di istruzioni, ma per ragioni puramente pratiche propose che uno strumento acuto suonasse una pulsazione di “do” in modo da poter suonare insieme. L'idea di cristallizzare la propria musica in una sola armonia, creando la varietà sfruttando soprattutto gli altri elementi della musica, era già venuta a Reich ascoltando l'album di John Coltrane “Africa Brass”, e trovò in “IN C” la sua conferma. Le idee seminate da “IN C” nella mente di Steve Reich germogliano l'anno dopo con il suo primo brano di rilievo, “It's gonna rain”, per nastro magnetico, ovvero un loop di una registrazione di un predicatore nero che parlava del diluvio universale a Union Square a San Francisco. Vi è l'idea della pulsazione, rappresentata nel brano dal battito d'ali di un piccione che pensò bene di spiccare il volo vicino al microfono del registratore mentre il predicatore urlava “It's gonna rain!!”, vi è l'idea del processo, che in questo caso è il cosiddetto “phasing”, ovvero lo sfasare una linea melodica contro sé stessa in modo da creare un canone che si sviluppa in maniera molto graduale fino a fare combaciare di nuovo le due voci. Il nome di Reich si espande e attrae l'attenzione anche degli ambienti più altolocati. In particolare Michael Tilson Thomas, all'epoca direttore assistente principale della Boston Symphony Orchestra, gli chiede di portare alla Boston Symphony Series il suo brano “Four Organs”, per quattro organi elettrici e maracas, un brano che, come afferma lo stesso compositore, è la più grande cadenza dominante-tonica della storia della musica. Richiama a Pérotin per quanto riguarda la tecnica processuale dell'aumento progressivo della durata degli accordi e alla tecnica dello “sfoltimento” progressivo degli accordi, per poter passare gradualmente da un accordo di Mi11 dominante a un accordo di La in secondo rivolto (senza la terza), il tutto con la pulsazione costante di maracas. L'esecuzione del 1971 alla Carnegie Hall di New York ebbe un riscontro paragonabile a quello della prima esecuzione della Sagra della Primavera a Parigi: la gente durante l'esecuzione del pezzo urlava, fischiava, una donna addirittura si portò a ridosso del palco sbattendo la testa urlando “Smettetela, confesso tutto!”. Gli anni '70 sono molto probabilmente il picco più alto della sua parabola compositiva. Dopo un viaggio in Ghana passato ad imparare le danze dell'etnia Ewe, in particolare il Gahu (ballo che io stesso ho suonato e ballato negli Stati Uniti e mi sono divertito come un pazzo) scrive “Drumming” per ensemble di percussioni, una composizione di durata variabile ma ben superiore all'ora e mezza, l'ultimo lavoro a sfruttare il concetto del phasing. Tutte le idee finora teorizzate e espanse da Reich convergono in quello che io ritengo essere il suo capolavoro, ovvero “Music for 18 Musicians”, un brano che ha avuto una popolarità talmente grande da essere diventato quasi oggetto di culto, al pari di brani come la 9a di Beethoven o la Sagra della Primavera. Questo brano per ensemble della durata di un'ora senza soluzione di continuità è quasi una sorta di maxi-ciaccona, dal momento che sono variazioni su un ciclo di undici accordi presentati nell'”esposizione” del brano. Oltre alla pulsazione, concetto mai assente dalla musica di Reich, e al processo di aggiunta e sottrazione delle note tematiche, vi sono due nuovi elementi: l'uso del respiro umano (clarinetti e cantanti devono eseguire cicli di pulsazioni nella durata di un “comodo respiro”) e l'uso di segnali video-acustici da parte del vibrafono e del primo clarinetto basso per sapere quando passare alla sezione successiva, un concetto di “direzione d'orchestra” che Reich scopre nella musica per gamelan Balinese. Gli anni '80 e '90 sono una svolta cruciale per Reich, che cerca di mettere nella sua musica quella parte di “umanismo” che era mancata alla sua prima parte di produzione, sempre molto tecnicistica e processuale, in particolare riscopre le sue origini ebraiche e ne studia la cultura religiosa e musicale; scrive “Tehillim” nel 1981, dove la voce umana riprende la sua funzione “narrativa” che mancava dai tempi di “It's Gonna Rain”, riproponendo il testo dei salmi del Ketuvim, gli ultimi testi del Tanakh, ovvero la Bibbia ebraica. Studia inoltre la cantillazione, la disciplina della lettura intonata dei testi sacri nei servizi sinagogali; da questa evolverà poi quasi naturalmente il concetto di “speech-melody”, da non confondere con la Sprechstimme schoenberghiana (e tantomeno col Sprechgesang), in quanto quest'ultima è un parlato dove l'intonazione viene indicata approssivativamente sulla partitura, mentre lo “speech-melody” prende la naturale inflessione delle parole normalmente dette e le trasforma in musica diatonica. Questa tecnica è la colonna portante del meraviglioso “Different Trains” per quartetto d'archi e nastro magnetico, uno dei brani a mio parere più toccanti ed emozionali di Reich che gli varrà il Grammy Award (e che ha un grande significato per me visto che ha segnato il mio debutto concertistico sulla viola :P ), che utilizza la campionatura delle voci della nutrice di Reich e dei sopravvissuti all'olocausto, paragonando i treni che prendeva Reich per viaggiare dai genitori divorziati ai treni che nello stesso periodo in Europa portavano i deportati nei campi di sterminio. Gli anni '90 e '00 confermano l'interesse rinnovato di Reich per i temi del “mondo reale”, con l'opera multimediale “The Cave” del '93, che parla del rapporto tra americani, israeliani e palestinesi con la Grotta dei Patriarchi di Macpelah (luogo che unisce tutte le tre culture, in quanto luogo di sepoltura del profeta Abramo), “City Life” del '94, dove si vive il caos di New York, e più recentemente “Daniel Variations” sull'omicidio di Daniel Pearl da parte dei terroristi islamici in Pakistan, WTC 9/11, analogo di Different Trains sulla strage delle Torri Gemelle e Three Tales, che parlano del disastro di Hindenburg, della pecora Dolly e degli esperimenti nucleari sull'atollo di Bikini. Quest'anno Reich compie ottant'anni, cinquanta dei quali passati a contribuire al mondo della musica con opere di estremo valore artistico ed intellettuale, ponendosi di fronte al pubblico accademico e popolare con lo stesso successo, e portando la cultura del minimalismo primordiale di LaMonte Young, Terry Riley oltre le loro più rosee aspettative. Tutto questo mischiando Perotin, Coltrane, il Ghana, la Tanakh e i predicatori delle strade di San Francisco. Neanche Carlo Cracco l'ha mai provata, una ricetta così azzardata.