Sei sulla pagina 1di 12

Relazione storico-culturale:

1) cenni introduttivi e storia degli studi


Il territorio comunale di Thiesi, in provincia di Sassari, che si estende per circa
63,83 km² si presenta dal punto di vista del rilievo, in prevalenza collinare; in
esso si alternano i dolci declivi calcarei del versante meridionale del Monte
Pelao (m730) in cui sorge l’abitato e le imponenti emergenze rocciose di origine
vulcanica della zona occidentale. Quest’area ricoperta da folta vegetazione
boschiva in prevalenza di sughera e di olivastro nasconde e custodisce da
millenni un immenso patrimonio storico archeologico che testimonia alcuni
aspetti del vissuto dei popoli che anticamente occupavano il territorio e di cui
noi siamo gli inconsapevoli eredi a cui è affidato il compito di conservare e
trasmettere i messaggi da loro lasciati nelle architetture e nei simboli adottati
nelle raffigurazioni pittoriche. Tra i monumenti presenti nel territorio
particolare attenzione meritano le Tombe Ipogeiche di Mandra Antine,
conosciute ed apprezzate sin dalla metà del XIX secolo (qual è la fonte di questa
affermazione?) per l’unicità architettonico-stilistico-decorativa.
Le notizie più antiche sul territorio di Thiesi sono di Giuseppe Cossu in
“descrizione geografica della Sardegna “ del 1755, nella pubblicazione si da un
quadro generale del paese e si fa riferimento alla presenza di nuraghi. Segue nel
1883 il “Dizionario” del Casalis, nel quale sono nominati vari monumenti del
territorio comunale. Il Taramelli nella sua edizione della “carta d’Italia al
100.000” localizza più dettagliatamente alcuni dei monumenti presenti sul
territorio dandone anche una sommaria descrizione. Riguardo alla necropoli in
questione non si hanno precisi riferimenti ed essendo la scoperta successiva alle
fonti citate di essa si hanno notizie bibliografiche contemporaneamente alla
pubblicazione scientifica. La necropoli ipogea di Mandra Antine fu scoperta nel
1961 dal Sig. Demetrio Sole che collaborò attivamente con prof. Gavino Manca
cultore di archeologia del territorio di Thiesi. Il Sole, ispettore onorario della
soprintendenza a partire dal 1961, anno della scoperta, ne da notizia all’allora
soprintendente Ercole Contu che , nello stesso ano ne curò la pubblicazione
scientifica.
2) descrizione della necropoli:
La necropoli di Mandra Antine è costituita, allo stato attuale, da quattro tombe
situate nel raggio di poche decine di metri che presentano caratteristiche di
particolare rilievo sia per quanto riguarda i particolari architettonici, sia per le
decorazioni pittoriche. La tomba I, detta tomba delle Paraste, sino a qualche
decennio fa veniva utilizzata come ricovero per il bestiame. La tomba è
composta da quattro celle, l’ingresso è stato ampliato in epoca moderna. La
particolarità è data dall’anticella semicircolare che riproduce la parte absidata

1
delle antiche capanne neolitiche; osservando nel dettaglio la cella si possono
riconoscere gli elementi architettonici in rilievo caratteristici come lo zoccolo
alto 30 cm, due paraste o lesene larghe 20 cm e una fascia orizzontale che
marca la parte inferiore della volta. Dimensioni: anticella m 2,70 x 4,90 x 1,50-
2,70; cella principale 2,25 x 5,5 x 1,95; le due celle di deposizione non sono
rilevabili e conservano un altezza di circa 1 metro.
La tomba II si trova più a valle; fortemente danneggiata da lavori di cavazione
di essa si conservano parte della cella principale di forma rettangolare e volta
piana, assieme a due celle di deposizione con portello quadrangolare ben
conservato. La tomba IV si trova a circa 50 metri dalle precedenti; ben
conservata nell’insieme essa conserva una pianta a T ma con un'unica cella di
deposizione: particolare è il portello con doppio rincasso di 40 x 50 cm.
3) descrizione della Tomba III
la tomba maggiormente conosciuta di questo complesso è la Tomba III o
Tomba Dipinta di Mandra Antine. Essa sebbene non sia per dimensioni la
maggiore è sicuramente la più rappresentativa dal punto di vista artistico, tanto
da essere definita la “tomba dipinta più bella del Mediterraneo”. Essa, per
questo motivo, è inserita nella maggior parte dei circuiti turistici isolani ed è
segnalata sulle principali guide turistiche nazionali ed estere sebbene al
momento non sia fruibile.
La tomba III di Mandra Antine è forse l’esempio più raffinato ed interessante
dell’architettura ipogea domestica sia per la rara policromia degli elementi
pittorici, che oggi solo parzialmente si possono ammirare, sia per i motivi
decorativi, sia per la problematica simbologia – in parte non risolta – che ad
essa si riferisce.
Nel 1961 l’archeologo Ercole Contu la esplorò scientificamente e la pubblicò
non nascondendo una particolare emozione dovuta alla particolare bellezza
delle decorazioni fino ad allora perfettamente conservate, di cui egli fa un
accurata descrizione, e al fatto che al suo interno si conservassero i resti di un
corredo funerario quasi integro. Immediatamente dopo la scoperta la tomba
venne recintata con conci di tufo e coperta con una tettoia in lamiera
successivamente rimossa in quanto inadatta alla conservazione delle pitture.
Qualche anno dopo, nel 1965, la Soprintendenza interviene con alcuni lavori
finalizzati alla conservazione della tomba costruendo un edificio in cemento
armato e muratura ancora esistente che la custodisce al suo interno
proteggendola dagli agenti atmosferici; in realtà la struttura non è adeguata
perché, non essendo particolarmente arieggiata, non permette alle acque di
defluire dall’interno della tomba che durante il periodo invernale è
costantemente allagata. Una soluzione possibile sarebbe stata quella di

2
asportare il monumento di conservarlo all’interno del Museo “Sanna” di Sassari
ma questa ipotesi non ha mai avuto seguito forse a causa dell’alto rischio .
Tecnicamente l’ipogeo è costituito da quattro celle disposte a “T”: l’anticella
ellittica, un ampia cella rettangolare, una cella di deposizione orientale e m 1,75
x 0,94 una occidentale aperte sui lati brevi di quest’ultima.
L’ingresso dell’anticella è largo circa 69 cm, non è possibile determinare quale
fosse l’altezza dell’anticella in poiché di essa si conserva solamente poco più
della pianta che misura 1 x 1,50 m. Sul lato destro di questo primo vano la parte
inferiore di due specie di paraste con tracce di colore rosso è quanto resta di
una probabile falsa porta; tracce di colore rosso si conservano anche sulla
parete. Un basso scalino , con resti di un portello largo alla base 60 cm, divide
l’anticella dalla cella principale di forma rettangolare con gli angoli smussati e
le pareti leggermente concave che misura 1,60 x 1,66 x 1,23 di altezza nel mezzo.
In questa cella il piano pavimentale risulta inclinato verso Est e reca tutto
intorno una fascia di colore rosso ocra o cinabro alta circa 15 cm; sul piano
pavimentale, in posizione decentrata, si conservano incisi quattro cerchi
concentrici (diametro massimo 54 cm) con una piccola cavità centrale
interpretati comunemente come la rappresentazione del focolare; anche l’area
inscritta all’interno di questi cerchi era dipinta di rosso e di questa pittura si
conservano solamente lacerti di colore.
Sulla parete di fondo della cella principale si osserva una complessa
composizione dipinta e a rilievo: nell’angolo di contatto con la volta si ha una
banda di colore nero antracite tendente al verde e, a diretto contatto con
questa, una banda di colore rosso cinabro. In posizione decentrata nella parete
si conserva una falsa porta con stipiti e architrave in rilievo e dipinte di rosso.
Lo spazio compreso entro la falsa porta (della quale manca tutto lo stipite
destro) presenta, nel mezzo, una breccia ellittica realizzata probabilmente in
epoca storica con utensili metallici; la falsa porta all’interno misura cm 76 x 65 ;
la sua cornice è larga cm 20 ai lati, non meno di 18 cm in basso e circa 5 cm in
alto. Questo elemento architettonico rappresenta il fulcro della composizione
pittorica che decora la parte rimanente della parete e analizzando e
interpretando graficamente il dipinto si può notare che essa costituisce la parte
della testa di una protome taurina stilizzata composta, appunto, dalla falsa
porta centralizzata inquadrata da una fascia dipinta di rosso, sovrastata ed
affiancata da cinque bande dipinte. Sotto la prima fascia precedentemente
descritta appaiono disposte sopra ed ai lati della falsa porta tre bande apicate
dipinte di rosso che misurano, quelle superiori 2,40 m, quella inferiore 3,10
m;la prima fascia la striscia o festone superiore si assottiglia in corrispondenza
dell’architrave della falsa porta; nel mezzo dell’architrave il festone è interrotto

3
da un rettangolo costituito da una fila di sei triangoli contrapposti per il vertice
che presentano in campo chiaro il solito colore nerastro. Il secondo festone ha
forma, dimensioni e colore simile al primo ma si interrompe, sia a destra che a
sinistra, qualche centimetro prima di raggiungere la cornice della falsa porta;
da questo festone collegati da strisce nerastre sottili, pendono dei dischi (tre per
parte) ugualmente nerastri del diametro di 12 cm. Il terzo festone , a parte la
sua maggiore larghezza è del tutto simile al secondo e, come quello , si
interrompe qualche centimetro prima della cornice della falsa porta; a
differenza del precedente esso non presenza ne dischi ne altri motivi
ornamentali ed è soggetta nella parte sinistra a un particolare stato di degrado
dovuto all’umidità di risalita. Ai due lati di questa composizione due riquadri
nerastri di forma trapezoidale con angoli arrotondati, con disco pendente
collegato da una sottile linea simile ai precedenti (uno per parte). Il riquadro
destro misura 24-27 x 26 cm di altezza, quello sinistro leggermente più piccolo
si diversifica anche per il colore più chiaro. Una striscia rossa (in parte
scomparsa) corre orizzontalmente alla base della parete a contatto con il
pavimento. Una simile partizione decorativa era probabilmente dipinta anche
sulla parete frontale di cui rimane parte di una figurazione taurina in cui le
corna sono espresse da dalle bande apicate. Questa decorazione conservata a
destra dell’ingresso dell’anticella si differenzia per il fatto che il riquadro di
colore nerastro ha la forma di un rombo irregolare (dimensioni 24 x 27 cm);
essa è molto degradata soprattutto nella sua fascia inferiore.
Dal punto di vista figurativo tale rappresentazione costituisce il punto di arrivo
dell’evoluzione intesa non solo in senso stilistico ma anche in senso
cronologico, della protome taurina di stile curvilineo che da motivo cultuale di
piccole dimensioni scolpito per lo più sulle pareti dell’anticella, diventa ampia
composizione espressa a tutta la parete, disposta nell’ambiente più vasto, dove
assume un carattere prevalentemente decorativo, mantenendo però il suo
carattere cultuale. La figura del toro è connessa con i rituali funebri preistorici
che venivano praticati nella cella principale, quella che si sta descrivendo, ed è
collegata con l’ideologia religiosa prenuragica secondo cui esistono due principi
divini : la Gran Madre che si rivela concretamente negli idoletti in ceramica,
pietra, osso ed in alcune raffigurazioni ed ornati simbolici presenti su statue
menhir e nelle ceramiche, a il Dio Maschio, espresso nella figura del toro e del
fallo (menhirs).
Per quanto riguarda i globi pendenti essi si possono riferire a simboli solari
legati al culto della fecondità o della pioggia. Fra le pareti dei lati brevi di questa
cella , l’unica che si conserva è quella orientale, nella quale si apre il portello che
conduce alla celletta est; questo semplice portello (dimensioni 59 x 65 cm) è

4
decorato sul bordo da una striscia chiara di colore arancione inquadrata da una
fascia nerastra delimitata a sua volta da due strisce verticali color bianco
avorio. Queste strisce giungono fino alla volta e si prolungano ciascuna
orizzontalmente sino allo spigolo delle pareti per riscendere forse fino a terra.
Le parti libere della suddetta decorazione, in cui si inquadra il portello, sono
dipinte di colore roseo. Sotto il portello la parete molto degradata non conserva
traccia di colore.
Il soffitto della cella principale, di cui si conserva solamente una porzione a
destra della cella, presenta due spioventi appena rilevabili e reca la
rappresentazione, a rilievo negativo, di una trave di colmo longitudinale e dei
travetti laterali. La volta, perciò, appare suddivisa in venti riquadri o cassettoni,
dieci per parte (non tutti si conservano), in rilievo negativo, bordati di rosso.
All’interno dei riquadri sono dipinte in color avorio, manganese o gesso in pasta
densa su fondo nero spirali, pseudo-spirali, semicerchi e bande oblique,
semplici e doppie. Si è quindi in presenza della rappresentazione su roccia di
una capanna rettangolare con focolare: una “speciale” capanna di culto oppure
una capanna di uso comune dalle strutture in legno, entrambe non ancora
documentate in archeologia che costituiscono il modello della casa, la tomba, in
cui il defunto vive la sua vita ultraterrena. Dal portello rettangolare
precedentemente descritto che si apre sulla destra si accede alla celletta
orientale che presenta la volta e le pareti ad angoli arrotondati, struttura
denominata “ a forno” (dimensioni 1,10 x 1,70 x 0,90 m); in essa non sono
presenti elementi decorativi di alcun tipo. Dell’altra celletta quella a sinistra
della cella principale, si conservano la forma della pianta ellittica ( 0,94 x 1,80
m) e una delle pareti a Nord colorata di rosso il cui andamento fa intuire la
tipica forma “a forno”. Davanti alla Tomba III , precisamente qualche metro
sulla destra furono messe in luce due larghe fosse rettangolari ed una più
piccola a forma di T irregolare a mio avviso riferibili ad un impianto produttivo
di epoca storica.
Lo scavo dell’ipogeo ha restituito pochi e, complessivamente, non rilevanti
materiali ceramici e litici, i quali alla luce dei confronti maltesi e siciliani messi
in rilievo per alcuni elementi architettonici e decorativi (fasce e spirali) e
dell’ipotesi evolutiva della protome taurina permettono di attribuire la Tomba
dipinta all’età finale del Rame.
4) Descrizione dello stato di conservazione:
Attualmente in seguito ad un intervento di tutela degli anni ’60 la Tomba III si
trova racchiusa all’interno di un edificio costruito in muratura e coperto con
una volta in cemento armato, per non permettere l’accesso al sito e tutelarne la

5
conservazione secondo i criteri allora in uso. La struttura di circa 4 metri di
larghezza, 3 di profondità e 2,7 di altezza avvolge e copre la tomba con la
pretesa di proteggerla dalle intemperie e da possibili atti vandalici e ne modifica
visivamente la pianta non permettendone la completa visibilità. Il muro taglia
trasversalmente l’anticella e proprio in corrispondenza di questa, alla base, è
stato necessario realizzare in canale di scolo per far defluire, in teoria, le acque
che altrimenti si raccolgono all’interno durante il periodo invernale e che invece
vengono assorbite lentamente dalla parete rocciosa agendo negativamente sulla
superficie di essa nella quale sono state realizzate le decorazioni compromesse
dall’umidità di risalita. L’accesso avviene tramite un inferriata. Probabilmente
non si è considerato a suo tempo che una struttura in cemento poco ventilata
avrebbe potuto costituire un problema maggiore per la conservazione del sito e
a distanza di anni i risultati di tale intervento si ripercuotono sui dipinti
presenti nelle pareti che hanno quasi completamente perso il loro colore
originario ricoperti da un solido strato di muffe e batteri che ne alterano
l’aderenza al supporto roccioso oltre che il colore. É palese che la struttura in
cemento scarsamente arieggiata e all’interno della quale il tasso di umidità è
costantemente alto, non permetta che si costituisca l’habitat adatto alla
conservazione della pittura rupestre, alterandone il microclima e favorendo la
formazione di agenti batterici naturali che aggrediscono i pigmenti
provocandone la distruzione o l’alterazione del colore.
5) Indicazione degli interventi da eseguire:
l’intervento è mirato alla valorizzazione, al recupero e alla conservazione di una
delle più belle e conosciute tombe ipogee del Mediterraneo e costituisce il
completamento di un precedente progetto di valorizzazione e fruizione
dell’area archeologica approvato dal Comune di Thiesi e dalla soprintendenza
archeologica delle province di Sassari e Nuoro, in cui è prevista la demolizione
della struttura in cemento e muratura e la realizzazione di una nuova opera di
protezione adatta alle particolari esigenze di salvaguardia, conservazione e
fruibilità del sito in questione. Nello specifico, nel presente progetto si intende
intervenire in prevalenza sul restauro, mediante una serie di operazioni di
bonifica, di consolidamento (dove necessario), di pulitura e se possibile di
integrazione delle superfici dipinte avvalendosi di moderne tecnologie, metodi
non invasivi e prodotti naturali che permettano, se pur tardivamente, il
recupero di ciò che ancora malamente si conserva dello splendido dipinto. Da
non trascurare, al fine conservativo, un attenta pianificazione degli interventi
futuri ed un costante ed accurato monitoraggio dello stato di degrado.

6
Dott. Pier Paolo Soro

Bibliografia:
E. Castaldi 1976, Il culto del toro nella preistoria della Sardegna ed il problema
delle tre cavità sull’alto dei prospetti dlle tombe dei giganti, in Archivio per
l’antropologia e l’etnologia”, vol CVI.
E. Contu 1964, Tombe preistoriche dipinte e scolpite di Thiesi e Bessude
(Sassari), in R.S.P., Firenze.
G. Lilliu1975, La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino.
E. Contu 1961, mandra Antine di Thiesi, in R.S.P. pag. 275
M.L. Ferrarese Cerruti 1975, Domus de Janas in località Molimentos
(Benetutti-Sassari) Torino.
G. Tanda 1979, Arte preistorica in Sardegna, rapporti fra dati monumentali ed
elementi della cultura materiali.
G. Tanda 1984, I Sardi: la Sardegna dal paleolitico all’età romana. Milano p
320,321
G. Tanda 1984, La tomba dipinta di Mandra Antine Thiesi (SS).

7
DOCUMENTAZIONE GRAFICA E/O FOTOGRAFICA

Fig. 1: Tomba dipinta di Mandra Antine. Pianta

Fig. 4: Tomba dipinta di Mandra Antine; assonometria

Fig.2: Tomba dipinta di Mandra Antine. Riproduzione grafica della parete dipinta.

8
Fig. 3: Tomba dipinta di Mandra Antine; riproduzione grafica del soffitto .

Fig. 4: Tomba dipinta di Mandra Antine; veduta assonometrica .

9
Fig. 5: Tomba dipinta di Mandra Antine; veduta parziale dell’interno.

Fig. 6: Tomba dipinta di Mandra Antine; particolare dell’interno.

10
Fig. 7: Tomba dipinta di Mandra Antine; particolare del soffitto.

Fig. 8: Tomba dipinta di Mandra Antine; esterno.

11
Fig. 9: Tomba dipinta di
Mandra Antine; Ingresso

Fig. 10: Tomba dipinta di Mandra Antine; Particolare dell’esterno.

Fig. 8: Tomba dipinta di Mandra Antine; particolare dell’esterno.

12

Potrebbero piacerti anche