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Il Pantheon ("tempio di tutti gli dei") è un edificio della Roma antica costruito come tempio

dedicato alle divinità dell'olimpo.

Adriano (125-128)

Il pronao, ottastilo (con otto colonne di granito grigio in facciata), misura m 34,20x15,62 m ed era
innalzato di m 1,32 sul livello della piazza[8] per cui vi si accedeva per mezzo di cinque gradini.
L'altezza totale dell'ordine è di 14,15 m e i fusti hanno 1,48 m di diametro alla base [8]. Sulla facciata
il fregio riporta l'iscrizione di Agrippa in lettere di bronzo, mentre una seconda iscrizione relativa ad
un restauro sotto Settimio Severo fu più tardi incisa sull'architrave. Il frontone doveva essere
decorato con figure in bronzo, fissate sul fondo con perni: dalla posizione dei fori rimasti si è
ipotizzata la presenza di una grande aquila ad ali spiegate. All'interno, due file di quattro colonne
dividono lo spazio in tre navate: quella centrale più ampia conduce alla grande porta di accesso
della cella, mentre le due laterali terminano su ampie nicchie che dovevano ospitare le statue di
Augusto e di Agrippa qui trasferite dall'edificio augusteo. I fusti delle colonne erano in granito
grigio (otto in facciata) o rosso (otto, distribuite nelle due file retrostanti), provenienti dalle cave
egiziane, ed anche i fusti dei porticati della piazza erano in granito grigio, sebbene di dimensioni
inferiori. I capitelli corinzi, le basi e gli elementi della trabeazione erano in marmo bianco pentelico,
proveniente dalla Grecia. L'ultima colonna del lato orientale del pronao, mancante già dal XV
secolo fu rimpiazzata da un fusto in granito grigio sotto papa Alessandro VII e la colonna
all'estremità orientale della facciata fu ugualmente sostituita sotto papa Urbano VIII con un fusto in
granito rosso: l'originaria alternanza dei colori nelle colonne, dunque, risulta oggi alterata. Le nuove
colonne provenivano entrambe dalle Terme Neroniane. Il timpano (che non è calibrato secondo la
proporzione canonica greca) è oggi liscio, ma si vedono ancora i fori che sostenevano la
decorazione bronzea. Il tetto a doppio spiovente è sorretto da capriate lignee, sostenute da muri in
blocchi con archi poggianti sopra le file di colonne interne. La copertura bronzea della travatura
lignea del pronao fu asportata nel 1625 sotto papa Urbano VIII per la edificazione del Baldacchino
di San Pietro, opera di Gian Lorenzo Bernini, e per la realizzazione di 80 cannoni del Castel
Sant'Angelo[9]: per questo "riciclo" fu scritta la famosa pasquinata "quod non fecerunt barbari,
fecerunt Barberini". Il pronao è pavimentato in lastre di marmi colorati che si dispongono secondo
un disegno geometrico di cerchi e quadrati. Anche i lati del pronao sono rivestiti in marmo.

La struttura intermedia che collega il pronao alla cella è un avancorpo in opera laterizia (mattoni),
costituita da due massicci pilastri che si appoggiano alla rotonda, collegati da una volta che
proseguiva senza soluzione di continuità l'originaria volta sospesa in bronzo della parte centrale del
pronao. Nei pilastri sono inserite scale di accesso alla parte superiore della rotonda. La parete è
rivestita con lastre di marmo pentelico e decorata all'esterno e ai lati della porta della cella da un
ordine di lesene che prosegue l'ordine del pronao. Tra le lesene sono inseriti pannelli decorativi con
ghirlande e con strumenti sacrificali. All'esterno la struttura ha la stessa altezza del cilindro della
rotonda e doveva come questa avere un rivestimento in stucco e intonaco oggi scomparso. Sulla
facciata un frontone in laterizio ripete quello del pronao ad un'altezza maggiore, e si rapporta alle
divisioni delle cornici marcapiano presenti sulla rotonda, che proseguono senza soluzione di
continuità sulle pareti esterne della struttura rettangolare al di sopra dell'ordine di lesene. Il
frontone, nascosto dal pronao, doveva comunque essere visibile solo da grande distanza. La
differenza di livello tra i due frontoni ha fatto ipotizzare che il pronao dell'edificio fosse stato in
origine previsto di maggiori dimensioni, con fusti di colonna di 50 piedi (14,80 m) invece che di 40
piedi (11,84 m)[10], ma che le cave di granito egiziane, già sfruttate per i fusti del monumentale
ingresso settentrionale del Foro di Traiano, non fossero in grado di fornire altri fusti monolitici di
tali eccezionali dimensioni e che il progetto dovette dunque essere ridotto e modificato. L'attuale
porta in bronzo, di proporzioni diverse da quelle dell'apertura, proviene forse da un altro antico
edificio. L'esterno della rotonda nasconde la cupola per un terzo, costruendo un corpo cilindrico che
altro non è che la continuazione in verticale del tamburo. Tra cupola e muro esterno è così racchiusa
un'ampia intercapedine dove sono state ricavate un doppio sistema di camere finestrate, organizzate
su un corridoio anulare, che ha anche la funzione di alleggerire il peso delle volte. Il corpo esteriore
della rotonda, esclusa la cupola, non era visibile in antico, in quanto nascosto dalla presenza di altri
edifici contigui; per questo non presenta particolari decorazioni, a parte tre cornici con mensole a
altezze diverse: in corrispondenza della trabeazione del primo ordine interno, lungo la linea
d'imposta della cupola e sul coronamento. A ciascuna di queste tre fasce corrispondono anche
diversi materiali usati nell'edificio, via via più leggeri.

Lo spazio interno della cella rotonda è costituito da un cilindro coperto da una semisfera. Il cilindro
ha altezza uguale al raggio (21,72 m) e l'altezza totale dell'interno è uguale al diametro (43,44 m)[11].
Al livello inferiore si aprono sei ampie nicchie distile (con due colonne sul fronte), a pianta
alternativamente rettangolare (in realtà trapezoidale) e semicircolare, più la nicchia dell'ingresso e
l'abside. Questo primo livello è inquadrato da un ordine architettonico con le colonne in
corrispondenza dell'apertura delle nicchie e lesene nei tratti di parete intermedi, che sorreggono una
trabeazione continua. Solo l'abside opposta all'ingresso è invece fiancheggiata da due colonne
sporgenti dalla parete, con la trabeazione che gira all'interno come imposta del catino absidale a
semicupola. Tra le lesene, negli spazi tra le nicchie, sono presenti otto piccole edicole su alto
basamento, con frontoncini alternativamente triangolari e curvilinei. Le pareti sono rivestite da
lastre di marmi colorati. L'ordine superiore, in opus sectile, aveva un ordine di lesene in porfido che
inquadravano finestre e un rivestimento in lastre di marmi colorati. le finestre si affacciano sul
primo corridoio anulare interno di alleggerimento. La decorazione romana originale di questa fascia
fu sostituita da quella attualmente visibile, realizzata nel XVIII secolo (probabilmente negli anni
1747-1752), che solo in parte ripristinò l'aspetto antico. Nel settore sud-occidentale una parte
dell'originario aspetto romano di questo livello fu restaurata successivamente, ma in modo non del
tutto preciso. Il pavimento della rotonda è leggermente convesso, con la parte più alta (spostata di
circa 2 metri verso nord-ovest rispetto al centro) sopraelevata di circa 30 cm, per far sì che la
pioggia che scende all'interno del tempio attraverso l'oculo posto sulla cima della cupola, defluisca
verso dei canali di scolo posti sul perimetro della rotonda. Esistono alcune leggende secondo cui
dall'oculo non entra la pioggia, a causa di un sistema di correnti d'aria, ma sono evidentemente
false. Il rivestimento è in lastre con un disegno di quadrati in cui sono iscritti alternativamente
cerchi o quadrati più piccoli.

La cupola, del diametro di 43,44 m[11], fu realizzata con una sola gettata ed è decorata all'interno da
cinque ordini di ventotto cassettoni[12], di misura decrescente verso l'alto, tranne nell'ampia fascia
liscia più vicina all'oculo centrale, di 8,92 m di diametro[11]. L'oculo, che dà luce alla cupola, è
circondato da una cornice di tegoloni fasciati in bronzo fissati alla cupola, che forse proseguiva
internamente fino alla fila più alta di cassettoni. Una curiosità riguardante l'oculo sta nell'"effetto
camino": infatti, quando piove, la corrente d'aria ascensionale porta alla frantumazione delle gocce
d'acqua, così all'interno sembra che non piova e, inoltre, per evitare pozze d'acqua all'interno, sono
stati fatti dei fori sia centrali che laterali per lo scolo dell'acqua. La realizzazione fu resa possibile
grazie ad una serie di espedienti che contribuiscono all'alleggerimento della struttura, dall'utilizzo
dei cassettoni, all'uso di materiali via via sempre più leggeri verso l'alto: nello strato più vicino al
tamburo cilindrico abbiamo strati di calcestruzzo con scaglie di mattoni, salendo troviamo
calcestruzzo con scaglie di tufo, mentre nella parte superiore, nei pressi dell'oculo troviamo
calcestruzzo confezionato con inerti tradizionali, miscelati a lava vulcanica macinata. All'esterno, la
cupola è nascosta inferiormente da una sopraelevazione del muro della rotonda, ed è quindi
articolata in sette anelli sovrapposti, l'inferiore dei quali conserva tuttora il rivestimento in lastre di
marmo. La parte restante era coperta da tegole in bronzo dorato, asportate dall'imperatore bizantino
Costante II, ad eccezione di quelle che circondavano l'oculo, tuttora in situ. Lo spessore della
muratura si rastrema verso l'alto (da 5,90 m inferiormente a 1,50 m in corrispondenza della parte
intorno all'oculo centrale[11]).

La cupola poggia sopra uno spesso anello di muratura in opera laterizia (cementizio con paramento
in mattoni), sul quale si trovano aperture su tre livelli (segnalati all'esterno dalle cornici
marcapiano). Queste aperture, in parte utilizzate a fini estetici, come le esedre dell'interno, in parte
spazi vuoti con funzioni prevalentemente strutturali, compongono una struttura di sostegno
articolata, inglobata nell'anello continuo che appare alla vista. Sulla parete esterna della rotonda è
ora visibile dopo la scomparsa dell'intonaco di rivestimento, la complessa articolazione degli archi
di scarico in bipedali (mattoni quadrati di due piedi di lato) inseriti nella muratura da parte a parte,
che scaricano il peso della cupola sui punti di maggior resistenza dell'anello, alleggerendo il peso in
corrispondenza dei vuoti. La particolare tecnica di composizione del cementizio romano permette
alla cupola priva di rinforzi di restare in piedi da quasi venti secoli. Una cupola di queste dimensioni
sarebbe infatti difficilmente edificabile con i moderni materiali, data la poca resistenza alla trazione
del calcestruzzo moderno, senza armatura. Il fattore determinante sembra essere una particolare
tecnica di costruzione: il cementizio veniva aggiunto in piccole quantità drenando subito l'acqua in
eccesso. Questo, eliminando in tutto o in parte le bolle d'aria che normalmente si formano con
l'asciugatura, conferisce al materiale una resistenza eccezionale. Inoltre venivano utilizzati materiali
via via più leggeri per i caementa mescolati alla malta per formare il cementizio: dal travertino delle
fondazioni alla pomice vulcanica della cupola.

La costruzione del Pantheon fu un capolavoro di ingegneria, dove l'idea architettonica venne


perfettamente interpretata con un approccio tecnico empirico (i cedimenti e le incrinature
verificatisi subito dopo la costruzione vennero prontamente rimediati). La spazialità perfettamente
sferica regala all'osservatore una sensazione di straordinaria armonia, "immota ed avvolgente"[13],
grazie anche agli equilibrati rapporti tra le varie membrature, con articolati effetti di luce ed ombra
nelle cassettonature, nelle nicchie e nelle edicole. L'inserzione di un'ampia sala rotonda alle spalle
del pronao di un tempio classico non ha precedenti nel mondo antico, almeno a giudicare dalle
architetture che ci sono pervenute o che conosciamo dalle fonti letterarie. Esiste forse un precedente
a Roma di edificio circolare con pronao[14], risalente alla tarda epoca repubblicana, sebbene in scala
estremamente più modesta: il tempio B del Largo di Torre Argentina. L'operazione di fusione tra un
modello classicista (il pronao colonnato) e un edificio dalla spazialità nuova, tipicamente romana (la
rotonda), fu una sorta di compromesso tra la spazialità dell'architettura greca (attenta
essenzialmente all'esterno degli edifici) e quella dell'architettura romana (centrata sugli spazi
interni). Ciò suscitò varie critiche, ma si trattava "di un ovvio tributo al dominante classicismo della
cultura di Roma"[15], che si manifestò durevolmente anche nei secoli successivi[16]. Il modello dello
spazio circolare e coperto a cupola fu ripreso da quello delle grandi sale termali "imperiali" di Baia
e Roma, ma fu una novità l'utilizzo di questo tipo di copertura per un edificio templare. L'effetto di
sorpresa nel varcare la porta della cella doveva essere notevole e sembra caratteristico
dell'architettura di epoca adrianea, ritrovandosi anche in molte parti della sua villa privata a Tivoli.
Un ulteriore elemento di novità era l'introduzione di fusti monolitici lisci di marmo colorato per le
colonne di un tempio, al posto dei tradizionali fusti scanalati in marmo bianco.

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