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GLI ANIMALI GLI ANIMALI

GLI ANIMALI NELL’ARTE dal Rinascimento a Ceruti


NELL’ARTE NELL’ARTE
dal Rinascimento a Ceruti dal Rinascimento a Ceruti

Una prestigiosa selezione di dipinti di maestri del Rinascimento e del Barocco italiano, da Bachiacca a Campi, da
Guercino a Giordano, da Recco a Zuccarelli fino a Ceruti, dimostra come gli animali abbiano da sempre avuto
un ruolo fondamentale nella storia dell’arte. Gli artisti, infatti, li hanno spesso raffigurati sia in rappresentazioni
autonome, sia in compagnia dell’uomo, soprattutto nell’ambito della ritrattistica. Inoltre, traendo spunto dai
testi biblici, hanno licenziato tele nelle quali l’animale è l’assoluto protagonista, come nell’episodio dell’arca di
Noè, oppure comprimario, quale attributo iconografico dei santi più venerati: Girolamo con il leone, Giorgio
con il drago, Giovanni Battista con l’agnello. Senza dimenticare i soggetti ispirati dalla letteratura classica, quali
Prometeo e l’aquila, Leda e il cigno, Diana cacciatrice e il Ratto di Europa, e gli affascinanti personaggi della
maga Circe – che aveva il potere di trasformare i suoi nemici in animali – e di Orfeo che, suonando la lira con
impareggiabile maestria, incantò le fiere e la natura.
Un rapporto unico e millenario quello che lega uomini e animali, eternato in dipinti di incantevole bellezza, che
questo volume vuole riscoprire e portare ancor di più all’attenzione della società contemporanea.

www.silvanaeditoriale.it
GLI ANIMALI
NELL’ARTE
dal Rinascimento a Ceruti

a cura di
Davide Dotti
in copertina
Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto GLI ANIMALI
Vecchio con carlino
collezione privata NELL’ARTE
a pagina 6
Paolo Antonio Barbieri (attr.) dal Rinascimento a Ceruti
Ritratto del Guercino e della madre assieme a un cane lagotto
Roma, Fondazione Sorgente Group
Brescia
Palazzo Martinengo Cesaresco
19 gennaio - 9 giugno 2019

Ente promotore e organizzatore Mostra a cura di Catalogo a cura di Ringraziamenti


Davide Dotti Davide Dotti Il curatore ringrazia l’Associazione Amici
di Palazzo Martinengo per avergli affidato
Comitato scientifico Saggi di l’incarico della curatela della mostra;
Alberto Crispo Franco Bertoni i membri del comitato scientifico e tutti
Davide Dotti Alessandro Canci gli studiosi che hanno collaborato alla
Anna Orlando Davide Dotti
realizzazione del catalogo; gli sponsor
Maria Silvia Proni Paolo Luschi
Anna Orlando che hanno sostenuto il progetto;
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Elisabetta Palagi i Musei Civici di Brescia e le altre istituzioni
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il prestito delle opere; tutti i collezionisti
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Silvana Editoriale Studio Perotti Francesca Baldassari per condividere con il pubblico
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Sommario

9 Animali nella pittura italiana tra Rinascimento e Barocco


D AV I D E D O T T I

23 Animalisti genovesi d’età barocca. Contesto e protagonisti


ANNA ORLANDO

37 I migliori amici dell’uomo: cani, gatti e altri animali


nella pittura di genere
M A R I A S I LV I A P R O N I

47 A una prima impressione… etologi in campo


A L E S S A N D R O C A N C I , P A O L O L U S C H I , E L I S A B E T TA P A L A G I

OPERE IN MOSTRA

223 Tavole zoologiche


A L E S S A N D R O C A N C I , P A O L O L U S C H I , E L I S A B E T TA P A L A G I

233 Gli animali nell’arte di Bertozzi & Casoni


F R A N C O B E RTO N I

240 Bibliografia
Animalisti genovesi d’età barocca. Contesto e protagonisti
ANNA ORLANDO

Animali tra simbolo e realtà di città, con una Lanterna simbolicamente smisurata – una grande aquila
campeggia fiera in cielo. Non è tanto un generico simbolo di potere, ma
I due grifoni che reggono fieri lo stemma crociato di Genova1 (fig. 1) nel richiama lo stemma del “principe Doria” a cui il testo è dedicato. Analoga-
1816 abbassano la coda e la nascondono tra le zampe. Si dice che lo abbia mente, per l’incoronazione a doge di Gio. Giacomo Imperiale, l’incisione
deciso lo stesso re Vittorio Emanuele I come segno evidente della perdita su disegno probabilmente di Luciano Borzone (fig. 5) mostra insieme al
di indipendenza, per la sottomissione del territorio della gloriosa Repub- Giano bifronte tanto i fieri grifoni di Genova, quanto la temibile aquila
blica di Genova al Regno di Sardegna sancita con il Congresso di Vien- dell’arma imperiale. Ma gli esempi possibili sono tantissimi.
na2. A ben guardare, gli stessi Savoia furono tra i principali nemici della Oltre all’araldica si deve poi tenere conto dei tradizionali significati che
Repubblica e della sua plurisecolare autonomia territoriale e politica: la assegnavano agli animali i trattati seicenteschi – l’Iconologia di Cesare Ripa
ricerca di uno sbocco a mare, tanto ambita dalle corti oltre gli Appen-
nini, Milano come Torino, portò allo scoppio della guerra difensiva del
1625-1626 contro la minaccia sabauda. Gli uomini d’arme indossano la
corazza e portano scudo e spada per proteggere un valore in cui credono
moltissimo: la libertà. Sono altrettanto convinti che la si raggiunga solo
con l’unità. Quella della famiglia, perché la concordia conserva integro
il patrimonio; della classe dirigente, perché, se le famiglie si alternano al
potere con un dogato di durata biennale che lascia a tutti la possibilità
di assumere la massima carica dello Stato, ne trae giovamento la stabilità
di governo; della patria tutta, perché la pace è sorella dell’abbondanza.
La pittura d’età barocca crea corrispettivi visivi per ciascuno di questi valo-
ri: si pensi al dipinto-manifesto con cui la famiglia Lomellini commissiona
a Van Dyck la propria effigie di gruppo, nella tela oggi alla National Gallery
di Edimburgo o alla miniatura che il doge Agostino Doria commissiona al
fiammingo Guilliam van Deynen nel 1601-16033. Ma si pensi anche alle
tante allegorie di Pace e Abbondanza o ai personaggi biblici e mitologici
presi a prestito perché un patrizio genovese possa attribuirsi una qualità o
esprimere un valore da tramandare alla propria discendenza.
Tra le più esplicite, prima ancora delle tante allegorie di Domenico Piola,
sono due tele di Jan Roos, un fiammingo a lungo residente a Genova e pie-
namente inserito nel contesto sociale come culturale della città (cfr. oltre).
La sua Allegoria della Pace per Genova già collezione Zerbone (fig. 2), in cui
la donna regge un ramoscello d’ulivo e brucia le armi, mentre nell’ombra
si scorge un busto di Giano bifronte, a cui il mito attribuisce la nascita di
Genova, ha una costruzione semantica quanto mai esplicita. Del Roos si
pensi poi al David che si arma (fig. 3), dove il giovane guerriero è paladino
della difesa della patria.
In questo contesto, nella Genova d’età barocca dunque, dove ogni elemen-
to figurato può assumere un significato ben preciso, si dovrà fare attenzione
quando compare un animale. Esso può partecipare a una scena dipinta per
mere esigenze narrative, ma può anche incarnare un significato più o meno
esplicito. Prima di vedere dunque quali sono i protagonisti della pittura di
animali nel Seicento genovese e di capire le ragioni di un particolare suc-
cesso di questo genere rispetto ad altre città o regioni, conviene allertare chi
guarda oggi un testo pittorico di allora e cerchi di decodificarlo.
Tra le ragioni più evidenti per spiegare la presenza di un animale può es-
1
servi, per esempio, il rimando araldico. Nell’antiporta del celebre testo di Martial Desbois da Domenico Piola, antiporta del volume M.E. Lusignani,
Agostino Franzoni, Nobiltà di Genova (fig. 4) –, sopra una bella veduta Conclusiones ex universa Theologia, 1695

23
2 4 5
Jan Roos, Allegoria della Pace per Genova. Agostino Franzoni, Nobiltà di Genova, antiporta (1634), 1636 Luciano Borzone (?), antiporta del volume Incoronazione del Serenissimo
Già Genova, collezione Zerbone Gio. Giacomo Imperiale Duce di Genova, 1618

3
Jan Roos, David che si arma.
Genova, collezione privata

del pittore pesca a piene mani dalla tradizione che da Raffaello giunge a
Genova con Perin del Vaga – è di pura decorazione, un ulteriore livello ne
consente una lettura in chiave cristiana. Il delfino come simbolo di fede,
salvatore come il pesce-Cristo che offre all’uomo l’immortalità dell’anima,
e il cardellino-Cristo o l’uccellino-essere innocente che resiste al gatto,
essere diabolico6.
La grande enciclopedia della pittura genovese del Seicento e primo Sette-
cento offre, nei soggetti sacri e profani, come nei ritratti, un’enormità di
casi che possono essere richiamati a illustrare l’utilizzo di questo o quell’al-
tro animale con funzione di attributo o simbolo. Questo però non spiega
la specificità di Genova, in tal senso simile a tutti gli altri contesti italiani,
come illustra ampiamente la splendida antologia di opere presentate in
questa mostra.
Perché dunque si trovano a Genova molte più tele con animali che altro-
ve? E perché tanti pittori si specializzano nel ritrarne molte specie con
grande abilità?

Il “vero avanti” tra scienza e pittura

Genova è una città turrita affacciata ad arco sull’acqua. Centinaia di case


strette l’una all’altra e tante dimore principesche dentro e fuori le mura.
Città di porto, con galee che approdano e altre che salpano. Grandi ar-
matori e capaci naviganti, attori di un traffico mercantile che dal Nord al
Sud, da Ponente all’Oriente, porta spezie, sete e tessuti pregiati, oppure
arazzi e quadri. Ma anche artisti. Con l’aprirsi del Seicento la “Superba”
“Signora del mare” (secondo la celebre definizione del Petrarca del 1358)
è all’apice della propria ricchezza, grazie a una classe dirigente fatta di
aristocratici che non disdegnavano di maneggiare denaro, vuoi per il com-
mercio, vuoi per quella florida attività finanziaria che li fece presto credi-
tori dei più potenti regnanti d’Europa. Nasce e si sviluppa velocemente
un genere pittorico che riflette al meglio, come corrispettivo figurativo di Pieter Aertsen (Amsterdam, 1507/1508-1575) e suo nipote Joachim Beu- nuove teorie cosmologiche, gli valse la condanna nel 1633, ma intanto il
in primis – come attributi di un santo (fig. 6), del protagonista di una questo momento storico, il clima di effervescenza, entusiasmo e opulenza ckelaer (Anversa, circa 1634 - circa 1674), tipici esponenti della cultura corso della storia era cambiato e committenti e pittori almeno in parte lo
favola mitologica (fig. 7) o per una personificazione allegorica. Non tutte che la città vive almeno fino alla terribile peste del 1656. Solo da quel manieristica dell’Impero cattolico di lingua tedesca e in contatto con una recepirono8.
le allegorie sono di evidente lettura, vista la possibilità dell’immagine di momento si assiste a un lento declino, a cui l’arte resiste con l’esplosio- nascente classe borghese, in due capolavori presenti a Genova ab antiquo I nuovi metodi condotti dal gruppo di filosofi e scienziati raccolti attor-
lasciare territori semantici sovrapponibili e sconfinanti l’uno sull’altro, e, in ne di un barocco trionfante; ultime battute di un secolo d’oro che oggi – rispettivamente La cuoca e Scena di mercato dei Musei di Strada Nuova7 no alla figura di Federico Cesi nella sua Accademia dei Lincei, nata nel
aggiunta, di sommarsi a esigenze decorative. possiamo immaginare grazie ai testi architettonici e artistici che questa – avevano conferito gigantesca evidenza a una scena “di genere”. In alcuni 1603, presupponevano l’osservazione diretta e l’empirismo, con l’obiettivo
Si vedano i tanti delfini che si trasformano in animali marini per l’urgenza città-scrigno ancora gelosamente conserva. casi i loro quadri prevedevano un riferimento a un episodio evangelico di raccogliere tutti gli oggetti che si presentano in “questo gran teatro della
della straripante fantasia barocca e che compaiono nelle grandi torciere Uno degli aspetti più interessanti e di maggiore incidenza è lo stabiliz- che fungeva da monito morale, ma ben presto si giunse all’incondizionato natura”. Il Cesi invitò altri scienziati a perseguire le ricerche mediante la
del Settecento in legno scolpito e dorato di più o meno recente memoria zarvisi di numerosi artisti e il giungere di molte opere provenienti dalle dominio degli oggetti sul primo piano e al conferimento di un ruolo mo- continua osservazione della natura: medici, naturalisti, astronomi, fisici,
parodiana (fig. 8)4, ma anche in una tela del giovanissimo Valerio Castel- Fiandre, terra con cui la città intratteneva floridi rapporti commerciali. numentale a figure di umile estrazione. Questo fatto è da sempre indicato filologi, antiquari, disegnatori, incisori e pittori lavorarono in squadra per
lo, che muta l’animale in un esuberante, avveniristico, informale grumo Lì, alcune famiglie genovesi risiedevano stabilmente (Balbi, Cattaneo, come un precedente fondamentale per la nascita della natura morta, tassel- costruire un grande archivio visivo del mondo, senza precedenti. E ciò non
di colore (fig. 9). Una coppia di putti alati suona e canta in groppa a un Spinola), e ciò rese più naturale e intenso l’arrivo di arazzi, prima, e poi lo imprescindibile della “preistoria” del genere. poteva che influenzare anche i circoli intellettuali più all’avanguardia nella
delfino, mentre nel dipinto pendant (fig. 10), che reca eccezionalmente la soprattutto di quadri, che andavano ad arredare i palazzi del patriziato e A questa nuova attitudine “verista”, si aggiunge l’interesse sempre più dif- Penisola, che accoglievano, sovente, anche gli artisti9.
firma del giovanissimo Valerio5, analoghi angioletti stringono candidi uc- le loro quadrerie. Alcuni testi pittorici risultarono alquanto rivoluziona- fuso nei confronti della scienza. In campo più specificatamente artistico un noto testo dell’aristocratico
cellini tra le mani e tengono a bada un gatto insidioso. Se il primo livello ri e incisero tanto sulla maturazione di un gusto collezionistico, quanto Galileo Galilei aveva messo a punto “un occhialino per veder da vicino le genovese Vincenzo Giustiniani di stanza a Roma, indirizzato a Teodoro
di lettura – vista la gradevolezza di queste due tele, dove il barocco precoce sull’immaginario degli artisti. cose minute”, e il suo Dialogo sopra i due massimi sistemi (1632), con le Ameyden nel 1620, attesta in qualche modo, a quella data, la cosiddetta

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6 7 8 9
Domenico Piola, San Domenico. Giovanni Benedetto Castiglione, Giove e Io. Torciera in legno scolpito, laccato e dorato, particolare. Valerio Castello, Due angioletti su delfino.
Genova, collezione privata Caen, Musée des Beaux-Arts Genova, collezione privata Genova, collezione privata

10
Valerio Castello, Due angioletti con gatto e uccellini.
Genova, collezione privata

“nascita dei generi” e forse la prima codificazione di quella che oggi chia- la conoscenza di un certo tipo di testi e il gusto collezionistico documentabile via del Gelsomino (oggi vico Falamonica). Del sodalizio che si riuniva nella corporee et incorporee, et degli effetti in movimenti di qualunque cosa
miamo la natura morta: enumera i “dodici modi di dipingere”, tra i quali per Gerolamo Balbi può essere indicativa di una tendenza anche più genera- loggia del palazzo Doria, con ogni probabilità già alla fine del primo de- habbia il mondo”21. I giovani erano dunque esortati “a studiare le edizioni
il “ritrarre fiori, ed altre cose minute” e il “dipingere con avere gli oggetti lizzata rispetto a quanto non sia al momento verificabile attraverso i dati noti cennio del secolo, ci informano Raffaele Soprani17 e, nella dedica della sua cinquecentesche dei trattati di Euclide e Vitruvio, nonché dei principali
veri davanti”10. delle biblioteche private di allora15. Galeria (1619), il poeta Giovan Battista Marino, amico del gentiluomo e di manuali teorici sui quali si basava la scienza della rappresentazione che, con
Nel caso di Genova, è di particolare interesse il caso di Gerolamo Balbi (1546- Anche il collezionista e mecenate Gio. Carlo Doria mostra spiccati interessi alcuni pittori genovesi18. La dirige il pittore aristocratico Giovanni Battista i libri di filosofia naturale, anatomia, letteratura, storia, religione, alchimia
1627), il collezionista genovese che acquistò direttamente nelle Fiandre, dove sia in ambito scientifico sia artistico. La sua grande collezione, oggi per lo Paggi (Genova, 1554-1627)19 ed è nuovamente la biblioteca di quest’ulti- e magia costituivano la ricca ed erudita raccolta libraria di più di duecento
visse, molti dipinti fiamminghi, tra cui le due tavole con La cuoca e Scena di più documentata da tre inventari di beni mobili (databili tra il 1617 circa mo a chiarire il rapporto tra sapere e pittura, cultura scritta e dipinta. Nella volumi conservata in vico Porta Nuova”22.
mercato già ricordate. Il gentiluomo possedeva anche un’importante bibliote- e una data successiva alla sua morte, avvenuta nel 1625) era composta di sua casa di vico Porta Nuova20 a pochi passi da Strada Nuova, egli aveva Vale la pena di chiedersi, a questo punto, se sia casuale o meno che i due mi-
ca considerata “una delle più complesse e affascinanti raccolte di libri del pri- una quadreria, di una piccola sezione di grafica, di una di oggetti curiosi, anche l’atelier presso cui si formarono diversi giovani, tra cui Sinibaldo gliori “animalisti” della scuola pittorica genovese siano due artisti usciti, an-
mo Seicento genovese”11. Dall’inventario redatto dal figlio Bartolomeo12, che conservati assieme ai dipinti in vari “scagnetti”, ossia stipi, di alcune mira- Scorza. Dal carteggio con il fratello, sappiamo che il Paggi intendeva l’inse- che se diversamente e in momenti distinti, dalle scuderie del Paggi: lo Scorza
peraltro sarebbe stato in contatto diretto con Galileo13, risulta “ricchissima di bilia, tra cui “due osse o’ sia schene di balena larghe palmi 25”, cioè più di gnamento del mestiere a partire dalla “Teorica la quale per la magior parte già ricordato e il più giovane Giovanni Benedetto Castiglione (1609-1664).
testi scientifici (principalmente legati alle tecniche di realizzazione di orologi sei metri, esposte nel portico del palazzo16. derriva della Matematica, dall’Aritmetica, dalla Geometria, dalla Filosofia, L’inventario dei beni trovati nella casa dello Scorza23, morto prematura-
e alla misurazione del tempo), naturalistici (grande e variegata è difatti la Il rapporto diretto con la pittura è suggerito dalla notizia della prima Acca- et da altre nobilissime discipline le quali su’ libri s’apprendono, il resto der- mente a quarantun anni, annovera decine di stampe – altra fonte d’ispira-
presenza dei tomi dell’Aldrovandi) e di navigazione”14. La corrispondenza tra demia del Disegno aperta a Genova proprio presso la dimora del Doria in riva da una lunga osservazione delle cose naturali et artificiali, accidentali, zione di primaria importanza24 – ma anche trentuno libri. L’inventario non

26 27
11 12 13
Sinibaldo Scorza, Un verro. Sinibaldo Scorza, Gruppo di cinghiali. Sinibaldo Scorza, Orfeo e gli animali.
Genova, Gabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso Collezione privata Collezione privata

di me una mosca, degna invero di non essere discacciata; un pesce per virtù
dello Scorza vivente fuori delle acque; un uccellino, la tenerezza delle cui
piume è sicuramente impareggiabile, & alcuni fiori, non come quei di Pri-
mavera, e caduchi”33. Con i tipici artifici retorici del proprio tempo il Soprani
riesce a rendere il fare sublime del primo animalista della scuola pittorica
ligure, dote confermata dalle opere note e quelle citate negli inventari anti-
chi34. Dalle telette giovanili con animali in posa si arriva ai capolavori della
maturità, tra cui diverse versioni dell’Orfeo, da quella esposta in mostra (cat.
71), a quella squisita già in collezione Gavotti e poi Sauli e oggi riemersa in
un’altra collezione privata (fig. 13)35, o l’Orfeo datato 1628, in cui si contano
oltre settanta diverse specie animali36.
La data del 1612 è utile per accertare che prima ancora dell’ondata dei La prima mostra monografica sul pittore nel 2017, al cui catalogo conviene
pittori fiamminghi a Genova – il primo arrivo significativo è quello di Jan rimandare per tutti gli approfondimenti necessari37, ha finalmente risarcito una
Roos che giunge nel 1614 (cfr. oltre) –, prima dunque di un contatto diret- distorsione critica che lo considerava tra i “minori”, forse proprio in ragione
to con la loro arte, lo Scorza è protagonista indiscusso di una nuova pittura della sua pittura di animali. Fatali in tal senso, sebbene utilissimi per altri versi,
di animali che coniuga il verismo dell’approccio con la sua cultura da ari- sono stati per anni i primi studi che hanno interessato lo Scorza come altri
stocratico educato alle lettere, allievo del Paggi e amico dei poeti. “animalisti” genovesi. Questa “etichetta” li relegava, di fatto, nell’ambito di una
pittura “minore”, privandoli di una considerazione più ampia che ne restituisse
la complessità e maggior profondità della portata artistica, al di là della pur anche il dato relativo alla dimensione consentirebbe un’analisi più corretta.
Gli animalisti genovesi e il misunderstanding critico piacevolissima, abbondante e qualitativamente notevole pittura di animali. La necessità di tali requisiti riduce però di molto i dati in nostro possesso e
di una pittura “minore” Se è vero che il Soprani ne ricordava la “particolar eccellenza nel dipinger impone dunque cautela nelle conclusioni.
paesi, ed animali d’ogni specie […] il primo tra’ nostri che la possedesse”38, I tre dipinti di proprietà di Antonio Maria Soprani nel 1658 vedono l’Orfeo
Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589 - Genova, 1631) è pur vero che il biografo, che conobbe direttamente il pittore e che, come stimato esageratamente più degli altri due, ossia 290 lire, contro le 85 lire
primo poeta animalier genovese il padre Antonio Maria, ne collezionò opere39, nella lunga e circostanziata della Creazione di Adamo e le 40 lire per la tela con “un gatto e altri uccelli”.
biografia ne restituisce l’alta statura culturale. Che è poi quella che sotten- Ben presto, quindi, il tema dell’Orfeo parrebbe divenire un must del colle-
specifica alcun autore né titolo, ma il numero, seppur inferiore a quello del Nato nel 1589 in un piccolo paese dell’Appennino, Voltaggio, allora sito de opere raffinate e direttamente ispirate a testi letterari o filosofici e che zionismo, laddove il soggetto meno quotato è il dipinto con animali, di cui
suo dotto maestro, non doveva essere per quel tempo cosa da poco. entro i confini della Repubblica di Genova, Sinibaldo cresce nell’agiato con- spiega il favore che riscosse presso poeti, letterati contemporanei eccetera40. possiamo immaginare un formato minore, ma non se ne può avere certezza.
Per la nascita e lo sviluppo della pittura di animali nella sua specifica e testo di una famiglia nobile e gli viene concesso di dilettarsi di pittura. Inizia Luigi Lanzi nel 1809 segnala lo Scorza come “il primo, che nelle opere Le dimensioni incidono nelle valutazioni, ma nel caso di Scorza – che era
rilevante declinazione genovese, va però soprattutto ricordata la quantità di fin da bambino a guardare la natura con gli occhi di un artista e a ritrarne il della minor pittura si segnalasse nella scuola ligustica”41, e William Suida anche miniatore49 e che colpisce (e colpiva) soprattutto per la minuzia ese-
varie testimonianze che attestano il diffondersi della pratica dell’osservazio- paesaggio, ma ancor più la fauna che lo popola. Nel ritrarre gli animali dal nel 1906 come “Teirmaler”, pittore di animali42. cutiva quasi da nordico, prediligendo i formati piccoli – anche questo dato
ne diretta che dalla prassi scientifica si sposta a quella artistica, per la quale vero – “a colorir di naturale […] uccellini, quadrupedi, & e altre somiglianti In epoca moderna, il primo studioso a occuparsi della “pittura di animali va analizzato con cautela. Nell’inventario dei beni di Francesco Torriglia nel
parimenti il dato empirico assume via via sempre più importanza. gentilezze”29 – ottiene risultati davvero straordinari: “assai tosto gionto in far nei primi del ’600 a Genova”, come recita il titolo di un suo saggio invero 1677 “un cane dipinto da Sinibaldo” è quotato 40 lire, e “altri due quadretti
Il Soprani ricorda che in casa Doria i giovani disegnavano “a concorrenza animali, fiori, e paesi, che non solo superava di gran lunga gli antichi maestri: pionieristico, è Orlando Grosso nel 192243, allora direttore dell’Ufficio Belle piccoli del medesimo” sono stimati 12 lire ciascuno. Nel 1680, però, Rodolfo
degli altri pittori” e riporta l’episodio in cui il gentiluomo avrebbe indetto ma invidiato, e forse inarrivabile s’era reso a’ moderni”30. “In una parola se Arti del Comune di Genova44. Al Grosso, non a caso, Mario Bonzi dedica I Brignole-Sale comprava dal mediatore Francesco Micone un “quadretto di
una gara per vedere chi avesse meglio riprodotto la testa di “un pesce di coloriva fiori, superava la verità istessa; con frutti faceva invidia all’Autunno; nel 1930 un approfondimento su Sinibaldo Scorza pittor d’animali45. Tra gli Sinibaldo” per 300 lire, come annotato nel suo libro di conti. Si trattereb-
strana e molto fantastica figura”25. Sempre il biografo ricorda la beffa di ma nel formar Animali è poco il dire, che egli in ciò fosse divino: tanto bene studiosi a occuparsi specificatamente della pittura “minore” in ambito ligure, be di capire se il “quadretto”, che immaginiamo piccolo, fosse con figure o
cui è protagonista lo Scorza, che aveva dipinto una starna con tale maestria esprimeva nel cavallo la superbia, la ferocità nella tigre, l’agilità nel cervo; nel dove l’aggettivo “minore” è esplicitato nel titolo, vi è poi Giuseppe Delogu solo animali. Nell’inventario dello stesso gentiluomo steso quattro anni dopo
“che fu senza replica da chiunque giudicata divina”, acquistata dal Doria leone la magnanimità; la rapacità nel lupo”31. E Carlo Giuseppe Ratti, un nel 193146. La sua indagine prende avvio con lo Scorza, considerato appunto (1684) abbiamo per fortuna misure, soggetti e stime: un “quadro di animali e
come opera del Cerano e che invece lo Scorza confessò aver dipinto di sua secolo dopo Soprani, rincalza: “Specialmente nel dipingere animali n’imitava “primo pittore di genere che incontriamo in ordine di tempo in Liguria”47. figure” di circa 60 cm in altezza e un metro di base è stimato 800 lire, laddove
mano26. Un’altra curiosa testimonianza, sempre per lo Scorza, attesta la sua sì bene le proporzioni, gli atteggiamenti, e le varie positure; che pareva man- È pur vero che la connotazione di pittura “minore”, che in ambito criti- un dipinto con Circe “un poco più piccolo” vale 300 lire, una “volpe” e “due
consuetudine a ritrarre gli animali dal vero, come peraltro documentano casse loro soltanto la voce, per crederli veri, e viventi. De’ pittori, che in quel co è spia di una valutazione di merito che oggi non pare più accettabile, vacche” solo 100 ciascuno e “tre cani e pecora” 150. La sensazione, perché
ampiamente i suoi numerosi disegni (fig. 11), le sue rare miniature (fig. tempo fra’ nostri fiorivano, niuno certamente in questo gener l’eguagliò”32. ha radici antiche e con ogni probabilità deriva non solo dall’impostazione così al momento si deve definire, è che i dipinti con soli animali singoli o
12), e i suoi preziosi dipinti (cat. 71)27. Nell’estate del 1612, alla vigilia del- Nel narrare della fortuna dello Scorza non solo a Genova ma anche in Roma accademica di chi giudica, ma anche dal valore in termini economici che in coppia, diffusi in gran quantità e che constatiamo essere quasi sempre
la festa padronale di San Giovanni Battista, Sinibaldo è intento a ritrarre un e in altre città d’Italia, presso diversi signori, ma anche assai apprezzata da veniva assegnato alle opere ab antiquo. È utile scorrere gli inventari48 per piccoli, avessero stime inferiori ai dipinti con figure, e che questi ultimi –
cavallo nel portico della casa del Paggi, ma viene ripetutamente disturbato altri pittori e “curiosi”, il Soprani ricorda: “Ho più volte veduto di miniatura verificare questo dato, e in particolare quelli che indicano le stime, e più di indipendentemente dal formato – avessero quotazioni maggiori. Qualcosa
da un certo balordo che, poco distante, continuava a sparare colpi così da una starna, un pulcino di colomba nel nido, moltissimi pesci, & uccelli, di- un’opera dello stesso artista così da poter istituire un raffronto tra opere con di analogo si può constatare anche per Jan Roos, che però, a differenza dello
innervosire il cavallo, che non ne voleva sapere di stare fermo28. versi fiori, e infiniti altri piccioli animalucci: delle quali cose conservo presso figure (sacre o mitologiche che siano) e opere “di genere”, senza contare che Scorza, predilige senza dubbio tele di grande formato.

28 29
14 15
Giacomo Legi, Interno con pavone bianco e altri uccelli. Stefano Camogli, Allegoria dell’Estate.
Collezione privata Chiavari, palazzo Rocca

Lomellini, Spinola, Invrea, Gentile e Carrega). Anzi, la prima menzione


inventariale a noi nota che lo riguarda sono i “due quadri di fiori di Gio-
vanni Rosa” che prima del 1627 facevano parte della raccolta di Gerolamo
Balbi, forse da indicarsi davvero tra i protagonisti dell’ingresso della pittura
fiamminga contemporanea nelle collezioni locali. Alcuni gentiluomini era-
no grandi estimatori del Roos: Francesco Imperiale (padre del futuro doge
Francesco Maria Imperiale Lercari) possiede quattordici suoi quadri; sette
Francesco Maria Spinola del fu Giovanni Battista; dieci Giovan Francesco
I Brignole-Sale; addirittura trentacinque Francesco Maria Ruffo. Numeri
che bastano per comprendere il successo del fiammingo a Genova presso
l’aristocrazia. Inoltre, in modo più consistente rispetto allo Scorza che resta
un pittore “di nicchia”, Roos lavora anche molto per quelle famiglie che si
erano arricchite con il commercio (Isola, Viganego, Vigo, Pinceti, Ponte)52.
La sua fama, infine, valica i confini della Repubblica, visto che dipingeva,
per esempio, per il celebre Fabrizio Valguarnera, nobile siciliano noto per il
suo collezionismo fine e ricercato.
Quanto deve il successo del Roos alla sua capacità di dipingere gli animali
in maniera sublime? E quanto gli devono i pittori genovesi che certamente
lo guardarono, come il più giovane e poi più famoso Castiglione?
Per “Giovanni Rosa” il Soprani spende parole di grande elogio – “si mo-
strò oltremodo eccellente in gareggiar con la natura nell’espressione di
frutti, fiori, & animali”53 – e ricorda un paio di aneddoti che sommano
enfasi circa la capacità dell’artista nell’imitare la natura. Lo storiografo
scrive: “Vaga fu la maniera che tenne questo ingegnoso coloritore in di-
pingere naturalissimi i frutti, e con tenerezza i fiori: ma la vivacità, che dar
fu solito agli animali tanto volatili quanto terrestri, e marittimi, fu così
stupenda che ingannati una volta alcuni cani, & avidi di preda s’avven-
tavano a sbranare le lepri da Giovanni dipinte, & alla vista di alcuni ben
coloriti pesci, si avvicinò per cibarsene un gatto, e si rinnovarono in ciò
gli antichi stupori dell’uve di Zeusi, e del velo d’Apelle”54. Soprani a parte,
sono le sue tante opere superstiti a palesare quanto la pittura di animali
sia una componente fondamentale della sua arte. Appresa nelle scuderie
di Frans Snyders, dove si forma prima di giungere in Italia, ventitreenne
nel 1614, essa gli garantì i maggiori apprezzamenti presso la committenza, Il giovane Stefano Camogli, detto il Camoglino, si forma alla bottega di Jan
tanto che, a ben guardare, al di là di qualche soggetto con soli animali, egli Roos e grazie alla lezione del fiammingo diventa il più importante speciali-
dipinge per lo più temi mitologici o biblici che gli consentono di inserire sta nella pittura di fiori della Genova di secondo Seicento57.
una grande quantità di animali vivi (cat. 12, 13), esattamente come acca- Prima di entrare nella bottega di Domenico Piola, per inserire nature morte
drà per il Grechetto (cfr. oltre e cat. 9). e brani floreali nelle grandi composizioni allegoriche del cognato (fig. 15),
Dopo essere andato a Roma così da assorbire precocemente e in maniera la vicinanza con il Roos gli garantì la messa a punto di uno stile delicato
determinante il caravaggismo, Giacomo Legi (dalla probabile nascita nella e di grande sensibilità cromatica. Per lo specifico della pittura di animali,
Jan Roos (Anversa, 1591 - Genova, 1638) e i suoi allievi e collaboratori ci. Lo Scorza è un aristocratico e frequenta gli ambienti più altolocati dal città di Liegi) approda probabilmente intorno al 1620 a Genova ed entra è interessante richiamare un aneddoto riportato nel manoscritto di Carlo
Giacomo Legi (Liegi ?, circa 1600 - Milano, circa 1640) e Stefano Camogli punto di vista sociale e intellettuale; il Roos è un “forestiero” e si introduce nella bottega del Roos. Lo ricorda il Soprani, che lo indica suo cognato Giuseppe Ratti, che lo stesso pittore “spessissimo raccontar solea, allorché
(Genova, circa 1610 - 1690) benissimo tra i “popolari”, cioè i mercatores et artifices, ossia quella middle e scrive che ben “faceva fiori fruti & animali”55. Non si conoscono opere discorrer solea come il pittore debba dipinger col vero avanti”. Racconta
class che possiamo definire borghesia51. Jan Roos aveva infatti sposato la firmate, e la ricostruzione critica della sua opera è frutto di un’indagine della paura del Camoglino per aver dovuto ritrarre un “lupo cerviero” di
Scorza e Roos, attivi contemporaneamente sul palcoscenico della pittura figlia di un ricco mercante di seta e altri tessuti di pregio. Un’attenta analisi relativamente recente56. Nelle sue rare opere di straordinario effetto scenico “un certo millord inglese” che, in assenza del suo padrone “cominciò a
genovese tra la metà degli anni dieci e tutti gli anni venti (per il Roos, più della sua committenza però consente di attestarne anche il successo presso e di qualità sublime, gli animali, ritratti con notevole verismo e naturalezza, ruggire ed a fremere sì fortemente che certo temea di vedersi far qualche
longevo, fino al 1638)50, sono per certi aspetti simili e per altri antiteti- il più importante patriziato locale (Di Negro, Balbi, Imperiale, Brignole, assumono spesso il ruolo di protagonisti (fig. 14). brutto scherzo”58.

30 31
16 17
Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, Animali con figure sullo sfondo. Pieter Boel, Viaggio di Rebecca.
Collezione privata Genova, collezione privata

La generazione degli animalisti barocchi fiammingo-genovesi: Giovanni prediletti – entrata degli animali nell’arca, carovane e viaggi biblici, Adamo Serragli dove poter ammirare animali esotici, fiere, uccelli e bestie rare esi-
Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (Genova, 1609 - Mantova, 1664), che nomina gli animali, la maga Circe, e così via – gli offrono l’occasione stevano non solo nella Parigi del Re Sole: sono documentati a Roma quelli
Anton Maria Vassallo (Genova, 1617/1618 - Milano, 1660) e Pieter Boel per inserirvi moltissimi animali e per dimostrare nel descriverli tutta la sua delle famiglie aristocratiche Borghese, Orsini e Barberini e per Genova è
(Anversa, 1622 - Parigi, 1674) maestria. Come dimostra anche l’opera scelta per questa mostra (cat. 9) – utile richiamare la testimonianza contenuta in un anonimo Dialogo datato
ma anche tante altre sue tele –, egli pare quasi divertirsi ad accontentare chi agli anni ottanta del Cinquecento, dove un vescovo genovese esalta il giar-
Il Grechetto entra a pieno titolo nel novero dei grandi “animalisti” locali, gli chiede questo o quell’altro soggetto biblico, badando però innanzitutto dino come luogo di perfezione del rapporto tra l’uomo e il creato, con un
per la sua capacità di rendere vivi gli animali di ogni specie che in gran nu- e quasi provocatoriamente a realizzarlo in maniera nuova, giocando sul totale coinvolgimento dei sensi. Il non meglio qualificato “marchese” suo
mero inserisce nelle sue tele (fig. 16). Tuttavia, se i pittori fin qui ricordati paradosso di porre l’elemento che rende riconoscibile il soggetto sul fondo ospite vive “tra tutte le comodità e contentesse […] perciocché la sua villa
faticano ancora a essere percepiti dalla critica per il loro contributo alla e offrendo invece il primo piano agli oggetti e agli animali, per restituire era un paradiso terrestre, et egli un Angelo che gli abitava dentro”69. Si rac-
pittura genovese oltre i confini del “genere”, l’arte pienamente barocca di vivacità e verisimiglianza a esibire tutta la propria abilità. conta inoltre della raccolta “per delitia sua […] di tante si belle e varie sorti
Castiglione59 è intrisa di rimandi simbolici e di significati che attingono Fortemente debitore nei confronti del Grechetto, come pure dello Scorza e d’animali […] terrestri, acquatici, aerei”, dai cervi, daini, e caprioli che
alle fonti più diverse e straordinariamente complesse e colte. Tuttavia, è del Legi, è Anton Maria Vassallo60. Di lui il Soprani afferma che “era versa- “si veggiono comparire fra un albero e l’altro”, alle lepri, ai conigli e altri
indubbia la sua attenzione più che al mero dato naturale, allo specifico to in animali quadrupedi, maritimi, e volatili, & anco felicemente esserci- “piccoli quadrupedi” raccolti nel fossato, ai pavoni, galli d’India, cicogne,
soggetto zoologico. Le sue tele sono spesso popolate di bestie e i soggetti tavasi in paesi, fiori, e frutti prendendo ogni cosa dal naturale quale restava struzzi in un apposito “cortile circondato da muraglie” e infine una gran
imitato da esso con grand’arte, e maestria”61. Nel suo vasto repertorio, di quantità di “volatili d’altre sorti” collocati nella voliera70.
pittore “universale”62, cioè dedito a tutti i generi – religiosi, storici, ritratti La villa di Orazio Di Negro nella zona di Fassolo, nel suburbio genovese
e nature morte –, si apprezza sempre la capacità di ritrarre dal naturale, di Ponente, fu descritta con ammirazione da Joseph Fürttenbach e John
secondo quella prassi operativa che, vuoi per la lezione del Paggi, vuoi per Evelyn. Il primo ne ricorda il giardino “provvisto di tutte le delizie”, con
l’esempio dei fiamminghi in città, a Genova aveva preso piede diventando uccelliere e peschiere; il secondo, un virtuoso inglese che visitò la villa
una consuetudine per tanti pittori. Per il Vassallo questo aspetto è partico- nel 1644, annota “maestosi alberi, pastori, bestie selvagge […]”71. Tre
larmente evidente e la componente nordica, anche per i rapporti diretti di preziosi documenti da poco rintracciati, ossia il testamento di Orazio Di
amicizia e collaborazione che nuovi documenti hanno reso possibile atte- Negro del 1611, l’inventario della sua villa stilato alla morte, nel 1618, e
stare63, pare essere il fattore determinante. la relativa perizia dello stesso anno72, costituiscono notizie di prima mano
Della sua stessa generazione è l’anversano Pieter Boel, che diverrà nipote più precoci e significative per la presenza di “peschiere” e “uccelliere”, che
di Cornelis de Wael al suo ritorno ad Anversa nel 1650. A Genova arrivò probabilmente potevano costituire una fonte d’ispirazione diretta per gli
probabilmente intorno al 1647, e vi restò solo un paio d’anni64, per poi artisti. Anche così il fantastico mondo animato entra direttamente dalla
partire alla volta di Parigi, dove fece fortuna come pittore animalista alla realtà, nelle meravigliose testimonianze pittoriche della scuola pittorica
corte di Luigi XIV, con l’incarico di peintre du roi e ritrattista degli animali la bocca spalancata; un valletto del pittore, per farlo restare alcuni istanti in fiammingo-genovese, fondata imprescindibilmente su entrambi gli ele-
della Ménagerie royale 65. È stato ampiamente dimostrato il suo forte debito quella posizione, gli gettava in gola dei frutti, ma più spesso fingeva di get- menti: locale e importato dal Nord. Come non accadde forse in nes-
nei confronti dei genovesi – specie Castiglione e Vassallo – evidente in targlieli, facendolo seccare al punto che, avendo capito che la causa di quei sun’altra regione con questa intensità e durata, con tale qualità di risultati
molte sue opere (fig. 17, cat. 43), ma è opportuno qui ricordare la sua ben gesti impertinenti era il desiderio del pittore di ritrarlo in quella posizione, e specificità di esito, nella Genova del Seicento pittori nostrani e artisti
nota capacità di ritrarre gli animali. Ancora una volta, i documenti anti- invece di prendersela con l’inserviente, si rivolse direttamente al maestro del Nord lavorano insieme, e dalle loro botteghe escono in gran numero
chi, specie gli inventari66, aiutano a comprendere il suo ruolo nient’affatto sputandogli dalla lunga proboscide un forte getto d’acqua”68. splendidi e apprezzatissimi dipinti con “fiori, frutti e animali”.
secondario rispetto al gusto della pittura di animali nella Genova barocca.
Nell’inventario redatto alla morte di Cornelis (Roma, 1667) sono men-
zionati “sei libri con animali di Pietro Boul”67 e anche il pittore fiam-
mingo-genovese Giovanni Hovart (circa 1615 - 1665), che frequentò la
stessa bottega di De Wael negli anni in cui vi era il Boel, possedeva un
“quadro di animali di Pietro Bor” e anche una “copia da Bor”, cioè Boel,
eseguita dallo stesso Hovart, come risulta dal suo inventario del 1667.
Opere simili compaiono anche nelle raccolte dei collezionisti genovesi,
a conferma di un gusto diffuso per questa tipologia di opere nelle quali
anche il Boel eccelleva.
È significativo ricordare in questo contesto il racconto riportato nelle Mé-
moires di Perrault (1676) a proposito di un artista, probabilmente proprio
il Boel, alle prese con il ritratto di un elefante: “un pittore lo voleva disegna-
re in una posa straordinaria, cioè quella in cui teneva la proboscide alzata e

32 33
Per l’aiuto variamente offertomi in questa occasione sono particolarmente grata a Valentina 20
V. Frascarolo, La casa studio di Giovan Battista Paggi “nella contrada di Porta Nova”, in L. 51
La Genova del tempo aveva una particolare connotazione socio-politica che affiancava 60
Sul pittore si veda: A. Orlando, Anton Maria Vassallo, Genova 1999; Ead., Le nature morte
Borniotto, Carla Campomenosi, Andrea Lercari, Agnese Marengo, Valentina Martini, Mau- Magnani (a cura di), Collezionismo e spazi del collezionismo: temi e sperimentazioni, Roma ai “magnifici”, cioè i patrizi ascritti al Liber Nobilitatis, l’“Albo d’oro della nobiltà”, diverse di Anton Maria Vassallo, in “Annali della Fondazione Roberto Longhi” in “Proporzioni”,
rizio Romanengo, Renato Tortarolo. 2013, pp. 101-116. famiglie agiate del “cosiddetto ceto non ascritto, quello cioè costituito dalle famiglie di ricchi n.s., I, 2000, pp. 150-162, figg. 198-231; Ead., Aggiornamenti per il più “fiammingo” dei
21
Ivi, p. 105 e nota 32 p. 114, con bibliografia. mercanti, medici, notai, giureconsulti, cavalieri con censo, che avevano relazioni sociali e naturamortisti genovesi: Anton Maria Vassallo (con novità sulle date di nascita e morte), in
1
Per un’ottima aggiornata indagine sull’iconografia legata alla città di Genova e per il signi- 22
Ivi, p. 105. modi di vita more nobilium e che si imparentavano frequentemente con famiglie ascritte” (R. “Argomenti di storia dell’arte. Quaderno della Scuola di specializzazione in storia dell’arte
ficato simbolico dell’antiporta di Domenico Piola, cfr. V. Borniotto, L’identità di Genova. 23
R. Santamaria, Un’arca di Noè figurativa: la casa genovese di Sinibaldo Scorza nell’inventario Santamaria, “Alla maniera fiamenga”. Cornelis De Wael, Jan Roos e altre presenze nordiche a della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova”, 1993-2003 (2003), pp. 71-81;
Immagini di glorificazione civica in età moderna, Genova 2016. post-mortem del 1631, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit., pp. 58-63. Genova negli inventari del Seicento, in Van Dyck e i suoi amici 2018 cit., p. 161). Ead., Anton Maria Vassallo pittore “universale” tra committenza pubblica, collezionismo privato
2
Si tratta in realtà di una forzatura storica, in quanto già almeno dal Seicento esistono va- 24
A. Marengo, Regesto, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit., pp. 286-299. 52
Rimando per un recente approfondimento a Orlando, Jan Roos e Van Dyck cit. e mercato dell’arte, in G. Zanelli (a cura di), Anton Maria Vassallo. Un dipinto per la Galleria
rianti dello stemma civico in cui i grifoni hanno la coda abbassata; analogamente non tutte 25
Soprani, Le vite cit., p. 168, nella biografia di Gioacchino Assereto. 53
Soprani, Le vite cit., p. 323. Nazionale della Liguria, Genova 2018, pp. 27-53.
le immagini successive alla dominazione sabauda presentano tale iconografia. 26
Ivi, pp. 128-129. 54
Ibidem. 61
Soprani, Le vite cit.
3
Si veda da ultima A. Orlando, Van Dyck e gli altri fiamminghi verso il crepuscolo del “secolo dei 27
Cfr. anche Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit. 55
Ivi, p. 324. 62
Ivi, p. 228.
genovesi”, in Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600-1640, a cura di A. Orlando, 28
Il Soprani fa menzione dell’episodio nella biografia dello Scorza, e alcuni documenti con- 56
A. Orlando, Un fiammingo a Genova: documenti figurativi per Giacomo Legi, in “Paragone”, 63
Marengo, Santamaria, Genova per loro cit., p. 151.
catalogo della mostra (Genova, Palazzo della Meridiana), Genova 2018, fig. 8, pp. 19-20. fermano l’accaduto, a causa del processo che lo Scorza subisce per aver aggredito la persona 4 (549), novembre 1995, pp. 62-85; e le aggiunte in Ead., Dipinti genovesi dal Cinquecento 64
A. Orlando, Gli anni genovesi di Pieter Boel, in “Paragone”, 20, luglio 1998, pp. 14-25,
4
L’opera, databile al XVIII secolo e vicina a certe prove di Filippo Parodi, è passata all’asta che lo stava disturbando (cfr. Marengo, Regesto cit.). al Settecento. Ritrovamenti dal collezionismo privato, Torino 2010, pp. 128-129, e Ead., Pit- tavv. 18-39.
Wannenes, Genova, 15 maggio 2018, lotto 642. 29
Soprani, Le vite cit., p. 128. tura fiammingo-genovese. Nature morte, ritratti e paesaggi del Seicento e primo Settecento. Ritro- 65
Cfr. Pieter Boel 1622-1674. Peintre des animaux de Louis XIV. Le fonds des études peintes des
5
In occasione della mostra Uomini e dei (2016), dove compariva al cat. 15, rimuovendolo 30
Ibidem. vamenti dal collezionismo privato, Torino 2012, pp. 90-95; Marengo, Santamaria, Genova per Gobelins, a cura di E. Foucart-Walter, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre), Paris
dalla cornice per il condition report è apparsa la firma del pittore scritta per esteso in lettere 31
Ivi, p. 130. loro cit., pp. 139-140; Orlando, Van Dyck e gli altri fiamminghi cit., pp. 49-55. 2001; Sur le vif. Dessin d’animaux de Pieter Boel (1622-1674), a cura di M. Pinault Sørensen,
corsive. La firma era finora sfuggita alla critica. 32
C.G. Ratti, Vite de’ Pittori, Scultori, ed Architetti genovesi di Raffaello Soprani patrizio geno- 57
A. Orlando, Per Stefano Camogli, un fiorante genovese, in “Bollettino dei Musei Civici Ge- catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre), Paris-Milano 2001; P. Gallerani, Animali
6
Cfr. anche la lettura di Agnese Marengo, in Uomini e dei. Il ’600 genovese dei collezionisti, a vese in questa seconda edizione rivedute, accresciute, ed arricchite di note, Genova 1768, p. 216. novesi”, 52-53-54, gennaio-dicembre 1996, pp. 65-73; Ead., “Pittore eccellente di arabeschi, reali. Lo zoo di Luigi XIV nei dipinti di Pieter Boel, Milano 2011.
cura di A. Orlando, catalogo della mostra (Genova, Palazzo della Meridiana), Genova 2016, 33
Soprani, Le vite cit., p. 131. di fogliami, di fiori, di frutti”. Stefano Camogli in Casa Piola, in D. Sanguineti, Domenico 66
Si fa qui riferimento al materiale recentemente raccolto in A. Orlando, R. Santamaria,
pp. 68-69, n. 15. 34
Marengo, Regesto cit., pp. 291-299. Alle molte menzioni lì riportate si aggiunga quella, Piola e i pittori della sua “casa”, Soncino 2004, I, pp. 77-100; Ead., Sinibaldo Scorza e gli Presenze inventariali per i pittori fiamminghi a Genova nel Seicento, in Van Dyck e i suoi amici
7
Cfr. P. Boccardo, A. Orlando, in L’Età di Rubens. Dimore, committenti e collezionisti geno- sfuggita all’indagine del 2017, secondo cui tra le molte opere bruciate a causa del bombar- “animalisti” della pittura fiammingo-genovese del Seicento, in Animali parlanti. Letteratura, cit., pp. 170-180.
vesi, a cura di P. Boccardo e A. Orlando, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale), damento del 1684 che rovinò anche sulla casa di Domenico Piola, egli possedeva “una bella teatro, canzoni, a cura di C. Mordeglia, atti del convegno (Trento, 2016), Firenze 2017, pp. 67
M. Vaes, Corneille De Wael (1592-1667), Bruxelles 1925, p. 101; su De Wael cfr. A.
Milano 2004, pp. 168-171, nn. 16-17; P. Boccardo, in La cucina italiana. Cuoche a confron- raccolta d’animali dello Scorza” (Ratti, Vite de’ Pittori cit., p. 49). 203-217; Ead., Van Dyck e gli altri fiamminghi cit.; Ead., Stefano Camogli. Aggiornamenti Stoesser, Van Dyck’s Hosts in Genoa: Lucas and Cornelis de Wael’s Lives, Business Activities and
to, a cura di P. Boccardo, catalogo della mostra (Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo 35
Il ritrovamento è avvenuto dopo la mostra genovese del 2017 e non fu quindi possibile anagrafici, l’opera firmata e l’ipotesi romana, in Domenico Piola e la sua bottega. Approfon- Works, Turnhout 2018, l’inventario è pubblicato nel vol. II, p. 658.
Bianco), Genova 2015, pp. 66-67, n. 3 (con bibliografia). esporlo, né indicarne le misure, che sono 51,5 x 68 cm. dimenti sulle arte nel secondo Seicento genovese, a cura di D. Sanguineti, atti del convegno 68
C. Perrault, Mémoires pour servir à l’histoire naturelle des animaux, 2 voll., Paris 1671-1676.
8
Sul tema cfr. Rivoluzione Galileo: l’arte incontra la scienza, a cura di G.C.F Villa, S. Weppel- 36
A. Orlando, in Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit., pp. 172-173, n. I.37. (Genova, 2017), in c.d.s. 69
Dialogo per lode della Casa di Spagna, ms. XVI secolo, Archivio di Stato di Genova, n.
mann, catalogo della mostra (Padova, Palazzo del Monte di Pietà), Cinisello Balsamo 2017. 37
Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit. 58
M. Migliorini (a cura di), Carlo Giuseppe Ratti, Storia de’ pittori e scultori et architetti liguri 280; cfr. L. Magnani, Il tempio di Venere. Giardino e villa nella cultura genovese, Genova
9
Cfr. per questi argomenti I segreti di un collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano dal 38
Soprani, Le vite cit., p. 215. e de’ forestieri che in Genova operarono secondo il manoscritto del 1762, Genova 1997, c. 42r, 1987, passim.
Pozzo (1588-1657), a cura di F. Solinas, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale 39
Marengo, Regesto cit., p. 296, con un estratto dell’inventario post mortem di Antonio Ma- p. 35. 70
Dialogo per lode cit., n. 280. Cfr. Magnani, Il tempio di Venere cit., p. 112.
d’Arte Moderna, Palazzo Barberini), Roma 2000. ria Soprani dell’8 agosto 1663 dove sono presenti dello Scorza un Orfeo, una Creazione di 59
Per una visione d’insieme dell’opera del Grechetto cfr. T.J. Standring, Giovanni Benedetto 71
E.S. de Beer (a cura di), The Diary of John Evelyn, London 1959; per Villa di Negro, pp.
10
M.G. Bottari, S. Ticozzi, Raccolta di Lettere sulla Pittura, Scultura ed Architettura scritte da’ più Adamo e un dipinto con “un gatto e alti uccelli”. Castiglione il Grechetto, in La Pittura a Genova e in Liguria, II, Dal Seicento al primo Novecen- 97-98; cfr. Magnani, Il tempio di Venere cit., p. 142.
celebri personaggi nei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai no- 40
Si rimanda complessivamente al catalogo Sinibaldo Scorza. Favole e natura cit., curato da to, Genova 1987, pp. 151-181; Il Genio di Giovanni Benedetto Castiglione, Il Grechetto, ca- 72
R. Santamaria, Venere a Genova. Le raccolte di Orazio Di Negro nella villa dello Scoglietto:
stri giorni da S. Ticozzi, VI, Milano 1822-1825 (ed. anastatica New York 1976), pp. 122-123. chi scrive e in particolare ai seguenti contributi: A. Orlando,“Pittore celebre tra i Genovesi”. talogo della mostra (Genova, Accademia Ligustica), Genova 1990; Castiglione: Lost Genius, dipinti, statue “et altre galanterie”, in A. Orlando (a cura di), La Sacra Famiglia di Van Dyck e
11
G. Montanari, Libri, dipinti, statue: rapporti e relazioni tra raccolte librarie, collezionismo e Sinibaldo Scorza all’alba del Barocco (pp. 15-38); Vazzoler, Fra Orfeo e Apollo cit. (pp. 130- a cura di T.J. Standring, M. Clayton, catalogo della mostra (Londra, The Queen’s Gallery, gli altri dipinti nordici di Banca Carige, Genova 2018, pp. 52-65 e Appendice documentaria a
produzione artistica a Genova tra XVI e XVII secolo, Genova 2015, p. 36. 133); A. Marengo, Sinibaldo Scorza nelle lettere del Marino (pp. 134-137); G. Zanelli, “Al Buckingham Palace), London 2013. cura di A. Lercari, R. Santamaria, ivi, pp. 130-133.
12
Ivi, pp. 283-297. dolce suono della sua cetra”. Sinibaldo Scorza e il mito di Orfeo (pp. 138-141); R. Besta, La
13
Cfr. P. Boccardo, Gerolamo (1546-1627) e Gio. Agostino (1582-1621) Balbi, in L’Età di ‘favola antica’ di Circe in Sinibaldo Scorza e nel primo barocco genovese (pp. 142-145).
Rubens cit., pp. 163-165, con bibliografia. 41
L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal Risorgimento delle Belle Arti fin presso al fine del
14
Montanari, Libri, dipinti, statue cit., p. 36. XVIII Secolo, V, Bassano 1809, p. 333.
15
Sull’argomento cfr. G. Montanari, Lettori di libri, collezionisti di quadri. Lo spazio culturale 42
W. Suida, Genua, Leipzig 1906, p. 180. Il conoscitore ricorda peraltro uno studio con ani-
a Genova tra XVI e XVII secolo attraverso l’analisi delle raccolte librarie, in L. Magnani (a cura mali di grandezza naturale di proprietà del marchese Cambiaso in San Francesco d’Albaro.
di), Collezionismo e spazi del collezionismo: temi e sperimentazioni, Roma 2013, pp. 47-58; 43
O. Grosso, A.M. Vassallo e la pittura d’animali nei primi del ’600 a Genova, in “Dedalo”,
Montanari, Libri, dipinti, statue cit. III, 2, 1932-1933, pp. 502-522.
16
Cfr. V. Farina, Giovan Carlo Doria promotore delle arti a Genova nel primo Seicento, Firenze 44
Su Orlando Grosso cfr. da ultimo A. Leonardi, Arte antica in mostra. Rinascimento e Baroc-
2002; P. Boccardo, Vanitas Vanitatum et omnia vanitas. Vite, carriere, mecenatismo e collezio- co genovesi negli anni di Orlando Grosso (1908-1948), Firenze 2016.
nismo di Giovan Carlo e Marco Antonio Doria, in L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. 45
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17
R. Soprani, Le vite de’ Pittori, Scoltori, et Architetti Genovesi, e de’ Forastieri, che in Genova 47
Ivi, p. 33.
operarono con alcuni Ritratti de gli stessi, Genova 1674, nella vita di Luciano Borzone (p. 48
Se non altrimenti indicato gli inventari di Scorza sono pubblicati con stralci mirati in
180), in quella di Gioacchino Assereto (p. 168), Cappellino (p. 186) e Benso (p. 237). Marengo, Regesto cit., a cui si rimanda per le precisazioni archivistiche.
18
Sui rapporti di Gio. Carlo Doria e del fratello Giacomo con poeti e letterati cfr. Farina, 49
A. Orlando, “Piccioli miracoli”. Sinibaldo Scorza miniatore, in Sinibaldo Scorza. Favole e
Giovan Carlo Doria cit., pp. 11-93. Sui rapporti del Marino con Genova e in particolare con natura cit., pp. 176-183.
Sinibaldo Scorza cfr. F. Vazzoler, Fra Orfeo e Apollo: Sinibaldo Scorza nella Galeria di Marino, 50
Per il primo contributo monografico sull’artista cfr. A. Orlando, Il ruolo di Jan Roos. Un
in Sinibaldo Scorza. Favole e natura all’alba del Barocco, a cura di A. Orlando, catalogo della fiammingo nella Genova di primo Seicento, in “Nuovi Studi”, 2, 1996, pp. 35-57; per aggior-
mostra (Genova, Palazzo della Meridiana), Genova 2017, pp. 130-133. namenti cfr. Ead., Jan Roos e Van Dyck. Tracce di un connubio, in Van Dyck e i suoi amici cit.,
19
Sull’Accademia del Disegno in casa Doria cfr. P. Boccardo (a cura di), I grandi disegni pp. 85-127, e A. Marengo, R. Santamaria, Genova per loro. Pittori fiamminghi nella prima
italiani del Gabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso a Genova, Cinisello Balsamo 1999, metà del Seicento tra brevi soste e lunghe permanenze, in Van Dyck e i suoi amici cit., pp. 134-
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